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DECIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, quarto della decima serie, comprende il materiale relativo al secondo ministero De Gasperi (13 luglio 1946-1° febbraio 1947) nel quale si alternarono nell'incarico di ministro degli esteri lo stesso presidente del Consiglio (interim fino al 17 ottobre) e Pietro Nenni. La ragione di questo avvicendamento sta nel fatto che, alla costituzione del governo, i partiti che lo esprimevano (democratico-cristiano, socialista, comunista) convennero di affidare gli Esteri al socialista Nenni rinviandone però l'entrata in carica al momento della conclusione della conferenza di Parigi, onde consentire al presidente del Consiglio di continuare a seguire personalmente la preparazione del trattato di pace, come aveva fatto nel precedente gabinetto quando era anche titolare degli Esteri.

Il trattato di pace è quindi ancora il tema principale del materiale qui raccolto. Da un punto di vista formale, si svolge, in questo periodo, la conferenza generale di Parigi al Palazzo del Lussemburgo (29 luglio-15 ottobre 1946) cui parteciparono i paesi vincitori (detta Conferenza dei Ventuno dal loro numero) per l'esame del progetto di trat~ato predisposto dalle precedenti sessioni di lavoro del Consiglio dei ministri degli esteri dei Grandi, e la terza sessione di tale Consiglio, che si tenne a New York (4 novembre-12 dicembre), e nel corso della quale furono esaminate le raccomandazioni formulate dalla Conferenza dei Ventuno, furono risolte questioni minori (come lo statuto del Territorio Libero di Trieste) e si giunse alla stesura del testo definitivo del trattato di pace, che fu poi consegnato ufficialmente all'Italia il 16 gennaio 1947.

Il governo italiano seguì dall'esterno queste procedure, inviando a Parigi una delegazione, composta di uomini politici e diplomatici, i cui membri principali furono ascoltati nelle sedute plenarie e in quelle delle commissioni. Tutta l'attività della delegazione a Parigi è stata ampiamente documentata nel volume attraverso i verbali o appunti sulle riunioni dei delegati, i colloqui avuti dai singoli membri e gli interventi pronunciati in seduta, mentre non sono stati pubblicati i resoconti sui lavori della Conferenza e il complesso dei memoranda e degli emendamenti presentati anche da altri paesi, trattandosi di materiale già edito in due note pubblicazioni: Recueil des Documents de la Conférence de Paris, Palais du Luxembourg, 29 Juillet-15 Octobre 1946, in quattro volumi a cura del Segretariato della Conferenza (Paris, Imprimerie Nationale, s.d.) e Foreign Relations of the United States, 1946, vol. III, Paris Peace Conference: Proceedings, e vol. IV, Paris Peace Conference: Documents, Washington, United States Government Printing Office, 1970.

Lo stesso si è fatto per la delegazione inviata a seguire i lavori del Consiglio dei ministri degli esteri a New Y ork. Anche qui si è riprodotta tutta la corrispondenza telegrafica della delegazione che rende minutamente conto delle istruzioni ricevute e dell'attività svolta. Quanto invece al lavoro dei quattro ministri degli esteri, si è documentato quello che risultava alla delegazione italiana, mentre la documentazione relativa alla loro attività è pubblicata in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II, Council of Foreign Ministers, Washington, United States Government Printing Office, 1970.

Del pari è stato inserito nel volume tutto il materiale significativo relativo ai contatti con la Jugoslavia, dai quali si sperava una qualche modifica dell'atteggiamento di Belgrado sia sul tracciato del confine tra i due paesi che per quanto riguardava lo statuto del costituendo Territorio Libero di Trieste. Dei pochi documenti esclusi dalla scelta si può comunque trovare traccia nell'opera di Diego De Castro (La questione di Trieste: L 'azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, 2 voli., Trieste, Edizioni Lint, 1981) che, come s'è detto nella Avvertenza del volume precedente, costituisce anche un completo repertorio documentale sulla questione. Dei contatti che si hanno con l'altro paese confinante, l'Austria, e che sfociano nel negoziato diretto condotto tra le parti a Parigi e nel conseguente accordo firmato il 5 settembre, si è pubblicato tutto il materiale esistente in Italia e ciò è stato possibile non tanto per l'apporto della documentazione conservata nell'Archivio storico del Ministero e nell'Archivio centrale dello Stato quanto soprattutto per il contributo dell'archivio personale di Nicolò Carandini messo a disposizione dagli eredi, che questa Commissione ringrazia sentitamente. In esso infatti sono stati rinvenuti gli appunti o verbali su tutti i colloqui avuti dal conte Carandini, i progetti d'accordo discussi nelle varie fasi della trattativa e fin l'autografo dell'ultimo testo predisposto dall'Italia, che De Gasperi redasse personalmente il 3 settembre (se ne veda la riproduzione a fronte del D. 251 ). Tale documentazione, costituita in parte da autografi e in parte da dattiloscritti dello stesso Carandini e non a suo tempo versati (solo del primo colloquio con Gruber fu trasmesso il verbale al Ministero), è stata utilizzata da Carandini per redigere il resoconto del negoziato che pubblicò in alcuni articoli sul settimanale «Ii Mondo» (Un patto tra galantuomini, il 16 ottobre 1956; Dopo dieci anni, il 23 ottobre 1956; Le ragioni e i torti, il 4 dicembre 1956; L'accordo di Parigi, il 17 aprile 1962; Una parola inglese e il traduttore tedesco, il 24 aprile 1962).

Va infine ricordata la documentazione sui viaggi o missioni: di Nenni in alcune capitali (Osio, L' Aja, Bruxelles, Parigi) dal 20 luglio al 5 agosto e sulla sua mancata visita a Londra nel gennaio 1947; di Sforza nell'America latina (22 luglio -Il settembre 1946) con tappa iniziale a Londra e finale a Washington; e infine sulla visita di De Gasperi negli Stati Uniti d'America nel gennaio 1947. Di ognuno di essi è stato pubblicato tutto ciò che di significativo era conservato nell'Archivio storico. Nonostante ciò, per il primo risulta più esauriente quanto Nenni ha scritto nel suo diario (Tempo di guerra fredda. Diari 1943-1956, a cura di Giuliana Nenni e Domenico Zucàro, Milano, SugarCo, 1981) e per il terzo, non essendoci verbali

o appunti delle conversazioni politiche che De Gasperi ebbe, il materiale disponibile resta quello di parte americana pubblicato in Foreign Relations of the United States, 1947, vol. III, The British Commonwealth; Europe, Washington, United States Government Printing Office, 1972, pp. 835-861 ; e, per parte italiana, il resoconto che pubblicò l'ambasciatore Alberto Tarchiani subito dopo la visita (America-Italia. Le dieci giornate di De Gasperi negli Stati Uniti, Milano, Rizzoli, 1947).

2. La documentazione sul tema dominante del volume è stata selezionata, come accennato, con grande larghezza e in molti casi riproducendo tutto quanto c'era di rilevante. Ciò è stato possibile per la sostanziale integrità dei fondi archivistici del Ministero cui si è attinto per le ricerche del materiale. Essi sono, per ordine di importanza, le carte della Segreteria generale, degli Affari politici, in particolare quelle della voce «Italia-Conferenza della pace», del Gabinetto del ministro, che cominciano ad avere qualche consistenza dopo il ridimensionamento politico della Segreteria generale provocato dalla sostituzione di Prunas con Fransoni, della Segreteria particolare del ministro per il periodo De Gasperi. Si è attinto inoltre alla raccolta dei telegrammi ordinari e segreti, utilizzando per questi ultimi, come in precedenza, gli originali che sono, in partenza, quelli direttamente firmati (e a volte corretti) dal ministro, e in arrivo quelli non parafrasati. Di apporti esterni v'è da segnalare solo quello dell'archivio privato Carandini di cm s'è detto.

3. -Una discreta parte del materiale qui pubblicato era conosciuta attraverso gli esiti delle ricerche fatte nell'Archivio storico del Ministero da vari studiosi appena la normativa archivistica lo ha consentito. Nondimeno, la documentazione qui pubblicata per la sua interezza e completezza dà l'impressione, alla lettura, di contenere vari aspetti di novità ed integra opportunamente quanto risultava dalla documentazione straniera. Ai volumi della raccolta americana sopra citati va aggiunto solo, per qualche altro documento che vi è pubblicato, Foreign Relations of the United States, 1946, vol. V, The British Commonwealth; Western and Centra! Europe, Washington, United States Government Printing Office, 1969. Quanto alle testimonianze dei protagonisti maggiori e minori, oltre al citato diario di Pietro Nenni, vanno menzionate quelle di ALBERTO TARCHIANI, Dieci anni tra Roma e Washington, Verona, Mondadori, 1955; EGIDIO ORTONA, Anni d'America, vol. I, La ricostruzione: 1944-1951, Bologna, Il Mulino, 1984 e AosTANS (Paolo Canali), Alcide De Gasperi nella politica estera italiana (1944-1953), Verona, Mondadori, 1953. 4. -La preparazione di questo volume è stata resa possibile dalla collaborazione solerte dell'ufficio della Commissione. Hanno in particolare prestato la loro opera le dott. Emma Moscati, Antonella Grossi e Francesca Grispo per la ricerca archivistica; ad Antonella Grossi si deve anche la redazione dell'indice sommario e a Francesca Grispo quella della tavola metodica e la revisione redazionale dell'intero volume; la dott. Paola Balduin ha compilato le appendici e le dott. Marina Tomaselli e Ada Roberti l'indice dei nomi. Hanno avuto il compito di correggere le bozze le dott. Marina Tomaselli, Ada Roberti, Patrizia Tosini ed Ersilia Fabbricatore. A tutte queste collaboratrici, che meritano d'essere lodate per l'intelligenza e l'impegno con cui hanno lavorato, esprimo il mio più vivo ringraziamento.

PIETRO PASTORELLI


DOCUMENTI
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1

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 11892/805. Parigi, 13 luglio 1946, ore 13.

Trasmetto seguente telegramma Lanza:

«Secondo quanto mi ha detto stamane Reber, nella seduta del Consiglio Quattro di ieri è stata brevemente esaminata questione garanzie minoranze italiane Venezia Giulia che passeranno sotto sovranità jugoslava. Garanzie contemplate trattato dovrebbero:

l) assicurare diritti proprietà e interessi cittadini italiani che manterranno loro cittadinanza od emigreranno in Italia; 2) assicurare godimento libertà politiche e culturali quegli italiani che diverranno sudditi jugoslavi.

Bymes ieri si sarebbe soffermato in particolare su secondo punto chiedendo allargamento garanzie nostre minoranze e concessione speciali diritti. Molotov avrebbe dichiarato non vedere necessità includere nel trattato clausole per garantire diritti impliciti in costituzione jugoslava. Questione verrà ripresa in sede Conferenza Ventuno.

Non ho mancato attirare attenzione di Reber sulla assoluta importanza che anche garanzie minoranze italiane fossero chiaramente precisate e sanzionate dal trattato».

2

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. S.N.D. 11971/199. Vienna, 13 luglio 1946, ore 22,20 (per. ore 11 del 14).

Questo ministro affari esteri mi ha espresso ieri suo vivo desiderio poter giungere ad accordi con Italia che consentano sviluppo di stabili relazioni di amicizia e collaborazione. A tale scopo egli intenderebbe prendere personalmente contatto con ministro esteri italiano per ampio scambio vedute su problemi italo-austriaci. Per evitare eventuali preventivi attacchi e critiche da parte di certi settori opinione pubblica locale, Gruber propone che incontro abbia luogo eventualmente anche in Italia. Egli potrebbe recarsi costì per breve tempo da Svizzera, dove egli si troverà fine corrente mese. Ministro Gruber non ha fatto alcuno specifico accenno questione Alto Adige, ma ha dato impressione che Governo austriaco potrebbe in determinate circostanze essere disposto mettere in secondo piano problema stesso.

Mi è sembrato che questo ministro esteri non abbia in mente proposte concrete, ma che desideri generico scambio punti di vista, lasciando eventualmente a nostra iniziativa impostazione singoli problemi. Attiro in questa occasione attenzione di codesto Ministero su recenti dichiarazioni fatte a giornalista Morandi da Gruber, e da questi spontaneamente confermatemi, in merito a voci di facilitazioni economiche od eventuale unione doganale italo-austriaca. Questo ministro esteri ha affermato al riguardo che tale possibilità non è da escludere, ma ha soggiunto che evidentemente Governo federale non potrebbe impegnarsi in merito senza preventivo voto del Parlamento 1•

3

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

TELESPR. RISERVATO 2179/1113. Roma, 13 luglio 1946 (per. il 23).

Riferimento mio telespresso 210811097 del 6 luglio u.s. 2•

Nell'udienza di ieri con monsignor Montini egli mi ha riparlato dell'eventuale visita dell'on. De Nicola al papa, ripetendomi che il gesto di cortesia e di omaggio sarebbe riuscito graditissimo. Gli ho risposto che potevo confermargli il proposito nutrito dal capo provvisorio dello Stato, ma che non ero stato ancora incaricato di sollecitare ufficialmente l'udienza; come egli stesso aveva osservato, non era possibile separare la personalità dell'on. De Nicola dalla carica da lui ricoperta, ed era quindi comprensibile che prima di concretare l'iniziativa si attendesse la formazione del nuovo governo, anche per potere stabilire in quale forma avrebbero potuto essere manifestati quegli affidamenti desiderati in Vaticano circa la favorevole atmosfera in cui anche nella nuova struttura dello Stato sarebbero stati mantenuti i rapporti fra la Chiesa e lo Stato. Ho esposto quale sia la procedura costituzionale e la divisione dei poteri e delle competenze, e come evidentemente il capo dello Stato non potesse prendere da solo iniziative in materia tanto importante, il cui regolamento spettava ad altri organi dello Stato. Mons. Montini, che la settimana scorsa aveva adoperato un tono sostenuto, parlando di impegni precisi ed assicurazioni formali, si è espresso ieri in termini molto più moderati. Egli ha ripreso l'espressione, da me adoperata, di atmosfera dei rapporti fra Chiesa e Stato, ed ha detto si trattava appunto di indicare in maniera chiara, sia pure in forma discreta, che quella stessa atmosfera si intendeva di mantenere. Molti cattolici avevano votato

I Per la risposta vedi D. 41. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 663.

per la monarchia, non per particolare simpatia verso di essa, ma per comprensibile timore della novità, e credendo anche di interpretare così il pensiero della Santa Sede; anche in alcuni ambienti cattolici all'estero si era manifestata qualche apprensione circa le ripercussioni che la nuova struttura di governo in Italia avrebbe potuto avere sulle libertà della Chiesa. La Santa Sede doveva pertanto ricercare di venire in possesso di qualche elemento che le permettesse di tranquillizzare gli uni e gli altri. Il proponimento che l'on. De Nicola aveva manifestato quasi al momento stesso della sua assunzione, già era un indice palese dei suoi sentimenti, e poiché era risaputo che tale proponimento aveva incontrato l'approvazione del presidente del consiglio ne risultava ben chiara l'indicazione dell'atteggiamento che si proponeva di mantenere il nuovo governo. Altra indicazione chiara e gradita egli credeva di potere ricavare dall'assenza di polemiche in questi giorni e come nel dibattito per la preparazione del programma del nuovo governo non fosse mai apparso alcun cenno alle questioni di carattere religioso, ciò che lasciava supporre che anche i partiti che per la loro ideologia portano minore interesse per quelle questioni, fossero d'accordo circa l'opportunità di non apportare turbamento negli animi, e non offuscare la favorevole atmosfera così felicemente esistente. Monsignore ha convenuto avere forse dato soverchia importanza ad alcune manifestazioni verbali e giornalistiche verificatesi nella scorsa settimana ed ha accennato che affidamenti sufficienti a tranquillizzare la Santa Sede avrebbero potuto essere costituiti da qualche dichiarazione contenuta nell'atteso messaggio del capo provvisorio dello Stato o nell'esposizione programmatica del nuovo governo, ma ha lasciato intendere che si sarebbe anche potuto ricercare qualche altra forma più discreta. La visita del nuovo capo dello Stato in Vaticano sarebbe servita di conferma alla dottrina che la Chiesa non ha preferenze per questa o quella forma di governo, ma le considera tutte con eguale favore purché rispettose delle libertà religiose, e poiché l'incontro fra l'on. De Nicola e Pio XII sarebbe certo valso a tranquillizzare le coscienze e facilitare la pacificazione degli animi, potevamo essere sicuri che la progettata visita non solo sarebbe riuscita gradita alla Santa Sede ma anzi era da essa desiderata, e che quindi da parte sua sarebbe stato adottato atteggiamento per quanto possibile moderato e benevolo, atto a facilitare ed affrettare l'attuazione dell'iniziativa.

4

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12019/209. Praga, 14 luglio 1946, ore 17,30 (per. ore 11 del 15).

Telegramma ministeriale 10662/c. 9 corrente 1•

In attesa vedere Masaryk e nel quadro attività questa legazione in vista Conferenza plenaria Parigi, ho chiesto udienza presidente e vice presidente Consiglio ai

1 Vedi serie decima, vol. III, D. 683.

quali dovevo visita cortesia nuovo governo. Conversazione Gottwald, appassionato sostenitore piano biennale ricostruzione alla cui realizzazione deficienza mano d'opera è di ostacolo, è facilmente venuta su fornitura italiana e mi ha dato modo diffondermi su cause che la sospendono (telegramma ministeriale 98) 1•

Mio interlocutore ha mostrato ignorare propositi questo Ministero affari esteri circa riparazioni e beni italiani e ha dichiarato volersene subito intrattenere con Masaryk. Ho delineato precipitosi preparativi Conferenza e reazione italiana. Non ho esitato prospettare presidente del Consiglio possibilità che ripresa trattative e normalizzazione relazioni italo-cecoslovacche vengano facilitate da gesto amichevole riparazioni flotta colonie, nonostante torto fattoci per Trieste.

Vice presidente Zenkl, socialista nazionale, mi è apparso non meno all'oscuro su progetto Ministero affari esteri e, dopo mie illustrazioni, ha dichiarato voler chiedere visione incartamenti. Non merita altro rilievo conversazione vice presidente.

Immediata conseguenza visita Gottwald sarà mio colloquio Heidrich, destinato prepararne altro successivo Masaryk, il quale, oltre darmi risposta definitiva e completa, in base anche quanto potrà riferire Hajdu atteso da Parigi, alle mie specifiche domande nei riguardi degli italiani, dovrebbe questa volta anche rispondere alle mie sollecitazioni per un atteggiamento che mostri almeno intenzione questo Governo, se pure negli stretti limiti fissati dalle sue alleanze, di non mercanteggiare nostro diritto.

5

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE A BRUXELLES, L'AlA, NANCHINO, OSLO, PRETORIA E RIO DE JANEIRO

T. 10979/c. Roma. 15 luglio 1946, ore 20.

Sosteniamo che la pace è punitiva ed ingiusta perché:

l. Alla frontiera orientale era stato categoricamente deciso di tracciare una linea prevalentemente etnica che lasciasse il minimo di nazionali rispettivi sotto dominazione straniera e di internazionalizzare il porto (dico porto) di Trieste. Gli esperti inviati sul posto hanno tracciato in concreto tali linee. Sulla base di questi principi, che sembravano ormai definitivamente acquisiti, ho esposto io stesso il punto di vista italiano a Londra ed a Parigi2• Nella sessione dei Quattro testé conchiusasi, improvvisamente tutto è stato mutato: è stata adottata come frontiera la linea peggiore, quella francese, non solo, ma si è costituito un territorio internazionalizzato entro la parte italiana della linea stessa, a Trieste, da Duino a Cittanova. Tutta l'Istria occidentale e meridionale, italianissima, è stata amputata. Centottanta mila italiani restano sotto una dominazione che non esito a chiamare

I Vedi serie decima, vol. III, D. 612. 2 Vedi serie decima, vol. II, D. 549, nota l p. 746 e vol. III, D. 400.

crudele come la jugoslava; praticamente nessuno slavo resta in Italia. Avevamo da parte nostra proposto che, in mancanza di una soluzione ragionevole, miglior cosa sarebbe stato prolungare l'occupazione alleata per qualche mese. In ogni caso il Territorio Libero di Trieste è un organismo non vitale e a brevissima scadenza fonte di estremo pericolo. La geografia, la storia, la giustizia, tutto avrebbe richiesto che esso fosse almeno completato sino a includere l'Istria fino a Pala.

2. -Alla frontiera occidentale eravamo disposti a volontariamente aderire a cinque delle sette richieste presentate dai francesi. Senza nessuna giustificazione, tali richieste sono state invece accettate in blocco, nonostante il parere degli esperti alleati inviati sul posto. A Briga, Tenda, Moncenisio i francesi si impadroniscono della porta della nostra casa e di complessi idroelettrici importantissimi per la nostra economia e frutto esclusivo del nostro lavoro e del nostro risparmio. Quel che è peggio, il riavvicinamento itala-francese, che è una delle strade maestre della ricostruzione europea, è bloccato. È dunque questa una decisione, non soltanto antitaliana, ma tipicamente anti-europea. 3. -Il problema delle colonie è stato rinviato di un anno. Ma, intanto, l'amministrazione di esse resta affidata agli inglesi che vi distruggono sistematicamente ogni possibilità che possa facilitare il nostro ritorno avvenire. Una clausola preventiva di rinuncia ai nostri diritti sovrani è stata elaborata, che porrebbe qualunque governo, anche il più remissivo e rinunciatario, in stato di accusa da parte della sua opinione pubblica. 4. -Ci era stato formalmente assicurato che non avremmo dovuto pagare riparazioni. A Parigi il principio è stato invece ammesso e le modalità di pagamento adottate d'autorità, senza consultarci: cento milioni di dollari alla Russia, somme imprecisate alla Jugoslavia, alla Grecia e probabilmente alla Francia. Quel che è peggio, appena ammesso il principio delle riparazioni, moltissimi Stati si sono naturalmente preparati ad esigerle, bloccando i beni degli italiani sui loro territori, con nostro gravissimo danno. 5. -La flotta, che si è battuta per due anni, è stata considerata in parte come bottino di guerra e questa parte divisa fra una serie di Stati.

Sono queste, riassuntivamente, le principali ragioni per le quali la pace che ci minaccia è punitiva ed ingiusta. Tralascio le promesse fatteci, le assicurazioni dateci, la cobelligeranza, i sacrifici compiuti per la causa comune, argomenti tutti che ella conosce.

Voci europee dovrebbero levarsi alla Conferenza dei Ventuno per soluzioni europee. Per soluzioni che, almeno:

l) rettificassero comunque l'iniqua mutilazione deli'Istria occidentale e meridionale; 2) sbloccassero la strada a un riavvicinamento itala-francese; 3) consentissero alla stremata economia italiana un sostanziale alleggerimento del carico delle riparazioni, le limitassero, permettessero a noi di fissarne le modalità;

4) scartassero la formula della rinuncia ai nostri diritti sulle colonie pre-fasciste e ci consentissero di partecipare, sino alla soluzione definitiva, alla loro amministrazione;

5) modificassero la decisione disonorevole della distribuzione della nostra flotta, per aderire alle nostre proposte, che, praticamente giungono, in forma accettabile, alle stesse soluzioni attraverso il disarmo; le trattative dirette di cessione coi singoli Stati, ecc.

Io non so quali saranno i poteri dei Ventuno. Quali essi siano, sarebbe bene e giusto che voci oneste si levassero dal seno della Conferenza per denunciare ciò che in ogni caso non potrebbe essere che una pace imposta. Ella agisca su questi binari e con codeste direttive presso codesto Governo 1•

6

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12088/210-211. Praga, 15 luglio 1946, ore 20,30 (per. ore 15 del 16).

Mio telegramma n. 2092•

Nel corso della conversazione progettata con Heidrich, ho precisato in sei punti essenziali quanto attendevo finalmente apprendere da Masaryk, come indicato ultima parte mio telegramma sopraindicato.

Su ciascun punto si è discusso riesaminando precedenti ed ho creduto opportuno precisare che ogni risposta negativa sarebbe stata considerata gesto non (dico non) amichevole. Heidrich ha assicurato istruire esame ogni punto anche in attesa trattative· Hajdu e in base al draft predisposto dai Quattro. Mi è sembrato che, dopo mia visita, Gottwald era energicamente intervenuto presso Ministero affari esteri. Circa atteggiamento Cecoslovacchia Conferenza Ventuno segretario generale ha ricordato genericamente obbligazioni che ne limitano libertà d'azione.

Dopo quarantotto ore Masaryk, ammalato a letto, mi ha ricevuto suo appartamento presente Heidrich. È risultato: draft autorizzerebbe disporre nostri beni questo Paese soltanto copertura saldo debitorio italiano 1939; Consiglio dei ministri, per ordine Gottwald che ha ricordato mie esplicite affermazioni, ha disposto sospensione progetto presentato Conferenza Ventuno per assegnazione società italiane e beni privati e ha invitato ministro affari esteri riesaminare intera posizione nonché preparare, d'accordo ministro delle finanze e con Banca Nazionale, valutazione complessiva beni. Consiglio delibererà 19 corrente su base valutazione se convenga

o meno abbandonare richiesta incameramento. Non ho mancato sottolineare improbabilità eventuale accoglimento richieste stesse. Qualora sia deciso rinunziarvi, verrebbe nominata Commissione straordinaria esaminare singoli casi confisca e ripresa in un primo tempo accordo commerciale e invio lavoratori.

A mia richiesta, Masaryk dichiarato atteggiamento Cecoslovacchia a Parigi non (dico non) sarà mai ostile Italia in altre questioni, ma non potrà prendere

1 Per le risposte vedi DD. 34, 56, 25, 21, 33 e 23. 2 Vedi D. 4.

iniziative non (dico non) gradite democrazie occidentali e in ispecie Nuova Zelanda, Sud Africa, notoriamente orientate favorevolmente Ungheria questione minoranze. Circa nostra azione Parigi mi sono stati ripetuti suggerimenti di cui potrei riferire verbalmente.

Nel corso colloqui ho notato grande efficacia intervento personale Gottwald che ha pregiudizievolmente riesaminato questioni già decise. Ciò nonostante attendo senza illusioni risposta che mi sarà comunicata in nuovo convegno già fissato 20 corrente'.

7

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 12044/815. Parigi, 15 luglio 1946, ore 21,30.

Trasmetto seguente telegramma Lanza: «Segreteria generale Consiglio ministri esteri comunicami questa sera ore 19,30 quanto segue:

"Consiglio ministri affari esteri ha deciso il 3 luglio scorso di costituire una Commissione speciale composta dai rappresentanti delle Quattro Potenze che siedono al Consiglio per studiare la costituzione del Territorio Libero di Trieste ed ascoltare su tale questione i rappresentanti del Governo italiano e del Governo jugoslavo. In esecuzione della decisione ho l'onore di comunicarvi che la Commissione speciale è desiderosa di ascoltare i rappresentanti dei due Governi mercoledì 17 luglio alle 11. La seduta potrebbe eventualmente continuare nel corso del pomeriggio.

I rappresentanti del Governo italiano e del Governo jugoslavo potranno presentare alla Commissione speciale quei memorandum e quei documenti atti a completare la loro esposizione. Potranno d'altra parte presentare i loro punti di vista sul regime di un porto internazionale a Trieste nel quadro del Territorio Libero.

Trasmetto qui unito il testo della risoluzione del Consiglio dei ministri degli esteri relativa alla costituzione del Territorio Libero di Trieste".

Prego urgenti istruzioni »2 .

8

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO. Roma, 16 luglio 1946, ore 12.

Testo di comunicazione trasmesso telefonicamente a Parigi il 16 luglio 1946, ore 12, da far pervenire al segretario del Consiglio dei ministri degli esteri in risposta

t Vedi D. 234. 2 Vedi DD. 8 e 13.

all'invito da esso rivolto al Governo italiano di inviare rappresentanti per discutere lo statuto del progettato Territorio Libero di Trieste ed il regime internazionale di quel porto.

«Con riferimento alla comunicazione relativa al desiderio della Commissione per lo statuto di Trieste di ascoltare rappresentanti italiani 1 ho l'onore di comunicare quanto segue:

"Il Governo italiano ha già reso note le sue obiezioni fondamentali contro la soluzione proposta dai quattro ministri degli affari esteri alla questione dei confini ' itala-jugoslavi e specialmente contro il progetto di distacco dall'Italia della zona di Trieste e l'attribuzione alla Jugoslavia delle popolazioni italiane dell'Istria occidentale. Per quanto riguarda il presente invito ad inviare di tutta urgenza rappresentanti per esser sentiti dalla Commissione incaricata di preparare la costituzione del Territorio Libero, il Governo italiano fa presente che, oltre alle predette pregiudiziali, egli trova che questa procedura è inadeguata alla complessità ed alla gravità del problema e che la fretta, la mancanza di fruttuose discussioni, l'impossibilità di studiare a fondo le questioni, l'ignoranza in cui i nostri esperti si trovano dei principi a cui si inspira la Commissione, tolgono al loro compito, in massima parte, un effettivo valore di contributo pratico e di soddisfazione alle giuste esigenze italiane.

Premesso quanto precede, il Governo italiano farà accompagnare a Parigi col mezzo più celere consentitogli alcuni esperti, appartenenti di massima alla zona direttamente interessata, i quali interverranno alla seduta della Commissione.

Rimane chiarito che né l'intervento di tali esperti alla seduta, né l'esame da parte loro di eventuali progetti o quesiti concreti, implicano una modifica del punto di vista che il Governo italiano ha espresso e si propone di sostenere ulteriormente circa la questione generale delle frontiere itala-jugoslave"».

9

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12136/842. Washington, 16 luglio 1946, ore 18,06 (per. ore 12 del 17).

Radio discorso segretario di Stato in sua parte concernente trattato di pace con l'Italia mira unicamente ad accumulare ogni genere di giustificazioni disparate (da richiami a trattative itala-austriache del 1915 a nota tesi russa e ad incombente minaccia jugoslava su Italia disarmata) a difesa decisioni adottate per internazionalizzazione Trieste e riparazioni all'U.R.S.S. onde controbattere critica qui sollevata. Dopo aver sacrificato a Parigi nota posizione americana in tali questioni, Byrnes si è limitato a dichiarare che risultati raggiunti erano unici possibili. Poiché

1 Vedi D. 7.

IO

nel compromesso generale solo risultato da lui conseguito è stato sollecitare convocazione Conferenza Ventuno egli ha voluto porre accento su prospettiva ottenere pace a brevissima scadenza marcando proprie intenzioni che trattato definitivo possa essere firmato durante Conferenza stessa.

Byrnes, contrariamente pubblicità da lui data a Parigi a mezzo stampa al ruolo decisivo attribuito detta Conferenza, ha preferito sorvolare su ciò nel suo discorso dando impressione che soluzioni stabilite siano ormai da considerarsi in certo senso acquisite in quanto rappresentano «mezzo più soddisfacente possibile per ottenere pace» attuale situazione.

Difesa operato Byrnes verrà continuata oggi e domani in preannunziato discorso al Senato dei due senatori che ne hanno condivisa responsabilità.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 11034/558. Roma, 16 luglio 1946, ore 18,10.

Per opportuna conoscenza comunico che in data odierna ho telegrafato a don Sturzo quanto segue:

«In previsione Conferenza Ventuno Governo italiano vuole fare ogni sforzo per guadagnare, oltre che per vie normali anche per quelle straordinarie, opinione pubblica e governi. Penso di mandare Sforza America Latina. Ritieni tu di poter fare qualche cosa costì o in caso che la tua salute o la già decisa tua partenza non lo permetta, credi tu che altri costì o da qui inviato possa esercitare utile intervento? Governo grato tuo prezioso concorso attende cortese risposta» 1•

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IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12172/100. Ottawa, 16 luglio 1946, ore 18,21 (per. ore 12 del 17).

Ho veduto oggi questo sottosegretario di Stato degli affari esteri Robertson al quale ho parlato nel senso e secondo le istruzioni contenute nel telegramma di V.E. 2• Egli mi ha detto:

I Per la risposta vedi D. 17. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 683.

Il

l) Governo canadese appoggerà pienamente la richiesta italiana di poter esporre alla riunione dei Ventuno il nostro punto di vista su tutte le questioni attinenti al trattato di pace.

2) Teme che sia difficile alla Conferenza delle Ventuno Nazioni di poter mutare le decisioni prese dai Quattro Grandi.

3) La delegazione canadese è al corrente di tutti i nostri punti di vita esposti nella documentazione da me fornita a questo Ministero affari esteri e che ho ampiamente illustrata in varie conversazioni con funzionari Governo.

4) Robertson si incontrerà volentieri con ambasciatore Soragna a Parigi. 5) Egli conta che io possa essere ricevuto da primo ministro prima della sua partenza per Parigi.

12

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. S.N.D. 12151/840. Londra, 16 luglio 1946, ore 21,40 (per. ore 9,30 del 17).

Cerulli ha discusso questione colonie con Anderson 1 che era assistito Dreyer rappresentante del War Office. Nella discussione empirica e vivace Anderson ha mantenuto nel complesso posizione negativa, soltanto graduando su alcuni punti tale negazione. Riassumo qui suoi argomenti omettendo per ovvie ragioni contestazioni che Cerulli gli ha rivolte su ogni punto.

Per Cirenaica Anderson ha detto che non (dico non) si ritengono opportuni negoziati diretti fra noi e Senussia, né per questioni politiche e nemmeno per economiche, perché «Governo britannico considera suo impegno con i senussi per la Cirenaica come totale» e perciò egli, Anderson, ritiene impossibile che contadini italiani ritornino Cirenaica. Ha aggiunto che qualunque capo senusso concludesse in qualsiasi forma un accordo con Italia sarebbe spodestato.

Per Tripolitania Anderson dichiarato che Governo britannico non (dico non) ha impegno con alcuno né ha alcuna mira territoriale ma desidera soltanto che sorte territorio sia decisa pacificamente. Non rendesi necessario insistere né compromettere situazione economica che italiani hanno là acquistato. Ha accennato attuale particolare sensibilità Lega araba anche per tale questione, e ha detto non è da escludere prenda posizione al riguardo Ibn Saud molto sollecitato da noti fuorusciti El Gargani e Sadaui.

Per Eritrea Anderson ha detto che richiesta etiopica concerne intera colonia. Richiesta sembra ragionevole solo per quanto concerne Assab, regione altipiano abitata popolazioni lingua tigrai. Regione musulmana limitrofa Sudan sembra tendere unione quel condominio. Zona Asmara e Massaua costituisce unità economica che se anche dovesse essere incorporata da Etiopia, non potrebbe esserlo che in futuro.

1 Vedi serie decima, vol. III, D. 687.

Per Somalia Bevin aveva fatto proposta inserire in una unione paesi somali. Governo inglese ha ritirato tale proposta ma nello stadio attuale non esclude possa ripresentarsi in avvenire.

Circa clausole trattato pace, avendo detto Anderson esso contempla solo «un anno quiete studi», Cerulli ha opposto temere invece che anno non sarebbe né quiete né studi perché dava a chi lo volesse possibilità lavorare contro di noi e perché come preliminare ci chiedeva rinunzia sovranità. Circa proposta Cerulli a Jebb darci amministrazione Tripolitania e Somalia durante l'anno differimento, Anderson ha escluso nettamente essere ciò possibile per Tripolitania. Avendo Cerulli insistito questione coloniale è tipica questione italo-inglese, Anderson ha risposto che ciò è avvenuto perché soltanto Inghilterra ha diretta conoscenza territori, ma che ora anche America, a mezzo dei suoi rappresentanti, sta esaminando fatti e rendersi ragione posizione britannica. Anderson incontrerà ulteriormente Cerulli Parigi.

13

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. URGENTISSIMO 11059/c. Roma, 16 luglio 1946 1•

Ieri sera 15 luglio alle ore 19,30 un nostro funzionario a Parigi è stato convocato al Palazzo Lussemburgo e gli è stato notificato che in relazione risoluzione Consiglio ministri esteri del 3 luglio scorso, rappresentanti italiani erano invitati presentare punto di vista Governo italiano su statuto Territorio Libero Trieste e regime di un porto internazionale 2•

Pensiero Governo italiano circa progettata creazione cosiddetto «Territorio Libero Trieste» è già noto, e cioè che essa, oltre che una stridente ingiustizia storica, un totale abbandono principi linea etnica stabiliti dal Consiglio ministri esteri a Londra nel settembre 1945 ed una aperta contraddizione con conclusioni Commissione esperti recatasi Venezia Giulia scorso aprile, rappresenta una soluzione che non offre alcuna garanzia vitalità e costituirà, nonostante ogni buona volontà, in un avvenire immediato fonte di contrasti e di attriti particolarmente pericolosi.

Questa opinione Governo italiano conferma esplicitamente anche in questa occasione3 .

Particolarmente preoccupanti sono poi modo e termini convocazione, con un margine di tempo che lascia a mala pena fisica possibilità ai rappresentanti italiani di raggiungere Parigi, e che certo non dà affidamento che studio di un problema così difficile venga compiuto con quella ponderazione che è in ragione diretta della

l Spedito il 17 luglio alle ore 4. 2 Vedi D. 7. 3 Vedi D. 8.

sua complessità. Il quesito, che spontaneamente si presenta, è se questa maniera di trattare questione non rappresenti semplicemente tentativo di precostituire argomenti di una pretesa ma in realtà meramente formale consultazione dell'Italia, per giustificare quindi quelle qualsiasi decisioni che verranno prese ai nostri danni.

Nel confermare che di fronte al peggio Governo italiano accetta di inviare a Parigi un gruppo di esperti, la prego far costì presenti le riserve di cui sopra nella maniera più chiara, precisando altresì che in queste condizioni esperti stessi hanno ricevuto incarico prendere nota dei progetti concreti che venissero loro sottoposti, tenersi a disposizione per rispondere a quesiti o richieste di chiarimenti di carattere tecnico, fornire elementi e dati di giudizio e di valutazione 1 .

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IL MINISTRO A DUBLINO, BABUSCIO RIZZO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12213/33. Dublino, 17 luglio 1946, ore 0,12 (per. ore 19,30).

Ho personalmente conferito con de Valera al quale ho estesamente esposto nostro punto di vista su tutte le questioni attinenti trattato di pace con l'Italia e motivi per i quali riteniamo che progetto trattato Parigi oltre che contrastare con promesse fatteci e gravi sacrifici sopportati in periodo cobelligeranza, rappresenti errore politico cui tutti Paesi sono seriamente interessati.

Facendo seguito precedenti invii fatti al Dipartimento degli esteri ho consegnato direttamente a de Valera successive documentazioni pervenutemi e memorandum illustrativo contributo italiano vittoria Nazioni Unite.

Circa questione Alto Adige pur essendo essa superata dallo schema trattato predisposto Parigi, avendo avuto tuttavia impressione che rivendicazioni austriache avessero trovato qui una certa eco, ho rimesso de Valera testo inglese documentazione trasmessami con telespresso ministeriale 5/19 I del I 6 febbraio u.s. 2 e di cui pregherei inviarmi altra copia per atti legazione. De Valera mostrato intendere pienamente mie argomentazioni e affermatomi che Irlanda desidera ansiosamente vedere prevalere principi giustizia in tutte le contese internazionali. Aggiuntami che Irlanda non ha modo far sentire sua voce non appartenendo ancora organizzazione mondiale di sicurezza e mi ha al riguardo riconfermato punto di vista già da me esposto in telegramma per corriere 025 del 27 giugno 2 . Questioni italiane vengono seguite con particolare simpatia da stampa e da pubblico e non tralascerò occasione per indirizzare ancora maggiormente questa opinione pubblica in nostro favore. Per diffusione questa stampa mi sarebbe anche utile ottenere qualche notizia su iniziativa Paesi sud americani in favore di una giusta pace per l'Italia.

l Carandini rispose con T. 12448/854 del 19 luglio, di aver eseguito le presenti istruzioni e di aver consegnato al Foreign Office un promemoria riassuntivo, vedi D. 74. Per la risposta di Quaroni vedi D. 62.

2 Non pubblicato.

15

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 11060/c. Roma, 17 luglio 1946, ore 4.

Al ritorno da una breve missione ufficiosa a Brusselle, Aja, Osio 1 , ministro on. Pietro Nenni si fermerà per pochissimi giorni a Parigi, ove è mio proposito, da lui senz'altro accolto, che egli abbia un breve colloquio con Bevin, Byrnes, Molotov, Bidault cui illustrerà punto di vista italiano nelle sue connessioni esterne ed interne, con l'autorità che gli proviene sia dall'essere capo del partito socialista sia di designato alla mia successione agli esteri, quando i lavori per la pace saranno conclusi. La prego di volerne subito preavvertire codesto Governo. Egli sarà a Parigi quando vi cominceranno ad affluire le delegazioni per la Conferenza della pace o nei primissimi giorni della sua apertura. Dica costì che io conto molto che egli possa essere ascoltato con benevolenza in attesa di quella consultazione ufficiale italiana che ci è stata promessa e cui conto di partecipare personalmente. Mi informi telegraficamente suoi passi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE IN AMERICA LATINA

T. 11061/c. Roma, 17 luglio 1946, ore 9,30.

Questo ambasciatore d'Argentina mi informa che suo Governo, aderendo alla nostra proposta, ha chiesto a quello brasiliano di farsi interprete, in seno alla prossima Conferenza dei Ventuno, anche del pensiero e dei sentimenti argentini. Stesso Governo ha prospettato utilità che da parte nostra siano sollecitati anche tutti gli altri governi latino-americani nello stesso senso. L'ho assicurato che ciò era stato già fatto 2• Pare dunque che iniziativa di dare al Brasile mandato di parlare a nome di tutti si avvii verso attuazione concreta. Occorre che tutte le rappresentanze dell'America latina, cui il presente telegramma è diretto, continuino ad agire

t Con T. 11063/c. in pari data, indirizzato alle rappresentanze a Bruxelles, L'Aja e Osio, De Gasperi preannunciava il viaggio di Nenni, mirante ad «illustrare officiosamente a codesto Governo punto di vista italiano nei confronti problemi pace e [a) sollecitarne nella misura del possibile assistenza in seno Conferenza Ventuno». Bombieri, Fransoni e Rulli assicurarono di aver eseguito le istruzioni con i telegrammi 12578/60, 12449/213 e 12429/96, rispettivamente del 20 e 19 luglio. Per le successive notizie sulla visita di Nenni vedi DD. 57, 63, 69 e 76.

2 Vedi serie decima, vol. III, D. 662.

in questo senso. Avverto che ho telegrafato a Rio 1 , ed ho dato a questo ambasciatore del Brasile, un sommario delle precise ragioni per le quali l'Italia ritiene che la pace progettata dai Quattro è ingiusta. Ed è sulla base di tale sommario che ci attendiamo che delegazione brasiliana prenda possibilmente posizione e sia autorizzata a prenderla anche a nome di tutti gli altri2 .

17

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 12226/843. Washington, I7 luglio I946, ore 10,3I (per. ore I del I8).

A telegramma 558 3 .

Sturzo, con cui ho avuto conversazione telefonica, rispondendo tuo telegramma dichiara di far già tutto quello che può e che la salute non gli permette una maggiore attività e soprattutto di recarsi nei vari centri per tenere comizi. Suggerisce Orlando come unico che potrebbe avere influenza su Governo, opinione pubblica e massa emigranti. Ove ne sia il caso come mia lettera 7748/2070 del 10 corrente4 . Crede utilissimo invio Sforza Sud America ed anche Croce Inghilterra e Francia Nenni e se vi è ostacolo per quelli appartenenti al Governo altra personalità.

18

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA

T. 11065174. Roma, 17 luglio I946, ore I2.

Ho oggi consegnato in via confidenziale a questo ambasciatore di Cina esposizione riassuntiva delle ragioni per le quali pace progettata a Parigi è ingiusta e punitiva. Tale esposizione è analoga a quella già telegrafa tale con mio n. 10979/c. 1• Ho pregato ambasciatore di voler attirare amichevole attenzione suo Governo e delegazione cinese (che è in corso di formazione e di cui egli farà probabilmente parte) su documento

1 Vedi D. 5.

2 Con successivi telegrammi (T. 11087/c. del 18 luglio, T. 11345/c. del 24 luglio, T. 11512/c. del 26 luglio e T. 11952/c. del 3 agosto) il ministero comunicava i nomi degli Stati che avevano via via aderito alla proposta di incaricare il Brasile di esprimersi a Parigi anche in loro nome: Argentina, Cile, Colombia, Paraguay, Costarica, Equatore, Salvador, Panama, Cuba, Honduras, Bolivia, Guatemala, Nicaragua, Uruguay, Venezuela e Perù.

3 Vedi D. IO.

4 Vedi serie decima, vol. III, D. 692.

predetto in vista di darci in seno alla Conferenza Ventuno quella possibile assistenza di cui gli esprimiamo sin da ora nostra viva e cordiale gratitudine.

Preavverta codesto Governo che ambasciatore Soragna, che fa parte nostra delegazione pace, prenderà contatto a Parigi con delegazione cinese, cui sarà lieto di fornire ogni particolare atto ad illustrare a chiarire punto di vista italiano. Saremo particolarmente riconoscenti codesto Governo se esso vorrà dare cortesi istruzioni alla sua delegazione perché tale compito gli sia facilitato. Soragna fu già e continuerà mantenersi in contatto anche con tutte le altre rappresentanze 1 .

19

IL MINISTRO A COPENAGHEN, CARISSIMO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 12215/47. Copenaghen, 17 luglio 1946, ore 12,45 (per. ore 19,30).

Ho conferito a lungo con questo ministro affari esteri 2 . Dopo esposizione principali questioni italiane alla Conferenza della pace e dopo aver sottolineato iniziativa Uruguay nella questione colonie italiane, ho fatto presente interesse evidente per tutte le Nazioni Unite, compresa Danimarca, che trattati di pace siano fondati su principi di giustizia ed ho chiesto quindi se Governo davvero era disposto fare qualcosa per affermare questo principio. Signor Rasmussen ha sempre ascoltato con cortese accoglienza, ma ha evitato pronunziarsi. Mi ha solo detto alla fine con espressione che rinvigoriva alla domanda carattere di affermazione: «No n crederete che il tempo lavori per voi?». Segue rapporto 3 .

20

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 11088/562. Roma, 17 luglio 1946, ore 20.

Ammiraglio Stone ha riservatamente informato aver lungamente discusso situazione italiana creatasi in seguito a convegno di Parigi con il signor Forrestal che è stato qui di passaggio. Stone ha consegnato a Forrestal ampia documentazione del punto di vista italiano sulle varie questioni sul tappeto ed ha caldamente appoggiato l'accoglimento delle nostre richieste appoggiandosi sugli argomenti da

l Per la risposta vedi D. 25. 2 Per le istruzioni vedi serie decima, vol. III, D. 683. 3 Non pubblicato.

lui sempre invocati per una giusta pace con l'Italia e già precedentemente comunicati al Governo americano.

Forrestal ha dimostrato la massima comprensione verso il nostro Paese e si è dichiarato nettamente contrario all'atteggiamento di Byrnes nei nostri confronti. Egli ha promesso di parlare a favore dell'Italia con Dunn, che contava vedere a Parigi, e di farsi portavoce del punto di vista di Stone presso il presidente Truman.

Si informa di quanto sopra la S.V. affinché, pur mantenendo un assoluto segreto circa questa comunicazione, possa tenerne conto nell'azione che svolgerà costà prima della Conferenza dei ventuno Stati a Parigi.

21

IL MINISTRO AD OSLO, RULLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12271-13270/92-93. Osio, 17 luglio 1946, ore 20 (per. ore 12,30 del 18).

Questo ministro degli affari esteri, che ho visto stamani prima della sua partenza per Copenaghen dove si reca per alcuni giorni ed al quale ho nuovamente ed ampiamente esposto nostro punto di vista quale è riassunto nel telegramma di V.E. 10979 1 , mi ha confermato sua impressione che l'opera delegazione norvegese sarà purtroppo molto limitata. Mi ha detto che Governo norvegese, pur rendendosi conto che tale limitazione non è certo adeguata ad apporto Paese nella guerra ed a sua situazione in Europa, crede una eventuale opposizione degli Stati minori al compromesso deliberato dai Quattro Grandi rischierebbe risolversi in un possibile· fallimento di tutta l'Organizzazione Nazioni Unite. Ciò perché, non vedendo approvato compromesso cui essa ha aderito dopo molte discussioni, Russia potrebbe anche determinare uscire dall'O.N.U. Mi è parso comprendere che tale suo discorso fosse fatto a seguito allusioni in tal senso espressegli in questi giorni da ambasciatore U.R.S.S.

Ho ripreso con questo ministro affari esteri argomento circa eventuale estensione zona libera2 . Egli mi ha detto che «personalmente» vedrebbe con simpatia tale modifica. Mi ha aggiunto che, pur non prendendo alcun impegno in materia, data situazione Norvegia e considerazioni precedenti, avrebbe dato massima attenzione alla questione onde studiare possibilità di farsene promotore se non ufficialmente (cosa che gli sembra a prima vista impossibile) per lo meno nelle coulisses della Conferenza. Avendo io detto che eventualmente nostra delegazione lo avrebbe intrattenuto anche su questo argomento, egli mi ha risposto esser pronto a studiare benevolmente (sempre nei limiti delle sue possibilità materiali e politiche) ogni nostra proposta e mi ha ripetuto la simpatia con la quale da europeo guardava alla nostra causa. Aggiungo ad ogni buon fine che circa frontiera occidentale ministro esteri ha convenuto con me nello sbaglio politico commesso dalla Francia nel chiedere Briga e Tenda.

l Vedi D. 5. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 690.

22

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 12258/396. Mosca, 18 luglio 1946, ore 0,48 (per. ore 9,30).

Ho dato a questo ambasciatore di Cina, che si reca a Parigi quale membro delegazione cinese Conferenza pace, materiale inviatomi da codesto ministero circa varie questioni e gli ho spiegato in dettaglio nostro punto di vista. Foo Ping-Sheung mi ha detto francamente che situazione Cina essendo quella che è, essa non può contare avere influenza molto grande Conferenza pace ma che, nei limiti sue possibilità, egli è sicuro che cercherà far prevalere concetto pace giusta. Egli è sicuro buone disposizioni Chung-King ed in ogni modo mi ha persuaso eserciterà tutta sua influenza, che egli asserisce esistere, presso ministro degli esteri cinese in nostro favore. Gli ho detto che ci rendevamo conto situazione Cina e che non ci aspettavamo impossibile; che Italia le sarebbe stata grata per qualsiasi cosa potesse fare in nostro favore. Parlando a titolo personale gli ho detto essere particolarmente importante almeno:

l) eliminare da trattato di pace clausole di ogni natura che limitino permanentemente sovranità italiana nei vari campi dopo la pace;

2) per questione Trieste cercare ottenere almeno che questione appartenenza definitiva città e territorio venga risolta mediante libero plebiscito fra un certo numero di anni;

3) ammettere possibilità revisione nostro trattato quando suoi difetti, sue conseguenze saranno a tutti evidenti ed in atmosfera più serena. Perché però questione revisione non diventi chimera, come nel trattato Versailles, occorrerebbe stabilire precisamente che, dopo determinato periodo (cinque o dieci anni), trattato dovrebbe essere riesaminato da O.N.U.

Gli ho poi detto con tutta risolutezza che Governo italiano è fermamente deciso non (ripeto non) firmare trattato che sia incompatibile con onore indipendenza nazionale e che in questo tutti partiti politici italiani sono d'accordo. Avendomi egli espresso desiderio avere contatti diretti Conferenza con delegazione italiana, gli ho detto che gli avrei dato lettera personale per Soragna.

Foo Ping-Sheung non è persona particolarmente intelligente ma aspira diventare in prossimo futuro ambasciatore Roma: tiene per questo mostrarcisi amico.

23

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12316/322. Rio de Janeiro, 18 luglio 1946, ore 14,18 (per. ore 7 del 19).

Iersera ho conferito questo ministro affari esteri. Egli mi ha dichiarato che il Consiglio dei ministri riunito sotto presidenza presidente della Repubblica, fissando direttive alla delegazione brasiliana alla Conferenza della pace, ha confermato e precisato decise istruzioni per sostenere posizione Italia, cui punti di vista esposti in vostro memoriale (mi riferisco al telegramma di V.E. Gab. n. 10979) 1 già conosciuti da questo Governo. Ministro degli affari esteri mi ha detto testualmente che questo Governo ritiene che difesa Italia costituisce anche grande interesse Brasile.

Riscontrato in autorità brasiliane particolare decisione e fermezza di cui avevo avuto nuovi espliciti accenni in contatti personali fatti anche ieri mattina durante colazione ambasciatore Cina. Altresì ambasciatori Uruguay, Portogallo e ministri Svizzera, Cecoslovacchia, Norvegia, Libano ed altre personalità. Nel colloquio ieri sera ministro degli affari esteri, riprendendo nostra conversazione precedente (mi riferisco mio telegramma 291 ultima parte) 2 , mi dichiarò nettamente che Conferenza internazionale della pace dovrà avere carattere e poteri organo deliberante e non semplice registrazione progetti dei Quattro, sicché Brasile per parte sua intende esercitare suo voto per revisione.

Per quanto concerne voti comunicati da altre cancellerie sud-americane, ministro esteri, pur affermando necessità Brasile mantenere propria fisionomia, mi ha detto che è lieto rafforzare sua posizione difesa Italia coi voti espressigli da altri governi sud-americani e che di questi pure si renderà gradito interprete. In tal senso ministro degli affari esteri mi ha detto aver fissato suo concetto in risposta ieri data al ministro degli affari esteri Cile, che stamane stampa locale pubblica in comunicato ufficioso contenente telegramma del ministro esteri al collega cileno. Telegramma contiene ringraziamenti al Governo cileno per termini espressi nel voto quella Repubblica che dà alla delegazione brasiliana onorevole incarico interpretare aspirazione Governo cileno e popolo cileno in favore Italia, assicurando pensiero espresso coincide perfettamente col sentimento brasiliano in relazione a quella Patria di cui «tutti noi siamo sostenitori e continuatori» e che «mandato conferito aggiunge ai nostri naturali poteri come delegati Brasile nuovi titoli le cui responsabilità ci sforzeremo onorare alla Conferenza della pace».

Ritengo quindi raggiungere con azione diplomatica quel possibile utile obiettivo che l'azione brasiliana sia accresciuta da incarichi sino ad ora ricevuti e quindi ora debbasi soprattutto mettere in evidenza stampa italiana opinione pubblica posizione ed atteggiamento Brasile che, coerente suoi precedenti, si propone appoggiarci Parigi, quale membro di diritto della Conferenza della pace.

Ministro degli affari esteri, il quale partirà 24 corrente per Parigi, mi ha confermato anche sua visita Roma. Sarà sostituito dal segretario generale Gracie con funzioni interinali.

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IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12351/850. Londra, 18 luglio 1946, ore 18,20 (per. ore 15 del19).

A complemento conversazione avuta ultimamente a Parigi con Ben Cohen circa clausole coloniali trattato di pace\ Cerulli ha esposto nostre idee circa defini

l Vedi D. 5. 2 Non pubblicato, ma vedi serie decima, vol. III, D. 668. 3 Vedi serie decima, vol. III, D. 652.

tiva sistemazione questione colonie in due riunioni con Hare capo ufficio Medio Oriente questa ambasciata U.S.A. Per Cirenaica Hare ha chiesto se abbiamo impressione Londra sarebbe sfavorevole anche ad accordi economici circa emigrazione italiana quella regione una volta che noi ammettessimo soluzione politica favore senussi. Cerulli gli ha detto che opinione attuale britannica gli è apparsa del tutto negativa per Cirenaica. Hare ha domandato in tesi generale se nostra opposizione a clausola rinunzia sovranità significa che noi siamo opposti sistema trusteeship. Cerulli gli ha detto che nota proposta francese era già stata favorevolmente apprezzata da noi e che contatti si svolgono in questa fase nel senso tentare entro quali limiti proposta possa ottenere adesione che manca. Poiché Hare accennava a cessioni all'Etiopia, Cerulli gli ha aggiunto che pare equo che zona Eritrea da passare ad Etiopia per sbocco mare abbia almeno stesso statuto internazionale che sarà dato al territorio nel quale resterà Italia. Questa osservazione ha impressionato favorevolmente Hare. Questi infine ha detto conveniva importanza politica problema colonie che è sola questione territoriale che si ponga direttamente fra l'Italia e Gran Bretagna. Ha osservato e spiegato che sono migliori le vie pratiche per facilitare graduale soluzione. Ha concluso dicendosi pronto fare quanto possibile per favorire tale contatto.

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L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12352/86. Nanchino, 18 luglio 1946, ore 18,45 (per. ore 16 del 19).

Giunto questi giorni Cina, ho cercato suscitare interesse opinione pubblica per cose italiane con interviste maggiori quotidiani Shanghai. Qui Nanchino, pur privo credenziali, spero vedere domani ministro esteri per iniziare immediatamente azione conforme direttive V.S. 1• Ritengo tuttavia opportuno far presente che questo Governo non può permettersi, né intende prendere, atteggiamento che possa urtare Quattro Grandi in genere e U.R.S.S. in specie per favorire nostro Paese. Esso potrebbe essere portato assumere un certo atteggiamento indipendente, ben inteso entro limiti indicati dalla prudenza e dal desiderio di evitare serie difficoltà con le Potenze sopra indicate, soltanto se si trattasse difendere causa di qualche Paese asiatico, nel quadro di quella politica anti-europea e anti-coloniale in genere che esso persegue e che è diretta acquistarsi posizione di prestigio in Asia. Esiste tendenza in questo Paese disinteressarsi in generale sistemazione europea per concentrare attenzione su sistemazione Estremo Oriente, quando si farà. Tale tendenza è stata incoraggiata da recenti difficoltà incontrate per figurare quale Potenza invitante Conferenza Parigi. È probabile che delegazione cinese Parigi, sulla quale gli Stati Uniti avranno forte influenza, cercherà dove possibile assumere atteggia-

I Vedi DD. 5 e 18.

mento conciliativo soprattutto se da questa si riprometta aumento prestigiO. È soltanto entro questi limiti che possiamo aspettarci eventualmente intervento cinese nostro favore ed è su queste linee che converrebbe se mai indirizzare nostri approcci con delegati cinesi, a parte eventuali simpatie personali che qualcuno di loro possa avere per Italia e che naturalmente converrebbe coltivare. In particolare:

l) In questione Trieste e frontiera orientale ritengo cinesi seguiranno direttive Stati Uniti evitando compromettersi di fronte U.R.S.S. 2) Se si delineasse possibilità compromesso su questione frontiera occidentale non escluderei cinesi potessero, per ragioni prestigio, assumere iniziativa mediazione.

3) In questione colonie atteggiamento cinese è in linea generale favorevole indipendenza popolazioni indigene o in mancanza trusteeship O.N.U. Entro queste linee potremo eventualmente sperare cinesi appoggino obiezioni contro soluzione che manterrebbe per un anno ancora amministrazione inglese e francese, soprattutto se questa fosse presentata come tendente in definitiva estendere dominio coloniale Inghilterra e Francia. Osservo tuttavia che si nota in questi ultimi tempi tendenza da parte cinese riavvicinamento Gran Bretagna mentre ho impressione che a Londra si consideri seriamente possibilità dare alla Cina qualche soddisfazione per quanto riguarda Hongkong. Se questo fosse vero non potremmo attenderci che cinesi urtassero Gran Bretagna su questione per loro di scarso interesse come quella nostre colonie.

4) Tengasi presente tuttavia che possibilità azione e prestigio delegazione cinese saranno notevolmente limitati da rapido grave deterioramento in corso situazione politica interna, e da richiesta ieri avanzata da Cina comunista di far parte delegazione, così da fornire U.R.S.S. e satelliti ottimo argomento per svalutare posizione delegazione Governo Nanchino e paralizzarne l'opera ove la richiesta fosse accolta. Per quanto riguarda questioni pendenti fra Italia e Cina riferisco con telegramma a parte 1•

26

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12349/829. Parigi, 18 luglio 1946, ore 20,45 (per. ore 15 del 19).

Trasmettesi seguente telegramma a firma Soragna:

«Poiché è probabile questione frontiera italo-austriaca venga nuovamente sollevata in sede Conferenza Ventuno riterrei urgente fornire ancora una volta prova concreta intenzione del Governo italiano mantenere impegni assunti per autonomia Alto Adige.

Permettomi pertanto prospettare opportunità che progetti relativi vengano quanto prima presentati all'Assemblea costituente che potrebbe deferirne esame apposita commissione studio».

l Vedi DD. 42 e 46.

27

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12340-12512/847-849. Washington, 18 luglio 1946, ore 21,08 (per. ore 8 del 21 ).

Stamane ho avuto per circa un'ora serrata conversazione con segretario di Stato. Come già nel suo discorso del 15 corrente (mio telegramma 842) 1 atteggiamento Byrnes è stato naturalmente ispirato a vivace difesa decisioni da lui accettate a Parigi. Egli ha subito iniziato attacco e, dopo aver deplorato nostro mancato apprezzamento «per tutti gli sforzi americani a favore dell'Italia e per sua lotta di dieci mesi con gli altri tre, volta ad impedire soluzione oltremodo a noi dannosa», ha per la prima volta in nostra conversazione ricordato «responsabilità Italia fascista che americani per la parte loro si erano sforzati dimenticare, apprezzando sforzi compiuti da nuova Italia democratica ed aiutandoci come meglio potevano, mentre altri Paesi aggrediti non avevano voluto essere altrettanto magnanimi e non vi era stato modo convincerli». Ho adeguatamente risposto riconducendolo ad ultima fase Conferenza Parigi.

Riassumo elementi principali:

l) Americani non avrebbero potuto tenere con le armi Trieste o ve assegnata all'Italia se Jugoslavia avesse attaccato. Ha ammesso che pericolo permane tuttora e pur insistendo su pretesi vantaggi internazionalizzazione si è limitato valorizzarla come sola soluzione che, una volta affermata, potrebbe impedire colpi di mano jugoslavi. Per quanto concerne protezione diritti degli italiani istriani, nonostante tenace opposizione riscontrata a Parigi, solleverà nuovamente questione alla Conferenza dei Ventuno pur temendo molto di non riuscire a nulla.

2) Secondo lui, dovremmo a posizione assunta da americani alla Conferenza Londra se marina mercantile è stata salvata all'Italia. Ne ha segnato occasione per ritornare su recriminazioni italiane.

3) Per Tenda e Briga mi ha fatto intendere che tutti erano d'accordo per cessione alla Francia.

4) Ha escluso possibilità di revisione sostanziale da parte Conferenza dei Ventuno, essendo i Quattro impegnati a difendere solidalmente decisioni adottate. Le revisioni o i miglioramenti potranno concernere particolari e non linee essenziali. Si è detto convinto che prospettiva di un plebiscito per questione Trieste, sia pure massima compatibile equità, inasprirebbe agitazione anziché calmarla.

5) Cercherà di sostenere ancora impossibilità italiana pagare riparazioni richieste da Jugoslavia e Grecia. Non ha nascosto che ritiene specialmente forte posizione Governo Atene. Dal canto mio ho respinto categoricamente un suo accenno per cessione alla Grecia due note motonavi rifiutate dai russi.

1 Vedi D. 9.

6) Circa firma del trattato da parte nostra, ha espresso certezza che Conferenza Ventuno, dopo averlo approvato ed accettato, riuscirà a farlo accettare da un «Governo italiano».

Ometto mie risposte. E riferirò dettagliatamente con prossimo corriere 1 .

Nonostante tono colloquio, talvolta improntato ad insolita vivacità, Byrnes ha tenuto marcare personale cordialità ed amichevoli disposizioni per l'Italia. In sostanza, oltre difesa suo operato, ovviamente presentato come ineluttabile, egli, ciò che del resto era da prevedere, ha mirato intimidire nostra reazione onde evitare ogni complicazione che possa aggravare problema pace.

Nel corso colloquio ha ripetutamente incolpato russi per mancata soluzione più favorevole. Ha vivamente recriminato per accuse rivolte U.S.A. e per preferenza manifestata a favore Russia da settore nostra opinione pubblica controbattendo energicamente impressione diffusa in Italia che avremmo ottenuto di più con altra politica. Su questo argomento ha mostrato particolare sensibilità.

Per parte mia ho ritenuto preferibile dare alle mie risposte carattere di sostenuta fermezza pur mantenendo tono cordiale sincerità e marcando quando fosse leale ed amichevole atteggiamento Italia per America, che giustificava sia legittime aspettative riposte negli U.S.A. sia nostra naturale reazione.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12344/832. Parigi, 18 luglio 1946, ore 21,30 (per. ore 15 del 19).

Comunico seguente telegramma Soragna:

«Delegazione giuliana presieduta dall'on. Bettiol ha presenziato stamane 2 e nel pomeriggio lavori nota Commissione assieme a delegazione jugoslava che era guidata dal vice ministro esteri Bebler. Relli ha accompagnato nostra delegazione quale osservatore ed interprete.

Nella seduta antimeridiana ha parlato ministro jugoslavo dichiarando che suo Governo non può accettare decisione circa Trieste che esso considera parte integrante Jugoslavia per nota tesi già svolta precedentemente.

Il Governo jugoslavo desidera tuttavia fare ultimo sforzo per impedire insuccesso Conferenza e propone pertanto progetto Territorio Libero comprendente città ed immediati sobborghi subordinando lo ad unione "reale" alla Jugoslavia che dovrebbe esplicarsi con nomina governatore jugoslavo, unione doganale e monetaria. Governatore verrebbe controllato da alto commissario O.N.U. Porto sarebbe libero ma Jugoslavia riservasi zona sovrana ed altre posizioni favorevoli tra cui rappresentanza diplomatica.

1 Vedi D. 30. 2 Il 17 luglio.

Nella seduta pomeridiana on. Bettiol ha esposto punto di vista italiano confutando opportunamente affermazioni delegato jugoslavo circa economia Trieste e circa pretesa aggressività italiana con cui jugoslavi giustificano loro richieste.

Domande fatte ai delegati dai membri della Commissione si sono limitate a problemi industriali e costituzionali ed hanno dato adito a qualche battuta polemica tra le due delegazioni soprattutto circa rappresentanza popolare a Trieste. Jugoslavo ha aspramente criticato Governo Militare Alleato della Venezia Giulia.

Delegato russo ha osservato che Governo italiano era informato dai giornali fino dal 3 luglio corrente circa costituzione della Commissione ed avrebbe pertanto potuto preparare un progetto o delle proposte come Governo jugoslavo. Da parte nostra è stato opportunamente risposto.

Sessione è stata chiusa alle 18,30 e delegati sono stati pregati tenersi a disposizione della Commissione. Invierò per corriere rapporto dettagliato».

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE IN AMERICA LATINA

T. 11114/c. Roma, 18 luglio 1946 1•

Partirà a giorni per l'America latina on. Carlo Sforza. Egli ha incarico ufficiale di ringraziare governi Repubbliche latino-americane per azione già svolta pro giusta pace, prendere con essi contatto per illustrare punto di vista italiano nei confronti delle soluzioni punitive progettate dai Quattro, concretare possibilmente con essi ogni possibile ulteriore più specifica azione di assistenza, illuminare infine le collettività italiane e portare ad esse il saluto della patria lontana. Conte Sforza si propone di restare qualche settimana nell'America latina e si fermerà certamente per qualche giorno a Rio, Buenos Aires, Santiago e Montevideo. Prego le ambasciate e legazioni interessate di volerne subito preavvertire i rispettivi governi presso cui sono accreditate, particolarmente sottolineando carattere di «ringraziamento» che Governo italiano ha inteso dare alla missione del conte Sforza e circostanza che è stata a questo scopo prescelta personalità italiana tra le più rappresentative e certamente più qualificate a compierla. Egli si farà interprete, nei confronti dell'America latina, dei sentimenti unanimi e fraterni del Governo e di tutto il popolo italiano. Tutte le altre rappresentanze cui il presente telegramma è diretto, preavvertiranno rispettivi governi dell'arrivo del conte Sforza, aggiungendo che egli vorrebbe, ed il Governo italiano con lui, recarsi singolarmente in tutte le capitali latino-americane per svolgervi una missione analoga. Cercherà, se potrà, di farlo. Ma se dovesse limitare il suo soggiorno alle capitali indicate, ciò dovrà essere attribuito a mancanza di tempo e ai disagi di così vasti spostamenti e non a mancanza di buona volontà.

I Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

Si pregano le rappresentanze a Rio, Buenos Aires, Santiago, Montevideo di voler predisporre nel modo migliore per la sistemazione personale del conte Sforza che viaggia con due segretari (fra cui suo figlio) e per la predisposizione di tutto quanto parrà opportuno ai fini della sua missione. L'arrivo a Rio dovrebbe avere luogo a una data molto prossima che mi riservo di precisare telegraficamente 1•

30

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. 8017/2167. Washington, 18 luglio 1946 (per. il 29).

Ho già riferito a V.S., per telegramma 2 e per rapporto 3 , sul discorso pronunciato alla radio dal segretario di Stato, o come qui si dice «report to the Nation», al suo ritorno da Parigi, nonché sulla relazione fatta, subito dopo, al Senato da Vandenberg. Tanto Byrnes quanto il senatore repubblicano si sono sforzati di giustificare, coi più disparati argomenti -né, come ovvio, poteva essere diversamente -, le decisioni adottate sulle questioni di Trieste e delle riparazioni, che son quelle, poi, cui l'opinione pubblica americana si è maggiormente interessata ed in cui appaiono più flagranti i cedimenti americani. Entrambi si sono rigorosamente astenuti dall'accennare alla decisione per il confine occidentale, la cui ingiustizia ed insipienza politica è stata ed è rivelata all'opinione pubblica americana dalle radiotrasmissioni e dagli articoli di vari autorevoli pubblicisti (Sumner Welles, Barnett Nover, McCornick, Dorothy Thompson, ecc.) opportunamente ragguagliati.

Come era logicamente da prevedere sia Byrnes che Vandenberg hanno mirato ad evidenziare «il grande successo» conseguito mediante la convocazione della Conferenza dei Ventuno e le «brillanti prospettive di una sollecita pace» facendo leva sulle impazienze della opinione pubblica americana di sbarazzare il terreno da armistizi, occupazioni ed altri reliquati bellici, impazienza che ebbi a segnalare. Circa, poi, i poteri e l'effettiva latitudine riservati alla prossima Conferenza di Parigi nel senso di modifiche e di sostanziali raccomandazioni, Byrnes, dopo aver dichiarato che le soluzioni adottate dai Quattro erano le migliori, anzi le uniche possibili, è rimasto reticente. Vandenberg invece è ricorso alle generalità, già propinate a Parigi ai corrispondenti americani e da questi ritrasmesse, mentre i Quattro discutevano di procedure e di impegni reciproci a sostenere e difendere i faticosi risultati raggiunti.

Benché la pubblica autodifesa fatta da Byrnes del suo operato a Parigi escludesse ovviamente la possibilità di sostanziali resipiscenze, ho ritenuto opportuno vederlo sia per accertare il suo pensiero sui compiti riservati ai Ventuno, sia per esprimergli chiaramente Io stato d'animo italiano. Egli mi ha subito fissato un colloquio per oggi. Questo si è protratto per circa un'ora4 .

l Vedi D. 83. 2 Vedi D. 9. 3 Non pubblicato. 4 Per il resoconto telegrafico sui punti più importanti del colloquio vedi D. 27.

Gli ho parlato dapprima della visita di Nenni a Parigi, dell'incarico datomi da

V.S. al riguardo 1 e della consultazione italiana alla Conferenza: gli ho lasciato in proposito mia lettera personale a titolo di memoria. Il segretario di Stato mi ha risposto molto cordialmente assicurandomi che sarà lieto di avere a Parigi una conversazione con il nostro vice presidente del Consiglio e futuro ministro degli esteri.

Mi ha quindi domandato se l'Italia fosse molto agitata e funestata dagli scioperi. Gli ho risposto che non si trattava di cose importanti; la sola seria agitazione era politica come conseguenza delle decisioni dei Quattro a Parigi. Byrnes si è allora lanciato all'attacco, evidentemente già preparato. Ne riassumo gli argomenti: «So della agitazione in Italia nei riguardi nostri. Questo è il bel risultato di tutti i nostri sforzi in favore dell'Italia! Ho lottato dieci mesi per impedire delle soluzioni ai vostri danni, per avere questa ricompensa!».

Ho cercato di spiegargli che un popolo vede gli avvenimenti in sintesi secondo i risultati finali; l'atteggiamento delle democrazie occidentali -e particolarmente dell'America ritenuta a ragione la nostra migliore amica e la sostenitrice delle tesi più favorevoli all'Italia -aveva deluso l'opinione pubblica. Ne era rimasta indebolita la posizione di coloro che avevano creduto alla giusta pace patrocinata dagli Stati Uniti, mentre gli estremisti propugnavano nuovi orientamenti.

Bymes mi ha interrotto: «Sono in politica da moltissimi anni e so quindi che non si possono mai contentare i propri amici. Qualunque cosa facciate per loro, non è mai abbastanza. Sempre si lamenteranno e se la prenderanno con noi per non avere fatto di più. L'Italia ha delle gravi responsabilità. Ha preparato per anni e poi ha fatto la guerra, nonostante tutti gli sforzi di Roosevelt per impedire un tale errore».

-«Fu Mussolini ed il fascismo ... ». -«Lo so. Tutti dicono così, anche i tedeschi ... ». -«La loro posizione è diversa. Rimasero sempre solidali con Hitler...». -«Non ebbero un'occasione ... ». -«Noi la trovammo, e combattemmo contro la Germania ed avremmo

combattuto contro il Giappone ... Siamo puniti; mentre la Bulgaria, che non ha minori responsabilità, è premiata con un accrescimento di territorio ... ».

-«La Bulgaria combatté pure contro i tedeschi, sebbene in molto minor misura di voi ... Ma noi siamo buoni diavoli ... sapete come sono gli americani ... noi abbiamo dimenticato da un giorno all'altro che ci avete dichiarato guerra, e vi abbiamo apprezzato ed aiutato come meglio potevamo ... Ma altre United Nations -vi ricordo particolarmente jugoslavi e greci che hanno subito le vostre invasioni e molte rovine per causa vostra -non sono altrettanto magnanimi e vogliono essere compensati. Io ho sostenuto per dieci mesi che I'Istria occidentale e Trieste dovevano essere lasciate all'Italia. Nessun trattato era possibile a quelle condizioni. Non ci sarebbe stata Conferenza; non ci sarebbe stata pace, che è così necessaria per tutti in Europa ed altrove. Non avremmo potuto tenere Trieste con le armi se gli jugoslavi avessero attaccato quando avessimo assegnato Trieste all'Italia ... Del resto anche ora, in questo momento, il pericolo permane. Kardelj mi ha detto:

1 Vedi D. 15.

"L'affameremo e l'avremo". Gli Stati Uniti non sono in grado di darvi Trieste senza prendersi la responsabilità di una guerra ... E noi non vogliamo la guerra».

Ho interrotto, nonostante che Byrnes facesse cenno di !asciarlo continuare: «Gli jugoslavi "bluffano"; è il loro sistema. Io credo fermamente che il prestigio degli Stati Uniti -se messo in opera -sia tale che nessun attentato avverrà contro Trieste anche se vi rimarranno due soli soldati americani».

Il segretario di Stato è rimasto interdetto un momento, poi ha ripreso: «Sono dei disperati disposti a fare qualsiasi follia. Non sono sicuro che non la stiano facendo adesso, mentre parliamo. Anche a dispetto dei russi, poiché ora sono furiosi contro Molotov».

-«Non faranno nulla contro la volontà dell'U.R.S.S.». -«Kardelj mi disse che Trieste aveva sempre appartenuto alla Jugoslavia, tanto sono accecati e capaci di negare l'evidenza. Gli risposi che nello stesso modo egli poteva sostenere che anche il mio orologio gli apparteneva. Non ragionano, sono capaci di qualsiasi eccesso. Non vogliamo, in nessun modo, che scoppi una guerra per questo. Abbiamo a Trieste poche forze. In caso di un attacco saremo costretti ad abbandonare il campo ... ». -«Ma &llora è ammissibile anche l'invasione jugoslava della valle del Po, con occupazione di Milano ... ». Byrnes ha risposto automaticamente: «Già, già, infatti ... ». Poi si è accorto dell'enormità che ammetteva ed ha cambiato pensiero: «No, no, questo non avverrà, sono soltanto pazzi per Trieste ... L'internazionalizzazione è la migliore soluzione: quella la accetteranno perché Trieste non va entro i confini italiani. Voi l'accetterete perché Trieste rimane una città italiana, ammministrata da italiani. Avrete le elezioni, un governo protetto delle Nazioni Unite. Quel governo sarà d'italiani perché avrete la maggioranza dei voti. È la sola soluzione possibile senza guerra e noi non vogliamo la guerra che qualcuno dei vostri forse vorrebbe, a nostre spese. Trieste italiana con l'hinterland agricolo e le ferrovie in mano alla Jugoslavia non potrebbe vivere. Il "territorio libero", che gli jugoslavi accetteranno, potrà vivere».

-«Ma ieri vi furono dimostrazioni di decine di migliaia di persone a Belgrado, contro questo progetto ... ».

-«Sì ma -se non vi è un colpo di mano prima-le cose si calmeranno ed il compromesso sarà accettato. In seguito si troverà un assestamento naturale che risolverà i problemi che oggi paiono più difficili».

-«Con sessanta miglia di confine con la Jugoslavia e due miglia con l'Italia, il problema si risolverà per infiltrazione. Gli jugoslavi aumenteranno in tal numero che Trieste perderà in dieci anni la sua maggioranza italiana».

-«l francesi proposero il plebiscito dopo dieci anni. Ma è stato scartato anche per mia opinione perché sarebbero stati dieci anni di continue agitazioni e baruffe ... ».

-«Così sarà lo stesso. Le agitazioni e le baruffe anziché per dieci anni dureranno eterne. Fino a che non si arriverà ad una diversa soluzione». -«Perché non mandate anche voi italiani a Trieste come fanno gli jugoslavi ... ».

-«Perché questo congestionerà al massimo il problema, non lo risolverà. Creerà anzi quelle situazioni di pericolo che voi temete ... ».

-«Non v'è altra possibilità ... D'altronde questa è la più favorevole. Ho passato dieci mesi per attenervela. Avrei voluto meglio; conoscete la linea americana proposta per l'Istria e le continue insistenze per Trieste italiana; non ho potuto ottenerlo per opposizione russa. E pensare che vi sono degli italiani che preferiscono i russi, a noi. Chi vi ha tolto Trieste? Chi ha domandato, fino da Potsdam, 300 milioni di dollari di riparazioni. Noi vi abbiamo difesi fino ai limiti del possibile. Noi vi abbiamo aiutato. Siamo ben ricompensati. Che farete dal primo gennaio in poi, quando finiranno gli invii dell'U.N.R.R.A.? Voi non avete più bisogno di noi; gli italiani ci considerano ora dei nemici; essi vogliono fare "una diversa migliore politica". Vedremo quello che accadrà».

A questo punto Byrnes voleva darmi un appiglio per divergere la conversazione verso le questioni dei «suspense accounts» e del prestito, nelle quali mi sarei trovato nella posizione indebolita di postulante. Ho preferito evitare l'argomento dato il tono e la sostanza della conversazione. D'altronde è mia opinione che la nostra resistenza sul problema essenziale della pace iniqua e le prospettive di una concretizzazione politica del malcontento dell'Italia, potranno indurre il Governo americano a venirci più generosamente incontro nelle questioni finanziarie, onde darci prove di interessamento e di amicizia nel campo dove esso più può.

Ho interrotto la foga di Byrnes: «Questo non è esatto. Il popolo italiano riconosce quello che l'America ha fatto in suo aiuto. Io più d'ogni altro sono stato testimonio delle prove di amicizia che l'America ci ha date. Ma un popolo amputato, umiliato, tagliuzzato non può che divenire estremamente nervoso ed esprimere dei giudizi sommari ... Prendete la questione di Tenda e Briga e Moncenisio ... ».

Byrnes ha interrotto a sua volta ed ha detto qualcosa tra i denti che sembrava voler dire che tutti erano d'accordo per cedere Tenda e Briga alla Francia. Forse era il compenso per la mediazione francese per il compromesso di Trieste «giusto e fortunato per salvare la pace»?

Poi ha preso una gran corsa per dimostrarmi che egli ci aveva salvato l'Alto Adige, paese di predominanza netta austriaca ...

Interrompo: «L'Austria non era una Nazione alleata, e non si separò mai dalla Germania... D'altronde il salvataggio dell'Alto Adige fu attribuito dagli informatori a Molotov, e in Italia tale versione fu creduta ... ».

-«Mi battei sino dalla Conferenza di Londra in favore vostro per l'Alto Adige e ve lo salvai. Ma, è sempre così ... Nessuno mi è grato ... Non ho letto una parola di riconoscimento per quello che ho fatto per l'Italia ... ma soltanto critiche ed attacchi... ».

Per mutare terreno, gli ho domandato: «Se sarà adottata comunque la linea francese nell'Istria, chi proteggerà le minoranze italiane che rimarranno sotto Tito, non famoso per la sua indulgenza amministrativa?».

Byrnes ha risposto: «Ho sollevato la questione a Parigi sulla base della generale protezione delle minoranze, anche per gli italiani di Tenda e Briga. Ho trovato grande opposizione. La risolleverò ancora; ma temo molto che non riuscirò a nulla. Gli jugoslavi, sostengono che voi avete -durante il fascismo -snaturato la loro minoranza, impedito l'insegnamento, falsata la educazione degli slavi, imponendogli la vostra. Ora sono decisi a fare altrettanto; ho visto i libri che distribuiscono nelle

scuole italiane; si occupano quasi esclusivamente di Tito e delle sue meraviglie. Non dubito che ci sarà una terribile pressione per slavizzare gli italiani».

Ho insistito perché, in nome della civiltà dell'umanità, egli non desista dalla sua azione. Byrnes mi ha promesso che se ne occuperà ancora a Parigi, ma teme molto che sarà una rude battaglia, perché gli jugoslavi, spalleggiati dalla Russia, sostengono fortemente di non aver bisogno di controllo per assicurare gli «human rights» a tutti.

-«In queste condizioni di fatto e di spirito, -ho domandato -quali possibilità di revisioni sostanziali vi sono alla Conferenza dei Ventuno?». -«Nessuna». -«l Quattro sono impegnati a difendere solidalmente il progetto di trattato?». -«Sì». -«Immaginate che uno dei Ventuno proponga, per esempio, il plebiscito sia per Tenda e Briga, sia per Trieste, che avverrà?».

-«Avverrà che noi risponderemo di aver esaminata per dieci mesi questa possibilità e di averla dovuta scartare, perché non potevamo metterei d'accordo. Vuoi dire che quella soluzione è impraticabile. Quindi non sarà accolta ora».

-«Non v'è quindi nessuna possibilità di revisione. Che funzione avrà la Conferenza?». -«Le revisioni con miglioramenti possibili si riferiranno ai particolari, non alle linee essenziali concordate, sulle quali saremo irremovibili». -«In pratica l'Italia dovrà accettare un progetto unilaterale senza possibilità di discuterlo e di mutarlo». -«L'Italia non deve dimenticare che essa ha scatenato la guerra e rovinato mezzo mondo. Chi ha attaccato l'Etiopia, la Grecia, la Jugoslavia ... ». -«Non l'Italia democratica, la quale oltre tutto ha avuto da voi le note promesse di pace giusta e di un trattato discusso ed accettato liberamente, non imposto ... ».

-«Sì, sì, lo so, non mi sono forse battuto per tanti mesi in vostro favore? Ma vi è sempre una continuità di responsabilità. Il popolo italiano riempiva le piazze ad applaudire il duce ... ».

-«Spinto dalle necessità economiche e dalla polizia ... ». -«l greci e gli jugoslavi vi domanderanno riparazioni. Cercherò di sostenere ancora che non potete pagare e che gli jugoslavi hanno avuto l'lstria ed i greci il Dodecanneso... Ma il vostro caso, specie per i greci, è piuttosto debole; date loro delle isole poverissime mentre avete inflitto loro gravissimi danni ... Perché non dareste

ai greci i due piroscafi che la Russia ha rifiutato, preferendo altri prodotti ... Vi ho anche lì protetto con due anni di moratoria ... Ma nulla conta quello che ho fatto ... ». -«Quanti milioni sono stati spesi dall'Italia nel Dodecanneso per migliorarne

le condizioni ... Non possiamo assolutamente cedere i due piroscafi. Sono i soli che abbiamo ... Che ci rimane se li cediamo?». -«Già siete in pessime condizioni. Non avete nulla da offrire».

Il colloquio è durato ormai cinquanta minuti. Byrnes si è alzato. Ma ho ancora qualcosa di grave da fargli intendere: «Nelle attuali condizioni e dati gli umori dell'opinione pubblica e della Costituente, è possibile che il Governo non sia in grado di firmare il trattato che sarà architettato a Parigi. La Costituente può rovesciare il Governo che volesse firmarlo».

Byrnes sembrava non aver capito. Mi ha domandato di ripetergli il concetto. È rimasto poi perplesso e qualche istante silenzioso. Poi si è ripreso ed ha detto: «Un trattato approvato ed accettato da Ventuno Nazioni può essere enforced».

-«Da chi, dai Quattro e dalle Nazioni Unite?».

-«Dalla Conferenza. In ogni modo si troverà un governo che lo firmerà».

Ho fatto notare che ne deriveranno gravissime complicazioni e che sarebbe meglio che gli Stati Uniti, che pure sono amici, si adoperassero per una onesta revisione delle clausole più avverse ai nostri interessi ...

Byrnes, sulla porta con due ambasciatori che lo aspettavano in anticamera, ha ripetuto che è sempre un sincero amico dell'Italia e farà il possibile per aiutarla. Ma ha creduto di dover parlar franco e netto, perché non ci facessimo illusioni.

Ho riassunto brevemente le linee essenziali del lungo colloquio. Il segretario di Stato come un ritornello ribatteva continuamente che gli americani erano stati gli unici a non nutrire rancore nei riguardi dell'Italia; erano gli unici ad apprezzarne le qualità; erano stati gli unici a battersi continuamente con gli altri tre per evitare soluzioni più dannose ma che, alla fine, non avevano potuto oltre tenere in sospeso la pace europea e correre anche il rischio di una guerra, nella ipotesi -secondo lui -irreale di ottenere una maggior ragionevolezza altrui. Ha ironicamente criticato a molte riprese le supposte migliori possibilità di una diversa politica estera italiana ed ha continuamente lamentato lo scarso apprezzamento che l'opinione pubblica italiana farebbe degli sforzi suoi: «Già adesso in Italia ci considerano loro nemici». Come naturale, alcuni argomenti di Byrnes fanno parte della sua tesi difensiva delle decisioni di Parigi: sono gli argomenti del «politician» americano che mira ad eliminare le critiche dell'opinione pubblica di questo Paese, giustificando i cedimenti col vantaggio di aver evitato il rischio di una guerra per interessi, in fondo, di terzi. I di lui accenni alle responsabilità italiane fanno parte della stessa tesi difensiva: è, infatti, la prima volta che egli ha fatto riferimento a questo argomento estremo nelle nostre conversazioni. Difatti, a quanto qui venne a suo tempo affermato, non furono gli americani ad introdurre nel preambolo del trattato il principio della responsabilità dell'Italia per la guerra ed anzi essi si studiarono di pararvi con l'esplicito accenno della cobelligeranza.

Le risposte di Byrnes quanto ai limiti della Conferenza dei Ventuno sono state categoriche: come ammettere, infatti, che i piccoli Stati abbiano più saggezza dei Quattro per le soluzioni che egli considera raggiunte con tanta difficoltà? Quando infine gli ho accennato alla possibilità di una mancata firma del trattato di pace, ne è rimasto interdetto, dando così motivo di ritenere che egli non avesse in precedenza pesato questa possibilità nonostante gli avvertimenti di V.S. in varie pubbliche dichiarazioni e gli avvertimenti scritti di alcune nostre Note. In risposta ha finito per dire che il trattato può essere enforced dalla Conferenza e che si troverà «un governo italiano per firmarlo».

Non sono queste possibilità da considerarsi alla leggera, non solo da noi ma neanche dagli Alleati ed in particolare dallo stesso Byrnes. L'argomento darà certo, qui, qualche motivo di riflessione. Si aggiunga che ove alla Conferenza dei Ventuno tutto procedesse regolarmente e con relativa sollecitudine, il problema della firma del trattato di pace si potrebbe porre in settembre. Va ricordato che nel suo discorso alla radio Byrnes espresse la speranza che i trattati potessero essere firmati prima della fine della Conferenza stessa. Non so se questa speranza corrisponda ad intese tra i Quattro: potrebbe essere opportuno accertarlo. Comunque ove non sorgessero nuovi intoppi, il problema della firma coinciderebbe col pieno periodo elettorale negli Stati Uniti per la rinnovazione della Camera e di un terzo del Senato: le elezioni avverranno, come è noto, a novembre e sarà una dura lotta per il partito al potere. Ora, l'agitazione dell'opinione pubblica italiana non mancherebbe di avere le sue ripercussioni negli italo-americani. Questi ultimi per tanti motivi non hanno certo le possibilità taumaturgiche, cui hanno accennato alcuni articoli recenti della nostra stampa che criticavano pretesi mancati sforzi per assicurarcene l'attivo appoggio. V.S. ben sa che queste critiche non sono fondate. Tuttavia gli italo-americani hanno sempre alcune seppur limitate possibilità di pressione, specie in acuto periodo elettorale, e continueranno a fare del loro meglio. In queste condizioni vorrà il Governo americano enforce seriamente la firma del trattato di pace prima che il periodo elettorale sia concluso?

È probabile che Byrnes abbia contato di farci tranquillamente accettare il trattato, sia pure tra qualche protesta platonica, dandoci in compenso delle concessioni finanziarie più o meno estese a seconda del nostro grado di scontentezza, e la soddisfazione morale di una sollecita nostra ammissione all'O.N.U. Qualora invece si convincesse che per farci subire il trattato occorrerebbe veramente che esso sia enforced, non potrà non esserne preoccupato e studiare qualche modo di ovviare a tutti i pericoli che ne deriverebbero.

Da ciò l'opportunità, a mio giudizio, di non deflettere dalla nostra posizione. Oltre tutto, potrebbe essere più conveniente per ovvie ragioni cedere di fronte ad un enforcement del trattato che non lasci altra scelta.

Malgrado gli argomenti toccati, il colloquio è stato sostenuto ma sempre cordiale. Byrnes si è studiato di attenersi ad un tono di amichevole, e talvolta dura e talvolta accorata sincerità. Era evidente la sua predisposizione ad una requisitoria cui intendeva limitarsi, onde ammonirci a non porre in discussione quanto già deciso a Parigi. Per parte mia ho quindi ritenuto oppprtuno non dipartirmi da altrettanta amichevole schiettezza, onde fargli pienamente realizzare la giustificata amarezza italiana per l'atteggiamento americano nell'ultima fase parigina e la nostra risoluta fermezza.

Dato lo stato d'animo odierno di Byrnes, a mio parere solo questa precisa sensazione potrebbe indurlo ad una riconsiderazione dell'importanza del fattore italiano.

31

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE A BRUXELLES, L'AJA, OSLO, PRAGA, PRETORIA, RIO DE JANEIRO E VARSAVIA

T. 11160/c. Roma, 19 luglio 1946, ore 2.

Tarchiani informa che, nonostante ovvio impegno di Byrnes di difendere parecchie delle decisioni adottate, non è da escludere che la delegazione americana, qualora sicura di essere sostenuta da iniziativa di altre delegazioni, possa dimostrarsi favorevole a varianti per alcune delle disposizioni del nostro trattato (quali, ad esempio, il riesame fra qualche anno, sia sotto forma di plebiscito, sia in altro modo, della internazionalizzazione di Trieste, colonie, clausole di revisione, ecc.) 1 .

Anche Carandini segnala che alla Conferenza dei Ventuno parrebbe siano stati in linea di principio riconosciuti sostanziali poteri di revisione 2 .

Ella voglia, la prego, segnalare subito a codesto Governo quanto precede. Ciò dovrebbe incoraggiarlo ad adottare in seno alla Conferenza atteggiamenti di indipendenza che valgano a rettificare almeno le più gravi ingiustizie e gli errori politici più evidenti, nell'interesse generale della pacificazione e ricostruzione europea.

32

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUCAREST, GERBORE

T. 11188/80. Roma, 19 luglio 1946, ore 17.

Secondo notizie non confermate, cessione beni italiani nei Balcani contemplerebbe eccezioni tali da salvaguardare proprietà degli italiani residenti sul posto. Tuttavia nessuna decisione definitiva è stata adottata e questione è stata rinviata Conferenza Ventuno.

V.S. può assicurare connazionali che Governo italiano non tralascia alcun mezzo per tutelare loro interessi e, qualora dovesse essere costretto abbandonarli, provvederebbe indennizzarli nella forma migliore possibile.

33

IL PRIMO SEGRETARIO A PRETORIA, GRILLO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12410/31. Pretoria, 19 luglio 1946, ore 17,30 (per. ore l del 20).

Ho illustrato a questo Ministero degli affari esteri concetto di cui ai telegrammi di V.E. 3 precisando lo successivamente in una comunicazione scritta. Il nostro punto di vista specialmente per quanto riguarda frontiera orientale viene esplicitamente

1 Vedi serie decima, vol. III, D. 692. 2 lbid., D. 686. 3 Ibid, D. 698 e, in questo volume, D. 5.

riconosciuto fondamentalmente giusto. Mi è stato assicurato che esso contribuirà formulazione direttive per la delegazione sud-africana. Per questo mi riservo telegrafare quanto prima insieme esito mia richiesta precisa Sud Africa che sua voce in difesa giustizia e fairness 1• Intanto prego tener presente che Smuts non sarà Parigi che dopo 15 agosto e che, ha osservato, sarà preliminarmente rappresentato dal suo ministro a Roma Theron, strettamente legato a Smuts.

34

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, FRANSONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12450/214-215. Bruxelles, 19 luglio 1946, ore 21,11 (per. ore 11 del 20).

Telegrammi di V.E. 10825 e 109792 .

Di seguito alle precedenti conversazioni come già riferite 3 , e questa volta convenientemente fermandomi e sviluppando punti e concetti di cui ai telegrammi sopracitati, ho oggi intrattenuto ministro affari esteri Spaak sul delicato problema del nostro trattato pace.

Riassumo brevemente ma in compenso con maggiore possibile precisione.

l) Spaak sottolinea che Conferenza Ventuno ha solo facoltà far proposte ed è alquanto scettico su possibili, sostanziali poteri di revisione: deplora che in sostanza piccoli Stati debbano apparire come responsabili, anche se contro loro possibilità e convinzioni, di decisioni così gravi.

2) Comunque è fermamente convinto che clima e condotta della Conferenza saranno determinati precipuamente da volontà ed azione dei rappresentanti dei Dominions, cui riconosce grande influenza nel consesso per lo spirito giustizia e «coraggio» di discussione e decisioni.

3) Compromessi cui nei nostri riguardi sono arrivati quattro ministri esteri sono tali da non poter ragionevolmente escludere discussioni.

4) Ritiene che, avendo noi buoni motivi da opporre, modo ed argomentazioni, che saranno adottati dalla delegazione italiana chiamata a conferire, potranno avere moltissima influenza su membri Conferenza.

5) Mio interlocutore si è poi chiesto come Italia possa firmare trattato di pace con note clausole riguardanti colonie.

Spaak, che ha ascoltato con attenzione i vari punti della mia esposizione (telegrammi summenzionati) ed ha anche voluto un breve riassunto che gli ho lasciato, mi ha spontaneamente rinnovato assicurazione dei suoi sentimenti nei

l Vedi D. 47. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 698 e, in questo volume, D. 5. 3 lhid, DD. 423 e 539.

34 riguardi franco-italiani, aggiungendo però che occorre considerare i limiti delle sue possibilità. Nel prendere ·congedo ha voluto nuovamente insistere sul punto 2) e cioè influenza rappresentanti Dominions.

35

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12447/853. Londra, 19 luglio 1946, ore 22,16 (per. ore Il del 20).

Odierno colloquio con Sargent ho passato in rivista tutta la situazione che caratterizza attuale crisi italiana 1; segnalo unicamente punti salienti riservandomi far seguire rapporto 2 .

Permane viva in Sargent irritazione. Anche attacchi all'Inghilterra provenienti da tutta la nostra stampa sono dovuti segnatamente (sono sue parole) all'opera di alcuni giornalisti locali e corrispondenti da Parigi i cui precedenti fascisti egli conosce e la cui condotta ha, a suo avviso, tutta l'apparenza di una ripresa della vecchia campagna fascista contro l'Inghilterra solo interrotta dal crollo del regime. Ho ribattuto ed egli ha mostrato per lo meno comprendere esistenza motivi che spiegano attuale esasperazione italiana. Riservatamente mi risulta che Bevin ha fatta la stessa osservazione di Sargent. Si augura che l'opinione del Paese non condivida quella della stampa perché, se così fosse, ciò potrebbe segnare pericolosa frattura nei rapporti anglo-italiani proprio alla vigilia di una possibile più intensa collaborazione. Comunque egli ha apprezzato sia il tono delle ultime dichiarazioni di V.E. sia la comunicazione fatta a Stone3 e si compiace particolarmente del coraggioso senso di responsabilità che ha indotto V.E. conservare peso del Ministero affari esteri fino conclusione pace.

Ha apprezzato le ragioni viaggio Nenni nelle tre capitali nordiche e assicura che Bevin lo riceverà con le migliori disposizioni a Parigi. Stone ha insistito sul fatto che si saprà un giorno in quante occasioni l'Inghilterra si è recentemente trovata isolata nella difesa dell'Italia. Riferendosi alla situazione giuliana, ha ripetuto che l'Inghilterra ha sostenuto fino all'ultimo la linea ammessa dai suoi esperti e che è stato Byrnes a far sua la linea francese provocando adesione inglese. Ha aggiunto che se Conferenza Ventuno vi sarà possibilità (difficile a verificarsi) rivedere tutti i problemi, dovrà essere Byrnes stesso a ritornare su questo caso.

Per quanto concerne colonie, ritiene saggio consiglio aver rimandato ogni decisione, assicurando che l'Inghilterra non ha nessuna ostilità di principio e studierà obiettivamente una soluzione che risponda alla possibile equità. Avendo egli espresso ancora gravi dubbi circa accoglienza che arabi farebbero nostro ritorno,

1 Vedi serie decima, vol. III, D. 695 per le istruzioni. 2 Non rinvenuto. 3 Vedi serie decima, vol. Ili, D. 678.

l'ho nuovamente richiamato alle responsabilità del locale Governo inglese militare, che persegue politica anti-italiana che ha avuto già deleterie e potrà avere tragiche conseguenze. Ho insistito necessità restaurare minimo prestigio italiano, accettando missione italiana Libia a tutela nostri interessi accompagnata cooperazione nostri funzionari amministrazione. Continuo battermi su questo argomento cui mi pare Foreign Office vada facendosi più ricettivo.

Sargent confida opinione italiana obiettivamente illustrata non compirà ingiustizia considerare Inghilterra come responsabile propria situazione che deriva da più vaste e complesse necessità.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, BERlO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 13116/0142. Berna, 19 luglio 1946 (per. il 29).

Telegramma ministeriale n. l 0662 1• Mio telegramma per corriere n. O132 del l Oluglio e mio telespresso n. 2431 1849 dell'Il luglio 19462 .

Nelle mie conversazioni con gli esponenti di questo Governo mi sono sempre studiato di rappresentare nel modo migliore le nostre buone ragioni in relazione all'elaborazione del trattato di pace, e ho, in massima, trovato comprensione e buone disposizioni. In seguito alle istruzioni contenute nel telegramma surriferito, ho preso nuovamente contatto con il dipartimento politico.

Poiché l'on. Petitpierre è e rimarrà assente qualche tempo per motivi di salute, mi sono abboccato con il direttore della Divisione degli affari esteri.

Il signor Zehnder, che conosco da antica data come buon amico del nostro Paese, ha mostrato molto interesse per quanto gli sono venuto esponendo. Mi ha detto che egli si ripromette di richiamare l'attenzione del Consrglio federale sulla possibilità che il Governo elvetico prenda esso stesso qualche iniziativa in favore dell'Italia. A prescindere dalla tradizionale amicizia che lega i due Paesi, è necessario tener conto -egli mi ha detto -come sia interesse della stessa Svizzera che l'Italia ottenga una pace giusta in modo da assicurare al nostro Paese quella tranquillità e quella stabilità che sono garanzia di ordine per l'Europa intera. Naturalmente, egli ha soggiunto, poiché la Svizzera non è parte in causa, non ha modo di prendere un atteggiamento ufficiale: tuttavia il Consiglio federale potrebbe eventualmente esaminare se non vi sia qualche possibilità di affiancare da parte elvetica le iniziative prese in favore dell'Italia dall'America latina. Come azione personale, il signor Zehnder si riprometterebbe inoltre di intrattenere della questione

l Vedi serie decima, vol. III, D. 683. 2 Non pubblicati.

36 il ministro di Svizzera a Parigi, signor Burckhardt. Questo -egli mi ha detto non è tanto considerato a Parigi come il ministro della Confederazione elvetica quanto come personalità di grande autorità internazionale, che viene spesso consultata in questioni di carattere generale. Il signor Zehnder pensa che il Burckhardt potrebbe svolgere sul posto una azione utile ai fini che interessano. Ho ringraziato il signor Zehnder di queste sue buone disposizioni e mi sono riservato di mantenere

i contatti.

L'intenzione manifestatami dal mio interlocutore di interessare il ministro Burckhardt mi induce a suggerire a codesto ministero che, a prescindere dalle eventuali istruzioni che il Burckhardt riceverà dal suo Governo, i nostri rappresentanti a Parigi si tengano opportunamente in contatto con lui. Effettivamente il Burckhardt, come certamente è noto a codesto ministero, è uomo di grande notorietà internazionale sia per la sua vastissima cultura e la sua attività scientifica sia per essere stato alto commissario a Danzica e successivamente presidente della Croce Rossa Internazionale. Lo conosco io stesso molto bene da una quindicina di anni e ho avuto con lui varie occasioni di trattare questioni interessanti l'Italia. Lo ho sempre trovato favorevolmente disposto. Anche durante la guerra, egli si è molto adoperato, nella sua qualità di presidente della Croce Rossa Internazionale, per difendere i nostri interessi.

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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 2336/1158. Roma, 19 luglio 1946 (per. il 23).

Riferimento mio telespresso n. 2179/1113 del 13 c.m. 1 .

Moos. Borgongini Duca ha riferito al pontefice che durante l'udienza accordata dall'an. De Nicola al Corpo diplomatico egli aveva avuto occasione di intrattenersi anche con il presidente del Consiglio. L'on. De Gasperi, dopo aver richiamato la sua attenzione sulle dichiarazioni che circa i Patti lateranensi egli aveva fatto all'Assemblea costituente, gli aveva detto che l'ambasciatore d'Italia sarebbe stato fra breve incaricato di comunicare il desiderio del capo prowisorio dello Stato di rendere visita al pontefice. La comunicazione di mons. Borgongini Duca era stata appresa con compiacimento dal papa. Mons. Montini ha colto l'occasione per chiarire di nuovo che quando due settimane fa egli mi aveva parlato di assicurazioni ed affidamenti desiderati dalla Santa Sede circa il rispetto dei Patti lateranensi e le relazioni fra lo Stato e la Chiesa, egli non intendeva dire che tali assicurazioni avrebbero dovuto essere fornite personalmente all'on. De Nicola, bensì da quegli organi dello Stato nella cui

1 Vedi D. 3.

competenza rientrava la materia secondo le norme costituzionali. Allo stato delle cose risultava che l'organo competente era il Governo e rispondevano quindi allo scopo le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio. Esse erano state fatte in forma abbreviata ed in verità apparivano piuttosto fiacche; tuttavia la Santa Sede le considerava sufficenti per costituire un favorevole preambolo all'attesa visita del capo provvisorio dello Stato. Inoltre, il papa, che aveva giustamente apprezzata la sollecitudine manifestata dall'on. De Nicola, desiderava corrispondere da parte sua eguale cortesia e, senza soffermarsi in formalismi, considerava le parole dell'on. De Gasperi avere costituito la favorevole premessa da lui desiderata.

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IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

R. 2540/218. Ottawa, 19 luglio 1946 (per. il 20 agosto).

Ti invio, qui unita, nel testo inglese, la copia della lettera che ho ieri inviato al primo ministro Mackenzie King e di cui al mio telegramma n. 102 del 18 corrente 1•

Desidero ora riassumere, perché tu possa informarne S.E. il ministro, quanto ho fatto e quanto sarà bene fare da parte vostra perché i nostri problemi alla Conferenza della pace siano tenuti in evidenza presso la delegazione canadese.

l) Nei miei frequenti colloqui con i funzionari competenti di questo Ministero degli affari esteri e specialmente con il signor Ritchie, capo della sezione politica, ho illustrato in tutti i modi i punti di vista del Governo italiano sul trattato di pace preparato a Parigi dai Quattro Grandi. Sia il signor Norman Robertson, sottosegretario permanente al Dicastero degli esteri, che il signor Ritchie sono ampiamente al corrente e posseggono tutta la documentazione inviatami da voi e che io di volta in volta ho consegnato loro. Ambedue fanno parte della delegazione canadese a Parigi. Sarebbe pertanto molto utile che venissero avvicinati dall'ambasciatore Soragna o da chi sarà a Parigi. L'ambasciatore Carandini potrebbe del pari incontrarsi con il signor Robertson che, a quanto mi è stato confidenzialmente riferito, avrebbe recentemente modificato il suo atteggiamento in senso a noi più favorevole. Segnalo inoltre la presenza a Parigi del ministro Claxton che può essere utile come ho comunicato con il mio telegramma n. 98 del 15 luglio c.a. 2 .

2) Come sopra ti ho detto ho inviato al primo ministro una lettera che gli ho fatto pervenire ieri prima della sua partenza.

S.E. De Gasperi, a mio subordinato parere, dovrebbe vedere a Parigi Mackenzie King con il quale può parlare molto apertamente. Come mio personale suggerimento egli potrebbe tenere in considerazione quanto ho scritto nella lettera allegata: aggiungo che Mackenzie King, pur essendo un rigido protestante è molto sensibile

l Non pubblicata. 2 Non pubblicato.

a tutto quanto si riferisce alla cultura latina. Anche se non si possono fondare molte speranze sull'atteggiamento canadese che difficilmente differirà da quello inglese, credo tuttavia sia bene non dimenticare l'importanza del Canada la cui posizione economica e finanziaria è di grande rilievo soprattutto di fronte all'Inghilterra e non ignorare il prestigio di cui gode personalmente Mackenzie King.

Riassumendo, credo di aver fatto tutto il possibile per mantenere utili e frequenti contatti con queste autorità. Sarebbe ora bene che tali contatti non fossero interrotti in quanto di qui non posso fare nulla essendo i miei interlocutori tutti a Parigi.

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IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. SEGRETA 4602/1537. Londra. 19 luglio 1946.

Da fonte confidenziale, seria e solitamente bene informata, apprendo che la Russia avrebbe concluso nei mesi scorsi una serie di accordi segreti con la Jugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria (e forse anche Bulgaria), in aggiunta a quelli di cui la stampa ha dato a suo tempo notizia.

Questi accordi sono assai simili tra loro e contengono le seguenti clausole principali: l) standardizzazione del materiale bellico sulla base dei prototipi russi; 2) largo scambio di tecnici e di informazioni militari; 3) libero accesso, in determinate congiunture, delle truppe russe nel territorio dei singoli Stati. L'accordo con la Jugoslavia prevede inoltre misure comuni per il controllo dell'Adriatico e la difesa delle sue coste.

La notizia, che finora non è trapelata al di fuori di una ristrettissima cerchia di dirigenti della politica estera britannica (come ho avuta oggi generica conferma da Sargent) 1 , ha prodotto grande impressione come indice di un piano sovietico in contrasto con le assicurazioni date a Bevin. Essa ha notevolmente rafforzato gli argomenti di coloro che qui sostengono la necessità di non sacrificare l'Italia nella vana ricerca di un illusorio compromesso con la Russia.

Gradirei conoscere il competente avviso di Quaroni (se c'è modo di averlo riservatissimamente senza riferimento a questa mia informazione) su questa notizia che trasmetto così come l'ho avuta e cioè senza poter garantire nulla eccetto la serietà dell'informatore.

Sebbene la cosa appaia più che verosimile, in questi ambienti interessati sussistono tuttora al riguardo dubbi incoraggiati dagli elementi ostili a noi che si aggrappano alle assicurazioni ricevute. Qualora Quaroni riuscisse ad attenerne più precisa conferma, opportune indiscrezioni aumenterebbero qui l'interesse per l'Italia.

I Vedi D. 35.

Le preoccupazioni di questo Governo per il controllo russo dell'Adriatico e per l'equilibrio del Mediterraneo in genere sono infatti l'unico serio elemento che potrebbe giocare in nostro favore.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL MINISTRO A PRETORIA, ROCHIRA

T. 11179/21. Roma, 20 luglio 1946, ore 10,10.

Nel corso di un lungo cordiale colloquio ho posto al corrente questo ministro del Sud Africa del generale atteggiamento italiano nei confronti del progetto di pace elaborato dai Quattro. Ho in particolare illustrato le ragioni concrete per le quali riteniamo il progetto stesso punitivo ed ingiusto. Gli ho lasciato un promemoria che riassume i concetti svolti nel mio telegramma n. 10979/c. 1 .

Egli mi è sembrato ben disposto e ricettivo. Ma è certo che varrebbe molto ad incoraggiarlo una parola a noi anche genericamente favorevole che gli potesse essere direttamente fatta pervenire da codesto Governo, prima della Conferenza di Parigi 2•

41

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA

T. S.N.D. 11266/81. Roma, 20 luglio 1946, ore 24.

Dica a Gruber 3 che molto volentieri mi incontrerò con lui alla prima propizia occaswne.

Egli immagina certamente quali numerosi ed improrogabili impegni io abbia in questo periodo. Né ancora so esattamente quando avverrà la consultazione italiana a Parigi, né con quale procedura.

Conferenza pace avendo inizio 29 corrente, dovrò comunque tenermi pronto a recarmi Parigi, a partire da quella data. Sarei, tutto sommato, portato a ritenere

1 Vedi D. 5.

2 Il 24 luglio l'incaricato d'affari del Sud Africa trasmise a De Gasperi il seguente messaggio confidenziale di Smuts: «Field Marshal Smuts asks that his bes! wishes be conveyed to Signor De Gasperi, together with the assurance that he hopes to be present at the Italian Treaty discussions in Paris and to give sympathetic consideration to the Italian case as outlined by Signor De Gasperi».

3 Risponde al D. 2.

che, fissato in massima reciproco accordo per incontro, iniziativa potrebbe più utilmente essere attuata ad esempio, in settembre, che sono poi poche settimane di attesa. Per porre l'accento con tutto il rilievo che meritano su quegli stabili accordi di collaborazione italo-austriaci che sono nell'animo di tutti e due, mi par doveroso fargli sapere che ritengo necessario stabilire preventivamente che non parleremo di questioni territoriali.

Per norma personale della S.V. aggiungo che ho rimesso allo studio i vecchi progetti che già furono oggetto di esame nel 1926 1: mi pare che, in massima, il nostro colloquio potrebbe avere orientamenti possibilmente analoghi. Aggiungo che notizia dovrebbe essere mantenuta nel massimo riserbo ed egualmente l'incontro, se e quando avverrà. Su questo punto, che ritengo del resto condiviso da Gruber, insisto particolarmente 2 .

42

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12726/91. Nanchino, 20 luglio 1946 3 .

Questo ministro d'affari esteri, ricevutomi giorno 18 corrente, chiestomi notizia situazione politica italiana dopo elezioni e annunciatomi sua imminente partenza Parigi. Ho chiesto ed ottenuto secondo colloquio ieri, 19 corrente, dedicato esame pace italiana.

Ho cercato mantenere colloquio su piano elevato, tema dominante: interesse internazionale, e non solo italiano, correggere errori Parigi. Ho ampiamente illustrato buon diritto italiano per promesse Alleati e per sforzi cobelligeranza. Sottolineato pericolo compromettere democrazia in Italia ripetendo tragici errori commessi in Europa dopo 1918. Espresso fiducia solidarietà Governo cinese, da cui non ci dividono grandi problemi né in Europa né in Asia, e che, per essere dei Cinque Grandi il più libero da preoccupazioni di egemonia o mire espansione, è particolarmente qualificato farsi portavoce piccole Nazioni, cui interesse non è avere briciole al banchetto ma fondare pace su principi, e non su arbitrio, su giustizia internazionale, e non su compromesso o mercato fra gruppi, nei singoli problemi. Per Venezia Giulia, oltre tutti argomenti nostro favore, ho sottolineato iniquità internazionalizzazione zona prettamente italiana e pericolo nuova Danzica, quindi ho illustrato nostro diritto ottenere comunque zona sud-occidentale, inclusa Pola, e garanzia status minoranze per italiani zone attribuite Jugoslavia.

Per frontiera occidentale ha accennato possibilità azione mediatrice delegazione cinese. Svolto nostri argomenti anche per colonie, riparazioni, flotta.

l Vedi D. 44. 2 Per la risposta vedi D. 61. 3 Spedito il 21 alle ore 19 e pervenuto il 24.

Passato ai problemi italo-cinesi ho confermato nostro desiderio venire possibilmente in accordo diretto, salvo studio procedura, piuttosto che in trattato di pace, sottolineato interesse della Cina sottrarre nostra rinunzia a generale invalidazione morale di trattato-Diktat e essere presente Conferenza senza rivendicazioni proprie così da potere più liberamente agire come mediatrice.

Ministro, dopo avermi seguito estrema attenzione e fatto cenno di assenso segnatamente a proposito interesse internazionale non compromettere democrazia in Italia e doveroso riconoscimento sforzi cobelligeranza, mi ha assicurato che Italia può contare su simpatia Governo cinese. «Cercheremo di ovviare alle maggiori ingiustizie», mi ha detto, subito però aggiungendo: «tuttavia non è facile apportare ora mutamenti notevoli a progetto già approvato dagli altri Quattro. Ha precisato che vi sono principi che la Cina intende siano rispettati ovunque ed uno di essi è il principio etnico. Per problemi italo-cinesi mi ha detto non aveva difficoltà a sistemarE in accordo diretto piuttosto che in trattato, salvo necessità per lui informare altre Potenze vincitrici, cui vennero notificate, rivendicazioni cinesi verso l'Italia. Suggerisce preparare qui progetto pronto per la firma e fargli tempestivamente pervenire testo Parigi per sue decisioni. Infine mi ha incaricato trasmettere suoi personali saluti presidente De Gasperi.

Per problemi generali pace ministro esteri sembrato sinceramente impressionato nostri argomenti e favorevolmente disposto trattative dirette. Confermo mie precedenti riserve. Per sistemazione pendenze i tal o-cinesi occorre attendere proposte 1• Rinnovo infine sollecitazione telegrafare testo credenziali cui mancanza riduce decisamente mia possibilità azione qui 2 .

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

TELESPR. S.N.D. 44/24057 /c. Roma, 20 luglio 1946.

Questo ministero ha esposto a suo tempo alla S.V. il punto di vista del Governo italiano sulla questione delle riparazioni e ha dato notizia dei passi svolti presso le principali Potenze vincitrici, affinché la questione stessa abbia una soluzione tale da non pregiudicare irrimediabilmente il risanamento economico del Paese.

Nel corso degli ultimi mesi, il Governo italiano ha più volte riaffermato il principio secondo cui l'Italia non può e non deve pagare riparazioni di nessuna specie. Si è creduto che non convenisse (e si crede tuttora che non convenga) discostarsi formalmente da questa posizione, perché, in primo luogo, si è convinti che essa risponda ai criteri di giustizia, cui dovrebbe essere ispirato il trattato di pace, nonché alla reale situazione economica italiana, e perché, in secondo luogo,

l Vedi D. 46. 2 Per la risposta vedi D. 86.

42 l'ammissione dell'obbligo di pagare riparazioni ad un dato Paese (ad esempio all'U.R.S.S.) costituirebbe un precedente pericoloso rispetto a tutti gli altri. Tuttavia, poiché da tempo il Governo italiano ha ragione di ritenere che l'imposizione di oneri economici e finanziari a titolo di riparazioni non potrà essere evitata, esso ha cercato a più riprese di suggerire alle Potenze vincitrici alcuni criteri tendenti ad attenuare le conseguenze degli oneri medesimi. Pertanto, mentre da un lato è stato aggiornato e completato il memorandum sulle clausole economico-finanziarie connesse col trattato di pace 1 (la seconda edizione del quale è stata inviata a codesta rappresentanza con la circolare n. 44/22991 /c. del 12 corrente) è stato d'altra parte chiesto alle principali Potenze di consentire all'Italia di esporre il suo punto di vista in sede di Conferenza dei Quattro nonché di partecipare alla determinazione dei modi di pagamento delle riparazioni. Né l'una né l'altra richiesta è stata accolta. Frattanto, la Conferenza dei Quattro ha adottato le decisioni, di cui la stampa internazionale ha dato largamente notizia. A seguito di tali decisioni, la situazione può riassumersi come segue.

Ammesso il principio che l'Italia deve pagare le riparazioni, le Potenze vincitrici hanno fissato l'ammontare di quelle dovute all'U.R.S.S. in 100 milioni di dollari. È stato stabilito altresì che tale somma sarà tratta dalle seguenti fonti: l o gli impianti industriali italiani, destinati alla produzione bellica e non riconvertibili a scopi di pace; 2° i beni italiani in Ungheria, in Bulgaria e in Romania; 3° una serie di forniture, tratte dalla produzione corrente e ripartite in cinque anni, a partire da due anni dopo la firma del trattato di pace. È stato stabilito infine che la scelta degli impianti di cui al n. l e la valutazione dei beni di cui al n. 2 saranno devolute ai quattro ambasciatori a Roma; e che la natura e la quantità delle forniture di cui al n. 3 saranno concordate fra l'Italia e l'U.R.S.S., restando riservato (a quanto sembra) ai quattro ambasciatori il compito di accertare che le forniture non siano tali da compromettere il risanamento economico dell'Italia. Diverse questioni minori sono rimaste insolute. Ad esempio, mentre gli anglo-americani intendono far sì che alle suddette tre fonti di pagamento si ricorra nell'ordine indicato, sembra che i sovietici non siano alieni dal consentire un incremento delle forniture, a compenso di un eventuale minore trasferimento di assets balcanici. Inoltre restano da stabilire alcune eccezioni a tale trasferimento, tendenti a salvaguardare il peculio degli italiani residenti sul posto.

Per quanto riguarda la Jugoslavia e la Grecia è stato ammesso il loro diritto a chiedere riparazioni, salvo determinare successivamente l'ammontare di esse e le forme di pagamento.

Nessuna decisione definitiva sembra sia stata adottata in merito ai beni italiani all'estero, quantunque risulti genericamente confermato che il trattato conterrebbe una clausola in base alla quale ciascuna delle Nazioni Unite verrebbe autorizzata a trattenere (ed eventualmente a confiscare) detti beni, a compenso dei danni subiti in Italia dai suoi cittadini ovvero a compenso di crediti commerciali prebellici, ovvero di altri reclami.

Le decisioni di cui sopra sono tali da destare nel Governo italiano le più vive preoccupazioni. Il modus procedendi, scelto dagli Alleati nel regolare questa materia, è senza dubbio il peggiore fra quelli che avrebbero potuto essere adottati. In un

1 Vedi serie decima, vol. III, pp. 872-874.

primo tempo gli anglo-americani hanno affermato che l'Italia non è in grado di pagare le riparazioni. Essi hanno sostenuto questa tesi sulla base non soltanto delle nostre affermazioni, ma anche delle indagini da loro svolte direttamente. Successivamente hanno ammesso il principio del pagamento, riservando ad un apposito Comitato l'accertamento della effettiva capacità italiana di pagamento. Infine, senza che questo accertamento avesse luogo, hanno fissato la somma da pagarsi all'U.R.S.S. e si sono riservati di stabilire in seguito le somme da pagarsi eventualmente ad altri Paesi. In tal modo hanno perduto completamente di vista la necessità di commisurare l'onere globale delle riparazioni alla nostra capacità globale di pagamento; e, di conseguenza, rischiano di infliggere successivamente e separatamente all'Italia una serie di gravami, il cui complesso risulterebbe assolutamente insopportabile.

In presenza di questo stato di cose, l'atteggiamento del Governo italiano è il seguente.

l) Il Governo italiano intende continuare a sostenere, in linea di principio, la tesi secondo cui l'Italia non deve e non può pagare. È questa infatti, una tesi fondata su elementi politici ed economici inoppugnabili. La lunga cobelligeranza (con le ingenti prestazioni di merci e di servizi, dettagliatamente descritte nel noto memorandum, nonché le numerose ed esplicite promesse degli Alleati non avrebbero nessun valore pratico se non servissero almeno a far cadere l'obbligo di pagare riparazioni. Inoltre la situazione economico-finanziaria italiana, obbiettivamente considerata, è tale da non poter sostenere alcun nuovo onere. Con ciò non si vuoi dire, naturalmente, che vi sia una materiale impossibilità di pagare. Evidentemente, esistono ancora in Italia e all'estero dei beni di pertinenza dello Stato o di privati italiani, trasferibili ad altri Stati. Ciò che si vuoi dire è che tale trasferimento conprometterebbe irreparabilmente il risanamento economico del Paese, accrescendo il distacco fra i bisogni essenziali dell'economia italiana e la possibilità di soddisfarli, distacco che per molto tempo non potrà essere colmato se non col concorso delle Potenze vincitrici. Pertanto, qualunque dovesse essere la forma di pagamento delle riparazioni, l'onere di esse ricadrebbe direttamente o indirettamente sugli Stati che si sono assunti il compito di aiutare economicamente l'Italia, oppure, qualora essi non assolvessero tale compito, farebbe dell'Italia una Nazione economicamente non vitale, con tutte le conseguenze politiche e sociali che tale eventualità comporta.

2) Tutto ciò premesso, il Governo italiano intende, come è ovvio, fare ogni sforzo per attenuare le conseguenze delle riparazioni, qualora (a quanto appare ormai quasi certo) le suesposte considerazioni non trattengano le Potenze vincitrici dall'imporre all'Italia il pagamento di esse. A tal fine questo ministero si propone di insistere sui seguenti punti:

a) l'onere delle riparazioni deve essere stabilito globalmente (e non già con decisioni separate e successive) e sempre tenendo presente la globale capacità italiana di pagamento;

b) il Governo italiano conferma la necessità di essere ammesso ad esporre il suo punto di vista alla Conferenza dei Ventuno, tempestivamente ed esaurientemente;

c) il Governo italiano conferma la necessità di essere ammesso a collaborare alla determinazione delle forme di pagamento, essendo in grado di giudicare meglio di chiunque altro le forme atte a rendere meno dannoso il pagamento stesso.

3) In merito ai singoli aspetti della questione, l'atteggiamento del Governo italiano è il seguente:

A) Riparazioni all'U.R.S.S. La prima delle forme di pagamento previste (cessione degli impianti bellici non riconvertibili a scopi di pace) è destinata a fornire una quota minima dei 100 milioni di dollari. Di ciò, a quanto sembra, sono convinti anche gli esperti alleati. Tuttavia è opportuno richiamare in proposito l'attenzione delle Potenze vincitrici.

La seconda forma di pagamento (beni italiani in Ungheria, in Bulgaria ed in Romania) è destinata a recare gravissimo pregiudizio all'economia italiana. Le aziende italiane nei Balcani non avevano, salvo rare eccezioni, uno scopo speculativo. Esse si erano sviluppate in funzione del commercio italiano di esportazione verso quei Paesi, il quale rendeva possibile l'acquisto colà di grano, bestiame, petrolio, legname e altri prodotti indispensabili, che altrimenti avrebbero dovuto essere pagati in valuta.

Stando così le cose, apparirebbe opportuno cercare di salvare almeno una parte di dette aziende, eventualmente incrementando la terza fonte di pagamento (produzione corrente). Come è detto più sopra, sembra che l'U.R.S.S. vedrebbe con un certo favore qualche proposta in questo senso. Gli anglo-americani, invece, vi sarebbero nettamente ostili, temendo che da un lato l'incremento delle forniture all'U.R.S.S. determini un perturbamento delle condizioni economiche italiane e che, dall'altro lato, il salvataggio di una parte delle aziende nei Balcani si riveli precario, a causa di possibili nazionalizzazioni o socializzazioni o altri provvedimenti del genere. Quest'ultimo timore appare non privo di fondamento e quindi consiglia di essere prudenti nel tentare di sottrarre alla confisca il maggior numero possibile di aziende. Su due punti, invece, occorre certamente insistere: in primo luogo sulla necessità che la valutazione dei beni ceduti sia fatta in contraddittorio con noi; ed in secondo luogo sulla necessità, che, comunque, siano salvaguardati i beni degli italiani residenti sul posto.

Circa la terza fonte di pagamento, sarà cura del Governo italiano cercare di ottenere che l'inizio delle forniture sia dilazionato (con una moratoria di almeno cinque anni) e che le forniture stesse siano frazionate in un periodo il più lungo possibile (ad esempio venticinque anni).

B) Riparazioni alla Jugoslavia e alla Grecia. Qualunque sia per essere la somma da pagarsi a tali Paesi a titolo di riparazioni, essa non soltanto dovrebbe commisurarsi alla globale capacità italiana di pagamento, ma dovrebbe altresì essere tale da risultare compensata dalle voci attive per l'Italia. Fra tali voci dovrebbero figurare, fra l'altro, il valore dei beni demaniali e delle opere pubbliche esistenti nei territori ceduti (Venezia Giulia e Dodecanneso), il valore dei beni privati, qualora anch'essi risultino in tutto o in parte confiscati, e quella congrua quota del debito pubblico che, in un normale trasferimento di territori, andrebbe a carico dello Stato beneficiario del trasferimento. Nel caso che le voci attive non risultassero sufficienti a compensare la somma delle riparazioni, occorrerebbe tener conto del fatto che i territori ceduti hanno di per se stessi un valore, non esprimibile in misura monetaria, ma indubbiamente di gran lunga superiore a quello delle opere pubbliche in esso esistenti.

In altri termini, qualora dal punto di vista strettamente economico non vi fosse la possibilità di raggiungere il pareggio fra il valore dei territori ceduti e la

somma dovuta a titolo di riparazioni, occorrerebbe considerare l'aspetto politico della questione e cioè il vantaggio conseguito dalla Jugoslavia e dalla Grecia con l'acquisto di importanti territori, che non avevano mai appartenuto loro.

C) Riparazioni all'Etiopia e all'Albania. Per quanto concerne questi due Paesi, non dovrebbe esservi dubbio che il contributo fornito dall'Italia alla loro valorizzazione economica è stato tale da compensare largamente qualsiasi ragionevole richiesta di riparazioni. Siamo pronti a documentare tale affermazione.

D) Riparazioni alla Francia. Non risulta che la Francia si proponga di avanzare vere e proprie richieste di riparazioni. Tuttavia è probabile che essa domandi un indennizzo per i danni sofferti durante l'occupazione italiana, per talune compensazioni commerciali concordate prima del1'8 settembre 1943 e non eseguite dall'Italia ecc. In questo caso dovrà essere cura del Governo italiano cercare di ottenere che si tenga conto di tutte le voci attive per l'Italia: valore dei beni esistenti nei territori trasferiti, presentazioni e forniture effettuate dall'Italia dopo l'armistizio, acquisti abusivi fatti dalle autorità francesi in Italia, danno derivante dal mancato cambio di biglietti di banca francesi scaduti, ecc.

E) Riparazioni alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti. Questi due Paesi, pure astenendosi da una rinuncia formale, hanno lasciato chiaramente intendere che non avanzeranno richeste di riparazioni (salvo per quanto concerne l'eventuale incameramento dei beni italiani trovantisi nella loro giurisdizione, del quale sarà fatto cenno qui appresso).

F) Riparazioni ad altri Paesi. L'annuncio che le quattro grandi Potenze avevano riconosciuto, in linea di principio, l'obbligo italiano di pagare riparazioni ha immediatamente destato gli appetiti di molti Paesi. Non risulta che le quattro Potenze abbiano accolto alcuna delle richieste fin qui avanzate. Tuttavia è opportuno mettere chiaramente in rilievo il fatto che oltre i Paesi piu sopra menzionati, nessuno ha un motivo valido per chiedere riparazioni, non avendo l'Italia arrecato alcun danno alla Polonia, alla Cecoslovacchia, al Messico, al Nicaragua, al Costarica, ecc.

G) Marina da guerra. A Parigi i quattro ministri degli esteri hanno rinunciato a calcolare in conto riparazioni il valore delle navi da guerra destinate ad essere cedute agli Alleati. Il Governo italiano intende insistere affinché l'inclusione abbia luogo, ritenendo che questa tesi sia giuridicamente e moralmente fondata. Le navi da guerra italiane non sono state catturate da nessuno dei belligeranti. Esse sono state volontariamente poste dall'Italia al servizio della Nazioni Unite, per proseguire alloro fianco la guerra contro la Germania. È assolutamente iniquo che i vincitori, dopo due anni di cobelligeranza, ne pretendano la consegna; ma sarebbe anche più iniquo che non tenessero neppure conto del loro valore materiale.

H) Marina mercantile. A Parigi i quattro ministri degli esteri hanno rinunciato altresì alla cessione del «Saturnia» e del « Vulcania». Tale rinuncia è stata appresa con sollievo dal Governo italiano. Questo insisterà, all'occorrenza, affinché la decisione non sia revocata e affinché le decisioni della Conferenza dei Ventuno non contemplino alcuna cessione di naviglio mercantile. In proposito si fa richiamo a quanto, sulla assoluta necessità di conservare il poco che resta della nostra flotta, è stato detto nel memorandum sulle clausole economico-finanziarie connesse col trattato di pace nonché nell'apposito memorandum intitolato «Considerazioni relative alla Marina Mercantile nei riguardi del trattato di pace».

I) Danni subiti dall'Italia prima della dichiarazione di guerra. Secondo notizie attendibili, il progetto del trattato di pace conterrebbe una clausola mediante la quale l'Italia rinuncerebbe a vantare crediti verso le Nazioni Unite, per fatti verificatisi prima che intervenisse lo stato di guerra con ciascuna di esse. Manca, finora, qualsiasi dettaglio su questa clausola. Tuttavia, se, come è probabile, essa si propone di precludere all'Italia qualsiasi azione tendente a permetterle di recuperare ciò che alcuni Paesi le hanno arbitrariamente sottratto prima di dichiararle la guerra, è ovvio che il Governo italiano deve con ogni mezzo adoperarsi a respingerla. La questione riveste speciale importanza per quanto concerne le navi mercantili, i cavi sottomarini e le somme in danaro catturate da alcuni Paesi dell'America latina quando non erano ancora in guerra con l'Italia.

Nella peggiore delle ipotesi tali crediti dovrebbero essere calcolati come partite attive a scomputo delle prestazioni che l'Italia sarà condannata ad assolvere.

L) Beni italiani all'estero. Com'è noto, le prime notizie circa un eventuale incameramento dei beni italiani all'estero a titolo di riparazioni sono apparse poco meno di un anno fa sulla stampa americana. Il Governo italiano ha subito fatto presente alle principali Potenze che una misura siffatta avrebbe avuto gravissime conseguenze politiche, economiche e morali. Infatti sembrava assolutamente iniquo addossare il peso delle riparazioni alla categoria di italiani meno responsabile della guerra, facendo in pari tempo pesare sull'Erario l'obbligo di corrispondere loro degli indennizzi in lire, i quali, senza compensarli del danno subito, avrebbero aggravato l'inflazione; ed appariva al tempo stesso assai dannoso privare l'economia italiana di antichi e saldi vincoli con l'estero, suscettibili di agevolare considerevolmente gli scambi internazionali.

Nessuna risposta è mai pervenuta dalle principali Potenze ai numerosi passi fatti da questo ministero per illustrare il suesposto punto di vista. Tuttavia, attualmente, vi è qualche motivo di ritenere che (fatta eccezione per i beni nei Paesi balcanici) la liquidazione forzosa dei beni italiani all'estero sia contemplata soltanto in relazione al pagamento dei debiti commerciali italiani prebellici nonché per l'indennizzo dei danni subiti in Italia dai cittadini delle Nazioni Unite e per altri reclami analoghi. Anche se contenuta entro questi limiti, però, la misura appare ingiustificata, pei seguenti motivi.

Il sequestro dei beni italiani all'estero trova fondamento nel diritto di guerra. Non appena, con la conclusione della pace, l'applicazione di tale diritto venisse a cessare, quei beni dovrebbero essere immediatamente sbloccati. Trattenerli a garanzia di somme dovute da soggetti diversi dai proprietari di essi e ancor più liquidarE a svantaggiose condizioni, sarebbe del tutto ingiustificato, tanto più che il Governo italiano non ha alcuna difficoltà a riconoscere i debiti prebellici ed a cercare la forma migliore per liquidarli.

Quanto ai danni subiti in Italia dai cittadini delle Nazioni Unite, il Governo italiano non disconosce l'obbligo di risarcirE. Esso però ritiene che il sequestro della massa dei beni italiani all'estero sarebbe assolutamente sproporzionato all'entità del credito vantato a questo titolo dai vincitori e che pertanto meglio converrebbe concordare il pagamento di tale credito mediante accordi bilaterali. Esso è pronto ad avanzare proposte costruttive in tal senso, che tengano anche conto dei rapporti di debito e credito sorti tra i principali Alleati e l'Italia nel periodo della cobelligeranza e post-armistiziale.

Per questa questione occorre altresì tener presente che l'U.R.S.S. si è finora opposta ad un totale risarcimento dei danni subiti dai cittadini delle Nazioni Unite, facendo rilevare che, mentre la somma ad essa assegnata a titolo di riparazioni le permette di risarcire soltanto in piccola parte i danni subiti dai suoi cittadini, non è giusto che a quelli di altri Paesi sia riservato un trattamento migliore.

In ogni caso, il Governo italiano è deciso ad insistere affinché dalla confisca siano esentati i beni degli italiani residenti sul posto.

La S.V. vorrà valersi delle notizie contenute nella presente circolare per estrarne gli elementi atti ad illustrare a codesto Governo il punto di vista italiano, nella forma che riterrà più opportuna, in relazione all'atteggiamento generale di codesto Paese verso l'Italia. Ciò varrà a fiancheggiare l'azione che direttamente cercheremo di esercitare verso i Ventuno.

La S.V. vorrà altresì adoperarsi affinché codesto Governo nei suoi contatti con quelli delle quattro grandi Potenze, svolga possibilmente un'azione favorevole all'accoglimento delle nostre tesi. 1

Per sua documentazione e per l'eventuale comunicazione a codesto Governo, si accludono:

a) un appunto sui beni italiani nella penisola balcanica (allegato A) 1;

b) un appunto sui beni italiani nel Dodecanneso (allegato B);

c) un appunto sul commercio italiano con i Paesi balcanici (allegato C).

Si ricorda, infine, che il «memorandum sulle questioni economico-finanziarie connesse col trattato di pace» contiene, oltre alla documentazione sui danni di guerra e sul contributo italiano allo sforzo bellico delle Nazioni Unite, anche i principali dati sulla valorizzazione dell'Etiopia e dell'Albania, nonché una serie di considerazioni sull'eventuale incameramento dei beni italiani all'estero.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, DI NOLA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO Roma, 20 luglio 1946.

Nel 1926 fu studiata dal signor Schiiller, in rappresentanza della Repubblica austriaca, e dal comm. Di Nola, in rappresentanza del Regno d'Italia, la possibilità di realizzare una unione doganale tra i due Paesi. Fu redatto un progetto, che dovrebbe trovarsi nell'archivio di questo ministero. Esso fu sottoposto al Comitato economico della Società delle Nazioni, che sollevò alcune obiezioni di carattere politico, che impedirono al Governo italiano ed al Governo austriaco di persistere nell'idea.

1 Gli allegati non si pubblicano.

È interessante osservare che il progetto di unione doganale itala-austriaca sembrava non presentare difficoltà dal punto di vista economico-industriale, anzi i vantaggi di esso superavano di gran lunga gli eventuali inconvenienti.

Il progetto sembrava soprattutto vantaggioso per l'Alto Adige, che avrebbe potuto più facilmente esportare i suoi prodotti agricoli sul tradizionale mercato austriaco.

Dal punto di vista industriale, le maggiori preoccupazioni riguardavano l'industria siderurgica e l'industria della carta e cartoni. Tuttavia le preoccupazioni furono superate stabilendosi che, per i prodotti di quelle industrie, si sarebbe mantenuta in vigore, per qualche tempo, una attenuata protezione doganale, salvo a giungere, in un secondo tempo, alla completa libertà di importazione ed alla abolizione di ogni gravame doganale.

Se si considera il problema alla stregua della attuale situazione dell'Italia e dell'Austria, si deve ritenere che le difficoltà di carattere economico da superare siano ora minori. La nostra industria siderurgica, nella sua ridotta capacità di produzione, avrà minore ragione di preoccuparsi della concorrenza austriaca, la quale, del resto, sarà meno preoccupante anche perché è probabile che gli Alleati non vorranno che la «Alpine Montag» riprenda la produzione se non entro ristretti limiti. La situazione dell'industria cartaria è certamente migliore, di quello che fosse nel 1926, e, ad ogni modo, questa industria non è di tale importanza, da dovere da sola costituire un ostacolo alla risoluzione di un problema di tanto rilievo.

Per tali ragioni esprimono l'avviso che se il progetto di unione doganale itala-austriaca potesse realizzarsi, i due Paesi ne avrebbero grandi vantaggi e le difficoltà da superare non sarebbero molto gravi.

Vi è tuttavia un lato da considerare ed è quello monetario. Due Paesi, che concludono una unione doganale, hanno bisogno o di avere la stessa moneta, o di avere due monete diverse che siano, l'una rispetto all'altra, in un rapporto, quanto possibile, stabile. Purtroppo la situazione monetaria, tanto in Austria quanto in Italia, è ben lungi dal rispondere, attualmente, ad una tale esigenza. Tuttavia i due Paesi dovranno necessariamente addivenire ad una stabilizzazione delle proprie monete, e quindi la difficoltà, o prima o poi, dovrà scomparire.

Restano pertanto le difficoltà di carattere politico, la cui gravità non può sfuggire ad alcuno.

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COLLOQUIO DELL'AVV. GRATTON CON IL RAPPRESENTANTE DEGLI STATI UNITI NELLA COMMISSIONE SPECIALE PER TRIESTE, MOSELY

APPUNT01 . Parigi, 20 luglio 1946.

Informo che è nostra intenzione di non presentare uno statuto in contrapposizione a quello degli jugoslavi, ma una serie di note e memorie, dalle quali risultino

l Trasmesso con Telespr. 6745/1857 di Soragna del 21 luglio. L'appunto precisa che sono presenti il dr. Sferza e il prof. De Cleva.

le linee principali del nostro pensiero, relativamente al problema generale ed ai problemi accessori.

M. Mosely approva e raccomanda di fornire elementi quanto pm possibile circa le spese per il porto e la parte di esse coperte dalle tariffe, rispettivamente dai contributi statali. Così pure in genere per il sostegno finanziario degli enti locali e degli enti economici da parte dello Stato. Dalle sue parole si deduce che i nostri esperti verranno ancora chiamati per delucidazioni. Per ora la Commissione non ha fatto nulla di sostanziale. Probabilmente si limiterà anch'essa a presentare alla Conferenza dei concetti di massima e non un progetto di statuto.

Espongo che la formula sulla quale impostiamo il nostro lavoro è la seguente: lo Stato Libero di Trieste è un territorio italiano in cui l'esercizio della sovranità è demandato all'O.N.U. in virtù del trattato di pace. Da questo principio discendono tutte le conseguenze relative al diritto di rappresentanza diplomatica, per l'Italia, unione monetaria, eventualmente doganale e la conservazione della cittadinanza italiana, collegata con lo speciale istituto della «pertinenza» per quanto riguarda i diritti politici nello Stato Libero. M. Mosely approva ed esprime il suo rincrescimento che Parenzo non abbia potuto essere inclusa nello Stato Libero.

In relazione alla sicurezza del territorio dico che avremmo intenzione di chiedere la smilitarizzazione di una zona di 40 km di profondità attorno allo Stato Libero. M. Mosely approva e suggerisce che la guardia delle frontiere dello Stato Libero dovrebbe essere affidata ad una gendarmeria, formata da 5 mila uomini, reclutati sul posto, o, se così pensiamo, in Paesi neutri, e comunque comandati da ufficiali neutri. Secondo M. Mosely siccome l'O.N.U. ha responsabilità della sicurezza, così anche le spese relative, nonché le spese concernenti il governatore ed il personale del suo ufficio, dovrebbero essere sostenute dall'O.N.U. Chiede se avremmo nulla in contrario a che il governatore sia suddito di uno Stato neutrale.

Rispondo che a mio parere dovremmo essere d'accordo e che pensiamo che il compito del governatore dovrebbe soprattutto riguardare la sicurezza esterna e l'ordine della zona. Lo interrogo circa la questione del governo provvisorio durante il periodo transitorio prima delle elezioni.

M. Mosely è del nostro parere che le amministrazioni costituite dal G.M.A. dovrebbero restare in carica, assumendo funzioni deliberative anziché consultative come hanno attualmente. Eventualmente il G.M.A. stesso potrebbe essere sostituito dal governatore dell'O.N.U. In ogni caso, secondo M. Mosely, le forze armate degli Alleati sono sul posto e non se ne andranno fino a che le cose non siano regolate.

De Cleva chiede se ci sia qualche speranza di salvare Pola. M. Mosely è pessimista. De Cleva insiste chiedendo se non si potrebbe pensare a costituire a Pola una base dell'O.N.U. M. Mosely risponde che l'O.N.U. è ancora in una fase embrionale. Anche se l'Italia avesse potuto conservare Pola, sarebbe stata costretta a distruggere ogni installazione militare ed i cantieri, sicché una gran parte della popolazione avrebbe dovuto emigrare per mancanza di lavoro. M. Mosely è persuaso che la Jugoslavia farà di Pola un gran porto militare per sbarrare l'Adriatico.

Ad analoga domanda M. Mosely risponde che per quanto riguarda le popolazioni delle zone assegnate alla Jugoslavia sarà previsto nel trattato di pace il diritto d'opzione consueto e il diritto di esportare i beni mobili, nonché il diritto di rimanere sul posto con adeguata protezione finché potranno realizzare i beni immobili. Si formeranno delle commissioni miste per controllare e proteggere coloro che vorranno emigrare.

Chiedo se può dirci qualche cosa circa la procedura della Conferenza della pace ed in particolare se l'Italia sarà soltanto intesa o parteciperà effettivamente alle discussioni. M. Mosely risponde citando la lettera di Byrnes del l o gennaio 1 al Governo italiano, che derivava da quanto si era deciso a Mosca, e sul cui testo gli altri tre ministri erano consenzienti. La Conferenza della pace, nelle sue prime sedute, stabilirà la procedura ma egli è convinto che si formerà un largo raggruppamento di piccoli Stati che sosterranno l'intervento dell'Italia a tutte le direzioni riguardanti problemi italiani, e partecipazione di rappresentanti italiani nelle commissioni economica, militare e giuridico-redazionale. Del resto anche il suo Paese sarà d'accordo a che l'Italia partecipi nella più larga misura possibile ai dibattiti. Ritiene che il gruppo dei piccoli Paesi che si agiteranno in senso democratico avrà tra i più attivi membri l'Australia ed il Canadà.

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L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12707/92. Nanchino, 21 luglio 1946, ore 19 (per. ore 19 del 23).

Telegramma di questa ambasciata 83 2•

Questo Governo ha presentato controproposte per accordo diretto che dovrebbe sostituire corrispondenti clausole trattato di pace. Riassumo proposte che, a quanto mi è stato detto, sono basate in massima parte su memorandum cinese presentato Londra settembre 1945 diretto a ottenere inclusione trattato di pace clausole assicuranti vantaggi che essa si ripromette dalla sua posizione Potenza vincitrice.

l) Nostro riconoscimento decadenza tutti trattati e accordi in vigore fra l'Italia e Cina alla data 9 dicembre 1941 e diritti titoli e privilegi relativi, compresa extra-territoriali tà.

2) Nostra rinunzia diritti e privilegi derivanti dal protocollo Pechino anno 190J3 e documenti annessi.

l Vedi serie decima, vol. III, D. 54. 2 lbid., D. 656. 3 Vedi serie terza, vol. V, D. 768.

3) Rinunzia concessione italiana di Tientsin e nostri diritti concessioni internazionali Shanghai Amoy.

4) Cessione alla Cina senza corrispettivo di tutte le proprietà demaniali esistenti quartiere diplomatico Pechino, concessione italiana di Tientsin e concessioni internazionali suddette.

5) Rinunzia da parte del Governo italiano a tutti i prestiti, crediti ed investimenti in Cina anteriori 9 dicembre I 94I.

6) Governo cinese si riserva diritto di appropriarsi e di liquidare in conto riparazioni tutte le proprietà private diritti e interessi in territorio cinese appartenenti cittadini italiani, società italiane alla data presente accordo.

7) Nostro impegno restituire Cina a nostre spese oggetti d'arte e di valore storico asportati dalle nostre truppe italiane nel I 900/190 l di cui ci verrà dato elenco. 8) Clausola relativa conclusione convenzione consolare e trattato di stabilimento per l'Italia e la Cina al più presto possibile.

9) Fino a conclusione trattato di cui sopra tutte le questioni relative tali materie (in particolare trattamento italiani in Cina, cinesi in Italia) saranno discusse fra i due Governi e decise secondo principi generalmente accettati diritto internazionale, prassi internazionale.

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IL PRIMO SEGRETARIO A PRETORIA, GRILLO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12642/32. Pretoria. 22 luglio 1946, ore 15,30 (per. ore 7 del 23).

Segretario di Stato per gli affari esteri, al quale ho nuovamente esposto stamane i concetti di cui ai telegrammi di V.E. 10825 1 e 10979 2 mi ha detto comunicazione scritta, di cui al mio telegramma 31 3 , era stata personalmente considerata da Smuts e che istruzioni al riguardo, nel senso desiderato telegramma di V.E. 21 4 , saranno recate a Theron da Jordaan capo sezione politica, che parte oggi stesso per accompagnare Smuts alla Conferenza della pace. Gli ho segnalato contenuto telegramma di V.E. n. 11160 5 chiedendo appoggio delegazione Sud Africa ad eventuale azione delegazione U.S.A. Ho ricevuto promessa al riguardo. Ho chiesto se potevo assicurare al riguardo. Esplicita risposta affermativa.

Confermo che da questa nuova conversazione ho riportato impressione che Sud Africa riconosce fondate nostre ragioni. Forsyth mi ha dichiarato: «Sud Africa è amico dell'Italia si rende conto grave situazione interna e della necessità di

I Vedi serie decima, vol. III, D. 698. 2 Vedi D. 5. 3 Vedi D. 33. 4 Vedi D. 40. 5 Vedi D. 31.

52 contribuire consolidamente istituzioni democratiche. Sud Africa è interessato alla situazione Mediterraneo ed è desideroso Italia rivolgersi ad occidente anziché oriente». Sebbene non promettendomelo segretario non ha escluso che Smuts possa a Parigi sostenere apertamente causa italiana, ma mi ha assicurato «comunque sua azione sarà per noi favorevole».

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L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12708/94. Nanchino, 22 luglio 1946, ore 15,50 (per. ore 8 del 24).

Mio 92 1 .

Ritengo codesto ministero sia in massima d'accordo circa punti primo, secondo, terzo.

Circa punto quarto osservo che, come preveduto in precedenti rapporti questa ambasciata, cinesi approfittano occasione favorevole per distruggere ricordi passato umiliante ed al tempo stesso trame buon profitto. Dato anche forte movente sentimentale, temo saranno irremovibili su questo punto, salvo quanto riguarda ambasciata Pechino (esclusa caserma), per la quale sarà forse possibile ottenere clausola che riconosca riservarci edifici ambasciata per uso ufficiale per periodo cinque oppure dieci anni, trascorso il quale Governo cinese avrebbe diritto redimere fabbricati a prezzo corrente.

Circa numero cinque, è stato osservato da parte nostra che formula è eccessivamente vaga e richiede precisazione. Credo che cinesi abbiano sopra tutto in mente nostro credito Nan Chang. Codesto ministero potrà accertare se vi siano altri nostri considerevoli interessi del genere, pubblici o privati, in Cina. È stato comunque osservato da parte nostra che importo dette attività dovrebbe almeno essere adibito risarcimento danni di cui punto sesto.

Circa il punto sesto, di fronte immediate obiezioni da parte nostra, cinesi sembrerebbero disposti precisare che essi intendono (come preventivamente comunicato) chiedere risarcimento danni effettivamente sofferti da Stato e sudditi cinesi conseguenza guerra Italia, cioè liste compilate ambasciata Cina in Roma, spese per internamento italiani, ecc. Solo nel caso che tale risarcimento non venisse da noi liquidato direttamente Governo cinese si rivarrebbe su proprietà private italiane in Cina. Redazione clausola dovrebbe essere quindi modificata in questo senso.

Circa punto sette riterrei consigliabile aderire di buona grazia richieste cinesi se contenute entro limiti ragionevoli. Punto otto risponde nostri desideri e punto nove è, ritengo, unica garanzia che possiamo ottenere fino conclusione nuovo trattato.

l Vedi D. 46.

Accordo, che verrebbe firmato Nanchino e avrebbe forma scambio lettere in solo testo inglese, sostituirebbe tutte corrispondenti clausole trattato pace riguardanti Cina. Perciò cinesi insistono perché esso venga concretato possibilmente prima del 29 luglio, in modo permettere delegazione cinese Parigi chiedere cancellazione corrispondenti clausole trattato. Soltanto codesto ministero è in grado giudicare se possiamo sperare che altre delegazioni Parigi influiscano eventualmente su cinesi perché loro richieste (ossia quelle di cui ai punti quattro e soprattutto cinque e sei) vengano modificate in nostro favore, o anche se, dato sacrificio finanziario non indifferente che essi comportano, sia preferibile, anche di fronte privati interessati ed opinione pubblica, che ci vengano imposti nel trattato anziché accettati liberamente. In ambedue ipotesi converrebbe lasciare che questione venga discussa in sede Conferenza pace.

Ritengo che accordo separato non potrebbe essere concluso qui a condizioni più favorevoli delle seguenti, che rappresenterebbero già considerevole miglioramento rispetto richieste cinesi:

a) accettazione richieste di cui ai punti uno, due, tre e quattro con possibile inclusione clausola relativa ambasciata Pechino come specificato sopra; b) precisazione punto cinque e accettazione da parte cinese adibire crediti di cui trattasi al pagamento di cui al punto sei;

c) espressa precisazione circa punto sei categorie danni risarcibili !imitandoli danni nazionali cinesi in Italia, spese per internamento italiani in Cina e simili danni immediati e diretti e fissazione procedure accertamento;

d) nostra accettazione richiesta punto sette dopo esame lista che non sarà forse possibile trasmettere in tempo costà;

e) nostra accettazione punti otto e nove cercando se possibile ottenere inclusione clausola che protegga specificatamente diritti acquisiti proprietà immobiliari in Cina da parte di privati italiani con sola riserva di cui al punto sei, cioè mancato risarcimento diretto da parte nostra.

A tal riguardo è superfluo sottolineare gravissimi inconvenienti eventuale confisca nostre proprietà private in Cina. Se tuttavia questo non potesse ottenersi riterrei mio dovere suggerire abbandono idea accordo diretto che non firmerei salvo espresse istruzioni in contrario 1 .

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IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

L. PERSONALE. Londra, 22 luglio 1946 (per. il 9 agosto).

Ti ringrazio del tuo consenso al mio viaggio a Parella e degli auguri per la salute di mio padre il quale va lentamente declinando senza il conforto di avermi

l Per la risposta vedi D. 86.

v1cmo. Mi ero disposto, con riluttanza data la situazione, a partire domani rien

trando qui il 28. Ma sento oggi che, in coscienza, non mi è possibile muovermi.

Sono tempi duri in cui bisogna cancellare anche i sentimenti più profondi.

È annunciata per giovedì una interpellanza ai Comuni da parte di oltre duecento deputati (conservatori e laburisti) contro la soluzione a noi favorevole accettata da Bevin per l'Alto Adige. Bevin si è venuto gradualmente e sinceramente persuadendo delle nostre ragioni, ha modificato il suo originale atteggiamento affrontando con coraggio (come ti ho a suo tempo segnalato) una vasta corrente di opinione pubblica inglese appassionatamente favorevole all'Austria. Devo vederlo prima di giovedì per rafforzarlo al possibile nella pubblica difesa delle nostre ragioni e per persuaderlo, se mi riesce, a cogliere questa occasione per esprimersi chiaramente nei nostri riguardi, per correggere l'opinione inglese e, nel contempo, valorizzare almeno di fronte all'opinione italiana il suo atteggiamento contrario alle pretese austriache 1•

A questo riguardo ho avuto oggi un lungo colloquio con Macmillan il quale ha in Parlamento una posizione di primissimo ordine ed è ormai considerato il futuro capo del partito conservatore. Abbiamo discusso insieme l'argomento in ogni suo aspetto e riflesso ed egli mi ha promesso che interverrà personalmente nel dibattito per dissociare l'opposizione dalla mossa dei duecento deputati (i quali hanno sottoscritto la mozione uti singuli), per riportare la questione su un più elevato terreno di interesse europeo e per fare un accenno alla possibilità che questa disputa di frontiera (che il Governo britannico si è ormai impegnato a risolvere a nostro favore) possa essere più costruttivamente superata da un'intesa italo-austriaca sul piano di una cooperazione economica indipendente da ogni divisione geografica e politica. Vorrebbe consultarsi prima con Bevin per vedere che forma dare a questo accenno che gli ho suggerito sapendo quanto l'opinione inglese sia preparata ad accogliere favorevolmente una simile eventualità. Egli farà comunque in modo che il dibattito si stacchi dal gretto piano di soddisfazione a questo o quel Paese per tener conto preminente delle ragioni di quella unità europea nella quale solo il continente può trovare salvezza. Spera così di evitare che il dibattito scenda a particolari e dia luogo a sgradevoli interventi e repliche. Sconsiglia a questo scopo che altri sia sollecitato a prendere più specificatamente la nostra difesa, il che fornirebbe il destro ai firmatari della mozione per entrare nel merito e tentare di riaprire una questione che si deve considerare passata in giudicato. Gli ho fornito tutti i dati e gli argomenti che potessero eventualmente tornargli utili (compresa, in via riservatissima, una copia della mia dichiarazione di Parigi) 2 e l'ho ringraziato anche a tuo nome per il costante appoggio che ci dà.

Siamo ad una crisi assurda, in cui le buone intenzioni verso di noi e la crescente coscienza della necessità nel gioco politico inglese di una Italia amica, si alternano e si confondono ad una cecità di orientamento e ad una insensibilità psicologica veramente indecifrabili. Il tutto complicato da una crescente irritazione per le reazioni italiane e connesse manifestazioni anti-inglesi, da una diffusa convinzione

1 Una sintesi di questo capoverso fu trasmessa da Carandini per telegramma (T. 12620/860) la sera del 22 luglio. Per la risposta di De Gasperi vedi D. 52.

2 Vedi serie decima, vol. Ili, D. 500.

di trovarsi di fronte ad un risorgere della mentalità e delle forze fasciste in Italia. Tutto questo si chiarirà, si placherà, sarà superato e vinto. Ma ti assicuro che la fatica di parare a tante antiche e rinascenti incomprensioni, anche da parte di molti elementi sinceramente filo-italiani, è improba.

Mettendo a profitto quel tanto di fiducia che mi sono, se non altro, qui conquistato in ogni ambiente, vedo di arginare questa ondata di risentimento presso il Foreign Office, gli elementi politici responsabili, la stampa e l'opinione pubblica. Ottengo ad ogni incontro con Sargent una buona immediata comprensione, ma poi si ricomincia. Bevin è sopraffatto dal cumulo delle difficoltà che gli stanno di fronte, pieno di buone intenzioni ma paralizzato da una tremenda posizione fra una opinione pubblica interna esacerbata, uno scarso appoggio americano, un equivoco atteggiamento francese ed una invincibile, soverchiante ostilità russa. Il conto che l'Italia è chiamata a pagare è gravissimo, ma quello che l'Inghilterrà dovrà scontare a conclusione dei suoi immensi sacrifici e della sua vittoria è assai più grave ed irreparabile del nostro. Di qui lo stato di esasperazione che domina l'opinione inglese ed influenza e disorienta la politica che ne è espressione.

Tieni conto di questo fattore nel giudicare il comportamento britannico, nel valutarne i motivi, l'attuale indirizzo e le possibili correzioni. La stessa costrizione materiale e morale in cui questo popolo raccoglie le sue forze di difesa, spiega, se pure non giustifica, la sua altrimenti incomprensibile politica nei nostri riguardi. È un fenomeno connesso alla gravità della lotta che si svolge su un altro piano, che fa impallidire e travolgere le nostre ragioni. Come vedi la stessa America, in ben altra posizione di prosperità, di potenza, di sicurezza e di libertà di manovra, accusa lo stesso disorientamento e la stessa flessione nei nostri riguardi.

Immagino dalla mia la tua ansietà. Inutile ti dia altri particolari sull'azione costante che ho fin qui svolto e che continuo a svolgere. Per la tua tranquillità ti assicuro solo che nulla trascuro per interpretare la tua volontà e per servire, come meglio posso, il Paese.

50

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12875/95. Nanchino, 23 luglio 1946, ore 1,50 (per. ore 20 del 25).

Mio telegramma 91 1•

Questo ministro affari esteri prima di partire per Parigi ha dichiarato alla stampa che delegazione cinese ha solo desiderio contribuire successo Conferenza ed appoggerà quindi ogni proposta, qualunque ne sia provenienza, tendente rafforzare tutela pace mondiale. Circa dispute territoriali ministro esteri ha dichiarato

l Vedi D. 42.

criterio etnico dovrebbe essere principio dominante per loro soluzione, aggiungendo: «La pace internazionale deve fondarsi nell'applicazione del principio di giustizia nel campo delle relazioni internazionali».

Ministro esteri ha infine espresso opinione che trattati di pace imposti da Nazioni Unite non dovrebbero contenere condizioni eccessivamente dure ... 1 in modo paralizzare affermazione e sviluppo delle democrazie nei Paesi vinti. Altrimenti, la firma trattati potrebbe segnare inizio risveglio di forze reazionarie nei Paesi vinti e di conseguenza le influenze liberali e democratiche in tali Paesi potrebbero non aver più possibilità affermarsi e svilupparsi.

Ministro affari esteri partito ieri, accompagnato dottor Cheng Tin Hei, nuovo ambasciatore di Cina a Londra, e dal dottor Wu Nan-Ju direttore dipartimento europeo questo Ministero affari esteri.

51

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 12724/846. Parigi, 23 luglio 1946, ore 17,50 (per. ore 24).

Comunicasi seguente telegramma Soragna:

«Commissione per Trieste sta esaminando progetto statuto compilato da delegazione britannica. Esistono inoltre un progetto russo ed uno americano. Notevoli difficoltà sarebbero sorte circa nomina e funzioni governatore territorio. Non si prevede prossima convocazione nostra delegazione, la quale ha presentato stamane memorie scritte contenenti principi generali e suggerimenti. Invio domani documentazione per corriere».

52

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. URGENTISSIMO 11343/555. Roma, 23 luglio 1946, ore 19,30.

A tuo 860 del 22 corrente 2 .

Per opportuna conoscenza e norma linguaggio circa quanto da te segnalato informoti che prefetto Bolzano mi ha consegnato in questi giorni proposte re-

l Tre parole non decifrate. 2 Vedi D. 49, nota l, p. 55.

datte su invito del Governo da commissione composta m prevalenza esperti gruppo etnico allogeno per soluzione problema revisione opzioni 1939, nonché progetto autonomia regione tridentina che garantisce e tutela ampiamente gruppo minoritario.

Circa questione traffico ferroviario persone e merci tra Tirolo orientale e Innsbruck è già stato stabilito ripristinare speciali facilitazioni esistenti prima della guerra fra Italia e Austria su percorso San éandido-Brennero, ampliandone portata specie per quanto si riferisce agevolazioni doganali e libera circolazione persone.

Come vedi provvedimenti su accennati sono per entrare in fase attuazione concreta e potrai darne opportunamente comunicazione costì 1 .

53

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

PROMEMORIA. Roma, 23 luglio 1946.

Nel suo colloquio odierno con La Guardia, il presidente gli ha chiesto fra l'altro di voler prospettare nei termini più caldi a Byrnes la necessità di includere nel Territorio Libero la costa italiana sino a Pola. La Guardia, che incontrerà Byrnes a Parigi, ha formalmente promesso che farà tutto quanto gli sarà possibile in questo senso.

54

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES

L. 952 SEGR. POL. 2 . Roma, 23 luglio 1946.

Nel progetto di trattato di pace elaborato dai Quattro, di cui ancora non abbiamo notizia ufficiale pare che una clausola contempli la rinuncia italiana al possesso dell'isola di Saseno. Com'ella sa l'isola, che è il naturale presidio della

1 Con T. 128211870 del 24 luglio, Carandini rispose: «Mi sono valso di quanto segnalato telegramma ministeriale 555 per i passi svolti presso Noel Baker e vari deputati in previsione dibattito domani su Alto Adige. Ufficio ricerche Foreign Office, che ho informato provvedimenti in questione, gradirà riceverne i testi non appena formalmente approvati».

2 La presente lettera fu in pari data inviata, con il n. 954 segr. poi., all'incaricato d'affari degli Stati Uniti d'America a Roma Mckendree Key.

base di Valona, è sottoposta alla sovranità italiana in base al trattato italo-albanese del 2 agosto 1920, ratificato dalla Conferenza degli Ambasciatori a Parigi il 9 novembre 1921.

Ci giunge ora notizia da fonte attendibile che nei giorni scorsi sarebbe stato firmato a Tirana tra il Governo albanese e quell'ambasciatore sovietico un accordo per la cessione alla Russia da parte dell'Albania, dell'isola stessa.

Ora io mi domando e le domando se i Governi alleati si rendono conto che sistemazioni siffatte sconvolgono completamente qualunque premessa per la sicurezza e l'equilibrio adriatico e che esse pongono l'Italia alla completa mercè di qualunque Potenza che si affacci in quel mare.

Le sarò vivamente grato se ella vorrà comunque segnalare subito al suo Governo la notizia di cui sopra (la quale ci viene, ripeto, da fonte che abbiamo ragione di ritenere attendibile e che del resto si inquadra con le altre informazioni che ci provengono dall'Albania), sottolineando ancora una volta la necessità che il problema della frontiera orientale italiana sia considerato nel suo complesso e cioè anche in funzione adriatica 1•

55

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. 11373/556. Roma, 24 luglio 1946, ore 0,30.

A complemento informazioni di cui mio telegramma n. 555 2 la informo che dirigenti Volkspartei hanno in questi giorni rilasciato a prefetto Bolzano dichiarazione scritta in cui si afferma:

a) che a seguito definitiva decisione sull'appartenenza Alto Adige a Italia richiesta relativa diritto autodecisione non farà più parte programma loro partito;

b) che Volkspartei sino da questo momento offre sua piena collaborazione rappresentante Governo italiano per soluzione tutti i problemi locali alla stessa stregua altri partiti. A tal fine Volkspartei sta collaborando progetto autonomia elaborato da rappresentante Governo italiano;

c) che Volkspartei si impegna adoperarsi per distensione animi popolazione locale.

1 De Gasperi comunicò a Londra, Mosca, Parigi e Washington il contenuto del presente documento con T. 11336/c. del 23 luglio, con le istruzioni di fare analoghi passi presso quei governi. Per le risposte di Carandini e Quaroni vedi rispettivamente i DD. 74 e 59. Benzoni rispose il 25 luglio (T. per corriere 13374/0115) assicurando di aver svolto il passo richiesto mentre non è stata rinvenuta una risposta telegrafica di Tarchiani.

2 Vedi D. 52.

In relazione a quanto precede, Giunta centrale Volkspartei ha già approvato ordine del giorno tendente promuovere cambiamento concreto indirizzo politico partito ai fini pacificazione due gruppi etnici 1•

Notizie sopra riportate non (dico non) sono state ancora rese pubblicche per dar tempo dirigenti Volkspartei orientare opportunamente masse aderenti partito. Ella potrà tuttavia darne costì riservata informazione.

56

IL MINISTRO A L' AJA, BOMBIERI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12794/62. L 'Aja, 24 luglio 1946, ore 12,25 (per. ore 19).

Ho conferito con questo ministro affari esteri illustrandogli dettagliatamente punto vista Governo italiano circa questioni oggetto telegramma 10825 del 12 corrente 2 e l 0979 del 15 corrente 3 sulle quali gli ho anche consegnato dei brevi pro-memoria ad integrazione di tutta la documentazione precedentemente fornita al suo ministero. Gli ho fatto anche la comunicazione di cui al telegramma di V.E. 11160 in data 19 corrente 4 .

Ad eccezione della questione relativa ai poteri degli Stati minori alla Conferenza Ventuno (circa la quale questo Governo mostra rendersi conto del suo interesse che coincide nostro punto di vista), ministro affari esteri si è mostrato

1 Il testo originale della dichiarazione firmata da Amonn e Raffeiner (trasmessa in allegato al rapporto del prefetto Innocenti al presidente del Consiglio del 7 luglio 1946, n. 9922 Gab.) era il seguente: <<l) Il punto tre del programma del partito sud tiro lese che autorizza i suoi rappresentanti a sostenere dinnanzi agli Alleati il diritto di autodecisione -con esclusione però di ogni mezzo illegale -perde la sua pratica importanza nel momento in cui avrà luogo la decisione definitiva sulla appartenenza stabile di questo territorio e non costituirà, pertanto, ulteriormente parte del programma del partito. 2) Indipendentemente da quanto sopra, il Suedtiroler Volkspartei fino da questo momento offre la sua piena collaborazione al rappresentante del Governo per la migliore soluzione di tutti i problemi locali, alla stessa stregua degli altri partiti. A questo scopo il Suedtiroler Volkspartei prenderà subito in esame il progetto di autonomia elaborato dal rappresentante del Governo, per fargli conoscere ufficialmente le proprie idee in proposito. Per ragioni facilmente comprensibili il Suedtiroler Volkspartei non era fino ad ora in condizioni di portare la questione della autonomia in una pubblica discussione del partito; però il partito è a cognizione che la maggioranza della popolazione sudtirolese preferirebbe un'autonomia limitata alla provincia di Bolzano ed ai comuni mistilingui di Trento pur non disconoscendo però i molteplici interessi comuni che legano questa provincia al Trentina. Per questa considerazione il Suedtiroler Volkspartei prega il rappresentante del Governo di esprimere allo stesso questo suo desiderio per modo che alle popolazioni di cui sopra siano garantiti in larga misura i loro interessi, culturali ed economici. 3) Il Suedtiroler Volkspartei si impegna di adoperarsi per una distensione degli animi della popolazione sudtirolese e prega il Governo di dare ai problemi che più da vicino toccano la popolazione sudtirolese e principalmente quello attinente alle opzioni, la soluzione più generosa possibile. 4) La direzione del partito sudtirolese riunirà fra pochi giorni la Giunta centrale (una trentina di membri) per portare all'approvazione della stessa un ordine del giorno che mira ad un cambiamento concreto nell'indirizzo politico del partito ai fini della pacificazione dei due gruppi etnici».

2 Vedi serie decima, vol. III, D. 698.

3 Vedi D. S.

4 Vedi D. 31.

piuttosto riservato. Mi ha fatto però comprendere abbastanza chiaramente che l'Olanda non è interessata direttamente alla questione italiana; che difficilmente si poteva impegnare prendere iniziative in un senso o nell'altro. È mia impressione che questo Governo seguirà orientamento della maggioranza; ma soprattutto che si ispira a Londra.

57

IL MINISTRO AD OSLO, RULLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 12805/98. Oslo, 24 luglio 1946, ore 12,50 (per. ore 19,45).

Trasmetto seguente telegramma del ministro Nenni al presidente De Gasperi: «Ministro Lange molto ben disposto nostro riguardo. Nei limiti suo ruolo disposto aiutare nostre richieste entro quadro decisioni di principio.

Purtroppo Norvegia non parteciperà sottocomitato incaricato redazione definitiva trattato Italia. Opinione Norvegia favorevole generalmente nostra causa. Ministro Lange assunto impegno favorire richieste tendenti: allargare fino Pola confine Stato Libero Trieste; rinunzia francese Tenda Briga ed in ogni caso uso centrali elettriche; rinvio questione coloniale senza dichiarazione rinunzia nostri diritti; larghe concessioni economiche rinascente democrazia italiana».

58

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12819/869. Londra, 24 luglio 1946, ore 19,46 (per. ore 7,30 del 25).

Trasmetto seguente telegramma del conte Sforza per l'eccellenza il ministro:

«l. Ritardo di un giorno dell'aereo permessomi ieri lunga conversazione con Sargent. Questi si mostrò molto irritato violenza stampa italiana e mi confidò essergli stato detto che in America ecciterei governi e popoli contro politica inglese. Gli risposi, circa reazione in Italia, che in essa dovevasi distinguere, da un lato, profondo dolore dei tanti che erano stati sempre fedeli amici Inghilterra, e, dall'altro, gioia malsana degli ex fascisti e nazionalisti trionfanti contro amici dell'Inghilterra e che ciò dovrebbe essere meditato a Londra. Circa mia missione, lo assicurai non una parola andrebbe contro Nazione britannica e anzi raccomanderei America azione miglioramento trattato anche per servire Gran Bretagna. Sargent difeso trattato con abituali argomenti già ribattutigli da Carandini e, a mia osservazione che ciò che più era inesplicabile erano decisioni che, come per Tripolitania, avrebbero alla lunga molto nociuto Inghilterra perché tutto Nord Africa sarebbe presto in rivolta dopo nostra partenza, egli replicò, ma senza alterigia né sarcasmo: "Ma non possiamo far guerra agli arabi per imporre vostro ritorno". Gli replicai che anche se vero egli doveva dir ciò con dolore non con sollievo. Nel complesso tutta la conversazione fu molto cordiale, ma siamo di fronte lunga serie transazioni nate da paura ed incomprensione senza da nessuna parte visione conseguenze lontane».

59

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12822/409. Mosca, 24 luglio 1946, ore 23,58 (per. ore 7,30 del 25).

Telegramma di V.E. 11336 1•

Non (ripeto non) ritengo che notlZla di cui predetto telegramma sia esatta, almeno nella forma in cui è stata data. Ritengo anzi probabile che russi intendano organizzare tutta Valona e non soltanto Saseno come base navale, ma si tratterà ufficialmente base albanese, o al massimo base congiunta jugoslavo-albanese, e non base russa. Per organizzazione base sarà necessario aiuto tecnico-finanziario che sarà certamente dato. Al più, se russi riterranno opportuno ai loro fini dare una certa pubblicità loro preparativi navali basso Adriatico, collaborazione russo-albanese per costituzione base potrà essere espressamente menzionata in possibile accordo generale aiuto da parte U.R.S.S. ad Albania per riorganizzazione sue forze armate e costituzione sua industria bellica, analogamente ad accordi già firmati con Jugoslavia Polonia e che certamente un giorno saranno conclusi anche con Albania. Non è nei sistemi russi nei riguardi di Stato considerato amico come Albania procedere ad appropriazioni territoriali anche piccole. Nelle circostanze attuali russi sanno benissimo di avere in mano tutta Albania e non ritengono avere bisogno solo Saseno.

60

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 2403/1184. Roma, 24 luglio 1946 (per. il 26).

Mio telespresso n. 2336/1158 del 19 c.m. 2 .

l Vedi D. 54, nota l, p. 59. 2 Vedi D. 37.

A seguito delle istruzioni comunicatemi ieri verbalmente dal segretario generale, mi sono ieri recato in Segreteria di Stato ed ho informato mons. Montini che il capo provvisorio dello Stato desiderava rendere visita al pontefice. Mons. Montini ha accolto la mia comunicazione con vive e liete manifestazioni di compiacimento, mi ha detto che ne avrebbe subito riferito al Santo Padre e mi avrebbe sollecitamente comunicato la sua risposta, ma poteva dirmi senz'altro che la notizia sarebbe riuscita molto gradita al pontefice e che questi si sarebbe fatto premura di ricevere al più presto l'illustre visitatore, fra tre o quattro giorni ossia il tempo necessario per concretare i particolari della visita e del cerimoniale. Mi ha pregato di ripassare da lui l'indomani.

Essendo nel pomeriggio venuto a vedermi in ambasciata, per intrattenermi di altre questioni, il sen. Coffari, segretario generale agli uffici del capo provvisorio dello Stato, l'ho subito informato della conversazione avuta in mattinata con mons. Montini e della soddisfazione da questi manifestata, pregandolo di informarne a sua volta l'on. De Nicola, prevenendolo che l'incontro sarebbe stato probabilmente fissato per uno dei prossimi giorni. Ho rimesso al sen. Coffari un breve appunto, che ho preparato sul momento, e nel quale ho riassunto la conversazione di cui sopra ed indicato succintamente come si sarebbe svolto il ricevimento e le principali consuetudini del cerimoniale vaticano.

Ritornato stamane da mons. Montini, egli mi ha confermato la soddisfazione ed il gradimento del pontefice ed ha suggerito che, se l'on. De Nicola d'accordo, la visita avrebbe potuto aver luogo sabato prossimo 27 corrente. Monsignore mi ha poi rimesso lo schema di protocollo qui allegato in copia. In esso sono minuziosamente indicate le persone che prenderanno parte al ricevimento, i loro nomi, il loro rango, l'abito che devono indossare, ecc. Trattasi del solito protocollo previsto per il ricevimento di personalità di alto rango, ed in definitiva differisce poco dal cerimoniale pel ricevimento di un ambasciatore. Monsignore mi ha pregato fargli conoscere al più presto se la data suggerita del 27 corrente riuscisse gradita, e di indicargli le persone che sarebbero state al seguito del capo dello Stato. Ha detto che trattandosi dell'incontro fra due capi di Stato appariva naturale la presenza anche del ministro degli affari esteri, come era avvenuto in occasione delle due visite di re Vittorio e di altri capi di Stato stranieri, e senza che essa assumesse un particolare significato politico. Ha aggiunto che come le personalità di alto rango in visita al pontefice sono di consueto accompagnate dall'ambasciatore, trattandosi questa volta di personalità di altissimo rango logicamente anche l'accompagnatore doveva essere di rango più elevato. Mi ha infine pregato di fargli conoscere se nulla ostasse da parte nostra che della prossima visita fosse stato come di consueto in simili occasioni diramato l'annuncio un paio di giorni prima.

Ho ringraziato mons. Montini per la premura dimostrata e gli ho detto che avrei subito comunicato al capo dello Stato ed al Ministero degli affari esteri lo schema di protocollo predisposto. Lo pregavo di tenere presente la notoria modestia dell'on. De Nicola alieno da esibizionismi e da pompe, e che perciò lo avrei forse dovuto richiedere di possibilmente semplificare in qualche particolare il cerimoniale previsto. Mi ha risposto che la Santa Sede desiderava rice

vere ed onorare nel miglior modo l'illustre visitatore, il protocollo previsto rispondeva alla sua altissima dignità e che nelle feste della Chiesa la ricchezza del cerimoniale serviva a dimostrare non solo la solennità ma anche l'allegrezza dell'avvenimento.

Ho potuto essere ricevuto nel pomeriggio dal presidente del Consiglio al quale ho riferito la grata soddisfazione del Vaticano per l'annunciata visita, la data suggerita per l'udienza, e l'aspettativa per la sua presenza nella sua qualità di ministro degli affari esteri, e che sarebbe riuscita tanto più gradita data la sua personalità ed i suoi sentimenti. L'on. De Gasperi mi ha detto che da parte sua era d'accordo per la data suggerita e per il protocollo predisposto, quanto all'accompagnare o meno l'on. De Nicola egli se ne rimetteva a quanto questi avrebbe preferito. Mi ha poi incaricato di fare osservare in Vaticano come, seppure in base allo stretto protocollo vaticano non fosse prevista la restituzione della visita, pure sarebbe stato nelle attuali circostanze opportuno che all'udienza facesse seguito qualche manifestazione di cortesia e di ringraziamento da parte vaticana. Mi ha infine detto di riferire subito al capo provvisorio dello Stato.

Non ho potuto purtroppo essere ricevuto dall'on. De Nicola e mi sono intrattenuto col sen. Coffari, al quale ho fatto presente la necessità di dare subito una risposta circa il gradimento o meno della data suggerita, il Vaticano avendo bisogno di un paio di giorni di tempo per predisporre tutti i particolare del ricevimento. Il sen. Coffari mi ha risposto che personalmente aveva l'impressione che la data del 27 corrente fosse troppo vicina e gli sembrava che il capo dello Stato avesse già altri importanti impegni. L'ho pregato di considerare l'importanza dell'avvenimento ed i riguardi dovuti alla persona del pontefice che non si poteva lasciare in attesa di una risposta, né conveniva dargli l'impressione che fosse sorto qualche impedimento. Gli ho quindi chiesto di riferire d'urgenza all'on. De Nicola, chiedergli istruzioni con la maggior sollecitudine e tenermi informato, affinché io potessi a mia volta sollecitamente informare la Segreteria di Stato.

Finora (24 sera) non ho avuta nessuna comunicazione da parte degli uffici del capo dello Stato e, non ricevendone ancora a tarda ora, mi propongo domattina presto recarmi in Vaticano e far presente che la data suggerita dovrebbe essere spostata di qualche giorno, per ragioni di carattere interno e di ordine pratico, indicando ad esempio che non è ancora completata l'organizzazione della casa civile e militare del capo dello Stato, accennando eventualmente a motivi di salute ecc. non potendo io evidentemente invocare precedenti impegni che apparirebbero invero poco riguardosi di fronte alla premurosa sollecitazione dimostrata dalla Santa Sede.

Mi permetto pregare codesto ministero compiacersi prendere anche esso contatto con gli uffici del capo dello Stato e confermare come anche per motivi di cortesia internazionale occorra che una risposta circa la data venga data con la possibile sollecitudine e che la visita ora richiesta ufficialmente, e della quale peraltro già si era ufficiosamente accennato da circa un mese, non venga troppo ritardata. Mons. Montini avendomi pregato di aggiungere, come di consuetudine, alla richiesta verbale anche una comunicazione per iscritto, mi proporrei indicare nell'occasione che gradiremmo la visita potesse aver luogo verso la metà della prossima settimana. Indicare una data più lontana mi sembrerebbe invero poco riguardoso e potrebbe dar luogo a qualche inesatta interpretazione. Prego farmi avere istruzioni con cortese sollecitudine, tenendo presente che per ragioni di cortesia e di opportunità, la suddetta comunicazione scritta dovrebbe essere inviata domani od al massimo dopodomani 1•

61

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 12838/216. Vienna, 25 luglio 1946, ore 6 (per. ore 15,50).

Ho portato oggi 2 a conoscenza di Gruber contenuto del telegramma n. 81 di codesto ministero 3 . Egli mi ha pregato di ringraziare presidente De Gasperi per l'accoglienza data a proposta fattagli: si rendeva conto incontro non avrebbe potuto aver luogo che verso principio settembre e riteneva che rinvio di poche settimane sarebbe stato favorevole per maggiore chiarimento situazione internazionale. Avendo in animo di andare nuovamente in Svizzera fine agosto, Gruber suggeriva che di lì avrebbe potuto recarsi in località italiana presso confine, ad esempio Como.

Quando gli ho accennato che on. De Gasperi intendeva escludere da argomenti colloquio eventuali questioni territoriali, Gruber mi ha detto subito che non immaginava certamente che noi fossimo disposti a cessioni del genere. D'altra parte Austria non si faceva ormai illusioni: noi dovevamo comprendere che Governo austriaco non avrebbe potuto evitare di ripresentare a Conferenza pace, se pure senza speranze, sue rivendicazioni; ma dovevamo renderei tempo stesso conto che suo desiderio di accordo con Italia era sincero e vivo.

Gruber ha poi accennato a opportunità di preparare argomenti da esaminare in incontro con on. De Gasperi ed ha aggiunto che avrebbe fatto studiare questioni itala-austriache da suoi più intimi collaboratori e che si sarebbe riservato di informare questa rappresentanza su programma austriaco. Sarebbe stato lieto, perché incontro sortisse risultati concreti, che si potessero concordare previamente argomenti da esaminare. Ha espresso suo accordo su necessità che incontro venga tenuto segreto, mettendo in rilievo che Governo austriaco, in caso contrario, avrebbe dovuto fare i conti con pretese che gruppi politici non avrebbero mancato di presentare.

È sembrato che Gruber parlasse sotto impressione recente visita ministro Hood e parlamentari inglesi, nonché prossimo dibattito su Alto Adige Camera dei Comuni 4 , che non sono stati certo così favorevoli rivendicazioni austriache come in alcuni di questi ambienti si sperava. Ministro esteri è stato durante colloquio particolarmente cordiale.

I Con T. per corriere 12927/1186 del25 luglio Diana aggiungeva: «Mons. Montini mi telefona in questo momento che, presi ordini dal papa, suggerisce e raccomanda caldamente data 31 luglio per udienza solenne capo provvisorio dello Stato. Mons. Montini sarebbe particolarmente riconoscente avere risposta entro domani». La visita ebbe luogo il 31 luglio alle ore IO.

2 Il 24 luglio.

3 Vedi D. 41.

4 Vedi DD. 71 e 84.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12855/410. Mosca, 25 luglio 1946, ore 13 (per. ore 18,30).

Ho l'onore di assicurare che non appena mi è giunto il telegramma di V.S. n. 11059 1 ho immediatamente interessato questo Governo facendo le opportune riserve circa la partecipazione dei nostri esperti alla elaborazione dello statuto territoriale di Trieste qualora esso dovesse avere un carattere puramente formale. Oggi questo Ministero degli affari esteri mi ha assicurato che nel corso dei lavori per il suddetto statuto i rappresentanti sovietici non mancheranno di tenere in debito conto la nostra segnalazione.

63

IL MINISTRO AD OSLO, RULLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12876/99. Osio, 25 luglio 1946, ore 14,20 (per. ore 20).

Ministro Nenni partito oggi per l' Aja donde conta raggiungere Brusselle sabato mattina 27 corrente. Visita svoltasi in ambiente di vivissima cordialità. Egli ha incontrato oltre ministro degli esteri principali personalità politiche norvegesi e dirigenti partito socialista al governo. Stampa ha dedicato visita larghissimo spazio con titoli in prima pagina su tre e quattro colonne esponendo ampiamente punto di vista italiano. Una risposta del ministro jugoslavo su questione Trieste è stata pubblicata e con scarsissimo rilievo solamente dal giornale comunista locale.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12897/852. Parigi, 25 luglio 1946, ore 22,05 (per. ore 7,30 del 26).

Trasmetto seguente telegramma Lanza:

«On. Bettiol accompagnato da Relli ha visitato separatamente rappresentanti americani, francesi, inglesi nella commissione speciale per Trieste.

1 Vedi D. 13.

Egli ha sottolineato particolarmente:

l) necessità salvaguardare sicurezza interna ed esterna del territorio con op

portuni provvedimenti ed investendo il governatore neutrale di poteri eccezionali;

2) necessità di estendere territorio verso l'lstria e correggere la linea di frontiera

a Gorizia, nonché altri desiderata minori.

Tutti e tre i rappresentanti hanno espresso fiducia nel sistema di sicurezza

dell'O.N.U. e concordano che governatore debba avere poteri eccezionali almeno nel

primo periodo di vita del nuovo territorio; ritengono possibile lieve correzione linea

frontiera di Gorizia a nostro favore; prevedono però lunga e laboriosa elaborazione

statuto ed accennano necessità raggiungere compromesso tra tesi contrastanti.

Rappresentante francese riconosciuto che soluzione internazionale ha rotto

equilibrio etnico eu cui fondavasi linea Wilson e dichiarato considerare equo com

penso Italia con miglioramenti frontiera orientale alto lsonzo.

Rappresentante inglese non nascosto precarietà soluzione ed alla domanda circa garanzie per italiani Istria risposto sarebbe consigliabile loro tempestiva evacuazione malgrado garanzie previste nel trattato.

Delegazione non sarà più convocata dalla Commissione. Esperti rimpatrieranno domenica. Rappresentante sovietico non ha ancora risposto alla richiesta di visitarlo. Invierò per corriere rapporto dettagliato».

ALLEGATO I

COLLOQUIO DELL'ON. BETTIOL E DEL CONSIGLIERE RELLI CON IL RAPPRESENTANTE DEGLI STATI UNITI NELLA COMMISSIONE SPECIALE PER TRIESTE, MOSEL Y

VERBALE 1 . Parigi, 24 luglio 1946.

Nel corso di una visita fatta al rappresentante americano nella Commissione speciale per lo statuto di Trieste l'on. Bettiol ed il dottor Relli hanno sottolineato l'importanza del problema della sicurezza del progettato Territorio Libero ribadendo le nostre tesi sugli altri problemi del territorio stesso.

Il rappresentante americano ha preso nota con grande attenzione delle osservazioni fatte ed ha chiesto se la gendarmeria di 5 o 6 mila uomini, guidata da ufficiali neutri, fosse sufficiente per la sicurezza interna del Territorio. Circa la sicurezza esterna il signor Mosely ha espresso la certezza che il Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. provvederà adeguatamente per salvaguardare il Territorio Libero da ogni eventuale aggressione. Gli è stato fatto presente che il sistema del veto toglie al Consiglio di sicurezza la possibilità di far fronte rapidamente ad un eventuale attacco dall'esterno. Il signor Mosely ha dichiarato che il Governo degli Stati Uniti intende fermamente rendere efficace il sistema di sicurezza previsto dall'O.N.U.

Il signor Mosely ha molta fiducia nell'avvenire economico del Territorio. Circa il governatore e le sue attribuzioni, Mosely ha convenuto sulla necessità di dare al governatore poteri più ampi e non limitati dall'Assemblea del Territorio in modo da permettere al funzionario neutro di intervenire in eventuali conflitti tra le diverse nazionalità.

Il signor Mosely ha mostrato molta comprensione per le questioni inerenti all'esodo degli italiani dalla penisola istriana, riconoscendo che l'abbandono dell'lstria è la parte più dolorosa del compromesso deciso dai Quattro. Alla richiesta se sia possibile un'estensione

1 Trasmesso con Telespr. 06994/1943 di Soragna del 26 luglio.

del Territorio verso sud, Mosely ha detto che la proposta americana la prevedeva, ma il compromesso ha portato alla linea francese.

Il signor Green, consulente politico deli'A.M.G. di Trieste, che era presente alla conversazione, ha intrattenuto Relli sulla questione della rappresentazione popolare nel periodo transitorio dali'A.G.M. alle elezioni. Relli ha suggerito di mantenere l'amministrazione attuale (Consiglio di zona e Consiglio municipale) con l'eventuale inclusione di rappresentanti della minoranza slava.

Nel complesso i rappresentanti americani hanno mostrato di capire la gravità delle decisioni prese soprattutto per l'Istria, ma hanno spiegato le decisioni stesse con la necessità di risolvere il problema mediante un compromesso che facilitasse la conclusione della pace. Circa il tracciato della linea francese nella città di Gorizia essi hanno ammesso che dovranno esser fatte delle correzioni favorevoli all'Italia. In tal senso gli americani avrebbero già indicato un tracciato più ad oriente per circa due chilometri.

ALLEGATO Il

COLLOQUIO DELL'ON. BETTIOL E DEL CONSIGLIERE RELLI CON I RAPPRESENTANTI DI FRANCIA E DI GRAN BRETAGNA NELLA COMMISSIONE SPECIALE PER TRIESTE, WOLFROM E WALDOCK

VERBALE 1 . Parigi, 25 luglio 1946.

II sign. Wolfrom dice di aver preso visione delle memorie presentate alla Commissione dalla delegazione giuliana e di aver visto che chiediamo la smilitarizzazione del confine. Egli osserva che questa richiesta non potrà avere una risposta favorevole poiché la Jugoslavia è un Paese vincitore ed alleato. In relazione alle preoccupazioni per la sicurezza del territorio il sig. Wolfrom si dichiara fiducioso del sistema previsto dall'O.N.U. ed afferma che un'eventuale aggressione jugoslava non è prevedibile dato che creerebbe un incidente di portata mondiale. Egli ammette però che una difesa strategica è impossibile e che un colpo di mano non potrebbe essere impedito nemmeno da forze ingenti dislocate nel Territorio, ciò che a suo avviso non sarà nemmeno possibile.

Circa l'estensione del Territorio egli non pensa che si potrà ottenerla sebbene ci fosse una proposta in tal senso da parte inglese. Egli ammette che la linea francese non è l'ideale e dice che lo stesso signor Bidault ha riconosciuto questo fatto in diverse sue memorie. La soluzione però è dovuta ad un compromesso e pertanto era la sola possibile. Rispondendo all'obiezione circa il sacrificio degli italiani nell'Istria, il signor Wolfrom osserva che purtroppo l'Italia ha combattuto nel campo avverso e deve pagare gli errori della politica fascista: per conservarle il confine settentrionale si è dovuto tagliare ad oriente. Wolfrom sminuisce l'importanza strategica dei confini ed osserva a questo proposito che non ha capito l'esagerata reazione italiana per Briga e Tenda che, a suo dire, non furono mai considerate posizioni strategiche dai francesi (sic).

Circa i confini di Gorizia, Wolfrom si attribuisce il tracciato e pensa che la città dovrebbe guadagnare diventando una città di frontiera. Egli è d'avviso che l'economia della città guardi al Friuli, mentre le valli potranno soffrire economicamente. Alle obiezioni fattegli con carte alla mano egli si dichiara però convinto e disposto ad una rettifica verso oriente sulla base delle proposte americane. Circa gli impianti elettrici dell'Alto Isonzo considera difficile conservarne la proprietà ma ha fiducia nelle garanzie per le forniture che saranno incluse nel trattato di pace.

Wolfrom ammette che il principio etnico sia stato violato in seguito alla creazione del Territorio Libero di Trieste ed è d'avviso che l'Italia possa chiedere un compenso nell'Alto Isonzo. Soggiunge anzi che la delegazione francese sarebbe disposta ad appoggiare tale richiesta.

l Trasmesso con Telespr. 06994/1943 di Soragna del 26 luglio.

Wolfrom chiede a Bettiol se Monfalcone soffrirà per il distacco del cantiere da Trieste dove risiede la sua direzione. Bettiol spiega che ciò non comporta difficoltà per il cantiere e la sua attività che fu potenziata notevolmente dall'Italia.

In conclusione il signor Wolfrom prevede lunghe e penose discussioni per lo statuto e crede che il Territorio Libero non nascerà facilmente né in breve tempo.

* * *

L'onorevole Bettiol esprime al rappresentante inglese le preoccupazioni dei triestini per la sicurezza del Territorio. Il signor Waldock dichiara che il Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. assume questo compito ed è fiducioso che esso saprà adempierlo adeguatamente. Non crede che da parte jugoslava si possa o voglia provocare incidenti che comporterebbero la messa in moto di tutto il sistema di sicurezza dell'O.N.U. A tal fine da parte inglese s'intende precisare le funzioni e la posizione del governatore in modo che egli abbia prerogative che permettano un suo intervento rapido per evitare conflitti od incidenti. Il signor Waldock fa capire che tale problema sarà strenuamente difeso dal rappresentante inglese. Circa il Territorio, Waldock non crede possibile estenderlo pur ammettendo alcune correzioni alla linea in !stria. Ricorda che il ministro Bevin preparò un progetto per l'estensione fino al Leme ma nella decisione del luglio il progetto non fu adottato.

Alla richiesta se lo statuto comporterà delle garanzie per gli italiani che rimangono in territorio jugoslavo, il rappresentante inglese dichiara che le garanzie sono comprese nel trattato di pace ed afferma che ci sarà tempo sufficiente per l'esodo. Soggiunge però testualmente: «Comunque sarà saggio che essi partano a tempo».

Il sig. Waldock chiede se il Governo italiano sarà disposto di continuare in avvenire a conservare legami commerciali e finanziari con il Territorio. L'on. Bettiol risponde che in linea di principio il Governo italiano certamente agevolerà tali legami ma ciò dipenderà soprattutto dall'effettiva vitalità politica ed economica del Territorio stesso.

L'on. Bettiol e Relli hanno tratto l'impressione che il delegato inglese fosse piuttosto pessimista per la soluzione internazionale di Trieste e la considerasse un necessario compromesso per evitare insuccessi maggiori alla prossima Conferenza della pace. Il sig. Waldock non ha nascosto la sua simpatia per una soluzione italiana del problema triestino, ma ha dichiarato che i suoi sforzi in seno alla Commissione non hanno ottenuto il successo che egli sperava.

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L'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUCAREST, GERBORE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 13451/076. Bucarest, 25 luglio 1946 (per. il 2 agosto).

Telegramma ministeriale n. 80 1•

Come appare dalle clausole già preparate del trattato di pace con la Romania (vedi mio telespresso n. 1625/699 del 24 luglio) 2 la formula prescelta per l'esenzione dalle espropriazioni e dalla liquidazione dei beni romeni nei territori dei Paesi alleati è quella «di coloro che sono autorizzati a risiedere» su tali territori.

l Vedi D. 32. 2 Non pubblicato.

È probabile che tale formula sia modellata sopra uno «standard» comune a tutti i trattati, e che l'eccezione in favore dei beni degli italiani stabiliti in Romania e nel quadro delle cessioni all'U.R.S.S. a titolo riparazioni sia redatta in simili termini.

Mi permetto d'attirare l'attenzione di codesto ministero sui pericoli insiti in tale formulazione per quanto riguarda questo Paese. Essa infatti metterebbe gli italiani ed i loro beni alla mercè di organi la cui influenzabilità ci è troppo nota. Sarebbe pertanto opportuno ottenere in sede di Conferenza che la redazione della clausola fosse tale da stabilire un'eccezione in favore di quegli italiani che al momento della firma del trattato di pace sono domiciliati in Romania da almeno tre anni.

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L'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUCAREST, GERBORE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 13452/077. Bucarest, 25 luglio 1946 (per. il 2 agosto).

Il ministro dell'educazione nazionale Voitec manifesta delle incertezze circa la possibilità di assumere la legazione di Romania presso il Governo italiano. Ciò esclusivamente -per preoccupazioni di partito.

Effettivamente, il signor Voitec è oggi l'esponente più serio ed autorizzato del partito socialista ufficiale, e se, cedendo alle attrazioni di una vita più facile, egli abbandonasse la politica attiva, la social-democrazia romena finirebbe col gravitare intorno ad elementi meno responsabili. Queste considerazioni trattengono il signor Voitec. Intanto egli fa rimandare ogni decisione intorno alla legazione romena, e si riserva di precisare i suoi propositi soltanto dopo le elezioni romene e la Conferenza della pace. Ha detto a persona di sua e mia fiducia che, qualora fosse obbligato a rinunciare definitivamente alla missione diplomatica in Italia, farebbe in modo che essa fosse affidata ad un membro del partito socialista, amico dell'Italia e suo personale. Il signor Voitec non ha fatto alcun nome, ma la formula scelta lascia credere che egli possa pensare al prof. Iorgu Iordan, attualmente ambasciatore a Mosca, che di quel posto non è troppo soddisfatto.

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IL CONSOLE GIUSTI DEL GIARDINO AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. PERSONALE. Venezia, 25 luglio 1946 (per. il 7 agosto).

Oggi a Trieste ho visto l'ing. Gandusio, il quale mi ha detto che -secondo informazioni degne di fede avute confidenzialmente in ambienti responsabili britannici -il Governo del Regno Unito sarebbe assai desideroso di conoscere quale

sarà la decisione che la nostra delegazione potrà accettare alla Conferenza dei

Ventuno nei riguardi del problema giuliano.

Al Governo anzidetto consterebbe che la posizione di Kardelj sia a Belgrado piuttosto incrinata, in quanto lo si accuserebbe di avere assunto un atteggiamento troppo intransigente e senza possibilità di sbocco e che pertanto ambienti jugoslavi della Venezia Giulia starebbero facendo pressioni su Belgrado perché, pro bono pacis, si accettasse il principio del «Territorio Libero di Trieste» purché allargato con l'inclusione di Gorizia e Monfalcone.

Da parte britannica ci si renderebbe conto che tali proposte jugoslave non potrebbero da noi essere prese in considerazione che se ad un allargamento a nord ne corrispondesse uno nell'Istria, che naturalmente comprendesse Pala, che è la preda che soprattutto l'Ammiragliato meno vorrebbe vedere cadere in mani jugoslave.

Secondo le informazioni del Gandusio -i cui rapporti con certi ambienti britannici avverrebbero sotto l'ampio manto della Massoneria -Londra appoggerebbe a Parigi le richieste di allargamento del «Territorio Libero di Trieste» fatte da Belgrado per Gorizia e Monfalcone e da Roma per l'lstria.

È mia opinione che ogni allargamento dello Stato in parola -per quanto allettante possa apparire la prospettiva di includervi i nostri fratelli dell'Istria debba molto attentamente essere studiata non solo dal punto di vista della composizione etnica, ma anche e soprattutto tenendo conto delle presumibili inclinazioni politiche delle popolazioni: non dimentichiamo, ad esempio, che molte migliaia di italiani del Monfalconese voterebbero per Tito e ben pochi slavi per noi.

Se lo Stato di Trieste dovesse allargarsi, dovremmo pretendere tutte le cittadine istriane -Albana inclusa -e Lussino, in modo da controbilanciare i titini di razza

o di fede che verrebbero inclusi nel basso e nell'alto Isonzo, perché se la «creazione» dei Quattro non dovesse essere retta da organi elettivi sicuramente italiani, in pochi anni essa diventerebbe, in una maniera o nell'altra, la settima Repubblica federale jugoslava e noi perderemmo in tale eventualità non solo l'Istria e Trieste ma anche il Friuli orientale e avremmo una frontiera altrettanto cattiva di quella del '66.

Anche l'idea di chiedere plebisciti, che affiora di continuo e pure in ambienti di un certo rilievo, va accolta con ogni riserva, perché non vorrei che molto amare sorprese potesse riservarci il credere quello che si spera specie quando i più accesi sostenitori del plebiscito sono gli istriani al di là del Quieto, i quali vedendosi perduti sarebbero pronti a correre dei rischi anche se le probabilità di successo fossero minime.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 12906-12933/414-418. Mosca, 26 luglio 1946, ore 1,50 (per. ore l l).

Parlandomi questione Tenda Briga Vyshinsky mi ha detto che delegazione sovietica, dopo essere riuscita difendere nostro punto di vista per Alto Adige, non poteva mostrarsi intransigente di fronte pressioni anglo-americane e di fronte referto commissione esperti: riteneva avere sufficientemente difeso nostri interessi economici con apposite stipulazioni: il resto avrebbe dovuto venir fuori da accordi diretti italo-francesi. Gli ho fatto osservare che era necessario che stipulazioni trattato dovevano essere ben precise su questo punto altrimenti Francia avrebbe cercato eluderle. Sono tornato a fargli presente nostro punto di vista sulla questione. Mentre mi ha detto chiaramente che ogni possibilità revisione assegnazione territoriale era esclusa, mi ha promesso che nostre proposte concrete, dirette salvaguardare nostri interessi economici da noi presentate alla Conferenza, avrebbero avuta massima considerazione da parte sovietica.

Ho fatto presente a Vyshinsky che, a quanto ci risultava, trattato di pace conteneva serie limitazioni nostra sovranità giuridica, economica, militare. A sua osservazione ho detto che se noi potevamo ammettere qualche giustificata richiesta garanzie contro possibilità nostri ritorni aggressivi, non potevamo riconoscere diritto mantenerci in eterno in posizione di inferiorità: secondo me, clausole dovevano essere senz'altro previste solo per un certo determinato periodo, oppure almeno ammettere data fissa loro revisione in vista consolidamento nostro regime democratico. Gli ho detto che in fondo non esiste regime democratico il quale garantisca assolutamente possibilità ritorno fascisti in nessuno Stato del mondo. Il giorno in cui democrazia italiana fosse stabilizzata quanto lo erano altre democrazie Italia aveva tutto il diritto di diventare Stato come tutti gli altri senza marchi di inferiorità. Mi ha detto che alcune clausole militari sono già limitate nel tempo: per esempio nostro divieto nuove costruzioni navali è limitato 1950. Uniche clausole permanenti sono quelle come demilitarizzazioni miranti rendere impossibile rinnovate aggressioni. Gli ho detto che anche questo poteva essere ammesso solo per periodo limitato, che non eravamo stati noi solo aggressori e anche noi avevamo il diritto nostra sicurezza. Mi ha risposto che tesi sovietica era sempre stata, e resta ancora, che con ingresso ex nemici Nazioni Unite ogni distinzione fra Stati vinti e Stati vincitori doveva cessare. Una volta stabilito questo principio sarebbero state Nazioni Unite che avrebbero dovuto trovare formula trasformazione abolizione clausole trattati pace. Gli ho fatto osservare che affermazione di principio, in vista precedenti, non bastava e che ci voleva definizione più precisa nel tempo. Mi ha detto che avrebbe riferito mio punto di vista Governo sovietico.

Richiamandomi precedenti dichiarazioni Governo sovietico ho detto Vyshinsky che da noi si era preoccupati per fatto che fino ad ora nulla era stato precisato circa momento in cui saremmo stati chiamati discutere trattato di pace. Pur comprendendo che, date disposizioni prevalenti, tutta Conferenza Ventuno non era che formalità, se non si voleva che trattato di pace fosse Diktat bisognava almeno ammettere che Italia fosse chiamata fare sue raccomandazioni prima che testo diventasse definitivo, in modo da avere almeno speranza che di esse fosse tenuto qualche conto. A sua osservazione ho detto che noi eravamo stati chiamati esprimere nostro punto di vista solo su determinate questioni; che trattato doveva essere considerato nel suo insieme; e che, soprattutto, noi non eravamo stati chiamati, nonostante richiesta sovietica, esprimere nostro parere su tutto complesso questioni economiche finanziarie pure di importanza decisiva per noi. Vyshinsky mi ha detto che Governo sovietico sostiene punto di vista che ex alleati Germania, e specialmente Italia, non debbano essere trattati puramente semplicemente come nemici e che quindi, pur non potendo impegnare Governo sovietico, riteneva giusta mia osservazione circa opportunità che noi fossimo chiamati fare nostre raccomandazioni prima che testo trattato fosse definitivo. Essendo questa mia richiesta in armonia con linea politica seguita Governo sovietico, riteneva che da parte russa sarebbe stata fatta proposta in questo senso. Mi avvertiva però che nulla poteva garantire circa probabilità possibilità che questo punto di vista fosse accettato anche da altre Grandi Potenze.

Ho parlato a Vyshinsky nel senso prescrittomi telegramma di V.E. n. 10061 1• Mi ha detto che direttive sovietiche restavano quelle risultanti da dichiarazioni Molotov e da Dekanozov e cioè:

l) diritto a riparazioni doveva essere riconosciuto solo Paesi che avevano sofferto danni precisi per nostra azione di guerra e dopo riconoscimento danno sofferto;

2) che nostre riparazioni dovessero costituire solo piccola percentuale danno realmente sofferto. In pratica mi ha precisato soli Paesi che hanno diritto ancora chiedere riparazioni dall'Italia in misura da stabilirsi sono Francia, Jugoslavia, Grecia, Albania, Etiopia. A mia richiesta se riparazioni russe essendo state soddisfatte da parte sovietica si sosteneva principio che riparazioni Jugoslavia, Albania, Grecia dovessero essere contenute limiti 200 milioni dollari, mi ha detto che estimazione russa resta, ma che avendo russi accettato principio che questione deve essere discussa Conferenza Ventuno, in base principi di cui al punto l, poteva essere che Paesi che avevano sofferto potessero dimostrare che danni sofferti fossero maggiori e per conseguenza estimazione sovietica troppo bassa. A mia osservazione mi ha detto che cifra complessiva 300 milioni dollari avrebbe potuto diventare impegno russo verso Italia a suo tempo, ma che noi non avevamo fatto nulla a questo scopo. Per quanto riguarda richieste pretese altri Stati mi ha confermato che linea Governo sovietico resta immutata: chi chiede riparazioni deve dimostrare averci diritto e in che misura: che era evidente che U.R.S.S. che aveva ridotto a proporzioni quasi simboliche sue riparazioni avrebbe sostenuto necessità che altri Paesi facessero altrettanto. Mi ha fatto però osservare che Governo sovietico non era solo a decidere e, viste necessità compromesso, non poteva assicurarci di essere in grado fare trionfare suo punto di vista. Molto dipendeva da atteggiamento che avrebbero assunto in proposito anglo-americani. Dichiarazioni Vyshinsky non modificano punto di vista da me espresso nel mio telegramma 402 2 .

A mia richiesta Vyshinsky mi ha detto che rinvio questione colonie non significa che Governo sovietico abbia cambiato suo punto di vista che mandato colonie italiane prefasciste (mi ha specificato che si tratta tutte ex colonie non solamente

I Con T. 10061/c. del 28 giugno. diretto per corriere anche a Londra. Parigi e Washington, De Gasperi aveva riassunto i punti fondamentali e le conseguenze della posizione sovietica in materia di riparazioni ed aveva concluso: «Voglia perciò sondare codesto Governo per tentare accertare se possiamo contare su suo appoggio per respingere o quanto meno limitare pretese altri Stati, sulla base delle su esposte prese di posizione dei signori Molotov e Dekanozov».

2 T. 12637/402 del 22 luglio, non pubblicato, conteneva la prima risposta al T. 10061/c.

IO

Tripolitania) dovrebbe essere affidato a Italia. Mi ha detto però, riferendosi solita necessità compromesso, che naturalmente non si poteva escludere che Unione Sovietica non aderisse altra soluzione che suo avviso si mostrasse corrispondente principio giustizia non solo nostri riguardi ma nei riguardi tutto sistema coloniale e non in contraddizione con interessi russi. Mi ha lasciato comprendere che con questo si deve intendere che Russia continuerà opporsi con ogni mezzo a che nostre colonie vengano in forma diretta od indiretta assegnate Inghilterra.

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IL MINISTRO A L'AlA, BOMBIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12979/63. L 'Aja, 26 luglio 1946, ore 13,15 (per. il 27) 1•

Ministro Nenni comunica quanto segue:

«Ho esposto stamane nostro punto di vista a questo mm1stro affari esteri. Ministro affari esteri è stato molto interessato soprattutto dalla questione Trieste. Olanda farà parte commissione speciale trattato di pace con l'Italia e promette esaminare simpaticamente allargamento confini Stato Libero fino a linea americana

o britannica. Stasera vedrò presidente del Consiglio al pranzo offertomi dal ministro degli affari esteri. Quest'ultimo ha accennato, senza particolare insistenza, piccolo conto riparazioni con l'Olanda».

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GIOLITTI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 11567 /c. Roma, 26 luglio 1946, ore 19.

(Per Mosca) Ho telegrafato Washington Londra e Parigi quanto segue: (Per tutti) In vista prossime discussioni Conferenza Parigi circa riparazioni italiane Jugoslavia, pregasi prospettare codesto Governo situazione principali attività industriali italiane site territorio jugoslavo e Venezia Giulia, le quali sono state per quasi totalità sequestrate e nazionalizzate. Questo Governo intende sostenere energicamente tesi che, fatta ogni riserva sulla legittimità degli atti di espropriazione adottati da autorità jugoslave, in ogni

l Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

caso le espropriazioni devono comportare pagamento di giusto indennizzo, da computarsi nell'ammontare delle riparazioni che fossero messe a carico dell'Italia. Si ritiene massima importanza che qualcuna delle Nazioni facenti parte Conferenza si disponga sollevare e sostenere predetta tesi fondata stretta legalità.

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IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 12991/875. Londra, 26 luglio 1946, ore 19,30 (per. ore 8 del 27).

In Camera Comuni non molto affollata si è svolto iersera dibattito su nota mozione circa Alto Adige. Esposizione conservatore Boothby, integrata da dichiarazioni altri due conservatori, tre laburisti e due indipendenti, è stata condotta in base solite argomentazioni: chiara appartenenza etnica all'Austria, brutale politica fascista nella regione, intimidazione del 1939 per trasferimento popolazione, recente immissione 70 mila italiani, malefatte divisione Folgore e ritorno Tolomei, abbandono principi Carta Atlantica non essendosi consultata volontà popolare, irrilevanza motivi strategici, Boothby concludeva che, se impossibile annullare decisioni Parigi, Bevin dovrebbe chiedere che Alto Adige sia sottoposto per un certo numero di anni controllo internazionale, rinviando definitiva soluzione a quando passioni siano calmate.

Dichiarazioni dissenzienti: laburista Ben Levy non potersi staccare regione dall'Italia senza plebiscito; conservatore Radclyffe validità argomenti economici e strategici per l'Italia: situazione etnica non così tragica come qualcun deputato pensa. Conservatore Macmillan ha poi messo in evidenza generose assicurazioni Governo italiano per annullamento effettivo brutale politica Mussolini, ha ammonito non potersi trattare questione isolatamente ma nel quadro generale pace europea basato su unità e riconciliazione e non recriminazioni augurando possa trovarsi soluzione in diretto accordo Italia-Austria.

Bevin ha chiuso il dibattito con lunga esposizione sulle seguenti linee: nonostante Carta Atlantica si sono dovuti accettare, per necessità di guerra, nuovi confini polacchi e trasferimento milioni tedeschi; all'armistizio con l'Italia non vi fu parola di mutilazioni del suo territorio; anziché insistere concetto indipendenza bisognerebbe adottare quello interdipendenza tra Nazioni e migliore soluzione sarebbe unione doganale e commerciale fra l'Italia e l'Austria («Anschluss con il sud e non col nord»).

In risposta interruzione Boothby precisava quindi tirolesi potranno essere ascoltati alla Conferenza pace ove Ventuno Nazioni non sono chiamate solo per avallare decisioni dei Quattro.

Passando argomento Trieste ha dichiarato aver lottato fino all'ultimo per conservarne italianità pur col dubbio che, se Italia l'avesse ottenuta su basi nazionalistiche, Trieste avrebbe perso importanza sfogo Europa centro-meridionale, rimanendo «parlando in tutta franchezza» esposta, nella sua debolezza, ad attacchi truppe schierate suoi confini, capaci colpo di mano non dissimile da quello di Fiume. Concludeva che giorno in cui italiani avessero seppellito loro sentimenti e slavi deponessero antagonismi razziali, Trieste non come una Danzica ma come porto anseatico avrebbe servito una grande area d'Europa e formato punto d'incontro al servizio interessi italo-jugoslavi.

Dibattito si è chiuso con chiari consensi per Bevin. Invio testo integrale per aereo 1•

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 129811856-857. Parigi, 26 luglio 1946, ore 21 (per. ore 8 del 27).

Trasmetto seguente telegramma Lanza:

«Ho avuto lungo amichevole colloquio con ambasciatore Freytas Valle che accompagna alla Conferenza ministro esteri brasiliano come secondo delegato suo Governo. Sig. Valle è rimasto assai male impressionato dal draft che considera ingiustificatamente duro e cui difettose conclusioni ascrive a incompetenza ed errori commessi da Byrnes. Delegazione brasiliana, ha soggiunto, recasi a Parigi "fermamente decisa a prendere iniziativa ed agire in senso favorevole all'Italia". Qualora, come egli ritiene possibile, Dominions ed Egitto si manifestino in favore completo riesame decisioni dei Quattro (corrente alla quale non esclude U.S.A. medesimi potrebbero finire per fornire loro appoggio), Brasile parteciperebbe tale iniziativa. Nel caso in cui ipotesi precedente non dovesse verificarsi, delegato brasiliano sosterrebbe necessità imporre all'Italia clausole più eque.

Abbiamo insieme riletto draft. Sig. Valle non ritiene possibile in sede Conferenza modifiche nei confronti decisioni per frontiera occidentale, colonie, riparazioni e pertanto considera opportunità localizzare azione Brasile su problema Trieste. In proposito egli mi ha pregato mettere nostri esperti in contatto con delegazione Brasile e fargli conoscere con precisione a suo tempo elementi utili circa via da seguire. Vedendo oggi stesso Dunn, ha promesso avrebbe insistito necessità comprendere zona occidentale lstria nel Territorio Libero e compensare Italia abbandono principi etnici, con zona nord Gorizia. Sig. Valle riporta opinione che timore rifiuto Italia firmare trattato sia molto sentito e considera possibile, da parte nostra, ottenere in diretti negoziati con anglo-americani «formale assicuzione assegnazione mandato su Somaliland ed Eritrea in cambio promessa firmare». Circa problema Alto Adige sig. Valle ha dichiarato francamente che soluzione adottata dai Quattro non gli pareva convincente ed espresso opinione che problema sarà senza dubbio ripreso dalla Conferenza.

l Non pubblicato.

Per quanto conosca da anni ambasciatore come persona cauta e molto bene orientata su problemi europei ritengo che insufficiente conoscenza ambienti Conferenza Parigi possa indurlo ad eccessive speranze su pratiche possibilità azione e soprattutto di risultati positivi in seno Conferenza stessa. Sono certo peraltro che delegazione Brasile, di cui egli è principale consigliere politico, compirà seri tentativi in nostro favore e pertanto provvedo parlo immediatamente in contatto con esperti affinché gli illustrino ampiamente tutti gli aspetti della situazione sui cui dettagli non mi è ancora sembrato perfettamente al corrente».

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 13015/419. Mosca, 26 luglio 1946, ore 22,33 (per. ore 13 del 27).

Da conversazioni avute in questi giorni ho impressione che Quattro Potenze sono sostanzialmente d'accordo nel limitare funzioni Conferenza Ventuno diritto formale presentare raccomandazioni e che avremo loro fronte unico contro qualsiasi tentativo, da qualunque parte esso venga, rimettere in forse decisioni Conferenza quattro ministri esteri. Da parte sovietica si intende comunque mantenersi fermi loro interpretazione comunicato conclusivo Conferenza Mosca circa poteri Conferenza. Da parte americana mi sembra prevalere fretta arrivare conclusione trattati di pace sia per avere terreno libero affrontare grosse questioni Austria, Germania, sia nell'illusione che sgombero esercito russo da territori Europa balcanica danubiana permetta loro inizio azione diplomatica economica tendente scalzare posizioni russe.

Tutto questo rende a mio avviso futile qualsiasi speranza tentativo modificare stipulazioni territoriali per azione nostra o qualche altro Stato che possa levare voce in nostro favore. Osservazioni contro ingiusta soluzione Trieste ce ne saranno certo, ma saranno bilanciate da uguali osservazioni circa ingiusta soluzione frontiera itala-austriaca. Per quanto concerne riparazioni temo che, piuttosto che sperare revisioni nostro favore di quello che già è stato fatto, avremo piuttosto da difenderci, con ben scarsi mezzi, contro appetiti vincitori minori. Per problema colonie, nostre possibilità pur essendo gravemente compromesse, abbiamo comunque anno tempo vedere se e cosa si può fare.

Unico punto su cui è possibile forse ottenere qualche piccolo miglioramento è complesso clausole economiche finanziarie, giuridiche, militari che limitano nostra sovranità indipendenza dopo conclusione pace. Ma anche qui modificazioni possibili adesso sono poca cosa. Quello che invece potremo ottenere (e mi sembra abbastanza importante) è precisa limitazione nel tempo durata queste clausole, là dove essa non è ancora prevista, almeno stabilire data precisa e non troppo lontana in cui si dovrà procedere a loro revisione.

Tutte queste clausole si basano, oltre che su noto concetto pumt1vo, su necessità, in vista nostro recente passato, garantirsi contro possibili ritorni fascismo e nostre nuove aggressioni. Se noi sosteniamo tesi che anche accettando questo principio non si può negare quanto noi abbiamo fatto e stiamo facendo e che non è possibile mettere Italia per sempre in stato inferiorità, ritengo sia difficile negarci fondamento nostre richieste: una volta stabilito questo principio

• si dovrebbe ripeto potere arrivare loro limitazione nel tempo o almeno stabilire data fissa e vicina per revisione. Limitarsi stabilire un vago principio revisione creerebbe per noi situazione analoga quella Germania dopo Versailles con scarsissime probabilità realizzazione. Smith, con cui ne ho parlato, mi ha detto trovare considerazioni giuste e mi ha promesso farà suo possibile perché sia delegazione americana prendere iniziativa in tal senso: Vyshinsky, come V.S. ha visto 1 , non è del tutto contrario.

È evidente che noi non possiamo non continuare protestare anche contro clausole territoriali riparazioni. Ma, in vista situazione, penso sarebbe meglio per noi concentrare nostri sforzi, sia in Conferenza che in possibili azioni al di fuori, su terreno in cui è possibile avere risultati concreti e molto importanti «anche se non tanto appariscenti di fronte opinione pubblica» piuttosto che disperdere nostre ridottissime possibilità azione su tanti altri fronti dove siamo sicuri incontrare decisa volontà non darci retta. Altrimenti rischiamo non ottenere nemmeno quello che «poco o molto» nelle attuali circostanze sarebbe possibile ancora ottenere.

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IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 13013/876. Londra, 26 luglio 1946, ore 23,30 (per. ore 10 del 27).

Colloquio odierno signor Hoyer-Millar mi ha detto:

l) É intenzione Bevin Italia conosca al più presto testo trattato di pace preparato dai Quattro. Egli ha semplicemente richiesto che delicata comunicazione venga fatta dai Ventuno all'apertura lavori. Jebb, che parte oggi Parigi, avrà precise istruzioni e informerà nostra delegazione.

2) Ha destato penosa impressione al Foreign Office passivo atteggiamento delegati italiani chiamati per statuto Territorio Libero Trieste, contrastante con costruttivo contenuto osservazioni e proposte delegazione jugoslava. Ho ribattuto ragioni esposte appunto lasciato a Sargent e trasmesso codesto ministero con telespresso 15642 aggiungendo che V.S. si sarebbe compiutamente espresso a Parigi

I Vedi D. 68. 2 Telespr. 4697/1564 del 20 luglio, non pubblicato, ma vedi D. 13.

su questo argomento dopo aver avuto integrale visione trattato di pace cui disposizioni sono interdipendenti. 3) Circa segnalazione di cui al telegramma 11336 1 mi è sembrato al corrente. Si è riservato di controllare da sue fonti e riprendere argomento.

4) Tanto lui che Jebb mi hanno espresso convinzione che lavori trattato Italia prenderanno alcune settimane, si ché V.E. avrà ampio termine esaminare preventivamente trattato.

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COLLOQUIO DEL CONSIGLIERE RELLI CON IL RAPPRESENTANTE DELL'U.R.S.S. NELLA COMMISSIONE SPECIALE PER TRIESTE, GURDINEVSKY

Parigi, 26 luglio 1946.

Il consulente giuridico della rappresentanza sovietica nella Commissione speciale per Trieste ha ricevuto Relli all'ambasciata sovietica. Relli ha accennato al problema della sicurezza del Territorio, ai problemi economici in generale ed ai pericoli di una snazionalizzazione del Territorio.

Per la sicurezza il prof. Gurdinevsky si è riferì t o alle disposizioni de Il 'O.N.U. esprimendo la fiducia che il nuovo sistema sia più efficace per la pace generale di quello della S.d.N. Alla richiesta se il progetto sovietico contenesse dei particolari pratici circa le forze militari che devono garantire il Territorio, il rappresentante sovietico ha evitato di rispondere. Egli ha tuttavia assicurato che le preoccupazioni dei triestini circa la sicurezza e la snazionalizzazione saranno benevolmente esaminate dai delegati sovietici e dovranno trovare la loro soluzione nell'accordo delle quattro delegazioni sullo statuto.

Il delegato sovietico ha quindi chiesto a Relli se il Territorio potrà vivere economicamente ed ha ammesso che la vita del porto dipende dall'hinterland e non soltanto dal territorio jugoslavo. Egli ha osservato scherzosamente che la monarchia austro-ungarica avrebbe dovuto risorgere per dare a Trieste la sua vera funzione. Accennando alla proclamazione di una zona franca in tutto il Territorio, il delegato sovietico ha detto che Trieste diverrebbe un paradiso terrestre.

Il delegato sovietico ha chiesto alcune precisazioni circa la composizione etnica del Territorio riconoscendo apertamente sia la maggioranza del 75% di italiani che il carattere nettamente italiano della città. Egli ha tuttavia domandato a Relli se esistano in città altre correnti politiche che auspicano una soluzione diversa da quella esposta dalla delegazione italiana. Relli ha risposto che tali correnti non rispondono né alla volontà della maggioranza della popolazione né all'effettivo benessere del Territorio. Ad esempio la corrente dell'indipendenza del Territorio ignora le difficoltà politiche ed economiche che una tale soluzione comporterebbe.

l Vedi D. 54, nota l, p. 59. 2 Trasmesso con Telespr. 06994/1943 di Soragna del 26 luglio.

Relli ha sottolineato la necessità per l'O.N.U. di provvedere al sostentamento di questo suo primo pupillo che non potrà certamente vivere da solo. Il delegato sovietico ha promesso di informare la sua delegazione di quanto Relli ha esposto e si è riservato di chiedere eventuali spiegazioni su alcuni dettagli.

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L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, FRANSONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13063/223. Bruxelles, 27 luglio 1946, ore 20,30 (per. ore 6 del 28).

Trasmettesi seguente telegramma a firma ministro Nenni:

«Ministro Spaak ha accolto con molta simpatia nostro punto di vista, convinto successo nostra tesi nel quadro deliberazioni di ordine generale prese dai Quattro. Consiglia negoziati diretti con Francia per questione frontiera occidentale e con Inghilterra per rinvio questione coloniale. Ritiene difficile ottenere ritiro proposte statuto internazionale Trieste ma possibile portarne confine linea britannica. Stima utile da parte nostra prendere contatti governi Australia, Africa del Sud, Canadà, Nuova Zelanda. Aiuterà in questo senso. Ritiene possibile ammissione Italia O.N.U. sessione settembre».

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L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, REALE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13109/228. Varsavia, 28 luglio 1946, ore 10,10 (per. ore 9,30 del 29).

Mio telegramma 2171.

Vice ministro Modzelewski che partirà per Parigi domani, mi ha intrattenuto ieri sui lavori Conferenza che prevede lunga e inattiva e dalla quale uscirà, secondo lur, una pace zoppicante che non accontenterà nessuno e che si può prevedere tutt'altro che stabile. Ho ripetuto ancora una volta a Modzelewski punto di vista italiano sulle varie questioni, soffermandomi particolarmente su quelle delle frontiere, riparazioni e colonie.

Modzelewski è d'avviso Conferenza potrà modificare di poco questioni di dettaglio decisioni dei Quattro sulle quali non ritiene sia possibile tornare senza riporre tutto in discussione e correre pericolo di mandare a monte Conferenza.

I Non pubblicato: riferiva sulla prossima partenza per Parigi della delegazione polacca alla Conferenza della pace.

Circa questione Venezia Giulia è dell'opinione che la soluzione trovata dai ministri esteri, anche se non felice, è la sola che potesse permettere di raggiungere un'accordo: circa riparazioni egli ritiene che non sarebbe giusto da parte dell'Italia negare all'U.R.S.S. e alla Jugoslavia somme relativamente modeste in risarcimento dei danni effettivamente recati quando agli inglesi e americani sono stati già versati, a titoli diversi, centinaia di miliardi: quanto a colonie, se la questione, che è stata rinviata all'anno prossimo venturo, sarà posta in discussione, Polonia si opporrà a che esse vadano all'Inghilterra e sosterrà le proposte sovietiche per un mandato collettivo con la partecipazione dell'Italia. Passando a parlare dell'atteggiamento Polonia riguardo pace con l'Italia, Modzelewski mi ha chiarito definitivamente che la Polonia, pur non avendo mai dichiarato la guerra all'Italia, ritiene di essere stata effettivamente in stato di guerra con essa, e per aver preso parte alla Conferenza di Saint James e per la partecipazione truppe polacche alle operazioni militari nell'Africa del Nord. Polonia però non chiederà all'Italia indennità o riparazioni di sorta ma si limiterà a chiedere, come chiederà del resto alle altre belligeranti Nazioni con cui firmerà pace, cancellazione debiti anteguerra. Sulle varie questioni del trattato di pace, essendo l'Italia diventata intanto democratica e repubblicana, Polonia cercherà appoggiarla perché le condizioni siano il meno possibile dure e in ogni caso da permettere al Governo di coalizione di firmare trattato di pace. Modzelewski, ha concluso che si intratterrà volentieri con Nenni (telegramma ministeriale 159) 1 , che ha già conosciuto a Londra e per il quale ha la più grande stima e simpatia personale.

78

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13129/100. Nanchino, 28 luglio 1946, ore 15,50 (per. ore 18,45 del 29).

Mio 942 .

Questo Ministero esteri sembra sinceramente desideroso giungere sollecitamente conclusione accordo diretto in atmosfera reciproca amicizia, facilitato in ciò da assenza dottor Wu, direttore affari europei, cui xenofobia è nota. Anche se accordo, per ristrettezza tempo od altri motivi indipendenti nostra volontà, non potesse essere concluso qui, atteggiamento nostri riguardi della delegazione cinese Parigi e di questo Governo qui, con tutte possibili conseguenze anche per sorte proprietà italiane in Cina, sarà certo influenzato da nostra reazione a quelle richieste che hanno per cinesi maggior valore sentimentale, oltre che pratico, e rispetto alle quali nostra risposta sarà quindi considerata più significativa. Ciò non vuoi dire che nostra accettazione determinerà necessariamente atteggiamento attivamente favorevole delegazione cinese a Parigi, ma che nostro rifiuto determinerà certamente atteggiamento a noi contrario.

I Non pubblicato. 2 Vedi D. 48.

Alludo a richieste di cui al punto 4 (cessione senza corrispettivo nostre proprietà demaniali nord-Cina con possibile eccezione ambasciata Pechino) e punto 7 (restituzione oggetti d'arte asportati nel 1901). Risposta, che cinesi considerebbero prova amicizia e reale intenzione da parte nostra stabilire rapporti con Cina su basi nuove e durature, sarebbe: «Sebbene cessione proprietà demaniali e restituzione oggetti d'arte rappresentino per noi considerevole sacrificio, siamo disposti farlo per sgombrare terreno tutti ricordi passato». Faccio osservare che retrocessione in blocco concessione Tientsin e caserme Pechino, con tutti edifici e materiali oltre forti Shanghai Kwangtungky senza le restrizioni contenute in accordi precedentemente conclusi con numerose Potenze extra trattato e restituzione oggetti d'arte, rappresenta per questo Governo successo e aumento prestigio di fronte opinione pubblica cui non rinunzierà facilmente. In caso di rifiuto da parte nostra delegazione cinese Parigi si batterebbe per ottenere tale soddisfazione nel trattato di pace, e dubito che solidarietà Potenze extra trattato sia tale far intervenire nostro favore altri Stati. D'altra parte, non sarebbero da escludersi qui misure contro nostre proprietà pubbliche e forse anche private cui non potremmo opporre altro che proteste platoniche. Basandoci su accettazione punti quarto e settimo ritengo sarebbe più facile ottenere modificazioni punti quinto e sesto.

Ho già fermamente espresso questo Governo che non potrei raccomandare nulla che possa significare accettazione da parte nostra principio generale obbligo riparazioni, con conseguenze che trascenderebbero portata nostra accordo con Cina. Tuttavia, pur rendendomi conto gravità sacrificio specie Nanchino e naturale reazione ambienti industriali interessati, ritengo che potremmo spingerei fino a rinuncia nostri prestiti e crediti in Cina (sempreché V.S. non abbia ragione di ritenere che, ove Cina presentasse tale richiesta a Parigi, essa sarebbe respinta dalla Conferenza) motivandola come compenso per danni subiti da cinesi in Italia e per spese internamento italiani in Cina.

Tale formula presenta il massimo che noi qui possiamo chiedere. Ove sia possibile attenerla e V.S. mi telegrafasse di accettarla, mi sforzerei di aggiungervi: l) procedura arbitrale accertamento danni, qualora cinesi sostenessero che loro danni in Italia e loro spese di internamento italiani qui superino ammontare nostri crediti e prestiti rinunciati; 2) garanzia di proprietà private italiane in Cina e di proprietà demaniali non derivanti da trattati ineguali; 3) sollecita conclusione trattato di stabilimento, su cui Governo cinese favorevolmente disposto qualora si addivenga accordo 1•

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L'ON. BETTIOL AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

L. Parigi, 28 luglio 1946 (per. il 3 agosto).

Di fronte ad una nostra richiesta di includere Pola nel Territorio Libero di Trieste gli jugoslavi -da quanto sembra -sarebbero disposti a cedere a condizione che Gorizia e Monfalcone vi vengano pure incluse. A mio avviso noi

I Per la risposta vedi D. 86.

non possiamo accettare tale contro-proposta perché finiremmo per sacrificare altri l 00 mila italiani della provincia di Gorizia e a spostare di più verso occidente il già cattivo confine politico che la linea francese ci riconosce verso la Jugoslavia. Gli jugoslavi sanno che Trieste finirà prima o poi in braccio loro, ed è per questo che accedono all'idea di allargare il Territorio Libero per includervi anche Gorizia. Non ci dobbiamo prestare al loro gioco ed è strano che ci sono degli italiani che non comprendono il pericolo della soluzione. Io non credo alla vitalità del Territorio di Trieste né alla sua sicurezza.

80

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13167/872. Parigi, 29 luglio 1946, ore 22,30 (per. ore 9 del 30).

Trasmetto il seguente telegramma dell'ambasciatore Soragna:

«Nel corso visita che gli resi mattina 27 corrente, ministro affari esteri Brasile mi confermò precedenti assicurazioni da parte suo Paese circa appoggio che delegazione brasiliana Parigi darà, per quanto riuscirà possibile, ai nostri desiderata. Tale scopo domani saranno stabiliti opportuni contatti fra nostri esperti e loro colleghi del Brasile. Ministro affari esteri aggiunse che in discorso apertura intende parlare come d'accordo per equa pace in nome Nazioni sud-americane. Mi ha fatto intendere chiaramente che con tale atteggiamento Brasile non vuole soltanto mostrare amicizia per l'Italia ma anche svolgere speciale politica prestigio interesse proprio Paese».

81

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 13168/873. Parigi, 29 luglio 1946, ore 22,20 (per. ore 9 del 30).

Ministro Nenni comunica:

«Visto oggi Blum e vice presidente Gouin. Vedrò domani presidente Bidault e vice presidente Thorez, nonché ministro Byrnes.

Blum interverrà presso Attlee e Byrnes favore allargamento confini Stato Trieste fino Pola. Piuttosto pessimista circa possibilità ritiro attuali rivendicazioni

francesi Briga e Tenda. Ritiene accettabile nostro punto di vista completo rinvio questione coloniale. Completerò inchiesta presso Inghilterra e Unione Sovietica nonché Polonia e Cecoslovacchia».

82

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. S.N.D. 13243/878. Parigi, 30 luglio 1946, ore 22,15 (per. ore 8,30 del 31).

Comunico seguente telegramma ministro Nenni: «Completato oggi colloqui con ministri francesi vedendo vice presidente Thorez e presidente del Consiglio dei ministri Bidault. Su tre principali questioni presidente Bidault dichiarato:

l) impossibile recedere su questione Briga Tenda, questione da lui ereditata e ridotta proporzioni minime;

2) allargamento fino Pola Stato Libero Trieste soluzione problematica peraltro già prospettata dalla Francia ed alla quale non si opporrebbe se presentata alla Conferenza dei Ventuno;

3) favorevole cancellare trattato clausole concernenti nostra rinunzia diritti in Africa, tanto più perché convinto nostro ritorno Tripoli.

Per questione energia elettrica disposto nel senso più favorevole. Per riparazioni Francia ridotte sue esigenze minimo. Presidente Bidault riafferma sua fiducia rinascita Italia e vitalità sua funzione mediterranea.

Vice presidente Thorez molto più conciliante sia questione Briga Tenda, sulla quale disposto ritornare, sia questione Istria, dove riconosce logico comprendere zona italiana Territorio Stato Libero».

83

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 13279/356. Rio de Janeiro, 31 luglio 1946, ore 12,10 (per. ore 23,30).

Trasmetto seguente telegramma del conte Sforza:

«3. Avuta lunga cordiale conversazione con presidente della Repubblica che concordò pienamente meco quando gli mostrai prestigio che Brasile guadagnerebbe accentuando che esso chiedeva pace migliore per l'Italia non tanto per amicizia per noi, quanto per interesse di una vera pace europea».

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IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 13278/888. Londra, 31 luglio 1946, ore 13,47 (per. ore 23,30).

Contegno della stampa favore Austria per Alto Adige è parlamentarmente irrilevante poiché Camera dei Comuni non si riaprirà che ad ottobre. Sta però di fatto che, nonostante intervento a noi favorevole Macmillan e altri due deputati, maggioranza Camera dei Comuni ci è stata nettamente contraria ed ha avuto ripercussioni anche Camera dei Lords. Correnti a favore Austria sono largamente diffuse opinione pubblica e ambienti politici, tanto conservatori che laburisti. Churchill stesso ha manifestato su proposta Macmillan suo dissenso. Motivi risalgono ad atteggiamento britannico Versailles, contrario inclusione nostri confini minoranza lingua tedesca, a persistente simpatia sentimentale per Austria considerata vittima Hitler, alle considerazioni anticomuniste su cui destre e sinistre si concordano.

Tutto ciò espone Bevin ad una pressione a cui non può essere insensibile ed apre via possibile pericoloso riesame questione. Propaganda austriaca è qui attivissima su terreno fertile ed è evidente si estenderà altri Paesi rappresentati Parigi. Volendo prendere in considerazione ogni eventualità non è da escludere che gruppo Stati minori rivendichino a Parigi diritto modificare decisioni Quattro iniziando manovra punto debole Alto Adige. In questo caso non è improbabile che i Quattro, volendo concedere una soddisfazione, si inducano su questo punto a concessioni cui Bevin sarebbe incoraggiato da opinione britannica e da cui per analogo motivo non sarebbero alieni Bymes (che già era preparato, come dichiarato, a concedere Pusteria) e Bidault.

Non conviene a noi ammettere che questione sia ancora aperta facendo alcune preventive dichiarazioni sul merito, ma parmi indispensabile che nostro Governo controbatta immediatamente accuse fascistica oppressione che sono mosse contro nostra attuale politica amministrativa in Alto Adige.

Mi sono ieri lungamente consultato con McNeil quanto me preoccupato. Parrebbe indispensabile che il Governo italiano controbatta in tempo manovra che potrebbe delinearsi nostri danni indirizzando ai Quattro nota in cui si certifichi notizia su concreta realtà fatti attuali e future intenzioni.

Sul piano immediato occorrerebbe precisare ufficialmente quali sono provvidenze che sarebbero prese per eliminare funzionari fascisti e per garantire anche protezione diritti linguistici, civili, politici della minoranza lingua tedesca, quali i provvedimenti di prossima attuazione per equa riforma opzioni e per concessione effettiva autonomia amministrativa. Farebbe ottima impressione se il Governo italiano provasse la sua onesta buona fede invitando una commissione interalleata constatare sul posto trattamento fatto agli allogeni, che rappresenta esempio unico generosità equità.

Sul piano lunga scadenza occorrerebbe riprendere, con le cautele necessarie ad evitare possibili reazioni in altri campi, suggerimenti apertamente avanzati da Bevin e ribadire nostri propositi riducendo valore divisorio frontiera Brennero, non appena i due Paesi avranno riacquistato la loro piena indipendenza, attuando i più vasti accordi economici intesi solidarizzare due economie complementari.

È certo che simili dichiarazioni, enunciate in termini chiari e impegnativi,

farebbero nel mondo e specialmente in Inghilterra la più favorevole impressione

troncando nettamente tutte le assurde accuse suggerite dalla propaganda austriaca.

Agli effetti inglesi sarebbe consigliabile (e ciò mi è suggerito dagli stessi membri

Parlamento favorevoli e contrari con cui ho avuto in questi giorni ampi contatti)

che Governo italiano invitasse commissione parlamentare inglese (analogamente a

quanto è avvenuto e avvenne in Austria, Grecia ecc.) a visitare l'Italia per informarsi

direttamente sui casi nostri e specificatamente sulle situazioni di fatto in Alto Adige,

frontiera giulia e francese.

Prego V.E. considerare attentamente questo mio suggerimento che in via riservata è condiviso pienamente da Macmillan e da altri parlamentari nostri amici. Esso risponde ad una attuale esigenza psicologica e politica sulla quale personalmente non ho dubbi 1 .

85

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 11788/583. Roma, 31 luglio 1946, ore 16.

Mentre nel preambolo del progetto nostro trattato pace viene fatto esplicito riferimento a nostra dichiarazione e partecipazione guerra Germania, non vi è nessun accenno a nostra dichiarazione guerra Giappone. Codesto Governo -come ella ben sa -insistette a suo tempo perché Italia dichiarasse guerra a Giappone, il che avvenne prima ancora della dichiarazione di guerra dell'U.R.S.S.. Pertanto confidiamo che codesto Governo vorrà ora efficacemente adoperarsi perché ne resti traccia mediante esplicito accenno nel preambolo del trattato. La prego di parlarne opportunamente costF.

86

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA

T. 11790/80. Roma, 31 luglio 1946, ore 21.

Suoi 91, 92, 94, 100 3 .

Nostro desiderio più volte espresso a codesto Governo era stato quello concordare direttamente abolizione privilegi extraterritoriali e retrocessione concessioni

1 Per la risposta vedi DD. 102 e 106. 2 Per la risposta vedi D. 93. 3 Vedi DD. 42, 46, 48 e 78.

e cioè quanto forma oggetto punti l, 2 e 3 telegramma di V.S. n. 92. Siamo tuttora favorevoli detto accordo e conseguente stralcio da trattato di pace articoli relativi a tale materia.

Per quanto concerne questione riparazioni, occorre tener presente che essa sarà trattata da Conferenza dei Ventuno dato che i Quattro non hanno raggiunto alcun accordo in proposito, salvo per U.R.S.S.

Pertanto, salvo risarcimento danni subiti da cittadini cinesi in Italia per quali abbiamo già dichiarato essere disposti a dare risarcimento, sarebbe per noi difficile addentrarci in discussione con un singolo Paese fra l'altro perché ciò costituirebbe pericoloso precedente. Ad ogni buon fine si aggiunge, per notizia di V.S., che Governo italiano non ritiene dover pagare riparazioni a Paesi ai quali, come la Cina, l'Italia non ha arrecato alcun danno di guerra; tanto più che, a quanto si può fondatamente sperare, Conferenza di Parigi non accoglierà richieste riparazioni se non di Paesi europei che hanno subito effettivi danni di guerra.

Lascio pertanto V.S., tenuto presente quanto precede, regolarsi in conseguenza, avendo cura tuttavia evitare che nostre difficoltà accedere seconda parte proposte cinesi possano essere costì inesattamente interpretate.

La informo d'altra parte che articoli trattato pace concernenti Cina riproducono soltanto richieste di cui punti suindicati suo telegramma 92. Diamo istruzioni nostra delegazione Parigi mettersi in contatto con delegazione cinese per sondarne intenzioni ed eventualmente avviare conversazioni dirette 1 . La terremo informata.

87

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 13274/882. Parigi, 31 luglio 1946, ore 21,10.

Trasmetto seguente telegramma ministro Nenni:

«Avuto stamane importante colloquio con Byrnes.

Concordato linea di massima mio viaggio W ashington entro autunno per speciali accordi economici con U.S.A. A questo proposito vedrò a Parigi Clayton.

Su questioni conferenza, Byrnes considerasi legato decisioni Quattro ma non intende limitare nostra libertà d'azione. Esaminerà benevolmente eventuali modifiche trattato proposte Conferenza. Stima difficile modifiche frontiere Stato Libero risultanti compromesso difficilmente raggiunto tesi americana e sovietica. Appoggerà ritiro clausole implicanti rinunzia nostri diritti in Africa.

Da me richiamato importanza fondamentale concessione materie prime e prestito per risollevare economia italiana, promesso suo appoggio.

1 Le istruzioni furono trasmesse con Telespr. 1056 deli'S agosto. Vedi D. 167.

Successivo colloquio con ministro affari esteri Brasile sig. Neves da Fontoura svoltosi atmosfera grande cordialità. In genere disposto presentare e appoggiare nostra tesi alla Conferenza. Richiesti memorandum subito inviati.

Altri appuntamenti fissati domani con ministri esteri Cecoslovacchia e Polonia e con sottosegretario esteri McNeil. Venerdì colloquio con Attlee e Molotov. Conto rientrare domenica. Reputo dovrai essere Parigi metà prossima settimana».

88

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. 1588/891. Mosca, 31 luglio 1946 (per. il 27 agosto).

Le ho già trasmesso per corriere un riassunto delle mie conversazioni con Vyshinsky, Smith e Catroux 1: le ho già ripetuto brevemente per filo le impressioni e le conclusioni che ho tratte da questi colloqui 2 , per quanto concerne le nostre possibilità, sia in sede di Conferenza dei Ventuno, sia in sede di nostre «discussioni» del trattato di pace. Credo opportuno ritornare più ampiamente sull'argomento. Il fatto che V.E. abbia voluto designarmi come delegato politico aggiunto alla nostra delegazione per la Conferenza della pace, rende ancora più necessario, per me, fissare, per iscritto, il mio pensiero circa quello che ancora può essere possibile di fare.

Le conversazioni su cui ho riferito, ed altre minori che ho pure avuto in questo periodo, mi permettono di arrivare alla conclusione che, a meno di qualche imprevisto -è sempre possibile, specialmente fra Stati Uniti e Russia, un improvviso acutizzarsi del conflitto latente per la Germania e l'Austria, che possa avere delle ripercussioni anche sulla Conferenza della pace -i tre grandi sono sostanzialmente d'accordo nel ridurre le funzioni della Conferenza dei Ventuno a poco più che pura forma. Il comunicato conclusivo della Conferenza di Mosca è molto esplicito: la Conferenza dei Ventuno ha il compito di esaminare i progetti di trattati redatti dai ministri degli esteri e presentare delle raccomandazioni. Dopo la Conferenza di Mosca ci sono stati tentativi ripetuti, specialmente da parte americana, di sostenere la tesi che la Conferenza dei Ventuno era l'ente veramente sovrano in materia di pace, e i quattro ministri solo i suoi incaricati. Ma questa interpretazione -evidentemente arbitraria ammesso che le parole abbiano un significato -è stata costantemente respinta dai sovieti, i

1 Si riferisce ai tre rapporti 1528/867, 1529/868 e 1530/869 del 26, 24 e 25 luglio, non pubblicati. Il resoconto telegrafico del colloquio con Vyshinsky è al D. 68.

2 Vedi D. 73.

quali non solo hanno insistito sulla limitata funzione di raccomandare, ma anche sul potere discrezionale dei Grandi di accogliere o meno queste raccomandazioni. Ora su questo argomento, per noi capitale, è bene mettersi bene in testa questo punto: i sovieti non accetteranno mai altra interpretazione che la loro dei compiti della Conferenza: qualsiasi tentativo da parte inglese od americana di ampliare le funzioni della Conferenza non può significare che la rottura della Conferenza stessa. E questo non solo per il naturale desiderio dei sovieti di non rimettere in discussione i vantaggi, non indifferenti, che essi si sono assicurati all'ultima riunione di Parigi, ma anche per non stabilire un precedente. È nota infatti l'offensiva americana contro il diritto di veto all'O.N.U., diretta a trasportare, come una prima tappa su questa via, il centro di gravità dell'O.N.U. dal Consiglio di Sicurezza all'Assemblea generale: i russi, decisi a non mollare su questo punto, almeno per ora, fanno bene attenzione a non ammettere nessun, anche piccolo, precedente che possa costituire una prima breccia nelle loro linee di difesa.

Nel caso particolare, la mia impressione è che ~belle parole a parte ~gli americani, almeno, sono d'accordo con i russi nella sostanza. Secondo me Smith è stato perfettamente sincero con me quando mi ha parlato della fretta americana di concludere la pace per potere, con la pace, ottenere lo sgombero, da parte delle truppe sovietiche, in gran parte almeno, dei Paesi ex nemici. Questo punto di vista, del resto, è stato confermato da Byrnes nel suo radiodiscorso sulla Conferenza di Parigi 1: il diluvio di belle parole umanitarie sul futuro dei Paesi ex nemici, è là solo per mascherare la realtà. Gli americani non sono affatto rassegnati allo stato di cose che si è creato nell'Europa centrale e balcanica: essi pensano, ed entro certi limiti con ragione, che l'ordine di cose attualmente esistente nella maggior parte di questi Paesi sarebbe assai meno solido se esso non avesse, a sostenerlo, il peso dell'esercito rosso e l'influenza della Commissione di controllo. Di qui la conclusione che l'azione americana, diretta a scalzare il monopolio russo, basata su mezzi diplomatici ed economici, non ha che possibilità assai scarse finché essa trova contro di sé il muro dell'esercito russo: di qui anche la necessità, per gli americani, di arrivare alla pace quanto più presto possibile ed a qualsiasi prezzo.

È a questa politica americana balcanica e centro europea che i nostri interessi sono stati sacrificati due volte: una prima volta quando gli americani hanno ritardato, per quasi un anno, la possibilità di concludere la pace con noi, rifiutandosi di trattare, ai fini della pace, con alcuni dei governi messi su dai russi nella loro zona. Una seconda volta adesso quando, accortisi gli americani che la politica da loro seguita, in questo ultimo anno, nei riguardi di alcuni di questi governi, era servita soltanto a rafforzare le posizioni russe, sono giunti alla conclusione che bisognava ottenere la pace a qualsiasi costo, e che per arrivare a questa pace bisognava cedere ai russi tutto quello che essi non erano disposti ad abbandonare.

1 Vedi D. 9.

Il

Questo duplice sacrificio dei nostri interessi alla politica americana nei Paesi danubiani e balcanici, sacrificio che in un caso come nell'altro non è stato potuto modificare da tutte le nostre insistenze né dai nostri argomenti, dovrebbe, fra l'altro, aprirci gli occhi e permetterei un più giusto apprezzamento di quello che, oggi, l'Italia vale agli occhi degli Stati Uniti.

Come che sia, dato questo, è evidente che anche gli Stati Uniti non hanno nessun interesse a che il risultato raggiunto alla Conferenza di Parigi venga rimesso in forse. Potranno, probabilmente, fare, o piuttosto far fare, qualche tentativo in questo senso, più che altro per vedere se e fino a che punto i russi sono disposti a lasciarsi influenzare da uno schieramento di opinione pubblica, rappresentata da una maggioranza in senso alla Conferenza: ma di fronte ad un atteggiamento reciso russo si affretteranno a mollare. Perché infatti gli americani si potessero indurre a ritornare sulle decisioni di Parigi e rimandare di ancora qualche mese la conclusione della pace, bisognerebbe che essi si persuadessero che le speranze che essi pongono nella situazione, a loro favorevole, che dovrebbe creare, in questa zona, la pace, sono illusorie. Ma per persuaderli di questo, non servirà che il tempo e l'esperienza. Per salvare capra e cavoli, Byrnes ha coniato una di quelle belle frasi, vaghe e inconcludenti in cui gli americani sembrano specializzarsi: «The members of the council are committed, in drafting the final texts ... to consider the recommendations of the conference and not to reject any of them arbitrarily». Frase magnifica non c'è che dire, ma che cosa significa, in pratica?

Bevin, rispondendo ad una interrogazione sull'Austria, è arrivato fino a dire che la Conferenza può disfare gli accordi dei quattro ministri: ma non ho l'impressione che gli inglesi, anche se, forse, in cuor loro, hanno molti misgivings sui possibili risultati della politica danubiana e balcanica dell'America, siano disposti, essi soli, a dar battaglia a russi ed americani per difendere i diritti sovrani della Conferenza generale.

Quanto ai francesi, si può essere sicuri che essi dedicheranno tutta la loro abilità a trovare formule conciliatorie, il cui scopo è quello di provare al mondo, ma soprattutto a se stessi, che la Francia conta ancora qualche cosa nella grande politica.

Questo per quanto riguarda la Conferenza dei Ventuno: per quanto riguarda noi, ossia la fase discussione nostra del nostro trattato, spero bene che ormai non ci sia da noi più nessuno che non si renda conto che il massimo che noi possiamo sperare ci sia concesso, è di essere ammessi, in una fase X, alla Conferenza dei Ventuno, con qualcuno di quei dettagli umilianti di protocollo che, nei nostri tempi civili, hanno sostituito, per i vinti, il sacco e la cenere del barbaro medioevo, con il diritto di fare, anche noi, delle raccomandazioni. Ma non possiamo sperare in niente di più. Bisogna quindi che noi ci rassegniamo a questa realtà: per i tre gruppi di questioni realmente importanti: i nostri confini, le colonie e le riparazioni, tutto quello che potremo tentare di fare noi, sia direttamente, sia per il tramite di paesi, ammesso che all'atto pratico ce ne siano, che si prestino a dire una buona parola per noi, è, a priori, destinato all'insuccesso.

Per le colonie c'è un anno di tempo: si vedrà in questo anno se c'è ancora qualche cosa da fare: se è esatto che il trattato di pace dice che fra le Potenze cui potrà essere affidato il mandato dell'O.N.U. c'è anche l'Italia, questo è il massimo che possiamo sperare di ottenere adesso; se non c'è, si potrebbe tentare di farcelo mettere, visto che ne è stato parlato la cosa è forse possibile, di più non è possibile tentare, né sarebbe, secondo me, opportuno per noi disperdere le nostre scarse possibilità per una questione che comunque, ripeto, resterà aperta ancora un anno.

Per le questioni territoriali ripeto non c'è assolutamente niente da fare. Qualcuno potrà osservare, e certamente lo osserverà, che la soluzione raggiunta per Trieste è contraria al principio etnico e alla giustizia: ma non si arriverà per questo a nessuna modificazione pratica della soluzione internazionale né della frontiera della zona, questo è certo: la discussione potrà avere solo, come risultato, di mettere ancor più in rilievo che si tratta di una soluzione di ripiego, di una soluzione ibrida, ingiusta che malgrado tutte le dichiarazioni scritte o verbali, non può essere considerata come definitiva. Cosa che del resto tutti sanno anche senza bisogno che ciò venga precisato in un protocollo. È certo però che verrà sollevata anche la questione dei nostri confini coll'Austria. Non c'è, credo, miglior prova dell'atmosfera di simpatia che ci circonda, che il fatto che mentre, un po' tutti, sono realmente ed onestamente persuasi che il trattato di pace non sia, in genere, onesto nei nostri riguardi, tutti sono egualmente persuasi che è stata fatta una ingiustizia all'Austria in nostro favore. Ancora oggi sentiamo le conseguenze -e le sentiremo ancora per un pezzo -della superlativa inabilità con cui noi abbiamo condotto la nostra azione politica e la nostra propaganda alla Conferenza di Versailles. Anche per Trieste, del resto, gli jugoslavi sosterranno che la soluzione è ingiusta, a nostro favore, e troveranno qualcuno per appoggiarli, non solo nel campo russo probabilmente. Quindi le due tendenze una favorevole e l'altra contraria a noi, finiranno per neutralizzarsi a vicenda. Quanto ai nostri confini con la Francia, credo che l'opinione pubblica, sia in massima orientata nel senso di dire che la Francia ha fatto una sciocchezza -non nel senso di dire che è stata fatta una ingiustizia nei nostri riguardi -ma non credo ci sia da attendersi da parte di nessuno un'azione suscettibile di modificare quello che è già stato fatto. Quindi, per quanto concerne le questioni territoriali ripeto, niente da sperare, niente da fare.

Lo stesso vale per la questione delle riparazioni: quando si tratta di portar via al prossimo, tutti sono d'accordo: e non bisogna che ci dimentichiamo che tutti i ventuno Stati che prendono parte alla Conferenza hanno, tutti, la speranza, la possibilità ed il desiderio di portarci via qualche cosa, per lo meno i nostri assets a casa loro. L'iniziativa argentina, uruguayana o cilena che sia, per la giusta pace per l'Italia, ha avuto indiscutibilmente un grande successo. Ma da quanto mi telegrafa V.S. vedo che gli stessi Stati che di buon grado hanno aderito ad inviare ai Quattro Grandi una nota per domandare la pace giusta per la grande madre della latinità, quando s'è visto che c'è da prendere, si sono affrettati a servirsi. Avremo quindi grande lusso di dichiarazioni sulla necessità di aiutare l'Italia a rimettersi in piedi economicamente -chi è che non ha dichiarato che vuole una Italia libera democratica, prospera etc. etc.? -ma quando dalle dichiarazioni generali scenderemo al fatto concreto credo

saremmo bene ingenui se ci aspettiamo che chicchesia rinunci di suo buon grado a quello che le circostanze gli permettono di portarci via. Abbiamo di fronte a noi una assemblea di interessati e quindi non ci possiamo aspettare, nel concreto, niente di buono: tutti cercheranno di difenderci in modo da non permettere agli altri di portarci via quello che essi stessi vogliono prendere: all'atto pratico si dovrà arrivare ad un compromesso ai nostri danni. Noi forse, speriamo ancora in questo campo su di un appoggio americano. Non ci facciamo illusioni: da chi è partita la proposta di farci pagare le riparazioni in assets italiani all'estero? Proprio da Byrnes, è bene non dimenticarlo, per la prima volta apertamente nelle sue dichiarazioni dopo la Conferenza di Londra. Bisogna che noi teniamo presente proprio la politica americana, per esempio nell'America latina: a cosa tende questa politica? a creare una situazione di monopolio, nel campo economico, per gli Stati Uniti. Ora precisamente, gli assets italiani, sia che essi siano proprietà di nostri emigrati, sia che essi siano proprietà di enti italiani, costituiscono, specie in alcuni Stati, un elemento non indifferente. L'America sta facendo tutto il suo possibile per scalzare, nell'America latina, le posizioni britanniche: sta facendo tutto il possibile, e con maggior successo per levare di mezzo i tedeschi: è evidente -e sarebbe una imperdonabile illusione da parte nostra il non rendersene conto -che essa vuole approfittare di questa occasione, che potrebbe non ripetersi, per scardinare tutte le nostre posizioni economiche nell'America latina. Non ci dimentichiamo quello che hanno fatto gli americani nei passati venti anni per acquistare il complesso Matarazzo in Brasile, o il complesso elettrico italiano -non ricordo come si chiama -al Perù. Non si dimentichi neppure che questa politica dell'arricchimento a buon mercato, mediante l'incameramento dei beni ex nemici, iniziatasi dopo l'altra guerra nei riguardi della Germania, è stata, ed è, una molla potente nelle mani degli Stati Uniti, per persuadere dei Paesi, anche non sudamericani, che non avrebbero altrimenti nessun interesse ad entrare in guerra, a dichiarare la guerra ai nemici degli Stati Uniti. Che si stabilisca, nei nostri riguardi, il precedente che questa operazione non è così fruttuosa come si sperava, ed in una prossima occasione il compito della diplomazia americana potrebbe non essere più tanto facile.

È bene quindi che teniamo ben presente che se l'America può essere interessata a che noi non paghiamo riparazioni a certi determinati Paesi -anche se poi ci difende assai mollemente -essa può essere, anzi secondo me è, interessata alla liquidazione dei nostri assets in moltissimi altri Paesi.

La Russia è vero, in questa sua politica sudamericana che si sta delineando, e nella quale essa può, forse, contare anche su di una coordinazione dei nostri interessi, non è interessata a vedere, per questa via, aumentare l'emprise economica americana nell'America latina. Potrebbe quindi essere interessata a mantenerci i nostri assets; forse una idea di questo genere c'era, anche, in fondo al piano russo di pagamento di riparazioni solo in lavoro. lo penso quindi che la Russia effettivamente ci appoggerà, sostenendo che questi Stati, latino americani o no, o non hanno diritto a riparazioni, o hanno diritto soltanto a quote m1mme. Ma all'atto pratico? La Russia, che per le stesse ragioni che animano gli americani in altri settori, è interessata a liquidare i nostri assets nell'Europa danubiana e balcanica ha accettato di prenderli in conto parziale riparazioni, ed è interessata a valutarli al tasso più basso possibile. È ugualmente interessata per le stesse ragioni, all'incameramento ed alla valutazione al tasso più basso possibile dei nostri assets in Jugoslavia ed in Albania. Esiste quindi, nonostante divergenti punti di vista, una certa misura di concordanza di interessi fra i russi e tutti gli altri. Ma, -ed è questo quello che più importa -i russi, nel corso della Conferenza saranno interessati soprattutto a difendere gli interessi, in materia di riparazioni, dei loro protetti. In primo luogo c'è la questione della Jugoslavia e dell'Albania. Io temo che il distaccare le riparazioni russe da quelle degli altri, risulterà essere stato, anche questo, per noi un pessimo affare, perché, alla fin dei conti, finiremo per pagare a Russia, Jugoslavia Grecia e Albania, più dei 300 milioni di dollari originalmente richiesti dai russi. Già Vyshinsky si è lasciata con me una porta aperta dicendomi che potrebbe essere che i russi nella loro estimazione del danno sofferto da questi Paesi si siano sbagliati. Ma la realtà vera sta, secondo me, in quello che mi ha detto Smith: inglesi ed americani si batteranno per aumentare la parte di riparazioni per la Grecia e per l'Etiopia, a scapito della Jugoslavia e dell'Albania: la Russia difficilmente mollerà: un compromesso lo si potrà trovare solo a spese nostre, dando cioè ai due primi quello che domandano i russi, ai due secondi quello che chiedono

o possono chiedere gli altri per loro. Non ho idea, per mio conto di quello che gli inglesi intendono che noi dobbiamo pagare all'Etiopia, alla Grecia, o ad altri. Non ho nemmeno idea di quello che intende chiederci la Francia che, difficilmente, resterà indietro agli altri, in tema di riparazioni. Da parte russa posso dire -mi riferisco a quanto mi ha detto Vyshinsky -che essi riconoscono in principio il diritto a riparazioni per Grecia, Francia ed Etiopia, e questo è già molto. Ma soprattutto il loro sforzo sarà diretto, ripeto, ad ottenere soddisfazione per i loro protetti: il resto dipende molto, se non intieramente, dal beneplacito inglese, americano e francese. I russi, conformemente a quanto mi ha promesso Vyshinsky, sosterranno la loro tesi che, in molti casi, può coincidere colla nostra: ma per ottenere quello che vogliono saranno obbligati a compromettere: e questo compromesso, se gli americani e gli altri sono in qualche misura disposti a sostenere i loro protetti, non può realizzarsi che a spese nostre.

Ciò premesso, è evidente che un certo campo di azione resta pur libero alla Conferenza. Essa potrà -e probabilmente anche noi potremo -domandare chiarimenti, precisare punti dubbi, precisare interpretazioni: un lavoro non molto differente da quello che è stato fatto alla Conferenza di San Francisco, dove, ferme restando le principali decisioni prese dai principali interessati, agli altri è stata lasciata una certa libertà di precisazione e di chiarificazione. Entro queste linee generali, a mio avviso, resta un certo campo di azione per noi, sia che possiamo agire direttamente, sia che ci sia possibile di agire per interposta persona.

Non ho ancora visto il testo del draft di trattato: ma è evidente, dalle informazioni fin qui avute, che esso contiene alcune non indifferenti limitazioni della nostra sovranità, sia giuridiche (intendo per questo principalmente le famose quattro libertà) sia economiche e finanziarie, sia infine militari. Ora è su questo insieme di clausole che noi abbiamo ancora la possibilità di ottenere qualche miglioramento, forse anche considerevole, del trattato di pace. Preciso il mio pensiero: non si tratta di abolirle, si tratta di !imitarne la portata e la durata. Tutte queste limitazioni sono giustificate da una premessa: noi siamo stati per venti anni uno Stato fascista ed aggressore: si tratta purtroppo di uno stato di fatto che non sarebbe possibile negare. Da questa premessa deriva, data la mentalità prevalente tra i vincitori, che noi dobbiamo restare sotto tutela: che le Nazioni Unite, e particolarmente i nostri vicini, hanno il diritto di prendersi alcune garanzie sia contro la possibilità che noi ridiventiamo fascisti, sia contro la possi'bilità che noi nutriamo propositi di rivincita e di aggressione. N o i possiamo sostenere con tutta l'eloquenza di cui siamo capaci che la nuova Italia è sinceramente e profondamente democratica, che ha rinunciato a qualsiasi idea di aggressione, che quello che ha fatto in tre anni, sia all'estero sia come cobelligerante, ci dà il diritto di non essere trattati soltanto come ex fascisti e ex aggressori: potremo, forse, sulla base di questi argomenti, e se ci sarà un minimo di buona volontà nei nostri riguardi ottenere qualche attenuazione, ma una cancellazione completa di queste clausole in questa sede, questo certo no.

La tesi invece che noi potremmo sostenere -e sarebbe difficile, con tutto il malanimo che può sussistere contro di noi, di negarcene il fondamento -è che pure ammettendo questo, pur ammettendo la necessità, per noi, di un periodo di prova, questo periodo di prova deve avere una fine, un limite, nel tempo. In fondo non c'è nessun Paese, nessuna democrazia che possa dare una garanzia al l 00% che non diventerà mai uno stato fascista od uno stato aggressore: la storia è ricca di esempi. Bisogna quindi che gli altri si contentino di garanzie simili a quelle che possono dare gli altri Paesi. Si metta pure l'Italia nuova alla prova, ma si stabilisca quanto tempo questa prova deve durare, passato il quale l'Italia deve tornare ad essere uno Stato come tutti gli altri. L'ideale per noi sarebbe evidentemente di ottenere che tutte queste clausole fossero limitate automaticamente nel tempo: secondo quanto mi ha detto Vyshinsky, per alcune clausole, quella riguardante nuove costruzioni navali per esempio, questo sarebbe già previsto: dubito però assai che sia possibile ottenere una simile limitazione automatica nel tempo, per tutte le clausole, specie per quanto riguarda tutto quello che concerne la demilitarizzazione di certe zone. Quello che credo, invece, potremmo ottenere è che venga stabilito un limite di tempo, da cinque a dieci anni, passato il quale un organo x, -forse il migliore organo sarebbero le Nazioni Unite -debba infine procedere alla revisione del nostro trattato di pace, per quanto concerne tutto questo insieme di clausole. Cio non ci toglie da tutte le nostre difficoltà: l'esistenza della sola possibilità di revisione, naturalmente, ci obbliga ad una estrema prudenza in tutta la nostra politica estera, non solo, ma anche ad una estrema moderazione in tutto l'atteggiamento della nostra stampa, ci obbliga anche a certi determinati sviluppi per quello che concerne la nostra politica interna: ogni sgarro in qualsiasi di queste direzioni può essere un pretesto per tutti quelli che saranno interessati a che il nostro

stato di minorazione continui, per rinviare la revlSlone: ma comunque è una

possibilità grossa che ci viene aperta. Specialmente se ci riesce di mettere chia

ramente sul tappeto anche la questione della nostra sicurezza, come contropar

tita del nostro disarmo.

Comunque ripeto, questo è tutto quello che possiamo ottenere. Ed è anche

estremamente importante, perché le amputazioni territoriali, per dolorose che siano,

nella misura che esse sono state ridotte, non riducono sensibilmente il peso effettivo

dell'Italia. Ma delle limitazioni reali della nostra sovranità, ad aeternum, sono queste

quelle che effettivamente ci tolgono ogni speranza, ogni possibilità di ripresa nel

mondo internazionale: senza contare l'elemento di disgregazione morale che esse

comportano. Purtroppo l'opinione pubblica italiana, ossessionata dal problema di

Trieste si è assai poco interessata di tutto questo insieme di cose: qualche successo

su questo gruppo di questioni non è quindi equivalente ad un successo anche

piccolo, sulle questioni territoriali, di fronte all'opinione pubblica italiana. Si trat

terebbe in questo breve periodo di tempo che ancora ci rimane di spiegare l'impor

tanza di tutto questo.

Il concetto su cui mi permetto di insistere è il seguente: su questo punto noi possiamo ottenere qualche cosa, è anzi il solo punto su cui possiamo ottenere qualche cosa. Protestiamo pure, in forma dignitosa e calma, sulle amputazioni territoriali: è importante per noi uscire da questa Conferenza con la sensazione generale che ci siano stati fatti dei torti; non ci dimentichiamo però che la violenza delle nostre proteste, delle nostre reazioni è ragione diretta del sospetto che i nostri vicini immediati, Francia e Jugoslavia, avranno delle nostre intenzioni future: e che questo sospetto a sua volta è ragione diretta degli sforzi che questi nostri vicini faranno per impedirci, con ogni mezzo a loro disposizione -e sono molti -di risollevarci. Ma per quanto riguarda le scarsissime possibilità di azione politica che ci restano, guardiamoci bene dal disperderle per cercare di ottenere qualche miglioramento, qualche successo, là dove non c'è nessuna speranza di averne: concentriamoli invece là dove è possibile ottenere qualche cosa, e qualche cosa di importante. Anche su questo terreno la lotta non sarà facile: la Russia, in questo senso, ci appoggia forse più che non gli inglesi e gli americani, ma anche essa non ci appoggia al l 00%, e può dovere arrivare ad un compromesso. La forza di questa nostra tesi, -la tesi della revisione dopo un certo periodo limitato di prova -è nella sua sostanza: con tutte le acrobazie e le distorsioni di linguaggio a cui i nostri giudici sono abituati è difficile dirci apertamente di no senza troppo svelare il proprio giuoco. Ma se noi disperderemo le nostre forze in mille direzioni differenti, finiremo per non ottenere nemmeno quello che si potrebbe ottenere.

Un'altra osservazione da tenere presente è che la nostra richiesta di revisione deve essere mantenuta strettamente nei limiti di queste clausole che limitano la nostra sovranità: se cerchiamo fin da adesso di fare ammettere il principio della revisione per quello che concerne clausole territoriali o riparazioni, creiamo in un momento contro di noi la coalizione di tutti gli interessi e non otterremo un bel niente. Non so se questa revisione territoriale verrà mai, ma non è certo al tavolo della Conferenza della pace che noi possiamo ottenerla.

89

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13387/359. Rio de Janeiro, JD agosto 1946, ore 12 (per. ore 8 del 2).

Trasmetto seguente telegramma del conte Sforza:

«4. Mie conversazioni col ministro ad interim degli affari esteri conclusesi pregandolo suggerire da parte mia a Neves che, con prestigio per il Brasile e con vera amicizia verso gli Alleati, egli potrebbe sostener'< che il trattato italiano è tipico esempio di una congerie inorganica di decisioni prese separatamente da esperti senza vedute generali, i quali hanno prodotto in un primo tempo un documento che non è né distruttivo né amico, e che quindi è interesse degli Alleati, ancor più che dell'Italia, di intendersi su un testo meno sconfessabile a breve scadenza. Gli ho citato vari esempi di articoli che presto si rivolgerebbero contro Alleati, come certe clausole economiche e come espulsione dal Nord Africa, che sarebbe presto seguita da violenta azione araba contro tutti gli europei. Gli ho detto anche che Neves potrebbe utilmente ricordare ai colleghi che il fascismo ha provocato una cosa: la rovina dell'Italia ma un'Italia che ridivenisse malata può, magari a proprie spese, esercitare influenza tanto più funesta quanto più saremmo deboli. Ho telegrafato a Parigi direttamente quanto precede».

90

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, BERlO

T. 11834/426. Roma, 1° agosto 1946, ore 16.

Suo 0142 1•

Ringrazi a nostro nome Dipartimento politico per intenzioni manifestate1e. Una pubblica dichiarazione del Consiglio federale, che in qualche modo allineasse la Svizzera con l'America latina in favore di una pace giusta, indubbiamente gioverebbe a dare alla Conferenza di Parigi la sensazione che opinione pubblica internazionale si attende, nell'interesse europeo, opera di giustizia e non di vendetta. Meglio ancora varrebbe se codesto Governo volesse, ma rapidamente, concordare un'azione comune in questo senso coi Paesi neutri europei, quali la Svezia, il Portogallo, l'Irlanda, la Turchia. Per ragioni di opportunità politica converrebbe lasciar fuori la Spagna. In questo senso agisco anche per conto mio presso i governi indicati 2 .

1 Vedi D. 36. 2 Vedi D. 91.

91

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, ALLE RAPPRESENTANZE AD ANKARA, DUBLINO, LISBONA E STOCCOLMA

T. 11835/c. 1• Roma, ] 0 agosto 1946, ore 19.

Ella conosce mlZlatlva di tutte le ventuno Repubbliche latino-americane in favore di una giusta pace per l'Italia 2• Ella sa inoltre che il Brasile ha ricevuto da ciascuna di esse il mandato morale di esprimersi in questo senso presso Conferenza Parigi3 . Ciò premesso, sembra probabile che anche Governo elvetico esamini in questi giorni possibilità di fiancheggiare in qualche modo azione latino-americana, sia attraverso una pubblica dichiarazione del Consiglio federale, sia altrimenti 4 . Tale eventuale azione sarebbe di altrettanto più efficace se congiunta e concordata con i neutri europei quali il Portogallo, la Svezia, la Turchia, l'Irlanda. Ne parli subito con codesto Governo. Attiri sua attenzione su progetto di pace elaborato dai Quattro e sulle sue durissime disposizioni. Sottolinei che è interesse europeo e quindi comune che a quarantacinque milioni di italiani sia assicurata quella stabilità e quell'ordinato sviluppo democratico che il trattato, se dovesse restare immutato, indubbiamente precluderebbe. Tenga presente che se un'azione in questo senso ha da esserci, dovrebbe essere pressoché immediata 5 .

92

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI,

AL MINISTRO NENNI, A PARIGI

FON. S.N.D. URGENTISSIMO 11841/618. Roma, l" agosto 1946, ore 16.

Mio fonogramma odierno n. 15846 .

1 Partito per Dublino con il numero di protocollo 11853/21.

2 Vedi serie decima, vol. III, da ultimo il D. 697.

3 Vedi D. 16.

4 Vedi D. 90.

s Per le risposte vedi D D. 115, 200, 123 e 126.

6 Non pubblicato, trasmetteva a Nenni il comunicato del Consiglio dei ministri nel quale circa il draft del trattato si diceva: «Il Consiglio ha esaminato l'abbozzo del trattato di pace presentato dai Quattro alla Conferenza di Parigi. Dopo una lunga relazione del presidente ministro degli esteri on. De Gasperi, il quale ha letto e commentato gli articoli principali del trattato ed ha messo in rilievo il parere dei tecnici riguardante i diversi settori, si è svolta una approfondita discussione, dalla quale è emersa unanime, penosa impressione per la durezza e la gravità del documento, compilato senza che il Governo italiano fosse consultato su questioni essenziali e particolarmente su quelle economiche. È stato constatato fra l'altro che oltre le dolorose mutilazioni territoriali già note e l'impotenza difensiva a cui l'Italia sarebbe ridotta, le misure riguardanti le riparazioni, congiunte al disconoscimento di ogni credito in

Informati che testo trattato sia Commissione esteri sia Consiglio mm1stri provoca reazione profonda causa mutilazioni territoriali, trattamento flotta come bottino, smilitarizzazione unilaterale frontiere ma specialmente clausole economiche gravissime circa riparazioni, confisca beni italiani estero, nessuna considerazione nostri investimenti e nostri crediti perfino in confronto Germania.

Trattato venne considerato iersera Consiglio ministri come puramente punitivo e tale che se non modificato si ritiene inaccettabile. A fatica ottenni unanimità su comunicato interlocutorio 1•

93

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13405-13406/880-881. Washington, 1° agosto 1946, ore 20,30 (per. ore 10,30 del 2). Suo telegramma 583 2 .

Ho oggi consegnato a Acheson, segretario di Stato reggente, energica nota3 circa omissione nostra dichiarazione di guerra al Giappone nel preambolo trattative di pace con preciso riferimento sia alle insistenze americane sia alla dichiarazione fatta al Dipartimento di Stato il 26 giugno 1945 e cui al mio telegramma 224 di tale giorno 4 . Nota fa un rapporto tra comunicato Potsdam e preambolo trattato e, dopo aver rilevato che l'Italia non merita certo trattamento peggiore, chiede che la delegazione americana a Parigi prenda iniziativa per necessaria correzione.

Sottosegretario di Stato ha subito riconosciuto per parte sua che omissione era ingiusta e dannosa, ma ha cercato spiegare il fatto con intenzione limitare trattato alle questioni europee. Mi è stato facile dimostrargli che il Giappone era menzionato sia nel preambolo stesso sia nell'articolo 15.

Sottosegretario di Stato mi ha assicurato che avrebbe subito informato delegazione americana a Parigi ed ha espresso sua speranza che le nostre giuste osservazioni saranno prese nella dovuta considerazione.

A suo tempo Dipartimento di Stato aveva (mio telegramma 588) 5 cercato giustificare peggioramento del preambolo con ferma insistenza Molotov su tesi particolare

confronto alla stessa Germania, mettono in pericolo le possibilità di sviluppo economico e l'indipendenza stessa della Nazione. Il Consiglio ha invitato la delegazione che si recherà a Parigi a fare ogni sforzo affinché le Nazioni Unite, tenendo conto del contributo dato dal popolo italiano nella guerra di liberazione e della esigenza vitale della democrazia italiana, nonché dei principi di giustizia ai quali la pace dovrà ispirarsi per essere giusta e duratura, non precludano all'Italia la possibilità di diventare un elemento fattivo della ricostruzione della cooperazione fra i popoli>>. Il comunicato fu diramato alle rappresentanze con T. 11889/c. del 2 agosto.

1 Per la risposta vedi D. 94.

2 Vedi D. 85.

3 Vedi Allegato.

4 Vedi serie decima, vol. Il, D. 290.

5 Non pubblicato.

responsabilità dell'Italia per le aggressioni fasciste. Anche ora Dipartimento di Stato ha fatto ricorso a tale giustificazione riferendosi ad accenno discorso ieri di Molotov.

In colloquio odierno con sottosegretario di Stato si è parlato delle ultime notizie qui giunte da Parigi circa esclusione Norvegia dalla Commissione politica per il nostro trattato di pace non avendo detto Stato dichiarato guerra all'Italia. Il sottosegretario di Stato non poteva bene rendersi conto di una siffatta decisione, data menzione Norvegia nel comunicato del Convegno Mosca. Gli ho chiesto allora se avesse visto nota lettera al New York Times (di cui al mio telespresso n. 2188 del 22 luglio scorso) 1 relativa circostanza che Governo polacco Londra (unico riconosciuto dall'America e dall'Inghilterra sino giugno 1946) non aveva mai dichiarato guerra all'Italia e quindi Polonia sembra trovarsi nelle stesse condizioni giuridiche Norvegia quanto a firma nostro trattato di pace.

Circa Cecoslovacchia comunque non risultava che sue «notevoli forze militari avessero combattuto contro Italia». Essa sembrava invece già ammessa quando Messico, Cuba e tutte le Repubbliche del Centro America, che pur avevano dichiarato guerra, erano escluse.

Acheson mi ha comunicato sua intenzione segnalare dettagliatamente quanto precede alla delegazione americana. Non mi è tuttavia possibile giudicare da qui se realmente americani a Parigi possano aver interesse (come invece forse avrebbe Evatt) a sollevare tale questione onde assicurare partecipazione Norvegia.

Comunque trattasi sempre di argomenti atti a dimostrare incongruenze ed arbitri relativi conferenza Parigi.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI DEGLI STATI UNITI, ACHESON 2

L. 8550. Washington, 31 luglio 1946.

I wish to draw your attention to a question which my Government instructed mc to immediatcly take up with thc Dcpartmcnt of State.

The Preamble of thc draft of thc Peace treaty submitted by the Big Four to the Paris Conference does not contain any reference whatsoevcr to an cvent of major importance, that is, the declaration of war by Italy against Japan which took piace on July 13th, 1945.

I wish to recall here that the conversations about the Italian declaration of war took piace in Washington, between the Department of State and this Embassy. In fact during the first months of 1945, the Italian Government informed, through me, the United States Government of their intention to participate in the war against Japan. The Department of State, not only expressed its appreciation, but also took steps for securing that a similar attitude be taken by the British and Russian Governments.

The Dcpartment of State did not limit itself to the above, but cncouragcd further Italy to take such a decision.

I was myself repeatedly requestcd to interpret to my Government this Amcrican wish and I deem it opportune to recall now thc following statement which, on the 26th of June 1945, I was requcsted to communicate to Rome: «Thc American Government is of the

l Non pubblicato.

2 Ed. in Foreign Relations ofthe United States, 1946, vol. IV, Paris Peace Conference: Documents, Washington, United States Government Printing Office, 1970, pp. 813-814.

opinion that a declaration of war on Japan at the present moment would improve Italy's

politica! and juridical situation with respect to the next meeting of the Big Three as well as

with respect to the United Nations» 1 .

On July 7, 1945, the Undersecretary of State, Mr. Grew, sent me a letter following a

conversation we had on the same day, saying that Italian declaration of war «will be greeted

with approvai by the American people» and adding: «the American Government naturally

hopes that the announcement will be made at an early date» 2 .

Moreover, the fact must be taken in due account that Italy declared war on Japan

before the U.S.S.R. did, a fact which was acknowledged in the Potsdam declaration and in

the speech made by the President of the United States on his return from Germany.

Only the impredictably speedy conclusion of the military operations in the Far East

prevented that effective participation in the war effort on that front for which ltaly was

making ready, as officially communicated to the United States.

Now the inclusion of such a record in the Preamble should, I believe, be first of ali the

concern of the United States. lts exclusion in the Preamble might have serious future

consequences. Ali the more so, as Japan is specifically mentioned in the same Preamble and

in Art. 15 of the Draft.

I am confident that the American Delegation at Paris, realizing the above and the

developments which might occur, will sponsor the revision of the Preamble, also because it

cannot be denied that its terms are far from complying with the terms and spirit of the

Potsdam declaration. Italy has certainly not deserved such a deterioration.

I shall appreciate it very much if you will kindly interpose your kind interest in the

matter with the American Delegation in Paris on the strength of the documents and records

of the time.

94

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. s.N.D. 13385/891. Parigi, Jo agosto 1946, ore 23,46.

Ministro Nenni telegrafa quanto segue:

«Visto deliberazione Consiglio dei ministri. Ricevuto tuo telegramma3.

Consiglio non legarti le mani. Troverai Parigi situazione molto complessa.

Av~t~ stase~a lun.ga conversazione con McNeil sottosegretario Foreign Office.

\unto di.vi~t~ bn~anmco naturalmente analogo quello americano. Nessuna opposiZIOne. pnnc1p10 .nvedere c!ausole territoriali. Possibilità accordo rinvio completo questione colomale. Adeswne allargamento frontiere Stato Libero condizionata atteggiamento sovietico. Per riparazioni McNeil ritiene moratoria due anni condizione sufficiente per introdurre revisione.

Mi ha dato formale promessa aiuti economici per ricostruzione Paese. Governo inglese disposto autorizzare distruzione in loco parte naviglio assegnato Inghilterra escluse corazzate. Vedo domani mattina primo ministro Attlee, pomeriggio Molotov concludendo così missione informativa»4. '

1 Vedi serie decima, vol. II, D. 290. 2 lbid., D. 322. 3 Vedi D. 92. 4 Vedi DD. 98 e 99.

95

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 13633/0120. Parigi, l o agosto 1946 (per. il 5).

Trasmettesi seguente telegramma ambasciatore Soragna:

«Cerulli ha avuto riunione con ambasciatori Fernandes e Accioly questa delegazione brasiliana. A vendo Cerulli esposto tesi italiana sia nei confronti attuale progetto trattato pace che per quanto concerne soluzione definitiva, Fernandes ha replicato che Brasile è pronto fare praticamente un passo utile favore Italia in questo campo. Ciò non tanto perché trattasi questione connessa con emigrazione italiana di cui Brasile apprezza valore, quanto perché problema può tecnicamente considerarsi ancora aperto per la stessa proposta di differimento. Fernandes avvertito che però una richiesta eventuale di deferire questione all'O.N.U. nel senso noto suggerimento Uruguay sarebbe non (dico non) pratica adesso, perché sicuramente avrebbe opposizione Russia e perché lo stesso Brasile non potrebbe favorire un simile cambiamento dei compiti dell'O.N.U. che deve vegliare esecuzione trattati ma non (dico non) concluderli nelle loro clausole territoriali. Ritiene invece che due riserve della nota italiana contro rinunzia preventiva sovranità e favore partecipazione italiana amministrazione provvisoria territori siano giuridicamente solide ed è pronto appoggiarle. Ma è sua impressione che si possa oggi tentare andare più avanti verso soluzione definitiva e sarebbe disposto sondare per suo conto maggiori Potenze interessate nel senso di restringere differimento ai soli territori che risultino seriamente contestati, riprendendo per gli altri propÒsta francese mandato singolo all'Italia. Nel complesso Cerulli ha avuto impressione che Brasile sia effettivamente intenzionato usare sua posizione nella Conferenza a favore Italia anche nei confronti altri Stati latino-a~eri~ani qui non partecipanti. Naturalmente effetto pratico tale azione dipende

da situazione generale; ma ciò non esclude che essa costituisca a nostro favore una possibilità di utili sondaggi di cui dobbiamo essere grati».

96

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 13495/362.

Rio de Janeiro, 2 agosto 1946, ore 13,45 (per. ore 8 del 3).

Trasmetto seguente telegramma da parte conte Sforza:

«5. Ricevuto solennemente dall'Accademia brasiliana, che è qui massimo istituto intellettuale, ho detto, fra l'altro, nella mia risposta, che una suprema oppor

tunità offresi oggi Parigi per il Brasile, cioè la stessa opportunità che Cavour sfruttò colà nel I 855: identificare proprio Paese colle più generose concezioni d'avvenire. Dissi così facendo Brasile non sarebbe mai abbastanza audace. Credo mie parole produssero impressione. Telegrafo direttamente Parigi quanto precede».

97

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 13437/892. Parigi, 2 agosto 1946, ore 14.

Da Soragna:

«Questi primi giorni Conferenza pace segnano indubbiamente nuovo ordine successi non indifferenti per Potenze minori di fronte ai Quattro Grandi. Mentre Evatt, parlando a nome degli altri, ha rivendicato nella Commissione plenaria principio generale libera discussione da parte dei Ventuno di tutte clausole trattato e ha impostato questione valore che dovrà attribuirsi alle raccomandazioni finali dei Ventuno, battaglia principale si sta svolgendo nella Commissione per la procedura, dove i Quattro Grandi sono stati ridotti alla difensiva. Essi non hanno potuto fare approvare principio maggioranza due terzi di cui discussione è stata aggiornata. Hanno dovuto accettare inoltre intervento alle Commissioni di tutte indistintamente delegazioni anche se non in guerra con particolare ex nemico. Finalmente hanno dovuto ammettere facoltà ai Ventuno di introdurre in discussione anche questioni non comprese nel progetto di trattato purché connesse con esso. È stato notato che Byrnes già si induceva a marcare un certo favore all'affermarsi di questa atmosfera ostile sul predominio assoluto dei Quattro Grandi e che Molotov stesso tendeva ripiegare di volta in volta su soluzioni di compromesso. Ma probabilmente egli spera riprendere a difendere posizioni principali dopo sbollito primo ardore dei delegati ed opinione pubblica loro rispettivi Paesi che comincerà distrarsi. Posizione Inghilterra appare finora secondaria anche per mancanza personalità Bevin che Attlee non può sufficientemente sostituire. Posizione Francia al solito senza rilievo».

98

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 13484/895. Parigi, 2 agosto 1946, ore 18.

Ministro Nenni telegrafa: «In ampio colloquio con primo ministro Attlee esaminato problemi generali pace. Attlee considera arduo introdurre modifiche essenziali trattato preparato dai

Quattro. Per questione istriana considera decisiva opinione sovietica. Per colonie ritiene nostra situazione potrà essere oggetto riesame in prossimo avvenire. Subordina riparazioni raggiungimento livello vita indispensabile. Favorirà resurrezione economica Italia convinto sua importante missione nel Mediterraneo. A mia osservazione che stato opinione pubblica può rendere impossibile Governo firma del trattato, risposto che questa questione è di ordine puramente interno e non influirebbe su decisioni alleate.

Impressione mia che Attlee ci è sincero amico ma si considera legato compromesso raggiunto dai Quattro.

Da colloquio successivo, sollecitato da Byrnes, con Clayton sottosegretario Dipartimento di Stato questione economica, risulta che Dipartimento di Stato è molto desideroso aiutarci subordinando pertanto suo intervento conclusione pace».

99

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

FoN. 13485/902. Parigi, 2 agosto 1946, ore 20,30.

Ministro Nenni comunica quanto segue: «Avuto oggi esauriente conversazione con ministro Molotov. Premesso fiducia e volontà collaborazione con nuova Italia democratica riassunto così punto di vista sovietico:

l) per Trieste e Venezia Giulia Unione Sovietica appoggia tesi jugoslava che ritiene giusta; compromesso raggiunto è )ungi darle soddisfazione ma Russia lo rispetterà e appoggerà;

2) per colonie italiane Russia favorevole nostro ritorno Africa, rinunziando perciò sue proprie rivendicazioni; incontrato opposizione altri contraenti coi quali non può mettersi in conflitto su tale questione;

3) circa riparazioni richieste Unione Sovietica sono giunte molto di sotto danni subiti, non tali pregiudicare avvenire economico Italia, anzi suscettibili aiutare ripresa industriale;

4) Unione Sovietica augura accordi diretti e buon vicinato Italia e Jugoslavia; 5) Unione Sovietica si oppone Italia sia asservita interessi stranieri e limitata circa sua possibile rapida rinascita economica e politica; 6) Unione Sovietica desidera avere relazioni amicizia e collaborazione con nuova Italia democratica.

A questo proposito, avendo io accennato desiderio recarmi Mosca, come stamane avevo accennato Attlee desideravo recarmi Londra, ambedue espresso il desiderio che ciò possa avvenire presto».

100

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13584/105. Nanchino, 2 agosto 1946, ore 22,30 (per. ore 9,30 del 4 ).

Miei 92, 94 e 1001.

Questo vice ministro esteri, constatato materiale impossibilità giungere in tempo ad un accordo su tutti i punti di cui al mio 92, e di fronte nostra difficoltà discutere qui questione indennizzi sia pur limitati senza indebolire posizione di principio su problema riparazioni, ha suggerito egli stesso restringere accordo ai punti riguardanti extra-territorialità e concessioni. Progetto presentatoci in questo senso contiene praticamente immutati punti l, 2, 3 e 4, con inclusione clausole relative ambasciata Pechino nel senso da noi chiesto di cui al mio 94, e 8. D'altra parte, questa stampa ha pubblicato ieri testo progetto trattato pace con Italia che conterrebbe praticamente in identica redazione punti 2 e 3. In presenza tale pubblicazione, in mancanza istruzioni da parte di codesto ministero 2 , e per constatata impossibilità di condurre contemporaneamente due ordini di trattative a Parigi e a Nanchino, abbiamo trovato questo Ministero esteri concorde nel ritenere che, allo stato attuale delle cose, unica soluzione possibile è che tutte questioni pendenti con Cina vengano definite a Parigi, sia nel trattato di pace, sia, eventualmente specie per quel che riguarda rinuncia extra-territorialità, con scambio note fra due delegazioni. Abbiamo sottolineato che, non avendo potuto concludere qui, il dover lasciare regolamento tutte questioni a Parigi non significa minimamente Governo italiano abbia intenzione ritornare su sue precedenti dichiarazioni circa fermo proposito stabilire spontaneamente relazioni con Cina su basi nuove, ma deriva ormai soltanto da considerazioni di opportunità, data ristrettezza tempo e pubblicazione già avvenuta corrispondenti clausole progetto trattato pace. Abbiamo fatto rilevare ancora una volta ai cinesi penosa impressione prodotta da loro originarie richieste (mio 92) equivalenti trattare Italia come Stato nemico e non corrispondenti amicizia che speravamo esistere fra i due Paesi e contavamo di sviluppare in avvenire. Abbiamo addotto in contrario esempio Francia che, in accordo recentemente concluso, ha ottenuto trattamento ben diverso e pari altre Nazioni Unite, sebbene durante guerra governo lndocina dipendente da Vichy abbia, con chiusura ferrovia Yùnan ed altre misure, danneggiato Cina infinitamente più che Italia. Da parte cinese si sono rinnovate assicurazioni loro intenzioni regolare questioni pendenti con Italia in spirito amicizia e collaborazione e si è detto che proposte di cui al mio 92 non andavano prese alla lettera.

Ritengo che convenga ormai trattare a Parigi per lasciare nostra delegazione più ampia possibilità dare soddisfazione ai cinesi su questioni formali su cui siamo già teoricamente d'accordo, come rinuncia extra-territorialità e sovranità conces

l Vedi DD. 46, 48 e 78.

2 Le istruzioni erano state in effetti impartite con il D. 86 che aveva evidentemente avuto ritardi nella trasmissione.

sioni, in modo da poter ottenere, su questioni di dettaglio, ma di notevole portata pratica, soluzione più favorevole con rinvio ad ulteriore discussione dopo la firma trattato. Sebbene cinesi siano interessati essi cercano soprattutto soddisfazioni formali da presentare loro popolo e converrebbe seguirli su questa via cercando però di compromettere il meno possibile di questioni pratiche nelle dichiarazioni di principio, sia regolandole in scambi lettere che potrebbero rimanere segrete (procedura che fu seguita da altri Paesi con buoni risultati), sia col rinviare applicazione pratica a discussioni ed accordi che potrebbero avere luogo qui successivamente. Inoltre, come fatto presente mio telegramma 100, nostro atteggiamento circa richieste cinesi avrà influenza su atteggiamento generale delegazione cinese nei nostri riguardi: soltanto codesto ministero e nostra delegazione Parigi potranno giudicare se e fino a che punto possa eventualmente essere possibile e conveniente cedere di più alla Cina per ottenere suo voto favorevole in altre questioni per noi più importanti.

Limitandomi nostre pendenze con Cina osservo riferendomi mio 92:

a) dichiarazione estremamente comprensiva di cui al punto primo, che non sembra figuri progetto trattato pace, potrebbe essere poi interpretata dai cinesi in modo da implicare necessariamente ogni altra rinunzia. Ciò è stato qui da noi obiettato e cinesi hanno risposto che trattasi riconoscimento dichiarazione da loro unilateralmente fatta in occasione guerra all'Italia. È un punto che converrebbe eventualmente precisare;

b) circa punti secondo e terzo sarebbe opportuno, se possibile, adottare redazione corrispondenti articoli 2, 3 e 8 dell'accordo cino-britannico del 1943;

c) clausola di cui non appare testo progetto trattato pubblicato da questi giornali: può darsi abbia incontrato opposizione da parte Gran Bretagna e Francia maggiormente interessate evitare precedente di cui cinesi si servirebbero per liquidare più rapidamente loro concessioni.

Cinesi reclamano cessione tutte proprietà che debbono loro origine ai trattati ineguali mentre sembrano disposti trattare circa proprietà acquistate regolarmente per le quali possediamo regolare titolo: in questa ultima categoria rientrano, salvo più precisi accertamenti, terreni ed edifici consolato generale e Casa Italia in Shanghai.

Circa edificio ambasciata Pechino, cinesi avrebbero accettato qui !asciarcela per dieci anni con facoltà per loro redimerla alla scadenza. Se questione dovesse essere discussa Parigi converrebbe, per quanto possibile, rimandare ad ulteriori accordi definizione singoli casi; altrimenti cedere per quanto riguarda caserme, forti e in genere installazioni carattere militare riservando per quanto possibile uso ambasciata Pechino come detto sopra, consolato e Casa Italia Tien-Tsin, e soprattutto consolato e Casa Italia Shanghai. Naturalmente sorte nostre proprietà demaniali potrebbe essere in parte compromessa da articolo progetto trattato di pace che lascia alle singole Nazioni alleate facoltà disporre beni italiani nel loro territorio sino a concorrenza loro crediti e reclami verso Italia.

Punti 5 e 6 mi sembra rientrino ormai in questione generale riparazioni: così pure punto 7, circa il quale confermo mio parere opportunità aderire richiesta cinese se contenuta entro limiti ragionevoli e se non coinvolge questioni di principio.

101

IL MINISTRO MACRELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. 18116. Roma, 2 agosto 1946 (per. il 9).

In relazione alle intese intercorse in occasione dell'ultima riunione del Consiglio dei ministri, mi pregio trasmettere l'unito pro-memoria, in cui sono precisati alcuni punti di carattere prevalentemente politico, sui quali mi è parso opportuno di esprimere il mio punto di vista.

Sul terreno tecnico mi sono limitato a qualche breve indicazione, lasciando ai competenti delle varie amministrazioni e della delegazione per la pace la formulazione di più approfondite obbiezioni.

ALLEGATO

IL MINISTRO MACRELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

PROMEMORIA. Roma, 2 agosto 1946.

Due punti di portata prevalentemente politica sembra opportuno porre, in via pregiudiziale, in particolare evidenza.

Il primo attiene alla posizione del popolo italiano di fronte al problema della responsabilità per l'entrata in guerra. È un fatto comunemente ammesso, anche per autorevoli riconoscimenti alleati, che il popolo italiano non ha voluto la guerra, la quale è da ascriversi unicamente al fascismo e alla monarchia. È ben vero che una superiore esigenza richiede di tener saldo il principio della responsabilità dei popoli per il fatto dei loro governanti, ma non è meno vero che questo principio non può non trovare una attenuata applicazione quando, come nel caso del popolo italiano, esso non era libero di scegliersi i propri governanti.

Comunque le recenti realizzazioni democratiche dello Stato italiano, che lo riportano alle sue più sane tradizioni, e il profondo mutamento di regime verificatosi con l'avvento della repubblica, danno la certezza che l'Italia è ormai decisamente nell'orbita dei principi democratici, ai quali si ispirano gli Alleati. Una pace punitiva non farebbe pertanto che compromettere quelle stesse finalità, per le quali gli Alleati hanno combattuto una guerra vittoriosa e a cui intendono di ispirare il riassetto mondiale.

Il secondo punto concerne il comportamento cui debba attenersi la nostra delegazione per la pace. Nessuna iattanza, nessun tentativo di agitare inammissibili ritorni di vecchio o nuovo fascismo sotto la bandiera del nazionalismo; ma d'altra parte nessuna debolezza o invocazione di clemenza. Contegno dignitoso, profondamente realistico, consapevole della difficile posizione dell'Italia, ma anche dei molteplici aspetti che occorre siano tenuti presenti dagli stessi Alleati, ove intendano la esigenza, nel loro stesso interesse, di ispirare la pace a criteri di equanimità e di giustizia.

Inoltre dovrebbe essere particolarmente chiarito agli Alleati nei prossimi contatti che ogni decisione in ordine alla firma o meno del trattato di pace in discussione debba spettare in definitiva all' Assem bica costituente.

La importanza delle decisioni da adottare, la gravità degli oneri imposti dal trattato rendono necessario che siano i legittimi rappresentanti del popolo a prendere le supreme risoluzioni.

Altro punto preliminare è che, sempre quando la materia lo renda possibile, convenga fare ogni sforzo per conseguire contatti diretti con le Potenze interessate in ordine ai problemi comuni. Ciò vale soprattutto per gli Stati limitrofi dell'Italia, specie per la Jugoslavia, per quanto concerne le clausole territoriali del trattato e l'attuazione di esse.

Quanto ai vari punti del trattato, non può non farsi piena adesione alle osservazioni che saranno formulate dai tecnici delle varie amministrazioni. Tuttavia si ritiene opportuno di soffermarsi sui seguenti punti:

l) Dalle considerazioni contenute nel «Preambolo» esula ogni accenno al contributo dei partigiani e dello stesso popolo italiano durante il periodo della cobelligeranza. Si fa solo genericamente menzione della partecipazione di forze armate italiane senza alcuna ulteriore specificazione. Ora, si sa che quello delle forze armate regolari non è stato il solo contributo dato dall'Italia alla causa degli Alleati.

2) Al punto secondo dell'art. 13 sono stabiliti gli effetti dell'opzione del padre o, in mancanza, della madre per i figli celibi inferiori ai diciotto anni. Occorrerebbe prevedere anche il caso di orfani di entrambi i genitori.

3) All'art. 32 è prevista l'accettazione da parte dell'Italia di qualsiasi sistemazione possa essere fatta per la liquidazione dell'Istituto internazionale dell'agricoltura in Roma. Occorrerebbe fare ogni sforzo per mantenere in Roma almeno una sede del detto Istituto, creazione dell'Italia.

4) L'art. 49 prevede l'affondamento delle navi secondo le istruzioni in esso specificate. Bisognerebbe ottenere che queste disposizioni non trovassero applicazione sempre quando fosse possibile l'utilizzazione della nave a scopi mercantili e in ogni caso che si potesse sempre disporre dei rottami. Egualmente dovrebbe dirsi per le navi affondate in acque italiane, di cui dovrebbe essere permesso il recupero per una eventuale trasformazione a scopo mercantile o per l'utilizzazione dei rottami.

5) Per quanto riguarda le spese di occupazione, occorrerebbe considerare la particolare figura di cobelligeranza riconosciuta all'Italia dopo la dichiarazione di guerra alla Germania. Già l'Italia ha largamente favorito le operazioni belliche svoltesi sul proprio territorio con le attrezzature ed i mezzi di sua pertinenza ed ha anche per suo conto affrontato sacrifici di sangue e di denaro non lievi. Se pertanto le è stata riconosciuta la qualità di cobelligerante ciò dovrebbe valere ad esonerarla dal pagare le spese di una occupazione attuatasi durante tale periodo.

6) Occorre tener conto, nei riguardi dell'Albania e della Etiopia, di tutte le ricchezze che l'Italia ha profuso nei territori di detti Stati durante l'occupazione di essi. Trattasi di una imponente attrezzatura civile compiuta in pochi anni in detti Paesi, che ne ha accelerato notevolmente il progresso. Ciò vale anche per le isole del Dodecanneso attribuite alla Grecia.

7) Occorre sostenere l'assoluta illegittimità della decorrenza delle riparazioni dal settembre 1939, inizio della seconda guerra mondiale, quando l'Italia invece è entrata in guerra soltanto nel giugno 1940.

8) Egualmente dovrebbe porsi in evidenza l'illegittimità della rinuncia dell'Italia a tutte le sue pretese contro le Potenze alleate o associate, con decorrenza dal settembre 1939, fosse

o no la Potenza alleata o associata in stato di guerra con l'Italia a tale epoca.

102

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 11954/567. Roma, 3 agosto 1946, ore 17.

Suo 888 1•

Le telegrafo a parte dati ed elementi concreti 2• Ma ella dovrebbe far osservare, a McNeil e a chi per lui, in via preliminare che mentre un buon terzo della Camera

l Vedi D. 84. 2 Vedi D. 106.

107 dei Comuni si mobilita in favore di quegli stessi tedeschi di Alto Adige che si sono battuti sino all'ultimo con la Germania, nessuna voce, dico nessuna, si è levata a difesa degli altrettanti italiani su cui pende la minaccia di trasferimento alla Jugoslavia. Non solo, ma nessuno si preoccupa di assicurare a questi ultimi quelle elementari garanzie di esistenza che sono chieste con tanta insistenza a noi in favore dei tedeschi, garanzie che siamo del resto perfettamente disposti a concedere ed in misura veramente liberale e vasta. Quando il Foreign Office segnala lo slittamento della nostra opinione pubblica, dovrebbe tener conto anche di questi fatti che non possono non essere indicativi e significativi 1 .

103

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13585!903. Parigi. 3 agosto 1946, ore 18,10 (per. ore 9,30 del 4).

Comunicasi seguente telegramma ministro Nenni:

«Visto iersera ministri Masaryk e Spaak.

Ministro cecoslovacco interporrà suoi uffici presso delegazione jugoslava per sollecitare soluzione più favorevole interesse due Paesi. In merito relazioni italo-cecoslovacche insiste per accordo emigrazione. Richiede subito l 00 mila braccianti e muratori. Per rimesse emigrati offre invio carbone.

Pre~idente Spaak ritiene che Italia sulla questione allargamento confini Stato Libero Trieste fino linea britannica possa contare su otto voti favorevoli (Canadà, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Olanda, Brasile, Grecia, Belgio). Ritengo che possa Norvegia. Secondo Spaak Conferenza durerà cinque-sei settimane e commissioni politica e economica su trattato Italia saranno costituite metà settimana.

Esaurisco oggi miei colloqui vedendo ministro affari esteri polacco. Arriverò lunedì Roma con aereo».

104

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. S.N.D. 13586/906. Parigi, 3 agosto 1946, ore 2 l ,10 (per. ore 9,30 del 4).

Soragna comunica:

«Femandes ha detto a Cerulli che ministro Brasile Neves ha incontrato stamani Molotov per iniziare noto sondaggio. Colloquio è stato assai brusco perché Molotov subito interrotto Neves dicendogli che non vedeva ragione interessamento Brasile e

l Per la risposta vedi DD. 120 e 127.

108 che Italia è Paese aggressore che occorre porre in condizioni da non ripetere più suoi attacchi. Brasiliano ha creduto necessario non peggiorare situazione con sue insistenze, anche perché ha dubbi che questa violenza Molotov dipenda da atteggiamento Brasile che qui vota contro proposte russe nelle commissioni e ancora accenna criterio generale sovietico contrario iniziativa Stati minori. Anche sondaggio continuerà ora verso britannici. Ha dichiarato che Brasile con tutta sua buona volontà non è altro che amichevole sensale e che in Italia bisogna si tenga sempre conto che distinzione fra quelli che sono "grandi" e quelli che non lo sono è ora qui mantenuta con un duro tal modo che egli non esitò a definire "una vergogna per l'umanità"».

105

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13587/907-908. Parigi, 3 agosto 1946, ore 18,05 (per. ore 9,30 del 4).

Da Soragna:

«Cerulli ha avuto conversazione con m1mstro Theron capo della delegazione Sud Africa. Circa draft trattato, Theron è stato evasivo su questione rinunzia sovranità, senonché ha detto ritenere equa nostra riserva per partecipazione effettiva ad amministrazione provvisoria colonie durante anno proroga. Circa soluzione definitiva,

Theron ha appoggiato nettamente atteggiamento britannico per Cirenaica, non senza però qualche sorpresa per attuale opposizione inglese ai nostri diretti contatti con senussi anche per decisione lato economico problema. Ha detto aver oggi ascoltato discorso delegato Etiopia, di cui non (dico non) considera seria richiesta annessione tutta Eritrea Somalia. Si è informato stato attuale questione sbocco al mare Etiopia, dichiarando conoscere bene effettivo valore questa pretesa etiopica, dato che unico vero sbocco mare Etiopia è Gibuti e non Assab. Ha poi detto che idee su questione africana qui sono ancora strane e che, ad esempio, stamane un suo collega di un altro Dominion gli ha espresso opinione che questione colonie italiane sia risolta mediante referendum tra i nativi; ciò che egli, nella esperienza africana, giudicava proprio divertente. Cerulli ha sottolineato che Italia, essendo unico Stato europeo che considera suoi territori africani come sbocco emigrazione, esercita importante funzione equilibrio nella grande questione dei rapporti tra popolazioni europee e popolazioni native in Africa. Theron gli ha chiesto allora in quali limiti Italia considera possibilità futura indipendenza suoi territori africani. Cerulli gli ha risposto che noi ci rendiamo conto che con lo stesso futuro progresso ed intensificazione nostra emigrazione in Africa, quei territori ad un certo punto tenderanno ad una loro indipendenza: ma che appunto Italia col suo lavoro vuole prepararli a diventare allora organismi politici italo-africani e non già farne prematuramente ora staterelli nativi. Theron ha pienamente convenuto tale concetto che è conforme interesse continente africano. Ha concluso dicendo aver avuto in questi giorni conferma istruzioni maresciallo Smuts nel senso che, partendo dal fatto che l'Italia è stata per due terzi della guerra nel campo opposto, Sud Africa tende ad ottenere che condizioni pace siano per l'Italia il meno possibile aspre nelle circostanze attuali».

106

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. 12019/568. Roma, 3 agosto 1946, ore 24.

Suo 888 1 .

Accuse di «fascistica oppressione» sono destituite di qualsiasi fondamento: basta a provarlo il fatto che nessun ostacolo è mai stato da noi opposto alle pubbliche manifestazioni acarattere separatista indette dalla Volkspartei. Come le è noto sarà prossimamente presentato alla Costituente progetto autonomia Alto Adige cui V.E. ha fatto cenno nell'esposizione ai Quattro a Parigi maggio scorso 2 . Ne invio largo riassunto per corriere. Non esiste in Europa alcun precedente che assicuri garanzie diritti minoranze in modo così esplicito ed ampio quale è progetto indicato. Parimenti sarà presentato prossimo Consiglio ministri progetto legge relativo questione opzioni redatto in base proposte fatte ufficialmente dalla Volkspartei. Siamo perfettamente d'accordo concludere con Austria accordi economici di portata molto ampia secondo linee indicate da Bevin suo ultimo discorso Comuni. Essi potranno essere varati non appena Austria avrà recuperato sua indipendenza; per parte nostra li abbiamo già messi allo studio; nel frattempo sono già intercorse intese fra prefetto Bolzano e autorità lnnsbruck per facilitare scambi commerciali. Abbiamo in questi giorni inviato a Vienna per esame schema accordo per facilitazioni traffico ferroviario Pusteria e abbiamo autorizzato prefetto Bolzano trattare agevolazioni per traffico stradale. Ella può valersi come meglio crede informazioni su esposte. Maggiori dettagli le comunico per corriere anche in relazione proposte invio Commissione 3 .

107

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, BERlO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T: PER CORRIERE 13778/0154. Berna, 3 agosto 1946 (per. il 7).

Ho nuovamente intrattenuto stamane il direttore della Divisione degli affari esteri: secondo le istruzioni ricevute 4 gli ho manifestato l'apprezzamento del Governo italiano per le personali buone disposizioni da lui dimostratemi. Il sig. Zehnder mi ha confermato quanto già mi aveva comunicato circa i risultati di suoi sondaggi fra i membri del Consiglio federale (mio telespresso n. 2690!940 del 2 agosto) 5 . Come egli

1 Vedi D. 84. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 500. 3 Per la risposta vedi DD. 120 e 127. 4 Vedi D. 90. 5 Non pubblicato.

Ilo

mi aveva detto fin dal nostro primo colloquio in materia (mio telegramma per corriere n. 0142) 1 la Svizzera, data la sua qualità di Stato neutrale, non avrebbe veste e competenza -nonostante ogni buona volontà -per adottare una posizione ufficiale. Le intenzioni del mio interlocutore erano piuttosto quelle di trovare il mezzo di svolgere una qualche azione di fiancheggiamento, ciò che, per esempio, egli si riprometterebbe di fare orientando opportunamente i ministri di Svizzera a Parigi e a Londra, specie quello a Parigi. Comunque, ho fatto presente al signor Zehnder l'eventualità che Svizzera, Turchia, Svezia, Portogallo e Irlanda prendessero una iniziativa comune. Gli ho rappresentato che, se anche non si volesse entrare nei dettagli, sarebbe tuttavia sempre utile che gli Stati neutri -nel loro stesso interesse -facessero conoscere alla Conferenza della pace il loro onesto desiderio che si addivenga ad una pace giusta, che non lasci strascichi e rancori, che non sia fonte di nuovi nazionalismi e nuovi irredentismi. Il mio interlocutore si è, a dir vero, mostrato perplesso, ritenendo che gli altri quattro Paesi neutri troveranno le stesse difficoltà della Svizzera a prendere posizione in delicate questioni cui sono del tutto estranei. Egli si domanda anche quale forma concreta dovrebbe assumere una eventuale iniziativa da parte di essi. Come mia idea personale, gli ho detto che i cinque Governi potrebbero fare una dichiarazione comune oppure incaricare i cinque rispettivi ministri a Parigi di svolgere una determinata azione concordata presso la Conferenza della pace.

Il signor Zehnder, non senza confermare le sue riserve, mi ha tuttavia assicurato che intratterrà della questione l'on. Petitpierre, che io non posso avvicinare perché tuttora in congedo per gravi ragioni di malattia.

La mia impressione è che, se è vero che questi ambienti sono favorevolmente orientati verso di noi come è dimostrato non solo dal linguaggio del Dipartimento politico ma anche dal tono della stampa (mio telegramma odierno n. O 153)2 , tuttavia la Svizzera, gelosa custode della sua neutralità e preoccupata, più che mai in questo momento, di seguire una politica di grande equilibrio, difficilmente si lascerà indurre ad adottare un atteggiamento che possa «pubblicamente» comprometterla verso l'uno

o l'altro dei gruppi di Stati che si contendono oggi il primato nella politica mondiale. Se tuttavia altri Stati neutri mostrassero qualche buona disposizione, il terreno sembra qui abbastanza favorevole per concretare un'azione che, compatibilmente con le inderogabili necessità della politica svizzera e nel quadro dei principi generali espressi nella Carta Atlantica, possa in definitiva risolversi a nostro vantaggio.

La settimana prossima mi riservo di avvicinare, a titolo personale, il consigliere federale Celio, il quale, anche per essere il rappresentante ticinese nel Consiglio federale, è certamente l'elemento meglio disposto verso di noi. E non mancherò altresì di prendere contatto con i locali ministri degli altri quattro Paesi neutri, sia per cercare di orientarli in modo uniforme nella eventualità che ricevano istruzioni dei loro Governi e sia per tener comunque viva la questione.

Per mia norma sarei grato se codesto ministero vorrà cortesemente informarmi delle reazioni dei quattro Governi di cui trattasi 3•

l Vedi D. 36. 2 Non pubblicato. 3 Vedi D. 138.

108

RIUNIONE INTERMINISTERIALE PER IL TRATTATO DI PACE

VERBALE 1 . Roma, 3 agosto 1946.

Presiede l'on. Bonomi. Paratore: Commenta gli aspetti economici del trattato. Esso non contiene clausole generali limitative (relative ad esempio alla nostra produzione industriale, esercizio di linee marittime, ecc.). Gravissime tuttavia una serie di clausole speciali. Cita in particolare il trattamento fatto ai beni italiani in Albania ed Etiopia; la rinuncia richiestaci ad ogni diritto per misure prese contro di noi ancor prima della nostra entrata in guerra; la rinuncia, parimenti richiestaci, di ogni pretesa di indennizzo da parte della Germania. Lo schema inoltre non prevede alcuna garanzia per la liquidazione dei beni italiani all'estero.

Corbino: Occorre vedere il trattato nel suo insieme. Se applicato alla lettera significherebbe per noi un completo disastro economico, sia all'estero sia all'interno. È gravissimo tra l'altro il fatto che le clausole non prevedono la possibilità di trattative dirette tra il Governo italiano ed i governi interessati per sistemare con accordi diretti bilaterali la questione del pagamento delle riparazioni. La strada rimane così aperta all'azione che magari singoli individui, approfittando della situazione, vorranno svolgere contro i beni degli italiani all'estero. Agli effetti dell'economia interna vi sono tre gruppi di clausole particolarmente gravi: a) quelle che regolano i passati rapporti tra noi e gli Alleati; b) quelle relative agli oneri che continuano ad addossarci; c) quelle infine che riguardano i futuri rapporti tra noi e gli Alleati per le riparazioni. Noi siamo nella materiale impossibilità di pagare queste ultime, soprattutto se verrà realizzata la minacciata spoliazione di tutti i nostri beni all'estero e se verranno applicate alla lettera tutte quelle altre disposizioni che priveranno la nostra economia di ogni possibilità di ripresa. Conclude affermando essere opportuno non opporsi a pagare le riparazioni, purché contenute in ragionevole misura, bensì chiedere l'alleviamento di tutte quelle altre condizioni che ci impedirebbero di pagare le riparazioni stesse.

Facchinetti: Chiede che possibilità ci sia di ottenere un miglioramento a Parigi.

Corhino: È da augurarsi che prevalga il buon senso.

Di Nola: Si dilunga ad illustrare il carattere onerosissimo del trattato, e tra l'altro i vari fattori che contribuiranno ad aumentare la nostra circolazione con conseguenze distruttive della economia italiana. Non se ne capisce la ragione. Se è comprensibile che ad esempio nel campo territoriale gli Alleati abbiano ceduto su Trieste ritenendo ad un certo punto che ciò fosse necessario per evitare la guerra,

l Il verbale precisa che sono presenti: «i ministri De Gasperi, Corbino, Facchinetti; gli on.li Bonomi, Saragat e Lombardo; il ministro di Stato Paratore (presidente dell'I.R.I.); i capi di S. M. Trezzani, Cadorna, Ajmone Cat e De Courten; il segr. gen. Prunas, il ministro Zoppi (A. poi.), il dott. Di Nola (A. ec.); S. E. Pilotti; il prof. Perassi, prof. De Rossi e Maresca (Contenzioso dipl.); il ministro Grazzi, dott. Luciolli, generale Aliberti, governatore Astuto, generale Bizzi, cons. di Stato Sorrentino, i sigg. Valletta (Fiat) e Senigallia (Finsider)».

diversa si presenta la situazione per la maggior parte almeno delle clausole economiche che sono state volute esclusivamente da loro. Si associa con la tesi del ministro Corbino circa la maniera di prospettare la situazione.

Bonomi: Chiede a Valletta quali conseguenze potrà avere la clausola relativa allo smaltimento degli impianti industriali italiani destinati alla produzione bellica. Valletta: Ritiene che non siano gravi.

Senigallia: Trova che dovremmo chiedere che gli Alleati fissino una cifra unica globale di riparazioni, salvo poi decidere come ripartirla fra loro. Ciò eviterebbe anche il rischio di azioni individuali contro i nostri beni all'estero.

Pilotti: Ritiene difficile che gli Alleati concordino. Dubita inoltre che ci convenga: il «pool» di danni farebbe anche sorgere la possibilità di un «pool» di «fondi di pagamento», il che ad esempio metterebbe a rischio i nostri averi in quei Paesi che hanno già dichiarato di rinunciare all'applicazione dell'articolo 69.

Di Nola: Ritiene opportuno che ad un certo momento si cerchi di iniziare discussioni a tu per tu con i singoli Paesi.

De Gasperi: Riassumendo insiste sulla opportunità che si prepari, per esposizione davanti al Ventuno, una dichiarazione generale che deve essere soprattutto diretta, pratica, chiara a tutti; che indichi quali siano le nostre disponibilità e quali i danni conseguenti all'applicazione del trattato. A prescindere da questa dichiarazione dobbiamo sperare che saremo ammessi a discutere in sede di commissioni: ed occorre quindi che si sia preparati e documentati anche per questa seconda eventualità. Passando ad altro argomento osserva che le questioni territoriali sono note a tutti e che non sembra quindi sia il caso di dilungarcisi in questa sede. Suggerisce quindi di passare alla questione militare.

Trezzani: Espone le conseguenze del trattato agli effetti della nostra sicurezza. Esso lascia aperte le porte d'Italia; aggrava questa situazione imponendo zone smilitarizzate e privandoci delle forze armate. Fra tutti gli aspetti considera più grave di tutti quello delle modifiche confinarie, che solo potranno essere nuovamente mutate con una nuova guerra. Circa la frontiera occidentale giudica che sia stato preciso proposito francese quello di eliminare l'Italia non solo come elemento offensivo ma anche come Potenza capace di difesa. Alla frontiera orientale il problema è complicato anche da fattori etnici e sentimentali. Ma anche dal punto di vista militare la situazione è gravissima: l'Isonzo non è più difendibile, non lo è il Tagliamento e non rimane in ultima analisi che il progetto di difesa sul Piave. La situazione è pertanto catastrofica. Dobbiamo batterci per conservare almeno il comune di Tenda e per lo meno il passo; ma soprattutto per conservare il Moncemsw.

Pilotti: Chiede che cosa ci sia di vero in quanto è stato scritto da autori francesi dopo il 1940, e cioè che la Francia si proponesse di attaccare la Germania attraverso l'Italia.

Trezzani: Posta in questa termini la cosa è assurda, perché la Germania non è attaccabile attraverso le Alpi. Quello che voleva Gamelin è attaccare l'Italia per eliminarla una volta per sempre come possibile nemico.

Saragat: Chiede se sia più importante il Moncenisio o il Col di Tenda.

Trezzani: Il Moncenisio.

Saragat: Chiede che valutazione si faccia della capacità offensiva della Francia nei prossimi anni. Trezzani: È difficile dirlo. Certo il '40 ha rappresentato una sorpresa per tutti. La Francia soffre soprattutto di una profonda crisi demografica.

Cadorna: Ciò che è più grave è che il momento della nostra maggior debolezza, durante i prossimi anni, coincide con quello di un possibile scontro tra due blocchi opposti in Europa. Ciò ci priva di ogni possibilità di difesa. In queste circostanze piuttosto che insistere su piccole modifiche territoriali, meglio basare la nostra argomentazione a Parigi sulla constatazione morale che sono stati violati i principì della difesa e indipendenza italiane.

Saragat: Concorda con Cadorna. Noi potremmo dichiarare che siamo pronti ad accettare le clausole territoriali e militari del trattato solo quando ci venga assicurata la piena ed effettiva protezione dell'O.N.U. Per il rimanente noi potremmo convincere i francesi a rinunciare alle rettifiche richieste solo quando li avessimo convinti che è storicamente impensabile una nuova intesa italo-tedesca. La Francia vive infatti ancora sotto l'incubo di una minaccia germanica.

De Gasperi: Quale è l'importanza della frontiera del Brennero?

Trezzani: Rappresenta una frontiera sicura.

De Gasperi: Ma la Pusteria?

Trezzani: Nel momento attuale una rettifica del confine a favore dell'Austria in

Pusteri:1 non ha importanza; ma di fronte ad una nuova futura minaccia tedesca, sì. De Gasperi: Il sacrificio al Brennero varrebbe qualche rettifica a nostro favore sulle altre due frontiere?

Trezzani: Dipende. C'è poi il pericolo che intaccato il principio geografico si giunga a Salorno. De Gasperi: La Jugoslavia da sola può rappresentare un pericolo? Trezzani: No.

De Gasperi: Allora si tratta di un problema russo. Ritiene Trezzani che la cessione di Pola sia stata voluta dai russi? Trezzani: Sì. La Russia vuole assicurarsi una base navale integrata da cantieri. Corbino: Se la Francia non vuole una intesa italo-tedesca non dovrebbe essere favorevole al mantenimento della frontiera italiana al Brennero?

De Gasperi: No. Assistiamo qui ad un vecchio progetto francese, favorevole alla creazione di uno Stato tedesco-cattolico come contrappeso alla Russia e come ponte verso oriente.

De Courten: Commentando gli aspetti marittimi del trattato rileva che il fatto nuovo emerso dalla recente guerra è quello della possibilità di sbarchi. Così la Valle del Po e tutto l'Adriatico rimane sotto permanente minaccia, e in una situazione estremamente più grave di quella verificatasi nella guerra 1915-18. Analoga situazione si presenta sul Tirreno. Anche se riuscissimo a chiudere le nostre porte di casa lungo i confini terrestri, rimangono aperte le coste. Venendo a parlare di clausole particolari: considera preoccupante ma passeggero l'obbligo di smilitarizzazione della penisola salentina e delle isole, idem per la Maddalena. Gravi invece

le riduzioni imposte alla flotta. Se la Francia è ossessionata dalla Germania, l'Inghilterra è ormai ossessionata dal Canale di Sicilia, e nonostante ogni nostra assicurazione non ci permetterà di rappresentare un nuovo pericolo. Ciò risulta evidente da come rimarrebbe composta la marina italiana, senza cioè avere alcuna caratteristica di omogeneità, ma solo atta a diventare parte integrante di quella britannica. C'è stato insomma dal punto di vista qualitativo il preciso proposito di ridurre la flotta italiana a flotta ausiliaria. Il proposito della marina per l'avvenire dovrà essere quello di assicurare l'addestramenento del personale nuovo. A Parigi dobbiamo insistere sulla necessità che ci lascino il maggior numero di armi difensive. Dovremmo chiedere almeno due o tre sommergibili per addestramento. Osserva che in questo trattato, a differenza di quello di Versaglia, le clausole militari imposte non sono accompagnate da previsioni di un disarmo generale. Venendo a parlare della lista B ritiene che il Governo italiano non possa accettare il principio che la nostra flotta sia considerata bottino di guerra. Si parli quindi di radiazione, di distruzione, magari di cessione di nostre unità in pagamento riparazioni: ma la trasformazione, con un colpo di penna, della nostra flotta da forze operanti in semplice bottino di guerra, potrebbe provocare nella marina profonde reazioni psicologiche. Abbiamo dalla parte nostra il diritto e la morale: e su questi dobbiamo essere intransigenti. Con un minimo di buona volontà si possono trovare delle formule. Osserva che se con la flotta greca abbiamo per lo meno avuto uno scontro in mare, la marina francese e jugoslava l'abbiamo viceversa solo vista nei porti dove i rispettivi equipaggi avevano innalzato la bandiera della resa. Come possono essi parlare allora di bottino di guerra? Nel trattato è anche prevista la cessione di tutta una serie di navi ausiliarie, ad esempio di navi cisterna, le quali non hanno alcuna caratteristica militare. Dòvremmo insistere a Parigi perché esse ci vengano lasciate nell'interesse dell'economia nazionale. Altro aspetto del trattato è quello di impedirci lo sviluppo di armi nuove, che sono sovente quelle più economiche. Anche qui si individua il proposito britannico di sterilizzare il Mediterraneo.

De Gasperi: Dubita che per quanto riguarda la cessione delle nostre unità si possa sostenere il punto di vista esposto da De Courten in linea di diritto, perché vi fu da parte nostra una resa incondizionata.

De Courten: Questo fu solo dopo il 23 settembre. Nell'armistizio di Cassi bile si parlò solo di «trasferimento» di unità italiane.

Cat: Si associa alle dichiarazioni di Trezzani. L'arma aerea può solo operare in collaborazione colla marina e con l'esercito: eliminati quelli, non ha più ragione di essere. Le limitazioni imposteci sono fortissime. Esse significano avere solo 120 apparecchi in linea, e cioè 30 in collegamento con l'esercito, 30 per il collegamento con la marina e solo 60 per la difesa nazionale. Ciò è tanto più disastroso di fronte alla apertura delle nostre frontiere. Si presenta poi il problema dell'addestramento. Come faremo infine per la sostituzione del materiale se si impongono limitazioni alla sua fabbricazione e ad ogni nuovo esperimento?

Facchinetti: Per quanto riguarda la parte economica abbiamo concordato la futura azione tattica a Parigi. Ma per quella militare? Il trattato segna la fine del nostro Risorgimento. Esso crea uno stato di angoscia che non può non influire sull'animo italiano. Perdiamo territori nostri alla frontiera francese; perdiamo Trieste; siamo alla vigilia di un esodo di popolazioni dall'Istria. Le concess10m

fatte dalla Russia alla Francia sulla frontiera occidentale sono indubbiamente una contropartita per l'atteggiamento mantenuto dalla Francia sulla questione giuliana. Cos'è allora questa sicurezza collettiva dell'O.N.U. quando noi soli dobbiamo avere le frontiere aperte? C'è insomma uno sfondo di ingiustizia. Per quanto riguarda la Francia dobbiamo denunciare l'atteggiamento da essa seguito: aveva o non aveva assunto impegni verso di noi al momento degli accordi per la Tunisia? Ci fu o non ci fu la lettera di Daladier a Campolonghi in cui si dichiarava di rinunciare alle riparazioni e ad ogni pretesa territoriale verso l'Italia? Ci fu il manifesto del prefetto di Belfort? Sa che vi sono ragioni per le quali non si possono invocare le dichiarazioni di Sforza. Si tratta comunque di una ferita profonda che danneggia l'amicizia italo-francese. Gli italiani di Francia hanno diritto di chiedersi il perché di questo atteggiamento della Francia. Per Trieste la soluzione è tristissima, priva di vitalità. In queste condizioni dobbiamo anche studiare la possibilità di rifiutare la nostra firma. La decisione comunque dipenderà dalla Costituente. Nel frattempo a noi il dovere di cercare di migliorare le condizioni del trattato, per quanto nutra scarsa fiducia sui risultati. A Parigi dobbiamo fare una riserva generale; mettere in contrasto il trattamento che ci viene usato con le promesse a suo tempo fatteci; dire che non parliamo solo dell'interesse italiano ma nell'interesse generale; che gli Alleati stanno sprecando la pace che hanno vinto. Questo è il linguaggio da tenere anche all'Assemblea costituente ed esso non mancherà di trovare un'eco anche fuori.

De Gasperi: Conclude ringraziando i presenti. In questo preciso momento è arrivata da Parigi notizia che è stato deciso di invitarci ad esporre il nostro punto di vista. Occorre essere pronti per partire mercoledì. Rispondendo a Facchinetti conferma che l'ambasciatore francese Couve aveva dichiarato che la definizione della questione tunisina era l'ultima questione in sospeso fra Italia e Francia.

Cadorna: Chiede che si cerchino garanzie per la questione dei criminali di guerra. Saragat: Rispondendo all'on. Facchinetti dichiara condividerne lo stato d'animo. Se il trattato fosse stato dettato solo da rancore sarebbe già grave. Ma è piuttosto stato il risultato di una situazione fatale, di un compromesso. Per questo è ancora più grave. È una battuta di arresto; una frana che si è verificata nella democrazia europea. Questo occorrerà spiegare agli Alleati. Quanto a citare le passate assicurazioni francesi, ciò sembra controproducente.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

R. 3047/1157. Madrid, 3 agosto 1946 (per. 1'11).

Poiché la data del 18 luglio segna ogni anno un momento marcante nell'andamento degli affari politici in Spagna ed è per lo più seguita da prese di posizione da parte di Franco di fronte all'opinione pubblica spagnola e internazionale, ritengo utile di riassumere la posizione generale del regime con perfetta obiettività senza voler fare profezie sull'avvenire più o meno remoto e senza pretendere di poter dire una parola definitiva, tanto fluido e complesso è il corso degli avvenimenti interni e delle ripercussioni esterne di quanto avviene in questo Paese.

La domanda che affiora da ogni parte specie nelle sfere diplomatiche e che oggi rivolgo a me stesso è: nell'anno trascorso 1945-46 la posizione di Franco si è rafforzata o si è indebolita? Vi sarebbero a mio parere buone ragioni per rispondere nell'uno e nell'altro senso. Ma le divergenti opinioni si possono tuttavia riassumere semplicisticamente in un fatto: l'uomo è riuscito a resistere attraverso difficoltà che parevano mortali in parte per abilità politica propria, ma in grandissima parte per insipienza politica altrui.

Cominciamo da un esame della politica interna. Nell'anno 1945 il problema di un mutamento di regime incombeva in modo decisivo. Inghilterra e Stati Uniti insistevano, senza farne mistero, per una mutazione quanto più rapida possibile e ad ogni costo. L'Inghilterra era di opinione che la via più facile e normale fosse un ritorno della monarchia. La missione dell'ambasciatore Mallet fu infatti diretta a questo scopo appoggiando con scarso senso di opportunità anche elementi monarchici consevatori di gretta mentalità e di scarsa efficienza politica. Don Juan, venuto alle porte del Regno nei primi mesi dell'anno, lavorava con gli elementi pronti per una restaurazione. Ora la situazione è capovolta. Non solo l'Inghilterra, come avevo preconizzato, si è accorta di avere fatto una politica controproducente; ma Franco, attraverso lo svolgimento stesso dei fatti, è riuscito a persuadere la maggior parte degli spagnoli che la monarchia non potrebbe oggi essere restaurata senza gravi pericoli per la compagine conservatrice dello Stato e che il maggior errore sarebbe di farla ritornare per opera di una Potenza straniera. Dal pretendente all'ultimo monarchico, sia pure a malincuore, le forze più inquiete della restaurazione si sono ormai persuase che la monarchia non potrebbe tornare al potere «senza o contro Franco» ed ultime sicure notizie dal Portogallo mi riportano che Don Juan ha dato ai suoi fedeli severi ordini e consigli di non assumere atteggiamenti anti franchisti, ma di prendere posizioni di benevola e tacita attesa nei confronti del regime esistente. Ciò è dettato anche dal vago timore di decisioni che Franco, esasperato, potrebbe prendere nel senso di escludere Don Juan da una possibile successione. In ogni modo è positivo che il Caudillo tiene per il momento monarchia e monarchici in mano e dirige la situazione come vuole con le sue solite arti di silenzi, di temporeggiamenti e di indeterminati progetti di consigli di reggenza e di referendum popolari per legalizzare, almeno apparentemente, la sua posizione. Egli si vale anche al momento opportuno di scandali messi a profitto della sua politica come è il caso recente del minacciato processo del tenente generale duca di Siviglia per concussione e per avere venduto illegalmente vagoni di viveri destinati all'esercito. Che i fatti attribuiti a questo discendente del ramo Borbone-Montpensier siano reali e che di essi si mormorasse da molto tempo è fuori dubbio; ma certo Franco ha saputo approfittare al momento opportuno di questa vergogna di un Borbone

come minaccia verso tendenze monarchiche che potessero affiorare nell'esercito e come mezzo di umiliazione dell'ambiente più prossimo alla monarchia.

Se la politica pro-monarchica dell'Inghilterra non ha fatto in fondo che indebolire la causa monarchica stessa e rafforzare quella di Franco, ciò può dirsi egualmente per quanto si riferisce alla politica franco-russa rispetto alla repubblica di Girai. Non ho mai nascosto, e da molti mesi, il nessun credito di cui godeva in

Spagna, anche presso le correnti opposte al falangismo, l'uomo messo a capo di un governo provvisorio in esilio, incapace di suscitare simpatie profonde nelle masse popolari spagnole all'interno e di meritare credito all'estero. Io ho assistito al lento declinare del mito Girai presso le stesse sfere americane che più avevano confidato in una soluzione repubblicana, portata qui dal di fuori e su cui l'ambasciatore Armour aveva certo fatto affidamento. Le esagerazioni retoriche, le false notizie sulla preparazione clandestina, le mancate promesse di azioni imminenti, il crescente bisogno di danaro e la scarsa personalità spirituale del capo repubblicano, hanno finito per rendere diffidenti e direi anzi quasi ostili i naturali e potenti difensori del repubblicanesimo spagnolo di occidente. Ciò che ha anzitutto rovinato il prestigio del governo Girai in Spagna è la supina acquiescenza alla Francia dietro la quale sta la Russia e l'essersi messo al servizio della politica francese in opposizione agli interessi spagnoli. La chiusura della frontiera pirenaica da parte della Francia, che fu un errore in quanto semplice gesto di significato ideologico che inasprì e non concluse, raccolse in unità di reazione gli spagnoli che troppo ricordano gli interventi armati francesi e la passione della guerra di liberazione dei primi anni del secolo decimonono per non ribellarsi a qualsiasi forma di intervento che si prospetti da oltre i Pirenei. Anche in questo caso la reazione, abilmente sfruttata da Franco, mentre raccoglieva più forze attorno a lui si riversava in corrispondente antipatia verso un regime in esilio che agiva in stretta colleganza con interessi di nazioni estere.

Si noti poi che gli attacchi mossi a Franco nell'O.N.U. ridondarono in parte a vantaggio suo. Gli stessi suoi avversari mi facevano notare infatti come ciò che gli si rimproverava nel Consiglio di sicurezza era precisamente quello su cui tutti gli spagnoli sono d'accordo e cioè la sua abilità nel rimanere fuori dali~ guerra. È evidente infatti che un governo Girai, di fronte alla responsabilità del conflitto mondiale, sarebbe fatalmente entrato in guerra sin dal principio durante l'alleanza germano-sovietica, a fianco della Russia, ed oggi la Spagna sarebbe devastata senza nessun vantaggio, mentre Franco seppe resistere alla tentazione di entrare a fianco dell'Asse quando questo appariva vittorioso e anche dopo seppe mantenersi fuori dal conflitto in modo da risparmiare alla Spagna la jattura di una guerra distruttrice. Ma l'insuccesso di Girai presso gli Alleati e di cui Franco si è valso, proviene principalmente dalle promesse che egli aveva fatto al Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. di avere in mano le prove che il Governo spagnolo attuale rappresentasse un pericolo per la pace mondiale; promessa che ha tutti i caratteri spagnoli della verità travisata dalle passioni. Di fatto egli non dimostrò nulla di positivo e gli elementi nuovi da lui portati innanzi come scoperte non ebbero altro effetto che di far sorridere chiunque, pur essendo nemico di Franco, avesse occhi per vedere e intelligenza per giudicare la realtà. Mentre d'altra parte non fece che infastidire gii anglo-americani che avevano le loro più precise informazioni sulla reale efficienza militare spagnola e che non poterono che giudicare menzognere le affermazioni di Girai. Il dottor Marafion, uno degli uomini più rappresentativi dell'intellettualismo progressista e che con Ortega y Gasset e Perez de Ayala aveva più aiutato alla formazione della generazione repubblicana, reduce da un recente viaggio in Inghilterra, mi disse infatti come egli, trattando con uomini di diversissima opinione e provenienza politica, avesse trovato in tutti una profonda avversione per i metodi usati dal capo del governo provvisorio della Repubblica spagnola in esilio. Non è

senza finire per diminuire il proprio prestigio che un uomo, che pretenderebbe rappresentare la Spagna democratica di domani, può aver assicurato che nel suo Paese esistevano centri di ricerca e studi per la bomba atomica; che a Granada esistevano industrie belliche in efficienza e che la Spagna possedeva corazzate da 35 mila tonnellate. Tutto ciò non ha fatto che indebolire e scalzare non dico l'idea repubblicana, che rappresentata da altri uomini potrebbe aver successo, ma questa Repubblica di gente superata e divisa protetta da forze esterne e che in fin dei conti le stesse Nazioni protettrici (come la Russia e la Francia) non osano riconoscere ufficialmente tanto sono poco convinte che essa rappresenti davvero la Spagna dell'intero popolo spagnolo. Dirò anzi in proposito che si va diffondendo tra i più acuti osservatori della situazione internazionale, la sensazione che la stessa Russia si valga del governo provvisorio di Girai come di una pedina per il suo sottilissimo gioco, ma che essa è più persuasa d'altri che una sostituzione di Franco con Girai sarebbe un errore ai suoi stessi fini. Una Repubblica di scarsa autorità e popolarità che non si reggesse in Spagna, sarebbe dannosa alla causa comunista ben più che il sopravvivere del regime di Franco. L'odiato Franco è un ottimo pretesto per agitare le masse, le opinioni pubbliche mondiali contro il fascismo; è un punto su cui far leva, è un pretesto unico per prendere posizione contro le democrazie anglosassoni e il loro giuoco politico in questo Paese. Ciò che la Russia nelle sue finalità imperialistiche potrebbe temere di più è una Spagna moderatamente democratica, quale Inghilterra e America preconizzano, senza il nome di Franco, senza questo simbolo delle passate dittature che è una sopravvivenza ma non più in nessun modo potrebbe essere un germe. Il giorno in cui Franco sparisse dalla scena del mondo verrebbe meno una grande arma polemica nella lotta, su questa testa di ponte, fra le forze opposte. Ciò potrebbe spiegare perché finora si sia fatto tanto rumore intorno alla questione spagnola, ma si sia concluso così poco; perché si sia inscenata una campagna internazionale contro un regime in liquidazione, che non ha riscontro con quelle condotte contro le dittature veramente minacciose nella pienezza della loro efficienza dinamica, mentre d'altra parte nessuno ha ancora osato inferire il colpo mortale.

Da quanto ho esposto si può comprendere la maggior fiducia che Franco ha acquistato in se stesso, nel più stabile equilibrio in cui si sente, grazie ai suoi stessi nemici. Nel ricevimento della Granja ho notato infatti quest'anno in lui una espressione di persona soddisfatta in contrasto con quella che gli appariva sul volto l'anno passato, nelle stesse circostanze, quando a dir vero tutti avevano dipinta in faccia la preoccupazione: da Franco che si sentiva sotto la pressione alleata che pretendeva a ogni costo un mutamento, ai ministri che già si sapevano sacrificati dal Generalissimo alla sua manovra di blanda «epurazione» degli elementi falangisti e di nuovo orientamento in senso monarchico, che doveva servire semplicemente per gettar polvere negli occhi all'inquieto ambasciatore Armour, preso dalla paura di non poter dire a Washington che il cambiamento era in corso. Di questo suo stato d'animo sono prova anche i discorsi che egli fece nella serata del 18 luglio con insolita loquacità. In una conversazione in piccolo cerchio, tra l'uno e l'altro «flamenco» egli non esitò anzi ad esprimere chiaramente la sua soddisfazione perché finalmente gli anglosassoni «stavano per capire che cosa fosse la Russia, quali i suoi metodi, quali i suci fini». Traspariva dal discorso che le sue informazioni segnavano un peggioramento nei rapporti dei due grandi blocchi e che finché questo velato conflitto tra alleati continua egli può respirare, per qualche tempo, tranquillo.

Devo però constatare d'altra parte che le ragioni di ottimismo alquanto superficiale di Franco non sono condivise dai più intelligenti collaboratori dello stesso mondo governativo, specialmente al Ministero degli esteri ove giungono più dirette notizie dell'opinione pubblica mondiale. Le due principali preoccupazioni sulla situazione attuale si riassumono così:

l) Finché Franco resta al potere non è assolutamente possibile che la Spagna rientri nella solidarietà della vita internazionale. Un cerchio di ferro si va sempre più stringendo intorno a essa. Il dott. Marafi.on, col quale ebbi oggi un lungo colloquio, reduce appunto dal viaggio in Gran Bretagna di cui ho già parlato più sopra, mi esprimeva ciò che aveva riferito allo stesso Martin Artajo, ossia che da ogni parte, a cominciare da Lord Templewood per finire ai laburisti più accesi, egli si era fatto l'idea precisa che gli ànglosassoni erano concordi nel ritenere che un mutamento in Spagna fosse assolutamente necessario, per permettere a questa Nazione di rientrare nella fratellanza degli Stati europei. Essi ritenevano in genere che la restaurazione monarchica potesse rappresentare la forma possibile di successione e in estrema ipotesi avrebbero anche tollerato la continuazione del presente regime, per un periodo intermedio, purché si scegliesse un altro capo. In nessun caso però sarebbe stato possibile un accordo tra Nazioni Unite e Spagna con la permanenza di Franco al potere. Ora l'ostinazione di Franco nel voler rimanere ad ogni costo (secondo quanto disse Martin Artajo a Marafi.on per tre o quattro anni ancora) potrebbe creare da un momento all'altro una situazione pericolosissima di dissidio tra interessi nazionali e personale del capo dello Stato, e la stessa abilità di Franco potrebbe ripercuotersi tragicamente negli interessi vitali del Paese che ha assoluto bisogno di rientrare nella circolazione della vita internazionale.

2) L'altra preoccupazione gravissima è quella riguardante la situazione economica e alimentare. Di essa fu già riferito ampiamente; e mi riprometto di seguire con la maggiore attenzione Io stato reale di questo importante fattore del processo risolutivo del regime. Ma per riassumere con brevità sostanziosa l'opinione degli osservatori spassionati riferirò alcuni giudizi del nunzio apostolico monsignor Cicognani. Egli mi affermava con un senso di profonda preoccupazione che «oggi in Spagna il popolo ha fame nel più stretto senso della parola. I poveri non mangiano, e quando in un Paese non si mangia non si può garantire su ciò che può succedere all'indomani ... Questo ho detto e questo continuerò a ripetere a Martin Artajo perché lo ripeta a Franco. Ma non mi pare che si abbia qui la sensazione esatta del pericolo che si corre; né che le classi dominanti abbiano la visione lungimirante di quanto sarebbe nel loro stesso interesse di accordare e di provvedere senza indugi».

Altra importantissima testimonianza è quella del dott. Marafi.on il quale per la sua professione è in continuo contatto col popolo negli ospedali. Egli mi faceva presso a poco le stesse constatazioni del nunzio. Ma aggiungeva con più acuto senso critico che ciò che esasperava il popolo non è tanto la fame (il popolo spagnolo è abituato a sopportarla da secoli con straordinaria forza di adattamento) ma è la convinzione che troppi e troppo alti esponenti della politica speculano sui generi alimentari di prima necessità, succhiano per così dire il sangue del popolo. Questa è la ragione vera di un diffuso rancore popolare che può rappresentare la scintilla che accende l'incendio. D'altra parte (è sempre il dott. Marafi.on che discorre) lo splendido raccolto dell'annata agricola in corso può rappresentare piuttosto un pericolo che un rimedio allo stato d'animo delle masse poiché la bellezza delle messi biondeggianti ovunque, anche nell'arida Castilla, ha creato una illusione di prossima abbondanza, d'imminente divisione dei beni della terra che le popolazioni esauste hanno visto maturare sotto i loro occhi, ma che non giungerà a saziare la loro fame che assai tardi e in ridotta misura poiché l'attuale raccolto deve compensare molte passività arretrate degli anni magri. Quali potranno essere allora le conseguenze politiche di questo svanire del miraggio di abbondanza da paradiso terrestre che ha illuminato in questi mesi la speranza dei poveri?

Questi sono anche a mio parere i più veri pericoli che minacciano Franco e il suo regime. Egli può rallegrarsi di una situazione che per insipienze altrui si è svolta tutta a suo vantaggio e pensare con soddisfazione che un altro anno è passato, che un'altra difficile prova è stata superata, ma il male che lo può realmente condurre alla fine è più profondo e immanente; e non viene dall'O.N.U. che continuerà a infastidirlo di stagione in stagione, senza giungere ad una conclusione capitale. È il pericolo che viene dalle viscere stesse delle cose, dalla logica della storia, dal naturale giudizio del paziente popolo lavoratore.

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L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13622/106. Nanchino, 4 agosto 1946, ore l (per. ore 12 del 5).

Essendo definizione rapporti con la Cina affidata ormai trattative Parigi anche per la parte che può formare oggetto di accordo diretto fuori del trattato di pace, ritengo, anche per migliorare possibile informazione nostra delegazione Conferenza, riassumere situazione come segue. Le richieste cinesi comunicate con mio 92, e di cui ai successivi miei 94, 100, l05 1 , costituiscono programma massimo rivendicazioni cinesi nostri confronti alla Conferenza pace. È mia impressione che cinesi non abbiano certezza che loro rivendicazioni saranno accolte in blocco e senza discussioni dalla Conferenza. Anche per questo ritengo che delegazione cinese a Parigi sarà favorevolmente disposta a trattative e incontri diretti delegazione italiana fuori della Conferenza. In tali incontri ritengo debbasi aver presente che esistono, grosso modo, tre ordini di questioni, corrispondenti a tre zone concentriche di rivendicazioni cinesi.

Primo: rinuncia da parte nostra ai diritti ed ai privilegi di extraterritorialità goduti in Cina come conseguenza dei cosidetti trattati ineguali, e cioè essenzialmente rinuncia alla giurisdizione consolare, trasferimento alla Cina del controllo sul quartiere delle legazioni di Pechino, trasferimento alla Cina dell'amministrazione della Concessione di Tientsin e dei settlements di Shanghai ed Amoy. Quando sia chiarito (sia pure con semplice scambio di lettere da tenere segrete per prestigio interno

l Vedi DD. 46, 48, 78 e 100.

121 Governo cinese) che tali rinunce non implicano di per sé rinuncia alle proprietà demaniali situate nelle zone la cui amministrazione verrebbe retrocessa, conviene, di fronte a questa prima rivendicazione, mostrare la maggiore correttezza. Del resto, non si farebbe, accogliendola, se non consacrare lo stato di fatto già esistente e fare quello che tutti i Paesi già titolari di analoghi privilegi hanno già fatto da tempo. Per essere questa una rivendicazione non necessariamente legata alla guerra e alla sconfitta ritengo che essa sia la più idonea a formare oggetto di un accordo diretto liberamente negoziato fra le due delegazioni, fuori del trattato di pace. Naturalmente, questo mio suggerimento perderebbe di valore qualora nostra delegazione Parigi avesse fondato motivo di ritenere che cinesi, avendo intascato rinuncia extraterritorialità in accordo diretto, potessero poi più facilmente ottenere altre maggiori concessioni in sede di trattato di pace. In tale ipotesi converrebbe che tutto il conto presentato dalla Cina, anche per questa prima e più modesta parte, venisse saldato dalla Conferenza. Se da formulata rinunzia di principio in accordo diretto dovessimo poi subirne conseguenze in trattato di pace, meglio varrebbe fare viceversa e cioè accettare inclusione rinunzia di principio in trattato di pace e riservare regolamento conseguenze pratiche ad accordo diretto successivo.

Secondo: sorte nostre proprietà demaniali Cina. È questione per così dire a cavallo fra spontanea nostra rinunzia all'extraterritorialità e imposizioni che dovremmo subire causa sconfitta. Da un lato infatti cinesi sostengono che, caduti i trattati ineguali, cadono le proprietà che dai trattati ineguali derivavano; tra l'altro potremmo obiettare che le Potenze che hanno rinunciato all'extraterritorialità hanno però conservato le rispettive proprietà demaniali (mediante le formule della concessione da parte cinese a favore del Governo straniero interessato all'uso dei terreni sui quali ineriscono gli edifici di proprietà di quel Governo). Appunto perché essa involge una questione di principio e perché essa può costituire un precedente, è questa una rivendicazione cui i cinesi hanno mostrato di attribuire estrema importanza, e sanno verosimilmente di profittare al massimo della nostra debolezza attuale per imporla. È possibile che una qualche resistenza a tale richiesta cinese si produca da parte di delegazioni di Paesi aventi interessi qui (alludo a possibili resistenze spontanee: ché, sollecitandole noi, rischieremmo avere l'aria voler risuscitare il fronte delle Potenze capitolari urtando irreparabilmente sensibilità cinese sempre desta su questo punto). Ognuno infatti ricorda che rinunce imposte fuori di Europa dopo prima guerra mondiale ai Paesi europei sconfitti servirono come precedente per chiedere poi eguali rinunce a tutti altri Paesi europei e ognuno avverte che una rinuncia alle nostre proprietà demaniali, specie se in accordo diretto e quindi non legato necessariamente alla sconfitta, potrebbe non giovare in futuro alle altre Potenze già titolari di privilegi in Cina. Ma, per la stessa ragione, grande è il valore che a tale rinuncia attribuiscono i cinesi. Per tanto, e perché la Cina non è del tutto certa di avere su questa sua rivendicazione l'altrui appoggio, è questo un punto su cui può utilmente svolgersi un negoziato diretto. Ritengo che alla richiesta cinese di rinunzia alle nostre proprietà demaniali, specie di carattere militare, non convenga opporre, in sede di negoziato diretto, un rifiuto pregiudiziale. Eventuale rinuncia nostre proprietà demaniali in Cina non (dico non) estesa a proprietà site in Shanghai, fra cui consolato e Casa Italia valutata oltre milione dollari americani, perché derivanti non da trattati ineguali ma da regolari contratti, con possibile eccezione, cui cinesi sembrano disposti, di ambasciata Pechino, potrebbe, per importanza che cinesi vi assegnano, efficacemente servire a confermare delegazione cinese in un possibile atteggiamento a noi favorevole. Vale tuttavia anche qui la riserva di cui al punto precedente: la rinuncia in sede di accordo non avrebbe senso se ci fosse da temere che, intascate le proprietà demaniali come effetto indiretto della nostra rinuncia agli antichi privilegi, la Cina spostasse poi su altri nostri beni la sua richiesta di riparazioni in sede di trattato.

Terzo: perdita dei nostri crediti verso la Cina o eventuale confisca delle proprietà italiane in Cina. Qui siamo del tutto fuori del campo degli antichi privilegi e del terreno proprio di un accordo diretto. Siamo nel campo delle condizioni di pace da imporre al vinto. Si tratta insomma di richiesta di riparazioni. È ovvio che la delegazione italiana si batterà energicamente contro tale richiesta, la quale sarà probabilmente contrastata o almeno disapprovata da altre influenti delegazioni. Tuttavia, qualora potessero ridursi le richieste cinesi al ristoro dei danni sofferti dai loro nazionali in Italia e al rimborso delle spese di internamento degli italiani in Cina, qualora si potessero liquidare tali partite con la rinuncia a crediti governativi italiani in Cina senza mettere a repentaglio le private proprietà, qualora infine si potesse stipulare un simile accordo senza compromettere le nostre posizioni di principio in tema di riparazioni, potrebbe forse, non formulo che una ipotesi, convenire il farlo se ciò fosse il prezzo da pagare per l'appoggio concreto ed efficace della Cina su determinati punti del trattato di pace.

Ricordo poi, a conclusione, che il Governo cinese, per quanto si possa prevedere qui, manterrà un atteggiamento genericamente e interamente a noi benevolo nelle principali questioni, nel senso e con i limiti indicati nei miei 86, 91 1 e l 05. La consapevolezza di una tal quale corrispondenza di posizione fra Italia e la Cina nel gioco dei Tre Grandi ed il ricordo di una antica amicizia mai profondamente turbata, l'assenza di quei profondi anche se inespressi motivi di rancore, che dividono la Cina da altre Potenze europee, la necessità pubblicamente dichiarata da questo ministro, all'indomani mio colloquio, di non compromettere le appena rinate forze liberali democratiche nei Paesi vinti, la docilità allo stato attuale delle cose delegazione cinese verso quella degli Stati Uniti, sono elementi che operano in tale senso. Tuttavia, questo non vuoi dire che la Cina vada a Parigi per fare la politica delle mani nette. Essa ha le sue rivendicazioni da presentare che vanno da un minimo (punti l c 2) a un massimo (punto 3). Due clementi si riveleranno a Parigi: in che misura potremo contare su appoggio e solidarietà altre Potenze «bianche» contro rivendicazioni cinesi, in che misura delegazione cinese godrà di autorità e di autonomia tali che a noi convenga «comprarne» il voto. Da questi due elementi potrà dipendere per la nostra delegazione a Parigi la scelta fra la linea di condotta di resistenza alle rivendicazioni cinesi, che tenti di salvare il salvabile di quanto resta del nostro patrimonio qui, e una linea di condotta di volenterosa adesione a quanto vi è di accettabile in quelle richieste, che ci valga l'appoggio della Cina nelle maggiori questioni che dovranno essere decise dalla Conferenza. Tutto questo, naturalmente, senza mai dimenticare che le carte «asiatiche» di cui noi possiamo disporre per comprare voto cinese a noi favorevole su problemi europei sono infinitamente più deboli di quelle che altri hanno per comprare voto a noi contrario.

Prego voler comunicare questo mio telegramma ambasciatore Soragna.

l Vedi DD. 25 e 42.

111

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATA A RIO DE JANEIRO

T. 12020/226. Roma, 4 agosto 1946, ore 2.

Per Sforza. Ti ringrazio tuoi telegrammi 1•

Seguo tua attività che varrà indubbiamente a tenere desta e attiva opinione latino-americana. È bene tu tenga presente che progetto trattato elaborato dai Quattro ha provocato profonda reazione sia alla Commissione esteri che al Consiglio dei ministri. Mutilazione frontiere, distribuzione parte flotta come bottino di guerra, disarmo unilaterale, che apre il suolo della patria a qualunque offesa e annulla ogni possibilità di sia pur temporanea difesa, clausole economiche durissime che includono riparazioni, confisca beni italiani all'estero, rinuncia a qualunque nostra anche giusta pretesa nei confronti di chicchessia, compresa la Germania, hanno sollevato in Consiglio reazione unanime. A stento ho ottenuto comunicato interlocutorio e non, come si voleva, esplicita e immediata dichiarazione di inaccettabilità se i Ventuno non riusciranno ad apportare sostanziali modifiche. Inquadra tue parole e tua azione in questa generale cornice che corrisponde ai sentimenti unanimi del Paese. lo partirò a giorni per Parigi.

112

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 13588/911-912. Parigi, 4 agosto 1946. ore 13,15 (per. ore 17,30).

Da Soragna:

«Mio 8922 . Chiusura prima settimana Conferenza pace è segnata da netto successo Grandi Potenze che in sede Commissione procedura hanno fatto prevalere loro punto di vista circa rotazione giornaliera presidenza ristretta a Quattro Grandi più Cina. Questione in sé non ha molta importanza, ma ha dimostrato che Grandi Potenze, quando rimangono unite e proprio lo vogliono, riusciranno sempre schierare dalla loro parte numero sufficiente di piccoli per raggiungere maggioranza. Questa constatazione ed esame situazione sul luogo sta già rapidamente agendo su delegazioni Ventuno. Esse si vanno rendendo conto che decisioni dei Quattro che hanno dato vita ai progetti di trattati sono risultato di

l Vedi DD. 83, 89 e 96. 2 Vedi D. 97.

una necessaria unanimità faticosamente raggiunta e che sarebbe impossibile, in questa seconda fase, aspirare a modifiche essenziali del trattato che riposino su criterio semplice maggioranza e non su nuova quasi unanimità che includesse necessariamente i Quattro Grandi. Ciò significa che non si possono intravvedere cambiamenti importanti se non grazie a defezione dal loro gruppo di uno dei Quattro o meglio dei Tre o forse dei Due Grandissimi. Ma i Grandi insistono precisamente nell'affermare la loro solidarietà e sebbene Byrnes assicurato i piccoli che delegazione americana si è riservata piena libertà esaminare ed eventualmente accogliere qualsiasi raccomandazione, tutti comprendono carattere pratico assai limitato tale impegno.

Circa procedura votazione delle raccomandazioni si delinea compromesso britannico che ammette presentazione tanto raccomandazioni votate maggioranza due terzi quanto consenziente a maggioranza semplice, ma dando a questa valore secondo grado. In pratica quindi varranno soltanto raccomandazioni gradite ai Grandi.

Discorso Spaak, che iersera chiuso ciclo discorsi apertura, riassume con ogni chiarezza ed energia aspirazioni egualitarie piccoli Stati, ma anche loro stato d'animo davanti palesi impossibilità di poterle realizzare. Ciò posto, per quanto ci riguarda, anche delegazioni amiche ci fanno intendere che efficace azione a favore nostro dovrà restringersi ai punti che progetto trattato lascia in qualche modo aperti. Ci rimane speranza almeno che tale rigidità giuochi a favore nostro su questione Alto Adige, sulla quale quasi certamente da qualcuno verrà proposta raccomandazione in senso parziale o totale favorevole tesi austriaca».

113

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A PARIGI

T. 12027/630. Roma, 4 agosto 1946, ore 16.

Diffusione discorso Bevin con notizia che «tirolesi» sarebbero sentiti Conferenza pace ha provocato nuova effervescenza in Alto Adige dove situazione era andata normalizzandosi dopo annunzio decisione Quattro Grandi e popolazione allogena si mostrava disposta pacifica collaborazione nel quadro autonomia regionale. Invito rivolto direttamente popolazioni interessate sembra inutile ed inopportuno ove si ritenga acquisito principio permanenza Alto Adige all'Italia, tanto più che eventualmente esso dovrebbe venire esteso anche a popolazioni lingua italiana prolungando così stato incertezza e tensione locale.

Prego V. E. esporre tale nostro punto di vista nel modo che riterrà più opportuno a codesta delegazione britannica possibilmente provocando chiarimento notizia sopra riportata 1 .

t Per la risposta vedi D. 116.

114

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 13617/437. Mosca, 4 agosto 1946, ore 22,18 (per. ore 7 del 5).

Da lunga conversazione informativa che ho avuto con Dekanozov su questioni economiche e riparazioni, e su cui riferirò personalmente a V. S., ho tratto seguenti 1mpresswm:

l) Alcune almeno misure prese Polonia Cecoslovacchia nei riguardi crediti italiani sono dovute a suggerimento russo, partendo dal punto di vista che si tratta beni crediti triestini. Allora poteva essere questione stessi dovessero essere considerati interessi italiani o jugoslavi: attualmente non è ancora deciso se essi debbano essere considerati come italiani ossia ex nemici o come triestini nel qual caso tendenza russa sembra essere che essi non debbano essere considerati come ex nemici ma come cosa a sé. Noi desideriamo, ha detto Dekanozov, che nuovo Territorio sia economicamente vitale: per questo è necessario che esso abbia all'estero non solo debiti ma anche crediti attività. Bisognerebbe noi studiassimo se e fino a che punto questa tesi ci conviene.

2) Circa questione di cui al suo telegramma 11567 1 ho impressione che russi e jugoslavi intendano valersi precedenti trasferimento stessi territori da Austria ad Italia. Secondo quanto mi ha detto Dekanozov (non so fino a che punto questo sia esatto) nessun credito è stato riconosciuto all'Austria, nemmeno a titolo riparazioni, su proprietà sia statali che private esistenti al momento della pace su questi territori. Se questo è esatto trattasi argomento molto forte c non facile controbattere efficacemente. Bisognerebbe quindi esserci preparati convenientemente.

115

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 13616/112. Ankara, 5 agosto 1946, ore 16,15 (per. ore 12 dell'B).

Suo 118352 . Non ho bisogno assicurare che mi rendo pienamente conto massima importanza della questione e che mi adopero per il meglio. Purtroppo non vedo speranza

1 T. 11567/c. del 6 luglio, con il quale venivano ritrasmesse le seguenti istruzioni già inviate a Londra, Parigi e Washington: «In vista prossime discussioni Conferenza Parigi circa riparazioni italiane Jugoslavia, prcgasi prospettare codesto Governo situazione principali attività industriali italiane site territorio jugoslavo e Venezia Giulia, le quali sono state per quasi totalità sequestrate c nazionalizzate. Questo Governo intende sostenere energicamente tesi che, fatta ogni riserva sulla legittimità degli atti di espropriazione adottati dalle autorità jugoslave, in ogni caso le espropriazioni devono comportare pagamento di giusto indennizzo, da computarsi nell'ammontare delle riparazioni che fossero messe a carico dell'Italia».

~Vedi D. 91.

di un mio utile intervento almeno fino martedì 6 corrente 1 . Solo lunedì nuova Assemblea Nazionale si riunirà ed eleggerà presidente della Repubblica e Governo verrà ricostituito. Come ho ripetutamente riferito, si è qui in seria crisi politica interna, che si va inasprendo e di cui non è possibile prevedere tutte le ripercussioni.

116

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13675/916. Parigi, 5 agosto 1946, ore 22.20 (per. ore 8 del 6).

Da Carandini:

«Telegramma ministeriale 630 2 . Bevin aveva dichiarato ai Comuni che a Parigi anche ex nemici avrebbero avuto modo essere ascoltati. A vendo gli interpellante chiesto se ciò si applicava anche sud tirolesi egli rispose: "Evidentemente sì" dato che deliberazioni Quattro erano soggette a raccomandazioni Ventuno. A questa eventualità mi sono riferito con mio precedente telegramma da Londra. Delegazione inglese ha dichiarato che accenno Bevin possibilità tirolesi presentare loro caso è stato estemporaneo. Stessa delegazione è stata informata telefonicamente che Foreign Office interpreta dichiarazione come riferentesi eventuale nuovo invito Governo austriaco e non ascoltare rappresentanti tirolesi, e che non è da escludere Governo inglese per soddisfare opinione pubblica possa prendere iniziativa e consentire Austria esprimere suoi desideri per quanto riguarda garanzie autonomia Alto Adige ma non (dico non) per rettifiche territoriali. Questa delegazione britannica è poi del parere che Bevin consideri ormai mancata soddisfazione richieste austriache Alto Adige come vantaggio elementare per rafforzare tesi inglese contraria mutilazioni in Austria orientale. Avrebbe provocato cattiva impressione presso Governo ed opinione inglese la notizia che Governo italiano intenderebbe estendere autonomia Provincia Trento diluendo quindi la posizione della minoranza di lingua tedesca».

117

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13730/435. Madrid, 6 agosto 1946, ore 20 (per. ore 10,30 del 7).

Invitato a colloquio stamane da questo ministro affari esteri, ne ho approfittato per esprimere viva compiacenza per concessa liberazione condannati Valenza (mio

l Vedi D. 118. 2 Vedi D. 113.

127 telegramma n. 429) 1 e per accelerata risoluzione difficoltà e lentezza accordo commerciale. Egli mi ha assicurato perfetta concordanza e buona volontà spagnola concretare in breve tempo accordo. Egli non mi nascose tuttavia, nella forma più discreta e cortese, notizia data da radio italiana e radio estere sui rapporti intercorsi a Parigi tra ministro Nenni e governo repubblicano in esilio Girai; notizia che aveva particolare importanza, essendo Nenni ufficialmente preconizzato futuro ministro degli affari esteri Repubblica italiana. Cercai ricondurre spiegazione del fatto sul piano rapporti amicizia personale tra ministro Nenni e repubblicani spagnoli in esilio, e assicurai perfetta lealtà e correttezza Governo italiano che non deviava da linea stabilita in armonia con le democrazie alleate dopo il Convegno Potsdam 2 .

Ministro affari esteri mi soggiunse che le informazioni pervenutegli da Parigi segnalavano trattative accordi tra Girai e membri della delegazione italiana per la pace. Ammise che probabilmente notizie, di provenienza Girai, erano una vanteria esagerata ai fini politici di quest'ultimo e disse sorridendo che la politica italiana era troppo intelligente per compromettersi con Governo repubblicano spagnolo proprio nel momento in cui esso stava perdendo credito presso Governi Inghilterra e America e godeva scarsa simpatia all'interno Spagna anche negli ambienti di opposizione repubblicana.

118

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13803/117. Ankara, 7 agosto 1946, ore l (per. ore 23).

Mio telegramma 1123 . Questo Governo è da 1en m una crisi che si annunzia molto vasta. Data urgenza, ho quindi creduto opportuno interessare alla questione segretario generale Ministero affari esteri, ambasciatore Erkin, che è del resto influentissimo e col quale intrattengo rapporti particolarmente cordiali. Egli mi ha ascoltato con molta attenzione e comprensione. Alla sua osservazione che Turchia non è fra i neutri e non è quindi nella situazione della Svizzera e degli altri, io ho obbiettato appunto perciò la sua posizione è più forte e che del resto i suoi interessi mediterranei sono maggiori. Egli mi ha ricordato delicatezza dei rapporti tra Turchia e U.R.S.S. e anche per altri riguardi fra Turchia e anglo-sassoni (mio telespresso in data 15 luglio numero 708)4 . Ne ho convenuto: ma ho insistito perché Turchia

l Non pubblicato.

2 Prunas telegrafò il IO agosto (T. 12357/243) a Gallarati Scotti: «Ministro Pietro Nenni, il quale ha preso conoscenza del telegramma in riferimento, conferma interpretazione da lei data al ministro degli affari esteri spagnolo del colloquio da lui avuto con Girai a Parigi».

3 Vedi D. 115.

4 Non pubblicato.

128 ci dia in questo momento così decisivo per noi una prova di amichevole solidarietà; ed ho anche accennato alla desiderabilità che essa non finisca per rimanere sola in un atteggiamento agnostico verso di noi. Come mia idea personale ho suggerito di entrare in contatto con Svizzera e Svezia. Erkin mi ha assicurato che ci penserà e parlerà della cosa a chi di ragione. Io ho insistito sulla urgenza. Per conto mio intratterrò ancora appena possibile personalmente ministro affari esteri appena sarà nominato o confermato 1• Codesto ministero si renderà conto di quanto queste mie insistenze siano rese difficili dalla campagna di insulti contro la Turchia intrapresa in questi giorni dai giornali romani (mio telegramma 116) 2 con gente suscettibile come questa 3 .

119

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi (Ambasciata d'Italia), 7 agosto 1946, ore 18,20.

L'on. Bonomi apre la seduta.

De Gasperi: Spiega qual è l'atteggiamento del Governo nei confronti dello schema di trattato di pace, rifacendosi agli scambi di idee intervenuti al riguardo in sede di Consiglio dei ministri e nella discussione alla Commissione degli esteri 5 . Siamo dinanzi ad un documento di cui non abbiamo e non dobbiamo assumere alcuna responsabilità. Siamo stati chiamati talvolta, è vero: ma per singoli settori e senza possibilità di discussione. Le conclusioni fissate nello schema di trattato sono state raggiunte dagli Alleati in un ambiente ermetico, senza nostra consultazione ed il più delle volte senza neppure darcene informazione. Si tratta di un vero e proprio Diktat nella forma e nella sostanza. A questa constatazione deve corrispondere il nostro contegno generale. La questione se è il trattato destinato a portare o no la nostra firma diventa allora secondaria. Così pure va chiarito il termine «accettare» o no. Il trattato infatti può anche essere accettato come viene accettata una sconfitta, nel senso che non è possibile sottrarvisi. Noi abbiamo un compito ingrato e difficilissimo. Non si tratta di decidere problemi interessanti i prossimi pochi anni ma una soluzione di carattere permanente. L'Italia torna alle condizioni di prima del Risorgimento: le sue frontiere restano completamente aperte; suoi territori nazionali le vengono strappati; le clausole economiche sono gravissime. Non dobbiamo disperare di ottenere qualche miglioramento particolarmente nel campo economico ed anzi questo deve essere il nostro proposito ed

l Vedi D. 132.

2 Non pubblicato.

3 Per la risposta vedi D. 137.

4 Il verbale precisa che sono presenti «gli on. De Gasperi, Bonomi, Saragat, i quattro capi di Stato maggiore, gli ambasciatori Quaroni, Carandini, Tarchiani, Reale e Soragna, il prof. Perassi e il prof. Sorrentino, l'on. Pesenti, il dir. gen. Di Nola, il governatore Cerulli e il governatore Astuto, l'ambasciatore Cora, gli on. Brusasca, Bettiol e De Berti». In effetti è presente anche il ministro Corbino.

5 Vedi D. 92.

129 il nostro sforzo. Ma questo dobbiamo anche fare in modo da non implicare una

nostra corresponsabilità. Per questo la necessità che noi si fissi chiaramente il

nostro atteggiamento; per questo egli si augura che sia data alla nostra delegazione

la possibilità di esprimere chiaramente il nostro avviso su tutto il trattato nel suo complesso: cosa che sin ora non ci è stata consentita. Quella che hanno preparata gli Alleati è in realtà una pace provvisoria, un accomodamento. È un accantonamento di varie questioni e non una pace costruttiva. Basta constatare che essa non contempla neppure la questione fondamentale del problema germanico. Non è il risultato di una soluzione concordata dai Quattro in vista di una soluzione generale; sembrerebbe essere un espediente per evitare un male maggiore. Il Governo è stato accusato di non aver saputo trattare? La critica è ingiusta: anzitutto perché non ce ne è stata data la possibilità; in secondo luogo, come sarebbe stato possibile trattare senza compromettere la questione di carattere generale? Forse, ad esempio, che il Governo avrebbe potuto negoziare la rinuncia a Trieste? È lieto di apprendere che la Conferenza dei Ventuno avrebbe deciso di sentirei sabato sulla questione generale. Ciò faciliterebbe il nostro compito in quanto ci permetterebbe di porre la questione di principio, salvo poi accettare di discutere sui singoli argomenti in sede di comitato onde cercare di ottenere praticamente dei miglioramenti. Occorre dunque prima chiarire quale sia la nostra posizione e poi far ogni sforzo per migliorarla. Chiede ai presenti di considerare se, una volta esposto il nostro punto di vista generale, è opportuno che si passi a fare delle proposte concrete. In altri termini, dobbiamo far della critica o dobbiamo avanzare delle proposte? Egli ha riletto recentemente il progetto americano di modus vivendi 1 , giungendo alla dolorosa constatazione che esso era meglio del trattato che oggi ci viene proposto. Lo era certo dal punto di vista economico, come pure da quello della nostra sicurezza. Occorre ricordare San Francisco e l'O.N.U. Come si armonizza questo trattato con la nostra appartenenza all'O.N.U.? Che valore potrà avere questa appartenenza in siffatte condizioni? Ritiene comunque che dobbiamo anche dare l'impressione che vogliamo portare un contributo positivo alla ricostruzione mondiale, dando al nostro intervento alla discussione un carattere al di sopra del semplice interesse dell'Italia e portandolo nel campo idealista. È opportuno anzi affacciare un programma europeo; dobbiamo dar chiara sensazione che ci mettiamo sui grandi binari della democrazia. Dobbiamo insomma portare una parola nuova cd attraverso di essa giungere anche all'opinione pubblica mondiale. Se anche andiamo a casa con una sconfitta, occorre che questa sia dignitosa. Per quanto riguar.da i problemi tecnici raccomanda formule semplici ed uno sforzo di volgarizzazione.

Bonomi: È lieto di apprendere che siamo stati ammessi ad esporre il nostro punto di vista sulla questione generale del trattato. È d'accordo col presidente nell'impostazione che occorre dare alla nostra esposizione. Il discutere in commissione su singole questioni ci taglia le gambe in quanto ci obbliga ad assumere un atteggiamento di collaborazione sopra i dettagli del trattato, indebolendo la nostra posizione generale. Bisogna dunque che il lavoro delle commissioni sia preceduto da

l Vedi serie decima, vol. III, D. 505, Allegato.

chiare e precise dichiarazioni generali. Ricorda al riguardo il precedente della Conferenza di Cannes, dopo la prima guerra mondiale, quando alla Germania fu data la possibilità, per la prima volta, di esporre il proprio punto di vista su tutta la questione del Trattato di Versailles, e ciò essa fece con notevole efficacia. Enumera alcune delle questioni che possono fare oggetto delle dichiarazioni generali. A proposito del preambolo, occorre ad esempio controbattere l'introduzione delle parole «sotto la pressione di avvenimenti militari» che non tengono conto del fatto che già prima dell'armistizio si era andata affermando una corrente composta di elementi democratici a favore della denunzia dell'alleanza con la Germania. Così pure dobbiamo dichiarare che la nostra «cobelligeranza» comincia prima ancora del 13 ottobre. Così pure occorre fare un'affermazione generale per quanto riguarda la Venezia Giulia, e per quanto concerne la situazione difensiva a seguito delle misure progettate nei riguardi delle frontiere e del nostro disarmo. Potremmo ad esempio far presente che le clausole relative al disarmo sono più gravi nei riguardi nostri di quello che non fossero a Versaglia nei riguardi della Germania, giacché allora esse erano collegate ad un progetto di disarmo generale. Così pure dovremmo lumeggiare l'inaccettabilità delle clausole che vorrebbero considerare la nostra Marina come bottino di guerra. Così a proposito delle clausole finanziarie dovremmo sottolineare come esse significhino in pratica una demolizione dell'economia italiana.

Tarchiani: Si dichiara d'accordo su questa impostazione. Rispondendo alla domanda del presidente De Gasperi, ritiene necessario che si facciano delle proposte concrete e costruttive per l'avvenire, anche perché non si tacci la nostra difesa di mero nazionalismo. Fa presente che un nostro rifiuto a firmare, anche se avallato da ottime considerazioni e dalla Costituente, può essere facilmente considerato all'estero come una crisi di nazionalismo, un sabotaggio alla pace generale. Dobbiamo assolutamente evitare questa accusa.

Carandini: Concorda con le idee espresse dall'on. De Gasperi e che corrispondono a quelle che da tempo egli stesso ha sostenuto. È anche sua opinione che non dobbiamo addentrarci per il momento in questioni particolari, perché pur consolidando piccoli vantaggi ciò ci toglierebbe la possibilità di rivendicare dei principì di carattere più vasto ai quali non possiamo rinunciare. Noi ci troviamo di fronte ad una Conferenza che va decadendo progressivamente di tono. È questo il momento in cui noi possiamo elevarci ad un livello superiore con proposte costruttive, logiche, e che allo stesso tempo disimpegnino la nostra responsabiltà da questo trattato. Non è la prima volta che un Paese vinto può portare un contributo alla pace futura. Occorre d'altra parte ricordare che un giorno saremo chiamati a rispondere di fronte al Paese e di fronte alla storia del nostro atteggiamento in questo momento. Non c'è dubbio che questo sia un Diktat, ma sappiamo anche che dovremo firmare e che sarebbe un delitto non farlo. Sarebbe sufficiente infatti che gli Alleati sospendessero per qualche mese l'invio di carbone per costringerci alla resa a meno che il Paese non fosse nella condizione morale di sopportare il sacrificio corrispondente. Ma possiamo noi contare che lo sia? Comunque, se il Governo e la Costituente dovessero trovarsi nella assoluta necessità di respingere il trattato la loro posizione sarà tanto più forte se non avrà carattere permanente negativo, ma risulterà giustificata dal fatto di aver precedentemente ed inutilmente presentato delle proposte positive.

Quaroni: Si associa all'idea del presidente De Gasperi, che si cerchi cioè di trasportare la questione su di un piano superiore. Ad esempio potremo dire che al momento che abbiamo chiesto l'armistizio noi avevamo presente la Carta Atlantica che a quel tempo non era stata ancora mai messa in discussione. Forse non otterremo niente, ma siccome vi è una forte reazione morale contro la dittatura dei cosidetti Grandi possiamo per lo meno contare sulle correnti ad essa contrarie che si vanno formando nei vari Stati e negli stessi ambienti della Conferenza. Una proposta costruttiva, non a beneficio particolare dell'Italia ma ispirata a dei principì generali, potrebbe forse creare nei riguardi nostri una corrente di simpatia che finora non c'è.

Reale: È d'accordo col presidente e gli altri oratori sulla opportunità di fare delle proposte concrete in linea generale prima di passare a delle questioni di dettaglio. Non si fa illusione sull'esito. Sulle grosse questioni l'accordo fra i Grandi è il risultato di un così faticoso compromesso che non crede possibile rimetterlo in discussione. D'altronde ci troviamo in una difficile situazione dialettica. Ad esempio noi siamo contro la internazionalizzazione di Trieste: ma se noi diciamo che vogliamo conservare Trieste all'Italia solleviamo una questione di principio sulla quale i Quattro si sono già impegnati.

Trezzani: Se ho ben capito, l'impostazione della nostra linea di condotta è imperniata sul fatto di rifiutare il trattato contrapponendo ad esso una nostra difesa che salga su un piano più elevato ed ideologico, ma che offra concreti vantaggi per noi. Trova giusto quanto hanno detto gli ambasciatori e cioè che dovremo portare la discussione su di un piano più elevato, ma in questo momento dovremo pur chiedere qualche cosa, sia pure in nome di questi ideali che propugniamo. Questo qualche cosa non è la semplice rettifica del trattato o di qualche comma, ma qualche cosa che renda l'Italia a pace firmata una Nazione libera ed indipendente. Senonché queste nostre proposte possono essere accettate o non essere accettate. In questa seconda ipotesi ci rifiutiamo di firmare? Gli sembra che si dovrebbe giungere ad una decisione su questo punto, affinché tutti ne abbiano indicazione nella condotta da tenere.

Quaroni: Il presidente ha posto soltanto la questione generale di come impostare la nostra opposizione al trattato di pace e non si è ancora specificatamente posto il quesito di quello che noi possiamo ottenere. Se fosse stato posto il quesito in questa forma allora avrei avuto altre cose da dire. Quanto alla possibilità di ottenere o no quanto desideriamo o speriamo è un'altra questione.

Bonomi: È anche da tener presente al riguardo che noi non siamo dei plenipotenziari che debbono firmare il trattato. Noi dovremo semplicemente riferire all'Assemblea costituente la quale deciderà. Naturalmente nel riferirne dovremo anche portare la nostra opinione.

De Gasperi: Non si tratta di «firmare o no» il trattato. La questione è «se accettare o no». La questione della firma è un semplice atto di procedura. Anche i tedeschi hanno firmato ma non hanno accettato il trattato di Versailles. Basterà ricordare le riserve con le quali la Germania lo ha accolto e delle quali si è fatta forte successivamente. Quando si firma un trattato imposto la firma significa semplicemente una presa di conoscenza. La firma può essere atto giuridico ma non atto morale. La nostra condotta deve essere organizzata così: inquadrando la in una posizione universale, noi prendiamo l'iniziativa di fare delle proposte minime che abbiano uno scopo costruttivo, facciamo capire fin da oggi che arrivare più in là non è per noi assolutamente possibile.

Carandini: Gli sembra che il problema debba essere richiamato al quesito posto inizialmente dal presidente De Gasperi.

Trezzani: Fatte delle proposte si presenterà successivamente la questione se passare o no alla discussione delle singole clausole.

Brusasca: Manifesta il suo accordo con le idee dell'on. De Gasperi. Il presidente del Consiglio deve dichiarare che il popolo italiano non può accettare questo trattato di pace, specialmente per quanto riguarda la frontiera francese. La Francia non ha bisogno di imporci quelle condizioni. La popolazione italiana non può accettarle. Ciò egli deve dichiarare nel modo più reciso. Dobbiamo constatare che ci troviamo di fronte ad una pace di vendetta, che la Francia non ha bisogno di imporci queste condizioni avendo già a sua difesa una catena intransitabile di montagne. Indubbiamente, come ha osservato Carandini, un rifiuto a firmare porterebbe delle conseguenze gravi. Si chiede a questo riguardo se la delegazione sia autorizzata a fare delle proposte ai Ventuno senza il preventivo consenso della Costituente.

De Gasperi: Il Governo, sotto la sua responsabilità, lo deve e lo può fare salvo a rassegnare il proprio mandato alla Camera qualora questa non approvasse la sua linea d'azione.

Bonomi: Richiama alla discussione generale e osserva che in questo momento non discutiamo se firmare o no il trattato.

Bettiol: Come vittima specifica, come giuliano che è destinato a portarne le conseguenze, pensa che non vi sia giuliano degno di questo nome che possa accettare il trattato. Esso frantuma quella unità storica ed economica che è la Venezia Giulia. Gli slavi non hanno storia nella Venezia Giulia, sono popolazioni completamente assenti dal punto di vista culturale. Ma anche come italiano deve dire che il popolo italiano non può partecipare moralmente a questo trattato che è un vero e proprio delitto. Bisogna però anche essere realistici. Noi non possiamo lacerare il trattato; come d'altro canto noi dobbiamo cercare un qualche elemento di sicurezza in questo mondo inquieto e difficile. Esiste cioè per noi un reale interesse a ricercare una pace solida e duratura. Così come non possiamo accettare lo spirito del trattato dobbiamo anche prendere una posizione decisa di fronte agli jugoslavi, i quali ancora oggi ci accusano di fascismo ed imperialismo. Allo stesso tempo, sul terreno delle possibilità, dobbiamo collaborare, scendendo a controproposte che abbiano un valore pratico. Tanto Kardelj che il rappresentante della Bielorussia hanno ad esempio sostenuto il carattere non vitale della soluzione concordata: altrettanto dobbiamo fare noi; affermando che consideriamo la questione della vitalità del Territorio Libero come fondamentale. Dobbiamo affermare la necessità che l'Istria segua il destino di Trieste, e che se dobbiamo subire il trattato, abbiamo per lo meno il diritto di chiedere uno statuto che garantisca l'indipendenza effettiva del Territorio Libero e garanzie per la inviolabilità di quei tristi confini che ci sono assegnati al nord. Insomma il nostro atteggiamento spirituale deve essere quello che non possiamo accettare la soluzione progettata, ma allo stesso tempo cercare di rendere meno difficile e meno aspra la sua realizzazione.

Saragat: Concorda con le dichiarazioni del presidente De Gasperi e le collega con quelle di Carandini sulla necessità di evitare un atteggiamento nazionalistico. È d'accordo anche con Quaroni di procedere su di un piano più alto. Questa l'azione generale che noi dobbiamo sviluppare in questa conferenza. Ma quale è questo piano storico? È sufficiente parlare di Carta Atlantica? In realtà il trattato è grave e non tanto perché è effetto di rancore o perché ci è così dolorosamente oneroso, ma perché è il risultato della necessità in cui le Grandi Potenze si sono trovate di ricercare ed accettare un compromesso assurdo. Questo trattato appare non come un passo verso la pace, ma come una battuta d'arresto. Ed allora quale è la posizione che dobbiamo assumere? Non dire tanto che il trattato lede l'Italia, ma che lede la vitalità, lo sviluppo della democrazia italiana: e che gli altri ne traggano le conseguenze nella misura in cui credono che questa democrazia possa contribuire alla pace. Se noi ci poniamo su questo terreno, noi faremo vedere come i problemi politici e generali non possano essere affrontati senza la democrazia italiana. Ed allora avremo degli argomenti fondamentali. Ad esempio che se l'Italia perde la sua autonomia a ben poco giova ammetterla all'O.N.U., al cui funzionamento non potrebbe contribuire. La tesi fondamentale non è tanto la Carta Atlantica, ma che l'Italia è ferita nello sviluppo della sua democrazia la quale è un elemento vitale nello scacchiere mondiale. Questa dovrebbe essere la linea generale, il piano storico sul quale dovremmo lavorare.

Quaroni: Quando ha citato la Carta Atlantica lo intendeva nel senso appunto che bisognava cercare di portare la nostra questione sul piano generale.

Cerulli: Espone alcune considerazioni basate sulla impressione pratica dei passati dieci giorni di conferenza. È perfettamente d'accordo sulla opportunità della nostra partecipazione alla discussione generale e soprattutto sulla necessità di parlare in assemblea plenaria. Ci conviene sicuramente di porre anche un problema di carattere generale, che inquadri la difesa degli interessi italiani in una questione superiore di giustizia internazionale. È questa d'altra parte una delle poche possibilità che ci resta. Tutto ciò torna particolarmente acconcio nel clima che si va creando alla conferenza. La Conferenza di Parigi si va imperniando non sulle questioni relative ai Paesi vinti, ma su quella fondamentale della futura organizzazione degli Stati: cioè sulla questione sino a che punto gli Stati medi e piccoli debbano avere possibilità di vita, di azione e di libertà nel campo internazionale. La lotta che è avvenuta nella conferenza è stata ancora più aspra nei corridoi. L'ambasciatore del Brasile, quando il suo ministro è stato bloccato nei suoi tentativi di sondaggio da Molote>v, non ha esitato a dire addirittura che quanto avviene nella conferenza è una «vergogna per l'umanità» 1• Tuttavia quest'atteggiamento degli Stati piccoli non ha sinora trovato una eco pubblica, perché la discussione è stata sommersa sotto la veste di questioni procedurali. Nessuno ha avuto il coraggio di chiedere: insomma quale possibilità di vita e di azione è lasciata agli Stati medi e piccoli? In una situazione di questo genere noi abbiamo un'ottima occasione di inserire il nostro problema entro questo diffuso atteggiamento. Noi possiamo, per esempio, dire che ci aspettavamo un trattato di pace in conformità della giustizia e della morale internazionale che deve consentire a tutti gli Stati piccoli e grandi, vincitori e vinti, possibilità di vita e di indipendenza.

l Vedi D. 104.

Quello che è stato approvato è in aperto contrasto con questi principi. Andremo così incontro ad un diffuso stato d'animo dell'assemblea.

Corbino: Ritiene che la presenza di una delegazione italiana a Parigi ha uno scopo interno ed uno scopo internazionale nettamente delineati. Rispetto alla situazione interna sarebbe illogico pensare che un Governo, di fronte al trattato di pace che viene presentato per la firma, si fosse limitato ad inviare qui un plenipotenziario con l'incarico di firmare e non pensarci più. Al contrario noi abbiamo il dovere di fare quanto è possibile per migliorare le condizioni di un trattato che si presenta il più duro che un Paese avrebbe potuto aspettare. Sia rispetto all'interno che nei riguardi dell'opinione internazionale questi tentativi di miglioramento debbono tuttavia, come ha sottolineato il presidente De Gasperi, essere preceduti da una netta presa di posizione dell'Italia la quale attraverso il suo Governo dice che il trattato è per noi inaccettabile e che in esso noi non possiamo essere chiamati ad avere alcuna corresponsabilità. Questa dichiarazione deve essere fatta in assemblea plenaria e fino a quando essa non sarà stata fatta noi non dovremo discutere le singole questioni. Le ragioni per le quali dobbiamo dichiarare il trattato inaccettabile, possono essere di vario ordine: relative alle condizioni territoriali oppure morali, o politiche, o economiche. Possono anche ricollegarsi a quelle considerazioni prospettate da Cerulli. Nel frattempo possiamo anche noi eventualmente prendere privatamente qualche contatto, purché non si pregiudichi la posizione ufficiale della delegazione e contemporaneamente prepararci a quelle dichiarazioni più o meno ampie che, appunto perché precedute da un'affermazione pregiudiziale, escludono qualsiasi responsabilità dell'Italia in quelle che saranno le decisioni finali. Se poi il trattato sarà firmato o no questo non ci deve interessare in questa sede, perché è questione che verrà rimessa all'Assemblea costituente. L'argomento portato da Saragat può avere una enorme influenza perché se noi puntiamo sulle difficoltà che si creerebbero oggi al Governo democratico italiano sia dal punto di vista politico che da quello economico, noi avremo maggiori possibilità di successo.

De Gasperi: Riassumendo mi sembra che tutti siano d'accordo nella formula fondamentale che nel definire il nostro atteggiamento verso il trattato dev'essere quella che in esso noi non abbiamo alcuna responsabilità. Non sa ancora se e quando e come avremo occasione di parlare all'assemblea. Ad ogni modo sembra opportuno che si divida il lavoro in modo che le dichiarazioni che egli dovrà fare corrispondano ad una collaborazione comune ed a una responsabilità in comune. Prega quindi i presenti di porre la loro particolare competenza nel preparare per il giorno appresso alcune brevi osservazioni che abbiano afferenza alla materia di propria competenza. Si può distinguere in linea generale tra:

l) problema giuliano. Prospettarlo dal punto di vista non solo etnico ma da quello etnico-economico parallelamente riconfermando la nostra adesione a questo secondo principio. Non è che ci opponiamo all'internazionalizzazione come tale: riteniamo che non sia soluzione vitale; quello che è importante è la difesa della italianità. Se l'internazionalizzazione può offrire la possibile difesa della italianità della zona (verso questa difesa dobbiamo puntare con tutte le nostre forze) allora l'internazionalizzazione può essere accettabile. A proposito di Pola si pone il quesito se si tratti di un problema russo o jugoslavo. Se è un problema russo è insormontabile; ma senza credere che Pola possa avere oggi la importanza che aveva per l'Austria. Se viceversa è solo un problema jugoslavo è forse possibile di far forza sulla conferenza per un allargamento del Territorio Libero. Quel che è certo è che nessuno potrà cancellare nel popolo italiano l'onta di aver ceduto quei territori. Pola (e le altre città della costa) è italiana: e lo ha dichiarato formalmente il rapporto dei Quattro. Non tenerne oggi conto vorrebbe dire gettare il seme della revanche per domani (nazionalismo e fascismo). Occorre in ogni modo non presentare in forma recisa le possibilità di soluzione, ma piuttosto sfumarle.

2) Questioni militari. Dobbiamo mettere in rilievo le conseguenze orribili del trattato sulle possibilità di difesa dell'Italia: alle frontiere aperte vi è aggiunta la smilitarizzazione ed infine la limitazione degli armamenti. Dobbiamo parlar chiaro anche sulla questione della frontiera italo-francese. Il presidente Bonomi ha ricordato come a Versaglia il disarmo della Germania era collegato al disarmo generale: dovremmo cercare di ottenere anche noi un simile collegamento. Si rende conto tuttavia che siamo sul terreno difficile dato che siamo stati noi gli aggressori.

3) Questione economica. Lumeggiare i punti fondamentali: l'obbligo di rinunciare ai crediti verso la Germania, la carta in bianco lasciata alle Potenze vincitrici per il sequestro e la liquidazione dei beni italiani all'estero senza alcuna garanzia per quanto riguarda la valutazione, le spese militari, ecc. Si potrebbe anche accennare al fatto che il trattato è un peggioramento nei riguardi del progettato modus vivendi offertoci qualche mese addietro.

4) Forse si potrebbe dichiarare che siamo senz'altro disposti a rinunciare a quelle colonie che vengano dichiarate immediatamente autonome, ma non alle altre per le quali vediamo che la decisione venga devoluta all'O.N.U. Se la conferenza si dichiara nell'impossibilità di affrontare il problema oggi, perché ha bisogno di tempo, che ci si ricordi che vi sono dei principì di diritto internazionale che ci danno il diritto di avere contatti con quei territori e con le nostre popolazioni delle medesime (ho recentemente avuto notizie che in Tripolitania quest'anno il raccolto è stato così buono che vi è sovrabbondanza di grano).

5) Questioni giuridiche. Tener presente che il progetto è per circa 4/5 di carattere punitivo. L'affermazione della cobelligeranza vi si riflette appena. Preparare delle considerazioni generali, insistere sul carattere punitivo delle varie clausole. Citare le promesse di Eisenhower e Churchill (lettera non troppo nota a Badoglio del lO settembre 1943) 1 , riferirsi all'O.N.U., citando alcune dichiarazioni fondamentali.

6) Sviluppare il concetto della difesa della democrazia italiana, secondo le linee tracciate dall'on. Saragat.

7) Poiché abbiamo la fortuna di aver presente l'on. Bonomi egli potrebbe lumeggiare due aspetti. Il primo è quello del precedente Trattato di Rapallo che fu liberamente concordato e raggiunto tra Italia e Jugoslavia a differenza di quello presente che ci viene imposto. L'on. Bonomi inoltre è un testimone diretto di quella che fu la volontà degli antifascisti italiani prima ancora del 25 luglio. Tra l'altro potrà ricordare il nostro intervento presso Badoglio per un'immediata entrata in guerra contro la Germania fin dal 5 agosto 1943.

A conclusione l'o n. De Gasperi prega che i singoli gli facciano pervenire entro la mattinata appresso i loro appunti per la parte di competenza di ciascuno.

1 II messaggio è di Roosevelt e Churchill: vedi serie decima, vol. I, D. 3.

Quaroni: Riferendosi ad una frase del presidente De Gasperi esprime l'avviso che Pola sia da considerare un problema russo, nel senso che i russi sono convinti che la soluzione attuale del Territorio Libero di Trieste è provvisoria, che esso tornerà prima o dopo a diventare italiano e per questo non desiderano che Pola venga aggregata adesso al territorio autonomo.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. S.N.D. 13841/899. Londra, 7 agosto 1946, ore 19,55 (per. ore 10 dell'8).

Telegrammi di V. E. n. 567 e 568 1 .

Per rispecchiare fedelmente situazione quale essa è, debbo far presente che, a ragione o a torto, e salvo rare eccezioni, si rifiuta nettamente qui considerare Austria come Stato ex nemico. A parte questioni sentimentali, esistono interessi inglesi per quella, tra le zone esposte alla influenza sovietica, che appare offrire maggiore possibilità salvare ancora qualche cosa. Sintomatiche dichiarazioni Noel-Baker 2 corrente Camera dei Comuni di cui al telegramma per corriere 071 del 5 corrente 2 . Su questo terreno molto fertile cade abile propaganda austriaca guidata da Frankenstein e verosimilmente finanziata da ambo le parti.

Da un punto di vista diverso è giudicata, anche negli ambienti più responsabili, situazione italiana. Inoltre appunto per dare maggiore dinamismo a nostro materiale informativo, ambasciatore Carandini ha formulato suggerimento contenuto nel telegramma 888 3 tra cui più efficace per l'Inghilterra invito da rivolgersi a commissione parlamentare britannica per una visita in Italia sempreché condizioni locali offrano possibilità soddisfacente documentazione.

Indubbiamente sorte italiani !stria interessa molto meno opinione britannica perché vuolsi in parte bilanciata da persecuzione slavi in regime fascista (elemento che gioca invece a favore alto-atesini). Mentre questione è indubbiamente meno

' Vedi DD. 102 e 106.

2 Le dichiarazioni di Noel-Baker erano le seguenti: «Governo inglese, insieme Governi Stati Uniti e Unione Sovietica, è firmatario dichiarazione su Austria fatta a Mosca nell'ottobre 1943. Tale dichiarazione, successivamente sottoscritta anche dal Governo francese, esprime desiderio delle tre Potenze di veder stabilita un'Austria libera e indipendente. Governo britannico ha anche partecipato all'accordo per il controllo dell'Austria firmato dai rappresentanti delle quattro Potenze occupanti il 28 giugno 1946: questo accordo include dichiarazione che tra compiti principali della Commissione alleata per l'Austria vi è quello di "mantenere l'esistenza indipendente e l'integrità dello Stato austriaco e, in attesa della delimitazione definitiva delle sue frontiere, assicurarne il rispetto così come esse erano il 31 dicembre 1937". In conformità allo spirito della dichiarazione di Mosca il Governo britannico ha da qualche tempo fatto del suo meglio per ottenere un trattato con l'Austria per terminare l'occupazione e nel frattempo ridurre gli effetti delle barriere tra le varie zone. Governo inglese considererebbe con grande preoccupazione qualsiasi azione che possa intensificare l'effetto della divisione dell'Austria in zone, tanto più se tale azione apparisse suscettibile di menomare la integrità interna o esterna dell'Austria che tutte le quattro Potenze occupanti hanno concordato di mantenere».

3 Vedi D. 84.

sentita essendosi concentrata attenzione su Trieste, stessa indubbia ostilità per regime Tito è volutamente tenuta distinta dal problema nostre frontiere orientali nel quale Governo britannico sostiene avere fatto dall'inizio quanto era in suo potere. Anche qui prospetto per dovere un obiettivo stato di fatto.

Mi metterò in contatto con Macmillan 1 , ora assente da Londra, per ripetergli argomenti di ogni sorta e comunicargli nuovi dati. Egli non desidera di meglio che aiutarci, ma è da tener presente che sua eminente situazione nel partito opposizione rende necessaria molta cautela per non provocare reazione elementi sinistra che porrebbe Bevin in imbarazzo. È del resto mia impressione che dichiarazioni su quanto si è fatto e si intende fare in Alto Adige, secondo proposte di Carandini a seguito suoi colloqui con stesso Macmillan ed altri parlamentari, dovrebbero emanare direttamente da Roma, poiché presa di posizione ufficiale Governo italiano non può essere sostituita da azione personale di Macmillan né da passi ufficiosi di questo rappresentante.

Rammento incidentalmente a questo punto telespresso di questa ambasciata 1622 del 31 luglio u. s. 2 .

Riprendo argomento anche con Foreign Office avvertendo che attenzione generale peraltro oggi concentrata su Parigi dove si trova McNeil e dove pare certo che Bevin possa recarsi fra pochi giorni.

121

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 13847/441. Madrid, 7 agosto 1946, ore 22 (per. ore 10,30 dell'B).

In un pranzo a cui avevo invitato incaricato affari Stati Uniti e ambasciatore Portogallo Pacheco trovai opportunità far presente ciò che è punto di vista nostro circa pace secondo le direttive di cui al telegramma di V. E. 118353 .

All'indomani ambasciatore Pacheco mi disse aver inviato lettera a Salazar riferendogli argomenti mio discorso. In seguito nuovo lungo colloquio con Pacheco lo illuminai punto di vista Governo italiano e necessità che, per futuro Europa, pace Italia sia giusta e rispondente naturale senso equità nostro popolo che può sopportare sacrifici e non sopraffazioni. Ambasciatore Portogallo caldamente convinto mi disse intendeva scrivere in proposito nuova lunga lettera a Salazar. Aggiunse che il suo presidente era particolarmente accessibile a considerazioni nostro problema nazionale nella più larga previsione di una generale pacificazione umana e che d'altronde egli godeva ora di forte prestigio non soltanto su correnti opinione pubblica ibero-americana ma anche presso i Governi Inghilterra ed America e che

I Vedi D. 140.

2 Con Telespr. 4908/1622 del 31 luglio Carandini aveva chiesto elementi per smentire le notizie sulla situazione in Alto Adige riportate dal Neues Oesterreich di Vienna.

3 Vedi D. 91.

138 richiesta accesso Portogallo a Nazioni Unite era stata preventivamente concordata per cui suo intervento anche a semplice carattere personale poteva non essere indifferente nostra causa 1•

122

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 13819-13818/927-928. Parigi, 7 agosto 1946, ore 22,50 (per. ore 8 dell'B).

Cerulli ha veduto capo delegazione indiana, al quale ha chiarito nostro punto di vista colonie. Runganadhan gli ha detto che in quanto gli era stato esposto egli non vedeva alcun possibile contrasto interessi con India, sempre che noi però assumessimo atteggiamento flessibile per Cirenaica.

Cerulli ha incontrato Ben Cohen il quale gli ha detto essere autorizzato dichiarare che Byrnes è favorevole togliere dal draft trattato clausole rinunzia sovranità su territori africani, purché tutti altri tre Grandi concordino e senza che delegazione americana prenda iniziativa. Circa riserva italiana per partecipazione amministrazione provvisoria, atteggiamento americano non è contrario in principio, sempre che partecipazione italiana possa presentarsi in modo da non implicare una parallela ripresa della nota questione partecipazione russa.

123

IL MINISTRO A LISBONA, ROSSI LONGHI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 13860/202. Lisbona, 7 agosto 1946 2 .

Telegramma ministeriale 11835 3 .

Presidente Salazar mi ha ricevuto stamane nella sua abitazione privata essendo tuttora in precarie condizioni di salute. Durante colloquio, durato oltre un'ora, gli ho esposto ragioni che inducevano Governo italiano a far appello anche a Portogallo mentre stava per iniziarsi a Parigi esame progetto trattato pace con l'Italia.

L'ho trovato perfettamente consapevole della gravità delle conseguenze che dalle imposizioni di così dure condizioni all'Italia deriverebbero all'Europa in genere e alla Jatinità in particolare. Egli ha insistito sul concetto che mondo latino esce sconfitto dalla guerra dato che stessa Francia, per quanto grandi possano essere sue riserve di ripresa politica ed economica, passa attraverso medesima crisi dei Paesi vinti, mentre

1 Prunas rispondeva (T. 12466/244 del 13 agosto) pregando Gallarati Scotti di «esprimere codesto ambasciatore del Portogallo nostro vivo apprezzamento per suo interessamento questione giusta pace>>.

2 Partito 1'8 alle ore 5 e pervenuto alle ore 16.

l Vedi D. 91.

139 posizione interna ed internazionale della Spagna appare quanto mai difficile. Mi ha detto che non comprendeva come anglo-americani non realizzassero quanto grande importanza avesse per la stabilità europea una ripresa politica ed economica del mondo latino di cui Italia è parte essenziale e senza la quale essi avrebbero potuto un giorno «trovarsi ridotti a difendersi sui Pirenei e sulle Baleari». Premesse tali considerazioni di carattere generale e dopo avermi dichiarato con la più profonda convinzione sua consapevolezza dei legami che uniscono Italia al Portogallo al di sopra di qualsiasi contingente situazione politica e rilevato come tale consapevolezza abbia non poco informato politica portoghese nei nostri confronti, presidente Salazar ha tenuto ad assicurarmi che Portogallo avrebbe fatto anche nelle attuali circostanze tutto quello che poteva. A tal fine egli sarebbe stato anche disposto ad esprimersi pubblicamente se l'Assemblea Nazionale fosse stata aperta ovvero altra opportunità gli si fosse offerta. Ma riteneva che se si fosse pronunciato ora circa il caso italiano, senza avere una plausibile occasione per un esame della situazione politica generale, tale suo specifico isolato riferimento a Italia avrebbe potuto essere forse anche controproducente data non ortodossia democratica del suo regime. Mi ha detto che comunque avrebbe riconsiderato la cosa se qualche altro Paese ugualmente democratico avesse preso qualche iniziativa e che a tale scopo avrebbe subito incaricato ministro Portogallo a Berna di tenerlo al corrente di una eventuale iniziativa Svizzera. Quello che poteva e voleva fare subito era impartire alle principali rappresentanze diplomatiche portoghesi fino a nuovo ordine assumessero linguaggio conforme a punto di vista da lui espressomi ~d in particolare interessare ambasciatore Teotonio Pereira a Rio de Janeiro e ministro De Castro a Parigi, il primo perché esprimesse apprezzamento portoghese per atteggiamento assunto dal Brasile nei confronti dell'Italia e il secondo perché nei contatti con ambienti Conferenza si rendesse interprete suo pensiero.

Da colloquio ho tratto precisa impressione che presidente Salazar non mancherà di fare quanto gli è possibile a nostro favore, sia pure nei limiti segnati dalla posizione di subordinazione del Portogallo alle potenze anglo-sassoni 1 , subordinazione che appare attualmente accentuata per motivi di cui al mio telegramma OIl del 12 luglio scorso 2•

124

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL BRASILE, NEVES DA FONTOURA

Parigi, 7 agosto 1946.

Riassume qui appresso gli elementi principali emersi nel colloquio di cui sopra:

l) Neves ha confermato di aver avuto mandato speciale di difendere la «giusta pace» per l'Italia non solo dal suo Governo, ma anche da quasi tutti quelli dell'A

1 Per la risposta vedi D. 139. 2 Non pubblicato. 3 Trasmesso con Telespr. d. 46 di Soragna del 9 agosto.

merica latina; a Parigi ha ricevuto un nuovo appello ad agire in tal senso dall' Assemblea costituente brasiliana.

2) Ha parlato con Byrnes e con Molotov, particolarmente dei problemi di Trieste e delle colonie. Byrnes gli ha svolto i soliti argomenti difensivi imperniati sulla formula che il sacrificio delle tesi americane era necessario per non mettere in pericolo la pace. Byrnes crede difficile mutare i confini dello Stato Libero di Trieste ma crede invece possibile trovare, a suo tempo, una soluzione per le colonie che tenga conto degli interessi italiani. Avrebbe parlato di «amministrazione italiana» sotto l'egida dell'O.N.U. Molotov-pur attaccando energicamente l'Italia come Stato aggressore -avrebbe accennato alla possibilità di un plebiscito nella regione che noi vorremmo inclusa nello Stato Libero di Trieste.

3) Spera che l'ambasciatore brasiliano a Parigi Fernandes possa essere eletto presidente della Commissione per l'Italia della Conferenza e sta attivamente lavorando in tal senso.

4) Nel discorso che egli pronuncerà alla Conferenza preferisce non presentarsi nella veste di un nostro difensore, bensì in quella di un giudice equanime; è convinto che questo sia il miglior modo per impostare la nostra questione: la giustizia è in favore dell'Italia.

5) Vuole da noi i punti essenziali da mettere in luce; desidera conoscere le modificazioni a cui più teniamo; è ansioso di vedere il presidente, ecc.

6) Mi ha poi parlato di immigrazione italiana in Brasile ponendo in luce che it'-suo Paese desidera che la cosa sia bene organizzata, e che ogni garanzia venga data ai nostri emigranti.

P. S. Nel presentare a Neves da Fontoura gli elementi da lui richiesti (di cui al punto 5) mi sembra utile porre in particolare risalto l'aspetto di «equità e giustizia» delle nostre tesi, dandogli tutti quegli argomenti che egli potrebbe opportunamente sfruttare. Neves ha infatti molto insistito sulla sua intenzione di presentarsi come «giudice».

125

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi, 8 agosto 1946.

Sono discusse le linee generali del discorso di De Gasperi. È stato rilevato in primo luogo che il preambolo del trattato di pace con l'Italia è redatto in forma molto peggiore di altri, specialmente di quello rumeno. Il preambolo italiano porta la menzione della capitolazione senza condizioni, cosa che non cor

1 Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Saragat, Corbino, Tarchiani e Quaroni.

risponde alla realtà. Per quanto concerne la cobelligeranza dell'Italia la frase «sotto l'influenza degli avvenimenti militari» toglie ogni valore al rovesciamento del fascismo.

Saragat: È d'avviso che bisogna impiantare tutta questa parte del discorso sulla posizione della lotta antifascista. Mettere in rilievo l'enorme importanza dello sciopero generale nell'Italia del Nord, fenomeno che non si è verificato in nessun altro Paese, nemmeno in Bulgaria: bisogna mettere in rilievo l'attività degli antifascisti in Italia ed all'estero che è incominciata si può dire il giorno stesso dell'avvento del fascismo in Italia.

De Gasperi: Dice che bisogna cercare di respingere e modificare il preambolo togliendogli tutta la sua impostazione di cattiva volontà verso l'Italia. Se si riesce a questo tutto il trattato, cui il preambolo è la giustificazione, cade.

La discussione è continuata su tutta la impostazione generale del discorso. Essendo stato rilevato da varie parti che la cosa migliore sarebbe stata toccare il meno possibile le singole questioni ed impostare tutto il discorso sul tema generale dell'ingiustizia e della minaccia alla pace non solo per noi facendo al di sopra delle delegazioni un appello alla coscienza dei popoli, De Gasperi ha osservato che di fronte all'opinione pubblica italiana non è possibile passare sotto silenzio la questione di Trieste. Egli ritiene sia necessario che noi ci richiamiamo al principio etnico ed arriviamo fino a chiedere il plebiscito. Egli si rende conto del rischio che questo comporta per l'Alto Adige, ma è pronto a correrlo.

Quaroni: Osserva che i russi non cambieranno il loro punto di vista per l'Alto Adige. Siccome in sostanza per la questione di Trieste non c'è speranza di ottenere nessun cambiamento, si può senza nessun pericolo dire tutto quello che si vuole.

De Gasperi: Sottopone l'opportunità di chiedere che anche la questione di Trieste sia rimandata per un anno come è stato fatto per la questione coloniale. Egli si proporrebbe di dimostrare l'impossibilità di funzionamento dello Stato Libero: forse in questa maniera si arriverà a rinviare la soluzione della questione.

È stato osservato che potrebbe essere psicologicamente pericoloso dimostrare ai Quattro Grandi che la loro soluzione è assurda. Dopo lunga discussione si è finito col mettersi d'accordo che la nostra difesa dev'essere impostata precipuamente sulla linea etnica accennando subordinatamente alla possibilità di un rinvio della questione.

Tarchiani: Ha detto che Carandini, dopo una conversazione con Jebb, insiste sulla brevità del discorso. De Gasperi: Osserva che non è possibile dire tutto in meno di mezz'ora. Cercherà in ogni modo di essere il più breve possibile.

È stato discusso se convenga che De Gasperi parli in italiano o in francese. Dopo lunga discussione si è arrivati alla conclusione che è meglio che parli in italiano.

Bonomi: Osserva che a questo punto la discussione ha terminato il suo compito. È meglio che De Gasperi passi senz'altro alla redazione del testo. Si discuterà poi sul testo già fatto.

126

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13908/188. Stoccolma, 8 agosto 1946, ore 16 (per. ore IO del 9).

Appena giunto telegramma ministeriale 11835/c. 1 ho chiesto immediatamente di conferire con questo ministro affari esteri. Esposto di nuovo dettagliatamente tutti gli argomenti a nostro favore in suo telegramma, completandolo in base ulteriori elementi pervenuti. Questo ministro affari esteri, pur dimostrandosi convinto mie asserzioni e riservandosi sottoporre debitamente mia richiesta a suo Governo, mi ha dichiarato non (dico non) ritenere per parte sua possibile che Svezia, non partecipando Conferenza Parigi, esca comunque posizione rigorosa neutralità in cui si è finora tenuta e ritiene imprescindibile necessità mantenerla.

Ciò tanto più in vista obbligo che le deriverebbe di intervenire ora anche a favore vicina Finlandia, con la quale ha convenuto già da tempo alleanza, ed assoluta impossibilità e d'altra parte indubbia inutilità intervento svedese sotto qualsiasi forma.

Mie insistenze presso questo ministro affari esteri non lo hanno purtroppo fatto recedere da quella che mi è apparsa ferma convinzione sua e linea di condotta decisa da questo Governo 2 .

127

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13871/904. Londra, 8 agosto 1946, ore 17,52 (per. ore 7,30 del 9).

Con Hoyer-Millar ho sviluppato considerazioni di cui telegrammi ministeriali 567, 5683 in un lungo colloquio sull'argomento. Egli, che personalmente mostra molta comprensione, in sostanza ha confermato che, per quanto inconcludente possa apparire all'opinione pubblica italiana, qui si insiste nel giudicare gli italiani, per ciò che riguarda Alto Adige, da atti concreti di repressione del governo fascista piuttosto che dalla buona intenzione attuale; discussione sia Camera Comuni che quella Lords non era che manifestazione tale stato d'animo largamente diffuso. A vendo gli poi io chiesto che cosa riteneva si potesse fare per modificare questa situazione pregiudizievole tra l'altro ai buoni rapporti fra i due Paesi, ha osservato che realizzazione sollecita generosa e leale progetti ed intese di cui al telegramma 568 sarà migliore correttivo, aggiungendo che loro applicazione limitatamente Alto

1 Vedi D. 91.

2 Dc Gasperi rispose con T. 12362/115 del IO agosto, non pubblicato, ma vedi D. 137 che contiene sostanzialmente le stesse notizie e istruzioni.

3 Vedi DD. 102 e 106.

Adige, con esclusione Trentino, naturalmente si risparmiavano insinuazione voler

ugualmente mantenere allogeni sotto controllo maggioranza italiana intera zona.

Hoyer-Millar portava a conoscenza delegazione inglese Parigi provvidenze da noi progettate, riassunte in un ulteriore appunto che gli ho lasciato, ma raccomandava che anche nostra delegazione colà si affrettasse a darvi la maggiore divulgazione possibile.

128

IL MINISTRO A LISBONA, ROSSI LONGHI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13877/204. Lisbona, 8 agosto 1946, ore 23,30 (per. ore 7,30 del 9).

Mio telegramma 202 1•

Segretario generale di questo Ministero affari esteri dal quale mi sono oggi recato per metterlo al corrente del mio colloquio di ieri con presidente Salazar, e ciò anche allo scopo di sollecitare azione da questi promessami, mi ha fatto presente che istruzioni alle rappresentanze diplomatiche portoghesi erano già state impartite. Mi ha infatti mostrato testo dei telegrammi già partiti facendomi rilevare quanto premuroso e sollecito fosse stato interessamento del ministro degli affari esteri e caloroso tenore delle istruzioni inviate. Mi ha poi confermato che possibilità di una pubblica dichiarazione portoghese a favore dell'Italia verrà considerata con maggiore amichevole comprensione ove Governo svizzero decidesse di prendere iniziativa al riguardo2 .

129

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNTO. Parigi, 8 agosto 1946.

Riassumo qui di seguito i principali elementi emersi nella conversazione:

l) Dunn riconosce l'ingiustizia e le omissioni del preambolo. In particolare: gli Stati Uniti appoggerebbero la modificazione della parte relativa alla liberazione dal fascismo e l'inclusione della nostra dichiarazione di guerra al Giappone (dal Dipartimento di Stato hanno ricevuto la protesta da me fatta presso Acheson a quest'ultimo riguardo prima della mia partenza) 3 sia che la richiesta venga fatta da parte nostra sia da parte di qualsiasi altra delegazione.

l Vedi D. 123. 2 Per la risposta vedi D. 139. 3 Vedi D. 93.

2) Gli Stati Uniti appoggerebbero la revisione di qualsiasi clausola che incida

troppo duramente od ingiustamente su di noi. Non ritiene possibile modificare le

decisioni fondamentali.

3) Ritiene che sulle numerose questioni ancora aperte la delegazione italiana

potrà avere una influenza correttiva notevole.

4) Byrnes è desideroso di incontrarsi con il presidente De Gasperi e lo vedrà

in ogni momento quando ne venga richiesto. Dunn ha convenuto che sarebbe

preferibile che l'incontro avvenisse dopo la dichiarazione di sabato.

5) Il presidente De Gasperi sarà il primo oratore della giornata di sabato e

dovrebbe parlare verso le 4.

P.S. Per eventuali comunicazioni informo che rivedrò Dunn questa sera 1•

130

COLLOQUIO DELL'ON. SARAGAT CON IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI BRITANNICO, MCNEIL

Parigi, 8 agosto 1946.

Si riassumono gli elementi principali delle dichiarazioni del signor McNeil.

l) McNeil si rende conto che il trattato potrà apparire al popolo italiano più duro dell'aspettativa. Occorre tuttavia ricordare che i delegati britannici al Consiglio dei ministri degli esteri non si sono trovati a lavorare in un vuoto ermetico, ma costretti ad un continuo patteggiamento. Il trattato è soprattutto il risultato di un compromesso. McNeil è d'altra parte convinto che questo compromesso abbia permesso di salvare qualche cosa dall'incendio. L'Italia infatti ha già ricavato qualche vantaggio positivo: ad esempio è stato possibile conservarle le due navi già richieste da sovietici; parimenti le è stato conservato l'Alto Adige, nonostante che ciò abbia costato delle gravi difficoltà al Governo laburista in seno alla Camera dei Comuni.

2) Questo compromesso è stato d'altra parte realizzato solo a costo dell'impegno assunto da Bevin nei riguardi dei sovietici di sostenere di fronte ai Ventuno le soluzioni sulle quali i Quattro hanno già raggiunto un accordo. Ne consegue che non dobbiamo assolutamente illuderci che la delegazione britannica possa accogliere e tanto meno proporre delle modifiche ai testi già approvati. Vi è tuttavia una serie di testi che sono rimasti ancora in sospeso, e nei riguardi dei quali l'Inghilterra ha piena libertà di azione ed intende avvalersene. Ciò è vero ad esempio nei riguardi dello statuto di Trieste. Ciò è anche vero nei riguardi delle colonie circa le quali, se

1 Su tale nuovo incontro Tarchiani redasse, il 9 agosto, il seguente appunto: «Ho rivisto Dunn ieri sera a pranzo. Riassumo qui di seguito alcune sue impressioni: l) il nuovo scarto di Molotov può portare imprevedibili complicazioni di cui gli americani si preoccupano; 2) il disaccordo totale della Commissione per lo studio dello statuto dello Stato Libero di Trieste potrebbe condurre ad un altro «deadlock»; 3) in tal caso una «sospensiva» per Trieste -come per le colonie -non sarebbe da escludersi. N.B. Occorre -a mio parere -tener presente che la «sospensiva» potrebbe dar luogo, come per le colonie, a richieste di rinunzia di sovranità o qualcosa di simile».

2 Trasmesso con Telespr. d. 47 di Soragna del 9 agosto.

il Consiglio dei ministri degli esteri non riuscirà a raggiungere un accordo, Bevin intende proporre che la decisione venga devoluta all'Assemblea dell'O.N.U.: il che egli ritiene possa tornare a vantaggio dell'Italia. Ancora in un campo l'Inghilterra può fare qualcosa, e cioè nella questione della flotta. Non dobbiamo illuderci che possano essere sostanzialmente modificate le decisioni raggiunte per quanto riguarda il tonnellaggio lasciato all'Italia ed il naviglio da consegnare. Tuttavia l'Inghilterra rimane libera di fare quello che crede del naviglio ausiliario che le viene allocato, e .cioè, anche, se crede, di restituirlo all'Italia. Infine, ed è questo un aspetto della situazione che egli ritiene di fondamentale importanza, il Governo laburista può ed

intende portare un serio contributo alla ripresa economica italiana.

3) Se infine è vero che la delegazione britannica è impegnata a sostenere i testi già approvati, essa tuttavia riacquisterebbe piena libertà nei riguardi dei medesimi qualora si trovasse di fronte a raccomandazioni passate dai Ventuno, anche se a semplice maggioranza. In questo caso si aprirebbero infinite possibilità.

4) Molto dipenderà da come l'Italia saprà presentare il suo caso. Raccomanda in particolare di mostrare spirito di moderazione. McNeil ha dichiarato che sarà lieto di rivedere I'on. Saragat durante il corso dei lavori e, entro i limiti imposti dagli impegni ai quali la delegazione britannica è già legata, egli augura all'on. Saragat il miglior successo nella sua missione. Assicura che l'atteggiamento britannico sarà pieno di comprensione. È d'altra parte necessario che noi ci si renda conto delle difficoltà nelle quali la delegazione britannica si trova. Essa, ad esempio, si attende in sede degli stessi Ventuno delle forti opposizioni da parte dei Governi australiano e neozelandese per quanto riguarda la formula che il Governo britannico intende sostenere circa le colonie: opposizione di fronte alla quale Bevin non intende tuttavia deflettere.

Tono generale del colloquio molto amichevole. McNeil, che all'inizio della conversazione aveva ad un certo punto interrotto l'on. Saragat per affermare che il movimento popolare italiano contro la guerra si era solo manifestato apertamente dopo il delinearsi della sicura sconfitta, è andato progressivamente marcando i propositi amichevoli del suo Governo, sino a finire in un tono apertamente cordiale. Pur insistendo sulle limitazioni cui è costretta la delegazione britannica nella nuova fase delle trattative, ha tenuto a dare l'impressione che, laddove si aprirà uno spiraglio per migliorare le condizioni del trattato, Bevin cercherà di inserirvisi a nostro beneficio.

131

L'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, FORNARI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 13941/320. Buenos Aires, 9 agosto 1946, ore 18,48 (per. ore 7 del 10).

Trasmetto seguente telegramma conte Sforza:

«7. Per De Gasperi. Su mia richiesta presidente della Repubblica ha fatto telegrafare suo ambasciatore Parigi incaricandolo far sentire, come propria opinione, che se non agisce in conseguenza ciò potrebbe riservare spiacevoli sorprese, di cui sarebbe pericoloso non si misurino le conseguenze. Vorrei che tutti in Italia sentissero, come io qui, quanto profonde le ragioni di ottimismo, ricerca sviluppo futuro,

in un continente dove tanto, in ogni campo e non soltanto nella emigrazione, si

attende da noi. Ma sento anche che non solo il nostro interesse di pace esiste,

anche bisogno di evitare nuovi disordini morali. SFORZA».

Telegrafato Roma Parigi.

132

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13996/124. Ankara, 9 agosto 1946, ore 21,24 (per. ore 19,30 del 10).

Seguito mio n. 117 1•

Ministro affari esteri che ho visto stamane mi ha ascoltato con molta amichevole comprensione. Ha finito per dirmi: l) Turchia sa che all'Italia viene usato trattamento ingiusto e non conforme promesse; 2) è convinta che anche anglosassoni se ne rendono conto ma non possono fare diversamente; 3) suoi vivi sentimenti solidarietà mediterranea e simpatia per noi le farebbero desiderare poterei essere di aiuto; data delicatezza suoi rapporti con Mosca, non vede per il momento occasione né opportunità né utilità sua manifestazione esplicita nel senso da noi desiderato, che oltre tutto metterebbe nell'imbarazzo anglosassoni senza giovare praticamente a noi. Su mie vive insistenze e argomentazioni mi ha promesso che ci rifletterà ancora e che, presentandosi occasione, farà per il meglio. Io ho impressione che finirà per non farne niente non certo per indifferenza o minore simpatia per noi ma per reale difficile situazione internazionale Turchia. Segue rapporto 2 .

133

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CONFERENZA DEI VENTUNO, FOUQUES-DUPARC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

L. Parigi, 9 agosto 1946.

La Conférence de Paris, au cours de sa séance plénaire en date de ce jour, a décidé «d'inviter les représentants de l'Italie, de la Roumanie, de la Bulgarie, de la Hongrie et de la Finlande à compaìtre et à présenter leurs vues à la Conférence, dans les séances plénières commençant le 10 aoùt». «Les Commissions», ajoute la résolution votée, «peuvent prendre toutes dispositions utiles pour entendre !es représentants des Etats ex-ennemis quand elles le jugent nécessaire».

t Vedi D. 118. 2 Non pubblicato. Per la risposta vedi D. 137.

Il a été précisé que la délégation 1talienne serait entendue dans la séance

plénaire de l'après-midi de demain IO aoùt qui s'ouvre à 16 heures.

l'ai l'honneur de porter à votre connaissance ces décisions de la Conférence, et me tiens à votre disposition pour régler avec vous les questions d'application qui pourraient se poser à Ieur sujet.

134

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 14012/903. Washington, 10 agosto 1946, ore 13,30 (per. ore 7 dell'Il).

Suo telegramma per corriere 11411 e telespresso 20767 del 25 luglio u.s. 1 .

Dipartimento di Stato ha assicurato che avrebbe trasmesso delegazione americana a Parigi comunicazione fattagli da questa ambasciata sia riguardo nostri provvedimenti per Alto Adige sia a titolo confidenziale circa dichiarazione 4 luglio partito del popolo. Specie di questo ultimo sarebbe peraltro utilmente informato direttamente ambasciatore Dunn il quale a quanto testè riconfermato sarebbe stato sempre sostenitore frontiera Brennero. Al Dipartimento di Stato si continua mostrare vivo interesse per possibilità stretta intesa itala-austriaca nel campo economico commerciale (nostro telegramma 795) 2• Dato favore anglo-americano per prospettive del genere nota corrente filo-italiana del Dipartimento di Stato riterrebbe molto opportuna nostra eventuale dichiarazione in tal senso qualora come probabile questione Alto Adige ritorni sul tappeto alla Conferenza della pace (richiamo l'attenzione mio rapporto 7587/2013 del 3 luglio3 .

135

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, ALLA CONFERENZA DEI VENTUN0 (4)

DICHIARAZIONE. Parigi, 10 agosto 1946, ore 16.

Prendendo la parola in questo consesso mondiale, sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato e l'essere citato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa

1 Del 24 e 25 luglio, non pubblicati, trasmettevano a Tarchiani e Benzoni le notizie di cui ai DD. 52 e 55.

2 Non pubblicato.

3 Vedi serie decima, vol. III, D. 650.

4 Ed. in Recueil des Documents de la Conférence de Paris, vol. I, Paris, lmprimerie Nationale, s.d., pp. 226-233, e in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. III, Paris Peace Conference: Proceedings, Washington, United States Government Printing Office, 1970, pp. 175-184.

elaborazione. Non corro io il rischio di apparire come uno spirito angusto e perturbatore, che si fa portavoce di egoismi nazionali e di interessi unilaterali? Signori, è vero: ho il dovere innanzi alla coscienza del mio Paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano; ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista, come rappresentante della nuova repubblica che, armonizzando in sè le aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universaliste del cristianesimo e le speranze internazionaliste dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire.

Ebbene, permettete che vi dica, con la franchezza che un alto senso di responsabilità impone in quest'ora storica a ciascuno di noi, che questo trattato è, nei confronti dell'Italia, estremamente duro; ma se esso tuttavia fosse almeno uno strumento ricostruttivo di cooperazione internazionale, il sacrificio nostro avrebbe un compenso: l'Italia che entrasse, sia pure vestita del saio del penitente, nell'O.N.U., sotto il patrocinio dei Quattro, tutti d'accordo nel proposito di bandire nelle relazioni internazionali l'uso della forza (come proclama l'art. 2 dello Statuto di San Francisco) in base al «principio della sovrana uguaglianza di tutti i membri», come è detto allo stesso articolo, tutti impegnati a garantirsi vicendevolmente «l'integrità territoriale e l'indipendenza politica», tutto ciò potrebbe essere uno spettacolo non senza speranza e conforto. L'Italia avrebbe subìto delle sanzioni per il suo passato fascista, ma, messa una pietra tombale sul passato tutti si ritroverebbero eguali nello spirito della nuova collaborazione internazionale.

Si può credere che sia così? Evidentemente ciò è nelle vostre intenzioni, ma il testo del trattato parla un altro linguaggio.

In un congresso di pace è estremamente antipatico parlar d'armi e di strumenti di guerra. Vi devo accennare, tuttavia, perché nelle precauzioni prese dal trattato contro un presumibile riaffacciarsi di un pericolo italiano si è andati tanto oltre da rendere precaria la nostra capacità difensiva connessa con la nostra indipendenza. Mai, mai nella nostra storia moderna le porte di casa furono così spalancate, mai le nostre possibilità di difesa così limitate. Ciò vale per la frontiera orientale come per certe rettifiche dell'occidentale ispirate non certo ai criteri della sicurezza collettiva. Né questa volta ci si fa balenare la speranza di Versailles, cioè il proposito di un disarmo generale, del quale il disarmo dei vinti sarebbe solo un anticipo.

Ma in verità più che il testo del trattato, ci preoccupa lo spirito: esso si rivela subito nel preambolo. Il primo considerando riguarda la guerra di aggressione e voi lo ritroverete tale quale in tutti i trattati coi così detti ex satelliti; ma nel secondo considerando che riguarda la cobelligeranza voi troverete nel nostro un apprezzamento sfavorevole che cerchereste invano nei progetti per gli Stati ex nemici. Esso suona: «considerando che sotto la pressione degli avvenimenti militari, il regime fascista fu rovesciato... » Ora non v'ha dubbio che il rovesciamento del regime fascista non fu possibile che in seguito agli avvenimenti militari, ma il rivolgimento non sarebbe stato così profondo, se non fosse stato preceduto dalla lunga cospirazione dei patrioti che in Patria e fuori agirono a prezzo di immensi sacrifici, senza l'intervento degli scioperi politici nelle industrie del nord senza l'abile azione clandestina degli uomini dell'opposizione parlamentare antifascista (ed è qui presente uno dei suoi più fattivi rappresentanti) che spinsero al colpo di stato. Rammentate che il comunicato di Potsdam del 2 agosto 1945 proclamava: «l'Italia fu la prima delle Potenze dell'Asse

a rompere con la Germania, alla cui sconfitta essa diede un sostanziale contributo ed ora si è aggiunta agli Alleati nella guerra contro il Giappone». «L'Italia ha liberato se stessa dal regime fascista e sta facendo buoni progressi verso il ristabilimento di un governo e istituzioni democratiche».

Tale era il riconoscimento di Potsdam. Che cosa è avvenuto perché nel preambolo del trattato si faccia ora sparire dalla scena storica il popolo italiano che fu protagonista? Forse che un governo designato liberamente dal popolo, attraverso l'Assemblea costituente della Repubblica, merita meno considerazione sul terreno democratico? La stessa domanda può venir fatta circa la formulazione così stentata ed agra della cobelligeranza: «delle Forze armate italiane hanno preso parte attiva alla guerra contro la Germania». Delle Forze? Ma si tratta di tutta la marina da guerra, di centinaia di migliaia di militari per i servizi di retrovia, del «corpo italiano di liberazione», trasformatosi poi nelle divisioni combattenti e -fast not least dei partigiani autori soprattutto dell'insurrezione del nord. Le perdite nella resistenza contro i tedeschi prima e dopo la dichiarazione di guerra, furono di oltre l 00 mila uomini tra morti e dispersi, senza contare i militari e civili vittime dei nazisti nei campi di concentramento, ed i 50 mila patrioti caduti nella lotta partigiana.

Diciotto mesi durò questa seconda guerra, durante i quali i tedeschi indietreggiarono lentamente verso nord spogliando, devastando, distruggendo quello che gli aerei non avevano abbattuto.

Il rapido crollo del fascismo dimostrò esser vero quello che disse Churchill: «un uomo, un uomo solo ha voluto questa guerra» e quanto fosse profetica la parola di Stimson, allora ministro americano della guerra: «la resa significa un atto di sfida ai tedeschi che avrebbe cagionato al popolo italiano inevitabili sofferenze».

Ma è evidente che, come la prefazione di un libro, anche il preambolo è stato scritto dopo il testo del trattato, e così bisognava ridurre, attenuare il significato della partecipazione del popolo italiano ed in genere della cobelligeranza, perché il preambolo potesse in qualche maniera corrispondere agli articoli che seguono.

Infatti dei 78 articoli del trattato la più parte corrisponde ai due primi considerando, cioè alla guerra fascista e alla resa; nessuno al considerando della cobelligeranza, la quale si ritiene già compensata coll'appoggio promesso all'Italia per l'entrata nell'O.N.U.; compenso garantito anche a Stati che seguirono o poterono seguire molto più tardi l'esempio dell'Italia antifascista.

Il carattere punitivo del trattato risulta anche dalle clausole territoriali. E qui non posso negare che la soluzione del problema di Trieste implicava difficoltà oggettive che non era facile superare. Tuttava anche questo problema è stato inficiato fin dall'inizio da una persistente psicologia di guerra, da un richiamo tenace ad un presunto diritto del primo occupante e dalla mancata tregua fra le due parti più direttamente interessate.

Mi avete chiamato a Londra il 18 settembre 1945. Abbandonando la frontiera naturale delle Alpi e per soddisfare alle aspirazioni etniche jugoslave, proposi allora la linea che Wilson aveva fatto propria, quando il 23 aprile 1919 nella Conferenza della pace a Parigi invocava <<Una decisione giusta ed equa, non già una decisione che eternasse la distinzione tra vincitori e vinti».

Proponevamo inoltre che il problema economico della Venezia Giulia venisse risolto internazionalizzando il porto di Trieste e creando una collaborazione col porto di Fiume e col sistema ferroviario Danubio-Sava-Adriatico.

Era naturalmente inteso che si dovesse introdurre parità e reciprocità nel trattamento delle minoranze, che Fiume riavesse lo status riconosciuto a Rapallo, che il carattere di Zara fosse salvaguardato.

Il giorno dopo, signori ministri, avete deciso di cercare la linea etnica in modo che essa lasciasse il minimo di abitanti sotto dominio straniero e a tale scopo disponeste la costituzione di una commissione d'inchiesta. La commissione lavorò nella Venezia Giulia per ventotto giorni. Il risultato dell'inchiesta fu tale che io stesso, chiamato a Parigi a dire il mio avviso il 3 maggio 1946 1 , ne approvai sia pure con alcune riserve, le conclusioni di massima. Ma i rappresentanti jugoslavi insistettero, con argomenti di sapore punitivo, sul possesso totale deJla Venezia Giulia e specie di Trieste. Cominciò allora l'affannosa ricerca del compromesso e quando lasciai Parigi, correva voce che gli anglo-americani, abbandonando le linee etniche, si ritirassero su quella francese. Questa linea francese era già una linea politica di comodo, non più una linea etnica nel senso delle decisioni di Londra, perché rimanevano nel territorio slavo 180 mila italiani e in queJlo italiano 59 mila slavi; soprattutto essa escludeva dall'Italia P o la e le città minori deJJa costa istriana occidentale ed implicava quindi per noi una perdita insopportabile. Ma per quanto inaccettabile, essa era almeno una frontiera itala-jugoslava che aggiudicava Trieste all'Italia. Ebbene, che cosa è accaduto sul tavolo del compromesso durante il giugno, perché il 3 luglio il Consiglio dei Quattro rovesciasse le decisioni di Londra e facesse della linea francese non più la frontiera fra Italia e Jugoslavia, ma quella di un cosiddetto «Territorio Libero di Trieste» con particolare statuto internazionale? Questo rovesciamento fu per noi un'amarissima sorpresa e provocò in Italia la più profonda reazione. Nessun sintomo, nessun cenno poteva autorizzare gli autori del compromesso a ritenere che avremmo assunto la benché minima corresponsabilità di una simile soluzione che incide neJle nostre carni e mutila la nostra integrità nazionale. Appena avuto sentore di tale minaccia, il 30 giugno telegrafavo ai quattro ministri degli esteri 2 la pressante preghiera di ascoltarmi dichiarando di volere assecondare i loro sforzi per la pace, ma mettendoli in guardia contro espedienti che sarebbero causa di nuovi conflitti. La soluzione internazionale, dicevo, com'è progettata, non è accettabile e specialmente l'esclusione dell'Istria occidentale fino a Pola causerà una ferita insopportabile alla coscienza nazionale italiana.

La mia preghiera non ebbe risposta e venne messa agli atti. Oggi non posso che rinnovarla, aggiungendo degli argomenti che non interessano solo la nostra Nazione, ma voi tutti che siete ansiosi della pace del mondo.

Il Territorio Libero, come descritto dal progetto, avrebbe un 'estensione di 783 km2 con 334 mila abitanti concentrati per 3/4 nella città capitale. La popolazione si comporrebbe, secondo il censimento del '21, di 266 mila italiani, 49.501 slavi, 18 mila altri. Lo Stato sarebbe tributario della Jugoslavia e dell'Italia in misura eguale per la forza elettrica, comunicherebbe col suo hinterland con tre ferrovie slave e una italiana. Le spese necessarie per il bilancio ordinario sarebbero da cinque a sette miliardi; il gettito massimo dei tributi potrebbe toccare il miliardo. Trieste e il suo porto dall'Italia hanno avuto dal 1919 al 1938 larghissimi contributi

I Vedi serie decima, vol. III, D. 400. 2 Ibid., D. 637.

per opere pubbliche, e le industrie triestine come i cantieri, le raffinerie, le fabbriche di conserve non solo sono sorte in seguito a facilitazioni, esenzioni fiscali, sussidi (anche le linee di navigazione), ma sono vincolate tutte ai mercati italiani. Già ora il trattato proietta la sua ~mbra sull'attività produttiva di Trieste perché non si crede alla vitalità della sistemazione e alla sua efficienza economica. Come sarà possibile, obiettano i triestini, di mantenere l'ordine in uno Stato, non accetto né agli uni né agli altri, se oggi ancora gli Alleati, che pur vi mantengono forze notevoli, non riescono a garantire la sicurezza personale?

Il problema interno è forse il più grave. Ogni gruppo etnico chiederebbe soccorso ai suoi e le lotte si complicherebbero col sovrapporsi del problema sociale, particolarmente acuto e violento in situazioni come quella di un emporio commerciale e industriale. Come farà l'O.N.U. ad arbitrare e ad evitare che le lotte politiche interne assumano carattere internazionale?

Voi rinserrate nella fragile gabbia d'uno statuto i due contendenti con razioni scarse e copiosi diritti politici e poi pretendete che non vengano alle mani e non chiamino in aiuto gli slavi, schierati tutto all'intorno a otto chilometri di distanza, e gl'italiani che tendono il braccio attraverso un varco di due chilometri?

Ovvero pensate davvero di fare del porto di Trieste un emporio per l'Europa centrale? Ma allora il problema è economico e non politico. Ci vuole una compagnia, un'amministrazione internazionale, non uno Stato; un'impresa con stabili basi finanziarie, non una combinazione giuridica collocata sulle sabbie mobili della politica!

Per correre il rischio di tale non durevole espediente, voi avete dovuto aggiudicare 1'81% del territorio della Venezia Giulia agli jugoslavi (ed ancor essi se ne lagnano come di un tradimento degli Alleati, e cercano di accaparrare il resto a mezzo di formule giuridiche costituzionali del nuovo Stato); avete dovuto far torto all'Italia rinnegando la linea etnica, avete abbandonato alla Jugoslavia la zona di Parenzo-Pola, senza ricordare la Carta Atlantica che riconosce alle popolazioni il diritto di consultazione sui cambiamenti territoriali, anzi ne aggravate le condizioni stabilendo che gli italiani della Venezia Giulia passati sotto la sovranità slava, che opteranno per conservare la loro cittadinanza, potranno entro un anno essere espulsi e dovranno trasferirsi in Italia abbandonando la loro terra, le loro case, i loro averi, che più? i loro beni potranno venir confiscati e liquidati, come appartenenti a cittadini italiani all'estero, mentre l'italiano che accetterà la cittadinanza slava sarà esente da tale confisca.

L'effetto di codesta vostra soluzione è che, fatta astrazione dal Territorio Libero, 180 mila italiani rimangono in Jugoslavia e 10 mila slavi in Italia (secondo il censimento del 1921), e che il totale degli italiani esclusi dall'Italia, calcolando quelli di Trieste, è di 446 mila; né per queste minoranze avete minimamente provveduto, mentre noi in Alto Adige stiamo preparando una generosa revisione delle opzioni ed è già stato raggiunto un accordo su una ampia autonomia regionale da sottoporsi alla Costituente.

A qual pro dunque ostinarsi in una soluzione che rischia di creare nuovi guai, a qual pro voi vi chiuderete gli orecchi alle grida di dolore degli italiani dell'Istria -ho presente una sottoscrizione di Pola -che sono pronti a partire, ad abbandonare terre e focolari pur di non sottoporsi al nuovo regime?

Lo so, bisogna fare la pace, bisogna superare la stasi, ma se avete rinviato d'un anno la questione coloniale, non avendo trovato una soluzione adeguata, come non potreste fare altrettanto per la questione giuliana? C'è sempre tempo per

commettere un errore irreparabile. Il trattato sta in piedi, anche se rimangono aperte

alcune clausole territoriali. È una pace provvisoria, ma anche da Versailles a Cannes

si dovette procedere per gradi. Altre questioni rimangono aperte o sono risolte nel

trattato solo negativamente. Non posso ritenere, ad esempio, che i nostri rapporti

con la Germania si possano considerare definiti con l'art. 67 di codesto trattato, il

quale impone all'Italia la rinuncia a qualsiasi reclamo compresi i crediti contro la

Germania e i cittadini germanici fino alla data dell'S maggio 1945, dopo cioè che

l'Italia era in guerra con la Germania da diciannove mesi.

I nostri tecnici calcolano a circa 700 miliardi di lire, cioè a circa 3 miliardi di

dollari, la somma che possiamo reclamare dalla Germania per il periodo della cobel

ligeranza; e noi ci dovremmo semplicemente rinunciare? Non può essere questo un

provvedimento definitivo; bisognerà pur riparlarne quando si farà la pace con la

Germania; e allora non è questo un altro argomento per provare che il completo

assestamento d'Europa non può avvenire che dopo la pace con la Germania? Stabi

liamo le basi fondamentali del trattato; l'Italia accetterà di fare i sacrifici che può.

Mettiamoci poi a tavolino, noi e gli jugoslavi in prima linea, e cerchiamo un

modo di vita, una collaborazione, perché senza questo spririto le formule del

trattato rimarranno vuote.

Non è a dire con ciò che per tutto il resto il trattato sia senz'altro accettabile.

Alcune clausole economiche sono durissime. Così per esempio l'art. 69 che concede ad ogni Potenza alleata od associata il diritto di sequestrare, ritenere o liquidare tutti i beni italiani all'estero, salvo restituire la eventuale quota eccedente i reclami delle Nazioni Unite. L'applicazione generale di tale articolo avrebbe conseguenze insopportabili per la nostra economia. Ci attendiamo che tali disposzioni vengano modificate soprattutto se -come non dubito -si darà modo ai miei collaboratori di esprimersi a fondo su questo come su ogni altro argomento, in seno alle competenti commissioni. Così ancora all'art. 62 ci si impone una rinuncia contraria al buon diritto e alle norme internazionali, la rinuncia cioè a qualsiasi credito derivante dalle convenzioni sul trattamento dei prigionieri.

Logica conseguenza della cobelligeranza è anche che a datare dal 13 ottobre 1943 lo spirito con cui devono essere regolati i rapporti economici tra noi e gli Alleati sia diverso. Non si tratta più di spese di occupazione previste all'epoca dell'armistizio per un breve periodo, ma di spese di guerra sul fronte italiano. Ad esse il Governo italiano vuole contribuire nei limiti delle sue possibilità economiche ma nei modi che di tale capacità tengano conto.

In quanto alle riparazioni, pur essendo disposti a sopportare sacrifici, dobbiamo escludere che si facciano gravare sull'economia italiana oneri imprecisati e per un tempo indeterminato e nei riguardi dei territori ceduti o liberati si dovrà tener conto degli enormi investimenti da noi fatti per opere pubbliche e per lo sviluppo culturale e materiale di tali paesi. Se le clausole del trattato ci venissero imposte nella loro totalità e crudezza, noi, firmando, commetteremmo un falso perché l'Italia nel momento attuale con una diminuzione dei salari reali di oltre il 50<% e un reddito nazionale di oltre il 45% ha già visto ridurre la sua capacità di produzione fino al punto da non poter acquistare all'estero le derrate alimentari e le materie prime. Ulteriori peggioramenti provocherebbero il caos monetario, l'insolvenza, e la perdita della nostra indipendenza economica. A che ci gioverebbe allora essere ammessi ai benefici del Consiglio economico e sociale dell'O.N.U.?

Prendiamo atto con soddisfazione che nella Conferenza dei Quattro -seduta del IO maggio 1-la proposta di affidare all'Italia sotto forma di amministrazione fiduciaria le sue colonie ha incontrato consensi. Confidiamo che tale assenso trovi pratica applicazione nel momento di deliberare. In attesa, purché non si chiedano rinunce preventive, non facciamo obbiezioni al rinvio, né al prolungamento dell'attuale regime di controllo militare in quei territori. Ma noi ci attendiamo che l'amministrazione di quei territori durante l'anno di proroga sia, in conformità della legge internazionale, affidata almeno per un'equa parte ai funzionari italiani, sia pure sotto il controllo delle autorità occupanti. E facciamo viva istanza perché diecine e diecine di migliaia di profughi dalla Libia, Eritrea e Somalia che vivono in condizioni angosciose in Italia o in campi di concentramento nella Rhodesia o nel Kenya possano ritornare alle loro sedi.

Circa le questioni militari, le nostre obbiezioni potranno più propriamente essere esposte nella commissione rispettiva. Basti qui riaffermare che la flotta italiana, dopo essersi data tutta alla cobelligeranza e aver operato in favore della causa comune per tre anni e fino a tutt'oggi sotto propria bandiera agli ordini del Comando Supremo del Mediterraneo, non può oggi, per ovvie ragioni morali e giuridiche, venir trattata come bottino di guerra. Ciò non esclude che nello spirito degli accordi Cunningham-De Courten, essa contribuisca entro giustificati limiti, a restituzioni o compensi.

Signori ministri, signori delegati, per mesi e mesi ho atteso invano di potervi esprimere in una sintesi generale il pensiero dell'Italia sulle condizioni della sua pace, ed oggi ancora comparendo qui nella veste di ex nemico, veste che non fu mai quella del popolo italiano, innanzi a voi affaticati dal lungo travaglio o anelanti alla conclusione, ho fatto uno sforzo per contenere il sentimento e dominare la parola onde sia palese che siamo !ungi dal voler intralciare ma intendiamo costruttivamente favorire la vostra opera, in quanto contribuisca ad un assetto più giusto del mondo.

Chi si fa interprete oggi del popolo italiano è combattuto da doveri apparentemente contrastanti.

Da una parte egli deve esprimere l'ansia, il dolore, l'angosciosa preoccupazione per le conseguenze del trattato, dall'altra riaffermare la fede della nuova democrazia italiana nel superamento della crisi della guerra e nel rinnovamento del mondo operato con validi strumenti di pace.

Tale fede nutro io pure e tale fede sono venuti qui a proclamare con me i miei due autorevoli colleghi, l'uno già presidente del Consiglio, prima che il fascismo stroncasse l'evoluzione democratica dell'altro dopoguerra, il secondo presidente dell'Assemblea costituente repubblicana vittima ieri dell'esilio e delle prigioni e animatore oggi di democrazia e di giustizia sociale: entrambi degni interpreti di quell'Assemblea, a cui spetterà di decidere se il trattato che uscirà dai vostri lavori sarà tale da autorizzarla ad assumerne la corresponsabilità, senza correre il rischio di compromettere la libertà e lo sviluppo democratico del popolo italiano.

Signori delegati, grava su voi la responsabilità di dare al mondo una pace che corrisponda ai conclamati fini della guerra, cioè all'indipendenza e alla fraterna collaborazione dei popoli liberi. Come italiano non vi chiedo nessuna concessione particolare, vi chiedo solo di inquadrare la nostra pace nella pace che ansiosamente attendono gli uomini e le donne di ogni Paese che nella guerra hanno combattuto

l Vedi serie decima, vol. III, D. 432.

e sofferto per una meta ideale. Non sostate sui !abili espedienti, non illudetevi con

una tregua momentanea o con compromessi instabili, guardate a quella meta ideale,

fate uno sforzo tenace e generoso per raggiungerlo.

È in questo quadro di una pace generale stabile, signori delegati, che vi chiedo

di dare respiro e credito alla Repubblica d'Italia: un popolo lavoratore di quaran

tasette milioni è pronto ad associare la sua opera alla vostra per creare un mondo

più giusto e più umano.

136

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI,

CON IL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BYRNES

VERBALE 1 . Parigi, IO agosto 1946.

Byrnes ha rispiegato a De Gasperi le giustificazioni per la sua politica. Ha

riaffermato la sua buona volontà, ma non ha nascosto che non crede di poter

fare gran che.

Disse di pensare che scopo dell'attività russa alla Conferenza sia di ritardare ed infine ottenere il differimento. In tal modo si differirebbe anche la trattazione del problema germanico, il che darebbe alla Russia modo per sistemare sempre più le cose a suo modo nella zona che essa occupa. (Si noti che il signor Fernandes della delegazione brasiliana ha espresso, nel colloquio del 13 con De Gasperi, la stessa opinione) 2 .

137

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI

T. 12353/1 02. Roma, 10 agosto 1946. ore 17,45.

Suoll73 .

Mi rendo conto della speciale situazione della Turchia. Nostra iniziativa tende in sostanza ad inserire anche gli Stati che non hanno materialmente combattuto, nella faticosa costruzione della nuova Europa. Appunto perché rimasti fuori dalla mischia, essi sembrano i meglio qualificati ad interpretare le generali esigenze europee di effettiva e sollecita pacificazione del mondo, che le sistemazioni elaborate a Parigi contrastano pericolosamente. Ringrazi cordialmente per buona volontà e comprensione dimostrateci 4 .

1 Trasmesso con Telespr. d. 61 di Soragna del 13 agosto.

2 Questo verbale, scritto ad alcuni giorni di distanza, come risulta dalla parentesi finale, è erroneamente datato Il agosto. De Gasperi vide Byrnes il l O agosto, vedi Foreign Relations of the United States. 1946, vol. III, cit., pp. 172-174.

3 Vedi D. 118.

4 Per la risposta vedi D. 145.

138

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, BERlO

T. 12360/454. Roma, 10 agosto 1946, ore 17.

Suo 0154 1 .

Piuttosto che indurre i neutri a far pressioni in nostro favore sulla Conferenza dei Ventuno, nostra iniziativa tende soprattutto a dar voce alle generali esigenze europee di effettiva e sollecita pacificazione del mondo che le soluzioni elaborate a Parigi contrastano pericolosamente. I neutri, appunto perché rimasti fuori dalla mischia, sembrano i meglio qualificati a rendersi interpreti di tali esigenze. Una loro parola in favore di sistemazioni di giustizia varrebbe dunque a porli su un piano veramente europeo. Ringrazi comunque il dipartimento per la sua buona volontà, aggiungendo che ci rendiamo perfettamente conto delle limitazioni che sua speciale situazione impone alla Confederazione.

Governo svedese ci fa sapere di paventare che una qualche iniziativa in questo senso possa farlo uscire dalla rigorosa neutralità che ritiene dover mantenere 2•

Governo portoghese, che prenderà al riguardo contatti con quello svizzero, svolge intanto una azione in nostro favore sia presso Governo brasiliano, sia presso delegazione a Parigi 3 .

139

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL MINISTRO A LISBONA, ROSSI LONGHI

T. 12361/158. Roma, 10 agosto 1946, ore 17,30.

Suoi 202 e 2044 .

Ringrazi cordialmente presidente per sua buona volontà e comprensione. Istruzioni inviate a Rio, Parigi e Berna saranno certamente utili. Nostra iniziativa tende in sostanza ad inserire anche i neutri nella faticosa costruzione della nuova Europa. Appunto perché rimasti fuori della mischia, essi sembrano i meglio qualificati ad interpretare le generali esigenze europee di effettiva e sollecita pacificazione del mondo, che le sistemazioni elaborate a Parigi contrastano pericolosamente5.

l Vedi D. 107. 2 Vedi D. 126. 3 Vedi DD. 123 e 128. Per la risposta vedi D. 201. 4 Vedi DD. 123 e 128. 5 Per la risposta vedi D. 149.

140

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 14006/913. Londra, 10 agosto 1946, ore 23 (per. ore 7 dell'll).

Ho a lungo intrattenuto Macmillan anche per chiedergli se avesse altri suggerimenti da fare per chiarire nostra posizione in Alto Adige. Egli ha premesso suo interesse europeo nella questione ed ha ripetuto che, a suo avviso, nelle presenti condizioni sicurezza europea, era preferibile controllo Brennero all'Italia piuttosto che all'Austria.

Aveva ritenuto inutile per noi, e dannoso per lui e per il suo partito, compromettersi maggiormente di fronte all'opinione pubblica britannica che non vede connessione problema Alto Adige con nostra frontiera occidentale Venezia Giulia. Due ingiustizie a nostro danno nella mentalità anglosassone non ne giustificano una terza a danno popolazione Tirolo. Si è molto compiaciuto misure adottate ed in corso esecuzione a favore alto-atesini, ma ha insistito perché Governo smentisca pubblicamente accuse mossegli da qui ed inviti al più presto commissione parlamentare a visitare la zona 1•

Egli comprende difficoltà da sormontare di cui non lieve quella di una totale epurazione locale ed ostruzionismo di insaziabili elementi tedeschi più estremisti cui gli avevo fatto cenno, ma, come si suol dire, poiché «cura migliore per malattie politiche è l'aria aperta», egli si augura che Italia sappia creare atmosfera di serena franchezza. Ha insistito sull'utilità fargli avere al più presto risposta esauriente al telespresso 1622 del 31 luglio2 anche se non debba essere di completa soddisfazione.

Nel corso della conversazione Macmillan ha mostrato massimo interessamento alle nostre cose e si è più volte riferito cordiali suoi rapporti con V.E. e con maggiori esponenti del governo dall'epoca Brindisi.

Passando ad un campo più vasto Macmillan ha lamentato incertezza politica estera laburista pur ammettendo collaborazione dell'opposizione con Bevin. È molto preoccupato per ritardo nella soluzione problema germanico per il quale Churchill e lui, Macmillan, avrebbero avuto intenzione ben definita raggiungere al più presto un massimo di collaborazione. Ad evitare che tecnici e competenti germanici passino volenterosamente alla collaborazione con Mosca (pericolo da lui molto sentito),

1 Con Telespr. 26355/c. del 7 agosto Prunas aveva comunicato in proposito: «In merito alla proposta accennata dall'ambasciata di Londra, relativa all'eventuale invio in Alto Adige di una commissione di personalità britanniche [vedi D. 84], questo ministero, sentito il parere del prefetto Innocenti, esprime l'avviso che un viaggio del genere sia preferibilmente da evitarsi. Esso non mancherebbe infatti di suscitare inesatte interpretazioni e nuove speranze separatiste e conseguente turbamento della regione. Né d'altra parte l'esperienza da noi fatta sinora con commissioni del genere, ufficiali o non (nella Venezia Giulia, Alta Valle Roja), che pure avevano tratto dalla loro visita conclusioni a noi favorevoli delle quali non è stato tenuto alcun conto, è tale da farci considerare con simpatia e fiducia il loro ripetersi in altre zone».

2 Vedi D. 120, nota 2 p. 138.

bisognerebbe creare in Occidente situazione che potesse attrarre parti della Germania sotto il controllo sovietico ed altre zone di loro influenza. Ciò che secondo lui si è !ungi dall'aver realizzato.

È poi tornato sul tema favorito di Bevin di una unione tra l'Italia e l'Austria attorno alla quale dovrebbe formarsi nucleo di una unione europea. Ha poi criticato clausole trattato di pace dicendo che se fosse stato al potere avrebbe sostenuto principio che esercito e marina italiani dovevano considerarsi elementi importanti ed essenziali per Gran Bretagna, dalla quale, secondo il suo pensiero, nessun governo sarebbe mai riuscito a staccare nuovamente il popolo italiano. Parlando della nostra situazione interna egli riteneva lontano «pericolo comunista» e conseguente ripercussione politica estera. Gli ho risposto che disillusione e disperazione popolo italiano potevano far fallire qualsiasi tentativo degli elementi più moderati attualmente al potere. Alla domanda se ritenevo che Governo italiano contasse firmare trattato di pace e se, così facendo, aveva possibilità mantenersi al potere, ho risposto che nulla sapevo delle intenzioni di V.E. ma che era ben noto stato esasperazione dell'opinione pubblica.

Questo il contenuto del colloquio che va inquadrato con carattere politico di Macmillan che, sebbene uomo di primissimo piano e molto ascoltato al Foreign Office, come membro opposizione è portato ad una critica tanto più facile in quanto non divide responsabilità governo.

141

L'INCARICATO D'AFFARI A MONTEVIDEO, MOSCATO. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14021/53. Montevideo. 10 agosto 1946 (per. ore 8 del/'11) 1•

Sforza arrivato ieri Montevideo, dichiarato ospite ufficiale Governo uruguayano, fatto ampie dichiarazioni stampa circa necessità equa pace Italia, visitato ministro interim esteri col quale teneva lungo cordiale colloquio. In atto accademico svolto Università tributatogli omaggio intellettuali Uruguay Sforza ringraziava. Pronunziava indi atteso importante discorso politico Teatro presenza presidente Repubblica alte autorità e numeroso pubblico che facevalo oggetto grandi manifestazioni simpatia. Passato rassegna vari aspetti progetto trattato pace soffermandosi particolarmente questione coloniale e dimostrando pregiudizio Italia sarebbe anche pregiudizio Alleati concludendo con invito a tutti italiani anche vecchi fascisti onesti unirsi fraternamente per salvare Italia. Stamane deposto omaggio floreale monumento Artigas e visitato presidente Repubblica il quale intrattenutolo cordialmente. Giornali dedicano lunghissimo spazio avvenimento traendone motivi onde riaffermare difesa nostri diritti Conferenza Parigi.

l Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

142

IL MINISTRO A PRETORIA, ROCHIRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 1233/272. Pretoria, 10 agosto 1946 (per. il 23).

Facendo seguito al telegramma del 9 corrente n. 35 1 , mi onoro di comunicare che, essendo ormai prossima la partenza per Parigi del maresciallo Smuts, ho creduto opportuno di avere un altro colloquio con lui per esporgli nuovamente il nostro punto di vista sulle varie questioni attinenti al trattato di pace. Egli mi ha ricevuto ieri colla consueta cordialità. Ho iniziata la conversazione ringraziandolo per le dichiarazioni fatte alla Conferenza dal ministro Theron, che ha auspicato una pace con giustizia del tipo di quella anglo-boera, ed ha detto che il Sud-Africa non presenta richieste territoriali e non domanda una sola nave della flotta italiana. Non avendo il tempo necessario per discutere tutti i problemi, mi sono dovuto limitare alla questione istriana, alle colonie ed alle riparazioni.

Questione istriana. Gli ho ricordato l'accenno fattomi da lui stesso in un precedente colloquio alla possibilità che il cosiddetto Territorio di Trieste sia allargato in modo da comprendere Pola; ed esaminando con lui la carta trasmessa da codesto ministero con il telespresso n. 5/950 del 22 luglio2 e la carta annessa alla pubblicazione sulla Venezia Giulia di Carlo Schiffrer ove sono indicati tutti i centri italiani in Istria, gli ho esposto la necessità che, se verrà creato il Territorio internazionale di Trieste, esso almeno comprenda l'Istria occidentale e meridionale. Egli, che conosce bene la questione, mi ha detto che era d'accordo. Gli ho anche parlato della possibilità che gli Stati Uniti appoggino o raccomandino delle modifiche alle clausole decise a Parigi; ed egli mi ha confermato le sue buone disposizioni, dicendo: «Però, ci sarà a big fight a Parigi».

Questione delle colonie. Come ho già riferito col telespresso n. 730/149 del 9 luglio u.s. 3 , Smuts in tale questione ci è contrario per le ragioni ivi accennate. Come egli ha detto nel suo ultimo discorso alla Camera, il Commonwealth vuole la sicurezza delle grandi vie di comunicazioni imperiali. Il Sud-Africa, inoltre, nell'espansione fascista in Africa al tempo della guerra etiopica avvertì una minaccia alla sua sicurezza. Infine, per la sua concezione pan-africana, egli vede con piacere una ulteriore espansione della Gran Bretagna in Africa, che faciliterebbe la formazione in avvenire di una federazione degli Stati africani, della quale facciano parte tutti i territori e le colonie britanniche dell'Africa. Ma appunto perciò ho creduto opportuno riparlargli della questione, sia nella speranza che egli possa in parte modificare il suo atteggiamento, sia perché, se non altro, conosca tutte le nostre ragioni e sappia, quanto ci sta a cuore quel problema, e

1 Non pubblicato, riferiva sintetiche informazioni su questo colloquio. 2 Non pubblicato. 3 Non pubblicato, ma vedi serie decima, vol. Ili, D. 680.

-misurando tutta l'entità del danno che subisce l'Italia -possa almeno essere indotto ad adoperarsi maggiormente in nostro favore in tutte le altre questioni. Appena gli ho accennato la questione delle colonie, Smuts mi ha detto: «Non vedo perché volete parlarne ora, visto che essa è rinviata fino ad un anno dopo la firma del trattato di pace». Gli ho fatto presente che fra le clausole stabilite dai Quattro a Parigi ve n'è una che c'impone la rinuncia sin d'ora alle nostre colonie, clausola che noi non possiamo accettare e che metterebbe sotto accusa dinanzi al tribunale dell'opinione pubblica, come è detto in un telegramma giunto da Roma, qualunque governo che la accettasse. Ho aggiunto che le colonie italiane pre-fasciste non rappresentano affatto un pericolo per il Sud-Africa, come scrivono i giornali locali, anzitutto perché l'Italia democratica non minaccia nessuno ed inoltre perché dall'Eritrea e dalla Somalia, che noi acquistammo nel secolo scorso, il Sud-Africa non si è mai sentito minacciato; né certo i porti di Obbia, Mogadiscio o Massaua possono rappresentare un pericolo per le vie di comunicazioni imperiali, e nemmeno la Libia, quando l'Inghilterra avesse Tobruk. Egli ha preferito non raccogliere i miei argomenti, e si è limitato a ripetermi quanto mi aveva già detto nella precedente conversazione e cioè che le colonie per noi non hanno alcun valore effettivo. «È solo una questione di prestigio che voi fate», ha aggiunto. Gli ho risposto che non si tratta di prestigio, ma di giustizia verso i nostri numerosi coloni che si sono colà stabiliti, e di lavoro per i nostri lavoratori. «Dove potremo mandare i nostri emigranti? In America c'è una quota minima, che non basta nemmeno per le mogli degli italiani già colà residenti; qui voi avete bisogno solo di lavoratori qualificati, ed avete domande da tutta l'Europa». Non ha ribattuto il mio argomento, e mi ha detto di nuovo: «Se ne parlerà tra un anno». «Ma nel frattempo -ho soggiunto -tutto ciò che è italiano viene cancellato nelle nostre colonie. Noi domandiamo di avere una parte nell'amministrazione di quelle terre che hanno costato all'Italia molte vite umane e molti miliardi. Voi stesso mi avete detto che vi è la possibilità che l'Italia abbia Tripoli in trusteeship unica; ed allora perché imporci una clausola che ci pregiudica? Voi dite che le colonie per noi non hanno alcun valore; ma ne hanno ancora meno per l'Inghilterra che ne ha tante». Egli ha risposto: «Voi potrete avere Tripoli, ma in trusteeship, ed ora si tratta di rinunziare al possesso delle colonie. Quanto all'Inghilterra, essa non le vuole per sè. La Cirenaica sarà data ai senussi». «Ed a chi si vuoi dare la Somalia italiana?» gli ho chiesto. «Ai natives», mi ha risposto. «Ma sotto la trusteeship inglese-ho ribattuto-. Noi vorremmo che le colonie italiane fossero date in trusteeship all'Italia». Anche dall'espressione del volto di Smuts si vedeva che l'argomento non gli piaceva; e quando, a conclusione, gli ho chiesto se riteneva possibile che venisse stralciata dal trattato la clausola della rinuncia alle nostre colonie, mi ha risposto francamente di no. «lo mi concentrerei -mi ha detto -suli'Istria e le riparazioni».

Riparazioni. Così entrammo a parlare della questione delle riparazioni. Qui lo trovai subito molto più favorevole. Gli consegnai una copia in inglese del «Memorandum sulla situazione economica e finanziaria dell'Italia» trasmesso da codesto ministero. Egli lo sfogliò un po' in mia presenza e mi disse che lo leggerà con molto interesse, aggiungendo: «Ciò è molto più importante per voi e per la vostra ricostruzione». Gli consegnai anche l'album sugli aspetti principali della nostra azione in Etiopia, rilevando l'assurdità della richiesta di riparazioni da essa avanzata. Egli assentì.

Il generale Smuts mi disse che conta giungere a Parigi il 19; egli ritiene che nel frattempo le nostre questioni saranno discusse ma non decise. Spera perciò di giungere in tempo per esercitare un'azione a noi favorevole. Il segretario di Stato, signor Forsyth, mi ha detto che contrariamente a quanto era stato precedentemente stabilito, egli non accompagnerà il maresciallo a Parigi, ed andrà direttamente a New York in settembre per la riunione generale dell'O.N.U.

143

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14040/451. Madrid, 11 agosto 1946, ore 14 (per. ore 6,30 del 12).

Ebbe luogo 8 corrente primo colloquio tra ambasciatore Mallet, reduce Inghilterra, e ministro affari esteri. Impressioni quest'ultimo coincidono con quanto già da me prospettato e preveduto (mio telegramma per corriere 014 e miei rapporti 908 e lO16/1 094) 1 .

In seguito fallito tentativo Mallet per immediata restaurazione monarchia e data attuale situazione europea, ambasciatore ritornato con nuove istruzioni suo Governo che sembrano più conformi realtà spagnola e perciò consolidano sua posizione. Secondo Martin Artajo, Bevin sarebbe persuaso pericolo improvviso mutamento in Spagna forzato dall'estero e perciò, pur mantenendo tesi necessità ritiro Franco (mio telegramma n. 440)2 , è disposto lasciare tempo necessario per evoluzione interna non controproducente incagli a favore dell'una

o dell'altra forma istituzionale.

Rimane invece tuttora vivo contrasto tra direttive ricevute da Mallet in armonia con quelle statunitensi e posizione assunta Governo spagnolo circa espulsione Spagna e consegna cittadini germanici (telespresso questa ambasciata n. 870)2 . Punto di vista Martin Artajo è che nessuno Stato potrebbe sopportare simile imposizione, che offende diritto sua sovranità. Spagna è disposta accogliere desiderata Alleati circa limitato numero germanici che risultino veri criminali guerra o politicamente pericolosi pace europea, cui posizione Spagna si riserverebbe esaminare espellendoli quali indesiderabili, mentre richiesta di consegna globale da parte Alleati comprenderebbe gran numero persone cui presente posizione, indipendentemente dalla guerra, non costituisce pericolo pace ma unicamente situazione desiderata Parigi. Si ritiene qui tuttavia che anche su questo punto si finirà trovare formula compromesso.

l Non pubblicati. 2 Non pubblicato.

144

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 12 agosto 1946, ore 9,30.

De Gasperi: Intende spiegare l'atteggiamento che la delegazione italiana ha assunto e dovrebbe seguire nei rapporti colle altre delegazioni. L'atteggiamento, confermato dalla dichiarazione che egli ha fatto al Lussemburgo il lO agosto, ha voluto essere fermo ma conciliativo. Abbiamo messo in chiaro che col trattato che ci è stato proposto noi veniamo a cedere 1'85"/,, del territorio della Venezia Giulia; noi non abbiamo a priori rifiutato il trattato, non abbiamo rifiutato il criterio di pagare delle riparazioni. Per Trieste bisogna tuttavia cercare nuova soluzione; soprattutto nuove basi di accordo proponendo una collaborazione slava nell'attività del porto. L'interesse slavo è quello di non introdurre altri Paesi (in particolare gli anglo-americani) nella economia triestina. Di qui può prospettarsi una nuova soluzione: per noi non è essenziale l'intervento americano, mentre appare fatale la partecipazione russa. Una soluzione di questo genere potrebbe avvicinarci ai russi. Esamina la questione di Pola e si chiede se essa costituisce un problema russo o jugoslavo, se ha aspetto militare o commerciale. Se avesse carattere militare, si potrebbe eliminare il problema, togliendo qualunque attrezzatura militare alla città ed al porto. Ciò faciliterebbe l'accoglimento della richiesta di Pola, sulla quale noi dobbiamo insistere. Rileva il carattere di indivisibilità di questa pace, anche in relazione alla possibilità di accoglimento della nostra proposta di rinvio della decisione. Ritiene che da parte americana vi sia una certa fretta nel concludere la pace perché gli americani hanno la preoccupazione di vedere rapidamente sgombrati dai russi i Paesi balcanici, in quanto l'America ha la sensazione di poter eliminare l'influenza russa sui Balcani, una volta sgomberati. Ritiene che da parte russa vi sia l'atteggiamento opposto, di ritardare cioè la conclusione per non dover lasciare i Balcani. Crede che la richiesta di rinvio debba essere curata ed appoggiata.

Quaroni: Ritiene che la Russia appoggi a fondo la Jugoslavia perché non c'è più, come non c'è stata in modo più energico, una contraria pressione americana. Propone di ritornare a considerare il progetto Molotov di due governatori-italiano e jugoslavo -chiedendo da parte nostra una estensione della zona di condominio. La Russia teme che Trieste possa divenire una base americana. Alla Russia interessa meno Pola, troppo a nord, mentre interessa in misura maggiore Valona che chiude l'Adriatico e dà già adito al Mediterraneo. I russi sono anche preoccupati delle basi aeree in Italia anche in relazione con i progetti di convenzione italo-americani di linee aeree.

De Gasperi: Chiarisce che queste convenzioni non stabiliscono alcuna esclusiva a favore dei contraenti.

Saragat: Il rinvio sembra possibile. In ogni caso non peggiora la situazione. I russi vi sono favorevoli per non lasciare i Balcani. La richiesta va appoggiata,

I Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Carandini, Facchinetti, Martini, Quaroni, Reale, Saragat, Tarchiani e Arpesani. Di questa riunione esiste anche un verbale redatto da Quarom, che non SI pubblica.

mentre si deve tentare di ottenere Pola, spostando quindi la linea di confine dello Stato autonomo alla linea proposta dagli inglesi.

Bonomi: Si dichiara favorevole al rinvio. Se però i Quattro insistono per una decisione bisogna cercare di ottenere Pola, proponendo una contropartita.

Reale: È contrario al rinvio. Non ci porterebbe vantaggi; continuerebbe l'occupazione alleata. Ritiene, in contrasto con gli altri, che i russi vogliano rapidamente arrivare alla pace e che siano invece gli americani che vogliono tardare. Insiste per una trattativa diretta con la Jugoslavia.

Facchinetti: Prospetta come tocchi alla Jugoslavia venire incontro all'Italia dopo tutto quello l'Italia ha fatto per lei nella guerra del 1915-18 e dopo tutte le rinunce a cui oggi l'Italia dichiara di essere pronta ad assoggettarsi. Non esclude comunque che si facciano tentativi diretti di approccio.

Tarchiani: Ammette che si possa fare una trattativa con gli jugoslavi soltanto in sede di discussione dello statuto della zona triestina. Dichiara di ritenere che da parte anglo-americana non si dorma. L'intervento si verifica quando diventa necessario.

Carandini: La questione non è fra noi e la Jugoslavia: è fra la Russia e gli anglo-americani. Saremmo noi stessi in posizione di svolgere una funzione arbitrale, anziché essere gli altri ad arbitrare questa questione che pur involge Italia e Jugoslavia. Sulla proposta di rinvio propone di sondare i diversi rappresentanti. Conferma che la volontà inglese, come quella americana, è di lasciare presto i territori occupati, mentre i russi stentano a muoversi. Propone che si chieda ai rappresentanti fin dove ritengono di dover andare e di poterei appoggiare. Raccomanda molta cautela nell'esporre e sostenere le nostre proposte perché noi abbiamo bisogno degli uni e degli altri.

Martini: Mentre fa le sue riserve sul trattato propostoci, si dichiara favorevole al rinvio. Fare oggi proposte positive non ritiene il momento. Vedremo le reazioni al discorso del presidente De Gasperi. Si deve comunque evitare un isolamento dell'Italia. Anche l'America del sud si interessa dell'Italia, ma si vede il legame con l'atteggiamento dell'America del Nord. Si deve fare tutto il possibile per tutti i compromessi utili. Quindi raccomanda cautela e un preventivo sondaggio del terreno, avendo presente che il rinvio appare utile.

Bonomi: Per le frontiere c'è ormai l'accordo dei Quattro. Vedremo oggi, attraverso la discussione al Lussemburgo, le reazioni alla nostra dichiarazione per stabilire se il rinvio sarà possibile. Se non si potrà avere il rinvio, bisognerà procedere all'esame dei confini. Ora, se si vuoi chiedere Pola, gli altri chiederanno Gorizia e Monfalcone. Di fronte a tale eventualità egli si dichiara contrario alla richiesta di Pola: piuttosto sacrifichiamo Pola e saremo allora più liberi nel discutere lo statuto. L'essenziale è di salvare l'italianità del Territorio di Trieste. La proposta del doppio governatore non gli sembra né accettabile né utile, perché tale soluzione creerebbe la ragione di attrito fra Italia e Jugoslavia.

De Gasperi: Riassume il suo pensiero; ha voluto esporre alcune prospettive utili per la linea da seguire. Afferma che se la delegazione ritornasse in Italia col

trattato tale e quale è con il sacrificio di Pola, l'Assemblea costituente non voterà favorevolmente all'accettazione del trattato. Una reazione sentimentale e nazionale si determinerà protestando contro l'ammissione di un tale sacrificio. In tale ipotesi gli Alleati hanno detto che provvederanno a occupare militarmente l'Italia. Se vogliono anche il Governo, avranno anche l'esperienza del suo peso. Si deve quindi fare quanto è possibile per migliorare il trattato se no il popolo italiano non autorizzerà la firma. Bisogna scindere i problemi: c'è un problema economico e ce n'è uno politico. L'accordo economico deve essere indipendente, non essere in nesso con la situazione politica quale sarà determinata dallo statuto. Bisogna trovare dei compensi da proporre alla Jugoslavia con un criterio di larghezza di posizione economica verso gli slavi: si tratta quindi anche di fenomeno finanziario. Non vede la possibilità di una diarchia politica che regga lo Stato libero triestino, perché ritiene che si creerebbe una ragione di urto fra Italia e Jugoslavia. C'è anche, contro questa soluzione, una ragione di superiorità italiana sugli slavi: l'Italia inoltre è un Paese che si risolleverà e che ha un suo avvenire. Ci vorranno capitali: li dovranno dare l'Italia e gli anglo-americani. Chiedeva quindi uno sforzo inteso ad ottenere che si stacchi lo statuto linguistico della città di Trieste -che dovrà essere sotto controllo internazionale -da quello che sarà il sistema dell'emporio economico. Accetterebbe la proposta di diarchia politica solo come subordinata da subire. La può ammettere come ponte, ma non ritiene di fare egli stesso tale proposta che porterebbe una soluzione fonte di guai fra i due Paesi. Richiama infine il merito degli anglo-americani che, col loro atteggiamento di resistenza, hanno concesso che si arrivasse almeno alla proposta dello Stato Libero triestino. Esposti i concetti da servire di base per la linea da seguire anche nei contatti cogli jugoslavi, propone una divisione del lavoro da svolgere come segue. Prega Bonomi di coordinare il lavoro per Trieste, tanto per la questione territoriale che per la questione economica. Prega Saragat di coordinare l'azione per le frontiere occidentali: anche gli altri, naturalmente, potranno sondare il terreno attraverso i loro contatti.

Saragat: Intende avere, nel suo lavoro, il concorso di Arpesani e di Reale. Espone il problema francese, che scinde in due parti: una relativa alle frontiere, l'altra relativa all'amicizia franco-italiana, l'una in funzione dell'altra. Elemento primo è però l'amicizia franco-italiana. Ha lavorato in questo senso presso i partiti francesi, socialista, democristiano e comunista. Fu anzi il partito comunista che per primo difese gli italiani. Poi l'atteggiamento di questo partito mutò perché esso ebbe il dubbio che si volesse fare di una rinnovata amicizia franco-italiana il nocciolo di un raggruppamento occidentale. Egli sempre localizzò il problema franco-italiano, senza spostarlo sul piano europeo. I suoi sforzi sono stati frustrati dall'atteggiamento dei comunisti francesi. A questa posizione di estrema sinistra si aggiunge quella di estrema destra, contraria alla migliore soluzione con l'Italia per ragioni nazionalistiche e militari. Anche l'M.R.P. ha ceduto alla tendenza di destra del partito. Il partito laburista è il più favorevole a noi. L'opinione generale francese non ha un fondo contro l'Italia; non valuta però sufficientemente lo sforzo della Resistenza italiana. Egli ha già visto Blum. Non crede più possibile modificare le linee territoriali: ritiene si possa invece ottenere di togliere il carattere militare alla rettifica del Moncenisio. Ottenendo questo ci si potrebbe riportare sul piano dell'amicizia fra i due Paesi. Ma occorre che la Francia faccia qualche rinuncia.

Bonomi: Ritiene che si dovrebbe portare la delimitazione territoriale fino alla diga del Cenisio.

Quaroni: Cita le note servitù militari sui territori svizzeri di frontiera. Fa presente che Francia e Jugoslavia stanno trattando per un accordo.

Martini: Rinnova le sue riserve. Ritiene che la Francia abbia fatto un atto ingiusto verso di noi e mette in rilievo le reazioni della nostra opinione pubblica.

De Gasperi: Fa infine noto che Corbino ha preparato tutti gli emendamenti alla parte economica del trattato. Mancando Corbino (che deve recarsi a Roma) prega Tarchiani di sostituirlo con Menichella. Per l'Oriente Quaroni e Reale si dividono i contatti. Prega poi Martini di curare le relazioni con l'America latina.

145

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14130/127. Ankara, 12 agosto 1946, ore 20,30 (per. ore 20 del 13).

Questo ministro esteri è stato molto sensibile al telegramma di V.E. l 02 1 così cordiale e comprensivo. Ho di nuovo insistito per una presa di posizione turca, per quanto cauta e generica, nel senso da noi desiderato. Mi consta che segretario generale ci sta lavorando con molto impegno; l'occasione potrebbe essere discorso programmatico che pronuncerà 14 corrente nuovo presidente del Consiglio. Intanto questo Governo ha saputo che né Svizzera né Svezia si dispongono ad abbandonare loro prudente riserbo 2 .

146

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI,

CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI GRECIA, TSALDARIS

Parigi, 12 agosto 1946.

l. Kossovo. Tsaldaris chiede tutti i dati a nostra disposizione per sostenere carattere albanese della provincia di Kossovo, onde contrattaccare Jugoslavia nella sua azione a favore del mantenimento all'Albania dell'Epiro.

I Vedi D. 137.

2 Con successivo T. 14264/130 del 14 agosto, Marchetti segnalava: «Attiro attenzione di codesto ministero su passo dichiarazioni odierne politica estera questo presidente del Consiglio auspicante giusta pace per Paesi impegnati trattative Parigi». Per la risposta vedi D. 177.

3 Trasmesso con Telespr. d. 62 di Casardi del 13 agosto.

2. -Riparazioni. De Gasperi tocca della nostra disposizione a sostituire la nave greca affondata con una nostra nave da guerra. Tsaldaris insinua che Grecia gradirebbe invece o inoltre qualche nave mercantile, per esempio il Saturnia o il Vulcania. Per quanto riguarda le riparazioni, propone che Italia prenda a proprio carico il lavoro di ricostruzione, in qualche misura, di installazioni od edifici greci distrutti. Restano intesi che il nostro ufficio economico se ne intrattenga cogli esperti greci. 3. -Commercio e collaborazione economica. La Grecia vuole tessuti e zolfo. Non si capisce bene che cosa darebbe in cambio. Se ne discorrerà fra esperti economici. 4. -Politica generale. Tsaldaris opina che gli inglesi vorrebbero rimandare discussione, alla Conferenza, sugli affari greco-albanesi, perché persuasi che col tempo influenza russa in quel Paese si affievolirà. Ciò li indurrebbe persino ad accedere all'idea di procrastinare la Conferenza stessa.
147

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 14134/954. Parigi, 13 agosto 1946, ore 21.

Questa mattina svo1tesi in seno a nostra delegazioni riunioni commissioni per Venezia Giulia (presidente Bonomi) e per frontiera occidentale (presidente Saragat) che studiato clausole trattato ed esaminato azione da svolgere presso competenti commissioni politiche Conferenza pace.

Presidente De Gasperi avuto lungo colloquio con delegato Brasile Neves da Fontoura e ricevuto ministro Cuba a Parigi 1 .

148

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL BRASILE, NEVES DA FONTOURA (2)

VERBALE. Parigi, 13 agosto 1946.

Questa mattina alle ore 9,30 il presidente De Gasperi, accompagnato dall'ambasciatore Martini e dal comm. Cattani, si è recato all'Hotel Georges per conferire con il ministro degli esteri brasiliano Neves da Fontoura, capo della delegazione brasiliana

1 Vedi D. 148. Il verbale del colloquio con il ministro di Cuba a Parigi non è stato rinvenuto. 2 Prende parte al colloquio anche l'ambasciatore brasiliano Fernandcs.

alla Conferenza della pace e con l'ambasciatore Raul Fernandes, delegato brasiliano alla Conferenza medesima. I due colloqui hanno avuto luogo separatamente, prima con l'ambasciatore Fernandes, quindi con il ministro Neves da Fontoura.

Il presidente De Gasperi ha trattato principalmente della questione di Trieste e di quella delle colonie italiane.

Circa la prima questione il presidente ha affermato che nessun governo nazionale in Italia potrebbe firmare le clausole dell'attuale progetto di trattato di pace, alle quali anche l'Assemblea costituente rifiuterebbe sicuramente l'approvazione. L'ultima concessione cui potrebbe giungere l'Italia sarebbe quella di accettare la soluzione del «Territorio Libero» alla condizione però che questo sia convenientemente ampliato almeno in modo da includere Pola; ciò conferirebbe una possibilità di vita e un equilibrio etnico-politico al «Territorio Libero» che altrimenti non potrebbe resistere alla pressione degli eventi. Sul «Territorio Libero» dovrebbe sorgere un poderoso complesso economico internazionale anche con il concorso di capitale straniero ed in ispecie americano, di modo che il «Territorio Libero» venga a costituire uno sbocco per l'Europa centrale perfettamente attrezzato (impianti portuali, ferrovie, impianti industriali etc.). L'importanza economica di questo centro dovrebbe prevalere sulle questioni politiche che attualmente si agitano ed in un certo senso superarle.

Circa le colonie italiane l'ambasciatore Fernandes ha consigliato, in via del tutto confidenziale, di accordarsi con l'Inghilterra ed ha dichiarato che la questione sarà assai probabilmente sollevata nell'attuale Conferenza nonostante il rinvio di un anno previsto nel progetto di trattato di pace. L'ambasciatore Fernandes concorda col punto di vista del presidente De Gasperi che l'Italia dovrebbe diventare unica mandatana delle sue antiche colonie; riterrebbe invece non conveniente un progetto che separasse dalla Libia la Cirenaica per lasciare quest'ultima agli inglesi: in questo caso sulla Cirenaica sorgerebbero di nuovo le pretese russe.

Il ministro Neves da Fontoura ha dichiarato che i russi hanno interesse a mandare per le lunghe la Conferenza della pace, per cui il cercare di rimandare la questione di Trieste e quella delle colonie potrebbe, in un certo senso, fare il giuoco della Russia. Il tergiversare per timore della guerra, come accadde a Monaco, può anche giovare alla Russia.

Alla prevista scadenza del termine di un anno la Russia si troverà sicuramente rinforzata dal punto di vista militare e manterrà con vigore tutte le sue pretese. D'altra parte però la potenza degli Stati Uniti è formidabile e nessuno potrà vincere il blocco anglo-sassone anche se l'Inghilterra corra oggi il rischio di esser quasi ricacciata fra le Potenze di secondo ordine.

Il ministro da Fontoura ed anche l'ambasciatore Fernandes hanno dichiarato che è stato accolto con sospetto il proposito del Brasile di farsi difensore della causa italiana. Comunque, su espresse istruzioni del presidente della Repubblica, la delegazione brasiliana terrà una linea politica indipendente conforme alle sue tradizioni. Essa ha mandato di sostenere la causa italiana soprattutto da un punto di vista generale. Il ministro da Fontoura si è quindi soffermato a parlare alquanto della situazione argentina e dei suoi riflessi internazionali.

I due colloqui sono stati improntati a grande cordialità. Il presidente De Gasperi, ringraziando, ha dichiarato che i funzionari della delegazione italiana rimarranno a piena disposizione di quella brasiliana per fornire tutte le indicazioni, notizie e materiali che possano essere necessari.

149

IL MINISTRO A LISBONA, ROSSI LONGHI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14196/206. Lisbona, 14 agosto 1946, ore 11,20 (per. ore 19).

Telegramma ministeriale 158 1•

Mi sono recato da segretario generale di questo Ministero affari esteri per esprimermi in conformità del telegramma sopra citato. Predetto mi ha detto che già varie rappresentanze diplomatiche portoghesi avevano telegrafato assicurando di essersi espresse nei riguardi dell'Italia nel senso loro prescritto. Mi ha inoltre fatto presente che legazione Portogallo a Bema, incaricata di accertare se Governo svizzero potesse essere indotto a fare pubblica dichiarazione in favore Italia, aveva telegrafato che risposta era stata negativa. Governo svizzero escluderebbe infatti iniziativa del genere considerandola in contrasto con propria tradizionale neutralità.

Segretario generale mi ha aggiunto, a titolo di informazione, che era stato avvicinato da questo ministro di Turchia richiesto da Ankara di accertare atteggiamento portoghese e di far presente che Governo turco considera con particolare preoccupazione durezza condizioni che si intende imporre all'Italia.

150

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DELL'U.R.S.S., MOLOTOV

VERBALE 2 . Parigi, 14 agosto 1946, ore 15-16,05.

Il presidente De Gasperi ha iniziato la sua conversazione ringraziando Molotov per quanto aveva detto nel suo discorso circa la funzione storica e di civiltà italiana nel Mediterraneo e per la fiducia da lui espressa nella rinascita della funzione futura dell'Italia.

Molotov: Le confermo che noi abbiamo piena fiducia nel futuro dell'Italia.

De Gasperi ha continuato dicendo che desiderava approfittare della conversazione per rispondere ad alcune accuse che gli erano state mosse da Molotov nel suo discorso. Il primo punto è quello che concerne la necessità di riforme. De Gasperi ha ammesso che apparentemente in Italia durante tutti questi anni non è stato fatto niente di analogo a quanto è stato fatto in Francia ed in Inghilterra; ma si tratta soltanto di apparenza. Ha spiegato con molto dettaglio la funzione dell'I.R.I., che permette al Governo italiano un controllo praticamente assoluto di tutto il sistema bancario ed industriale italiano. Ha particolarmente sottolineato, con evidente approvazione di

l Vedi D. 139.

2 Trasmesso con Telespr. d. 87 di Soragna del 17 agosto. Sono presenti al colloquio Kostylev e Quaroni, che ha redatto questo verbale.

168 Molotov, che attraverso il controllo che il Governo ha di tutto il sistema bancario, praticamente nazionalizzato, non è possibile nessuna immissione di capitale nelle industrie senza il controllo del Governo. Ha accennato al progetto attualmente allo studio di nazionalizzazione degli stabilimenti di produzione elettrica. Circa la riforma agraria, ha fatto osservare che le condizioni strutturali dell'agricoltura italiana differiscono sostanzialmente da regione a regione. Una riforma agraria in Italia non è quindi concepibile che nel quadro regionale. Per questo si stanno organizzando le commissioni regionali della riforma agraria. Ha accennato allo stanziamento per quest'anno di 10 miliardi per l'appoderamento di 100 mila ettari di terreno. Ha fatto presente che tutta quest'opera di riforma si svolge fra l'altro in difficilissime condizioni finanziarie con un bilancio che ha 500 miliardi di spese e 200 miliardi di entrate.

Molotov: Ha ammesso che la situazione italiana era difficile ed ha ammesso pure che quello che è stato fatto in Italia va probabilmente più in là di riforme più reclamizzate fatte in Francia ed in Inghilterra.

De Gasperi: Ha detto poi che non è vero che egli non abbia dato la debita importanza alle questioni economiche. Prega Molotov di voler tener presente che gli è stato insistentemente raccomandato da tutte le parti di essere breve. D'altra parte alcuni punti del trattato, concernenti la parte economica, non sono ancora del tutto precisati; c'è ancora una possibilità di discussione, ed egli ha ritenuto più opportuno assumere un tono più moderato. In particolare, De Gasperi ha messo in rilievo il suo attacco contro gli articoli 67 e 69, ed ha soprattutto messo in rilievo l'ultima frase del suo discorso sulla parte economica in cui ha detto che se le clausole economiche ci fossero applicate come sono, noi assumeremmo un'obbligazione che non saremmo in grado di assolvere e perderemmo la nostra indipendenza economica.

Molotov: Ha detto che la Russia stessa ha già riconosciuto che molte delle clausole economiche in alcuni loro aspetti sono troppo gravose per l'Italia ed ha già fatto il suo possibile per attenerne delle modifiche. Ma la Russia si aspettava di avere in questo campo un appoggio dall'Italia che è mancato. Per cui il Governo sovietico si domanda se effettivamente queste clausole siano così gravose per l'Italia e se valga la pena che esso continui ad interessarsene.

De Gasperi: Ha risposto enfaticamente che desiderava che il Governo sovietico se ne interessi e che egli conta appunto sul suo appoggio.

Avendo Molotov richiesto alcuni dati di fatto soprattutto sul valore degli assets italiani all'estero, De Gasperi lo ha pregato di designare un funzionario della sua delegazione a cui un funzionario della delegazione italiana possa esporre in dettaglio il punto di vista italiano e fornirgli tutti i dati che possano essere utili alla delegazione sovietica. Molotov si è dichiarato d'accordo ed ha designato il signor Arutyunyan 1• De Gasperi da parte sua ha designato il comm. Di Nola.

De Gasperi: Ha poi rilevato che considera ingiusta l'osservazione di Molotov che nel suo discorso non è contenuta una ripudiazione del fascismo e dell'aggressione fascista. Dopo aver accennato ad alcuni passi del suo discorso ha ricordato di essere stato su questo punto particolarmente esplicito a Londra, specificatamente

l Vedi D. 189.

anche per l'aggressione contro la Jugoslavia. Non ha ritenuto quindi che fosse necessario ripeterlo.

Molotov: Queste dichiarazioni erano state fatte in Comitato segreto. Questa era la prima volta che l'Italia parlava pubblicamente al mondo, e sarebbe stato opportuno ripeterlo.

De Gasperi: Tutto quanto io ho detto in seduta segreta è stato pubblicato. Comunque su questo punto ammetto che lei possa avere ragione.

Venendo a parlare della questione di Trieste, De Gasperi, dopo avere spiegato il valore soprattutto sentimentale della questione di Trieste, ha detto che sarebbe ingiusto accusare l'Italia di imperialismo soprattutto se si tien conto che l'Italia, già povera di materie prime, viene a perdere le miniere dell'Arsa (30% del carbone italiano), insieme a quelle di mercurio di Idria ed a quelle di bauxite che sono le uniche che possiede l'Italia mentre la Jugoslavia ne ha parecchie. Protesta pure contro l'accusa di avere voluto con il proporre il rinvio continuare l'occupazione straniera in Italia. Ha fatto osservare che il trattato di pace per entrare in vigore abbisogna della ratifica delle Quattro Potenze, fra cui quella del Senato americano che si riunisce solo il lo gennaio. Nella migliore delle ipotesi lo sgombero dell'Italia non potrebbe aver luogo prima dell'aprile 1947.

Molotov: Questa non è una ragione per rimandarlo all'aprile del 1948.

De Gasperi: Ha continuato dicendo che con la sua proposta di rinvio non intendeva rifiutare il trattato; chiedeva soltanto che venisse accantonata la questione di Trieste, come era stata accantonata la questione delle colonie. Qui incidentalmente ha ringraziato Molotov per l'atteggiamento assunto nella questione coloniale.

Molotov: Ha risposto che effettivamente l'U.R.S.S. era d'avviso che il trusteeship per le colonie dovesse essere affidato all'Italia. Purtroppo la sua proposta non era stata accettata.

De Gasperi: Non è stata accettata nemmeno l'altra proposta (a Molotov che aveva detto di non capire è stato spiegato che con questo De Gasperi voleva dire che la questione è ancora aperta). De Gasperi ha continuato dicendo che egli riteneva che si sarebbe potuto benissimo rinviare la soluzione del problema di Trieste stralciandola dal trattato, mettendosi d'accordo con gli jugoslavi si sarebbe potuto mantenere l'ordine nella zona in maniera da non rendere necessaria la presenza di un forte quantitativo di truppe alleate. Ha specificato che la sua proposta non aveva nulla di antislavo perché ha aggiunto come prima cosa di ritenere necessario che italiani e jugoslavi si sedessero ad un tavolo per discutere.

Afolotov: Ha detto che un rinvio della questione di Trieste non avrebbe servito alla pacificazione degli animi.

De Gasperi: Ha chiesto a Molotov se egli ritiene possibile l'estensione del Territorio Libero fino ad includere anche Pola.

Molotov: Ha risposto di non ritenere la proposta costruttiva. La soluzione del problema di Trieste era stata raggiunta in base ad un accordo faticoso fra le Quattro Potenze e l'U.R.S.S. si atteneva strettamente al principio che gli accordi raggiunti devono essere mantenuti.

De Gasperi: È stato raggiunto senza l'accordo dell'Italia.

Molotov: È giusto, e per questo l'Italia ha il diritto di esporre il suo punto di vista e di fare le proposte che vuole.

De Gasperi: Ha chiesto a Molotov se l'articolo concernente le ratifiche del trattato di pace che parla soltanto della ratifica da parte delle Quattro Grandi Potenze significa che la ratifica da parte dell'Italia non è necessaria.

Molotov: Ha detto di non poter rispondere; non sa se si tratti di una clausola abituale nei trattati di pace o di una clausola ad hoc.

De Gasperi: L'articolo corrispondente dei trattati balcanici fatti sotto l'ispirazione della Russia è redatto in forma differente.

Molotov: L'occhio acuto dei giuristi italiani ha immediatamente scoperto un punto che mi era sfuggito.

De Gasperi: L'occhio dei giuristi italiani ha scoperto molte differenze fra i trattati redatti sotto ispirazione russa ed il nostro.

Molotov: Ha spiegato che la Russia era in genere favorevole a trattati molto più semplici e brevi ed era d'avviso che si dovesse lasciare una misura molto maggiore di libertà e di credito ai Paesi ex nemici. Ma gli altri hanno voluto altrimenti.

De Gasperi: Ha detto che teneva a chiarire la portata dell'osservazione di Molotov circa i trattati conchiusi con l'America e l'Inghilterra per l'aviazione civile italiana.

Molotov: Ha detto che la Russia ritiene sia impossibile separare l'aviazione civile da certi problemi della difesa. Essa ritiene e continua a ritenere che convenzioni concluse fra Stati a potenzialità militare ed economica molto differente possano in certe condizioni costituire un serio pericolo per l'indipendenza di un determinato Paese.

De Gasperi: Ha spiegato la genesi di queste convenzioni. Ha detto che il Governo italiano ha rifiutato agli americani una clausola di monopolio. Per questo non ha potuto esimersi dal cohcludere un'analoga convenzione con gli inglesi. Ma ha specificamente riservato tutte le comunicazioni orientali dell'Italia. Appena informato di una richiesta dell'ambasciatore Kostylev per una convenzione relativa alle comunicazioni aeree Roma-Mosca ha dato immediate istruzioni al ministro dell'aeronautica di studiare la questione. Tiene a dichiarare a Molotov che se la Russia vuole concludere una convenzione analoga con l'Italia egli è disposto a farlo senz'altro.

Molotov: Osserva che la Russia non chiede niente, mantiene soltanto il suo punto di vista sulla necessità di far bene attenzione a non compromettere l'indipendenza italiana.

De Gasperi: Dice che le conversazioni non sono ancora terminate. Egli terrà conto delle osservazioni di Molotov e, tornato a Roma, si riserva di tenersi in stretto contatto con Kostylev su questo argomento, e gli sarà grato di ogni consiglio che il Governo sovietico potrà fargli avere al riguardo.

Molotov: Risponde che a suo avviso il Governo italiano è perfettamente in grado di giudicare quello che gli è utile e conveniente e che non ha bisogno dei consigli di nessuno. In ogni modo è grato al presidente De Gasperi di volersi tenere in contatto sull'argomento con Kostylev.

Tornando a ringraziare Molotov per le sue affermazioni sulla politica e la funzione italiana nel Mediterraneo, De Gasperi tiene a ripetere che l'Italia non ha l'intenzione di legarsi a nessuno contro nessuno ed in particolare non ha nessuna intenzione di aggiogarsi ad una politica ostile all'U.R.S.S. sia come grande Stato, sia come Stato di lavoratori, sia anche come Stato slavo. Ma prega Molotov di tener conto delle circostanze di fatto che nel periodo attuale legano la vita e la ricostruzione dell'Italia ai rapporti con l'America. Osserva che abbiamo ricevuto dall'America come U.N.R.R.A. e sotto altre forme forniture per quasi un miliardo di dollari. È questo un elemento di cui non si può non tener conto.

Molotov: Ha detto che la Russia non ha assolutamente niente in contrario a che l'Italia mantenga e coltivi le buone relazioni con l'America e l'Inghilterra. La Russia stessa ha frequenti contrasti con l'America, ma nel complesso tiene moltissimo ai buoni rapporti con l'America. Non c'è oggi uno Stato che possa non tener conto del grande valore politico ed economico del fattore americano. Se questo vale per la Russia, a più forte ragione vale per l'Italia, le cui risorse sono molto inferiori. Nel popolo russo esiste una viva simpatia per l'Italia, e di questo il suo ambasciatore a Mosca può essere testimonio. Ma qui non si parla di sentimenti; l'interesse statale della Russia richiede che non ci siano monopoli né in Europa, né in Africa, né in Mediterraneo. I tentativi attualmente in corso per stabilire un monopolio di questo genere sono destinati al fallimento. Per questo l'interesse statale della Russia è che Paesi come la Francia e come l'Italia siano indipendenti ed in grado di esercitare una funzione indipendente politica economica e di civiltà nelle loro sfere naturali. Questo è un interesse statale della Russia e quindi non ha nulla a che fare con quello che possa essere il regime interno dell'Italia. Nel campo del sentimento le posso aggiungere che la Repubblica democratica italiana desta le più vive simpatie nell'U.R.S.S.

De Gasperi: Ripetendo il suo concetto della volontà dell'indipendenza italiana ha detto che concorda con quanto ha esposto Molotov. Ritornando sulla sua proposta di stralciare la questione di Trieste, ha osservato di averla fra l'altro fatta perché se non ci fosse la questione di Trieste si potrebbe stabilire una completa collaborazione tra Italia e Russia per tutto quanto concerne il resto del trattato. Ha fatto osservare per esempio che si è astenuto dal fare qualsiasi spunto polemico sulla questione delle riparazioni perché questo concerneva anche la Russia, ed egli è fra l'altro convinto che le riparazioni russe saranno un elemento importante di sviluppo nei rapporti economici fra l'Italia e la Russia.

Molotov: Dice che anche questo è il suo pensiero.

Per l'ultimo De Gasperi dice che adesso come sempre è vivo il suo desiderio di avere dei contatti diretti con gli jugoslavi. Voleva sapere da Molotov se egli riteneva che questi contatti diretti nelle circostanze attuali potessero essere utili, o che fosse invece meglio astenersene.

Molotov: Ritengo che possono essere molto utili.

Il colloquio è durato fino alle ore 16,05.

151

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi (Ambasciata d'Italia), 14 agosto 1946, ore 17.

Bonomi: Riferisce i colloqui avuti coi rappresentanti giuliani e le conclusioni sulle richieste relative ai confini da presentare alle commissioni pel tramite dei rappresentanti del Brasile, che si sono impegnati a sostenerle nell'assenza dei rappresentanti italiani. Sostanzialmente le richieste riguardano: a) una rettifica nella zona dell'Alto Isonzo; b) un maggiore respiro a Gorizia. Su tale punto i francesi sembrerebbero d'accordo purché si provvedesse ad un raccordo ferroviario; c) includere nella zona territoriale autonoma Pola portando la linea di confine a coincidere con la linea della proposta inglese. Inotre si dovrebbe chiedere l'isola di Lussino.

De Gasperi: La richiesta di Lussino può essere giustificata anche dal fatto che l'isola fornisce il maggior numero di marinai all'armamento giuliano.

Le proposte sopra riassunte vengono discusse ed approvate. Bonomi: Osserva che con le rettifiche dell'Alto lsonzo si includono più di 30 mila slavi, ma esistono ragioni economiche (centrali elettriche) e militari che giustificano l'istanza.

La conferenza discute, in seguito, la procedura che si suppone, dalle informazioni sinora pervenute, che sarà seguita dalle commissioni. Vien preveduta l'ipotesi di non essere interpellati, per cui le nostre ragioni verranno avanzate dai rappresentanti brasiliani. De Gasperi ritiene che possa invece verificarsi subito una nostra chiamata non seguita da un nostro intervento permanente, per cui la difesa delle nostre ragioni potrà essere affidata in immediato a noi e in secondo tempo ai brasiliani. In ogni caso la conferenza ritiene più opportuno che la delegazione non partecipi alle commissioni nelle persone dei politici ma nelle persone degli esperti, anche per non avallare preventivamente una accettazione di rinunce.

De Gasperi: Riterrebbe utile, qualora si fosse chiamati alle commissioni, una nuova dichiarazione politica di carattere generale intesa soprattutto a chiarire che, con la riserva che il giudizio complessivo sul trattato viene a un certo momento sottoposto all'Assemblea costituente, noi scendiamo a discutere le varie questioni.

Saragat: Riferisce l'impressione che si riuscirà, per quanto riguarda la Francia, ad ottenere qualche rettifica. In tal senso ha parlato a Schneiter, sottosegretario di Stato agli esteri.

Tarchiani: Esprime l'avviso che in materia territoriale non vi sia speranza di ottenere risultati, fuorché piccole rettifiche.

La conferenza esprime l'avviso di procedere nelle conversazioni particolari e conferma la tesi di astenersi dalla partecipazione politica ai lavori delle commissioni, in caso di chiamata.

l Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Carandini, Corbino, Reale, Saragat, Tarchiani e Arpesani.

152.

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 14230/965. Parigi, 14 agosto 1946, ore 21,30 (per. ore 11.30 del 15).

Presidente De Gasperi accompagnato ambasciatore Quaroni ricevuto oggi da Molotov e avuto con lui lungo colloquio 1• Presidente riceverà in serata ministro esteri Cina 2 e parteciperà ricevimento legazione di Finlandia in onore delegazione finlandese. In seno a delegazione italiana svoltasi terza importante riunione comitato Bonomi per questione frontiere orientali 3 .

Segreteria generale provveduto distribuzione ai Ventuno documenti relativi Dodecanneso.

Continua in seno gruppo economico giuridico militare e politico della nostra delegazione preparazione memorandum sulle singole clausole trattato, da presentare, secondo i casi, o alla Conferenza o a singole delegazioni amiche.

153

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI CINA, WANG SHIH CHIEH

VERBALE. Parigi (Ambasciata di Cina), 14 agosto 1946, ore 21,30-22,30.

Al colloquio assistevano l'ambasciatore di Cina a Roma ed il dott. Sih Kwang Tsien, consigliere presso la medesima ambasciata.

Il ministro cinese si è richiamato alle sue dichiarazioni dinanzi all'Assemblea plenaria del 30 luglio 1946 sottolineando quello che può ritenersi il motivo dominante del suo atteggiamento verso il problema italiano: clausole di pace troppo dure sarebbero in contrasto con la Carta Atlantica e non mancherebbero di provocare una reazione estremista od un ritorno di fascismo in Italia.

Trieste. Il presidente espone a lungo in tutti i suoi dettagli e con considerazioni di ordine politico e sociale le necessità dell'ampliamento del territorio internazionale fino a comprendere Pola. Il ministro cinese osserva che occorre essere realistici; occorre presentare proposte concrete e giuste intese ad assicurare una buona formula di governo ed una severa regolamentazione relativa all'immissione di elementi slavi nello Stato Libero. Tali proposte avranno una maggiore probabilità di riuscita che non la richiesta di ampliamento del territorio, per la quale sarà difficile ottenere una maggioranza. La soluzione della internazionalizzazione potrà essere perpetua

l Vedi D. 150. 2 Vedi D. 153. 3 Vedi D. 151.

(cioè senza termini fissi), oppure per un periodo di cinque-dieci anni, dopo il quale ci potrà essere un plebiscito. Ma ciò non avrà importanza in quanto, egli aggiunge, il problema dovrà necessariamente essere riesaminato.

Riparazioni. Dopo uno scambio di idee generali Wang Shih Chieh esprime l'avviso che non sia esclusa l'accettazione della proposta per un pool delle riparazioni. Le nazioni creditrici costituiranno poi commissioni per la ripartizione dei singoli crediti. «Gli Stati Uniti non vogliono un dollaro dall'Italia»; essi sono quindi in posizione buona per avversare qualsiasi credito che terzi potessero vantare nei confronti dell'Italia.

Commissioni. Non si sa se all'Italia sarà data la parola. In ogni caso sarà meglio per noi, egli dice, provocare le proposte di emendamento da uno dei Ventuno, perché l'opposizione degli slavi sarebbe certamente più accanita se tali proposte provenissero direttamente da noi. Consiglia di continuare a cercare ~come De Gasperi ha fatto ~il contatto diretto con gli jugoslavi, ma ancor più di ottenere il voto dell'Assemblea. Ciò che non dovrebbe essere difficile perché a) possiamo contare sull'appoggio della maggioranza e b) i russi vogliono ad ogni costo una pace immediata; il tempo lavora contro di essi. Inoltre Stati Uniti e Gran Bretagna sono ormai decisi a non cedere più.

Dopo un accenno alla necessità di completare l'epurazione della burocrazia italiana, il ministro passa alla questione delle concessioni. Poiché, per un ritardo, tale questione non fu inserita nel trattato, il ministro dichiara di considerare, con la nostra rinuncia, la questione definita. Per i danni di guerra, «si vedrà appresso», egli non desidera rendere più difficile la situazione dell'Italia e soprassederà per ora a qualsiasi richiesta.

Il colloquio, improntato a molta cortesia e cordialità, è durato un'ora.

154

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 14258/128. Ankara, 14 agosto 1946, ore 21,41 (per. ore 7 del 16).

Nel consegnarmi ieri testo nota russa per gli Stretti, questo Ministero affari esteri ha chiesto conoscere punto di vista nostro Governo al riguardo. Prego considerare che, non fosse che a titolo di cortesia, una risposta va fatta, per quanto delicata sia nostra situazione internazionale. Prego quindi risposta telegrafica urgente1. Segue rapporto 2 .

I Vedi D. 273. 2 Non pubblicato.

155.

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLl ESTERI A.I., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 14665/039. Madrid, 14 agosto 1946 (per. il 21).

Telegramma di questa ambasciata del 7 agosto 1 .

Codesto ministero, da precedenti segnalazioni di questa ambasciata sull'argomento e da resoconti settimanali della stampa spagnola, avrà osservato che l'atteggiamento tenuto da quest'ultima durante i lavori preparatori dei quattro ministri degli esteri per l'elaborazione del trattato di pace con l'Italia e durante il periodo della prima riunione della Conferenza della pace, è stato caratterizzato da una larga comprensione dei nostri punti di vista. Non sono mancati inoltre simpatici articoli o corrispondenze dall'estero intonati a decisa difesa del nostro buon diritto. Da tale atteggiamento largamente comprensivo si sono discostati due editoriali pubblicati il 2 corrente da A BC e YA, il cui contenuto tende ad affermare che il progetto di trattato di pace con l'Italia appare improntato da senso di giustizia e di equilibrio. Tali note discordanti, che sono in gran parte da imputare, a quanto mi risulta, alla invadente propaganda, per non dire alle pressioni più o meno velate, degli anglo-americani, sono tuttavia rimaste esempi isolati.

A questo proposito ritengo opportuno riferire che, avendo incontrato ieri in un pranzo ufficiale il ministro Martin Artajo, questi spontaneamente mi disse che, pur rendendosi conto che l'attuale stato dei rapporti della Spagna con le grandi Potenze non le consentisse di erigersi a paladino della nostra causa, egli era però disposto a venirci incontro in tutti i modi per un eventuale indirizzo che noi avessimo desiderato fosse assunto dalla stampa spagnola nei riguardi di questioni che ci stessero particolarmente a cuore. Mi sono riservato di far avere al ministro Martin Artajo un promemoria in proposito, su cui riferirò a codesto ministero 2 .

156

IL CONTE SFORZA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. PER CORRIERE 17554/119. Santiago, 14 agosto 1946 (per. il 12 ottobre).

1O. Ho inviato a ministro De Gas peri, a Parigi, il 13 corrente, il seguente telegramma:

«9. Invitato a tenere oggi una conferenza all'Università del Cile mi riprometto di contestare le false allegazioni storiche di Kardelj. Ma poiché Bonomi può recla-

I Vedi D. 121. 2 Per la risposta vedi D. 211.

mare di parlare per fatto personale, mi sembra il caso che egli chiarisca con fermezza che Kardelj ha falsificato storia politica italiana dichiarando identità fra il Trattato di Rapallo ed il Trattato di Londra. A Rapallo infatti ripudiammo completamente il Trattato di Londra, ponendo la adesione spontanea dei nostri vicini, senza alcuna nostra pressione al di fuori di quelle di offrir loro l'appoggio più completo contro gli Asburgo e contro mene separatiste, come base assoluta del negoziato. In considerazione del fatto che fui io il negoziatore principale, e poiché posso appellarmi perfino alla testimonianza di Benes, giudicherai tu se è opportuno che io telegrafi una breve dichiarazione formale 1• Sarò dopodomani a Lima. Il tuo discorso di Parigi è stato il sostegno principale della mia missione finora felice».

157

IL PREFETTO DI BOLZANO, INNOCENTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. 11690 GAB. Bolzano, 14 agosto 1946.

Il Dolomiten di stamane ha pubblicato con particolare rilievo, anche tipografico, il comunicato della «Suedtiroler Volskspartei» che si unisce in copia 2 , col quale, a rettifica di quanto l'on. presidente del Consiglio ha affermato nel suo discorso tenuto alla Conferenza di Parigi il lO corrente\ si precisa che non è stato finora raggiunto un concreto accordo col predetto partito per ciò che concerne l'autonomia regionale per la Venezia Tridentina.

In effetti, come è stato già riferito, si ha, sulle linee strutturali del progetto di statuto regionale già predisposto, il consenso di massima di vari partiti del gruppo etnico italiano delle provincie di Trento e di Bolzano. I predetti partiti stanno frattanto esaminando il progetto nei suoi elementi di dettaglio e se ne attende il definitivo avviso.

Quanto alla Volkspartei, come è noto, al rifiuto in un primo tempo opposto a collaborare con le autorità italiane nello studio dei problemi locali, è seguita una offerta di collaborazione solo in data 4 luglio u.s. A seguito di tale dichiarazione, lo schema di statuto è stato consegnato al predetto partito che, peraltro, non ha assunto finora una precisa posizione sulla materia.

Attraverso dei comunicati apparsi in Dolomiten del 24 luglio ed in Volksbote del 25 luglio -i cui estratti furono costà inviati rispettivamente con lettere n. 10750 del 24 luglio e n. 10106 del 2 agosto 4 -il predetto partito aveva peraltro espresso qualche riserva sulla portata regionale, in comune col Trentina, della preannunciata autonomia.

l Vedi D. 174. 2 Non pubblicato. 3 Vedi D. 135. 4 Non pubblicati.

158

IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14276/69. L'Avana, 15 agosto 1946, ore 8,54 (per. ore 10 del 16).

In seguito a invito a Governo cubano partecipare Conferenza internazionale della pace questo ministro degli affari esteri parte oggi per Parigi. Della delegazione farà parte anche signor Belt, ambasciatore Cuba a Washington, persona influente abile e di cui ho avuto occasione provare dichiarata simpatia per noi.

Sottosegretario di Stato che mi ha intrattenuto a lungo mi ha confermato che linea di condotta cubana a Parigi sarà quella indicata miei telegrammi 63 e 64 1 e mio telespresso 134 del 3 corrente 2 ed ha aggiunto che se Cuba, che ignora tuttora limite sua partecipazione, otterrà diritto di voto per il quale continua insistere, «Italia avrà un voto in più suo favore».

Stampa sottolinea atteggiamento pubblicamente assunto da Governo cubano favore Italia e lo sostiene con argomenti opportuni3 .

159

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

Parigi (Hotel Georges V), l 5 agosto 1946, ore l 2.

Accoglienza e tono particolarmente cordiale da parte di Bevin.

Il presidente De Gasperi fa subito presente la difficoltà della sua poslZlone, costretto come si trova fra necessità strettamente collegate di politica interna e di politica estera. La reazione di Molotov al suo discorso è stata aspra e costituisce una diretta interferenza nella politica interna italiana accompagnata e rafforzata da una diffida alla politica mediterranea ed economica anglo-americana nei nostri confronti.

Bevin riconosce che l'attacco di Molotov è mosso direttamente a De Gasperi ma indirettamente ed essenzialmente alle democrazie anglosassoni. Si compiace che Byrnes abbia stamane energicamente risposto a questi due attacchi interdipendenti.

De Gasperi entra direttamente in concreto argomento affermando che se egli non ottiene qui un qualche sensibile miglioramento alle nostre condizioni di pace, l'Assemblea costituente italiana, cui spetta democràticamente di decidere, non ratificherà il trattato. In questo caso non sa quale sarà la sorte dell'attuale Governo. Occorre che le grandi democrazie diano finalmente alla nascente democrazia italia

1 Con i telegrammi 13260/63 e 13259/64 in data 30 luglio Scaduto aveva segnalato l'intendimento del Governo cubano di sostenere le posizioni italiane.

2 Non pubblicato.

3 Per la risposta vedi D. 208.

4 Trasmesso con Tclespr. d. 79 di Soragna del 16 agosto. Il verbale è stato redatto da Carandini, presente al colloquio.

na, la sensazione e la concreta prova di un fermo appoggio. In realtà, mentre la

Russia appoggia energicamente a Parigi i suoi satelliti ex nemici, l'Italia, la quale

ha mantenuto un atteggiamento di corretta neutralità fra i due gruppi, si trova

completamente isolata e priva di appoggi.

Bevin risponde: non siete privi di amici.

De Gasperi rincalza: anzi oggi è Molotov che prende l'iniziativa di una specie

di protezione del popolo italiano, dei suoi bisogni interni e della sua difesa contro

denunciate invadenze imperialistiche anglo-americane. Tutto ciò ha un valore di

propaganda di cui bisogna tener conto.

Bevin, il quale dimostra, più accentuatamente che in altre precedenti occasioni,

un comprensivo interessamento per le argomentazioni di De Gasperi, dice che la

situazione è anche per lui estremamente difficile perché tanto lui che Byrnes si

sono impegnati a sostenere le soluzioni prese dai Quattro. Ha l'aria di chiedere a

De Gasperi che cosa si può fare.

De Gasperi gli fa osservare che se egli è tenuto a sostenere le risoluzioni già prese, può sempre appoggiare un emendamento suggerito anche a maggioranza semplice. Uno degli argomenti per noi essenziali, perché di carattere non solo etnico ed economico, ma profondamente sentimentale, è quello della Venezia Giulia. È evidente che allo stato attuale dei fatti e degli impegni l'Italia non può illudersi di avere Trieste in piena sovranità. Ma, accettando il principio del Territorio Libero, sta di fatto che sul terreno pratico la soluzione adottata dai Quattro non può funzionare (esposizione dei motivi economici, ecc.).

Bevin risponde che ciò gli è risultato chiaro dal discorso di De Gasperi. A questo punto aggiunge che nei riguardi del problema triestino ed istriano la sua posizione è resa difficile dalla soluzione adottata per l'Alto Adige, la quale gli ha messo contro l'opinione pubblica inglese, e lo espone a sostenere tesi contraddicenti.

De Gasperi lo ringrazia per l'atteggiamento assunto e per la risposta data alla Camera dei Comuni in nostra difesa ma gli fa osservare che il Parlamento inglese si preoccupa della sorte della minoranza di lingua tedesca in Alto Adige, ma non dimostra pari inquietudine per la sorte dei 180 mila italiani che l'attuale divisione dell'Istria lascia sotto la sovranità jugoslava in disperate condizioni.

Bevin dice di avere dei dubbi sulle cifre da noi esposte relative all'entità di questa minoranza italiana. De Gasperi si riserva di fargli avere il computo dettagliato in base al quale la cifra di 180 mila si dimostra esatta 1•

Riprendendo l'argomento, De Gasperi afferma che si impone una soluzione la quale almeno includa nel Territorio Libero tutta la costiera istriana Pota inclusa, poiché non è possibile abbandonare senza ombra di protezione le popolazioni interamente italiane che vivono ad ovest della linea inglese. Si conviene dalle due parti che lo scoglio grosso è costituito dallo statuto che dovrà reggere il Territorio Libero. De Gasperi afferma allora che, piuttosto di abbandonare alla Jugoslavia le popolazioni della costiera fino a Pola, preferisce vederle tutelate dalla inclusione nel Territorio Libero anche a costo di accettare uno statuto un po' meno favorevole. Gli accenna agli sforzi che sta facendo per convincere le parti interessate ad una simile ragionevole soluzione che sarebbe la sola accettabile, se pure con grave

l Nota del documento: «Chiarimenti forniti con lettera De Gasperi a Bevin in data 15 agosto». Vedi D. 168.

sacrificio, per il popolo italiano. Accenna cioè al suo avvenuto incontro con Molotov1 ed al contatto che si prepara ad avere con Kardelj. Bevin apprezza queste iniziative e conclude che se un emendamento verrà proposto in questo senso gli darà il suo interessamento ed appoggio.

Nessuna concreta promessa, ma un evidente interesse e buona disposizione. Questo è il senso delle parole di Bevin.

De Gasperi passa poi, come argomento secondario, alla necessità di non metterlo in condizione di firmare una cambiale in bianco cedendo preventivamente i nostri diritti sovrani sulle colonie, rinuncia che non è giuridicamente esigibile e che non è necessaria dato che gli inglesi dispongono della occupazione di fatto. Bevin risponde che non vede come si possa trovare una diversa soluzione. De Gasperi ribatte che l'Italia può sottoporsi alle decisioni che l'O.N.U. prenderà circa le nostre colonie, senza con questo rinunciare di propria volontà ai suoi diritti di sovranità ed alle proprie riserve. Bevin fa comprendere che la decisione sulle colonie spetta, secondo la procedura decisa, ai Quattro e che solo se i Quattro non troveranno un accordo la materia sarà deferita all'O.N.U. Comunque afferma che abbiamo tutto da guadagnare col rimando della questione. Si potrà studiare insieme una conveniente soluzione che tenga conto degli impegni che l'Inghilterra ha assunto riguardo alla Cirenaica ed alle colonie del Mar Rosso. De Gasperi ribatte che gli impegni coi senussi non riguardano in ogni caso la Tripolitania. Senza voler essere ottimisti, il tono di Bevin su questo argomento pareva lasciare intravvedere la possibilità di una non del tutto negativa soluzione.

Per quanto riguarda le questioni economiche Bevin ha detto che tanto lui che Byrnes sono decisi ad opporsi a che la Russia li privi dei loro diritti economici riconosciuti dal trattato. In pari tempo si opporranno a che quanto essi hanno rinunziato a favore dell'Italia (riparazioni) vada a finire a favore della Russia.

Il colloquio si è così concluso in un'atmosfera che, a me testimonio di altri precedenti colloqui, è parsa improntata ad un nuovo più caldo spirito di comprensione e simpatia.

160

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

Parigi, 15 agosto 1946, ore 12-13,15.

Ho detto a Simic che scopo della mia visita era di sentire da lui se allo stato attuale delle cose egli riteneva opportuno un incontro De Gasperi-Kardelj. Simic, dopo aver ricordato le conversazioni avute a Mosca 3 e l'atteggiamento da lui tenuto in seno al Governo jugoslavo, mi ha detto che personalmente è molto favorevole: sentirà Kardelj e mi darà una risposta domani.

l Vedi D. 150. 2 Trasmesso con Telespr. d. 75 di Soragna del 15 agosto. 3 Vedi serie decima, vol. II, D. 632.

Gli ho spiegato che il presidente De Gasperi non intendeva vedere Kardelj per parlargli di una questione piuttosto che di un'altra: voleva piuttosto riandare con lui su tutto l'insieme delle questioni italo-jugoslave per vedere se c'era qualche punto concreto di collaborazione che potesse anche costituire una base per ulteriori sviluppi.

Simic mi ha fatto una critica del discorso De Gasperi molto simile a quella di Molotov; da parte mia ho ribattuto con gli argomenti esposti da De Gasperi a Molotov1• Ho aggiunto che noi potevamo capire che gli jugoslavi si battessero per Trieste come loro dovevano capire la nostra posizione. Quello che trovavo superfluo era il tono astioso di ogni manifestazione jugoslava. Il risultato pratico del non aver voluto trattare direttamente della questione giuliana era stato che Trieste era stata perduta per tutti e due (Simic ha annuito con enfasi). Stava a noi a vedere se ci conveniva di continuare a litigarci perché dei terzi ne profittassero.

Simic mi ha detto, a titolo personale, che per esempio egli vedeva un interesse concreto a che italiani e jugoslavi esaminassero la possibilità di mettersi d'accordo su un progetto di statuto per lo Stato Libero. Una volta noi due d'accordo, i Quattro Grandi avrebbero dovuto tener conto della nostra opinione. Mi ha detto che da parte jugoslava si era però preoccupati per il fatto che noi avevamo già accettato il progetto inglese di accentrare tutti i poteri nel governatore. Gli ho detto che questo non era affatto vero. Fra l'altro noi non eravamo a conoscenza dei quattro progetti e quindi, anche volendo, non avremmo potuto esprimere un parere, che del resto non ci era stato richiesto.

Simic mi ha detto che la Jugoslavia non accetta nessuno dei quattro progetti. La Jugoslavia insiste sulla organizzazione democratica del Territorio Libero: ritiene che questo punto di vista dovrebbe essere anche il nostro dato che la popolazione del Territorio è nella sua grande maggioranza italiana. Gli ho fatto osservare che ci sono varie concezioni in democrazia: in ogni modo anche a me sembrava che non si perdesse niente a cercare la possibilità di un accordo.

Da parte mia ho accennato alla necessità, in ogni modo, di stabilire delle garanzie etniche culturali, magari su basi di reciprocità, per le minoranze che sarebbero rimaste nei confini dei due vicini. Ho accennato al problema delle riparazioni: una volta risolto l'ammontare dai Quattro Grandi esisteva evidentemente una larga possibilità di accordi diretti; a titolo di esempio gli ho detto che era per noi una cosa molto differente se le riparazioni fossero destinate, per qualche anno, a sostituire il commercio italo-jugoslavo oppure se accanto ad esse si fossero potute stabilire delle correnti commerciali a larga portata.

Simic mi ha detto su questo punto che la Jugoslavia ha più che mai bisogno ed interesse per il mercato italiano, desidera soprattutto operai qualificati e macchine: tutto questo supera di molto qualsiasi possibile ammontare delle riparazioni.

La conversazione essendo passata sul terreno della politica generale ed avendomi Simic detto che l'Italia aveva il torto di non guardare sufficientemente ad est, gli ho detto che noi volevamo soprattutto essere lasciati in pace e non diventare strumento degli anglo-americani contro la Russia, né viceversa: ossia una politica estera indipendente. Però la Jugoslavia doveva comprendere che una politica di amicizia fra noi e la Jugoslavia era condizione sine qua non di questa politica di

l Vedi D. 150.

181 indipendenza. Se Italia e Jugoslavia avessero continuato ad abbaiare l'una contro l'altra la nostra politica sarebbe stata fatalmente spinta in una determinata direzione. Potevo assicurarlo che in Italia, accanto alle presunte forze fasciste di cui tanto si preoccupava Kardelj, esistevano delle larghissime correnti democratiche di vari partiti, le quali desideravano sinceramente e l'amicizia con la Jugoslavia e l'indipendenza della nostra politica estera. Noi da parte nostra eravamo pronti a fare quanto era necessario ma bisognava che anche da parte jugoslava, se si voleva arrivare allo stesso scopo (Simic ha affermato che la politica jugoslava perseguiva lo stesso scopo), si facesse qualche cosa per facilitare il compito della democrazia italiana. Lasciando da parte la questione di Trieste, potevo assicurarlo, per esempio, che questioni del tutto inutili come il trattamento dei nostri prigionieri, il rifiuto di intavolare trattative dirette, i continui attacchi della stampa e radio jugoslava, avevano messo in serie difficoltà le forze democratiche italiane. Abbiamo poi discusso delle ragioni per cui non si è venuto a trattative dirette. Gli ho detto fra l'altro che le affermazioni di Subasié fatte a me a Mosca 1 , che trattative dirette fra Italia e Jugoslavia non potevano che peggiorare la situazione, non avevano contribuito certo a mostrare che da parte jugoslava si desiderava un accordo. Simic, pur rimpiangendo il passato, ha detto che forse è stato meglio che non si sia trattato prima che la questione di Trieste fosse stata tolta dalla competenza sia italiana che jugoslava. Adesso che la questione è fuori delle nostre mani ritiene invece che trattative, sia per il presente che per l'avvenire, possono avere una utilità costruttiva. Per questo mi ha di nuovo assicurato che avrebbe fatto tutto il possibile per indurre Kardelj ad un incontro diretto.

161

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, PERSICO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14265/121. Santiago, 15 agosto 1946, ore 15,12 (per. ore 7 del 16).

Sforza qui giunto lunedì scorso è stato accolto da atmosfera di eccezionale entusiasmo e cordialissima amicizia. Governo cileno ha tenuto sottolineare importanza attribuita sua visita offrendogli colazione con intervento oltre cento personalità e investendolo massima onorificenza cilena.

Ministro degli affari esteri in tale occasione ha con coraggio apertamente criticato trattamento fatto all'Italia. Manifestazione benvenuto ha compreso inoltre grande ricevimento offerto da municipio cui assistito cardinale, Corpo diplomatico, autorità ed italiani ogni corrente democratica, nonché cerimonia facoltà giurispru

denza ove Sforza fu ricevuto ... . Nel discorso pronunciato aula magna università sul pensiero europeo di Mazzini, Sforza affermato ispirazione mazziniana quadro Trattato Rapallo, che rivive

1 Vedi serie decima, vol. li. D. 128. 2 Manca una riga nel dattiloscritto.

182 nella nuova Italia, ha smentito categoricamente le asserzioni Kardelj 1 . Nei suoi contatti con uomini di governo personalità cilene e italiane Sforza ha dato immagine viva Italia democratica portando nella difesa interessi italiani senso dignità fierezza nazionale temperato da concetto fratellanza universale. Sua missione ha integrato mia azione accentuando autorevolmente linea politica da me finora seguita. Segue rapporto2• Sforza partito stamane 15.

162

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DELL'AUSTRALIA, EVATT

Parigi (Hotel Quai d'Orsay), 15 agosto 1946.

Avendo fatto colazione col ministro Evatt all'ambasciata inglese, avevo avuto poco prima occasione di intrattenerlo su alcune questioni nostre trovandolo caldamente disposto verso di noi. Mi disse di aver enormemente apprezzato il discorso di De Gasperi e di essere particolarmente lieto di incontrarlo.

Il colloquio fra il presidente ed il ministro australiano è stato in gran parte un monologo da parte di Evatt, il quale ha illustrato al presidente De Gasperi i motivi della sua personale insurrezione contro i metodi usati dai russi a questa Conferenza. Egli ha lamentato la scarsa reazione anglo-americana. Osserva che se il discorso che stamane Byrnes ha pronunciato in risposta a Molotov fosse avvenuto qualche giorno fa, tutta la discussione che ha accompagnato le difese presentate dagli Stati ex nemici avrebbé avuto un altro andamento ed esito.

Riconosce che in Italia è esistita prima del fascismo una vera libera democrazia e che, con la caduta del fascismo, una vera e libera democrazia sta sorgendo, naturalmente non sul modello delle sedicenti democrazie dell'Europa orientale. Lamenta che tutti i trattati portino la clausola di garanzia delle libertà civili e politiche perché solo l'Italia farà sinceramente sue queste esigenze e le applicherà. Per altri Stati la clausola resterà lettera morta. De Gasperi incalza che il Parlamento italiano di sua iniziativa darà costituzionalmente queste garanzie.

Passando ad argomenti concreti, De Gasperi riespone le argomentazioni già addotte a Bevin per l'allargamento del Territorio Libero di Trieste fino a Pola4 . Illustra i particolari ad Evatt sulla carta dell'Istria che lascia a sue mani. Evatt pare personalmente convinto delle nostre ragioni pur non nascondendosi la difficoltà di smuovere i Quattro dalle decisioni di massima prese. Denuncia l'errore commesso dall'Inghilterra e dall'America legandosi le mani con l'impegno assunto a sostenere le decisioni predisposte nel ristretto Comitato dei Grandi.

De Gasperi passa all'argomento della flotta, quantunque non sia facile farsi strada fra il seguito delle vivaci argomentazioni personali di Evatt. Il ministro au

l Vedi D. 156. 2 Non pubblicato. 3 Trasmesso con Telespr. d. 82 di Casardi del 16 agosto. L'appunto è stato redatto da Carandini. 4 Vedi D. 159.

straliano dichiara di essere assolutamente contrario a vedere considerato come bottino di guerra il sovrappiù della flotta italiana. È contrario anche alla cessione di tale sovrappiù alle forze marittime internazionali dell'O.N.U. Dichiara che il sovrappiù deve esser distrutto dagli italiani sotto il controllo alleato ed utilizzato per la ricostruzione nazionale. Dalla convinzione con cui afferma questo principio si dovrebbe dedurre che abbia fortemente in animo di sostenere un emendamento in tale senso. Afferma in conclusione che egli cerca giustizia per tutti e quindi anche per noi.

II colloquio non poteva essere più caloroso ed amichevole.

163

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 15 agosto 1946, ore 19.

Viene comunicato all'inizio della seduta da parte di Casardi che la rappresentanza brasiliana ha comunicato che entro martedì 20 corrente i delegati facenti parte delle commissioni devono presentare le loro proposte di emendamenti che saranno poi esaminate.

De Gasperi: Prega fare accelerare preparazione memoriali onde possano essere consegnati sabato a coloro che dovranno presentarli.

Bonomi: Riassume e richiama talune proposte avanzate dalla Jugoslavia relativamente al Territorio Libero triestino e precisamente l'unione monetaria fra Jugoslavia e territorio autonomo e l'unione ferroviaria e doganale (avverte che la Francia fa la proposta che tutto il territorio sia zona franca). II governatore non dovrebbe essere né jugoslavo né italiano; la Francia propone che il governatore sia cittadino del territorio stesso.

Reale: Chiede che si proponga di restringere i poteri del governatore e si aumentino i poteri dell'Assemblea in base alle elezioni popolari.

Bonomi: Fa presente che le dichiarazioni odierne di favorevole riconoscimento verso l'Italia fatte all'Assemblea da Byrnes, da Alexander e da Bidault in risposta a Molotov, mentre rischiarano l'atmosfera, danno modo all'Italia di ottenere un altro testo del preambolo del trattato. Chiede a quale commissione dovrà essere data la nostra proposta di emendamento del preambolo, nonché a quali altre commissioni debbano essere istradate le nostre memorie.

De Gasperi: Prega Soragna, quale segretario generale della delegazione, di informarsi, sulla base di una distinta dei problemi, della precisa procedura delle commissioni.

Saragat: Chiede quale sarà Io Stato che vorrà occuparsi del nostri problemi con la Francia. Ritiene che il Brasile non vorrà mettersi in una posizione di contrasto colla Francia. D'altronde il problema va risolto direttamente tra noi e i francesi.

1 Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Corbino, Saragat, Quaroni, Carandini, Reale, Tarchiani, Soragna, Arpesani e Benzoni.

Quaroni: Propone che si ottenga da qualche Paese che si faccia portavoce della richiesta di aver presente l'Italia alle commissioni.

Bonomi: Riprende l'argomento del confine orientale e spiega le ragioni della richiesta dell'allargamento del confine nell'Alto Isonzo.

Quaroni: Propone che si ottengano garanzie per le minoranze nazionali staccate dal territorio.

Tarchiani: La richiesta è già stata fatta e ci è stato risposto negativamente, adducendosi che la Jugoslavia è Paese di tale civiltà da non dover essere costretta a dar tali garanzie essendo inoltre Paese vincitore.

De Gasperi: Il nostro obiettivo principale deve essere Pola. Il tentativo per attenerla deve essere fatto a fondo, quindi preparare e presentare proposte ben fondate. Se saremo soccombenti presenteremo la domanda di ottenere garanzie pei 180 mila italiani rimasti fuori confine e per Fiume e per Zara. Rileva che l'esodo che si verificherebbe da Pola creerebbe focolari di odio anti-slavo.

La conferenza è d'accordo col presidente del Consiglio nel fare il più serio tentativo per Pola.

Reale: Osserva che la sistemazione del confine orientale potrà attenersi soltanto se tenteremo e realizzeremo accordi diretti con la Jugoslavia.

De Gasperi: Chiede che cosa si può offrire alla Jugoslavia come contropartita: si potrebbe proporre un turno di presidenza. Ma ritiene che il punto di rottura si determinerebbe sul finanziamento del porto di Trieste e c'è da tener presente che il porto non funziona se non ci sono i capitali.

Reale: Se la Jugoslavia non boicotterà il porto, esso potrà esser floridissimo per divenire lo sbocco della Cecoslovacchia, Polonia, Austria.

Corbino: Ritiene che il deficit di Trieste sarà sui 7 miliardi, da darsi dall'Italia.

La conferenza discute la possibilità di finanziamento di Trieste, anche in relazione alla esistenza nella zona delle sedi delle grandi società assicuratrici. Viene altresì discussa la questione relativa alla rappresentanza diplomatica dello Stato Libero che i russi vorrebbero fosse dello Stato stesso.

De Gasperi: Riassumendo, fa presente come la complessità delle questioni esiga che gli italiani vengano direttamente sentiti nelle commissioni. Comunque chi potrà andare per essere, in ipotesi, sentito su una questione specifica, dovrà cercare di sapere inquadrare la questione specifica nel più vasto quadro, in modo da potere illustrare la situazione generale ed anche le altre questioni connesse. Dobbiamo perciò insistere di poter fare noi una esposizione con carettere anche politico, con uno sguardo generale e illustrando i singoli problemi. Chiede che Soragna, segretario generale, faccia la domanda che i delegati italiani vengano sentiti.

Arpesani: Fa noto di avere già avvicinato confidenzialmente e di dover rivedere fra breve Fouques-Duparc, segretario generale della Conferenza dei Ventuno, per insistere nel senso prospettato dal presidente.

De Gasperi: Prega Arpesani di insistere nel tentativo presso Duparc per una procedura che permetta di esser sentiti direttamente nelle commissioni.

164

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 14202/968-969. Parir;i, 15 agosto 1946, ore 20.

Cerulli ha discusso con lord Hood clausole coloniali trattato. Circa rinunzia preventiva alla sovranità, Hood ha detto che, premesso che Italia non avrebbe, in alcun caso prevedibile, conservato sua attuale sovranità nella soluzione finale, egli considerava questione mantenimento clausola rinunzia come prevalentemente di tecnica giuridica. Infatti trattato stabilisce che sorte colonie sarà decisa da Quattro Potenze: e rinunzia preventiva richiestaci è da un certo lato impegno da parte nostra ad accettare tale decisione. Questione sarà da lui esaminata sotto tale aspetto. Ha poi osservato che per lui ha poco valore invece argomentazione politica perché «dovendo opinione pubblica italiana prendere una medicina, sarebbe bene la prendesse ora».

Circa nostra partecipazione amministrazione ha detto che essa dipende soltanto da necessità concrete dei vari territori e che va esaminata in relazione a proposte pratiche. Cerulli gli ha ricordato precedente proposta da lui fatta ad Anderson di passare all'amministrazione italiana quei territori pei quali non esistono particolari richieste altrui. Hood gli ha detto essere pronto studiare proposta, che però non gli pareva urgente. Cerulli gli ha osservato che urgenza deriva dal drajì trattato sul quale commissione politica Conferenza porterà suo esame.

Hood ha infine avvertito Cerulli che accordo è stato raggiunto circa dichiarazione Quattro Potenze su possibili soluzioni, ma che tale dichiarazione non ci è comunicata perché non è più stata redatta come annessa al trattato pace italiano, bensì come un documento concernente le sole Grandi Potenze.

165

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 14255/975. Parigi. 15 agosto 1946. ore 20,30.

Presidente De Gasperi ha visitato stamane Bevin e pomeriggio delegato australiano Evatt 1• Ambasciatore Quaroni visitato Simic2 ed ambasciatore Reale Bogomolov. Comitato interno per questioni frontiera occidentale sotto presidenza Saragat tenuto seconda riunione esaminando elementi esposizione che delegato italiano dovrà eventualmente presentare alle commisioni politiche. Sotto presidenza De Gasperi consiglieri politici delegazione hanno tenuto questa sera nuova riunione3 .

l Vedi DD. 159 e 162. 2 Vedi D. 160. 3 Vedi D. 163.

166

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL BELGIO, SPAAK

APPUNT0 1 . Parigi (Ambasciata di Gran Bretagna). I 5 agosto I946.

Ho intrattenuto il ministro Spaak sulle questioni italiane incontrando in lui una naturale simpatia. Ho avuto però impressione che egli si trovi oggi in una posizione imbarazzante di fronte al pronunciarsi della aggressività russa. A conclusione dei soliti generici argomenti mi ha infatti detto che, appena ascoltato il discorso del presidente De Gasperi, ne ha avuto la più favorevole e convinta impressione considerandolo un documento dignitoso e moderato e completo. Dopo l'aspra risposta di Molotov deve convenire che vi è stata una lacuna nella esposizione italiana, nel senso che De Gasperi non ha sufficientemente messo in chiaro e ribadito il concetto della avvenuta completa e profonda separazione fra l'Italia di ieri e quella di oggi. Gli ho risposto che in linea di opportunità polemica forse è mancata una simile accentuazione, ma che in linea di fatto era evidente che da parte nostra, dopo le prove date, ogni enfatizzazione sulla sincerità della conversione italiana pareva superflua e tale doveva sembrare a chi ci conosce e non ci accusa per semplice motivo di ritorsione o di pressione. Egli ha consentito, riconfermandomi che in sostanza l'impressione era stata buona ed assicurandomi del suo appoggio in ogni possibile eventualità.

167

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON L'AMBASCIATORE DI CINA A MOSCA, FOO PING-SHEUNG

Parigi, I 5 agosto I 946.

In seguito a precedente conversazione ho presentato ai cinesi la nostra formula per i punti 4, 5 e 6 del proposto accordo italo-cinese 3 . Foo Ping-Sheung ha detto che i cinesi sono d'accordo sulla necessità per noi di non pregiudicare la nostra situazione di fronte ad altri Stati. Studieranno la nostra formula.

Wu si domanda se, una volta raggiunto l'accordo coll'Italia per i claims cinesi, e se la Cina chiede alla Conferenza di stralciare la questione italo-cinese, non è possibile che vengano sollevate delle obiezioni di carattere tecnico. Dopo una animata discussione fra cinesi sulla possibilità o meno dello stralcio, ho proposto di tornare al suggerimento di cui al telespresso ministeriale Poi. 1056 dell'S agosto 4 ,

l Trasmesso con Telespr. d. 83 di Casardi del 16 agosto.

2 Trasmesso con Telcspr. d. 85 di Soragna del 17 agosto. Prendono parte al colloquio i membri della delegazione cinese James Yu Tsun-Chi e Wu Nan-Ju.

3 Vedi DD. 42, 46, 48 e 78.

4 Vedi D. 86, nota l, p. 87.

ossia limitare l'accordo alla rinuncia da parte nostra ai diritti ineguali. Ho chiesto poi se anche su questo non c'erano da temere obiezioni tecniche della Conferenza.

Wu ha detto che trattandosi di questione solo itala-cinese nessuno poteva obiettare quando i cinesi ne avessero chiesto Io stralcio. Ho detto allora che questo scambio di lettere aveva solo un valore politico. Noi avevamo già rinunciato ai nostri diritti al puppet government. Per questo non aveva nessuna importanza quale procedura ne seguiva. L'Italia avrebbe preferito la formula dell'accordo diretto sia per mostrare all'Italia che la Cina non voleva valersi della sua posizione di vincitore sia per mostrare alla Cina che noi rinunciavamo non per imposizione ma per libera volontà. Questo poteva avere un valore psicologico per l'avvenire. Foo Ping-Sheung mi ha detto che il punto di vista cinese era identico.

Passando alla forma di realizzazione dell'atto, Wu ha detto che la forma migliore sarebbe la seguente: dichiarazione unilaterale da parte dell'Italia comunicata dalla delegazione cinese con nota, di cui la delegazione cinese ci dà atto: dopo di che i cinesi informerebbero la Conferenza che sono soddisfatti e chiederebbero lo stralcio degli articoli relativi dal trattato.

Wu mi ha fatto presente poi che in fatto questa dichiarazione di rinuncia ai diritti unilaterali importa anche la cessione senza indennità delle proprietà demaniali. Mi ha fatto vedere le formule corrispondenti dell'accordo con gli inglesi e gli americani. Ha fatto riserva per la legazione a Pechino e per i consolati. Sono d'accordo, con riserva di scambiare la legazione a Pechino con una sede a Nanchino.

Date queste difficoltà ho proposto ai cinesi di preparare loro un draft di dichiarazione unilaterale con acclusi i precedenti di altri Paesi. Noi studieremo questo draft e poi concorderemo, se necessario, un testo unico.

Circa la questione dei claims ho detto che per non creare precedenti da una parte e dall'altra, era forse meglio lasciare la decisione della cosa alla Conferenza che avrebbe stabilito criteri di valutazione, annessi etc. Una volta fatto questo se i cinesi, come mi aveva detto in un precedente colloquio Foo Ping-Sheung, non avevano desiderio di liquidare i nostri asset.s·, si poteva procedere ad un accordo colla Cina in base al quale i due Paesi avrebbero stabilito la forma più conveniente di liquidare i claims stessi. Richiesto di spiegazioni ho detto che a noi interessava di essere liberi. Naturalmente tenuto conto degli interessi cinesi di decidere se ci conveniva liquidare i claims con i nostri assets in Cina, con pagamenti in contanti, o con nostra produzione. I cinesi si dichiarano d'accordo, si discuterà poi sulla forma da dare a questo scambio di lettere. Circa la questione della restituzione degli oggetti d'arte ho detto che siamo d'accordo ma che ne possiamo parlare in seguito.

Yu ha sollevato la questione delle indennità Boxers rilevandone il valore politico e procedurale. Gli ho detto che comprendevo questo: ma bisogna anche tener presente la situazione italiana. Secondo me bisogna risolvere la questione su altra via: attraverso un accordo economico e di collaborazione tecnica di grande portata nel complesso del quale si potrà studiare una piccola percentuale di prezzo ad interessi a favore della Cina in conto indennità Boxers.

I cinesi hanno detto che l'idea era interessante e che la si poteva studiare in seguito.

168

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI BRITANNICO, MCNEIL

APPUNT0 1 . Parigi, 16 agosto 1946, ore 16.

Ho consegnato a McNeil lettera del presidente De Gasperi diretta a Bevin e contenente documentazione comprovante consistenza etnica italiana e jugoslava ad occidente ed oriente della linea francese secondo censimenti 1910 e 192!2. McNeil riconosce che la media fra i dati dei due censimenti corrisponde ai calcoli inglesi. secondo cui a oriente della linea francese resterebbero in Jugoslavia circa 150 mila italiani.

Consegnato ed illustrato a McNeil carte topografiche indicanti il nostro progetto di estensione del «Territorio Libero» fino a Pola ed i relativi dati etnici secondo i due censimenti. Consegnate fotografie dimostranti l'assurdo tracciato generale della linea francese e la risultante incisione nello stesso abitato di Gorizia.

Discussa a fondo la questione di Pola e della estensione del Territorio Libero. Anche McNeil conferma che il Governo inglese vedrebbe con favore tale ampliamento, ma non è in grado di prendere alcuna iniziativa essendo ormai vincolato dal noto impegno a sostenere le decisioni raggiunte dai Quattro. Elenchiamo insieme le delegazioni su cui si potrebbe contare per ottenere gli undici voti necessari a far prendere in considerazione una mozione conforme alla soluzione auspicata. McNeil mi dice anzitutto che possiamo contare in pieno sull'appoggio del generale Smuts il quale ha specialmente a cuore la questione di Pola. Le Nazioni partecipanti alle commissioni sul cui voto favorevole potremmo contare risultano presumibilmente così divise:

A noi favorevoli: l) Sud Africa; 2) Nuova Zelanda; 3) Australia; 4) India; 5) Grecia; 6) Brasile.

Probabilmente favorevoli: 7) Olanda; 8) Belgio; 9) Canadà; 10) Cina.

Incerte: Il) Etiopia.

Secondo il calcolo di probabilità di McNeilla possibilità di ottenere un emendamento dipende quindi in definitiva dalla possibilità di persuadere l'Etiopia. Chiedo a McNeil se l'Inghilterra non potrebbe esercitare la sua influenza per ottenere il voto dell'Etiopia, voto che potrebbe essere compensato dall'Italia con concessioni in altro campo. McNeil è scettico sulla possibilità inglese di influire sugli etiopi e, pur non escludendo di fare un tentativo, mi consiglia di cercare altre vie. Il solo Paese che può avere un efficace ascendente sull'Etiopia è il Sud Africa e mi riservo di parlarne domani col generale Theron, se il presidente De Gasperi è d'accordo per questa tattica3 .

Ritorno sull'argomento del surrender of rights per le colonie e trovo McNeil sempre convinto che questa misura preventiva sia assolutamente necessaria. Esaurito

1 Trasmesso con Telespr. d. 92 di Casardi del 19 agosto. 2 Vedi D. 159. 3 Vedi D. 176.

ogni argomento per dimostrargli ancora una volta il contrario, gli faccio osservare che questa inutile imposizione di autorinuncia sarà uno degli elementi che potrà mettere l'Italia nella necessità di respingere il trattato, poiché nessun governo potrà raccomandare al Paese di deporre volontariamente i propri diritti sovrani, né la Costituente vorrà assumersi una tale responsabilità. McNeil mi fa osservare che l'Inghilterra compie una simile rinuncia in India, in Egitto, e nei suoi «mandati». Gli rispondo che nel loro caso si tratta di una rinuncia volontaria intesa ai fini politici liberamente perseguiti, condizioni queste che non si verificano nel nostro caso.

Circa la riassunzione del caso dell'Alto Adige patrocinata dall'Inghilterra, McNeil mi conferma che domani la delegazione inglese (evidentemente per dare una qualche soddisfazione alla propria opinione pubblica ed agli umori parlamentari) proporrà nuovamente che l'Austria sia sentita, ma farà ciò per pura ragione di principio, dichiarando nel contempo che non appoggerà alcuna rettifica di frontiera inquantoché si considera legata alle decisioni di rispetto dello statu quo adottate dai Quattro 1•

In complesso è pessimista sull'andamento della Conferenza e mi pare anche lui animato da un sincero quanto tardivo desiderio di riparare nei nostri confronti alle durezze del trattato. Mi conferma ancora l'ottima impressione riportata dalle dichiarazioni di De Gasperi e mette in rilievo l'atteggiamento a noi favorevole assunto da Alexander nel suo discorso in risposta alle dichiarazioni di Molotov.

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COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE REALE(2) CON IL VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI JUGOSLAVIA, KARDELJ

APPUNTO. Parigi, 16 agosto 1946, ore 17-18,45.

Mi sono incontrato col presidente della delegazione jugoslava Kardelj il giorno 16 agosto alle ore 17. Alla conversazione, che si è svolta nei locali dell'ambasciata di Jugoslavia, era presente il consigliere della delegazione Veletic che ha fatto da interprete.

Ho detto subito a Kardelj che scopo del nostro colloquio era la ricerca di un terreno di intesa tra le nostre due Nazioni che hanno molti interessi comuni, vogliono entrambe salvaguardare la pace e dovranno insieme collaborare, subito dopo la firma del trattato, alla leale osservanza di esso. Ho ricordato a Kardelj i tentativi infruttuosi del nostro Governo e di alcuni nostri rappresentanti diplomatici per delle trattative dirette tra Italia e Jugoslavia e gli ho comunicato che il presidente De Gasperi è disposto a prender contatto con lui nel corso dei lavori della Conferenza. Pur se profondamente ferito dalle decisioni del Consiglio dei Quattro, che non hanno tenuto alcun conto delle nostre giuste rivendicazioni e hanno proposto il distacco dalla madre patria di quasi tutto il territorio della Venezia Giulia, il popolo italiano non nutre alcuna animosità verso il popolo jugoslavo e vuole vivere con esso nelle migliori relazioni possibili.

l Questo capoverso fu trasmesso da Soragna a Prunas con T. 14514/990 del 17 agosto.

Il documento non è firmato ma l'attribuzione a Reale risulta dal D. 325.

Kardelj mi ha risposto che gli jugoslavi ricambiano i sentimenti di am1C1zm degli italiani e che tutti gli attacchi della stampa come degli uomini politici jugoslavi sono diretti non contro il popolo italiano ma contro i partiti e gli elementi reazionari che seminano la discordia tra le due Nazioni e vorrebbero provocare nuovi conflitti. «Né nei discorsi del maresciallo Tito né nei miei -ha proseguito Kardelj troverete una sola parola che possa offendere il popolo italiano e l'Italia, ma solo la condanna di certo imperialismo italiano che è sopravvissuto al fascismo e vedrebbe volentieri lo scatenarsi di una guerra contro il mondo slavo e particolarmente contro di noi. Non è affatto vero che la nostra stampa abbia attaccato Nenni e Togliatti, che noi invece rispettiamo come i capi della parte più progressiva del popolo italiano: ma abbiamo attaccato, ed attaccheremo ancora, quei vostri dirigenti e quei vostri partiti che continuano la politica del fascismo, sognano nuove aggressioni e fanno di tutto per scavare un abisso tra i due popoli».

Passando a parlare della possibilità di un'intesa sincera e feconda di risultati tra Italia e Jugoslavia, Kardelj si è dichiarato convinto che a tanto si finirà coll'arrivare poiché i vantaggi di un accordo di una pacifica collaborazione sono molto più forti del risentimento di un pugno di mestatori, delle manovre dei gruppi reazionari, delle reazioni sentimentali di qualche migliaio di persone fuorviate dalla propaganda nazionalista. Una presa di contatto tra il presidente della delegazione jugoslava e il presidente della delegazione italiana è augurabile, potrà sgomberare il terreno di molti equivoci e giungere a dei risultati concreti. Anche se divisi dalla questione delle frontiere, dobbiamo smetterla di guardarci in cagnesco e di considerarci come nemici.

Ho chiesto allora a Kardelj quando avrebbe potuto svolgersi il colloquio tra De Gasperi e lui ed egli mi ha risposto che sarebbe forse opportuno attendere che sia espletata la discussione sulle frontiere. «Se vogliamo porre i nostri rapporti su un piano di feconda e concreta collaborazione -egli ha detto -sarà bene che il terreno sia preventivamente sgomberato dalla questione che ci divide, che ha inasprito i nostri rapporti e sulla quale è quasi impossibile raggiungere tra noi un accordo qualsiasi. l nostri punti di vista sono troppo lontani, le soluzioni che noi proponiamo sono troppo diverse. Davanti alla Commissione, mentre voi proporrete l'allargamento dello Stato Libero fino a comprendervi Pola e tutta la parte occidentale dell'lstria, noi proporremo che il territorio dello Stato Libero sia limitato alla città di Trieste e ai suoi dintorni immediati. Molto probabilmente voi chiederete quella parte di Gorizia che è stata assegnata alla Jugoslavia e noi a nostra volta domanderemo quella parte della città che dovrebbe essere vostra. Lo stesso per Monfalcone che noi chiederemo sia attribuita alla Jugoslavia con tutto il territorio circostante. Nulla da fare, dunque, su questo terreno se non attendere le decisioni della Commissione. La cosa che io propongo è di presentare le nostre rispettive richieste, che difenderemo da una parte e dall'altra fino all'ultimo, e vederci poi con De Gasperi per cercare insieme un accordo sulle altre questioni. Un terreno sul quale potremmo e dovremmo collaborare è la preparazione dello statuto del Territorio Libero per il quale ai quattro progetti già esistenti se ne potrebbe aggiungere un altro italo-jugoslavo. Penso che sia nel comune interesse limitare i poteri del governatore e dare invece i maggiori poteri a un'assemblea liberamente eletta. Trieste dovrà avere un governo democratico: credo che su questo potremo metterei d'accordo. Sarei molto contento di discutere poi con De Gasperi dei nostri

rapporti commerciali, ai quali attribuisco un'enorme importanza poiché le nostre due economie sono complementari e hanno bisogno l'una dell'altra. Accantoniamo la questione delle frontiere che ci divide e vediamo di creare insieme condizioni per una pace stabile e duratura tra i due popoli».

Siamo passati quindi a parlare di altre questioni, tra le quali particolarmente importante quella delle riparazioni, a proposito della quale Kardelj mi ha detto che la Jugoslavia non ha potuto accettare la proposta sovietica che le attribuiva centoventi milioni di dollari su un totale di trecento milioni che l'Unione Sovetica aveva intenzione di chiedere per tutti i Paesi danneggiati dall'Italia. Secondo Kardelj, i danni sofferti dalla Jugoslavia in conseguenza dell'invasione e dell'occupazione italiana ammonterebbero alla cospicua somma di dieci miliardi di dollari.

Parlando delle riparazioni, Kardelj mi ha detto che la Jugoslavia appoggerà tutte le richieste italiane che tenderanno a limitare i pagamenti agli angloamericani, ai quali l'Italia ha già dato troppo e che tentano di porre sotto il loro controllo tutta l'economia italiana.

Tornando a parlare di Trieste, Kardelj mi ha detto che la Jugoslavia non teme affatto che il capitale anglo-americano possa far da padrone nello Stato Libero poiché la situazione geografica è tale che sarà impossibile al nuovo Stato di vivere e prosperare senza l'appoggio e la collaborazione della Jugoslavia. «Se noi lo vorremo, potremo soffocare Trieste e non farle giungere nulla né dalla campagna né dalle Nazioni dell'Europa centrale ed orientale. Sia i triestini che gli anglo-americani dovranno fare i conti con noi e mettersi d'accordo con la Jugoslavia».

La seconda parte della conversazione, che ha avuto un tono molto cordiale ed è terminata alle 18,45 si è aggirata su varie questioni politiche quali i rapporti tra l'Unione Sovetica e gli anglo-americani, l'estirpazione del fascismo in Italia, il futuro della Germania, le relazioni tra la Jugoslavia e la Francia e tra la Jugoslavia e la Polonia.

Nel congedarmi, Kardelj mi ha pregato di presentare i suoi ossequi a De Gasperi e mi ha ripetuto che s'incontrerà con lui con molto piacere subito dopo la fine della discussione circa la frontiera davanti alla Commissione politica.

170

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 14322/984. Parigi, 16 agosto 1946, ore 19,35.

Presidente De Gasperi ha VISitato oggi delegato canadese Mackenzie King. Ambasciatore Sola ha avuto colloquio con delegazione brasiliana 1• In vista imminente presentazione emendamenti italiani al draft, singole sezioni nostra delegazione lavorano attivamente preparazione azione necessaria. Presidente presiede alle 19 riunione interna consiglieri politici 2 e parteciperà questa sera ad un ricevimento all'ambasciata Polonia.

1 Vedi D. 172. 2 II verbale manca.

171

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. s.N.D. 14459-14460/985-986. Parigi, 16 agosto 1946, ore 21 1•

Cerulli ha veduto ambasciatore dell'U.R.S.S. Gusev cui ha esposto punto di vista italiano circa clausole coloniali trattato. Gusev gli ha chiesto perché presidente De Gasperi abbia dichiarato nel suo discorso di accettare rinvio quando accordo per soluzione favorevole all'Italia aveva già avuto adesione russa e francese. Cerulli gli ha risposto che certamente soluzione definitiva è di gran lunga preferibile al rinvio e noi siamo sinceramente riconoscenti al Governo sovietico per suo atteggiamento, ma presidente De Gasperi si è dovuto riferire al draft trattato, quindi alla clausola rinvio allora approvata. Gusev ha preso nota riserva italiana circa formula rinvio (secondo nota 22 giugno).

Cerulli ha incontrato questo ministro Egitto cui ha detto sperare che partecipazione egiziana lavori Conferenza sarà occasione contatti in relazione nostra decisa politica simpatia verso Egitto e Paesi arabi. Avendo egli poi fatto allusione ai passi nota egiziana circa Cirenaica a Massaua, ministro d'Egitto gli ha detto che allusione concernente pressione per trattato 1925 frontiera Cirenaica non riguarda assolutamente noi; ma che Egitto non può essere tenuto fuori quando si decidono sorti Paesi confinanti. Cerulli gli ha risposto che questa non è mai stata nostra intenzione e che anzi consideriamo nostro principale interesse procedere in contatto e di accordo con Paesi arabi. Ministro d'Egitto ha concluso che, salvo differenti istruzioni future, dato rinvio questione colonie, egli non presenterà adesso esame Conferenza problemi politici ma solo questioni economiche (quindi riparazioni e beni italiani Egitto).

172

COLLOQUI DELL'AMBASCIATORE SOLA CON LA DELEGAZIONE DEL BRASILE ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO

Parigi, 16 agosto 1946.

Ho avuto amichevoli conversazioni con alcuni membri della delegazione brasiliana e cioè con gli ambasciatori Accioly e Cyro de Freitas Valle, già miei colleghi in residenza all'estero, nonché con il consigliere economico Castro Maia e con il consigliere a Roma, Latour.

1 La seconda parte del telegramma (secondo capoverso) fu spedita alle ore 23,50 e pervenne alle ore IO del 17.

2 Trasmesso con Telespr. d. 92 di Casardi del 19 agosto.

Mi hanno tutti confermato che le cose italiane «non vanno bene» a causa del preciso accordo fra i Quattro di non ammettere modificazioni sostanziali alle principali clausole del progetto di trattato.

Accioly aveva ricevuto il testo delle proposte dei Quattro circa lo statuto di Trieste. Lo stava studiando, ne abbiamo esaminato qualche punto relativo al regime delle ferrovie. La delegazione russa propone che l'esercizio di esse nel Territorio Libero sia affidato alla Jugoslavia. Accioly vedeva in ciò il tentativo di strozzare completamente il traffico di Trieste a profitto di Fiume, ciò di cui aveva avuto sentore da parte della delegazione jugoslava.

Ho fatto osservare la necessità di introdurre nello statuto clausole che impongano alla Jugoslavia di accordarsi con l'amministrazione dello Stato Libero e con l'Italia per un accordo generale tariffario (ferrovie e spese portuali) per non creare situazioni preferenziali o peggio ancora zone bloccate da alte tariffe, ciò che stornerebbe il traffico. Ho ricordato ai brasiliani che Trieste prima delle ultime due guerre era un prezioso entrepòt di caffè, e che perciò il Brasile era interessato acché l'amministrazione di Trieste rimanesse affidata a mani italiane. Ho lanciato la frase, che ha avuto qualche effetto, che la frontiera economica del Brasile si estende al Mediterraneo, ed arriva a Trieste. Ho spiegato i motivi della relativa decadenza dei traffici di Trieste e di Fiume dopo il 1919 per cause non relative alla amministrazione italiana, che invece tanti sacrifici ha fatto per entrambe le piazze commerciali, ma dovuta allo sfaldamento della Monarchia austro-ungarica per cui talune regioni periferiche dell'Impero hanno preso a gravitare, logicamente, verso sbocchi marittimi per esse naturali (cioè verso i porti del nord, verso Salonicco e verso i porti del Mar Nero).

173

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

TELESPR. D. 81. Parigi, 16 agosto 1946.

Con lettera del 15 corrente, indirizzata al presidente della Conferenza, il delegato jugoslavo Mosa Pijade ha voluto confermare, dopo ripetute smentite della delegazione greca, quanto aveva già dichiarato in seduta plenaria il 10 corrente circa confidenziali proposte della delegazione greca per la «spartizione» dell'Albania.

La lettera in questione che è stata pubblicata tra i documenti della Conferenza afferma testualmente che <mel corso di una conversazione con due membri della delegazione jugoslava (Bebler e Vilfan), il signor Tsaldaris, allo scopo di ottenere il consenso jugoslavo alle pretese greche sull'Epiro settentrionale ha dichiarato che il Governo greco non si opporrebbe all'occupazione jugoslava di quella parte dell'Albania settentrionale che la Jugoslavia desiderasse annettere».

174

IL CONTE SFORZA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 14493/s.N. Lima, 17 agosto 1946, ore 9,26 (per. ore 20 del 18).

Dietro suggerimento De Gasperi, gli ho telegrafato quanto segue come telegramma da Lima:

« 11. Invitato dall'Associazione nazionale degli scrittori, Sforza ha illustrato costanza del pensiero super nazionale dell'Italia, salvo periodo fascista, e a tale proposito ha dichiarato che Kardelj errò completamente nel suo discorso a Parigi dichiarando che il Trattato Rapallo fu imposto colla violenza. Sforza ha rivelato che egli, pure esprimendo profonda riconoscenza a Lloyd George che gli offrì personalmente forte pressione Belgrado, la declinò, dichiarando che suo desiderio supremo era spontanea accettazione Jugoslavia. Se jugoslavi accolsero proposte italiane fu perché i loro ancora intelligenti capi compresero che amicizia e patti offerti dall'Italia garantivano loro Paese da aggressioni asburgiche e da mene separatiste».

Riterrei opportuno che codesto ministero comunichi anche alla stampa italiana.

175

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON IL DIRETTORE DELL'UFFICIO AFFARI EUROPEI DEL DIPARTIMENTO DI STATO DEGLI STATI UNITI, MATTHEWS

APPUNT01 . Parigi, 17 agosto 1946. ore 15.

Statuto di Trieste. Gli americani sono «adamant» nel proposito di costituire uno Stato Libero sotto l'egida delle Nazioni Unite e al sicuro da qualsiasi tentativo di annessione. Non sono nettamente contrari al rinvio di tutta la questione, sebbene giudichino che la permanenza dello statu quo presenti molti inconvenienti per loro.

Pola. Se Molotov non si opponesse all'inclusione di Pola nello Stato Libero, gli americani appoggerebbero un'iniziativa in tal senso.

Confine itala-francese. Gli americani sono lietissimi di qualsiasi passo o compromesso destinato a schiarire e rendere cordiali e cooperanti le relazioni tra Italia e Francia.

Colonie. Byrnes riconosce la necessità di dare soddisfazioni morali all'Italia in questo settore. Sta lavorando per eliminare la formula di rinuncia preventiva della nostra sovranità.

l Trasmesso con Tclespr. d. 88 di Casardi del 17 agosto.

Preambolo. Gli americani riconoscono le inesattezze e le ingiustizie del preambolo. Sono pronti a collaborare per i miglioramenti e le correzioni (attendono i nostri suggerimenti).

Clausole militari. Matthews suggerisce che gli italiani direttamente o per tramite di una delegazione amica chiedano che dopo cinque anni sia possibile la revisione delle clausole militari. Gli americani appoggerebbero.

Revisionismo. Gli americani credono che gli articoli 12 e 14 del Charter delle Nazioni Unite aprano vaste possibilità di revisione a qualsiasi trattato. In ogni modo non si oppongono all'inclusione (anzi la consigliano) di una clausola chesenza mettere limiti di tempo -suggerisca la revisione quando molte clausole risultino «obsolete and not working».

Sorte della Conferenza. Byrnes non desidera che la Conferenza sia aggionata. È pronto ad andare a New York per presenziare all'apertura dell'Assemblea delle Nazioni Unite, per poi tornare qui. Vuole fare ogni sforzo perché-se è umanamente possibile -si arrivi ad una conclusione (che non sarà certo in settembre, ma più tardi). Gli americani non si sentono di fare previsioni sulla sorte della discussione per lo statuto di Trieste; prevedono gravissime divergenze.

Firma e ratifica. Il trattato sarà firmato appena i Quattro avranno accettato

o corretto il testo approvato dai Yentuno. La ratifica degli Stati Uniti non potrà avvenire prima del gennaio o febbraio 1947. L'articolo sulla ratifica è dubbio anche per loro. Ritengono però che, secondo la lettera, la ratifica dei Quattro sia sufficiente per rendere il trattato esecutivo.

176

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL DELEGATO DEL SUD AFRICA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, THERON

APPUNT0 1 . Parigi, 17 agosto 1946, ore 15,30.

A seguito del mio colloquio di ieri con McNeil 2 il presidente De Gasperi mi ha incaricato di riprendere contatto col gen. Theron. Il colloquio si è svolto nella prima fase alla presenza di Egeland, presidente della Commissione politico-territoriale.

Accoglienza estremamente amichevole. Egeland mi dice subito quanto abbia apprezzate le dichiarazioni di De Gasperi e mi raccomanda che i nostri memorandum sulle varie questioni siano presentati sollecitamente e, sovrattutto, siano formulati in termini succinti e con argomentazioni incisive. «La parte essenziale del

1 Trasmesso con Telespr. d. 92 di Casardi del 19 agosto. 2 Vedi D. 168.

vostro intervento sarà costituita dai memorandum in base ai quali dovremo formare inizialmente la nostra opinione». Lo rassicuro su questo punto e gli chiedo se è certo che le commissioni ascolteranno nostre esaurienti illustrazioni verbali, non essendo per noi possibile affidare a documenti scritti argomentazioni e suggerimenti troppo impegnativi. Egeland mi risponde che al nostro posto e nel nostro interesse preferirebbe non essere verbalmente ascoltato. Abbiamo, secondo lui, tutto da perdere in una discussione di dettaglio che, diluendo gli argomenti essenziali esposti nei memorandum, ci esporrebbe ad una pericolosa serie di repliche e controffensive. A vendo gli succintamente ricapitolata sotto ogni aspetto la nostra situazione nei riguardi internazionali ed interni mi assicura che, nei ristretti limiti del possibile, non ci mancherà il suo appoggio.

Chiedo al gen. Theron di voler procurare, al più presto possibile, un incontro fra De Gasperi e Smuts, avvisandolo che De Gasperi si trattiene ora appositamente a Parigi per incontrare il premier australiano. Theron mi dice che Smuts arriverà lunedì pomeriggio e che certamente sarà lieto di incontrare De Gasperi martedì mattina. Aggiunge che egli si attende molto dall'incontro fra i due uomini perché sa in quale considerazione Smuts tiene De Gasperi. Mi riatTerma anche lui la ottima impressione che le dichiarazioni di De Gasperi hanno lasciato nella maggioranza delle delegazioni. Lo ringrazio per il contenuto del suo discorso. Mi dice di aver personalmente premuto presso Byrnes e Bevin perché non si lasciasse l'Italia esposta agli aspri attacchi di Molotov senza che qualche voce amica si alzasse in sua difesa. La stessa azione ha svolto nei riguardi della Grecia anch'essa insufficientemente sostenuta dai suoi amici.

Compiuto un generale esame della situazione italiana e dei possibili futuri sviluppi connessi al carattere che il trattato dovrà assumere in definitiva, situazione che Theron già ben conosce ed alla quale si interessa vivamente, passiamo ad argomenti concreti.

Gli riespongo in dettaglio la questione di Pola e dell'ampiamento del Territorio Libero, trovandolo nettamente consenziente. Rivediamo insieme quali sono i voti su cui possiamo contare. A nome del presidente De Gasperi gli chiedo di intervenire presso gli etiopi. Mi dice di essere personalmente in ottime relazioni coi rappresentanti dell'Etiopia e mi assicura che, appena giungerà il generale Smuts gli parlerà della cosa in modo che De Gasperi, nel successivo incontro, possa trovare il terreno preparato ed avere da Smuts una risposta.

Rivediamo a fondo il problema delle colonie. In sostanza Theron mi dice che ci consiglia di accettare il surrender of rights perché è certo che, anche in caso di una favorevole soluzione, potremo avere una speciale situazione in seno alla trusteeship ma mai più potremo aspirare ad una piena sovranità. Concretamente mi dice che egli sarebbe favorevole ad una trusteeship inglese sulla Cirenaica e ad una trusteeship italiana sulla Tripolitania, sempreché noi ci sentiamo in grado di superare la resistenza che gli arabi opporranno al nostro ritorno. Gli osservo che se gli inglesi cesseranno la propaganda antiitaliana che le loro autorità militari svolgono in Libia e se sarà accettata la collaborazione di funzionari italiani alla amministrazione di quei territori nei prossimi dodici mesi, non vi è dubbio che noi riusciremo pacificamente a riallacciare rapporti di interessi, di commercio, e di solidarietà politica con gli arabi i quali apprezzano, per lunga esperienza, la nostra capacità e sovrattutto non ci temono come temono invece i francesi e gli inglesi. Theron è scettico sulla possibilità di reimmettere in Cirenaica i nostri coloni che il fascismo ha compiuto l'errore irreparabile di trasferire in Italia. Circa le colonie del Mar Rosso egli sa che l'Etiopia vuole Massaua come sbocco al mare e non si accontenterebbe di Assab. Anche lui è, in massima, non contrario a che in una forma di trusteeship sia riservata all'Italia una funzione che assicuri almeno la continuità della sua opera civilizzatrice. Tutto ciò costituisce un sensibile passo avanti sulle primitive intenzioni sudafricane che erano duramente ostili ad ogni nostro reingresso in Africa.

Mi dice di essersi molto interessato agli incontri che ha avuti con l'ammiraglio De Courten e col governatore CerulJi. Su tutti gli argomenti si è dimostrato pieno di vivo ed amichevole interesse per la rinascita italiana che considera elemento indispensabile alla ricostruzione europea. Ha lamentato l'atteggiamento della Francia nelJa questione della frontiera occidentale e l'asprezza delle nostre reazioni, augurandosi che si possa giungere ad un componimento che assicuri la confidente ripresa di buone relazioni fra i due Paesi.

177

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI

T. 12649/104. Roma, 17 agosto 1946, ore 16.

Suo 130 1• Faccia sapere al presidente del Consiglio che abbiamo rilevato con compiacimento il passo relativo alla pace giusta. È una presa di posizione ideale che ha per noi c dovrebbe avere per tutti un significato di solidarietà, di cui siamo grati.

178

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 2 . Parigi, 17 agosto 1946, ore 18.

Bonomi: Chiarisce che la prima fase della Conferenza della pace è terminata con le dichiarazioni generali delle varie delegazioni e che si inizia ora la seconda fase, nella quale si svolgerà il lavoro di dettaglio delle commissioni. La delegazione

l Vedi D. 145, nota 2. 2 La riunione è presieduta da De Gasperi.

198 italiana ha deciso di partecipare anche alla seconda fase, nei limiti specificati nella dichiarazione che è stata preparata per la stampa. Legge il testo del comunicato 1 .

De Gasperi: Ringrazia anzitutto i membri della delegazione per l'attività, lo zelo e l'impegno dimostrati sinora e li invita a continuare nei loro sforzi per appoggiare e far riconoscere le giuste richieste dell'Italia in una situazione che, se pur non offre molte speranze, non è tuttavia priva di qualche prospettiva. Ricorda le difficoltà del lavoro da compiere, dato che si tratta di illuminare il nostro punto di vista a persone che sono assai lontane e con le quali, dato il loro enorme lavoro, è difficile potersi intrattenere a lungo. Afferma non essere esatta l'accusa mossa alla delegazione italiana di non aver presentato sufficiente documentazione per le nostre tesi; d'altra parte, nelle attuali circostanze in cui i delegati non hanno tempo di leggersi lunghi memoriali, una eccessiva quantità di memorandum potrebbe avere effetti nulli o negativi. Raccomanda che nel formulare la nostra documentazione si abbia cura di condensare gli argomenti nella forma più efficace e breve. Rileva che è stato finora ottenuto il primo risultato di provare l'impostazione democratica del nostro Paese e di rompere il primo ghiaccio della incomprensione e quasi ostilità della Conferenza nei nostri riguardi. La delegazione italiana ha preso una posizione che è al di fuori delle polemiche che agitano il mondo, ma è impossibile evitare che l'una o l'altra delle parti trovi nella nostra posizione spunti di polemica. Afferma che per l'Italia il trattato, così come è concepito, non è accettabile, non corrispondendo alle nostre esigenze storiche e di giustizia. Comunque, la delegazione è a Parigi in qualità di «rappresentante, interprete e testimone» dell'Assemblea costituente che avrà la responsabilità e l'autorità dell'eventuale accettazione dei termini di pace. La partecipazione italiana ai lavori delle commissioni, entro i termini minimi che ci sono stati fissati, avviene sempre con la riserva che si possa interpretare come approvazione o accettazione del trattato stesso. Sarà un lavoro lungo, in quanto le raccomandazioni delle commissioni dovranno essere votate dalla Conferenza in seduta plenaria c passate poi ai Quattro Grandi per la definitiva sanzione: in tale sede o tutto sarà terminato, o tutto sarà sospeso. Pur senza accettare la base del trattato, è compito della delegazione e degli esperti italiani quello di cercare ogni possibile miglioramento delle varie clausole. Ricorda che entro martedì prossimo dovranno essere presentate le nostre proposte di emendamento, sia direttamente, sia, in alcuni casi, per tramite di altre delegazioni. Termina con un saluto particolare ai rappresentanti delle confederazioni generali del lavoro.

Bonomi: Chiarisce la distribuzione del lavoro nella delegazione e raccomanda di specializzare i compiti, pur mantenendo stretto coordinamento fra le varie sezioni e insiste che in ogni documento da presentare si ripeta che la nostra collaborazione non significa assumere corresponsabilità del trattato.

Pesenti: Rileva che nel comunicato alla stampa vi è a un certo punto un pò troppo «tono di fanfara» quando si parla del risultato raggiunto di aver «fatto apprezzare la nostra particolare situazione di cobelligerante».

Tarchiani: Suggerisce di sostituire alla frase «hanno fatto apprezzare» la frase «hanno messo in luce».

l Vedi D. 179, nota l, p. 202.

Pesenti: Lamenta la mancanza di un organo di coordinamento m seno alla delegazione italiana.

De Gasperi: Ricorda all'on. Pesenti che vi è una Segreteria generale, diretta dall'ambasciatore Soragna, alla quale compete il compito di coordinamento.

179

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia), J7 agosto 1946, ore 19.

Bonomi: Rende noto quali sono le tre commissioni che esamineranno i nostri problemi: la Commissione politico-territoriale (che esaminerà gli articoli da l a 38, 63, 72, da 75 a 78); la Commissione economica (articoli da 64 a 74 meno il 72); la Commissione militare (articoli da 39 a 62).

Soragna: Legge un appunto sui lavori al Lussemburgo nella seduta odierna della Commissione politico-territoriale che si riporta qui di seguito:

«Il presidente ha esposto alcuni suggerimenti per accelerare i lavori della Commissione. Egli ha proposto che la discussione sul preambolo del trattato fosse rinviata a più tardi e si iniziasse senz'altro l'esame degli articoli relativi alle frontiere. Ha proposto inoltre che la delegazione italiana sia invitata a presentare uno o più memorandum scritti relativi a questa prima parte del trattato. Tali memorandum dovrebbero contenere in forma concisa e breve le osservazioni della delegazione italiana e per facilitare i lavori dovrebbero circolare fra i delegati in tre lingue. Ciò non esclude -ha detto il presidente -che i delegati italiani siano sentiti quando la Commissione lo crederà opportuno. Il presidente ha anche invitato le singole delegazioni a presentare proposte ed emendamenti per iscritto in modo da sollecitare il lavoro di traduzione.

Il delegato russo Vyshinsky accettando le proposte del presidente si è opposto però al rinvio dell'esame del preambolo. Jl presidente ha accettato l'obiezione dei russi. Il delegato belga ha chiesto se le singole delegazioni potranno presentare emendamenti anche nel corso della discussione. La risposta del presidente è stata affermativa.

Il presidente ha comunicato che la prossima riunione, la cui convocazione verrà annunciata più tardi, inizierà l'esame del preambolo.

Su richiesta della Segreteria generale ed in base al regolamento di procedura è stato deciso che l'ordine di esame del trattato per la Commissione politico-territoriale sarà il seguente: preambolo, articoli dall'l al 38, articoli 63 e 72, articoli 75-78, annessi l, 2 e 9.

Il presidente ha ricordato che per gli articoli 18 e 31, Il e 12, 13 e 63 la Commissione politico-territoriale dovrà concordare i lavori con la Commissione giuridica e di redazione e con quelle militare ed economica. Egli ha infine fatto presente che gli emendamenti debbono essere sottomessi alle Commissioni entro il 20 corrente alla mezzanotte».

Bonomi: Chiede pertanto che si acceleri la preparazione dei vari memorandum da presentare da parte nostra. Propone si presenti un memorandum per il nuovo

I Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Saragat, Facchinetti, Corbino, Reale, Carandini, Tarchiani, Quaroni, Soragna, Martini e Arpesani.

testo del preambolo, uno per la questione dei confini colla Francia, uno per la questione triestina.

De Gasperi: Chiede se ai rappresentanti brasiliani sono già stati dati elementi per sostenere in vece nostra le nostre tesi.

Martini: Risponde che ai brasiliani son già stati dati gli emendanti economici. Essi attendono i memoriali per le questioni territoriali.

Corbino: Ritiene necessario che noi discutiamo tutte le clausole economiche, in quanto collegate fra loro, e propone si faccia un memorandum di carattere generale e vari per le questioni specifiche.

Saragat: Propone un memorandum generale sull'insieme delle questioni di frontiera con la Francia, seguito dall'analisi dei vari punti; così per la Venezia Giulia una premessa generale seguita dall'esame dei vari quesiti. Tutto molto sobrio e chiaro.

Bonomi: Consente per la Venezia Giulia, scivolerebbe molto sulla questione dell'Alto Adige mentre batterebbe in particolare su P o la. Chiede con che criterio si vanno formulando le richieste di garanzie per le minoranze etniche.

Quaroni: A tale proposito crede che si vadano elaborando sulla base della reciprocità: garanzie per gli italiani rimasti fuori frontiera; garanzie per gli jugoslavi rimasti nei nostri confini.

Corbino: Vuole si chiarisca come si può proporre il massimo e, in caso di ripulsa, come si possa insistere sulle subordinate.

Quaroni: Propone che si faccia la richiesta massima noi e quindi si presentino, a mezzo di delegazioni amiche, le subordinate.

Facchinetti: Si chiede come si potrà salvare, con queste nostre trattative, il giudizio della Costituente.

Bonomi: Conferma che dovrà esser fatta una riserva.

De Gasperi: Richiama quanto già da lui dichiarato in proposito in questa conferenza il 14 corrente, come verbalizzato 1•

Quaroni: Propone che tale dichiarazione di riserva venga fatta dalla stessa Costituente.

Martini: Osserva che tale dichiarazione va fatta dalla stessa delegazione e in sede di Commissioni.

Bonomi: Propone si faccia una dichiarazione attraverso un comunicato in cui si dica che, chiusa la prima fase della Conferenza col discorso di De Gasperi, la delegazione italiana, pur conscia delle limitazioni poste alla sua attività, continua lo sforzo inteso a lumeggiare le nostre questioni e i nostri diritti, facendo tuttavia presente che il giudizio definitivo sul trattato è riservato alla Costituente. Con tale riserva la delegazione prosegue nel suo lavoro senza prendere responsabilità nella formulazione del trattato.

1 Vedi D. 151.

Segue discussione in proposito alla fine della quale la conferenza approva il criterio prospettato da Bonomi 1•

180

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 2 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 18 agosto 1946, ore 12.

Bonomi: Riepiloga gli emendamenti che noi chiediamo vengano apportati al preambolo del trattato, intesi soprattutto ad ottenere la valorizzazione della nostra lotta partigiana e modificare la valutazione delle circostanze che hanno concorso nel 1943 al rovesciamento del fascismo in Italia.

La conferenza approva il memorandum preparato m merito 3 .

Bonomi: Spiega e quindi fa dar lettura da Ducci dello schema del memorandum sulla questione del confine orientale: mette in rilievo i punti di detto memorandum relativi alla correzione della linea di frontiera dell'Alto Isonzo, della zona di Gorizia e di Pola.

De Gasperi: Raccomanda di mettere m rilievo il carattere italiano delle città dell'Istria.

Bonomi: Aggiunge che si metta anche in rilievo la proposta smilitarizzazione di Pola intesa alla reciproca sicurezza e ad evitare che Pola possa servire di base a terze Potenze.

La conferenza approva il memorandum4 .

1 Il comunicato risultò così formulato: «La delegazione italiana, riunitasi in seduta plenaria al termine della prima fase della Conferenza di Parigi, ha constatato che la sua opera diretta ad attestare che la nuova Italia, ripudiando lo spirito di aggressione fascista, intende collaborare sinceramente ad una pace giusta e durevole, ha creato intorno al nostro Paese una atmosfera di maggiore comprensione. L'efficace intervento del presidente del Consiglio nella seduta plenaria, la molteplice attività dei membri della delegazione presso i rappresentanti dei vari Paesi, hanno messo in luce la nostra particolare situazione di cobelligeranti, ed hanno collocato il problema italiano sul piano superiore della ricostruzione democratica mondiale. Si inizia la seconda fase nella quale le Commissioni dovranno esprimersi sul trattato proposto dai quattro ministri degli esteri e presentare le loro raccomandazioni. Anche nelle Commissioni i delegati italiani potranno essere sentiti per illustrare i memoriali che saranno presentati, senza però che sia loro concesso di partecipare né a discussioni in contraddittorio, né a deliberazioni. Nonostante queste limitazioni, la delegazione ha deciso di partecipare a questi lavori per portarvi il suo sforzo diretto a far conoscere e introdurre nel trattato le proprie richieste. Resta ben chiaro che il giudizio sull'insieme del trattato quale uscirà dalla Conferenza non potrà essere dato dalla delegazione se non quando saranno fissate le clausole territoriali, politiche, economiche e militari, che potranno mettere l'Assemblea costituente in grado di giudicare la possibilità o meno di assumerne la corresponsabilità. Con queste riserve si svolgerà il lavoro della delegazione nella seconda fase, che si prevede si urterà con posizioni di difficile superamento».

2 Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Facchinetti, Carandini, Quaroni, Reale, Saragat, Tarchiani

e Arpesani. 3 Il testo del memorandum è ed. in Foreign Re/ations ofthe United States, 1946, vol. IV, cit., pp. 117-119. 4 lbid., pp. 123-129.

Bonomi: Richiama gli altri memorandum sullo statuto di Trieste, che per ora non si presenta, e sui criminali di guerra.

Saragat legge il memorandum sulla frontiera occidentale 1•

Dopo discussione, nella quale Facchinetti osserva che ad una parte delle domande francesi si è dato accoglimento, vincolando preventivamente la Costituente, al che De Gasperi obietta che le soluzioni dovranno essere solidali e sancite da un trattato sul quale la Costituente si pronuncerà preventivamente, data la nota nostra riserva, la Conferenza approva il memorandum.

181

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, BERlO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 14800/0155. Berna, 18 agosto 1946 (per. il 23).

Mi sono recato il 16 corrente ad assistere a Ginevra alla seduta di chiusura del Consiglio generale deli'U.N.R.R.A. onde prendere contatto con la nostra delegazione. Mi sono così incontrato con il presidente della delegazione stessa on. Montini e con i membri Albertario, De Marzi e Saraceno i quali mi hanno messo al corrente del lavoro svolto. Ho ritenuto opportuno, in tale occasione, far sapere a Fiorello La Guardia che gli avrei volentieri reso una visita. Per quanto egli fosse occupatissimo in quella giornata di chiusura, tuttavia ha manifestamente tenuto a ricevermi e, tra una seduta di comitato e l'altra, mi ha accolto nel suo studio, insieme con l'on. Montini e il console Trinchieri, e mi ha trattenuto in lungo e cordiale colloquio.

Cercherò di riassumere quanto egli mi ha detto. Mi ha chiesto in primo luogo se avessi notizie circa l'andamento della Conferenza di Parigi. Avendogli risposto che nulla mi risultava più di quanto fosse pubblicato dai giornali, mi ha detto che l'atmosfera a Parigi alla Conferenza della pace non era favorevole. Egli spera che potrà ottenere qualche estensione del territorio del progettato Stato Libero di Trieste, forse fino a Pola esclusa. Le decisioni della Conferenza dei Ventuno debbono tuttavia essere ratificate dai quattro ministri degli esteri, i quali sembra si siano impegnati a sostenere le loro primitive decisioni. Byrnes, pur essendo favorevole all'Italia, ritiene che può già considerarsi un successo il fatto che Trieste sia stata sottratta alla Jugoslavia che l'aveva occupata per vari giorni. Ho detto a La Guardia che il popolo italiano si attende che gli vengano lasciate le colonie prefasciste fecondate dal lavoro italiano. Ma su questo punto il mio interlocutore è stato categorico: la politica coloniale è stata, a suo parere, un grave errore dell'Italia. In linea di massima, egli ritiene che tutte le colonie debbano scomparire. Nessuno Stato ha diritto alle colonie. È una vergogna che il sistema coloniale si perpetui nel 1946. Egli è stato nel Marocco e non ha mai visto nel mondo tanta

l Ibid., pp. 119-123.

miseria accanto a sontuosi palazzi. «I responsabili di questo stato di cose dovrebbero essere giustiziati». L'India è perduta per l'Inghilterra: per Giava e Sumatra è questione di quattro o cinque anni. Le guerre dell'ultimo secolo sono state tutte provocate da problemi coloniali. Per quanto riguarda la questione delle riparazioni, La Guardia ritiene escluso che l'Italia possa pagare cento milioni di dollari. Mi ha detto che, secondo le sue impressioni, in Italia vi sono troppi partiti. Gli ho spiegato la costellazione politica nel nostro Paese e come il Governo si appoggi su i tre grandi partiti di massa.

La Guardia ha aggiunto di aver notato che esiste tuttora il Sottosegretariato degli italiani all'estero; teme che si commettano gli stessi errori del fascismo allorché i consoli esercitavano un'autorità onnipotente sui connazionali, come se questi fossero tutti sotto la loro tutela. Gli ho spiegato che oggi i principi informatori in materia sono del tutto diversi basandosi sul sistema dell'autogoverno delle comunità. La Guardia ha concluso affermando che il suo Paese non ha prevenzioni contro l'Italia per la quale, anzi, ha molta simpatia, mentre da parte di altri Paesi si nota ancora indifferenza e freddezza. Mi ha accomiatato con cordialità ringraziandomi vivamente della visita. Ho avuto l'impressione che egli l'abbia particolarmente gradita e che, in massima, tenga ad aver contatti con gli italiani.

182

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 19 agosto 1946, ore 12.

De Gasperi: In vista della necessità di chiarire anche la situazione dei rapporti italo-austriaci di fronte al fatto che la delegazione austriaca viene sentita dalla Conferenza dei Ventuno, prega Carandini di predisporre un memorandum in proposito2.

Bonomi: Parla del memorandum sulla protezione delle minoranze 3•

Quaroni: Propone che la formulazione dell'articolo da inserire nel trattato si rifaccia, per quanto riguarda la specificazione, a quella dei Trattati di Versailles.

La conferenza esamina se mantenere il memorandum relativo ai valori archeologici portati in Italia dall'Etiopia, e, dato che trattasi di monumenti a cui si è dato un valore politico oggi non più attuale e dato che vien rilevato che nei trattati internazionali degli ultimi tempi le clausole archeologiche non vengano più messe -restando sul posto quanto risulta scoperto negli scavi -la conferenza decide di non presentare memorandum su tale argomento.

l Sono presenti De Gasperi, Bonomi, Carandini, Quaroni, Reale, Saragat, Tarchiani e Arpesani.

2 Il testo del memorandum è ed. in Foreign Relations of' the United Sta/es, 1946, vol. IV, cit., pp. 132-136.

3 lbid., pp. 140-143.

Viene ripresa la discussione sulla opportunità di presentare o meno memorandum sullo statuto di Trieste. La Conferenza stabilisce di attendere che vi sia stata la decisione sulla linea di frontiera. De Gasperi precisa che noi oggi non abbiamo ancora ammessa la creazione di alcuno Stato Libero: Trieste oggi è ancora parte dell'Italia e si sta solo discutendo sulla nuova frontiera della zona giuliana.

Quaroni: Legge il memorandum sull'articolo ove si parla dei diritti dell'uomo 1 .

De Gasperi: Rileva l'offensività di tale articolo per l'Italia, data la tradizione democratica e liberale del nostro Risorgimento ed il ritorno odierno a tale tradizione dopo la parentesi del fascismo.

Tarchiani: Rivela che però qui si è di fronte ad un trattato che chiude una guerra nella quale l'Italia ha avuto inizialmente parte, in contrasto colla tradizione accennata dal presidente De Gasperi.

Carandini: Propone che si dichiari che noi non possiamo accettare in quanto stiamo per entrare nell'O.N.U. per cui è già implicita l'accettazione dei principi a cui l'articolo vuoi fare cenno.

De Gasperi: Approva tale criterio.

Quaroni dà alla fine lettura del memorandum sui criminali di guerra 2 , che brevemente discusso è in linea di massima approvato.

183

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 14579-14599/919-920. Washington, 19 agosto 1946, ore 20,13 (per. ore 11,30 del 20).

Mio telegramma n. 9183.

Non conoscendo quando nostra rappresentanza Messico sarà aperta, mi è sembrato utile informare stamane stessa questo ambasciatore del Messico di arrivo e della permanenza colà del conte Sforza. Ambasciatore mi ha assicurato che avrebbe subito telegrafato al suo Governo, pur accennando a opportunità che codesta rappresentanza del Messico ne sia anche informata ufficialmente da codesto ministero qualora non ne avesse avuta ancora notizia. Egli è ritornato in forma molto amichevole su malumore per ritardata apertura quella ambasciata (mio telegramma 871) 4 . Gliene ho nuovamente spiegato ragioni escludendo nettamente qualsiasi interferenza politica.

l lbid., pp. 143-144.

2 lbid., pp. 158-160.

3 Con T. 14586/918 del 19 agosto Di Stefano riferiva del prossimo arrivo di Sforza a Città del Messico.

4 Non pubblicato.

Ambasciatore Messico mi ha informato che suo collega Parigi ha ricevuto istruzioni comunicare Conferenza pace, giusto invito ricevuto, punto di vista Governo messicano circa trattato con l'Italia. Egli non conosceva ancora tenore dichiarazioni Messico ma mostrava temere che suo Governo potesse insistere pubblicamente per riconoscimento sue note richieste di riparazioni per danni di guerra. Gli ho per parte mia fatto rilevare, tra altri argomenti, come consultazione Messico a Parigi presentasse per suo Governo occasione unica per ribadire di fronte opinione pubblica superiore necessità pacificazione europea mondiale cui avrebbe potuto dare importanza contributo trattati pace non dettati da spirito punitivo e da volontà predominio. Ho ricordato sentimenti solidarietà per l'Italia Paesi America latina, di cui eravamo profondamente grati, sottolineando necessità evitare nota discordante predette riparazioni che avrebbero invece potuto essere ben più utilmente esaminate in amichevoli conversazioni bilaterali per normale tramite diplomatico. Ambasciatore ne ha per parte sua convenuto e mi ha assicurato che avrebbe telegrafato Messico riassunto nostra conversazione e proprio parere, nella speranza poter giungere in tempo.

Ambasciatore Cuba, cui ho testè fornito elementi per le dichiarazioni che rappresentanza Cuba farebbe Conferenza della pace, mi ha pure espresso timore che, dato anche noto malumore esistente per la questione nostra rappresentanza, Governo messicano possa insistere a Parigi sua richiesta riparazioni. Anche egli avrebbe fatto subito presente al suo collega messicano opportunità Governo messicano non indebolisca azione America latina e si limiti invece chiedere riesame condizioni pace per l'Italia.

184

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON L'AMBASCIATORE DEL CANADA A MOSCA, WILGRESS

VERBALE. Parigi, 19 agosto 1946.

Dopo i convenevoli d'uso l'ambasciatore Quaroni consegna al signor Wilgress copia in inglese e in francese, con le carte allegate, del memorandum che l'Italia presenta alla Commissione politica relativamente al tracciato della frontiera italo-jugoslava e delle frontiere del Territorio Libero di Trieste.

L'ambasciatore Quaroni illustra al signor Wilgress i tre punti sollevati dalla delegazione italiana, e cioé: i problemi che sorgono dall'irrazionale tracciato della frontiera nell'Alta e Media Valle deli'Isonzo, soprattutto dal punto di vista economico e delle comunicazioni ferroviarie (linea del Predil); la insopportabile situazione creata al centro abitato di Gorizia dalla ripartizione della città fatta dal proposto tracciato di frontiera; l'opportunità, sia dal punto di vista della logica sia da quello della giustizia, che il Territorio Libero di Trieste sia ampliato fino a comprendere la parte dell'Istria occidentale fino a Pola e Lussino, che è indubbiamente italiana.

Il signor Wilgress, che si dimostra particolarmente informato dell'aspetto economico della varie questioni, chiede vari schiarimenti, in particolare sulla questione delle comunicazioni ferroviarie. Egli riferirà quanto dettogli dall'ambasciatore Quaroni ai delegati canadesi alla Commissione politica (on. Claxton e signor Ritchie), e ritiene anzi che sarebbe bene che il signor Ritchie vedesse al riguardo l'esperto italiano console Ducci: chiederà al Ritchie di fissargli un appuntamento. Ritiene tuttavia che il Canadà non vorrà farsi promotore di un emendamento al progetto di trattato su questo punto; la delegazione canadese presenterà d'altronde pochissimi emendamenti, uno dei quali sull'art. 71 (clausola reciproca della Nazione più favorita fra l'Italia e le Potenze alleate e associate: estensione da diciotto mesi a tre anni), sul quale anzi il signor Wilgress prega l'ambasciatore Quaroni di fargli sapere il punto di vista della delegazione italiana. Tuttavia, se qualche delegazione vorrà farsi interprete delle richieste dell'Italia, la delegazione canadese potrà considerare se le sia possibile esprimersi favorevolmente al riguardo.

L'ambasciatore Quaroni espone al signor Wilgress i motivi per cui sia opportuno fare qualcosa per rafforzare la democrazia italiana. L'ambasciatore Wilgress afferma che questa necessità è ben presente al primo ministro Mackenzie King, il quale è stato molto favorevolmente impressionato dal colloquio avuto col presidente De Gasperi.

Infine l'ambasciatore Quaroni propone al signor Wilgress di inviargli i promemoria italiani sulle clausole economiche del trattato, e chiede se egli vorrebbe ricevere un esperto italiano che potesse chiarirgli gli eventuali punti dubbi. II signor Wilgress afferma che lo vedrà di buon grado e ringrazia.

185

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia). 20 agosto 1946, ore 10.

Bonomi: Chiede se dati i precedenti della questione dello statuto da dare al progettato Territorio Libero di Trieste, garantito internazionalmente (precedenti che ricorda brevemente) l'Italia debba oggi, pur ripetendo tutte le più ampie note riserve già formulate ripetutamente, chiedere per iscritto alla Conferenza della pace di partecipare alla sua compilazione. Pone in rilievo come già con una simile comunicazione noi finiremmo per partecipare in un certo senso alla creazione di questo Territorio Libero ciò che contrasterebbe con tutto il nostro atteggiamento di fronte al trattato di pace in generale.

Bettiol: Una delegazione ufficiosa di italiani e di giuliani ha già fornito una simile partecipazione sempre con tutte le riserve del caso, nello scorso luglio quando abbiamo presentato le nostre considerazioni sullo statuto da dare eventualmente a Trieste, davanti all'apposita commissione dei Quattro.

Ducci: Chiarisce che si tratta oggi di decidere se dobbiamo chiedere sin d'ora di partecipare ad un'eventuale commissione che dovesse essere opportunamente

I Il verbale precisa che sono presenti: «presidente Bonomi, on. Bettiol, avv. Amoroso, dr. Anzilotti, prof. Battara, dott. Bernardi, dr. Coceani, dr. Culot, ing. De Corné, console Ducci, ing. Giacomuzzi, avv. Gratton, prof. Quadri, dott. Radetti, prof. Redento, ing. Ribi, dott. Romano, prof. Schiffrer, prof. Tacconi, prof. Vardabasso». In effetti sono presenti anche De Gasperi, Soragna e Sorrentino.

istituita per l'elaborazione dello statuto del Territorio Libero, qualora vi fossero rappresentanti anche gli jugoslavi.

Amoroso: Ritiene che, mantenendo tutte le nostre riserve, ci convenga chiedere fin d'ora di partecipare alla redazione dello statuto internazionale da dare a Trieste.

Gratton: Intendiamo respingere in modo assoluto il trattato oppure, con le riserve e le proteste del caso, dovremo darvi seguito. In quest'ultimo caso, gli assenti hanno sempre torto e quindi ci conviene, senza compromettere per quanto possibile la nostra non accettazione di principio, cercare di farci ascoltare?

Bonomi: Si potrebbe quindi, dopo aver reiterate le nostre riserve, chiedere di partecipare ai lavori per lo statuto di Trieste riservandosi sempre un giudizio definitivo sull'insieme del trattato.

Ducci: Una nostra partecipazione alla redazione dello statuto, dato che vi sono quattro differenti progetti, ci può porre nella necessità di dichiararci sfavorevoli alle tesi di uno o dell'altro dei Quattro Grandi e quindi può presentare degli inconvenienti dal punto di vista politico generale.

Battara: I triestini sono in genere per il progetto francese, che rappresenta una via di mezzo tra i progetti anglo-americani e sovietico, quindi tale pericolo non è grave.

Bettiol: Anche il progetto sovietico contiene delle disposizioni che incontrano, su determinate questioni, il favore italiano più delle corrispondenti disposizioni degli altri progetti.

Bonomi: Fa leggere a Ducci un progetto di richiesta scritta da inviare alla Conferenza della pace perché l'Italia sia ammessa a far parte di una eventuale commissione per la redazione dello statuto da dare al progettato Territorio Libero di Trieste.

Radetti: Anziché chiedere ufficialmente di farne parte, non possiamo cercare che qualche Stato amico faccia approvare la proposta di invitarci?

Battara: È pericoloso, perché se la proposta viene bocciata non ci resta nessuna possibilità di reclamo da parte nostra.

Bonomi: Anche una nostra richiesta può venire del resto bocciata senza possibilità di appello. Noi sappiamo che gli jugoslavi proporranno la creazione di una sottocommissione per l'elaborazione dello statuto alla quale intendono partecipare. Dobbiamo chiedere ufficialmente sin da ora di prendervi parte anche noi, sempre s'intende ripetendo le nostre riserve di carattere generale e particolare?

Battara: Si potrebbe chiedere che non venga a Parigi discussa la questione dello statuto, ciò che sarebbe più in armonia con le nostre riserve e ci darebbe maggiore possibilità per il futuro.

Ducci: Poiché con il trattato viene creato sènz'altro lo Stato Libero di Trieste, il rinviare l'elaborazione di uno statuto che assicura l'osservanza di quelle garanzie cui per il trattato stesso deve essere internazionalmente sottoposto, può rappresentare per noi, in questo momento, più svantaggi che vantaggi. Inoltre si perderebbe la possibilità di uno scontro tra i Quattro Grandi, scontro che è già in atto con il mantenimento di quattro progetti distinti di statuto e che potrebbe per se stesso condurre ad un riesame di tutta la questione.

Quadri: Condivide l'opinione di Battara che sino a quando non vi è statuto non vi è Territorio Libero.

Bonomi: Ciò che non impedisce che intanto vengano applicate a detrimento dell'Italia le clausole territoriali.

Sorrentino: L'elaborazione dello statuto può o non può avere rilevanza giuridica agli effetti del sorgere del Territorio Libero a seconda della formulazione del relativo articolo del trattato di pace. Dal punto di vista pratico, non ne ha nessuna.

Quadri: Se il trattato di pace non contiene un rinvio esplicito riguardo allo statuto, sino a quando questo non entra in vigore si può ritenere che il Territorio Libero resti sottoposto alla sovranità italiana, con un'occupazione militare alleata.

Ducci: L'articolo 16 parla di cessione di territorio alla Jugoslavia e, nella proposta della Gran Bretagna, di rinuncia di sovranità sul Territorio di Trieste.

Quadri: L'articolo 16 non è ancora stato formulato. Nel progetto di trattato esso si presenta più che altro come un verbale constatante un accordo di principio e diverse proposte particolari. Comunque, una cessione o una rinuncia deve essere fatta a favore di una persona giuridicamente rilevante. Sino a quando il nuovo ente non è in condizione di vivere, non può ricevere una rinuncia o una cessione.

Sorrentino: Ripete che tutto dipenderà dal testo dell'articolo 16.

Bonomi: La questione per ora è questa: vi sarà certamente un'apposita commissione per l'elaborazione dello statuto di Trieste, alla quale molto probabilmente parteciperanno anche gli jugoslavi. Dobbiamo chiedere sin d'ora di partecipare anche noi?

Amoroso: Potrebbero prevedersi diverse richieste, subordinate l'una all'altra da avanzare successivamente per mezzo di qualche Stato amico.

Bonomi: Si potrebbe allora cercare che una Nazione amica avanzi la proposta di un invito e, qualora questa non avesse successo, formulare in via subordinata le nostre richieste di partecipare ai lavori per lo statuto.

Battara: Insiste sul pericolo di affidare ad altri una questione che ci sta a cuore e sull'opportunità quindi di presentare subito una nostra richiesta scritta che resti come documento.

Radetti: Vale anche per la sua presentazione il termine di questa nota? In tal caso è già tardi.

Ducci: Non è un emendamento, è una questione di procedura e quindi sembra possa essere presentata anche dopo.

Soragna (che partecipa per soli cinque minuti alla seduta): È dell'opinione che un'eventuale richiesta debba essere presentata direttamente dall'Italia.

Gratton: Per ora il trattato non prevede una cessione di territorio italiano allo Stato Libero di Trieste, ma solo alla Jugoslavia delle regioni al di là della linea francese. Quindi il Territorio Libero di Trieste è creato entro i confini dello Stato italiano. È questo un argomento che dovremmo far valere per essere partecipi nell'elaborazione dello statuto del futuro Territorio.

Sorrentino: Condivide il punto di vista di Gratton, ma ritiene più opportuno non esporre ora per non provocare noi stessi una dizione più esatta del trattato a questo riguardo, che risulterebbe certamente ancora più a noi sfavorevole.

Bonomi: Rinnova la richiesta di pronunciarsi sul fondo della questione e cioè se si debba o no presentare una richiesta scritta sin d'ora e se si debbano formulare contemporaneamente anche delle subordinate, o se la presentazione di quest'ultime debba essere fatta attraverso degli Stati amici.

Battara: Chiede che si insista sul nostro diritto di partecipare ai lavori per lo statuto, anche perché con lo statuto verranno regolate diverse questioni economiche che ci interessano particolarmente se non altro come Stato confinante.

Bonomi (a Ducci): Ne accenni nella nota.

Ducci: Si potrebbe inviare copia della nota che ci proponiamo di scrivere alla Conferenza della pace ai brasiliani, pregandoli di appoggiarla in seno alla Commissione politica, e, in ogni caso, di sostenere le nostre subordinate qualora non venisse accolta la richiesta principale.

Quadri: Illustra i quattro progetti americano, britannico, francese e sovietico di statuto da dare al Territorio Libero di Trieste sostenendo l'opportunità che da parte italiana, quando si passerà all'esposizione del nostro punto di vista, si approvi favorevolmente il concetto democratico del progetto sovietico, si critichi pure lo strapotere riservato al governatore negli altri progetti, inistendo peraltro sulle garanzie che debbono evitare che il Territorio Libero possa perdere, per azione di forze interne affermantisi attraverso una deformazione dei principi democratici, il suo carattere internazionale. Quindi sostenere la necessità che sia riservato all'O.N.U. tutto quanto concerne la costituzione, la politica estera, l'ordine pubblico, i diritti dell'uomo, lasciando ogni altra materia all'autogoverno del Territorio Libero il cui Consiglio dovrebbe essere eletto dal Parlamento; conformemente ai progetti sovietico e francese.

Gratton: Il progetto sovietico tende a fare di Trieste un vero e proprio Stato indipendente garantito internazionalmente mentre i progetti americano, britannico e soprattutto quello francese, molto esplicito a questo riguardo, parlano semplicemente di un Territorio Libero amministrato internazionalmente e che potrebbe quindi anche ritenersi permanga sottoposto ad una sovranità, sia pure solo nominale italiana. Sarebbe quindi meglio avvicinarsi di più, nell'elaborazione da parte nostra dello statuto, a questi ultimi progetti anziché al primo.

Quadri: Le osservazioni da noi presentate accentuano il carattere internazionale del Territorio, senza intaccare il principio della sovranità.

Amoroso: Un governatore dotato di poteri troppo ampi ci offrirà sempre le garanzie che ci ripromettiamo dalla sua azione per assicurare l'osservanza dell'internazionalizzazione del Territorio Libero? Forse sarebbe meglio vincolare i poteri, specie per quanto riguarda la possibilità di modificare lo statuto e ciò anche in relazione al pericolo, insito nel progetto sovietico, che il governatore sia jugoslavo

o uno slavo di Trieste.

Bettiol: La forma non ci deve far perdere di vista la sostanza dell'organizzazione dei poteri costituzionali secondo i vari progetti di statuto. Dal progetto sovietico traspare troppo chiaramente che si vuole insistere sulla forma democratica per permettere l'avvento della dittatura. Nei progetti anglo-americano il metodo di governo è invece più autoritario, allo scopo però di salvaguardare meglio nel futuro il permanere della democrazia. Gli Alleati hanno evidentemente creduto di venire con ciò incontro ai nostri desideri. Non possiamo quindi respingere i loro progetti, ma cercare di armonizzarne la concezione con quello sovietico.

Bonomi: In sostanza siamo d'accordo per sostenere la possibilità di un autogoverno democratico garantito internazionalmente.

Risposta generale affermativa.

Amoroso: Chiede se si debba o meno sostenere che il governatore abbia diritto di veto relativamente a tutte le norme che incidono sulla costituzione, anziché solo per i diritti dell'uomo.

Quadri: Per la questione costituzionale è previsto il ricorso alla Corte di giustizia internazionale dell' Aja.

Sorrentino: L'U.R.S.S. non vorrà riconoscere l'autorità della Corte dell' Aja, della quale non fa parte; inoltre si tratta di un organismo troppo pesante, costoso e troppo lontano. Chiede se non sia meglio prevedere la costituzione di una speciale corte costituzionale. Chi avrebbe poi il diritto di ricorrervi?

Quadri: Concorda sul principio di una speciale corte costituzionale.

Battara: Se i poteri dell'Assemblea fossero ben delimitati, si potrebbe sopprimere senz'altro il diritto di voto del governatore, ferma restando s'intende la possibilità di ricorso alla prevista corte costituzionale.

Sorrentino: Possono presentarsi delle necessità di provvedere con urgenza, ciò che sarebbe possibile solo col permanere del diritto di veto del governatore.

Battara: Non sarebbe meglio introdurre il diritto di promulgazione delle leggi da parte del governatore e abolire il dirtitto di veto?

Quadri: Promulgazione o sanzione? Questa ultima è antidemocratica. Inoltre il governatore diventerebbe con essa parte integrante del potere legislativo, mentre col veto gli si riserva una possibilità di garantire l'osservanza dei principi democratici sanciti nella costituzione contro l'arbitrio di eventuali leggi antidemocratiche votate dall'Assemblea; possibilità che trova per contro il suo temperamento nel ricorso alla prevista corte costituzionale.

Bonomi: Dobbiamo quindi essere per il diritto di veto?

Amoroso: Se venisse introdotto il referendum bisognerebbe fissare le materie alle quali può riferirsi e la possibilità sia per il governatore, sia per l'Assemblea di farvi ricorso.

Quadri: Il referendum è un controllo diretto per stabilire se la volontà dei rappresentanti del popolo corrisponda realmente alla volontà popolare. Indirettamente, lo stesso controllo si può ottenere con lo scioglimento della Camera e con nuove elezioni, ma lo scioglimento del Parlamento è considerato un metodo antidemocratico.

Amoroso: il referendum verte su un argomento specifico, mentre il suo responso ha un valore inequivocabile. Lo scioglimento della Camera invece, seguito da nuove elezioni, non permette un sicuro controllo dell'opinione su un solo argomento.

Gratton: Se noi limitiamo la facoltà di scioglimento della Camera da parte del governatore, possiamo assistere al prolungarsi per anni di una situazione che faciliti i continui rovesciamenti di governo.

Quadri: Dipenderà dalla natura del governo e cioè se elettivo o governo di Gabinetto. In ogni caso, in base ai principi democratici, bisognerebbe limitare la facoltà di scioglimento della Camera da parte del governatore. Quindi in caso di contrasto tra questi e il Parlamento per questioni specifiche, si potrebbe prevedere il referendum.

Bonomi: Ritiene che si può rinviare una decisione su questo punto.

Sorrentino: Anzitutto si tratta di stabilire se il governatore dovrà o non dovrà avere il potere di sciogliere l'Assemblea. Ciò che dipende in gran parte dalla figura che avrà e cioè di mandatario dell'O.N.U. o di un vero e proprio capo di Stato. Di fronte a questa questione primordiale, l'introduzione o meno del referendum nello statuto da dare al Territorio Libero diviene una questione secondaria.

Radetti: Noi sappiamo che gli slavi comunisti della zona di Trieste sono favorevoli al massimo di autonomia per non dire d'indipendenza vera e propria del nuovo Stato, per ragioni evidenti. Da parte italiana dobbiamo essere per un governo parlamentare puro, con tutte le conseguenze che ne possono derivare, oppure per scongiurare il pericolo di un assorbimento da parte della Jugoslavia dobbiamo essere più favorevoli ad un governo di Gabinetto, che si faccia forte dell'autorità che potrebbe essere conferita al governatore?

Sorrentino: Come potrebbero funzionare gli organi costituzionali del Territorio Libero se, essendovi un'Assemblea eletta, vi fosse poi un Governo non eletto dall'Assemblea, ma di nomina governatoriale? Data la figura speciale che può assumere il governatore nel Territorio Libero, potrebbe determinarsi un contrasto tra il suo Governo e l'Assemblea, per dirimere il quale sarebbero appunto necessari quei vari temperamenti come l'Alta Corte costituzionale, il referendum, Io scioglimento del Parlamento che possano variare a seconda l'organizzazione dei rapporti fra i vari organi costituzionali.

Bonomi: Si può concepire l'amministrazione del Territorio Libero di Trieste come l'amministrazione di un grosso comune, con una giunta elettiva come in tutti i comuni italiani.

Amoroso: Quale maggioranza dovrebbe essere ritenuta necessaria per la validità delle decisioni, l'assoluta o la maggioranza dei due terzi?

Bonomi: Vista la perplessità che sussiste in questa materia propone che anche per questa non venga presa nessuna decisione, avendo la discussione tuttavia servito a chiarire alcuni punti importanti del problema.

Amoroso: Passando alla questione della cittadinanza fa presente che il progetto sovietico prevede che diventeranno cittadini di Trieste tutti i cittadini italiani ivi domiciliati prima del IO giugno 1940 e che vi avranno ancora la residenza all'entrata in vigore del trattato. Si dovrebbe ottenere l'abolizione della condizione addizionale.

Sorrentino: Per le naturalizzazioni successive?

Quadri: Noi dobbiamo sostenere che la cittadinanza deve restare materia statutaria regolata in base allo jus sanguinis, con conclusione di qualsiasi possibilità di naturalizzazione.

Amoroso: Gli italiani della zona di P o la che dovessero, in caso di sua annessione alla Jugoslavia, rifugiarsi a Trieste non potrebbero diventarne cittadini?

Sorrentino: Si è già chiesto per essi il diritto di opzione per la cittadinanza italiana, sia per quella triestina.

Quadri: Forse ci converrebbe sollevare la questione in sede di statuto e non di trattato.

Amoroso: Ma da parte sovietica la questione è già stata sollevata in sede di trattato.

Gratton: Lo statuto potrebbe comprendere solo l'enunciazione delle libertà fondamentali e le norme che limitano il campo dell'autogoverno e quindi la cittadinanza potrebbe risultare lasciata all'arbitrio dell'Assemblea.

Battara: Da tuttti e quattro i progetti di statuto del Territorio Libero emerge il concetto di una piena sovranità dell'Assemblea sui cittadini. Nel progetto francese vi è solo una riserva di sovranità per quanto riguarda il Territorio. Ne deriva qiundi da tutti e quattro la possibilità per l'Assemblea di adottare le disposizioni che vorrà in materia di cittadinanza.

Quadri: Non potrà farlo perché già vincolata dal trattato di pace. In ogni caso si dovrebbe appunto per questo regolare la questione della cittadinanza nello statuto da dare al Territorio Libero, in base -ripeto -allo jus sanguinis e con l'esclusione della naturalizzazione.

Bonomi: E sulla cittadinanza del governatore? Legge le relative disposizioni dei quattro progetti.

Quadri: Avevo pensato che si potesse chiedere che fosse cittadino di uno Stato non avente una politica mondiale; ma per ovvie considerazioni mi sembra più felice la formula che sia cittadino di uno Stato rimasto estraneo alla presente guerra mondiale, molto più che in tal modo si avrebbero maggiori garanzie circa la sua appartenenza ad uno Stato non rientrante nell'ambito di una grande Potenza.

Amoroso: Se uno Stato non ha partecipato all'ultima guerra perché è riuscito a sottrarsi alla influenza degli Stati più potenti, può benissimo entrare nell'orbita di uno di essi in seguito.

Bonomi: Mi pare comunque che prevalga l'opinione che da parte nostra si debba cercare che il governatore non sia né jugoslavo e quindi neppure italiano, né triestino, conformemente cioè ai progetti inglese ed americano.

La seduta viene quindi tolta e ripresa nel pomeriggio alle ore 17 con l'intervento del presidente De Gasperi.

Quadri: Su invito del presidente De Gasperi illustra i risultati dell'esame sinora fatto da parte nostra della questione dello statuto da dare al Territorio Libero di Trieste.

De Gasperi: Senza entrare nel merito delle varie questioni, fa presente che l'Italia non può essere contraria a tutto ciò che viene presentato sotto l'egida dei principi democratici. Quindi da parte nostra bisogna insistere soprattutto sulle garanzie internazionali che debbono assicurare, non formalmente ma sostanzialmente, il permanere della democrazia che deve essere alla base del nuovo statuto. I concetti informativi della nostra linea di condotta sulla questione dello Stato Libero di Trieste potrebbero pertanto essere così enunciati:

l) riserva dell'approvazione da parte dell'Assemblea costituente italiana;

2) il territorio rivendicato dall'Italia nella Venezia Giulia è etnicamente italiano;

3) in base ai principi enunciati nella Carta Atlantica dovrebbe essere tenuto conto della volontà delle popolazioni interessate;

4) se, ciò nonostante, si vuole addivenire alla creazione di un Territorio Libero garantito internazionalmente, noi chiediamo che queste garanzie gli siano assicurate solidalmente, addossandone all'O.N.U. la responsabilità.

Una volta ottenuta soddisfazione sulle questioni principali, le altre materie potrebbero essere riservate all'Assemblea locale, come per esempio la legge elettorale, se basata sul sistema proporzionale o a maggioranza assoluta, sullo scrutinio di lista o sul collegio uninominale. Scivolare sulla questione della cittadinanza del governatore, che potrebbe essere oggetto di accordi successivi fra noi e gli jugoslavi, chiarire invece la questione di chi può essere cittadino triestino. In ogni caso teniamo presente che gli anglo-americani non mancheranno di assicurarci varie garanzie per la salvaguardia almeno dell'internazionalizzazione del Territorio che, malgrado la sua italianità, ci viene oggi sottratto.

186

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 14652/1003. Parigi, 20 agosto 1946, ore 19,45 (per. ore 11,45 del 21).

Presidente De Gasperi ha visitato stamane Bidault 1 e generale Smuts 2 .

Segreteria generale delegazione italiana ha rimesso ore 13 alla Segreteria Commissione politica per l'Italia proposte emendamento alle clausole territoriali politiche del progetto trattato e rimetterà entro mezzanotte alla Segreteria generale Conferenza proposte emendamento a tutte le clausole trattato stesso.

1 Non risulta che questo colloquio sia stato verbalizzato. 2 Su tale colloquio c'è l'appunto di Carandini che si pubblica in allegato.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO. Parigi, 20 agosto 1946.

Il colloquio ha avuto carattere strettamente confidenziale fra i due primi ministri 1 . Nel frattempo ho intrattenuto il gen. Theron su tutti gli argomenti già toccati nel nostro incontro del giorno 172 e sui quali Theron aveva già informato Smuts come promessomi. Terminato il colloquio riservato il gen. Smuts si è cordialmente intrattenuto con noi ritornando sull'argomento del voto etiopico necessario a raggiungere la maggioranza semplice di undici voti. Riservandosi l'intervento diretto ha incaricato Theron di parlare della cosa a Bevin onde sollecitare l'intervento inglese. Netta sensazione di avere dalla nostra la delegazione sudafricana che si è dimostrata su tutti i punti essenziali del trattato vivamente e comprensivamente interessata ai casi nostri internazionali ed ai relativi riflessi interni.

Secondo quanto inteso ho inviato al gen. Theron la documentazione più recente sulla questione della Venezia Giulia con particolare riferimento all'allargamento fino a Pola del Territorio Libero. Inviata pure la documentazione relativa alla flotta a suffragio delle ragioni verbalmente esposte circa l'inammissibilità della qualifica di bottino di guerra al sovrappiù della nostra flotta (motivo sul quale abbiamo trovato i sudafricani sensibili e consenzienti).

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L'AMBASCIATORE A LIMA, CICCONARDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. I4646n4. Lima, 20 agosto 1946, ore 20 (per. ore 10 del 21).

Senato e Camera deputati hanno in sedute solenni ricevuto conte Sforza dando luogo viva manifestazione simpatia Italia ed esaltazione valori democratici. Stampa intera con grandi titoli ed estesi racconti descrive calorosa accoglienza caratterizzata entusiasmo e dignità. Senato e Camera interrotti lavori parlamentari interpretarono per mezzo presidente e membri e presidenti commissioni estere rispettive momento scopi visita e personalità Sforza. Presidente commissione Senato salutò Sforza tenace lottatore ideali democratici e chiarissimo tra uomini politici mondiali e ricordò solidarietà peruviana con Italia. Esaltò anche collettività italiana laboriosa onesta discreta sensibile sacrifici e vicende tragiche peruviane sottolineando che sentimento fratellanza italo-peruviana estendesi internazionalmente ispirandosi rinvigorimento latinità scemato ultimi anni. Ringraziò ed osservò Sforza che assenza deliberazioni Parigi delle piccole Nazioni inficierà organizzazione pace. Loro esclusione essere ingiusta avendo direttamente indirettamente tutte partecipato vicenda bellica. Ritornando Italia farà conoscere profonda base simpatia democratica che unisce due Paesi. Rilevò vitalità profonda Italia ed assicurò suo perenne riconoscimento per solidarietà dimostrata Perù. Conte Sforza partito aereo per Bogotà stamane.

1 Si riferisce al colloquio Dc Gasperi-Smuts svoltosi all'Hotel Claridge il 20 agosto alle ore 10,15. 2 Vedi D. 176.

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L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 15319/0263. Washington, 20 agosto 1946 (per. il 2 settembre).

Rapporto di questa ambasciata n. 7604/2030 del 6 luglio 1•

Con riferimento a quanto questa ambasciata ha fatto presente col rapporto citato in merito all'argomento in oggetto, informo che il Dipartimento di Stato ha ripetutamente chiesto se questa ambasciata era al corrente dei motivi che avevano finora ritardato la firma da parte nostra degli accordi relativi alla revisione dell'armistizio. Il Dipartimento ha al riguardo fatto presente che, entrando in vigore il «Civil Affairs Agreement» il Governo italiano potrebbe già disporre di qualche accreditamento in dollari derivante dalle spese per il mantenimento delle truppe alleate in Italia. Il Dipartimento ha aggiunto constargli che il diritto sarebbe dovuto alla formulazione dell'accordo come proposto dallo schema inglese: esso ha comunque insistito per conoscere i motivi determinanti del ritardo.

In mancanza di informazioni in argomento questa ambasciata si è limitata ad assicurare che avrebbe richiesto a codesto ministero notizie in proposito. Sarò pertanto grato a codesto ministero se, per una norma di linguaggio, vorrà cortesemente fornirmi ogni opportuna indicazione in merito alla questione di cui trattasi 2 .

189

COLLOQUIO DEL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, DI NOLA, CON IL VICE DIRETTORE DEGLI AFFARI ECONOMICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DELL'U.R.S.S., ARUTYUNYAN

APPUNTO 3 . Parigi, 20 agosto 1946.

Il colloquio è durato due ore, anche a causa della traduzione dal russo all'italiano e viceversa; è stato improntato a cordialità e al desiderio del signor Arutyunyan di esaminare a fondo le varie questioni prospettategli.

Dopo avergli esposto l'attuale situazione economico-finanziaria dell'Italia ed aver richiamato la sua attenzione sul nuovo memorandum che oggi stesso invieremo alla Conferenza4 , gli ho manifestato le preoccupazioni per il caso che l'onere di l00 milioni di dollari, stabilito a favore della Russia, dovesse accrescersi per con-

l Vedi serie decima, vol. III, D. 672. 2 Vedi D. 394. 3 Trasmesso con Telespr. d. 106 di Di Nola del 22 agosto. 4 Ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. IV, cit., pp. 179-187.

216 cessioni di riparazioni ad altri Stati. Ho aggiunto che confido che nello stabilire le modalità per il pagamento delle riparazioni alla Russia, si possa mettersi d'accordo in modo che l'onere risulti più sopportabile per l'Italia, e che dalla esecuzione dell'accordo per le riparazioni risulti una stretta collaborazione economica tra l'Italia e l'Unione Sovietica. Il mio interlocutore ha mostrato di rendersi conto di quanto io gli dicevo ed ha affermato che la delegazione sovietica si propone di fare opera di moderazione sulle altre delegazioni, affinché contengano nei più ristretti limiti le loro richieste. Ha aggiunto che talune di esse saranno elevate, ma egli ritiene che la Conferenza saprà contenerle entro limiti ragionevoli.

Ho richiamato poi l'attenzione del mio interlocutore sull'articolo concernente la rinuncia dell'Italia a tutti i crediti verso la Germania, mettendo in evidenza che la maggior parte di essi si riferisce al periodo successivo alla nostra dichiarazione di guerra contro la Germania, mentre per quanto concerne l'oro della Banca d'Italia e gli impianti industriali depredati e portati in Germania, il diritto dell'Italia alla restituzione non dovrebbe essere messo in dubbio.

Il mio interlocutore ha mostrato di dare molta importanza alla distinzione dei crediti fra anteriori e posteriori al 13 ottobre 1943, facendo intendere che la richiesta italiana gli sembrava fondata specialmente per quanto riguarda il periodo posteriore alla nostra dichiarazione di guerra contro la Germania. A questo punto egli ha domandato qual'è l'ammontare dei beni tedeschi in Italia facendo rilevare che il loro incameramento potrebbe costituire un parziale pagamento di quanto dovuto all'Italia. Ho risposto che non avevo un'idea esatta di tale ammontare, ma che quanto egli diceva mi pareva fondato e degno di considerazione.

Ho poi illustrato lungamente le disposizioni dell'art. 69, e la proposta, che noi intendiamo di fare alla Conferenza, di adottare un sistema giuridico diverso, che conceda cioè il diritto di liquidazione solo nel caso in cui le pretese o i crediti delle Nazioni Unite o dei loro cittadini non siano da noi soddisfatti, per cattiva volontà

o per insolvibilità. Ho insistito sui gravi danni economici che il sistema prescelto può arrecare tanto all'Italia quanto agli stessi Paesi, nei quali i beni da liquidare si trovano. Il mio interlocutore ha mostrato di interessarsi a quanto io gli dicevo e non ha fatto obiezioni alla soluzione da me indicata.

Il signor Arutyunyan ha poi chiesto la mia opinione sull'articolo 68, domandandomi quale può ritenersi sia il valore dei beni delle Nazioni Unite situati in Italia e quale l'onere, che il Governo italiano dovrebbe sopportare per restituire i beni stessi in buono stato e per adempiere agli altri obblighi che l'articolo comporta. Ho risposto che il principio cui si ispira l'art. 68, che cioè l'Italia debba risarcire i danni che i beni situati in Italia delle Nazioni Unite o dei loro cittadini hanno subito a causa della guerra non può essere contraddetto, ma che l'estensione degli obblighi, che il detto articolo impone all'Italia, è certamente eccessivo, specie per quanto concerne i danni che hanno colpito i beni suddetti dopo il periodo della cobelligeranza, potendo, in tal caso, i danni stessi essere stati arrecati dalle forze armate alleate, combattenti con noi per la causa comune: è evidente, in tale ipotesi, l'ingiustizia di imporre all'Italia il risarcimento di tali danni. Ho aggiunto di aver rilevato la proposta fatta dalla delegazione dell'U.R.S.S., di trovarla ragionevole e di avere apprezzato i termini con i quali è stata formulata.

Il signor Arutyunyan mi ha poi domandato quale può essere, secondo me, il danno che deriverà all'Italia dalle disposizioni, più o meno espropriatrici, relative alla proprietà intellettuale; ho risposto di non poter precisare una cifra

e che, se mi fosse stato possibile avere qualche informazione, non avrei mancato

di comunicargliela.

Finalmente il mio interlocutore mi ha intrattenuto lungamente sull'art. 71

osservando che, secondo l'opinione della delegazione sovietica, l'Italia, dal momento

in cui recupererà il suo status internazionale, non dovrebbe essere soggetta ad alcuna

limitazione, e che pertanto l'art. 71, che impegna in una determinata direzione la

politica economica italiana, non appare giustificato. Ho risposto che il suo punto

di vista era giusto, ma che l'art. 71 non conteneva, in realtà, una disposizione che

possa nuocere all'economia italiana e di cui quindi sia giusto lamentarsi.

Passando ad altre questioni, estranee al trattato di pace, il signor Arutyunyan

mi ha domandato se è vero che l'Italia si è impegnata verso gli Stati Uniti d'America

ad acquistare presso di essi derminate merci. Ho risposto che la notizia non ha

alcuna base di verità e che l'Italia sarebbe ben felice di ricevere dall'Unione Sovietica

una parte del grano o del carbone o del petrolio che attualmente riceve dagli Stati

Uniti d'America.

Finalmente, a sua domanda, ho risposto essere inesatto che il debito dell'Italia

verso l'America per le «civilian supplies» ascenda a 900 milioni di dollari: la cifra

è certamente inferiore, il Governo italiano non conosce la cifra esatta, non avendo

ancora ricevuto il conto che si guarda bene dal sollecitare.

190

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON L'ALTO COMMISSARIO DELLA NUOVA ZELANDA A LONDRA, JORDAN

APPUNT0 1 . Parigi, 21 agosto 1946, ore 15,30.

Accoglienza particolarmente amichevole. Il signor Jordan è alto commissario per la Nuova Zelanda a Londra.

Gli ho esposto ampiamente tutti gli argomenti essenziali interessanti i nostri pun~i di vista sul trattato. Jordan si è vivamente interessato con speciale simpatia per 11 nostro Paese che conosce essendo stato a Cassino durante la guerra. Venendo così di lontano ed essendo così estraneo ai nostri paesi ha preso nota di molte

notizie che gli accorrevano orientandosi rapidamente sulle varie questioni. Particolarmente sensibile alla questione di Trieste ed a quella coloniale. Circa la possibilità di raccogliere gli undici voti necessari alla presentazione di un emendamento per l'estensione del Territorio Libero fino a Pola, mi ha promesso senz'altro l'appoggio neozelandese manifestando una sua particolare preferenza per garantire, secondo la Carta Atlantica, il diritto alle popolazioni della costiera istriana di manifestare la loro volontà prima che si disponga il loro distacco dalla madrepatria.

1 Trasmesso con Telespr. d. 114 di Casardi del 24 agosto.

218 In materia coloniale mi ha espresso il parere che la Tripolitania debba essere

conservata alla nostra amministrazione e che una simile soluzione si debba trovare pure

per le colonie del Mar Rosso (senza propositi molto chiari su questo secondo punto).

Gli ho espresso il desiderio del presidente De Gasperi di incontrarsi col capo della

delegazione signor Mason e con lui entro domani, dovendo egli partire dopodomani

per Roma. Mi ha promesso di fissare senz'altro un appuntamento. Mi sono riservato di

fargli avere tutta la documentazione necessaria a chiarirgli in dettaglio i vari problemi.

191

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 14715/1011. Parigi, 21 agosto 1946, ore 19,15 (per. ore 10 del 22).

Stamane ore 12 sono stati presentati alla Segreteria generale Conferenza

tutti gli emandamenti proposti dalla delegazione italiana al progetto trattato di

pace accompagnati da un memorandum generale esplicativo.

Onorevole De Gasperi presieduto riunione comitato per Venezia Giulia che

studia problema statuto Territorio Libero Trieste e ricevuto pomeriggio ambascia

tore olandese. Onorevole Bonomi visitato delegato brasiliano Accioly.

192

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 14702/1014.

Parigi, 21 agosto 1946, ore 13.

In merito presentazione al Segretariato Conferenza da parte nostra delegazione emendamenti progetto precisasi quanto segue:

l) Ore 11 lunedì 19 corr. un funzionario Segreteria generale Conferenza notificava telefonicamente Segreteria generale nostra delegazione che termine per presentazione emendamenti testo trattato scadeva mezzanotte del 20 agosto. Lettera Segretariato generale avrebbe confermato sua comunicazione.

2) Pomeriggio stesso giorno Segreteria Commissione politica per Italia chiedeva immediata presentazione emendamenti clausole territoriali (art. l-13).

3) Lettera preannunciata Segretariato generale Conferenza giungeva presidente De Gasperi nel corso giornata 20 agosto.

4) Mattinata giorno 20 venne presentato Segreteria Commissione politica un emendamento agli articoli politici e territoriali.

5) Prime ore pomeriggio 20 agosto Segretariato generale Conferenza informava che era attesa presentazione da parte delegazione italiana memorandum complessivo

sulle clausole del trattato di pace. Analoga richiesta, limitata alle clausole territoriali, veniva avanzata dalla Segreteria Commissione politica per l'Italia.

6) Tardo pomeriggio 20 agosto predette segreterie informavano che «per motivi particolare cortesia» termine presentazione memorandum italiano veniva rinviato dalla mezzanotte stesso giorno al mezzogiorno del 21 corrente.

7) Mezzogiorno 21 agosto sono stati presentati al Segretariato generale Confe·· renza memorandum complessivo sul testo trattato pace nonché una serie memo·· randum relativi proposte emendamenti singole clausole trattato stesso.

Contemporaneamente veniva rimesso Segreteria Commissione politica richiesto memorandum complessivo limitato clausole territoriali.

193

COLLOQUIO DEL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, DI NOLA, CON IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI DEL BELGIO, VAN LANGENHOVE

APPUNT0 1 . Parigi, 21 agosto 1946.

Ho avuto ieri un lungo colloquio con signor Van Langenhove, segretario

generale al Ministero degli affari esteri del Belgio, e sostituto di Spaak nella dele

gazione belga alla Conferenza della pace. Sono in relazione con lui da molti anni e

la conversazione si è svolta quindi in un'atmosfera di grande cordialità. Dopo avere

esposto brevemente l'attuale situazione economico-finanziaria italiana, ho richiamato

la sua attenzione sopra alcune clausole che a tutta prima sembrano non avere

grande importanza economica, e che invece sono tanto più pericolose quanto più

difficile è determinare l'onere che ne deriverà all'Italia.

Queste clausole sono basate su concetti giuridici, che è impossibile non criticare.

Fermandomi specialmente sull'art. 69 ho insistito sulla necessità che il sistema

giuridico, che sta a base di esso, sia modificato, per eliminare l'assurdo che la

liquidazione dei beni con tutti i danni che derivano, debba essere fatta anche quando

i crediti possano essere riscossi nelle vie normali. E poichè il signor Van Langenhove

mostrava di interessarsi alla questione, gli ho dato lo schema di articolo, da noi

predisposto in sostituzione di quello contenuto nel progetto, pregandolo di esami

nare se la delegazione belga non potesse farlo proprio, presentandolo come proposta

belga alla Conferenza della pace. Il mio interlocutore si è riservato l'esame dell'ar

ticolo e la decisione in merito.

Siamo passati poi all'esame delle altre clausole di carattere economico ed il

singnor Van Langenhove non ha fatto alcuna obiezione a quanto gli dicevo circa la

necessità di una modificazione di esse, onde attenuare gli oneri che ne deriverebbero.

I Trasmesso con Telespr. d. 106 di Di Nola del 22 agosto.

'220

Alla fine della conversazione il signor V an Langenhove mi ha dichiarato essere intendimento della delegazione belga di fare opera di moderazione: egli è convinto che un trattato di pace eccessivamente duro potrebbe compromettere la situazione dell'attuale Governo democratico italiano, mentre è interesse di tutte le Nazioni Unite che il nuovo regime si consolidi.

194

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14784/930. Washington, 22 agosto 1946, ore 10,42 (per. ore 11 del 23).

Domani 23 agosto American Relief for Italy invierà invito all'on. Vittorio Emanuele Orlando a visitare gli U.S.A. suggerendo possibilmente soggiorno da uno a due mesi e data di arrivo a New York verso il 14 settembre. Si provvederà a compilare programma dettagliato non appena arriverà risposta affermativa: oltre New Y ork si potrebbe organizzare visita Chicago, S. Louis, eventualmente S. Francisco, Boston con ricevimento autorità locali, conferenze varie Università e discorsi ad associazioni. Ho avuto assicurazione dal Dipartimento di Stato, che ho preavvertito confidenzialmente, che esso provvederà a facilitare al massimo il viaggio.

Sarei grato a V. E. qualora volesse inviare risposta con cortese urgenza I.

195

IL MINISTRO A BOGOTÀ, CASSINIS, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. 14754/30. Bogotà, 22 agosto 1946, ore 12,45 (per. ore 7,30 del 23).

Comunico seguente telegramma conte Sforza:

«13. Prego comunicare al presidente De Nicola quanto segue: "Senato Colombia, riunitosi sessione solenne per celebrare mia visita, ha, dopo il mio discorso che pronunziai dal seggio presidenziale ed eloquente risposta presidente, votato unanimità fra entusiastici applausi una mozione di simpatia e ammirazione per la Repubblica italiana. Dopo voto ho detto presidente del Senato che avrei comunicato direttamente mozione al nostro presidente della Repubblica. Ciò compio con i miei personali omaggi" 2• Aggiungo per il ministro degli affari esteri che ritengo opportuno nostro ministro sia incaricato esprimere al presidente del Senato i ringraziamenti del nostro Governo. Parto domani per Caracas donde Messico».

I Per la risposta vedi D. 230.

2 Con T. 13350/638 del !0 settembre fu trasmessa a Washington la seguente risposta di De Nicola: «Ti ringrazio per ottime notizie che mi dai su tuo viaggio che sempre più dimostrasi utilissimo nostro Paese. Rallegromi teco vivamente per risultati ottenuti. Cordialissimi saluti».

196

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI D'AUSTRIA, GRUBER

PROMEMORIA 1 . Parigi (Legazione d'Austria), 22 agosto 1946, ore 15,30.

A mia richiesta il ministro Gruber mi ha subito accordato un colloquio. Accoglienza particolarmente cordiale, conforme alla fiducia che si è stabilita fra noi nel primo incontro, avvenuto a Londra2 , dopo lo scambio di dichiarazioni fatto davanti ai delegati supplenti a Parigi il 30 maggio u.s. 3 .

Tutti gli aspetti della questione riguardante il caso specifico dell'Alto Adige e delle future relazioni itala-austriache sono stati esaminati di massima, in piena franchezza ed obiettività. Ho compiuta la esposizione del punto di vista italiano secondo le direttive convenute col presidente De Gasperi al quale il ministro Gruber mi ha incaricato di riportare il suo punto di vista, aggiungendo che, appena la situazione lo renderà opportuno, sarà molto lieto di avere con lui un personale incontro.

È evidente che il ministro Gruber, pur dovendo per ovvie ragioni insistere per una soluzione territoriale favorevole alle aspirazioni austriache, nutre scarsa fiducia nella possibilità di modificare le decisioni già raggiunte dai Quattro. Nel caso del rispetto dello statu quo si è constatato come vi sia, da parte austriaca ed italiana, un eguale sincero desiderio di giungere ad accordi tali da garantire una duratura sistemazione nel quadro di quella tutela delle minoranze alla quale è tanto interessata l'Austria in Alto Adige quanto l'Italia in Venezia Giulia.

Del contenuto del colloquio, che ha avuto carattere assolutamente riservato, ho riferito in dettaglio al presidente De Gasperi. Ne lascio qui traccia per la cronaca.

197

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 14748/1022. Parigi, 22 agosto 1946, ore 20,30.

Presidente del Consiglio De Gasperi ha stamane veduto Byrnes e stasera vedrà Mason (delegazione Nuova Zelanda) 4 . Presieduto riunione consiglieri politici nostra delegazione e tenuto in serata conferenza stampa.

l Trasmesso con Telespr. d. 122 del 24 agosto. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 517. 3 lbid., D. 500. 4 Vedi D. 199.

198

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14785/131. Ankara, 22 agosto 1946, ore 20,30 (per. ore 11 del 23).

Mio 128 1•

Segretario generale Ministero esteri mi ha consegnato ufficialmente stamane copia nota turca responsi va nota sovietica Stretti. Essa era stata rimessa mezz'ora prima all'incaricato d'affari dell'U.R.S.S. In forma assai corretta ma ferma ribatte accuse sovietiche circa violazioni convenzione Montreux da parte turca; accetta come base discussione primi tre punti nota sovietica, che sono analoghi a quelli richiesta americana del novembre 1945; rifiuta punto di vista di Mosca del novembre circa limitazione competenza questione Stretti a Stati rivieraschi Mar Nero, nonché cooperazione sovietica a difesa Stretti; conclude rilevando che maggiore sicurezza potrebbe U.R.S.S. ottenere ristabilendo con Turchia relazioni amichevoli .ispirate reciproca fiducia e facendo affidamento nell'efficacia dell'O.N.U. di cui tanto Turchia che U.R.S.S. fanno parte. Nota verrà pubblicata sabato. Sostanzialmente essa collima con nota americana pubblicata ieri e, devesi presumere, con

quella che sta per inviare Inghilterra. Trasmetto testo per corriere 2 .

199

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL CAPO DELLA DELEGAZIONE DELLA NUOVA ZELANDA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, MASON

Parigi, 22 agosto 1946, ore 21,15-23.

Il colloquio è stato molto lungo. Il signor Mason si è meticolosamente interessato a tutte le questioni, ma essenzialmente a quella della Venezia Giulia facendosi spiegare ogni aspetto del problema, ritornando varie volte sullo stesso punto per impadronirsi della questione, e studiando le varie possibilità di ottenere la necessaria maggioranza di undici voti. Su apposita carta tipografica e col corredo di ogni utile informazione gli è stato chiarito il complesso del problema e le possibili soluzioni. Egli era così convinto della giustizia delle nostre richieste che pareva non persuadersi del fatto che noi ci rassegnassimo a non avere Trieste e l'Istria occidentale sotto la nostra attuale sovranità. A vendo gli esposto lo sviluppo degli eventi e

I Vedi D. 154.

2 Non pubblicato.

3 Trasmesso con Telespr. d. 114 di Casardi del 24 agosto. Al colloquio erano presenti l'alto

commissario della Nuova Zelanda a Londra, Jordan, e Carandini, che ha redatto questo verbale.

lo stato attuale irreparabilmente compromesso della questione, si è convinto fermamente della necessità di appoggiare, sul piano realistico, la nostra richiesta di allargamento fino a Pola del Territorio Libero. Ha manifestato a più riprese la propria riprovazione per la condotta e le pretese jugoslave. Il tutto con una certa ingenuità di uomo profondamente onesto o lontano dall'avvelenato ambiente dei rapporti europei. Circa la necessaria maggioranza di undici voti ci ha assicurato il suo appoggio, suggerendo che la difficoltà etiopica si sarebbe potuta superare inducendo gli etiopici ed i norvegesi ad astenersi. In questo caso sarebbero bastati dieci voti a noi favorevoli contro nove. Egli sarebbe stato favorevole ad una soluzione di trusteeship internazionale per Trieste e l'lstria occidentale affidando l'amministrazione all'Italia ma si è reso conto dell'impossibilità di risollevare ora tutta la questione di fronte a decisioni di massima già prese. Ha compreso perfettamente il nostro punto di vista circa la flotta ripromettendosi di esaminare la documentazione che gli abbiamo consegnato. Si è dimostrato pieno di simpatia per la posizione del presidente De Gasperi, il quale ha avuto anche in questa occasione il successo che la sua personalità ispira presso tutti gli onesti.

Cordiale commiato con la promessa di inviare ulteriore documentazione che porterò personalmente per le necessarie illustrazioni.

200

IL MINISTRO A DUBLINO, BABUSCIO RIZZO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 15232/032. Dublino, 23 agosto 1946 (per. il 31).

Con riferimento a mie precedenti comunicazioni ed alle notizie cortesemente fornitemi sui passi in corso presso altri Paesi per una giusta pace con l'Italia 1 , mi onoro aggiungere che non ho mancato di tenere al corrente questo Dipartimento degli esteri dei progressi compiuti. Ho particolarmente sottolineato l'atteggiamento assunto dalla Svizzera in nostro favore, per il caso che de Valera~ pur trovandosi di fronte alla grave difficoltà dell'attuale periodo di chiusura del Dai!~ non riesca a trovare altra opportunità per esprimere pubblicamente il proprio pensiero sul desiderio dell'Irlanda di vedere prevalere nella stipulazione dei trattati di pace quel sentimento di giustizia al quale ha fatto chiaramente appello nell'esprimersi con me recentemente. Credo tuttavia che de Valera ~ nell'attuale orientamento politico dell'Irlanda, da un lato ancora ossessionata dalla neutralità che a fatica è riuscita a mantenere durante tutto il periodo della guerra, dall'altra dalla tendenza ad una maggiore armonizzazione con la politica britannica ~difficilmente sarà portato a fare dichiarazioni a sé stanti, non collegate cioè ad altro argomento che gliene offra invece la opportunità.

l Risponde al D. 91.

Attraverso i vari contatti che ho con uomini politici e con la popolazione in genere posso d'altra parte confermare che il problema italiano è seguito con particolare simpatia dalla opinione pubblica.

201

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, BERlO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 2860/1001. Berna, 23 agosto 1946 (per. il 31).

Mio telegramma 396 in data odierna 1 . Il capo della sezione affari esteri del Dipartimento politico federale mi ha informato ieri di aver nuovamente intrattenuto il consigliere federale Petitpierre (che non ha ancora ripreso servizio) in merito alla nostra iniziativa per una pace giusta. In linea di massima, egli non poteva che confermarmi le difficoltà in cui si trova il Governo elvetico di prendere posizione ufficiale; tuttavia, secondo le istruzioni impartite dallo stesso signor Petitpierre, il signor Zehnder, come mi aveva promesso, ha scritto una lettera al ministro di Svizzera a Parigi, signor Burckhardt, invitandolo a far valere la sua personale autorità per ogni possibile azione a favore dell'Italia. Il signor Zehnder mi ha fatto comprendere che un'eventuale azione del signor Burckhardt dipenderà -più che dalle direttive del Dipartimento politico -dalle disposizioni personali del medesimo; e al riguardo, mi ha detto che, pur non avendo ancora ricevuto una risposta scritta dal signor Burckhardt, sa tuttavia che la sua reazione è stata favorevole. Il Burckhardt infatti, anche nella sua qualità di eminente ed autorevole storico, è intimamente convinto della necessità che l'Italia ottenga una sistemazione corrispondente alle sue grandi tradizioni ed alle sue necessità. Parlando in genere dei lavori della Conferenza della pace, il signor Zehnder mi faceva notare come una delle caratteristiche principali di tali lavori è la mancanza di una idealità o di un principio generale che possa ispirare l'attenzione dei popoli nell'attuale momento. Una volta il principio che ispirava le guerre era quello della legittimità. Il conflitto del 1914-1918 venne risolto a Versailles-bene o malesotto il segno del diritto dei popoli di disporre liberamente di se stessi. Ma oggi nessun principio direttivo informa l'azione dei delegati a Parigi. Le trattative dipendono esclusivamente da un rapporto di forze tra il mondo anglo-sassone da una parte e la Russia dall'altra. Si tratta in sostanza di trovare un compromesso che permetta di salvare per quanto più tempo è possibile l'intesa tra questi due gruppi e, di conseguenza, la pace nel mondo. È un po' anche per questo che la Svizzera e i neutri troverebbero difficoltà a prendere posizione, non ravvisandosi nessun superiore principio morale al quale essi potrebbero appellarsi.

I Non pubblicato, rispondeva al D. 138 ed anticipava l'arrivo del presente documento.

Tornando a parlare della nostra iniziativa, il signor Zehnder ha aggiunto di aver ricevuto la visita dei rappresentanti a Berna del Portogallo e della Turchia, con i quali egli si è presso a poco espresso nei termini sopraindicati.

Per parte mia, non ho mancato di illustrare opportunamente al signor Zehnder il significato della nostra iniziativa secondo le direttive indicatemi nel telegramma n. 454 1 di codesto ministero e lo ho comunque ringraziato della buona volontà dimostrata e di quanto ancora il Dipartimento politico vorrà fare al riguardo. Gli ho anche detto che a Roma sono state molto apprezzate le nobili ed amichevoli parole pronunciate a Chiasso dal consigliere federale Celio ed ho richiamato la sua attenzione su corrispondenze apparse sui giornali svizzeri del 21 agosto che mettono in rilievo come il giornale Il Popolo -organo del partito democratico-cristiano -abbia riprodotto sotto il titolo «Una voce amica» le parole dell'on. Celio facendole seguire da un caldo commento.

202

COLLOQUI DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN, E CON IL DELEGATO STATUNITENSE, THORP

APPUNT02 . Parigi, 23 agosto 1946.

Ho esaminato oggi particolarmente con Dunn i problemi connessi con le seguenti questioni: estensione del Territorio di Trieste; soppressione della clausola di rinuncia alla nostra sovranità sulle colonie; protezione delle minoranze; abolizione o attenuazione-con opportuna garanzia di giustizia-dell'articolo 69 che mette in pericolo i beni italiani all'estero.

Dunn ha promesso di fare del suo meglio nel senso desiderato. Ha altresì detto che gli americani premono quanto più possono sulle delegazioni amiche (brasiliani, Dominions britannici, olandesi, belgi, cinesi, ecc.) per ottenere che sostengano quegli emendamenti che essi non possono presentare direttamente. Ha raccomandato che da parte nostra si agisca con costante sforzo su tali delegazioni.

Mi ha promesso di interessarsi per influire direttamente e indirettamente sull'Etiopia, che potrebbe essere in certi casi indispensabile per ottenere una maggioranza qualificata o in altri casi per ottenere la maggioranza semplice.

Ho sottoposto e illustrato a Thorp il nostro controprogetto per l'art. 69 (ne avevo anche lungamente parlato oggi con Dunn). Mi ha risposto che sono anch'essi molto angustiati per le conseguenze pratiche di quell'articolo. Non conosceva il caso tipico dell'Egitto. Ha preso nota di tutti i dati interessanti.

Trova giusto che si debba istituire un sistema per impedire gli abusi e le false pretese. C'è la difficoltà del Congresso che difficilmente ammetterà, per i claims

l Vedi D. 138. 2 Trasmesso con Telespr. d. 118 di Casardi del24 agosto. Il secondo colloquio ebbe inizio alle ore 16.

226 americani, la capacità di tribunali esteri o internazionali. In ogni modo Thorp si adopererà per trovare una formula che ci possa soddisfare, riconoscendo il nostro buon diritto. Appoggerebbe proposte che venissero avanzate in tal senso da delegazioni amiche.

Trova fondata la nostra proposta secondo cui il Governo italiano o i privati potrebbero salvare i beni sequestrati pagando il controvalore. Oppone invece la clausola per l'esclusione dei diritti industriali, letterari o artistici sostenendo che sono beni reali come gli altri e non possono essere discriminati.

Thorp crede che il progetto Evatt incontrerà dura opposizione anche perché l'U.R.S.S. non ammette il sistema delle commissioni d'inchiesta e di controllo per l'Italia per non averle nei Balcani.

Trova pure mal pratica e controproducente l'idea della percentuale sulle esportazioni mentre comprende il nostro interesse di pagare lavorando materie prime dei Paesi creditori. A quest'ultimo riguardo trova delle difficoltà pratiche per quanto riguarda la Grecia, che del resto ha diritto ad una particolare considerazione da parte nostra.

Circa l'ammontare delle riparazioni mi ha formalmente dichiarato che gli americani vorebbero limitarle ad un massimo di 200 milioni di dollari comprendendo in tale cifra anche quelle russe. Secondo lui soltanto dopo lungo dibattito ed energica difesa gli americani arriverebbero a cedere fino ai 300 milioni già proposti dai russi. Egli ritiene fermamente che mai gli americani andrebbero oltre tale somma che già giudicano eccessiva.

203

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CORA CON IL MINISTRO DI ETIOPIA A PARIGI, TASFAI

APPUNT01 . Parigi, 23 agosto 1946.

Stamani mi sono incontrato col ministro d'Etiopia a Parigi, Tasfai Tagagne, mia vecchia conoscenza di Addis Abeba. Il colloquio ha avuto luogo con l'autorizzazione del ministro degli affari esteri e capo della delegazione etiopica e si è svolto nell'ufficio di persona amica, francese.

Il Tasfai non ha mostrato alcuna rigidità ed ha rievocato con me ricordi degli anni passati. Egli era uno degli interpreti del Negus durante i negoziati per la conclusione del trattato di amicizia del 2 agosto 1928 ed è un tipo semplice, gioviale, intelligente ma senza la insopportabile boria dei cosiddetti «giovani etiopici». Benché sia stato internato per tre anni all' Asinara ed abbia perso un fratello e un cognato fucilati dopo l'attentato Graziani, non mostra rancore e discorre pacatamente dei rapporti italo-etiopici.

A proposito di quest'ultimi, nel seguito della conversazione, gli feci presente che ormai eravamo in relazione con la maggior parte dei nostri ex nemici e che l'Etiopia

I Trasmesso con Telespr. d. 134 di Soragna del 27 agosto.

era l'unico Paese che non aveva avuto finora contatti diretti o indiretti a mezzo di persone responsabili. «Si, ma per riprendere i rapporti occorre una "base"; con la Grecia avete ripreso i rapporti ma la Grecia è già stata soddisfatta nei suoi reclami verso di voi», rispose il Tasfai. Gli feci osservare che la nostra posizione verso la Grecia non differiva da quella verso l'Etiopia: non vi è ancora niente di definitivo. Gli chiesi cosa intendeva per «base» per la ripresa dei rapporti. «Voi conoscete le nostre aspirazioni ... noi abbiamo sofferto molto e temiamo per l'avvenire. Se l'Italia non ha più mire verso l'Etiopia perché vuoi rimanere in Eritrea e in Somalia?».

In altre parole si tratta del punto di vista etiopico che già conoscevo: la ripresa dei rapporti amichevoli subordinata alla rinunzia alle due colonie confinanti, i famosi «trampolini». Sull'argomento abbiamo discusso a lungo ed io ho fatto presente tutti i noti argomenti in nostro favore. Cogliendo l'occasione da una allusione del ministro alla politica imperialista della Russia ho attirato tutta la sua attenzione sulla situazione in cui già si trova l'Etiopia nei riguardi della Gran Bretagna: per chi conosce l'Etiopia la presenza dei tre consiglieri anglo-americani fra la delegazione etiopica non può essere gradita. La Gran Bretagna, che dovrà evacuare l'Egitto e l'India, mentre si delinea la politica russa in Oriente, si consoliderà in tutta quella parte dell'Africa orientale che si affaccia al Mar Rosso ed all'Oceano indiano. La politica inglese tenderà sempre più a trasformare l'Etiopia in un protettorato ed anche, se nascono incidenti (facili a provocarsi), ad occuparla nuovamente. È interesse dell'Etiopia avere ancora amici nelle vicinanze. La questione dello sbocco al mare potrebbe facilmente essere risolta con Assab ed il suo retroterra: noi siamo già stati i primi ad offrire all'Etiopia una zona franca in un porto. Oggi la strada con Dessié è già costruita ed è un'opera magnifica.

Ho messo poi in rilievo i notevoli interessi italiani privati che vi sono in Etiopia e l'illegalità di quanto sta avvenendo colà dove il custode dei beni nemici liquida le proprietà degli italiani. Gli industriali e i concessionari che fanno parte dell'Associazione imprese italiane in Africa della quale sono vice-presidente sono favorevolmente disposti a intese di collaborazione con etiopici, inglesi, egiziani ecc. ma i loro diritti devono essere salvaguardati. Il Negus che è un riformatore e vuole il progresso e lo sviluppo del suo Paese, potrà servirsi di tutto il lavoro e degli studi dei nostri tecnici. Progetti grandiosi, come quello dello sbarramento del fiume Auasc, il Nilo d'Etiopia, con il relativo piano di irrigazione, sono pronti in ogni dettaglio. L'importanza di tutto ciò per l'avvenire dell'Etiopia non sfuggirà certamente al Negus.

Il ministro si è mostrato consapevole della delicata situazione del suo Paese nei riguardi dei «liberatori» e convinto che vi sono tutt'ora molti interessi comuni fra Italia e Etiopia.

Il lavoro italiano continuerà certamente in Etiopia: malgrado tutto gli italiani vi sono ben visti. Tuttavia si fa una distinzione fra italiani «nuovi» e gli altri: i nuovi sarebbero i fascisti venuti durante l'occupazione. Secondo il ministro gli italiani dell'Eritrea sarebbero quasi tutti fascisti. A questa categoria appartenevano gli italiani espulsi recentemente dall'Etiopia (circa un centinaio).

Il ministro riferirà la nostra conversazione al ministro degli affari esteri e ne scriverà al Negus. Gli ho detto che il Negus mi aveva di recente inviato i suoi saluti a mezzo dell'ing. Rapetti e che io gli avevo risposto con una lettera affidata ad uno degli ingegneri italiani al servizio del Governo etiopico.

Il ministro si è riservato di farmi ulteriori comunicazioni.

204

IL RAPPRESENTANTE DELL'A.N.P.I., CURCIO, ALLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

APPUNTO. Parigi, 23 agosto 1946.

Il sottoscritto dott. Rocco Curcio si pregia informare codesta delegazione dell'attività svolta a Parigi il giorno 22 agosto.

Alle ore 17 è stato ricevuto, all'ambasciata sovietica, dall'Ecc. Kostylev e da altro delegato dell'U.R.S.S. Nel corso del colloquio il sottoscritto ha esposto molto brevemente alcune cifre della lotta italiana di liberazione, ed a nome dell'A.N.P.I. ha chiesto alla delegazione sovietica uno sforzo per arrivare a trovare un punto di incontro fra la tesi italiana e quella jugoslava sul problema del confine orientale.

L'Associazione nazionale partigiani d'Italia ritiene, ha aggiunto il sottoscritto, indispensabile l'allargamento dello Stato Libero di Trieste sino a comprendere la costa istriana e Pola; tale Stato Libero, dopo opportune misure di statuto e di sicurezza, dovrebbe trovare impulso di vita e di sviluppo da un accordo tra l'Italia e la Jugoslavia. Tale soluzione rappresenta veramente il massimo sacrificio cui possa adattarsi la nuova Italia democratica che è nata attraverso il sacrificio e la lotta antifascista e partigiana.

I partigiani italiani hanno combattuto per il trionfo dell'ideale di giustizia sociale e di libertà tante volte riaffermato da tutte le Nazioni Unite. Se non si ottenesse questa soluzione, molto probabilmente la Costituente italiana respingerebbe la firma del trattato con disastrose conseguenze all'interno del Paese dove si scatenerebbe un'ondata di nazionalismo guidato dalle forze reazionarie.

L'Associazione nazionale partigiani d'Italia chiede pertanto all'U.R.S.S. di tenere conto di quanto sopra e di non mettere le forze democratiche italiane in condizioni di dover affrontare una dura lotta, ed avallare soluzioni contrarie agli interessi nazionali.

Per quanto riguarda le durissime clausole economiche che, se applicate nella loro integrità, provocherebbero nuove e gravi sofferenze alle classi lavoratrici, l'A.N.P.I. fa appello alla delegazione russa a che dette clausole vengano attenuate secondo gli emendamenti che la delegazione italiana alla Conferenza presenterà. Per quanto riguarda infine il contributo italiano alla lotta di liberazione, l'A.N.P.I. chiede alla delegazione russa di tenere tanto sacrificio nella giusta considerazione.

L'ambasciatore Kostylev ha risposto ringraziando il sottoscritto per il saluto della resistenza italiana che avrebbe trasmesso immediatamente a Molotov capo della delegazione russa; si è detto molto contento di poter trovare occasione per sottolineare il contributo italiano alla lotta di liberazione, contributo «di cui l'entità e la misura sono bene a conoscenza del Governo sovietico che non ha mancato e non mancherà di tenerlo nella considerazione che merita».

Per quanto riguarda quanto esposto dal sottoscritto nei riguardi del confine orientale, l'ambasciatore Kostylev ha dichiarato apprezzare la sincerità con cui è stato trattato il problema ed ha affermato testualmente: «sui problemi del confine orientale, la delegazione russa è spiacente non poter fare nessuna promessa ai partigiani d'Italia, poiché il Governo sovietico ha impegni precisi ed inequivocabili col Governo jugoslavo, impegni che non consentono di aderire a nessuna delle tesi della delegazione italiana».

Per quanto riguarda viceversa le clausole economiche, l'ambasciatore Kostylev ha dichiarato «che il Governo sovietico farà il possibile per venire incontro alle esigenze delle classi lavoratrici italiane».

Il colloquio, protrattosi per oltre mezz'ora, è terminato alle ore 17,40.

205

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi, 24 agosto 1946, ore 9.

Saragat: Riassume la situazione per i presenti che non hanno partecipato alle precedenti sedute. La delegazione italiana ha presentato un memorandum sulle clausole ten:itoriali del trattato che riguardano la frontiera occidentale. Tale memorandum conferma la fermezza dell'atteggiamento italiano su tre punti: Montecenisio, Briga e Tenda, Olivetta San Michele. Nel frattempo egli ha svolto intensa attività nel campo politico. Egli stesso ha intrattenuto della situazione Bidault e Couve. Quest'ultimo ha fatto delle controproposte che peraltro sono insignificanti. È stato inoltre svolta un'azione a fondo presso i socialisti che sono stati avvicinati dal capo della M.R.P. Il ministro belga Spaak interessato in merito ha scritto una lettera personale a Bidault nella quale si insiste sulla necessità di un'amicizia italo-francese. Mercoledì si avrà una riunione della Commissione degli affari esteri della Costituente francese. Con alcune personalità socialiste sono intercorse intese perché durante quella riunione abbia luogo una manifestazione socialista che permetta di portare ad un voto favorevole ad una revisione del problema italo-francese destinato ad essere portato in Consiglio dei ministri. Nel frattempo è sorto un nuovo fatto. Reale ha visto Thorez ed ha avuto conferma del fatto che i comunisti sarebbero dell'idea di rivedere la situazione italo-francese. L'idea avanzata da parte italiana di un'eventuale servitù militare sui territori di Briga e Tenda ha molto interessato i comunisti. In sostanza qualche cosa di nuovo è senza dubbio accaduta e l'irrigidimento di cui finora i francesi danno prova appare senz'altro spezzato. Ritiene peraltro che il Quai d'Orsay si sia reso conto della nostra azione e, fermo come esso rimane sul suo punto di vista, si prepari ad ostacolarla cercando di accelerare al massimo i tempi per ottenere dalla Conferenza una decisione definitiva. Da parte nostra è quindi necessario cercare che alla Conferenza la discussione sugli argomenti sia ritardata e si possa giungere a mercoledì, giovedì o più in là.

1 Il verbale precisa che sono presenti: «on. Saragat, ambasciatore Reale, ambasciatore Carandini, ambasciatore Soragna, on. Arpesani, generale Trezzani, dr. Casardi, Tessitore. Segretario: Lanza». La riunione è presieduta da Saragat.

Carandini: Propone di interessare alla cosa Theron avvertendolo sinceramente del fatto che sono in corso negoziati diretti coi francesi e che appare opportuno ritardare la discussione ai Ventuno.

Saragat: Approva l'idea, ma ritiene necessario prendere anche altre precauzioni. Da un lato occorre che una delegazione almeno proponga che l'Italia venga ascoltata. D'altra parte un'altra delegazione dovrebbe presentare un qualche nuovo emendamento.

Carandini: Propone di interessare Theron perché in sede processuale svolga un'azione ritardatrice e chiedere ai neo-zelandesi se sono disposti alla presentazione di qualche emendamento.

Saragat: Propone che si esamini ora quale dovrebbe essere questo emendamento nelle sue linee generali e subordinate. Suggerisce tre successive alternative:

l. divisione totale di tutto il territorio di Briga e Tenda e del Moncenisio;

2. -considerare Briga e Tenda, che stavano per diventare il pomo della discordia fra i due Paesi, come il loro terreno di incontro. Lasciare la sovranità italiana su di esso, ma accettare una servitù militare. Per quanto riguarda il Moncenisio proporre una modificazione della proposta francese che almeno ci lasci il controllo della diga; 3. -Tenda all'Italia e Briga alla Francia. Soluzione per il Moncenisio come al

n. 2 ed inoltre servitù militare sull'Alta Valle Roia.

Le proposte Saragat sono approvate e l'ambasciatore Carandini è incaricato di prendere contatto con il delegato sudafricano Theron il quale, subito interpellato, fissa un appuntamento per le ore 11 della stessa mattina 1•

206

IL MINISTRO A QUITO, PERRONE,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 14916-14918-14921/49-50-51. Quito, 24 agosto 1946, ore 9, IO (per. ore 10,30 del 26).

Questo ministro degli affari esteri mi ha oggi fatto chiamare e mi ha comunicato ufficialmente che mancata visita a Quito del conte Sforza era stata qui considerata come un vero «schiaffO>> e come la prova che i ripetuti sforzi compiuti dall'Equatore per la giusta pace all'Italia non erano stati apprezzati dal predetto visitatore né dal Governo italiano.

Ho subito replicato che interpretazione data alla mancata visita non corrispondeva in alcun modo alla realtà. Ho fatto presente come sin da principio questa legazione

l Vedi D. 207.

avesse segnalato possibilità che per mancanza di tempo conte Sforza fosse obbligato tralasciare alcuni Stati: difatti mi risultava come La Paz, Assunzione ed altre capitali centro americane non sarebbero state toccate; che qualche giorno prima venuta a Guajaquil del conte Sforza io avevo verbalmente espresso a questo sottosegretario di Stato per gli affari esteri il suo rincrescimento di non potersi sòffermare in Equatore; e che in tale occasione non mi si era in alcun modo lasciato intendere che la mancata venuta a Quito avrebbe potuto essere male interpretata. Effettivamente, unica comunicazione ricevuta in proposito da questo Governo è stata nota verbale con cui mi si comunicava che se viaggio del conte avesse potuto estendersi allo Equatore il Governo sarebbe stato lieto di riceverlo (mio telespresso 2681116 del 2 corrente) 1 .

Il ministro degli affari esteri è però rimasto fermo nella sua sfavorevole interpretazione comunicando circostanze che io ignoravo e cioè che ambasciatore Equatore a Rio Janeiro aveva effettivamente invitato conte Sforza a fermarsi a Quito e che in tale circostanza questi avrebbe chiaramente dimostrato di non aver alcun desiderio di fermarvisi. Spiacemi (mi ha detto per ben due volte affermando con aria addolorata ministro Trujillo) che questo «non mancherà di influire sfavorevolmente sulle relazioni fra i due Paesi che erano state fino ad ora così cordiali ed amichevoli» e «provocheranno un marcato cambiamento nella attitudine dell'Equatore nei confronti dei problemi italiani».

Ho naturalmente ancora replicato spiegando come il risentimento del Governo dell'Equatore dovesse ritenersi assolutamente ingiustificato perché non poteva essere intenzione né del Governo italiano né del conte Sforza di fare cosa sgradita ad un Paese che ci aveva dato ripetute prove della sua amicizia.

Al momento prendere commiato mi è stato rimesso un promemoria che invio per aereo oggi stesso. In esso si «esprime la profonda meraviglia e il legittimo desgusto di questo Governo per il fatto che il conte Sforza, avendo esteso le sue visite ad altre capitali oltre quattro primitivamente segnalate, e particolarmente a Lima e Bogotà, abbia tralasciato l'Equatore, il che, sottolinea il promemoria, sembra chiaramente indicare che l'omissione «non dipende da una mancanza di tempo e dalle fatiche del viaggio, bensì da altre ragioni, che il Governo dell'Equatore non potrebbe ritenere valide».

Mi risulta che la questione era stata esaminata in Consiglio dei ministri giovedì scorso (cioè due giorni dopo il passaggio da Guayaquil del conte Sforza) e che in tale occasione il presidente della Repubblica ha dato libero corso alla sua indignazione per «l'affronto ricevuto dall'Equatore».

Non v'ha dubbio che la mancata visita all'Equatore, unitamente alla contemporanea fermata nélle capitali rivali del Perù e della Colombia, è stato un errore, che personalmente avrei cercato di evitare qualora fossi stato tempestivamente informato delle precise intenzioni dell'iiiustre visitante, tenendo conto della eccessiva nota sensibilità di queste piccole Repubbliche dell'America latina che può facilmente far fallire lo scopo ad un viaggio del genere per circostanze che nessuno rileverebbe in Europa, ma alle quali qui viene data vitale importanza. Occorre però tentare di correre ai ripari anche per evitare possibili spiacevoli ripercussioni nei confronti degli interessi italiani. Non conoscendo l'attuale recapito del conte Sforza mi trovo

I Non pubblicato.

nella impossibilità di mettermi in contatto con lui. Vedrà codesto ministero (dato che una semplice nota di questa legazione risulterebbe assolutamente insufficiente) se non sia il caso di pregare il presidente della Repubblica onorevole De Nicola di telegrafare personalmente al dott. Velasco Ibarra 1•

207

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL DELEGATO DEL SUD AFRICA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, THERON

Parigi, 24 agosto 1946, ore 11.

Secondo le intese avute con l'on. Saragat ho visitato il gen. Theron ricevendo da lui una sempre più confidente accoglienza 3 . Gli ho illustrato la situazione quale accenna a svilupparsi nei rapporti della Francia circa il problema della frontiera occidentale. Si è dimostrato molto interessato pregandomi di tenerlo al corrente degli ulteriori sviluppi derivanti dai nostri interventi in corso.

Il gen. Smuts personalmente ha interessato Bevin perché prema su Bidault onde indurlo a più ragionevole atteggiamento verso di noi. Smuts personalmente ha poi premuto su Bidault in successivo incontro, secondo quanto precedentemente promessoci. Ho fatto osservare che, anche se si verifica un mutamento nell'atteggiamento di Bidault, in quello dello Stato Maggiore e del gruppo politico maggiormente interessato a sostenere le rivendicazioni francesi, noi eravamo inquieti per le possibilità che gli organi permanenti del Ministero degli esteri francese potessero manovrare in modo da sollecitare una decisione a loro favorevole da parte della competente Commissione prima che altri elementi a noi favorevoli avessero tempo di intervenire. In questo senso lo pregavo, nella sua qualità di presidente della Commissione politica e territoriale, di voler sventare una simile eventuale manovra, tenendo in sospeso la questione con la proposta (doverosa) di ascoltare la delegazione italiana prima di prendere una decisione. Theron mi ha assicurato che la questione del preambolo non sarà così rapidamente esaurita e che, in ogni caso, sosterrà la necessità di ascoltarci. Mi ha aggiunto che Bidault aveva effettivamente risposto a Smuts di essere personalmente favorevole ad un ritocco delle richieste francesi, ma di trovare serie difficoltà da varie parti. Le spiegazioni da noi fornitegli ora erano particolarmente interessanti per Smuts. Ho chiesto a Theron di potergli spiegare in dettaglio la situazione di fatto a Tenda-Briga ed al Moncenisio con l'ausilio del materiale cartografico e statistico portato con me e con l'intervento del nostro esperto col. Tessitore. Egli ha aderito di buon grado, sì che ci è stato possibile chiarirgli ogni argomento essenziale.

I Per la risposta vedi D. 229. 2 Trasmesso con Telespr. d. 123 di Soragna del 24 agosto. 3 Vedi D. 176.

Gli ho fatto presente, in via riservata, che qualora la Francia si opponesse rigidamente alle nostre richieste di stralcio totale delle sue richieste su questi due settori della frontiera, noi eravamo disposti a retrocedere su delle soluzioni di compromesso che gli ho illustrato !asciandogli due carte topografiche di dettaglio riproducenti le divisioni territoriali di compromesso da noi studiate.

Per quanto riguarda Tenda-Briga (ove la divisione territoriale presenta delle difficoltà non facilmente superabili), gli ho accennato alla possibilità che, lasciando intatto il principio della sovranità italiana su tutto il territorio in contestazione, si addivenisse ad un accordo di neutralizzazione militare integrato da una convenzione di servitù che gli Stati Maggiori avrebbero potuto studiare ed alla quale non eravamo in principio contrari. Tutto ciò subordinato alla nostra tesi principale che doveva essere fermamente sostenuta fino ai limiti del possibile. Il gen. Theron si è vivamente interessato a queste possibilità riservandosi di studiare l'abbondante materiale lasciatogli e di interpellare i nostri esperti per gli ulteriori necessari chiarimenti.

Gli abbiamo fatto osservare le inesattezze contenute nel memorandum presentato ieri dalla delegazione francese, riservandoci di inviare promemoria in proposito. Theron attende pure, per sottometterla subito a Smuts, una traduzione inglese del nostro memorandum sulla frontiera francese da noi presentato alla Commissione e di cui non ha ancora avuto traduzione dalla Segreteria della Conferenza.

Per quanto riguarda un nuovo incontro fra i nostri esperti navali ed i loro, Theron mi ha dichiarato che è sempre personalmente disposto a ricevere sia l'ammiraglio De Courten, sia il comandante Giuriati per le ulteriori ragioni che avessero da esporgli a seguito del precedente incontro. Mi ha confermato che, secondo la promessa fatta, egli ha conferito cogli esperti navali britannici e col sig. Dunn della delegazione americana circa la opportunità di soddisfare l'aumento di 15 mila tonnellate richiesto dall'ammiraglio De Courten, trovandoli tutti favorevolmente disposti.

Circa la possibilità di ottenere undici voti a noi favorevoli per la presentazione di un emendamento relativo alla estensione a Pola del Territorio Libero di Trieste, mi ha detto di essersi già attivamente occupato. Egli si propone di radunare, riservatamente, i rappresentanti delle nazioni a noi favorevoli per una concreta intesa. Ho avvicinato l'esperto americano Bantwich che consiglia la delegazione etiopica trovandolo piuttosto incerta e reticente. Si è poi convinto che questo signore non ha una eccessiva autorità e si riserva di avvicinare oggi stesso, in occasione del ricevimento alla ambasciata Greca, i delegati etiopici per un primo diretto sondaggio. Ha l'impressione che l'influenza russa sull'Etiopia non sia un fatto trascurabile.

Conclude invitandoci a confidare e a non dare soverchia importanza a quanto pubblicamente si dice in sede di Commissione, perché quelle che contano sono in definitiva le intese che si vanno sviluppando fra i vari delegati interessati alle varie soluzioni. Esempio della verità di questa asserzione è quanto è avvenuto circa il preambolo al trattato. Alle manifestazioni nettamente ostili inizialmente verificatesi, hanno già seguito, nella sostanzil, degli emendamenti a noi favorevoli.

Ho ringraziato vivamente il gen. Theron per la costante amicizia che ci dimostra assicurandolo della riservatezza del nostro colloquio. Questo rapporto ha quindi carattere segreto.

208

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA

T. 13009/25. Roma, 24 agosto 1946, ore 16.

Pregola ringraziare codesto Governo per amichevoli coraggiose dichiarazioni fatte da suo rappresentante a Conferenza pace 1 . Atteggiamento Cuba ha suscitato nel popolo italiano più favorevole eco e non sarà dimenticato. Si renda anche interprete nostro vivo apprezzamento per generoso provvedimento costì adottato nei riguardi persone e beni italiani.

209

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO AUSTRIACO SCHMID(2)

APPUNTO. Parigi (Legazione d'Austria), 24 agosto 1946, ore 18,45.

Schmid (ministro austriaco a Londra) mi comunica che Gruber voleva conferire con me ma che, avendo dovuto assentarsi, lo ha incaricato di riferirmi quanto segue:

La delegazione austriaca presenterà lunedì alla Segreteria della Conferenza un memorandum contenente un emendamento all'art. 10 ed uno all'art. 14. Per incarico di Gruber mi consegna preventivamente il testo dei due emendamenti 3 . Mi esprime il desiderio di Gruber che, procedendo nella piena fiducia e buona volontà che si è stabilita fra noi, il Governo italiano e quello austriaco possano accordarsi per la inclusione nel trattato della clausola di garanzia contenuta nell'emendamento all'art. 14 (con le rettifiche che noi crederemo necessarie) in modo da far trovare la Conferenza di fronte al fatto compiuto di una libera intesa italo-austriaca.

Gli chiedo quale valore devo dare a questa proposta che risponde pienamente agli sforzi che io ho compiuto sin qui per una intesa italo-austriaca. Evidentemente la proposta ha un senso e può avere un seguito costruttivo se l'Austria rinuncia con essa alla sua tesi principale di rivendicazione territoriale. Chiedo cioè a Schmid se l'Austria sta o no compiendo un doppio gioco.

Egli mi assicura con calore di parlarmi con la stessa mia sincerità. L'attuale atteggiamento austriaco è realistico. Non vi è, secondo Gruber, alcuna possibilità di far ritornare i Quattro sulla decisione di rispetto dello statu quo. L'Austria desidera quindi giungere ad una soluzione che contempli e garantisca internazionalmente l'autonomia delle minoranze di lingua tedesca, e intende con ciò mettere su basi definitive i suoi buoni rapporti futuri con l'Italia.

l Vedi D. 158. 2 In Archivio Carandini, busta IO. L'appunto è autografo. 3 Vedi Allegato.

Osservo che la modifica all'art. 10 (salvo rettifiche) mi pare accettabile in massima mentre quella all'art. 14 è superflua e per di più inaccettabile 1 .

Di questo colloquio ho dato rapporto riservato al ministro De Gasperi con lettera consegnata domenica sera al corriere in partenza (aereo) lunedì mattina 26 corrente2•

ALLEGATO

PROPOSTE AUSTRIACHE DI EMENDAMENTO AGLI ARTICOLI IO E 14

Artide 10

L'Italie conclura avec l'Autriche, dans le délai d'un an, des accords visan t à garantir, sans tenir compte de l'accorci Hitler-Mussolini de 1939, à la population autochtone de la province de Bolzano et des communes énumérées à l'annexe ci-jointe la liberté de son développement économique et culture! par l'octroi d'une autonomie régionale, assurer la liberté de circulation des voyageurs et des marchandises entre la dite région et l'Autriche en qui concerne !es produits originaires de cette région ainsi que ses besoins normaux d'importation.

Annexe à l'Artide 10

Les communes appartenant à la province de Trento: Proveis (Proves), Laurein (Lauregno) Unsere Liebe Frau im Walde (Senale), St. Felix (San Felice), Aldein (Valdagno) Altrei (Anterio), Auer (Ora), Branzoll (Bronzolo), Gfrill (Caoria di Salorno), Kurtatsch (Cortaccia), Kurtinig (Cortina all'Adige), Margreid (Margre all'Adige), Montan (Montagna) Neumarkt (Egna) Salurn (Salorno), Tramin (Termeno), Truden (Trodena), Unterfennberg (Favogna di Sotto), Canazei, Vigo di Fassa und Moena,

ainsi que !es communes appartenant à la province Belluno: Cortina d'Ampezzo, Colle S. Lucia et Buchenstein (Livinallongo).

Article 14

L'Italie prendra toutes les mesures pour assurer à toutes !es personnes relevant de sa juridiction, sans distinction de race, de sexe, de langage ou de religion, la jouissance des droits de l'homme et des libertés fondamentales, y compris la liberté d'expression, de la presse et de publication, la liberté du culte, la liberté d'opinion et de réunion.

L'Italie garantit surtout à la population autochtone du Tyrol du Sud habitant au nord du défilé de Salurn la liberté d'existence dans tous !es domaines de la vie, et notamment la liberté culturellc sans aucune discrimination ainsi que la faculté de pourvoir par des fonctionnaires autochtones et élus à tous leurs besoins culturels dérivant de leur situation particulière ethnique.

210

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 14936/0127. Parigi, 24 agosto 1946 (per. il 26).

Cerulli ha discusso oggi con questo ministro Egitto situazione risultante discorso delegato egiziano Conferenza. Circa questioni politiche, preso atto che

1 La frase che segue è aggiunta a margine sul documento. 2 Vedi D. 212.

dichiarazioni egiziane sono da considerare soltanto come una presa di poslZlone preliminare diretta ad ottenere che questione Cirenaica non sia decisa al di fuori dell'Egitto, Cerulli ha osservato che non era parsa felice frase ironica su eventuale ritorno Italia in Libia come «il vinto al braccio del vincitore».

Ahmed Saroit ha replicato escludendo qualsiasi intenzione ironica e chiarendo che sola preoccupazione egiziana è che un accordo italo-britannico per la Libia, in sé augurabile, non si verifichi però a danno interessi che Egitto ha preso a difendere. Cerulli gli ha detto che appunto situazione politica e storica Egitto in confronto mondo arabo poneva governo Cairo in condizioni spiegare altri Paesi intenzioni amichevoli Italia verso arabi in modo favorire soluzione ragionevole attuali difficoltà senza assumere posizione negativa. Ahmed Saruat ha assicurato che questo proprio è nelle intenzioni Governo Cairo durante anno rinvio, ma che occorre dare tempo al Governo preparare gradualmente mutamento opinione pubblica e nello stesso tempo mantenersi in contatto sul problema.

Circa questione economica è stato lungamente discusso problema riparazioni e beni italiani. Alla fine Ahmed Saroit ha dichiarato quanto segue: l) Egitto consente scindere responsabilità Italia da quella Germania e, riservandosi aumentare sue richieste per riparazioni tedesche, riduce domanda verso Italia da centotrenta milioni sterline a dieci milioni sterline. Tale domanda ridotta sarà presentata lunedì Conferenza con una nota di cui potremmo avere copia in via confidenziale; 2) Egitto manterrà per ragioni procedurali sua domanda alla conferenza, ma è pronto discutere con noi al Cairo o qui di dettaglio della cifra richiesta dei dieci milioni; 3) Egitto mantiene sua richiesta che Italia ritiri obiezioni giuridiche mosse alla validità sequestro beni italiani, nel quadro soluzione finale. Ahmed Saruat ha ripetuto assicurazioni che nessun provvedimento sarà preso da Governo Cairo contro italiani (ciò che è importante in relazione articolo 64 trattato) ed ha detto sperare cordialmente poter limitarsi annunziare Conferenza soluzione concordata questione economica italo-egiziana.

211

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI

L. 28395/174. Roma, 24 agosto 1946.

Due parole sul tuo telegramma per corriere n. 039 del 14 agosto 1•

È bene tu sappia che abbiamo nei giorni scorsi cercato di suscitare, attorno all'azione che vanno compiendo i Paesi latino-americani in nostro favore, anche un'azione fiancheggiatrice dei neutri europei e precisamente: Turchia, Svezia, Svizzera, Portogallo, Irlanda 2•

I Vedi D. 155. 2 Vedi D. 91.

Non che ne speriamo gran che, ma conviene, mi pare, toccare tutti i tasti che, come tu sai, sono pochissimi e documentare presso tutti le ingiustizie che ci sono inflitte. Anche conviene cercare di galvanizzare da per tutto il senso delle responsabilità europee, oggi assente pressoché da per tutto.

Comunque abbiamo, e per ragioni evidenti, escluso la Spagna. Sicché fai benissimo a chiarire e ad illustrare costà il nostro punto di vista, ma, come del resto hai perfettamente inteso, non a chiedere appoggi e assistenze, che sarebbero certamente controproducenti e che, del resto, la ormai profonda divergenza di orientamenti nostri e spagnoli ci vieta, moralmente e politicamente, di comunque sollecitare. E bada che questa lettera ha lo scopo di informarti e non di dare istruzioni che tu segui già perfettamente.

212

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

L. RISERVATA PERSONALE. Parigi, 24 agosto 1946.

Detto affrettatamente queste righe prima che si chiuda il corriere. Oggi ho avuto un lungo e confidente colloquio col generale Theron, a seguito dell'intesa avuta con Saragat circa la questione della frontiera francese. Troverai accluso a questo corriere un mio rapporto2 sul contenuto del colloquio che Theron ha chiesto sia tenuto strettamente confidenziale. Devo solo aggiungere che, per quanto riguarda la scelta della delegazione che dovrà presentare un emendamento per la frontiera francese, è bene attendere gli sviluppi dei contatti che Saragat avrà con Thorez. Smuts ha sollecitato l'intervento di Bevin presso Bidault ed è intervenuto personalmente presso Bidault stesso per ottenere un più ragionevole atteggiamento francese. Egli vedrà, come presidente della Commissione politica territoriale, di evitare affrettate decisioni, richiedendo che l'Italia sia in ogni caso sentita. Nei primi giorni della entrante settimana si deciderà se l'emendamento potrà essere presentato dai sudafricani o se converrà rivolgersi ai neozelandesi o ai cinesi per ripartire equamente i compiti.

Altro argomento importante e che, come tu sai, mi sta particolarmente a cuore: oggi sono stato chiamato da Gruber. Avendo egli dovuto improvvisamente assentarsi, sono stato ricevuto dal ministro Schmid il quale, con molto calore e confidenza, mi ha riferito quanto Gruber intendeva dirmi. E cioè: lunedì o martedì la delegazione austriaca, a conclusione del discorso di Gruber e pur dovendo sempre sostenere per ragioni di politica interna la richiesta territoriale sul cui esito la delegazione austriaca non ha alcuna speranza, presenterà due emenda

1 In Archivio Carandini, busta IO, nell'originale spedito a Roma. 2 Vedi D. 207.

menti, uno all'art. l O ed uno all'art. 14. Schmid ha voluto per correttezza e prova di confidenza darmi preventiva copia dei due emendamenti. Ti accludo la copia autentica rilasciatami 1• Come vedi, per l'art. 10 si propone l'aggiunta di una garanzia italiana ai diritti delle minoranze estesi a tutti i Paesi (nominativamente elencati) che sono stati aggregati alla provincia di Trento. Per l'art. 14 si propone una interpretazione alle garanzie dei diritti dell'uomo estesa espressamente alle popolazioni del Sud Tirolo.

Schmid, per incarico di Gruber (che incontrerò personalmente lunedì) 2 mi ha incaricato di dirti in via strettamente riservata che il Governo austriaco desidererebbe vivamente e considererebbe come un grande successo psicologico itala-austriaco alla Conferenza, se Italia e Austria si accordassero liberamente per proporre in comune alla Conferenza stessa un emendamento che risolvesse nel senso specificato nella proposta austriaca di emendamento agli art. lO e 14 la questione dell'Alto Adige, dopo riconosciuto lo statu quo territoriale. Personalmente ho accolto con grande favore questa idea assicurando Schmid che ritenevo tu avresti accolto con pieno favore la proposta. Ti prego ora di considerare la cosa, di valutarne l'importanza pratica e morale e di telegrafarmi d'urgenza dicendomi se in linea di massima posso procedere con Gruber su questo terreno. La buona fede austriaca mi pare evidente e mi è stata con calore confermata da Schmid, il quale mi ha detto, rispondendo alla mia domanda se esso poteva garantirmi che l'Austria non faceva un doppio gioco, che egli aveva piena fiducia in me e che mi pregava di avere eguale fiducia in lui.

Gli ho chiesto allora che cosa il Governo austriaco pensava in pratica, in merito alla estensione territoriale della autonomia. Se cioè esso era favorevole, come pareva fossero favorevoli alcuni elementi del Volkspartei alla estensione della autonomia alla provincia di Trento o no. Gli ho fatto osservare che la estensione alla provincia di Trento avrebbe garantito un maggior peso fisiologico e quindi una maggiore pratica garanzia alla concessione dell'autonomia alle popolazioni di lingua tedesca. Egli mi ha risposto schiettamente che il Governo austriaco considererebbe la estensione della autonomia alla provincia di Trento come una diluizione della autonomia che esso invoca più ristretta per l'area interessante le popolazioni di lingua tedesca e che quindi fa della limitazione dell'autonomia al Sud Tirolo propriamente detto una questione essenziale. Ritengo però che su questo particolare vi sia modo di trattare. Anche a questo riguardo ti prego di farmi avere istruzioni telegrafiche urgenti. Ti prego inoltre di dirmi se, qualora in seguito al prossimo colloquio con Gruber lo ritenessi necessario, dopo aver sentito Bonomi e Saragat, mi autorizzi eventualmente a venire a Roma per dodici ore per riferirti. Si tratta di una questione che va decisa con una certa urgenza perché, se la proposta in comune italo-austriaca deve essere avanzata, ciò deve avvenire, per avere il necessario effetto psicologico, in tempo debito 3•

Scusa la fretta e la imprecisione con cui mi esprimo.

' Vedi D. 209, Allegato. 2 Vedi D. 216. 3 Per la risposta vedi D. 216.

213.

IL MINISTRO A CARACAS, FERRANTE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 14963/108. Caracas, 26 agosto 1946, ore 13 (per. ore 6,30 del 27).

Da conte Sforza:

«14. Qui, come ovunque, ricevimento entusiastico per l'Italia. Al banchetto offertomi ieri sera dal Governo questo ministro affari esteri pronunciò discorso di assoluta solidarietà. Sarò domani Messico ospite di quel Governo».

214

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON L'ALTO COMMISSARIO DELL'INDIA A LONDRA, RUNGANADHAN

APPUNT0 1 . Parigi, 26 agosto 1946, ore 13, 15.

Sir Samuel mi ha ricevuto in presenza di tutta la delegazione indiana. Dopo lunghi convenevoli d'uso, Sir Samuel mi ha detto che la delegazione indiana avrebbe gradito di avere da me un riassunto delle nostre principali obiezioni al trattato.

Ho detto che in primo luogo noi obiettavamo contro Io spirito del trattato in genere: gli ho spiegato allora le nostre obiezioni al preambolo. Mi hanno chiesto una breve biografia delle principali personalità del Governo italiano e sono stati vivamente sorpresi di apprendere che non avevamo nessun ministro o sottosegretario che avesse fatto parte del Governo fascista. L'argomento dello sciopero del '43 che ignoravano ha fatto molta impressione. Ho poi parlato delle quattro libertà. Hanno trovato giusta la nostra richiesta che l'art. 14 debba decadere al momento della nostra entrata nell'O.N.U. Ho esposto il nostro punto di vista sulla frontiera i taio-jugoslava e sullo Stato Libero di Trieste. Aveva fatto loro molta impressione l'osservazione jugoslava che gli italiani della Venezia Giulia sono slavi italianizzati. D'altra parte hanno fatto loro impressione i nostri argomenti per Gorizia e la linea del Predì!. Circa l'allargamento dello Stato Libero mi sono parsi dubbiosi, in ogni modo escludono di prendere una iniziativa: sarebbero favorevoli a risolvere la questione con un libero plebiscito.

Per l'Alto Adige molto favorevoli agli austriaci. Per la frontiera i taio-francese non hanno opinione: molta impressione il pericolo della diga del Moncenisio. Per le riparazioni sono molto favorevoli alla proposta Evatt: trovano giusta la nostra

1 Trasmesso con Telespr. d. 152 di Soragna del 28 agosto.

osservazione che pagare in lavoro è per noi l'unica maniera possibile di pagare riparazioni. Per claims e inhibition favorevoli ad accordi bilaterali che lascino agli italiani la possibilità di scegliere il miglior modo di soddisfarli. Moderatamente favorevoli a nostri claims verso -la Germania.

Assolutamente contrari alla nostra tesi sulle colonie. Ho spiegato loro che noi siamo contrari al sistema coloniale ma respingiamo l'idea di essere considerati indegni di condurre i popoli alla libertà. Mi hanno spiegato a lungo che secondo loro un'Italia senza colonie che si unisse all'India ed alla Cina per la liberazione di tutti i popoli coloniali avrebbe nel mondo una posizione anche più forte che l'Italia con piccolissime colonie. Tutti spasmodicamente anti-russi.

Sono molto all'oscuro di tutto ma ansiosi di fare qualche cosa: molto jlattés di essere presi in considerazione da noi: si sono riservati di chiedere contatti con nostri esperti per chiarire punti interessanti. Mi hanno detto che nei corridoi della Conferenza si fa sempre più strada l'opinione che l'Italia debba essere ampiamente sentita nelle Commissioni. Li ho pregati di spingere in questa direzione.

La conversazione è durata due ore e mezzo: alla fine tutti dormivano.

215

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATA A WASHINGTON E ALLE LEGAZIONI A CARACAS E QUITO

T. URGENTISSIMO 13073 /c. Roma, 26 agosto 1946, ore 18.

(Per Washington e per Qui t o) Ho telegrafato Caracas quanto segue: (Per tutti) Pregola far pervenire conte Sforza costì o a Messico, nel modo che

V.S. riterrà migliore, seguente comunicazione: «Legazione Quito comunica 1 che quel Governo le ha verbalmente e per iscritto manifestato sua deplorazione e protesta per mancata tua visita colà, interpretando tale omissione come scarso apprezzamento da parte nostra per sforzi compiuti da Governo Quito a favore giusta pace e sottolineando che ciò avrà sfavorevoli riflessi nei rapporti fra due Paesi. Ove non ostino difficoltà insuperabili riterrei opportuno che, prima lasciare continente sudamericano, trovassi modo toccare anche quella capitale. Nel caso assoluta impossibilità consiglierei immediato invio caldo messaggio simpatia Governo e popolo equatoriano e tua visita ad ambasciatore Equatore Washington non appena colà giunto. Attendo conoscere tue decisioni anche per averne norma onde rispondere a legazione Quito» 2•

I Vedi D. 206. 2 Vedi D. 229.

216

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI D'AUSTRIA, GRUBER (1)

APPUNTO. Parigi (Legazione d'Austria), 26 agosto 1946, ore 19.

A vendo conferito telefonicamente alle ore 18 col ministro De Gasperi a Roma 2 , alle ore 19 ho incontrato il ministro Gruber.

Riesaminata la questione con lui. Mi conferma che è pronto a ritirare l'emendamento all'art. 14 che aveva preparato come estrema difesa nel caso che non fosse approvato l'emendamento all'art. 10. Si esprime con la consueta franchezza e dirittura.

Gli dico di aver parlato poco prima con De Gasperi il quale non è contrario al principio di una garanzia dei diritti di minoranza da includere nel trattato. Occorre però che tale garanzia sia espressa nella forma più schematica e generale, salvo discutere poi in altra sede e «a due» i particolari di applicazione.

Gruber si dichiara disposto ad eliminare la elencazione dei comuni da aggiungersi alla provincia di Bolzano. Si potrà sostituire una formula che rimandi la estensione della «zona di riguardo» a successive intese e precisazioni. Gruber mi dice che si considererà soddisfatto di una formula generica di garanzia, perché tutto dipende dalla buona volontà delle parti su cui egli non ha dubbi.

Gli preciso bene quale è la nostra posizione: esistono due problemi.

l) La garanzia generica di tutela delle minoranze da includersi nel trattato con una formula analoga a quella austriaca, ma escludendo la elencazione dei comuni. E su questo primo punto si potrà raggiungere un accordo senza gravi difficoltà perché il problema ha carattere universale e quindi ci interessa attivamente in Alto Adige e passivamente in Venezia Giulia.

2) La attuazione delle provvidenze di autonomia, la quale costituisce un problema separato che verrà discusso in successivo tempo. E Gruber si dichiara d'accordo.

A questo punto Gruber mi chiede se vorrei incontrare con lui l'ambasciatore olandese ed il delegato belga Langenhove (i quali funzionano da «sponsors» di una intesa diretta tra Italia e Austria).

Andiamo subito con Gruber al Ritz ove incontriamo l'ambasciatore olandese e Langenhove nello studio di quest'ultimo. Incontro cordiale e confidente. Se non sono un ingenuo incorreggibile si gioca a carte aperte.

L'ambasciatore olandese è ansiosissimo di evitare che il dissenso italo-austriaco sia oggetto di una inutile e dannosa battaglia nella Comissione politica. Teme che la questione del confine italo-austriaco sia sollevata da qualche delegazione appena si inizierà la discussione dell'art. l. Gli faccio osservare che la discussione sulle questioni di frontiera con la Francia occuperà vari giorni perché

1 In Archivio Carandini, busta IO. L'appunto è autografo. 2 Vedi D. 212.

noi dovremo essere sentiti. Egli è invece del parere che la questione austriaca possa essere sollevata prestissimo perché, una volta chiusa la discussione dell'art. l, non ci sarà più posto per alcuna presentazione di emendamento territoriale. L'emendamento non avrebbe possibilità di passare e non costituirebbe quindi che l'occasione per un velenoso dibattito capace di compromettere la pacifica soluzione che Austria e Italia fossero pronte ad adottare. Dice che il presentare la Conferenza con un accordo diretto italo-austriaco sull'art. 10 sarebbe un colpo di salutare effetto e mi prega vivamente, insieme al delegato belga, di ottenere un assenso telegrafico da De Gasperi.

Gli faccio osservare come la cosa sia impossibile, non essendo conveniente trattare apertamente la questione per telefono, né per telegrafo. Mi dichiaro disposto a partire in aereo per Roma ed a tornare immediatamente qui avendo di persona spiegata la situazione a De Gasperi e ricevute le sue istruzioni.

I due delegati consigliano a Gruber di ritirare non solo l'emendamento sull'art. 14, ma anche quello sull'art. IO per non richiamare l'attenzione delle delegazioni sul problema fino a che De Gasperi mi abbia dato la sua risposta. Ambedue i delegati si preoccupano del fatto che la Jugoslavia possa opporsi, coi relativi appoggi, ad una intesa italo-austriaca per il rispetto delle minoranze, evitandosi un precedente su cui l'Italia potrà fortemente poggiare per ottenere analoghe garanzie per le sue minoranze.

Restiamo dunque intesi che proporrò a De Gasperi il testo dell'emendamento austriaco all'art. 10 sostituendo alla elencazione dei comuni una formula generica che rimandi a futuri accordi fra le parti.

Chiedo a Gruber di vederlo l'indomani mattina all'Hotel Princess per chiarire esattamente tutti i punti e farmi esatto interprete del suo pensiero presso il presidente De Gas peri. Fissiamo l'incontro per l'indomani alle ore lO1•

217

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi, 27 agosto 1946, [mattina].

Presiede l'on. Bonomi il quale fa brevemente il punto della situazione. La Commissione politica ha terminato la discussione sul preambolo ed affronta oggi gli articoli relativi alla clausole territoriali. Con la discussione sull'art. l potremmo trovarci di fronte ad un tentativo dell'Austria di inserire qui le sue rivendicazioni territoriali. Si passerà poi all'art. 2 che riguarda le rettifiche di frontiera richieste

l Vedi DD. 218 e 222.

2 Il verbale precisa che sono presenti: «on. Bonomi, Saragat, Vanoni, Lizzadri, ambasciatori Tarchiani, Quaroni; Reale, Soragna; Trezzani, Arpesani, Perassi; comm. Di Nola, prof. Carli, prof. Battara, comm. Anzilotti».

dai francesi. Ragioni psicologiche impediscono anche alle delegazioni verso di noi meglio disposte ad intervenire in questa disputa itala-francese. Per impedire comunque che la situazione venisse pregiudicata con una decisione di sorpresa abbiamo stamane mandato una lettera al Segretariato chiedendo di poter esprimere il nostro punto di vista su tutta la questione. Tra poco sapremo l'esito di questo passo. Pure la Commissione militare ha iniziato i suoi lavori che rimangono tuttavia ravvolti da generale riserbo. Sarebbe nostro interesse anche qui provocare una discussione di carattere generale essendo ciascuna clausola in funzione dell'altra. Per quanto infine riguarda i lavori della Commissione economica la situazione si presenta gravissima essendo stato riaperto il termine per presentare le richieste di riparazioni. Abbiamo fin da ora notizia che vi sarà una valanga di richieste anche da parte di delegazioni amiche. Chi sarà allora il nostro avvocato difensore? Si tratta al riguardo di decidere quale debba essere la nostra linea d'azione in questo campo.

Saragat: Può darsi che l'esame dell'art. l consigli l'Austria a porre in questa sede le sue rivendicazioni. Dobbiamo però anche esser pronti ad affrontare da un momento all'altro la questione italo-francese. Il nostro atteggiamento è noto. Sin dal 17 giugno abbiamo fatto delle proposte 1 , confermate in un memorandum di pochi giorni or sono, nel quale accettiamo il criterio della linea di cresta a favore della Francia con due deroghe, a nostro svantaggio, nella zona dello Chaberton e della Valle Stretta. Cioè delle sette richieste francesi ne accettiamo quattro, mantenendo invece atteggiamento intransigente sui rimanenti tre punti: Moncenisio, Alta Roja, Bassa Roja. In questi ultimi giorni egli (Saragat) ha iniziato trattative dirette col Governo francese e questo appunto perché noi non possiamo in questa questione contare su alcun aiuto da parte di altri: i Quattro Grandi sono infatti bloccati dalla decisione già presa e gli altri delegati o per un verso o per l'altro sono legati alle decisioni dei Quattro Grandi. Contatti sono stati presi anche dall'ambasciatore Reale con ambienti politici francesi. In genere si può dire che i francesi riconoscono di avere esagerato. Bidault ha già riconosciuto la infondatezza della richiesta relativa a Olivetta San Michele e si è mostrato disposto ad una piccola modifica relativamente al Moncenisio, mantenendosi però intransigente per Tenda e Briga. Si ha comunque l'impressione che qualcosa è stato conseguito. Tuttavia la macchina procedurale è in moto e la delegazione francese è oramai legata all'atteggiamento già assunto. È nostro interesse protrarre la discussione sino a quando non siano ultimati i contatti con i francesi. È per questa ragione che ci siamo decisi ad inviare la lettera al Segretariato di cui ha già fatto parola l'on. Bonomi. Se la Commissione decide di sentirei egli (Saragat) si propone di prendere immediatamente contatto con Couve e, a seconda del risultato del colloquio, o mantenere nelle dichiarazioni che sarà chiamato a fare di fronte alla Commissione un atteggiamento combaciante con il nostro memorandum, oppure piegare su soluzioni intermedie.

Bonomi: Chiede se tutti siano d'accordo. Constata l'affermativa.

l Vedi serie decima, vol. III, DD. 558 e A5b.

QUESTIONI MILITARI

Trezzani: Informa che secondo gli risulta si discute m questo momento se dobbiamo essere sentiti o no.

Bonomi: Raccomanda che si cerchi chi possa farci riservatamente da osservatore.

QUESTIONI ECONOMICHE

Di Nola: Assistiamo a un progressivo peggioramento della situazione. L'opinione pubblica italiana si è illusa che la cifra di 300 milioni di dollari a suo tempo richiesta dall'U.R.S.S. per sé e le altre Nazioni balcaniche rappresentasse la cifra massima che ci avrebbe potuto essere richiesta. Vediamo invece che ogni Paese sta oggi presentando delle domande. La cifra sarà quindi infinitamente superiore. In queste condizioni sarebbe necessario che la Commissione economica stabilisse quali Paesi possono e quali non possono chiedere riparazioni. L'art. 69 distingue tra «riparazioni» e «reclami» e può forse offrirei il criterio per chiedere che si riconosca il diritto alle riparazioni ai soli Paesi che sono stati invasi nel corso di questa guerra. Per i reclami suggeriremmo invece che venga ammesso il mantenimento del sequestro dei beni italiani all'estero sino al raggiungimento di un accordo diretto tra l'Italia ed i singoli Paesi interessati. Con questo potremmo forse evitare la presentazione formale di tutta una serie di richieste che una volta cristallizzate verrebbero a costituire altrettante questioni di principio per i Paesi richiedenti. Passando a parlare della proposta avanzata dall'Australia nel senso che si accerti anzitutto la capacità di pagamento dell'Italia, Di Nola fa presente che, discussa la questione assieme ai suoi collaboratori, è giunto alla conclusione che essa non sia per noi conveniente. Anzitutto l'accertamento implicherebbe troppo tempo, almeno un anno, durante il quale rimarrebbero congelate tutte le attuali trattative in corso per finanziamenti all'Italia; inoltre la nomina di un comitato per fare gli accertamente previsti implicherebbe pesanti spese ed una serie di ingerenze. Infine la proposta australiana che le riparazioni possano essere pagate con le esportazioni anziché con il solo lavoro, proposta dettata soprattutto dalla preoccupazione di non creare rapporti economici troppo esclusivi tra l'Italia e Paesi creditori, non è a noi conveniente.

Bonomi: Legge il progetto di una nota che Di Nola vorrebbe inviare a tutte le delegazioni, per chiedere appunto che si stabilisca quali sono le Nazioni che possono

o non chiedere riparazioni.

Vanoni: Non è a favore di una simile distinzione. Nel nostro memorandum generale sulle riparazioni (doc. E 26), abbiamo sostenuto l'incapacità dell'Italia a pagare, a qualsiasi titolo sia. Se noi viceversa accettiamo il principio di pagare i «reclami», veniamo a indebolire la nostra posizione. La chiave della situazione sta nel sapere se i Quattro Grandi mantengono il loro passato atteggiamento nella valutazione della nostra capacità di pagamento. In caso affermativo, inutile suggerire ora una linea di minor resistenza; siamo sempre in tempo, come linea di ripiego, a proporre la distinzione suggerita da Di Nola. Il primo compito è pertanto quello di accertare presso i Quattro Grandi se mantengono il loro passato punto di vista.

Saragat: Trova convincente l'argomentazione di Vanoni. Il passato ragionevole atteggiamento della Russia in materia lascia sperare che la troveremo a noi favorevole. È quindi favorevole al mantenimento di tutta la questione delle nostre riparazioni sotto il controllo dei Quattro Grandi.

Tarchiani: Ricorda che la proposta australiana prevede che la commissione esamini anche il valore ed il titolo delle richieste avanzate contro di noi. Concorda con Vanoni e Saragat circa l'opportunità di appoggiarci ai Quattro. A titolo indicativo riferisce che, avendo chiesto ai delegati americani quale, secondo loro, avrebbe potuto essere una ragionevole valutazione della nostra capacità di pagamento, gli è stato risposto che essa era calcolata sulla base di circa 100 milioni di dollari (oltre i 100 già impegnati a favore della Russia), al massimo di altri 200.

Di Nola: Ritiene che si sia sopravvalutata la portata della nota che egli aveva progettato. È d'accordo che i Quattro sono gli unici che ci possono aiutare. Ma potranno farlo se si trovano sul tavolo tante richieste? Si ravvisa nel passo progettato il pericolo di ammettere il diritto a reclami da parte di altri Stati: ma è incontestabile che un impegno verso di loro esiste e che essi hanno in mano dei pegni per farlo valere. Con la sua impostazione della questione veniva d'altra parte aperta la possibilità di dirette trattative.

Battara: Appoggia la tesi di Di Nola, che varrebbe anche a circoscrivere l'obbligo del pagamento di riparazione ai Paesi invasi in questa guerra, ad esclusione quindi dell'Albania e dell'Etiopia.

Tarchiani: Osserva che rimarrebbe da decidere chi giudichi se i reclami sono ammissibili o no. Non vede come la Commissione economica possa ad un certo momento chiudere la porta che essa ha aperto.

Perassi: Rileva che c'è comunque qualcosa da utilizzare della proposta australiana, e cioè la distinzione tra le richieste fatte in base all'art. 64 e quelle fatte in base all'art. 69.

Soragna: Ricorda che gli inglesi, sia alla Conferenza dei Quattro, sia alla Camera dei Comuni hanno già precisato quella che a loro avviso è la distinzione tra le riparazioni e i reclami (claims). Questi ultimi si riferirebbero solo ai danni subiti da cittadini britannici in Italia ed agli impegni finanziari prebellici dell'Italia.

Lizzadri: Dichiara, anche a nome di Morelli e di Bitossi, che la Confederazione del lavoro è favorevole ad una formula di pagamento basata sulle passate proposte di Molotov, e cioè mediante lavoro in Italia di materie prime fornite dal Paese creditore. Essa è anche utile data la larga disoccupazione esistente in Italia. Il governo verrebbe così a risparmiare i sussidi che deve attualmente pagare.

Saragat: Osserva che c'è stato uno spostamento nella situazione. Ritenevamo che il maggior pericolo per noi fosse insito nelle disposizioni dell'art. 69. Ci stiamo

ora accorgendo che il vero pericolo sta nell'art. 64 e cioè quello che riguarda le riparazioni vere e proprie. Rispondendo a Lizzadri osserva che la proposta di Molotov non riguarda la questione dei reclami; per quanto viceversa riguarda le riparazioni abbiamo trovato un atteggiamento più favorevole presso gli inglesi e gli americani che hanno già dichiarato essere disposti a rinunciarvi.

Carli: Osserva che occorre distinguere tra le varie questioni che sono venute in discussione. Nessun dubbio che se dobbiamo pagare riparazioni in base all'art. 64, la formula sovietica è la più favorevole. Ma il problema attuale è quello di limitare la cifra totale dei nostri pagamenti. La questione che allora si pone è la seguente: crediamo di poter trovare in questo intento una più efficace difesa affidandoci ai Quattro per tutta la questione; oppure scindendo, secondo la proposta Di Nola, tra riparazioni e reclami? A suo avviso occorre tornare alla tesi originaria: dire cioè che quale che sia il titolo giuridico o la fonte, l'ammontare delle somme da pagare non deve superare una determinata cifra salvo volere una rovina totale dell'Italia.

Di Nola: Insiste che non possiamo illuderci di difendere i nostri beni all'estero già compromessi dall'art. 69.

Vanoni: Considera che l'unica differenza tra ora e prima è che in questi giorni si stanno accumulando le cifre delle richieste contro di noi. Ma ciò non sposta il problema che rimane basato sulla possibilità di pagamento da parte dell'Italia. Egli non attribuisce perciò molta importanza alla distinzione fra riparazioni e reclami. Anzi è meglio portare tutto sotto lo stesso titolo ed ottenere che il pagamento avvenga secondo la formula Molotov. Conclude esprimendo l'avviso che convenga prendere contatto coi Quattro per rafforzarli nel loro passato atteggiamento. È viceversa contrario alla creazione di una commissione secondo la formula australiana: essendo infatti a nostro vantaggio che la valutazione della nostra capacità di pagamento sia fatta sulla situazione attuale, giacché è da sperare che di qui a un anno vi potrà essere un lieve miglioramento. Insiste sulla convenienza di appoggiare le nostre argomentazioni su documenti non italiani, ad esempio sul recente rapporto dell'U.N.R.R.A. che lumeggia la situazione disastrosa della nostra bilancia estera di pagamenti. Chiede infine se non sia possibile far seguire da qualche funzionario le discussioni in seno alle commissioni economiche per i trattati con gli altri Stati satelliti.

Bonomi: Riassumendo la discussione, constata che tutti sono d'accordo sulla convenienza di accantonare alcune questioni, e cioè quella della commissione proposta dagli australiani e quella delle modalità di pagamento. Il problema immediato è quello dei reclami che verranno presentati contro di noi entro giovedì. Abbiamo già sottomano un ottimo documento, e cioè quello presentato il 20 agosto (doc. 26 E). Perché non limitarsi a richiamare su di esso nuovamente l'attenzione delle altre delegazioni?

Carli: È d'accordo ma ritiene che tale passo vada limitato ai soli Quattro Grandi.

Bonomi: Approva e dà incarico a Di Nola di procedere in tal senso.

218

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI D'AUSTRIA, GRUBER (1)

APPUNTO. Parigi (Legazione d'Austria), 27 agosto 1946, ore 10,1 5.

Riesaminiamo con Gruber il testo dell'emendamento all'art. 10. L'emendamento all'art. 14 resta definitivamente annullato.

Faccio osservare che la frase «sans tenir compte de l'accord Hitler-Mussolini» è troppo categorica e impegnativa. Noi siamo disposti a riconcedere la cittadinanza italiana agli optanti per la Germania che sono rimasti nel Sud Tirolo, ma la questione è diversa per quanti hanno trasferito la loro sede.

Gruber mi dichiara che il suo desiderio è la sanatoria per quanti sono rimasti in Italia e la istituzione di una commissione mista la quale esamini la posizione di quel circa 50% degli emigrati che desidera rientrare in Italia. Dal rientro e dal riacquisto della cittadinanza italiana dovrebbero naturalmente essere esclusi i nazisti ed anche per gli altri il ritorno è condizionato alla possibilità futura di risistemarE.

Invece della frase «et des communes énumérés à l'annexe» si potrebbe dire «e di altri comuni etnicamente tedeschi che saranno stabiliti in successivi accordi».

Circa il carattere dell'autonomia regionale da discutersi e convenirsi in seguito, egli esprime le seguenti opinioni: la questione dovrebbe essere trattata in un futuro incontro fra De Gasperi e lui o a Roma o a Vienna o dovunque meglio ci convenga. Alla mia richiesta se, una volta eventualmente raggiunto l'accordo sulla formula dell'art. l O, egli si impegnerebbe a far sì che il Volkspartei si presti volenterosamente agli studi preparatori, mi risponde categoricamente di sì. Insiste però perché l'accordo avvenga fra i due Governi e non fra Governo italiano e Volkspartei.

Circa il carattere concreto dell'autonomia si dichiara d'accordo col progetto del prefetto Innocenti, con queste auspicate modifiche:

-tassazione autonoma con riconoscimento di una percentuale da fissarsi a favore dello Stato;

-polizia locale alle dipendenze dirette del Ministero dell'interno italiano;

-ammissione impiegati civili in lingua tedesca (non naturalmente per le ferrovie e altri servizi nazionali);

-limitazione dell'ingresso di nuovi elementi italiani;

-opzione: sanatoria ai presenti e Commissione mista per gli espatriati.

Ritiene che le discussioni per tutti gli accordi necessari potranno richiedere vari mesi. Se si giungerà ad un soddisfacente accordo che provi la reale buona volontà delle due parti, si sarà aperta una sicura strada ad ulteriori accordi di più vasta portata.

l In Archivio Carandini, busta IO. L'appunto è autografo. Al colloquio era presente il rappresentante austriaco a Londra, Schmid.

219

L'ON. BONOMI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 14979/1041. Parigi, 27 agosto 1946, ore 12,15.

Si informa che, in seguito alla facoltà data presentare le domande di riparazione fino a tutto il 29 corrente, quasi tutte le delegazioni stanno accingendosi a presentare richieste al riguardo. Tenuto conto che alcune di esse saranno molto elevate, vi è da temere che il carico globale delle riparazioni possa in definitiva risultare molto più elevato del previsto.

La delegazione sta esercitando una energica azione di persuasione presso le delegazioni amiche affinché si adoperino per eliminare tutte le domande ingiustificate e per contenere le altre domande contro gli insopportabili impegni già sostenuti durante la cobelligeranza.

Vi è però da temere che la nostra azione possa non risultare efficace, nel qual caso sarà bene considerare se ci convenga insistere per una immediata risoluzione del problema o se non sia piuttosto il caso di chiedere che venga previamente accertata la nostra capacità di pagamento.

La delegazione italiana è conscia degli inconvenienti di questa seconda soluzione, ma desidera che il problema sia esaminato urgentemente e chiede che ne siano inviate direttive al riguardo. S.E. Corbino potrebbe abboccarsi col dott. Menichella che ha studiato il problema durante la sua permanenza a Parigi 1•

220

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL CAPO DEL WESTERN DEPARTMENT DEL FOREIGN OFFICE, HOYER-MILLAR (2)

APPUNTO. Parigi (Ambasciata d'Italia), 27 agosto 1946, ore 173 .

Informo riservatamente Hoyer-Millar dei contatti avuti con Gruber4 , della possibilità di giungere ad un accordo italo-austriaco di cui il Belgio e l'Olanda (incontro della sera precedente al Ritz con Van Langenhove e ambasciatore

t Per la risposta vedi D. 224.

2 In Archivio Carandini, busta IO.

3 Il documento nell'originale dattiloscritto è datato 26 agosto, ma dai riferimenti interni, in particolare il cenno all'incontro al Ritz, si deduce che esso si riferisce ad un colloquio avuto il giorno 27.

4 Vedi DD. 209, 216 e 218. Il primo documento è però relativo ad un colloquio con Schmid.

olandese) si disporrebbero ad essere gli sponsors. Chiedo se potremmo contare su un deciso appoggio inglese inteso a concludere la questione territoriale dell'Alto Adige contro concessione italiana di una autonomia alla minoranza di lingua tedesca, avallata eventualmente da una garanzia internazionale. Gli faccio osservare che una simile soluzione rappresenta una prima esecuzione della promessa da me fatta a Bevin per indurlo al rispetto della linea del Brennero e può costituire una piena giustificazione della politica di Bevin di fronte al malcontento della Camera dei Comuni.

Hoyer-Millar accoglie la cosa con viva soddisfazione e promette appoggio sotto forma di incoraggiamento agli austriaci e di buona introduzione dell'idea negli ambienti della Conferenza. Gli faccio rilevare che le trattative sono state condotte fin qui nel più assoluto segreto e così devono procedere.

Insisto ancora perché gli inglesi intervengano presso Bidault per ridurlo alla ragione circa la frontiera occidentale.

Riferendomi al ruolo decisivo per noi che l'Etiopia può giocare quale undicesimo voto, lo prego di intervenire presso gli etiopi per la questione dell'allargamento del Territorio Libero fino a Pola.

Ritorno sull'argomento della flotta e sulle ultime proposte De Courten insistendo nel modo più vivo e proponendo un mio incontro con Alexander.

Gli manifesto la nostra avversione all'idea di una inchiesta circa le nostre capacità di pagamento riparazioni, il che ci terrebbe per lunghi mesi in una situazione di incertezza che arenerebbe ogni pratico progresso dei mutui esteri ed altre provvidenze intese alla nostra stabilizzazione.

Gli consegno la stessa carta della ferrovia del Predil che ho già consegnato a Gruber (il quale ne ha parlato con gli inglesi come di un interesse austriaco) e prometto inviare subito a Sterndale Bennet una copia in inglese del relativo memorandum (al che provvede subito Winspeare portandola lui personalmente a Bennet).

Insisto perché si affretti la restituzione del Vulcania e Saturnia già promessici dagli americani ed urgentemente necessari per il ritorno dei prigionieri dai Dominions.

221

IL CAPO DELL'UFFICIO QUINTO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, CASTRONUOVO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI (1)

APPUNTO. Roma, 27 agosto 1946, [pomeriggio].

Il Governo italiano, che si è dichiarato pronto ad accordare all'Austria le più ampie facilitazioni di transito ferroviario e stradale attraverso la Val Pusteria

1 In Archivio Carandini, busta IO.

(percorso San Candido-Brennero), avrebbe avuto un ovvio interesse ad evitare che la concessione di tali facilitazioni gli venisse imposta dal trattato di pace, come è previsto appunto dall'art. IO del progetto, anziché risultare da un libero accordo italo-austriaco. Ciò non è apparso possibile.

Ma il ministro austriaco Schmid ha testè proposto per l'art. 10 un nuovo testo 1 , che ne costituisce un grave e permanente inasprimento.

Il nuovo testo testo prescrive infatti che l'Italia stipulerà accordi con l'Austria entro un anno dalla data di entrata in vigore del trattato di pace ed il contenuto di tali accordi viene ad essere tassativamente specificato, allargando ed alterando a nostro danno il testo primitivo.

La formulazione austriaca dell'articolo in questione prevede infatti l'impegno, da parte italiana, di assicurare alla popolazione autoctona della provincia di Bolzano, nonché a quella di un gruppo di comuni enumerati delle province di Trento e di Belluno «la liberté de son développement économique et culture! par l'octroi d'une autonomie régionale», il che implicherebbe una permanente ingerenza austriaca negli affari alto-atesini; ingerenza che, per di più, scaturirebbe da un atto internazionale firmato da terze Potenze del tutto estranee alla questione e che in certo modo diverrebbero garanti dell'impegno jmpostoci. Non avendo inoltre tale ingerenza austriaca alcuna contropartita a nostro favore, l'Austria verrebbe a trovarsi in una non giustificata posizione di preminenza nei nostri confronti.

La clausola in questione comporterebbe periodiche possibilità d'attriti e sarebbe pertanto pregiudizievole agli stessi rapporti italo-austriaci che il Governo italiano intende mantenere in atmosfera di cordiale collaborazione. Inoltre le specifiche concessioni, inserite nel testo austriaco e che non saranno probabilmente ottenute da parte nostra a favore delle minoranze italiane in Jugoslavia, potrebbero essere invocate, a danno della compattezza statale italiana, da gruppi etnici (ad esempio valdostani) trovantisi entro i confini italiani.

Si noti per inciso che fra i comuni enumerati nell'annesso all'art. IO (redazione austriaca) ve ne sono alcuni di lingua ladina e non tedesca.

L'ultimo capoverso, infine, mentre ripete i termini del testo primitivo dell'art. IO circa la <<liberté de circulation des voyageurs et des marchandises entre le Nord et l'Est du Tyrol» (Val Pusteria), ne sovverte del tutto la portata aggiungendo le parole «entre la dite région et l'Autriche en ce qui concerne !es produits originaires de cette région ainsi que .ses besoins normaux d'importation».

Il Governo italiano si è già dal canto suo dichiarato disposto e pronto ad agevolare il traffico interno austriaco attraverso la Val Pusteria, mentre non potrebbe evidentemente accordare libertà di circolazione ai viaggiatori e alle merci tra l'Alto Adige e l'Austria, il che implicherebbe di necessità un arretramento della linea doganale italiana ai confini meridionali della provincia di Bolzano o della regione tridentina.

È concepibile e sarà a suo tempo auspicabile un «Anschluss» doganale italo-austriaco, ma non già l'inclusione dell'Alto Adige nella sfera doganale austriaca.

I Vedi D. 209, Allegato.

222

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

PROMEMORIA. [Parigi, 27 agosto 1946, seraP.

Dopo il colloquio con Gruber e Schmid del giorno 26 in cui Gruber mi ha dato il testo dell'emendamento all'art. IO e dopo l'incontro avuto con lui la sera stessa al Ritz con van Langenhove e coll'ambasciatore olandese 3 , ho rivisto Gruber la mattina del 27 per conoscere esattamente il suo pensiero su varie questioni 4 .

Mi ha detto che in linea di massima approvava il progetto Innocenti per l'autonomia salvo alcune modifiche che mi ha così precisato:

l) diritto del governo regionale a imporre ed esigere la tasse erariali versando al governo centrale il 30% del ricavato;

2) polizia locale (già concessa in realtà dal progetto Innocenti);

3) diritto di impiego negli uffici pubblici da parte degli elementi tedeschi m una certa proporzione (non per i servizi generali come la ferrovia);

4) limitazione dello stabilimento di nuovi elementi italiani nell'Alto Adige;

5) commissione mista per la revisione delle opzioni.

Mi dichiara che su questi punti come su ogni altro è disposto a trattare. Gli impegni su carta sono inutili se non corrispondono ad una reciproca buona volontà di attuarli.

Gli dico onestamente che l'impegno internazionale di garantire l'autonomia non può essere da parte nostra condizionato a determinare pratiche soluzioni che sono ora allo studio col Volkspartei e che la Costituente dovrà vagliare e decidere.

Si dichiara perfettamente d'accordo. Si accontenta di un impegno di principio salvo discutere l'attuazione con larghezza di tempo. Mi fa osservare (punto per lui evidentemente importante per ragioni di politica interna) che le trattative non dovrebbero poi avvenire fra Governo italiano e Volkspartei ma fra Governo italiano e Governo austriaco.

Gli chiedo se fa una condizione assoluta della limitazione dell'autonomia alla provincia di Bolzano, facendogli rilevare le ragioni pratiche che consigliano di riunire amministrativamente le provincie di Bolzano e Trento, salvo (come è precisato nel progetto Innocenti) stabilire un meccanismo di disarticolazione delle due province sia nel potere legislativo che in quello esecutivo, onde garantire una effettiva garanzia alle minoranze di lingua tedesca. Gli faccio rilevare che una parte del Volkspartei è favorevole alla unione amministrativa delle due province.

l In Archivio Carandini, busta IO. Il promemoria è autografo.

2 Il documento è privo di data. Lo si attribuisce alla sera del 27 agosto poiché riferisce, più ampiamente che nell'appunto pubblicato al D. 218, sul colloquio avuto con Gruber quella mattina in vista dell'incontro con De Gasperi del pomeriggio successivo di cui al D. 231.

3 In effetti il testo dell'emendamento fu dato a Carandini da Schmid nel colloquio del 24 (vedi D. 209). Per il colloquio di Carandini con Gruber del 26 e per il seguito dell'incontro al Ritz, vedi D. 216.

4 Vedi D. 218.

Insiste sulla limitazione dell'autonomia alla provincia di Bolzano. Gli faccio osservare che non è per noi accettabile la specificazione nel trattato dei comuni passati alla provincia di Trento e che dovrebbero godere dello speciale trattamento riservato alla provincia di Bolzano, trattandosi di materia da vagliare e decidere successivamente. È d'accordo per sostituire la elencazione dei comuni con una frase «i comuni etnicamente tedeschi della provincia di Trento».

Gli faccio osservare che la frase «sans tenir compte de l'accord Hitler-Mussolini de 1939 » è inaccettabile perché troppo lata. Per gli optanti ancora residenti la reintegrazione della nazionalità potrà avvenire come colpo di spugna, per quelli trasferitisi oltre confine la questione va esaminata caso per caso. È d'accordo e conferma che non si aspetta che accettiamo in blocco i nazisti e tutti coloro che non potranno provare di avere una sistemazione economica.

Colloquio estremamente leale. Lo saluto assicurandolo che vado a Roma a servizio del mio Paese e dell'Austria.

223

L'ON. SARAGAT ALLA COMMISSIONE POLITICO-TERRITORIALE PER L'ITALIA

DISCORSO. Parigi, 28 agosto 1946, ore IO.

Qu'il me soit permis de vous remercier pour avoir bien voulu, avant de prendre vos décisions, écouter le délégué de l'Italie.

J'ai au préalable deux déclarations à vous faire. La première est que le peuple italien se sent historiquement responsable des crimes du fascisme, car un peuple est toujours responsable des crimes de ses Gouvernements meme s'il n'est pas coupable et meme s'il s'est racheté par une lutte de deux ans à còté des Nations libres, comme c'est le cas de mon pays. Ce sentiment de responsabilité il le partage pour toutes les agressions d'un régime funeste et il le ressent de façon particulière pour ce qui a trait à l'agression dont la France a été l'objet.

A l'appui de ce que j'affirme, je me limiterai à souligner que l'antifascisme, en tant que mouvement de masses, se développe en Italie à partir du moment de la déclaration de guerre à la France. Il y a d'ailleurs un témoignage éloquent, celui du sang. Cinq cent antifascistes italiens sont tombés sur le territoire de la France à còté de leurs camarades du maquis.

L'autre déclaration est la suivante: le peuple italien désire ardemment de retrouver l'amitié française. Il a besoin de cette amitié non tant pour effacer dans son esprit le souvenir d'un passé funeste, car on ne peut pas arracher de l'histoire une page, meme si c'est une page douloureuse, mais pour recevoir de cette amitié comme une espèce de témoignage et je dirais mème de consécration de sa renaissance démocratique.

Il a besoin de l'amitié française car ses intérèts économiques et sociaux sont complémentaires avec ceux de la France. Il suffira de signaler le problème de la main d'oeuvre. Et je voudrais bien qu'on ne se méprenne pas au su jet de cette amitié franco-italienne que nous rechercherons. Il ne s'agit point de quelque chose qui puisse, mème de loin, ètre envisagée sous l'angle d'une hostilité quelconque contre n'importe quelle autre Puissance. C'est un problème uniquement lié aux nécessités du développement, et peut-ètre meme de la vie, de la démocratie de mon Pays.

le parlerai maintenant de la frontière franco-italienne, et ce problème je l'envisagerai dans le cadre de cette amitié que nous voulons reconquérir mème au prix des plus lourds sacrifices. Il s'agit en effet d'aUer au devant de celles des demandes françaises qui, d'après nous, ne sont pas de nature à créer des obstacles insurmontables aux buts réels de notre politique qui est la réconciliation de deux grands peuples libres et démocratiques.

La frontière politique actuelle suit presque partout, sur un parcours de 400 Kms environ, la ligne de crete des Alpes du Mont Blanc jusqu'aux Alpes maritimes. C'est dans la région des Alpes Maritimes que la ligne de frontière se détache de la ligne de partage des eaux pour descendre à la mer.

En effet, si la frontière politique devait suivre toute la ligne de crete des Alpes, elle devrait se prolonger jusqu'au col de Cadibona d'où commencent les Apennins, c'est-à-dire jusqu'au coeur de la région de la Ligurie, soit en pleine Italie. Ou est-ce que la ligne de frontière politique doit abandonner la ligne de crète? Il semble que le critérium déterminant devrait ètre celui qui prendrait en considération l'élément ethnique prédominant sur le versant sud de cette ligne. La frontière politique actuelle respecte en principe ce critérium en laissant à l'Italie la plus grande partie de la Vallée de la Roja habitée par une population d'origine et de langue italiennes.

Il faut noter que sur le versant italien l'épaisseur des montagnes est en mojenne de 40 kms. pour se réduire à 20 dans le secteur du Mont Viso, que toutes les vallées sont perpendiculaires à l'are de cercle de la ligne de crète alpine, de telle façon qu'elles convergent en éventail sur la plaine du Pò, c'est-à-dire vers le centre vita! de l'Italie.

Par contre, comme nous le signalions déjà dans le Mémorandum présenté par le Gouvernement italien au Conseil des Ministres des Affaires Etrangères à Paris le 5 mai de cette année, sur le versant français la profondeur des montagnes est quatre fois plus grande, le terrain est enchevetré et dépourvu de centres importants. Bref: la ligne de crète constitue pour l'Italie l'unique protection possible. Au contraire, la France trouve toute garantie, en plus que dans la ligne de crète, soit dans la profondeur de ses contreforts montagneux, soit dans l'orientation de ses vallées, soit dans ses nombreuses lignes de défense.

Ainsi posé le problème, nous n'avons sur le tracé de la frontière franco-italienne qu'à souligner le point de vue du Gouvernement italien, te! qu'il a été exprimé par le Mémorandum que la Délégation italienne a présenté au sujet des articles 2,5,6,7,8, et 9 du projet de Traité.

Je me limiterai donc à résumer rapidement !es points principaux de la question.

Nous avons dit que la frontière franco-italienne, depuis la frontière suisse jusqu'où la chaine des Alpes prend la direction du sud-est en commençant à longer la mer, trouve sans aucun doute le critérium principal de sa démarcation dans la ligne de partage des eaux. Pour toute la longueur de ce parcours la France demande des rectifications sur 5 points.

De ceux-ci deux sont du còté français de la ligne de partage des eaux: soit la zone à l'ouest du col du Petit-St. Bernard et la zone des territoires des hauts bassins de la Vesubie et de la Tinée, désignées sous le nom de «terres de chasse». Nous renonçons en faveur de la France à nos droits de souveraineté sur ces territoires.

Restent trois rectifications: le plateau du Mont Cenis, la vallée Etroite de Bardonèche et la région du Mont Chaberton. Ces trois requetes visent des territoires qui se trouvent sans contestation possible du còté italien des Alpes.

Dans sa volonté d'aboutir à un accord avec la France le Gouvemement italien

à accepté de déroger à ce principe fondamenta! de la coincidence de la ligne de

partage des eaux avec la frontière politique se déclarant pret à aUer à la rencontre de

la requete française pour la Vallée Etroite de Bardonèche et pour le Mont Chaberton.

En ce qui concerne la Vallée Etroite de Bardonèche, tout en n'ignorant pas les sacrifices que cette requete comporte de la part de l'Italie, le Gouvernement italien, ainsi que nous le disions dans le Mémorandum qu'on vous a soumis, a admis que les populations du Dauphiné et de la Savoie pourraient avoir quelque intérét à disposer d'autres communications directes entièrement situées en territoire français en plus de celles dont elles disposent déjà (c'est à dire la route du Galibier).

De ce fait toutefois quelque 1170 hectares de pàturages et 1090 hectares de terrain boisé, appartenant aux habitants du village italien de Melezet, passeraient par suite de la rectification proposée en territoire français. C'est un sacrifice que nous acceptons, mais dont il serait juste de tenir compte ailleurs. Ainsi serait-il nécessaire de corriger légèrement le tracé proposé par le Mémorandum français de façon à laisser en territoire italien les barrages nécessaires à l'usine électrique qui dessert le chemin de fer de l'Etat.

Pour ce qui a trait au Chaberton, tout en constatant qu'une telle rectification représente, comme dans le cas précédent, une grave dérogation à ses dépens au principe de l'adhérence de la frontière à la ligne de partage des eaux et un très lourd sacrifice, car cette montagne domine aussi une large zone de territoire italien, le Gouvernement italien, se rendant au désir manifesté par le Gouvernement français, a déjà déclaré étre disposé à accepter en principe le déplacement de frontière demandé, à l'exception de quelques modifications de détail.

En conclusion, c'est donc sur quatre points que le Gouvernement italien s'est déclaré pret à venir à la rencontre des demandes françaises, soit:

l. Petit St. Bernard,

2. -Vallée Etroite de Bardonèche, 3. -Mont Chaberton, 4. -Hautes vallées de la Tinée et de la Vesubie.

En ce qui concerne le plateau du Mont Cenis, nous constatons qu'il se trouve tout à fait du còté italien de la ligne de crete surplombant la vallée de Suse à quelques 40 kms. en ligne droite de la Ville de Turin. Je ne veux pas parler ici du problème militaire et de la sécurité que soulève cette situation géographique. Mais je me limite à observer: quelles raisons peut-on trouver à cette rectification? Le Mémorandum français qui sert de commentaire au projet de traité, rappelle avant tout que le plateau faisait administrativement partie, une fois, de la Savoie cédée à la France en 1860. Mais c'est justement parce qu'il s'agissait d'une repartition administrative, en contraste avec la géographie et la logique, que le plateau fut alors laissé à l'Italie.

Quant à la propriété et à l'usage de certains pàturages qui reviennent à des montagnards du versant français, nous ne saurions oublier les ressortissants italiens qui sont également propriétaires et usagers d'une extension de pàturages bien plus étendue sur le meme plateau. Les cartes du cadastre indiquent en effet que !es terrains de pàturage du plateau du Mont Cenis couvrent un totale de 4.455 hectares dont seulement 1.688 (et non 5.035) de propriété française.

On ne possède pas de données concernant la superficie totale des terrains possédés par des citoyens français en 1860 et leur successif passage de propriété. Il est possible que le chiffre de 5.035 hectares indiqué dans le mémorandum français se réfère à la situation existant à cette date (1860). Dans ce cas la plus grande partie de ces propriétés a depuis lors changé de main à la suite de contrats libres et directs, vis-à-vis desquels aucune exception ne peut ètre raisonnablement soulevée aujord'hui -ou bien par suite de la création du réservoir auquel (comme il est dit dans le mémorandum mème) la France a elle aussi un intérèt direct.

Les expropriations massives, auxquelles le mémorandum français, se réfère, ont eu lieu seulement à partir de 1937. A cette époque la superficie totale des propriétés frnçaises, à l'égard desquelles ont été prises !es mesures d'expropriation, n'atteignait que 2.500 hectares. Les expropriations ont été ensuite suspendues vis-à-vis de la plus grande partie de ces propriétés, c'est-à-dire de 1.688 hectares qui réprésentent les terrains actuellement de propriété de citoyens français dans la zone.

D'autre part, l'importance relative de ces pàturages pour la France et pour l'Italie peut-ètre jugée en constatant que plus de 4.000 tètes de gros betails et plusieurs milliers de tètes de bétail moyen sont transférées chaque été sur le plateau des vallées piémontaises avoisinantes. Ces chiffres n'ont jamais été atteints par le cheptel de propriété française.

L'argument selon !eque!, en vue de la construction d'un nouveau barrage qui devrait ètre exploité en faveur de la France, le territoire devrait «devenir Français», se prete à une objection fondamentale. Le barrage devrait, en effet, augmenter la capacité du réservoir actuel, ce qui aggraverait d'autant le danger potentiel déjà très grave pour la partie basse de la vallée qui est italienne. A ce point de vue le Gouvernement italien, par son mémorandum du 17 juin 1 , a déjà souligné que la condition préalable à la construction de ce barrage devrait etre le maintien sous le contrale de l'Italie du territoire dans !eque! le barrage mème devrait ètre construit.

En effet, il n'est pas concevable qu'une masse d'eau aussi importante soit accumulée en territoire non-italien, alors que c'est sur une vaste et importante région italienne que -en cas de rupture du barrage -elle dévalerait.

Et il ne semble pas admissible que parla cession envisagée on puisse établir, pour la première fois dans l'histoire, un précédent de cette nature au détriment de l'Italie.

Nous n'avons pas besoin d'ajouter que I'Italie est prete à envisager tout accord visant à une augmentation massive du volume du lac et à en assurer l'exploitation au profit des deux Pays.

Il nous reste encore à envisager deux requètes pour les territoires situés dans la Vallée de la Roja; soit:

I. la commune d'Olivetta San Michele.

2. !es territoires de Tende et de la Brigue.

1 Vedi serie decima, vol. III, D. A 5b.

La commune d'Olivetta San Michele n'a jamais appartenu au Comté de Nice et ce territoire n'a jamais fait l'objet de discussion pendant la négociation du Traité du Turin (1860).

De sentiment et de langue italiens, les 1100 habitants de ce village sont économiquement et historiquement liés à l'Italie. De plus, dans ce territoire, il y a la prise d'eau et la canalisation des dérivations de l'usine électrique de Airole, ainsi que la prise d'eau de l'aqueduc qui dessert les besoins de la population de Vintimille.

Si le Gouvernement français est soucieux d'inclure dans son territoire la zone dans laquelle passe le tunnel de chemin de fer Nice-Breil, cela pourrait s'obtenir par une petite rectification qui, en coupant le saillant du col «dei Termini», laisserait en territoire italien la presque totalité de la commune d'Olivetta San Michele.

Je vais examiner rapidement la situation dans la Haute Vallée de Roja sous un double point de vue: ce lui de la situation locale et ce lui des intérets généraux de l'Italie en cette région.

l) Le Con sei l des Ministres des Affaires Etrangères a envoyé le mois de mai dernier sur piace une commission spéciale pour enqueter sur la situation locale. Cette Commission a reconnu dans son rapport conclusif que la langue italienne était non seulement la langue officielle, mais aussi la langue universellement parlée dans la région méme en constatant que le français était connu par la grande majorité de la population, ce qui s'explique aisément par le fait qu'une bonne partie des habitants de Brigue et de Tende, comme d'autre part une bonne partie des habitants des vallées alpines du Piémont, émigrent en France pendant la saison d'hiver. Ajoutons que le dialect de la région est un mélange de ligurien et de piémontais.

Pour ce qui concerne les opinions politiques locales, la Commission a constaté que seulement une fraction limitée des habitants possédait une opinion prononcée. En général, la Commission a exprimé le point de vue qu'une large partie de la population de Brigue paraissait en faveur de la France, tandis que la majorité de la population de Tende-la plus grande des deux communes-désirait rester italienne.

En conclusion, si l'on examine la situation d'un point de vue purement objectif, tous !es élements confirment la constatation que la région de Brigue et de Tende, par la langue des ses habitants et par sa situation géographique, est italienne.

2) Du point de vue économique la vallée de la Roja est liée à l'Italie plutòt qu'à la France. La production de bois de la vallée, très importante pour un pays aussi pauvre de forèts que l'Italie, trouve son marché nature! et traditionnel à Cuneo. Le pàturage de Tende et Brigue alimente chaque année un nombreux cheptel de provenance de vallées piémontaises.

Il y a lieu enfin de souligner l'importance primordiale que les usines hidro-électriques de Tende ont pour l'Italie ce qui a été déjà pleinement reconnu par le Conseil des Ministres des Affaires Etrangères. Je me bornerai ici à rappeler qu'une partie de l'énergie éléctrique de la haute vallée de la Roja est produite à une fréquence spéciale absolument irremplaçable et contribue à actionner le réseau ferroviaire électrifié de la Ligurie et du Piémont.

En conclusion, ni le sentiment des habitants, ni la langue, ni des raisons géographiques et économiques, ne justifient donc pas une séparation de cette zone du territoire italien.

Si à ces considérations on ajoute le fait que la cession du Mont Cenis et de la haute vallée de la Roja compromet d'une façon irréparable la valeur protective de la frontière alpine, déjà largement entamée par !es rectifications que mon Gouvernement est disposé à accepter, toute opinion soucieuse de la sauvegarde de l'indépendance de I'Italie doit comprendre !es raisons qui l'inspirent dans sa volonté de garantir avec une équitable sécurité réciproque !es bases d'une confiante collaboration avec la France.

224

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'ON. BONOMI, A PARIGI

T. 13183no9. Roma, 28 agosto 1946, ore l 3,20.

Suo 1041 1 .

Corbino e Menichella ritengono debbasi contrastare qualunque protesta che sotto profilo accertare capacità pagamento Italia rinvii o tenda rinviare fissazione riparazioni a dopo firma trattato.

Nulla osta invece accertamento capacità Italia purché compiuto in via preliminare dalla stessa Conferenza e purché sia fatto salvo principio discendente art. 64 secondo il quale pagamento dovrebbe avvenire esclusivamente mediante lavoro.

Richiamasi attenzione su notizia oggi pubblicata giornale Popolo secondo la quale Molotov avrebbe dichiarato che i Quattro Grandi già fissarono a 300 milioni dollari capacità pagamento riparazioni complessiva su richiesta U.R.S.S. mentre Byrnes proponeva 200.

Sforzi delegazione debbono tendere ridurre tali cifre dando massima pubblicità suddette indicazioni se corrispondono verità.

225

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE SORAGNA CON IL DELEGATO DEL SUD AFRICA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, THERON

APPUNT02 . Parigi, 28 agosto 1946.

Mi reco dal generale Theron per parlargli dell'andamento della Commissione politica e territoriale, dopo la dichiarazione di stamane del presidente Saragat 3 .

Theron mi conferma che la dichiarazione ha fatto una ottima impressione. Mi chiede come stiamo circa le intese coi francesi, e come si atteggiano i comunisti. Gli comunico che l'ultima intervista di Saragat e Reale ha dato la precisa impres

l Vedi D. 219. 2 Trasmesso con Telespr. d. 167 di Soragna del 29 agosto. 3 Vedi D. 223.

sione che il partito è ora disposto a favorire l'intesa franco-italiana sulle questioni di frontiera. Theron da parte sua mi informa che i francesi si associano, anzi, fanno loro la proposta australiana di nominare una commissione per studiare i punti controversi, specie il Cenisio, e che Couve de Murville in questo pomeriggio si abboccava con inglesi ed americani in vista di ottenere la loro adesione alla proposta australiana. Ciò è di buon augurio. Siccome sud-africani, brasiliani e gli altri del partito anglo-sassone appoggeranno la cosa, essa dovrebbe passare. E così sarebbe guadagnato un punto importante. Resta l'alea dell'opposizione russa e blocco orientale, che può riservare qualche sorpresa: tuttavia, trattandosi di questione di procedura, la maggioranza dovrebbe bastare.

Mi diffondo poi, per il caso che ce ne fosse bisogno, a rispiegargli degli emendamenti: servitù militare, colle di Tenda e Vinole a noi, Briga a noi e Tenda alla Francia; linea Malamot-Lamet per il Cenisio. In ogni modo mi assicura che il presidente della Commissione (sud-africano) farà di tutto per prolungare i dibattiti onde lasciar tempo agli uomini politici francesi di decidere e concretare le loro proposte all'Italia.

Passando ad altri argomenti mi comunica:

l) che Smuts ha parlato con il presidente della delegazione etiopica, ma l'ha trovato piuttosto ostile a favorire l'Italia col voto per la Venezia Giulia. Smuts è d'avviso che Bevin può agire con miglior fortuna; gliene ha già parlato, ora che torna da Londra gliene riparlerà. Anche noi potremmo riinteressarlo in proposito;

2) la delegazione italiana sarà chiamata alla Commissione militare e sentita. Mi chiede chi andrà. Gli rispondo che andrà un tecnico militare, probabilmente il capo di Stato Maggiore Generale, ed uno della marina, il capo di Stato Maggiore della medesima. Dice che sta bene. Siccome le delegazioni non sono ancora tutte in possesso dei memorandum dell'Italia in lingua inglese relativi all'esercito ed alla marina, restiamo intesi che saremo chiamati appena tali memorandum saranno stati consegnati a tutte le delegazioni;

3) si informa sul viaggio di Carandini a Roma e sulle sorti dei rapporti italo-austriaci.

226

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, ALLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

TELESPR. RISERVATO URGENTE 1201 SEGR. POL. 1 . Roma, 28 agosto 1946.

Telespresso d. 85 del 17 agosto c.a. 2 .

Con riferimento al telespresso sopra indicato relativo alla conversazione fra gli ambasciatori Quaroni, Foo Ping-Sheung e Wu Nan Ju, questo ministero con

1 Diretto per conoscenza anche a Pechino. 2 Vedi D. 167.

corda con quanto è stato proposto circa lo studio da parte cinese di un draft da essere sottoposto all'esame della delegazione italiana.

Sarà così possibile sapere quali e quanti siano i reclami cinesi, perché fino ad oggi il Governo di Nanchino ed i suoi delegati si sono pronunciati in modo assai evasivo, in attesa di conoscere l'atteggiamento dei Ventuno nei confronti dei Paesi che reclamano il pagamento delle ripartizioni di guerra da parte dell'Italia.

Questo ministero osserva intanto che se da parte cinese non è possibile riconoscere gli accordi intervenuti fra l'Italia ed il «puppet government» di Wang Ching Wei, non si deve tutttavia diminuire l'importanza del fatto che l'Italia, prima fra le maggiori Potenze, con il trattato 27 novembre 1928, firmato a Nanchino dal ministro Varé, rappresentante il Governo italiano, e dal ministro degli affari esteri C.T. Wang, rappresentante il Governo cinese di Chang Kai Shek, aveva rinunciato ai suoi privilegi extraterritoriali in Cina ben diciotto anni or sono.

L'annesso n. l del trattato precisava che i sudditi italiani sarebbero stati soggetti alla giurisdizione cinese dalla data che la Cina avrebbe fissata, dopo che essa avesse raggiunto un accordo circa l'abolizione dell'extraterritorialità con tutte le Potenze a trattato.

Gli accordi successivi intervenuti fra l'Italia ed il «puppet government» di Wang Ching Wei si sono quindi limitati a rendere esecutivo il trattato 27 novembre 1928 stipulato con il Governo di Chang Kai Shek, estendendolo alla retrocessione delle concessioni.

Codesta delegazione potrà trovare il testo del trattato di cui sopra nel volume XXXVIII Trattati e convenzioni edito da questo ministero nel 1928.

Circa l'eventuale liquidazione dei claims, si rimanda alle precedenti comunicazioni di questo ministero, tenendo presente che l'Italia con la concessione di Tientsin retrocede alla Cina un terreno che quaranta anni or sono altro non era che una palude sulla quale sorgeva una sola capanna, mentre oggi quel terreno rappresenta il piu bel quartiere residenziale della città di Tientsin, con larghe via asfaltate, servizi pubblici modernissimi, numerosi palazzi, ville e giardini. Inoltre l'amministrazione italiana trasmette alle autorità cinesi, con il suddetto terreno, i palazzi ed edifici municipali da lei costruiti ed un bilancio municipale senza passività.

A questo proposito giova ricordare che tutte le altre concessioni, nessuna esclusa, hanno invece dei bilanci passivi per debiti contratti con l'emissione di «bonds» che dovevano essere rimborsati dall'amministrazione cinese subentrante. A titolo informativo si comunica che l'ammontare dei debiti della concessione britannica di Tientsin era, nel 1935 (non si hanno dati più recenti), di dollari cinesi 4.186.759; quello francese di dollari cinesi 343 mila; quello giapponese, dollari cinesi 120 mila e yen 500 mila. Solo la concessione italiana non ha mai avuto debiti, e, a quanto hanno riferito i funzionari recentemente rientrati dalla Cina, era tuttora in pareggio.

Circa l'indennità Boxers alla quale ha fatto riferimento il signor Wu Nan Ju, questo ministero osserva che la questione venne regolata fra l'allora ministro Ciano ed il signor T.V. Soong, ministro delle finanze del Governo di Chang Kai Shek. Da allora in poi il fondo indennità Boxers dovuto all'Italia venne amministrato dal Governo cinese in base a detto accordo, che in definitiva riconosceva la rinuncia italiana all'indennità Boxers in cambio-di alcune agevolazioni a favore delle imprese industriali italiane in Cina, e precisamente della Fabbrica d'Aeroplani di Nanchang, voluta dal generalissimo Chang Kai Shek.

La richiesta del signor Wu potrebbe pertanto alludere alla restituzione degli ammontari delle indennità Boxers percepiti dall'Italia prima dell'accordo Ciano -Soong, il che parrebbe eccessivo; a meno che tali ammontari non vengano calcolati in conto riparazioni di guerra ove la Cina fosse ammessa a percepirne.

227

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15116-15117/2-3. Atene, 29 agosto 1946, ore 0,20 (per. ore 13).

In assenza Tsaldaris mi ha ricevuto stamane 1 in prima udienza Stefanopulos, ministro coordinamento economico e ministro esteri ad interim. In cordiale colloquio egli ha assicurato che il Governo greco, «una volta regolate varie questioni pendenti relative al passato», è deciso fare quanto è in suo potere per dare ai rapporti fra i due Paesi carattere amichevole e positivo. Mi ha promesso suo appoggio mia missione.

Accompagnato dal capo protocollo sono stato quindi ricevuto da segretario generale ambasciatore Zelas che, in termini ancora più precisi, mi ha confermato tale sentimento e propositi. Giornali pubblicano con rilievo ma sino ad ora senza commenti notizie udienze.

In colloquio su riferito Stefanopulos mi ha detto che Governo ellenico, e in modo particolare ministero da lui presieduto, attribuiscono grande importanza pronta ripresa dei rapporti economici fra i due Paesi, anche come fattore destinato facilitare sviluppi anche nel campo politico. Ha aggiunto due esperti greci sono partiti domenica scorsa per Parigi per incontrarsi con esperti nostra delegazione, e che egli si attende da questi colloqui favorevoli sviluppi. Avendogli io chiesto sotto quale aspetto egli vedesse questa prima fase rapporti economici, Stefanopulos ha precisato essere personalmente molto contrario sistema compensazioni private e che perciò egli mira lì per lì scambio ratifiche conclusione largo accordo commerciale fra i due Paesi. Mi risulta che questa è anche tesi sostenuta legazione degli Stati Uniti, potenti circoli finanziari locali interessati commercio con l'Italia.

Ho risposto da parte mia credevo poterlo assicurare massima buona disposizione Governo italiano e che se, in primo tempo, si era creduto dare preferenza a sistema compensazione privata, ciò era unicamente in vista possibili difficoltà tecniche di un accordo commerciale prima sianvi risolte varie questioni connesse con trattato pace. A queste evidenti allusioni riparazioni Stefanopulos non ha risposto in modo preciso, limitandosi a dire che colloqui Parigi avrebbero potuto eliminare anche queste difficoltà.

l Il 28 agosto.

In considerazione ripercussione sfavorevole che avrebbero indubbiamente nostre manovre dilatorie, permettomi raccomandare vivamente dimostrazioni di buona volontà ed interessamento positivo, da parte nostra, di fronte queste prime «aperture» economiche.

228

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15145/480. Madrid, 29 agosto 1946, ore 22 (per. ore 8 del 30).

Incaricato d'affari Brasile Leitao da Cunha, che dimostra in ogni occasione e modo interessamento per la nostra causa, mi riferì suo recente colloquio con Martin Artajo a proposito posizione presa dal suo Paese alla Conferenza di Parigi in nostro favore. Questo ministro degli affari esteri incaricò espressamente rappresentante anzidetto comunicare al suo Governo che Spagna, pur non potendo, per sua particolare situazione politica, prendere parte ufficiale o palese a difesa tesi italiana su trattato di pace, aderiva però senza riserva ad azione brasiliana a sostegno nostra posizione, trovandola improntata a idealità e comune interesse di tutto il mondo ispano-americano. Nel pensiero di Martin Artajo causa italiana interessa in questo momento Nazioni bacino Mediterraneo, civiltà occidentale, vasta comunione popoli latini e pace generale effettiva, per cui Spagna non può che essere solidale con simpatia Governo brasiliano e azioni a nostro favore Stati repubblicani sud-America,

Leitao già aveva trasmesso questo messaggio al suo Governo notando valore tale adesione morale della Spagna. Per parte mia osservo che quanto precede coincide con la dichiarazione recente fattami da Martin Artajo 1 e con intonazione generale stampa spagnola verso i problemi nostra pace.

229

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, E AL MINISTRO A QUITO, PERRONE

T. 13247/632 (Washington) 23 (Quito). Roma, 29 agosto 1946, ore 23.

(Per Washington) Informo che è stato telegrafato a Quito quanto segue: (Per Quito e per Washington) Porto a conoscenza della S.V. che il telegramma di questo ministero n. 13073 2 non ha potuto raggiungere il conte Sforza a

l Vedi D. 155. 2 Vedi D. 215.

Caracas. Il conte Sforza ne avrà quindi conoscenza solamente al suo arrivo a Washington. Pertanto la prego esprimere sin da ora a mio nome a codesto Governo nostro più vivo rincrescimento per mancata visita del conte Sforza a Quito informando anche che conte Sforza prenderà contatto con ambasciatore dell'Equatore a Washington non appena giungerà in quella capitale 1 . Omissione lamentata non è in alcun modo dovuta a minore considerazione verso Equatore ma unicamente a ragioni di itinerario e saremmo veramente spiacenti se episodio dovesse essere interpretato così come mancanza apprezzamento da parte nostra per favorevole atteggiamento di codesto Governo verso l'Italia ed offuscare, sia pure per breve momento, rapporto più che amichevole sempre esistente fra l'Equatore e l'Italia. Rinnovi più ampie espressioni nostra gratitudine, e dia assicurazione che non mancheremo trovare favorevole occasione per darvi pubblico solenne riconoscimento 2• All'arrivo a Roma del nuovo ministro dell'Equatore se ne presenterà una prima occasione.

230

IL CAPO DI GABINETTO, BALDONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO

T. 13250/635. Roma, 29 agosto 1946, ore 23,45.

Suo 939 del 28 corrente3 . Con preghiera cortese inoltro trasmetto seguente telegramma del presidente Orlando diretto al giudice Marchisio: «Avuta notizia del vostro telegramma sono venuto appositamente Roma e voglio esprimervi subito i miei ringraziamenti più vivi per l'onore che mi fate col vostro invito. Nulla mi sarebbe più caro di poter apportare un contributo sia pure soltanto spirituale all'oper;t di bene dal vostro Istituto compiuta per il mio Paese e di cementare maggiormente legami di amicizia ed affetto che han così profonde radici in grandi tradizioni storiche. Per l'attuazione di questo proposito sarà necessaria una preparazione per la quale occorre qualche giorno. Darò ulteriore risposta quanto più sollecitamente mi sarà possibile ma ripeto che ho

1 Con T. 15648/969 del 6 settembre Di Stefano riferì: <<Il conte Sforza, che aveva già inviato dal Messico un caldo messaggio al Governo dell'Equatore, ha ieri incontrato personalmente questo incaricato d'affari equatoriano e gli ha espresso il suo vivo rincrescimento per la mancata visita a Quito, giustificandola anche con motivi di salute. Incaricato d'affari ha assicurato che avrebbe fornito ampi chiarimenti al suo Governo ed ha dichiarato al conte Sforza ed a me di rendersi pienamente conto della fondatezza dei motivi che hanno causato la mancata visita».

2 Con T. 15718/56 del 9 settembre Perrone riferì: «Informo codesto ministero che non ho mancato di compiere passo che mi è stato prescritto con il telegramma n. 23. Mi risulta che la mia nota al riguardo è stata bene [accolta] da questo presidente della Repubblica il quale, come ho riferito in precedenza, era la personalità che più si era risentita per la mancata visita del conte Sforza. Da parte di questo ministro degli affari esteri mi è stato detto che l'incidente doveva considerarsi risolto e mi è stato assicurato che nessun risentimento verso l'Italia esisteva ormai più in merito».

3 Non pubblicato, sollecitava la risposta al D. 194.

voluto che fosse immediata l'espressione dei miei sentimenti di gratitudine insieme quella della più cordiale stima che va pure all'eminente collega in giurisprudenza e diritto. ORLANDO» 1•

231

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI (2)

APPUNT03 . Roma, 28-29 agosto 1946.

Partito da Orly alle 9,10 arrivo a Roma alle 15. Vado al ministero. De Gasperi è in Consiglio dei ministri. Fa colazione alle 16 ed alle 17 è a Montecitorio alla Commissione di politica estera. Lo attendo. Esce alle 20,45 esausto. Andiamo a piedi a Palazzo Chigi e gli illustro lo sviluppo delle trattative 4 . Restiamo a colloquio fino alle 22,30.

Si convengono le seguenti linee generali: impossibilità di mettere nel trattato il nostro obbligo di trattare direttamente con l'Austria la questione dell'autonomia trattandosi di concessione che possiamo fare nel libero esercizio della nostra sovranità. Meglio specificare addirittura nel trattato le concessioni linguistiche, scolastiche ecc. che già abbiamo decretate, per le quali prendiamo impegno diretto di fronte alle Nazioni Unite.

Possiamo trattare direttamente con l'Austria le sole questioni di carattere internazionale e cioè: transito ferroviario e stradale, revisione delle opzioni (derivanti da un accordo internazionale). Per l'autonomia assumiamo impegno di fronte alle Nazioni Unite. De Gasperi prepara una traccia del testo 5 .

L'indomani mattina 29 preparo in dettaglio il testo dell'articolo da inserire nel trattato. Alle 10,15 lo porto a De Gasperi al Viminale e lo rivediamo insieme. De Gasperi mi aveva ieri proposto di andare con lui in volo a Bolzano per consultare Innocenti, ma poi ha pensato che la cosa avrebbe dato nell'occhio ed ha fatto venire Innocenti a Roma. Arriverà nel pomeriggio per aereo.

Resto tutta la mattina nello studio vicino a De Gasperi a studiare il progetto Innocenti che mi pare, e me ne rallegro, estremamente largo e generoso, tale da avvicinare l'autonomia ad una indipendenza. Ciò mi rende sempre più perplesso sulla opportunità di estendere tali privilegi alla provincia di Trento, ma De Gasperi è fermo su questa estensione a cui tiene molto.

1 Con successivo telegramma del 2 settembre (n. 13355/639) Baldoni informava Di Stefano che Orlando sarebbe giunto a New York «entro prima decade prossimo ottobre».

2 In Archivio Carandini, busta IO. L'appunto è autografo.

3 L'appunto è intitolato «Viaggio a Roma».

4 Vedi D. 222.

5 La traccia, scritta da De Gasperi, è la seguente: «Memorandum sull'Austria.-D'accordo coll'art.

IO.-Trattamento da noi fatto: revisione delle opzioni, lingua nelle scuole e negli uffici (cfr. Memorandum). -D'accordo con cure per l'Austria, nonostante intervento reggimento austriaco contro truppe alleate e partigiani durante belligeranza. -Dichiarazione generale per protezione minoranze».

Alle 16,30 torno al Viminale. De Gasperi è preoccupato dalla questione dei partigiani e affaticato. Discutiamo con lui ed Innocenti (di cui ho ottima impressione) il testo dell'articolo. De Gasperi ci prega di lavorare nello studio accanto alla redazione definitiva. Va al Consiglio dei ministri. Ci intendiamo perfettamente con Innocenti e stendiamo l'articolo con qualche modifica al testo preparato.

In complesso mi pare un documento buono. Nel colloquio con De Gasperi e Innocenti avevo insistito perché, dopo aver offerto l'offribile quando il sud Tirolo era in pericolo, non cadessimo nel peccato italiano di tentare di lesinare all'ultimo momento. Mi pare di essere riuscito a prospettare bene la situazione e da persuadere De Gasperi che non sono affascinato dagli austriaci. Verso le 19,30 De Gasperi lascia il Consiglio dei ministri. Riesaminiamo attentamente il testo. Accetta l'ultimo comma da me proposto il quale dà una soddisfazione accettabile a Gruber stabilendo che su tutte indistintamente le materie trattate nell'art. 10 il Governo italiano prenderà in considerazione tutti i suggerimenti del Governo austriaco intesi ad ottenere la migliore soluzione. Si salva così capra e cavoli.

Mi pare che siamo a buon punto. Prego De Gasperi di siglare il testo definitivo 1 , il che egli fa. Ci salutiamo, mi ringrazia con quel suo fare semplice e affettuoso che è sempre per me un confronto. Riparto per Parigi in aereo domattina. E che Dio me la mandi buona.

ALLEGATO

PROPOSTA ITALIANA DI EMENDAMENTO ALL'ART. 102

l) Il Governo italiano adotterà a favore della provincia di Bolzano e dei comuni mistilingui della provincia di Trento, norme che tutelino il carattere etnico e garantiscano lo sviluppo culturale ed economico di quelle popolazioni di lingua tedesca.

Sarà particolarmente assicurato ai cittadini italiani di lingua tedesca:

a) l'istituzione di scuole elementari e medie di lingua tedesca; b) la parificazione delle lingue italiana e tedesca negli uffici ed atti pubblici nonché la bilinguità nella toponomastica in quei comuni e località ove si usi in prevalenza la lingua tedesca; c) il diritto al ripristino nella lingua originaria tedesca dei nomi recentemente italianizzati; d) equiparazione dei cittadini di lingua italiana e tedesca in tutti i diritti loro spettanti ed in particolare per quanto concerne l'assunzione ai pubblici impieghi ed uffici.

2) Alle popolazioni della provincia di Bolzano ed a quelle dei comuni mistilingui della provincia di Trento3 verrà assicurata, anche nei limiti di una eventuale più vasta circoscrizione territoriale, l'autonomia 4 nell'esercizio del potere legislativo regionale e di 5 quello esecutivo, in base a norme6 sulle quali saranno sentiti gli clementi locali di lingua tedesca.

1 Vedi Allegato.

2 Le parole in corsivo corrispondono alle correzioni fatte a mano da De Gasperi al testo predisposto da Carandini.

3 Qui De Gasperi ha cancellato le parole: «da indicarsi di comune accordo».

4 Prima della correzione il testo diceva: «una piena autonomia».

5 Prima della correzione il testo diceva: «ed in».

6 Prima della correzione il testo diceva: «disposizioni».

3) Il Governo italiano è disposto (si impegna) a procedere alla revisione degli accordi Hitler-Mussolini del 1939, ai fini della restituzione della cittadinanza italiana agli optanti per la Germania, e a tal fine si consulterà col Governo austriaco dichiarando fin d'ora di voler riesaminare il problema con criterio di larghezza 1 .

4) Il Governo italiano si metterà d'accordo col Governo austriaco per elaborare una convenzione che facili tP il movimento delle persone e delle merci tra la provincia di Bolzano e l'Austria, nonché il transito di persone e di merci fra il Tirolo settentrionale e quello orientale.

5) Il Governo italiano è disposto a prendere in attento esame, per la migliore soluzione, ogni eventuale indicazione che gli pervenisse da parte del Governo austriaco nelle materie indicate nel presente articolo.

Roma, 29 agosto 1946. A. De Gasperi

232

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi, 30 agosto 1946.

All'inizio della seduta, a richiesta del presidente Bonomi, Siotto espone brevemente come egli abbia chiarito la questione della distribuzione degli emendamenti militari proposti dalla delegazione italiana da parte della Segreteria generale e della Segreteria della Commissione militare al Lussemburgo.

Bonomi: Chiede quali informazioni si abbiano circa una prossima chiamata dei rappresentanti militari italiani.

Trezzani: Dalle notizie avute in un primo momento sembrava che la Commissione militare intendesse invitare un nostro rappresentante perché esponesse l'insieme dei problemi. Successivamente si è parlato di chiamare un nostro rappresentante di volta in volta se ciò apparisse necessario. Sembra che questa ultima ipotesi sia più vicina alla realtà, ma nulla si sa di preciso.

De Courten: Ha avuto in giornata contatti con esperti militari americani i quali gli hanno comunicato che le decisioni raggiunte ieri dai Quattro Grandi avranno in seguito riflessi nel campo navale: tra alcuni giorni si riuniranno gli esperti delle Quattro Potenze per esaminare tutti gli emendamenti. Nelle Commissioni i Quattro approveranno gli emendamenti che saranno stati accettati dai loro esperti. È evidente che se da parte nostra si desidera che un emendamento possa

1 Prima della correzione la frase diceva: «Il Governo italiano, nella revisione degli accordi Hitler-Mussolini del 1939, ai fini della restituzione della cittadinanza italiana agli optanti per la Germania, si consulterà col Governo austriaco dichiarando fin d'ora di essere disposto a riesaminare il problema con equità e tolleranza».

2 Prima della correzione la frase diceva: «<l Governo italiano, d'accordo col Governo austriaco, studierà un progetto diretto a facilitare».

3 Il verbale precisa che sono presenti: «on. Bonomi, on. Arpesani, ambasciatori Quaroni, Tarchiani, Reale, generale Trezzani, amm. De Courten, generale Aliberti, gr. uff. Di Nola, ambasciatore Soragna, dr. Anzilotti, Benzoni, De Cornè, Cattani, Casardi, Lanza, Ducci, Siotto».

essere almeno discusso dai Ventuno, occorre trovare una qualche delegazione che lo faccia proprio, il che diviene sempre più difficile.

Trezzani: Ha incaricato il col. Bruno, testé giunto dalla Germania, di prendere opportuni contatti. Questione principale che interessa i militari è quella della smilitarizzazione in quanto essa è destinata, a differenza di ogni altra, a perpetuare un palese stato di nostra inferiorità. Si vorrebbe chiedere di avere almeno la possibilità di ottenere opere di puro carattere difensivo. Questioni del pari importanti sono quelle delle riserve di materiali (carri armati, aeroplani) di cui si dovrebbe ottenere l'assegnazione oltre la cifra fissata e infine quella dell'uso dei proiettili automatici, almeno a carattere puramente difensivo. Per quanto riguarda la questione della smilitarizzazione opportuni passi sono stati compiuti presso la delegazione brasiliana il cui rappresentante militare ha dato ampia assicurazione di appoggiare il nostro punto di vista. Ha infatti agito di conseguenza, ma per un equivoco il suo intervento non ha potuto sortire l'effetto desiderato.

Soragna: Domanda se appare opportuno chiedere di essere ascoltata dalla Commissione militare oppure attendere che questa ultima prenda l'iniziativa di una nostra convocazione.

Trezzani (al quale si associano tutti i presenti): Esprime il parere che convenga chiedere di essere ascoltati.

Bonomi: Concorda col gen. Trezzani e dà ordine che venga preparata la lettera relativa.

Reale: Informa che i tre rappresentanti della Confederazione generale del lavoro sono stati ricevuti molto cordialmente da Molotov che ha pienamente approvato il memorandum da essi presentato ai Ventuno. Ha dichiarato che egli appoggerà le proposte ma ha consigliato di interessare in eguale senso anche gli altri tre Grandi.

Bonomi: Propone che si esamini brevemente il significato politico della riunione dei Quattro Grandi ed invita chi lo desiderasse dei presenti ad esporre il proprio punto di vista. Egli stesso ritiene che dopo la riunione ultima dei Quattro il ruolo delle Potenze minori deve considerarsi ormai divenuto del tutto secondario.

Quaroni: La riunione del giorno precedente ha permesso un accordo fra i Quattro che mira essenzialmente a far cadere il blocco degli emendamenti. Le discussioni dei Ventuno hanno dimostrato la pratica impossibilità di ottenere risultati alla Conferenza. Gli anglo-americani hanno forse voluto lasciare libertà di azione alle Potenze secondarie per scoprire fino a quale punto sarebbe stato possibile far ritornare i russi sul loro atteggiamento. Fallito questo tentativo si è ritornati puramente e semplicemente alla decisione di Parigi. Praticamente la nostra possibilità di azione presso i Quattro Grandi è limitata ai punti su cui fra di essi non si è realizzato un accordo. Questo accordo è ormai raggiunto per quanto concerne le questioni territoriali e militari. Questo è un fatto dal quale non si può prescindere e bisogna quindi riconoscere che ogni nostro futuro intervento in materia, necessario soprattutto per scopi di politica interna, non potrà più sortire alcun risultato.

Bonomi: La questione della frontiera francese è effettivamente ormai risolta a nostro danno. Si sta per abbordare la questione giuliana: non c'è gran che da sperare anche da questo lato. Comunque per motivi di politica interna, per dare al Paese la sensazione che ci si batte fino all'ultimo, bisogna continuare a sostenere il nostro punto di vista. È probabile che lunedì venga iniziata la discussione della frontiera itala-jugoslava. Egli si propone di chiedere alla Conferenza di esporre il nostro punto di vista analogamente a quanto si è fatto per la frontiera itala-francese ed egli stesso sosterrà la nostra tesi.

Tutti concordano col punto di vista dell'an. Bonomi. Bonomi decide senz'altro che venga inviata alla Conferenza la lettera chiedendo di essere ascoltato.

Quaroni: Espone il proprio parere circa i punti del progetto di trattato sui quali esistono ancora divergenze di opinioni fra i Quattro Grandi e sui quali di conseguenza è possibile agire da parte nostra. Egli accenna in particolare a questioni connesse con le riparazioni.

Bonomi: Prega Di Nola di esporre il suo punto di vista sull'argomento.

Di Nola: L'azione della nostra delegazione si era impostata sul tentativo di esercitare influenza soprattutto presso le minori Potenze. Dopo le decisioni ieri raggiunte dai Quattro Grandi è doveroso riconoscere che ben poco resta da fare in questo campo e occorre concentrare la nostra azione presso i Grandi. Nulla resta da fare per quanto riguarda le clausole territoriali e politiche. Per le clausole economiche c'è ancora la possibilità di agire. Il problema delle riparazioni che è il principale di esse non è infatti ancora stato risolto per quanto concerne la Russia. Dai contatti che egli stesso ha avuto con i rappresentanti delle delegazioni delle Quattro Grandi Potenze, ha tratto l'impressione che sussistano buone disposizioni generiche nei nostri riguardi. Nel corso di questi contatti egli ha svolto la tesi che il problema delle riparazioni vada risolto in base a tre concetti: l) che si fissi una somma molto modesta; 2) che si giunga subito ad una decisione in proposito; 3) che si stabiliscano delle modalità di pagamento in base a forniture di lavoro. Tutti i rappresentanti dei Quattro Grandi interessati hanno trovata giusta tale tesi in quanto è aderente alla nostra situazione economica ed hanno dichiarato che sosterranno il nostro punto di vista. Senonché di fronte a questa manifestazione di buona volontà troviamo delle richieste di riparazioni avanzate da altri Paesi su basi tali da compromettere fatalmente l'azione che i Quattro volessero intraprendere. È a questo punto indispensabile una nostra energica azione; occorre chiedere di essere ascoltati per esporre alla Commissione economica il nostro punto di vista nel suo insieme (il rappresentante sovietico, col quale poc'anzi si è intrattenuto, gli ha appunto chiesto quando pensavamo di avanzare tale domanda). Occorre intensificare l'azione tecnica presso le delegazioni dei Quattro Grandi. Egli ha preparato un promemoria relativo alle richieste jugoslave, che si accinge a distribuire al più presto. Occorre infine una parallela azione politica battendo soprattutto sui punti sui quali i Quattro Grandi stessi sono in disaccordo, punti che sono di notevole importanza, ma non soltanto su questi. Ad esempio sulla questione dei nostri beni all'estero, tutti, Grandi e Piccoli, sono d'accordo, ma una azione non è meno necessaria. A questo proposito occorrerebbe infatti tentare di ottenere una modifica all'art. 69 tale da evitare l'affrettata alienazione dei beni e da permettere una liquidazione dei danni in modo da lasciare intatti quei beni medesimi. La tesi è ragionevole e sembra conciliarsi con gli interessi altrui. Altro punto su cui occorrerebbe insistere è quello dei crediti italiani verso la Germania, cercando di ottenere che ci sia almeno concesso di rivalerci con i beni tedeschi in Italia. Altro punto ancora è quello relativo al regime delle proprietà italiane nei territori ceduti, soprattutto data la tendenza ad allargare il concetto dei beni all'estero che potrebbero essere ceduti senza contropartita. Questo in conclusione il quadro sommario della situazione e dell'azione che occorrerebbe svolgere.

Bonomi: Crede che occorre avanzare subito domanda di essere ascoltati in materia economica.

Di Nola: Esprime opinione favorevole e tutti concordano con lui.

Bonomi ha pronta una lettera che firma seduta stante.

Bonomi: Propone da ultimo di esaminare la questione delle garanzie per gli impianti idroelettrici di Briga e Tenda e del Moncenisio. Finché la questione territoriale resta in sospeso, le questioni di emendamenti all'annesso 2° da noi studiate non erano state avanzate. Ora occorrerebbe farlo.

Si decide pertanto di incaricare gli esperti tecnici di studiare quali alternative presentare, in quale ordine e in quale momento.

233

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 15177/1062. Parigi, 30 agosto 1946, ore 12,30.

Preannunziata riunione quattro ministri affari esteri svoltasi ieri 29 agosto ore 16 al Quai d'Orsay sotto la presidenza di Bidault è durata fino alle ore 20. Secondo fonti attendibili Bevin ha sottoposto progetto risoluzione per procedura diretta rendere più rapido esame e discussioni dei 250 emendamenti ai progetti di trattato, risoluzione che è stata adottata come segue:

«Consiglio dei ministri affari esteri incarica i supplenti di esaminare i vari emendamenti e le nuove proposte presentate dai membri della Conferenza nonché dagli Stati alleati ed ex nemici al fine di constatare quali di essi sembrano suscettibili di ottenere appoggio generale da parte dei membri del Consiglio. Il Consiglio dei ministri degli affari esteri terrà riunioni in comitato ristretto allo scopo di tentare -per quanto riguarda gli emendamenti e nuove proposte dianzi indicate -di comporre ogni divergenza di opinioni e di approvare le decisioni dei supplenti. Nel caso in cui il disaccordo dovesse prolungarsi fra di essi in merito agli emendamenti, i membri del Consiglio continueranno tuttavia ad appoggiare gli articoli del progetto di trattato su cui già si sono messi d'accordo, pur conservando la libertà di votare secondo il proprio giudizio sulle questioni che non tocchino i medesimi articoli».

Successivamente Byrnes ha proposto che emendamenti comuni a più trattati di pace siano sottoposti alla Commissione generale onde evitare analoghe parallele discussioni da parte di varie commissioni. Molotov dichiaratosi contrario proposta e dopo lunghe discussioni nessuna decisione è stata presa sull'argomento.

Svoltasi in seguito discussione in merito prossima riunione Assemblea O.N.U. convocata per 23 settembre p.v. data alla quale non è ritenuto che Conferenza Parigi possa essere terminata. Molotov richiesto aggiornamento Assemblea fine dicembre o principio gennaio. Byrnes e Bevin, pur aderendo all'idea che Conferenza pace non debba interrompere lavori, dichiaratisi contrari ad aggiornamento Assemblea O.N.U. anche per ragioni di organizzazione pratica, sostenendo possibilità continuare discussioni a Parigi contemporaneamente Assemblea Nazioni Unite.

Data ora tarda, non essendosi raggiunto un accordo, questioni vanno rinviate nuovo esame prossima riunione che verrà convocata da Bidault. Supplenti si riuniranno oggi per procedere primo esame degli emendamenti. Ritiensi che nuova riunione dei Quattro debba aver luogo lunedì 2.

234

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15187/240-241. Praga, 30 agosto 1946, ore 14,10 (per. ore 17,45).

Riferendomi notizia radio ieri sera, secondo la quale sarebbe stata fissata a tutte le Nazioni breve mora per presentare domande riparazioni Italia. mi permetto ricordare che, come ampiamente riferito passato nonché con rapporto 4816/882 del 21 luglio u.s. 1 , in mie conversazioni con Gottwald e Masaryk ottenni, come una delle contropartite invio operai, formale assicurazione che Cecoslovacchia non avrebbe avanzato Parigi altre pretese riparazioni, limitandosi trattenere beni italiani concorrenza eventuale credito commerciale 1939 come pensavasi ammesso dal draft. Promettevasi poi facile accordo per liberazione beni così trattenuti di fronte diversa forma pagamento da concordare. Consiglio dei ministri avendo approvato detta intesa, questo Ministero affari esteri proponeva testo promemoria 30 luglio inviato in allegato al rapporto n. 1603/9372 dove alla lettera C parole «nuove pretese» riferisconsi rinunzie suindicate. Legazione otteneva che in altra clausola testo inviato in allegato al mio rapporto 130011671 /lOOJ2, la dizione venisse modificata in «pretese particolari» ed in conversazioni relative dette modifiche fu sempre concorde riconoscere significato suindicate rinnunzie.

Attendendo istruzioni di V.E. su quanto esposto citati rapporti ho predisposto nuovo testo più circostanziato su queste equivalenti contropartite relative confische avvenute altro titolo. Lusingavomi attenerne adozione stante buone disposizioni conseguentemente mie trattative Gottwald, ma, data assenza dirigenti Ministero

1 Non pubblicato, ma vedi DD. 4 e 6. 2 Non pubblicato.

affari esteri, è stato fin ad ora impossibile trattarne: per questa ragione e contemporanea assenza presidente e vice presidente Consiglio, sottolineo che non ho attualmente alcuna possibilità di agire qui.

235

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 15286/0130. Parigi, 30 agosto 1946 (per. il ] 0 settembre).

Decisione riunione Consiglio Quattro, a parte dettagli che potranno essere conosciuti in seguito, significa che Quattro Grandi riprendono in mano direzione lavori e decisioni Conferenza.

Discussioni diffuse e lente questo primo periodo Conferenza Parigi hanno finito per dimostrare difficoltà pratiche condurre avanti lavori attuale sistema: ed anche anglo-americani, dopo essersene valsi per saggiare disposizioni russe, hanno ammesso opportunità ai propri fini porre termine o per lo meno freno ad esperimento.

In pratica ciò significa:

l) il più degli emendamenti da noi proposti perde ogni possibilità essere accolto: lo stesso vale però per molti emendamenti proposti dalle delegazioni minori nella loro maggioranza a noi sfavorevoli;

2) speranza rimettere in discussione se non per modifiche del tutto secondarie decisioni territoriali è da ritenersi molto attenuata; 3) nostra effettiva possibilità azione resta quindi limitata questioni per la maggior parte economiche circa le quali Quattro Grandi non hanno raggiunto accordo.

Delegazione sta studiando nuovo indirizzo nostra attività pratica che si adatti situazione attuale. È da notare che trattasi decisione che solo in apparenza è nuova. Volontà Quattro Grandi non permettere rimettere in questione decisioni comuni faticosamente raggiunte era preveduta fin da prima che Conferenza Ventuno si riunisse.

236

COLLOQUIO DEL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, DI NOLA, CON IL VICE DIRETTORE DEGLI AFFARI ECONOMICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DELL'U.R.S.S., ARUTYUNYAN

APPUNTO. Parigi, 30 agosto 1946.

Nella conversazione odierna, che il comm. Di Nola ha avuto con il signor Arutyunyan è stato trattato a lungo il problema delle riparazioni.

Il comm. Di Nola ha esposto le ragioni per le quali la delegazione italiana era contraria alla proposta australiana ed ha affermato che il problema delle riparazioni dovrebbe essere risolto in base a questi criteri:

l. modesta entità della somma da pagare in guisa che essa risulti proporzionata alla situazione economica italiana;

2. -decisione immediata, in guisa che l'Italia possa ricuperare la libertà di movimenti indispensabile per ottenere gli indispensabili finanziamenti; 3. -pagamento con lavoro incorporato in materie prime fornite dallo Stato creditore.

Il signor Arutyunyan si è dichiarato d'accordo su questi criteri. Ha ammesso che l'Italia si trova in una situazione economica difficile, ma ha detto che le riparazioni non possono essere evitate, date le responsabilità assunte dall'Italia per la guerra. La delegazione russa farà opera di moderazione, come ha sempre fatto finora.

Passando all'esame delle singole domande di riparazione, le quali non sono ancora tutte note, il comm. Di Nola ha richiamato l'attenzione del suo interlocutore anzitutto sulle domande di Stati che, a rigore, non hanno diritto alle riparazioni, come ad esempio l'Egitto, e poi sulle cifre eccessivamente elevate, fino a diventare stravaganti, richieste da altri Stati. Anche su questo punto il signor Arutyunyan si è dimostrato d'accordo circa la necessità di fare opera di moderazione.

Nel seguito della conversazione il comm. Di Nola ha tenuto a far rilevare lo stretto legame che esiste tra il problema delle riparazioni e quello delle esportazioni, nonché tra le riparazioni e gli altri carichi derivanti dal trattato di pace. Sul primo punto ha osservato che, se il pagamento delle riparazioni con lavoro rientra nelle attuali possibilità italiane, non bisogna dimenticare che se le forniture in conto riparazioni fossero molto elevate la bilancia dei pagamenti risentirebbe dannosamente la perdita di quei crediti, che corrispondono al lavoro incorporato nei prodotti esportati. Ora il problema più angoscioso dell'Italia è proprio quello della bilancia dei pagamenti, problema che non può essere risolto che accrescendo le esportazioni fino a raggiungere il livello delle indispensabili importazioni. Sul secondo problema il comm. Di Nola ha richiamato l'attenzione sulle disposizioni contenute negli articoli dal 65 in poi, che si sostanziano in nuovi gravami per l'economia italiana ed in cause di peggioramento per la bilancia dei pagamenti.

Il signor Arutyunyan si è dimostrato convinto di ciò ed ha rilevato che ad esempio l'art. 69 contiene vere e proprie riparazioni, anche se alcuni Paesi le chiamano con un altro nome. Ha detto che la delegazione sovietica, rendendosi conto di ciò, cercherà di influire in senso favorevole al punto di vista italiano ed ha concluso che il pagamento delle riparazioni potrà offrire l'occasione per una vasta ripresa dei rapporti commerciali fra l'Italia e la Russia.

La conversazione è stata anche questa volta molto cordiale e sarà seguita da altre conversazioni sugli altri punti più importanti del trattato.

237

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 31 agosto 1946, ore 17-18,50.

Bonomi: Apre la discussione sulla seduta antimeridiana della Commissione politica e territoriale che ha stabilito l'accettazione integrale delle richieste francesi delle rettifiche di frontiera.

Saragat: Desidera rilevare che il rappresentante francese Couve de Murville ha fatto nel corso delle sue dichiarazioni alcune affermazioni inesatte. Secondo quanto ha riferito il segretario italiano dott. Relli che era presente alla seduta, Couve avrebbe detto che Saragat nel suo discorso aveva riconosciuto che Briga desiderava passare alla Francia e che la linea di cresta era la giusta linea di frontiera tra i due Paesi. In realtà Saragat disse che il rappresentante della commissione di inchiesta asseriva che Briga, a differenza di Tenda, era piuttosto favorevole alla Francia; e che la linea di cresta era la più giusta ma che a un certo punto essa avrebbe dovuto essere abbandonata per scendere al mare. La terza affermazione inesatta di Couve è riportata dal giornale Le Monde ed è che il Governo italiano avrebbe rifiutato di entrare in trattative con la Francia.

A richiesta dell'ambasciatore Reale l'on. Saragat precisa in che forma e in che tempo si siano svolte le trattative coi francesi, e quale sia stata al riguardo la posizione dei principali uomini politici italiani. Saragat intenderebbe fare una precisazione per la stampa italiana allo scopo di rettificare le affermazioni del rappresentante francese. L'on. Bonomi e gli altri delegati si dichiarano d'accordo.

Bonomi: Ricorda che è stato chiesto alla Conferenza di autorizzare un rappresentante italiano ad esporre il nostro punto di vista sulla questione della frontiera italo-jugoslava davanti alla Commissione politica. Egli ha preparato il testo di discorso, di cui fa dare lettura.

Si inizia la discussione sul progetto di discorso dell'on. Bonomi.

Saragat: Ritiene che sarebbe opportuno mettere in più stretta correlazione il discorso di Bonomi con quello di De Gasperi, nel quale era contenuta una precisa riserva circa la costituzione del Territorio Libero di Trieste.

Carandini: È d'accordo, soprattutto per la storia e per l'opinione pubblica italiana.

Tarchiani: Propone di fare un accenno in tal senso nel finale del discorso.

Carandini: Propone di ricordare ancora una volta il principio etnico fissato a Londra dal ministro degli affari esteri.

l Il verbale precisa che sono presenti «l'on. Saragat, gli ambasciatori Carandini, Tarchiani, Reale, Quaroni, Soragna, l'avv. Arpesani, il marchese Benzoni, il comm. Di Nola, i dottori Casardi, Canali, Ducci e Pierantoni». La riunione è presieduta da Bonomi.

Saragat: È d'accordo: ritiene anzi che dobbiamo richiamare vincitori alla coerenza con il loro stesso criterio fondamentale.

Dopo alcune osservazioni dell'ambasciatore Soragna circa la redazione del br.ano di discorso che accenna alle necessità economiche delle popolazioni dell'Alto Isonzo, il testo del discorso viene approvato con l'intesa che l'on. Bonomi modificherà la chiusa nel senso indicato.

Bonomi: Apre la discussione sui lavori della Commissione economica e dà la parola al comm. Di Nola.

Di Nola: Espone il contenuto delle richieste economiche della Grecia. Il memorandum greco afferma che la Grecia avrebbe sofferto danni per sei miliardi e 200 milioni di dollari; che la situazione economica italiana, benché critica, è tuttavia migliore di quella greca; e che il Governo greco chiede alla Conferenza di determinare quale ammontare di riparazioni l'Italia possa pagare. Circa le modalità del pagamento delle riparazioni la Grecia propone una commissione mista formata da un rappresentante italiano, da uno greco e da uno dell'O.N.U. Su quest'ultimo punto sembra a Di Nola che si possa essere di accordo; si potrà al massimo tentare di eliminare il rappresentante dell'O.N.U. La Grecia chiede a parte la restituzione di 783 mila dollari per interessi pagati a cittadini italiani residenti in Grecia durante l'occupazione italiana, sostenendo che manca ogni titolo a tale pagamento, in quantoché il trattato stesso stabilisce che l'Italia deve rinunciare a qualsiasi pretesa del genere. Il Governo greco chiede inoltre che l'Italia paghi entro tre mesi dalla ratifica del trattato 64 milioni di dollari a titolo di rimborso di un «debito bancario» contratto dall'Italia verso la Banca di Grecia in seguito ad un accordo del 1942, come anticipo sulle spese di occupazione che da quella data non vennero più richieste allo scopo di venire incontro alla tragica situazione economica della Grecia. Di Nola ha fatto telefonare a Roma per avere la necessaria documentazione sull'argomento. Egli è tuttavia d'avviso che noi dobbiamo opporci a questa distinzione fra gli anticipi bancari e le spese di occupazione vere e proprie.

In seguito ad una discussione generale, la proposta del comm. Di Nola viene approvata in linea di massima, con la riserva che la questione sia esattamente studiata nei suoi particolari.

Di Nola: Passa a parlare delle altre richieste di riparazioni. La richiesta francese è la più pericolosa. La Francia non chiede riparazioni ma domanda di appropriarsi di tutti i beni italiani in Francia e nei territori comunque sottoposti all'influenza francese. Ciò a parte delle restituzioni che sono previste da altro articolo del trattato.

Si discute circa l'ammontare dei beni italiani in Francia e circa l'incongruità di questa richiesta di forfait che non sembra assolutamente accettabile e che ci espone a fortissimi aggravi.

Di Nola: Passa a parlare inoltre della richiesta belga di riparazioni che concerne una nave affondata da un sottomarino italiano e un aeroplano distrutto. I brasiliani affermano che i beni italiani in Brasile sono sufficienti ad indennizzarli dei danni subiti. La Jugoslavia ha chiesto 1.200 milioni di dollari oltre a modifiche a vari articoli del progetto per ottenere di incamerare tutte le attività italiane nella Venezia Giulia e la metà di quelle esistenti nel territorio di Trieste. Il Messico ha chiesto il rimborso del valore di due petroliere da lui pagate e non consegnate.

Viene discussa a lungo l'ingiustizia del criterio secondo il quale i vari Stati si rifarebbero dei danni subiti sui beni italiani esistenti nel loro territorio.

Saragat: Rileva che l'Unione Sovietica da un lato e gli Stati Uniti dall'altro sono le due grandi Potenze che non hanno interesse specifico nell'adozione di questo criterio. Egli ha visto Bohlen e Cohen (consulenti politico e giuridico di Byrnes) i quali gli hanno detto che nello spirito degli americani si dovrebbe anzitutto fissare l'ammontare delle riparazioni dovute a ciascuno Stato e poi procedere alla liquidazione dei beni italiani all'estero. Egli ha fatto loro osservare che tale può essere lo spirito della delegazione americana ma che non è la lettera dell'art. 69. Saragat sostiene che pertanto bisogna fare un passo preciso presso Byrnes e Molotov.

Soragna e Di Nola ricordano che nella seduta della Commissione economica del 29 agosto Molotov, parlando circa un emendamento australiano, si è espresso a proposito dell'art. 69 in termini perfettamente accettabili per l'Italia.

Quaroni: Propone che Bonomi esprima a Molotov in una sua lettera l'apprezzamento della delegazione italiana.

Dopo una diffusa discussione si decide di considerare se ciò sia possibile alla luce del testo del discorso di Molotov e in modo da non urtare la eventuale suscettibilità americana. La delegazione è d'accordo che si faccia un passo presso Byrnes nel senso proposto dall'an. Saragat.

238

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.L, DE GASPERl

APPUNTO. Parigi, 30-31 agosto 1946.

Giunto Orly alle 18. Riferisco a Bonomi il quale approva incondizionatamente. Così pure Saragat.

31 agosto. Alle 11 vado alla legazione austriaca, e sottopongo a Schmid il nostro testo2 pregando1o di riferirne subito a Gruber e di fissarmi con lui un incontro per lunedì.

Schmid trova soddisfacente la nostra controproposta che ho fatto tradurre in inglese3 . È contrario solo alla frase «even in case of an eventual enlargement of the

1 In Archivio Carandini, busta IO. L'appunto è autografo. 2 Vedi D. 231, Allegato. 3 Vedi D. 242.

administrative boundaries» per la nota ragione. Era stata proposta da Innocenti per soddisfare la riserva di De Gasperi. Chiede inoltre che si stabilisca un termine per l'esecuzione dell'impegno. Comunque riferirà a Gruber.

Alle 19 ho un colloquio in camera mia al Meurice con Hoyer-Millar al quale sottopongo confidenzialmente il testo dell'articolo IO. Lo approva e promette il suo appoggio. Gli faccio osservare che questa soluzione, se riuscirà, sarà di grande aiuto anche a Bevin mettendolo di fronte all'opinione parlamentare e pubblica inglese in una botte di ferro.

Parlo ad Hoyer-Millar di vari altri argomenti e specialmente di quello della flotta. Mi conferma incontro Bevin-Alexander a questo proposito. Bevin è contrario alla proposta di De Courten perché la giudica per noi pericolosa. Se ammettiamo la restituzione delle unità da noi affondate corriamo il rischio di destare appetiti che non saranno soddisfatti che a costo della totale perdita della nostra flotta.

239

IL CONTE SFORZA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. PER CORRIERE 15621/S.N. Città del Messico, lo settembre 1946 (per. il 7).

15. Parto stasera per Washington. Trasmetto copia della lettera di ringraziamento e commiato da me diretta a questo signor ministro degli esteri che nelle nostre conversazioni si espresse meco con completa franchezza sulle debolezze attuali come sulle notevoli possibilità future del suo Paese, sempre accentuando desiderio sincero di intesa con l'Italia anche per rafforzare carattere latino del Messico. Di ciò dirò più ampiamente in una sintetica relazione finale 1• In più delle solite straordinarie cortesie di cui fui ovunque oggetto, Governo messicano mi comunicò che dovevo considerarmi suo ospite nel lussuoso appartamento che mi aveva riservato all'Hotel Reforma. Di ciò ringraziai a voce il dott. Najera.

240

L'ON. BONOMI ALLA COMMISSIONE POLITICO-TERRITORIALE PER L'ITALIA

DISCORSO. Parigi, 2 settembre 1946, ore IO.

Je désire avant tout exposer ici quel est l'état d'esprit des Italiens en face du problème de la Vénétie Julienne.

Depuis des siècles cette région est considérée par le peuple italien comme faisant partie intégrante du territoire national et ses habitants comme des membres de la grande famille italienne.

I Vedi D. 393.

Je ne saurais abuser de votre patience en énumérant les grands Italiens qui, depuis l'époque de Dante jusqu'à nos jours, se sont faits les interprètes de ces sentiments naturels, si profondément ressentis, qui remontent sans solution de continuité jusqu'aux temps de la Rome antique. Je me contenterai de rappeler ceci: dès qu'il se fixa but de reconstituer l'unité nationale, le peuple italien posa parmi ses fins principales la libération de ses frères de la Vénétie Julienne, assujettis à une domination étrangère.

L'irrédentisme -c'est-à-dire le mouvement visant à arracher ce territoire à l'emprise des Habsbourg -a trouvé chez les esprits les plus élevés de notre Pays ses apòtres et ses combattants. Ce fut un mouvement éclairé dès l'origine par la lumière de Mazzini, le plus grand des démocrates italiens et l'un des plus grands démocrates de tous les Pays, qui, quoique sincère ami des peuples slaves, n'hésitait pas à proclamer italiens «le Haut Frioul, l'Istrie, et Trieste». De ces terres s'est toujours élevé vers nous l'appel des populations juliennes invoquant leur libération. Depuis le triestin Guglielmo Oberdan jusqu'à l'istrien Nazario Sauro c'est toute une lignée de martyrs qui ont donné leur vie pour affirmer -réalité ineffaçable que dans la Vénétie Julienne battent des centaines de milliers de coeurs italiens qui veulent rester italiens.

C'est en raison de la force irrésistible de ce sentiment national qu'en 1915 l'Italie se rangea aux còtés de la Russie, de l' Angleterre et de la France-bientòt rejointes par l' Amérique -non seulement pour abattre l'impérialisme allemand, mais pour délivrer en mème temps la Vénétie Julienne et la rattacher à la mère patrie.

Notre guerre connut alors -il est bon de le rappeler -la solidarité des peuples yougoslaves. La Serbie envahie trouva en nous l'aide la plus fraternelle. La vtctoire des Alliés, qui fu t aussi n otre victoire, ne délivra pas seulement la Serbi e; elle donna encore aux croates et aux slovènes la possibilité de s'unir dans un nouvel Etat, dont la création avait été incluse par l'Italie au nombre de ses buts de guerre.

Voilà pourquoi, lorsqu'en 1920 il s'agit de fixer les frontières entre l'Italie et l'Etat serbe-croate-slovène o n put voir ce prodige: deux peuples qui font taire leurs passions pour retrouver librement, sans l'intervention de Puissances étrangères, la frontière entre deux races qui -tel est le destin de presque tous les peuples s'enchevètrent aux marges de leur expansion.

Il n'y a aucune raison pour croire que le règlement territorial fixé à Rapallo n'offrait pas les bases d'un bon voisinage, pacifique et fructueux, entre l'Italie et la Y ougoslavie.

Il y eut, il est vrai, la triste parenthèse du fascisme. Devenu rapidement le maìtre sans contròle de l'Italie, le fascisme ne tarda pas à introduire dans la Vénétie Julienne les méthodes de violence qui lui étaient propres et que d'ailleurs il appliquait dans le reste du Pays. Cette violence devait forcément rendre pénible la coexistence entre slaves et italiens dans les zones mixtes.

Heureusement cette parenthèse est aujourd'hui définitivement dose. Après avoir jeté l'Italie dans la guerre en 1940, le fascisme participa à l'agression allemande contre la Yougoslavie et prétendit s'annexer des terres yougoslaves. Cette offense faite par le fascisme au peuple yougoslave est extrèmement grave et nous ne chercherons point à l'atténuer: son souvenir inspire à la nouvelle démocratie italienne, qui n'est pourtant pas coupable, elle, de ces crimes, un sentiment de honte et d'indignation.

Mais cette offense ne peut pas détruire l'histoire précédente; elle ne peut pas effacer dans leur totalité !es accords passés entre la libre Yougoslavie et l'Italie alors démocratique, elle ne peut pas faire en sorte que cette partie de l'Istrie qui est effectivement italienne dans sa très grande majorité renonce à proclamer sa nationalité. L'offense peut exiger la réparation, mais la réparation ne saurait offenser la justice.

Voilà pourquoi (je tiens à le préciser au début de mon exposé) la Nation italienne assiste avec angoisse à ce débat.

L'Italie a réalisé ses frontières naturelles non point par esprit impérialiste, mais seulement pour obéir à une aspiration nationale qui, au Congrès de Rome de 1918, s'était trouvée parfaitement à l'unisson avec !es aspirations nationales des peuples qui devaient former plus tard l'Etat yougoslave. Pour délivrer !es italiens de la Vénétie Julienne et pour favoriser l'unité des peuples yougoslaves, l'Italie a versé le sang de 600.000 de ses fils. Elle ne peut donc se résigner à se voir arracher de nouveau -sans !es discriminations que commandent la sagesse et la justice -un territoire acquis à la suite d'une guerre qui a été faite au nom de la democratie et de la liberté; mème si, en vue de diminuer l'effet produit par la séparation de Trieste de la mère patrie, on propose de créer un Territoire Libre dont il est toutefois permis de mettre en doute !es chances d'une existence ordonnée et durable.

Laissez qu'à ce point j'attire votre attention -mon àge et mon expérience pourront peut-ètre donner quelque poids à ce que je vais vous dire -sur la responsabilité que vous ètes en train de prendre en donnant votre assentiment à cette création d'un Territoire Libre sur l'un des points !es plus délicates de la nouvelle carte d'Europe. Un partage de la Vénétie Julienne selon une ligne ethnique clairement reconnaissable serait accepté sans doute, à plus ou moins longue échéance, par !es deux peuples voisins, ce qui assurerait le rétablissement de relations confiantes entre eux. Au contraire, l'instauration d'un territoire qui, par sa nature mème ne cessera d'ètre convoité de part et d'autre, aura pour effet de peser lourdement sur !es rapports entre !es deux Etats et de constituer une menace permanente à la paix entre eux et pourtant à la paix mondiale.

La fixation des nouvelles frontières touche si profondément !es italiens que tout jugement qu'ils pourront porter sur le traité de paix se ressentira de cette décision. Les Nations peuvent supporter !es coups !es plus durs, mais ceux qui taillent dans leur chair vive, comme le transfert d'une partie de leur population à un autre Etat, s'impriment dans la conscience nationale et déterminent le cours de l'histoire future.

C'est la ligne que l'on a coùtume d'appeler «ligne française» qui a été choisie pour déterminer !es nouvelles frontières dans la zone contestée. Cette ligne avait été conçue dans l'idée que tout ce qui se trouvait à l'ouest serait italien et tout ce qui se trouvait à l'est serait yougoslave. Mais par la suite, dans la partie qui serait restée à l'Italie, le projet de traité a découpé un territoire qui devrait s'appeler «Territoire libre de Trieste». On aurait don c deux frontières: une entre I'Italie et la Yougoslavie, et celle du Territoire Libre de Trieste. Permettez-moi de !es examiner séparément.

La ligne-frontière proposée entre l'Italie et la Y ougoslavie sui t l'ancienne frontière italo-autrichienne de 1866 presque sur tout le tracé au nord de Gorizia, ville restée à l'Italie. Cette frontière nous est nettement défavorable au point de vue de la défense, car elle rend facile l'invasion de l'ltalie et permet d'encercler rapidement le territoire italien qui descend vers la mer. C'est pour ces motifs d'ordre stratégique qu'elle nous avait été imposée en 1866. Mais je ne veux pas pour ma part soulever ici des considérations d'ordre militaire. L'Italie démocratique, qui n'a point de buts de conquète, ne veut pas non plus attribuer des intentions agressives à ses voisins, avec lesquels elle désire entretenir des rapports d'entente féconde. Ce que l'Italie demande c'est que la Commission veuille bien tenir compte des quatre considérations ci-dessous:

a) Les populations de la haute vallée de l'Isonzo, parla configuration mème du terrain et par le tracé des routes, sont rattachées à la plaine vénitienne. Une ligne-frontière qui ne tienne pas compte de ce fait est susceptible de créer un malaise permanent et inévitable.

b) Selon le projet de Traité, la Yougoslavie annexerait la vallée de l'lsonzo, où l'industrie ita:lienne a créé des centrales hydro-électriques très importantes, desservant la région industrielle qui comprend Trieste, Gorizia, Monfalcone et la zone de Venise. Cette région industrielle, aux fins du ravitaillement en énergie électrique, constitue un tout unique et selon la nouvelle frontière proposée elle ser~it partagée exclusivement entre l'Italie et le Territoire Libre de Trieste. De son còté la zone qui passerait à la Yougoslavie est déjà abondamment ravitaillée par ses installations propres. Il ne semble donc ni équitable ni opportun que ces centrales électriques et les sources d'énergie qui pourraient encore ètre utilisées par les industries italiennes ou triestines restent entre les mains d'un Etat tiers qui n'aurait aucun intérèt particulier à les mettre en valeur.

c) Si l'on veut essayer d'assurer un certain degré de vitalité au Territoire Libre de Trieste, il faut lui garantir le maximum d'indépendance en ce qui concerne ses communications avec son hinterland de l'Europe centrale. Il n'y a qu'un seui moyen d'assurer l'indépendance de Trieste dans ce domaine: créer des conditions telles qu'on puisse terminer la construction de la ligne du Prédil sur un territoire qui ne soit pas soumis à la souveraineté du mème Etat qui contròle déjà les meilleures de ses lignes de communication ferroviaire. Tous les experts pourront vous confirmer que, soit du point de vue technique soit du point de vue politique, la construction de cette ligne est essentielle à la vie et à la prospérité du port et de la ville de Trieste.

d) La frontière devrait tout au moins ètre corrigée autour de Gorizia de façon à éviter qu'elle sépare la ville de sa banlieue et de ses aqueducs. Si l'on voulait laisser en territoire yougoslave la ligne ferroviaire d'intérèt local, qui còtoie la ville du còté orientai, il suffirait de déplacer vers l'est cette ligne de telle sorte que les environs immédiats de la ville resteraient en territoire italien.

Il ne semble pas que la Commission d'experts qui a proposé le nouveau tracé de frontière entre l'Italie et la Yougoslavie ait pu tenir compte des considérations ci-dessus. Il paraìt donc nécessaire que ce tracé soit revu par une nouvelle Commission à laquelle devrait ètre confié le mandat de réexaminer la question dans son ensemble.

Passons maintenant au Territoire Libre de Trieste. lei la question atteint la gravité d'un problème national.

Avant tout il y a lieu de préciser le caractère de la ligne dite «française» qui limite les frontières du Territoire. Les experts français, à la suite de leur enquète en Vénétie Julienne, ne se sont pas proposé -comme les experts anglais et américains -d'établir le point de rencontre des limites d'expansion de la race italienne et de la race slave; ils se sont préoccupés seulement de tracer une ligne qui laisse de part et d'autre un nombre égal de slaves et d'italiens. Selon ce principe, le nombre des italiens compris dans le territoire, devant ètre attribué à la Y ougoslavie, devait correspondre au nombre des slaves compris dans le territoire italien. Ce principe, qu'on voulut appeler d'«équilibre ethnique», aurait pu ètre plus facile à défendre, si on n'avait pas oublié, dans I'application pratique qu'en a faite la «ligne française», !es italiens qui habitent Fiume, Zara et !es iles et dont le nombre important modifie cet équilibre qu'on avait cru avoir atteint.

Mais supposons mème, ce qui n'est pas le cas, que la «ligne française» réalise l'équilibre ethinique, c'est-à-dire qu'elle réponde effectivement à un principe de justice distributive. Eh bien, cet équilibre serait dans tous !es cas brisé par la création du Territoire Libre de Trieste à l'intérieur de I'espace qui avait été attribué à l'Italie. En effet la création de ce Territoire òte tout fondement au principe dont s'inspirait la <digne française». Tandis que 266.000 italiens sont arrachés à leur Pays et incorporés à un Territoire Libre qui !es prive de leur nationalité naturelle, plus de 50.000 slaves que la «ligne française» laissait en territoire italien, viennent par contre à se trouver soustraits à la souveraineté italienne pour se voir placés dans une situation neutre, ni italienne ni yougoslave. Il s'agit donc d'un nouveau sacrifice, extrèmement lourd, pour l'élément italien, et d'un nouvel avantage pour l'élément slave.

Pourrait-on rétablir l'équilibre ethnique qui était à la base de la «ligne française»? Il n'y a qu'un moyen pour y arriver: élargir au sud le Territoire Libre de Trieste, de telle sorte qu'un nombre égal d'italiens soit soustrait à l'incorporation dans l'Etat yougoslave et se trouve placé dans une situation neutre, ni italienne ni yougoslave. Cela pourrait facilement ètre réalisé si l'on englobait dans le Territoire Libre la partie occidentale et méridionale de l'Istrie délimitée parla «ligne anglaise».

Cette solution respecterait le caractère national des populations ainsi que !es traditions historiques du territoire. S'il est vrai que l'Istrie occidentale fait partie seulement depuis 1919 de I'Italie unifiée, il est vrai aussi que les populations qui l'habitent ont toujours appartenu à la Nation italienne. Toute leur histoire le prouve sans contestation possible.

D'autre part, l'argument selon !eque! Pola étant une piace forte militaire ne doit pas constituer une menace pour la sécurité yougoslave, ne serait plus un argument valable. Le Territoire Libre de Trieste, quel que soit son statut -au sujet duquel la délégation italienne se réserve de présenter en temps utile ses observations -a été prévu par le projet de Traité comme un territoire complètement démilitarisé. Pola ne serait donc qu'une ville non fortifiée dans un territoire international qui, par son agrandissement mème, serait plus apte à concilier Ies deux peuples qui s'y rencontrent.

La Commission d'experts qui a été envoyée dans la Vénétie Julienne a reconnu dans son rapport, adopté à l'unanimité, que dans l'Istrie méridionale et occidentale la population est italienne en grande majorité. Dans ce mème rapport nous lisons: « L'élément italien est établi dans l es vilies de la còte ou près de la còte; il habite également un n ombre important de localités rurales en I strie occidentale. Il constitue la majorité et dans certains cas la presque totalité de la population de bien des villes situées sur la còte ou près des còtes, ainsi qu'une minorité importante dans certaines villes de l'intérieun>. Nous sommes certains que si, en ce qui concerne cette zone occidentale de l'Istrie, on voulait accepter le principe de la Charte de l' Atlantique selon lequel aucune modification territoriale ne devrait avoir lieu «qui ne soit conforme au désir librement exprimé des populations intéressées» la majorité italienne de cette région confirmerait sans aucun doute son désir de rester unie à l'ltalie.

Quand, en septembre 1945, le chef du Gouvernement italien demanda à Londres justice pour l'Italie, il proposa que l'Istrie fùt partagée suivant la frontiére qu'avait indiquée le président Wilson. Le Conseil des ministres des Quatre Grandes Puissances décida alors une enquète pour établir -ce sont les termes dont il se servit -: «une ligne qui dans l'ensemble sera la ligne ethnique laissant le mininum d'habitants sous une domination étrangère».

La ligne de démarcation ethnique tracée par les experts anglais et américains et les paroles -que j'ai déjà citées -du rapport approuvé à l'unanimité par tous les experts prouvent que la population de l'Istrie occidentale et méridionale est pour la plupart italienne. Si l'on veut constituer un «Territoire Libre» il faudrait qu'il comprenne au moins toute l'Istrie indiscutablement italienne afin que celle-ci puisse suivre le sort de Trieste.

Tout en souhaitant que ce soulagement au moins soit donné aux populations italiennes de la région, l'Italie ne peut cacher sa douleur pour une solution qui n'est pas celle qu'imposerait le principe des nationalités. Trieste et l'Istrie italienne sont trop profondément liés à la mère patrie pour que l'on puisse croire que des frontières d'un territoire libre soient à mème de séparer des coeurs fraternels.

L'Italie fait appel à la justice parce qu'elle sait que seulemet sur la justice on peut bàtir une paix durable.

241

COLLOQUIO DELLA DELEGAZIONE DELLA C.G.I.L. A PARIGI

CON IL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BYRNES

VERBALE. Parigi (Hotel Meurice), 2 settembre 1946, ore IO.

La delegazione della C.G.I.L. alla Conferenza della pace (composta dall'on. Lizzadri, on. Morelli, on. Bitossi) è stata ricevuta dal segretario di Stato degli U.S.A., Mr. Byrnes, presenti il nuovo ambasciatore d'America a Roma, Mr. Dunn, il primo segretario all'ambasciata d'America a Roma, Mr. Jones, e il dott. Di Sorbello dell'Ufficio stampa italiano che fungeva da interprete.

Il ricevimento è stato improntato a un senso di sorridente cordialità a cui non era probabilmente estraneo il fatto che in America le organizzazioni sindacali sono potentissime, e quindi gli uomini di Stato abituati a tenerli in conto.

Entrati in materia, l'on. Lizzadri ha sottolineato le attuali condizioni dei lavoratori italiani il cui potere d'acquisto è ridotto al 35% dell'ante guerra in rapporto al costo della vita, senza parlare dei due milioni e mezzo di disoccupati e degli altri che vi si aggiungeranno il 30 settembre. Bymes ha risposto che se le condizioni dei lavoratori italiani sono quelle che lui ha prospettato alla Conferenza dei Quattro Grandi, sono veramente gravi. L'on. Lizzadri ha poi richiamato l'attenzione di Byrnes specificamente sugli articoli 66, 67, 68, e 69 del progetto di trattato. Questi articoli sono stati allora riletti dal Bymes che aveva sottocchio il memorandum della delegazione. Egli sembrava abbastanza al corrente del loro contenuto e ha iniziato subito una esposizione dettagliata del suo punto di vista che può riassumersi come appresso:

l. Per diversi mesi, in seno al Consiglio dei Quattro Grandi, Bymes si era preoccupato soprattutto di come l'Italia avrebbe pagato i cento milioni di dollari alla Russia. A quel tempo, questa rappresentava di gran lunga la più ingente richiesta che pesasse sull'Italia. Egli aveva allora ottenuto la garanzia che, se tale somma dovesse pagarsi con manufatti, le materia prime fossero fomite dalla Russia stessa. E ciò perché non fossero le materie prime fomite dall'America a far le spese delle riparazioni. Senonché, giunto a Parigi per la Conferenza, Byrnes era rimasto dolorosamente sorpreso dall'atmosfera di risentimento e di durezza che spirava verso l'Italia, specie da parte dei piccoli Paesi. Questi avanzavano enormi richieste di riparazioni le quali, sommate, giungono a un qualche quindici bilioni di dollari.

2. -Byrnes ha ripreso quindi il tema che l'America non intende essere indirettamente la fornitrice delle riparazioni che l'Italia dovrà pagare. È precisamente questo che dà l'addentellato all'America per parlare in tema di riparazioni italiane. L'America fu scottata dopo l'altra guerra quando il denaro americano entrava in Germania per una porta mentre dall'altra uscivano prodotti in conto di riparazione diretti ad altri Paesi. Quindi l'America non può nemmeno pensare a inviare materie prime in Italia fino a che non sia sicura che queste saranno utilizzate unicamente per la ripresa economica italiana (a questo proposito ha accennato ai 25 milioni di credito cotoniero già stanziati per la ripresa delle industrie tessili italiane). «Per la ripresa globale dell'economia italiana, io avrei diverse proposte da fare, ma non le posso fare finché non sia chiara la situazione economica in cui l'Italia si troverà dopo il trattato. Qualunque cosa vi dessimo oggi, non vi rimarrebbe in mano più di ventiquattro ore», ha aggiunto sorridendo. 3. -È un bene che le richieste di riparazione siano state tutte presentate contemporaneamente alla Conferenza perché così si avrà un quadro completo delle proporzioni enormi che queste richieste assumono sommate insieme. 4. -Per ciò che riguarda i crediti e beni italiani nei Balcani, Byrnes ritiene che l'Italia dovrà farci una croce sopra. «Essi ammontano a qualche cinquanta milioni di dollari, benché Molotov mi ha detto che non superano secondo lui i ventitré milioni». E ha aggiunto: «Anche se essi fossero per caso superiori alle richieste di riparazione, chi può andarli a riprendere? D'altronde ritengo che questi beni siano già evaporati». A questo punto, nel tracciare un parallelo tra l'America e i Paesi balcanici, Byrnes ha detto: «Noi in America non intendiamo valerci dei beni italiani per sistemare le pendenze con l'Italia ... ». Nel tradurre questa frase in italiano, l'interprete italiano è stato fermato da Mr. Jones (il quale parla italiano e aveva evidentemente notato una imprecisione nella dichiarazione sfuggita al signor Bymes) il quale ha voluto che nella traduzione fosse inserito un «tutti». Di modo che la frase suonasse: «L'America non intende valersi di tutti i beni italiani ... ». 5. -Passando in rapida rassegna le prospettive -ancora incerte -per l'Italia di poter conteggiare in riparazione i beni che essa cederà insieme ai territori ad alcuni Stati vincitori, Byrnes ha detto che in Istria gli risultava esservi 182 milioni di dollari di installazioni italiane oltre ai giacimenti di carbone e bauxite che, a suo

parere, andrebbero anche valutati ... ; che in Albania vi sono pure ingenti opere stradali e qualche opera portuale che andrebbero calcolate ... ; che invece non gli risultava, purtroppo, che vi fosse gran che da conteggiare verso la Grecia nel Dodecanneso la cui unica industria è la pesca.

6. Di sua iniziativa il signor Byrnes ha finito col parlare di Trieste. «Avevamo due alternative: o fare un trattato basato su questo compromesso dello "Stato Libero", o non fare un trattato di pace affatto. In questo caso, noi, insieme all'Inghilterra e a qualche altro Paese, avremmo potuto presentare un trattato all'Italia che le desse Trieste, Pola, insomma tutta l'Istria fino alla linea americana

o inglese. Ma almeno sei Stati avrebbero rifiutato di intervenire alla Conferenza e avrebbero presentato un altro trattato all'Italia in cui Trieste era ceduta alla Jugoslavia, e avrebbero occupato militarmente la zona finché l'Italia non firmava. Io, queste cose le ho spiegate a De Gasperi, dopo il suo discorso. L'ho invitato qui da me in quello stesso giorno, anche perché ritenevo che egli avesse avuto una fredda accoglienza all'Assemblea mentre il suo discorso era stato tale da difendere magistralmente la causa italiana senza scortesia per nessuno degli astanti».

Alle parole di commiato dell'on. Lizzadri che gli rammentava che se l'operaio italiano sarà messo in condizioni di vivere potrà anche pagare qualcosa, ma che ciò non sarebbe accaduto qualora lo si spingesse alla disperazione, Byrnes ha risposto: «La vostra gente è di cuore forte. Io ho speranza per loro».

242

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI D'AUSTRIA, GRUBER (1)

APPUNTO. Parigi ( Princess Hotel), 2 settembre 1946, ore 17.

Appena rientrato da Roma avevo consegnato (sabato 31 agosto) al ministro Schmid la controproposta De Gasperi per l'emendamento all'art. 102. Gruber l'ha studiata attentamente e si dichiara d'accordo in linea generale, salvo alcune rettifiche (aggiunte o cancellazioni) 3 che rivestono una certa importanza ma sulle quali afferma subito di essere disposto a trattare con quello spirito di buona volontà da cui dipende il reale contenuto di ogni accordo scritto.

In sostanza chiede:

l) Che si fissi il termine di un anno per la messa in pratica dell'accordo.

Gli faccio osservare che siamo quanto lui interessati ad accelerare al possibile la soluzione dei vari problemi e specialmente di quello delle «opzioni» dal quale dipende la possibilità di dar corso alle elezioni amministrative. Non vedo quindi difficoltà alla specificazione di un termine.

l In Archivio Carandini, busta IO. 2Vedi D. 231, Allegato. 3 Vedi Allegato.

2) Chiede che le provvidenze di autonomia siano estese ai tre comuni di lingua «iadina» della provincia di Belluno. Gli rispondo di no.

3) Circa la scuola chiede si aggiunga il riconoscimento dei titoli di studi medi e universitari ottenuti in Austria. Rispondo che non ritengo vi siano gravi difficoltà al riguardo e che la cosa è quindi suscettibile di discussione.

4) Circa la equiparazione per la assunzione nei pubblici impieghi, chiede che la proporzione di impiegati italiani e tedeschi corrisponda al rapporto esistente fra le due popolazioni.

Gli rispondo che provvedimenti intesi a facilitare l'assunzione di impiegati di lingua tedesca (anche nelle ferrovie che sono un servizio generale dello Stato) sono già stati adottati e che la piena equiparazione di diritto e di opportunità sarà realizzata. Non posso pronunciarmi circa la garanzia di un preciso rapporto che ritengo intanto incontrerebbe gravi difficoltà di attuazione e che appare troppo rigidamente vincolativo. Comunque anche questo argomento può essere discusso.

5) Circa la consultazione degli elementi locali di lingua tedesca per la preparazione del progetto di autonomia, vorrebbe sostituire alla nostra dizione « ... in accordance with provisions to be drafted in consultation with !oca! German speaking element», la dizione: «in accordance with provisions to which the representatives of the region have freely agreed».

Gli faccio osservare che trattandosi di una concessione dipendente dal libero esercizio della nostra sovranità noi non possiamo andare oltre il criterio della consultazione con gli elementi locali e che la formula da lui proposta non è accettabile perché troppo impegnativa. Mi dice che è disposto a rivedere la formula.

6) Chiede l'abolizione dell'inciso: «even in case of an eventual enlargement of the administrative boundaries» instendo sui noti motivi che lo fanno avverso all'idea di una unione amministrativa delle province di Bolzano e Trento.

Gli faccio osservare che la sua preoccupazione di veder sommerse le minoranze di lingua tedesca nel vasto comprensorio della «Regione Trentina» corrisponde alla nostra preoccupazione di veder sommerse le minoranze di lingua italiana Ch circa della popolazione) nel ristretto ambito della provincia di Bolzano e finitimi comuni mistilingui. Conseguentemente occorre trovare una formula di compromesso la quale è felicemente realizzata nel progetto Innocenti il quale prevede la unificazione amministrativa delle due provincie in una sola regione, ma contemporaneamente prevede una duplice articolazione (in sede tanto legislativa che esecutiva) la quale garantisce alla zona di lingua tedesca tutte le tutele necessarie al suo autonomo procedere in materie interessanti particolarmente i gruppi etnici tedeschi. Il «Comitato delle minoranze» in sede legislativa e la differenziazione «in due sezioni della Giunta» in sede esecutiva, rappresentano il meccanismo di una sufficiente emancipazione degli elementi tedeschi dai vincoli della unificazione amministrativa rispondente ad altre esigenze di carattere generale. Gruber aveva visto il «Progetto Innocenti» ma non mi pare avesse una idea chiara del valore pratico di questo sdoppiamento in seno alla unità amministrativa delle due provincie. Ha compreso l'argomento e mi ha detto che non prendeva una definitiva posizione in materia.

Gli ho ancora fatto osservare che mi risultava di preciso che i pareri erano divisi anche in seno al Volkspartei e che la nostra formula accennava solo ad una eventualità di allargamento territoriale lasciando la porta aperta alla migliore soluzione risultante da una ulteriore considerazione del caso.

Gli ho aggiunto che se lui doveva cercare una formulazione dell'art. 10 che fosse accettabile dal suo Parlamento, noi dovevamo cercarne una accettabile per la nostra Costituente la quale non era certo preparata ad un così vasto ordine di concessioni.

Gruber ha concluso che lui voleva lasciare la questione onestamente impregiudicata. Non chiedeva nessuna formula da cui risultasse implicita la limitazione territoriale alla provincia di Bolzano e ci pregava di fare altrettanto da parte nostra evitando allusioni dirette alla unificazione delle due provincie.

7) Circa le opzioni vorrebbe aggiunta la formula «in order to restore the optants as much as possible the rights they lost through the 1939 agreement».

Gli rispondo che questa formula non è per noi accettabile. Nel nostro testo abbiamo espressamente limitato il riacquisto dei diritti al fatto della cittadinanza, nel preciso proposito di respingere qualsiasi rivendicazione di altro genere e sovrattutto economico. Questo gli dico perché non sorgano nella sua mente possibili equivoci circa le nostre reali intenzioni. Mi dice che si rende conto del nostro punto di vista che trova giustificato. Egli ha espressamente aggiunto le parole «as much as possible» per dare carattere elastico e non per noi impegnativo alla formula. Insisto sulla non modificabilità del nostro testo. Mi dice che anche su questo punto è pronto a discutere.

8) Circa le facilitazioni ferroviarie chiede che si parli di «free traffic».

Gli osservo che le facilitazioni previste dal progetto che abbiamo inviato a Vienna corrispondono esattamente al «free traffic» non esigendosi né esibizione di passaporti, né formalità di dogana, soggetto il tutto alla piombatura dei vagoni passeggeri e merci da confine a confine. Resta la questione più delicata del traffico stradale al quale non si può applicare il criterio di «free transit».

9) All'ultimo capoverso relativo alla presa in considerazione dei suggerimenti austriaci su tutte le questioni contenute nell'art. 10, vorrebbe che il concetto fosse integrato dalla seguente aggiunta: «in recognition of the ethnical ties between Austria and German speaking South Tyrol».

Gli faccio osservare che questa aggiunta darebbe a tutto l'art. 10 un carattere vincolativo direttamente risalente ad un diritto austriaco a intervenire nei fatti di cittadini italiani di lingua tedesca, che non è per noi accettabile.

A questo proposito ho voluto specificargli chiaramente, ad evitare ogni possibile equivoco, che nel nostro testo avevamo voluto distinguere nettamente due ordini di materie:

a) quelle di carattere internazionale (ferrovie e opzioni) sulle quali accettavamo di trattare col Governo austriaco;

b) quelle dipendenti dall'esercizio della nostra sovranità e soggette quindi a nostra libera concessione (come l'autonomia) sulle quali ci disponevamo unicamente a prendere nella migliore considerazione eventuali suggerimenti del Governo austriaco intesi a raggiungere nel reciproco interesse la migliore soluzione.

Gruber mi ha dichiarato di aver compreso perfettamente e di essere d'accordo.

Ha voluto concludere ribadendo il concetto che un pezzo di carta non ha mai garantito alcun diritto se non è accompagnato dalla effettiva buona volontà e lealtà delle parti contraenti. Sapeva che eravamo reciprocamente mossi da un eguale spirito di comprensione e di buonvolere e questa era la migliore garanzia a cui si affidava.

L'ho assicurato che domani sarebbe arrivato il presidente De Gasperi e che lo avrei subito informato delle sue osservazioni. Gli avrei poi riportate le controsservazioni del nostro primo ministro. Quando, come speravo, si fosse giunti ad una intesa di massima avrei considerato esaurito il mio compito ed il presidente De Gasperi lo avrebbe incontrato per la stesura del testo definitivo e per lo scambio di lettere impegnative.

L'ho avvisato, per correttezza, che avevo consegnato un esemplare del nostro testo ad Hoyer-Millar ed egli ha approvato.

Gli ho chiesto quale era la procedura concreta che egli prevedeva per far giungere alla Conferenza il nostro auspicato accordo sotto forma di un emendamento all'art. IO da presentarsi da una terza Potenza. Egli mi ha detto che, conformemente a quanto avevamo accennato nel nostro incontro coi delegati belga e olandese, la cosa migliore era di indirizzare a Spaak una lettera in cui il presidente De Gasperi e lui congiuntamente davano comunicazione dell'accordo intervenuto ed esprimevano il desiderio di vederlo incluso nell'art. 10.

Spaak avrebbe presentato l'emendamento relativo dando notizia alla Conferenza che il suo contenuto corrispondeva ad una intesa liberamente intervenuta fra il Governo italiano e [quello] austriaco.

Gruber mi ha congedato con cortesi espressioni per lo spirito con cui mi sono prestato ad una intesa che, se condotta a buon fine, potrà costituire un esempio di grande significato e metterà i nostri due Paesi su un piano morale che renderà altamente apprezzata la loro iniziativa di fronte alle Nazioni Unite.

ALLEGATO

PROPOSTA ITALIANA DI EMENDAMENTO ALL'ART. IO

OSSERVAZIONI AUSTRIACHE l

I) The Italian Government shall adopt within the period of one year from the signing of this treaty, in the Bolzano Province and the bilingual townships of Trento Province and the three Ladine communes of Belluno Province, special provisions to safeguard the ethnical character and the cultura) and economie development of the German -and Ladine speaking population.

In particular, these citizens will be granted:

a) primary and secondary schools in the language of their choice. Recognition ofstudies and examinations passed and diplomas acquired in Austrian schools and universities;

b) parification of the German and Italian languages in public offices and official documents, as well as bilingual topographic naming in the townships and localities mentioned above;

l In corsivo le aggiunte chieste da Gruber.

c) the right to re-establish German names which were italianized in recent years;

d) the equality between Italian -and German -speaking citizens in ali rights with particular regard to appointments to public offices and employments so that the number of civil servants may correspond t o the proportion of the respectìve population;

2) The resìdent population of the above-mentioned region will be assured ( ........... ) an autonomy in the exercise of legislative and executive regional power, in accordance with provisions to which the representatives of the region have freely agreed;

3) The Italian Government is prepared to revise the Hitler-Mussolini 1939 Agreements with a view to the restitution of Italian citizenship to those who opted for Germany. To this end, in order to restore to the optants as much as possible the rights which they lost through the above-mentioned agreements, the Italian Government will consult with the Austrian Government, and declares that it is ready to reconsider the problem in a spirit of broadmindedness;

4) The Italian Government, in consultation with the Austrian Government, will draw up a convention aimed at establishing free passenger and goods traffic between Austria and the Province of Bolzano as well as passenger and goods transit between Northern and Eastern Tyrol both by railway and road;

5) The Italian Government, in recognition of the ethnical ties between Austria and the German-speaking South Tyrol, is prepared to give careful attention in view of the best solution, to any suggestions which the Austrian Government may wish to set forth on the subjects covered by the present artide IO.

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RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi, 2 settembre 1946, [pomeriggio].

Saragat: Dà lettura del testo della dichiarazione che l'ambasciatore Tarchiani farà alla Commissione economica della Conferenza della pace allorché l'Italia sarà chiamata ad esporre il proprio punto di vista. Approva nel suo complesso il testo del discorso ma intende fare due osservazioni: l) gli sembra necessario che sia fatto un accenno alle spese soprattutto per il fatto della cobelligeranza; 2) gli sembra necessario sottolineare la notevole diminuzione di reddito nazionale.

Bonomi: Ritiene egli pure che sia necessario rinforzare i periodi relativi alla cobelligeranza, dato che è appunto in quel tempo che l'Italia ha subito i maggiori danni.

Carandini: Ritiene non si debba tacere ma anzi rafforzare l'accenno alla necessità in cui l'Italia si trova di chiedere aiuti finanziari.

Di Nola: Desidera fare una dichiarazione. Siamo in un momento che si può considerare decisivo per la questione delle riparazioni. Quasi tutti i Paesi hanno presentato delle domande in proposito. Per quanto riguarda la sezione economica

1 Il verbale precisa che sono presenti: «on. Bonomi, ambasciatori Carandini, Saragat, Tarchiani, Soragna, Quaroni, Reale, on. Arpesani, comm. Benzoni, comm. Di Nola, comm. Lanza».

della delegazione italiana può assicurare che da parte di essa tutto è stato fatto nel senso che sono state esaminate le clausole e preparati i memorandum in relazione al draft come ora sono stati esaminati i memoriali dei vari Stati e si sono preparate le controproposte. Ora tocca alla delegazione nel suo complesso esaminare le domande dei vari Stati e decidere l'azione da svolgere in linea politica. Per questo egli chiede che una speciale riunione dei consiglieri politici della delegazione sia fissata per esaminare il problema nella maniera più ampia. Per quanto concerne la linea di condotta da adottare per l'awenire si presentano vari interrogativi. La Conferenza ci ha chiesto di farle conoscere il nostro punto di vista sul draft del trattato. Lo abbiamo fatto. Successivamente le varie Potenze hanno presentato domanda di riparazioni. Dobbiamo ora presentare dei contro memorandum alla Segreteria della Conferenza? Ci è consentito? E in caso contrario che fare per portare a conoscenza dei Ventuno il nostro punto di vista? Si tenga presente che la Commissione economica ha nominato una sottocommissione la quale deve ora esaminare le singole domande di riparazioni ma la cui composizione ci è nettamente sfavorevole.

Soragna: L'espererienza finora fatta alla Conferenza non è molto incoraggiante per le nostre pratiche possibilità di azione. Noi presentiamo memorandum e assistiamo al fatto che le Commissioni passano in votazione gli articoli del trattato senza tenere conto alcuno del nostro punto di vista; non solo, ma nessuna delle delegazioni cerca di farlo proprio. Il nostro memorandum di conseguenza non viene più sul tappeto. Si osservi ad esempio quanto stamani è accaduto per la questione degli archivi della Savoia per la quale avevamo avanzato delle domande molto ragionevoli di cui nessuno ha tenuto conto, per cui l'articolo è stato votato senza discussione. Corriamo ora il grave rischio di vedere i nostri memorandum economici restare a loro volta lettera morta. Veniamo, è vero, invitati di quando in quando ad esporre il nostro punto di vista verbalmente. Le Commissioni ci ascoltano ma non tengono conto alcuno delle nostre parole. Sarebbe bene che nelle dichiarazioni di Tarchiani fosse contenuto un accennno a questa incresciosa situazione e comunque occorrerà richiamare la più seria attenzione dell'on. De Gasperi al suo ritorno a Parigi sullo stato di cose che si va verificando.

Carandini: Concorda nell'osservare che i nostri memorandum non potranno sortire nessun pratico effetto se non trovano appoggio da parte di terzi.

Reale: Dall'andamento delle discussioni appare evidente che le Potenze secondarie non hanno alcuna pratica capacità di agire. La nostra azione deve imperniarsi sui Quattro Grandi. Occorre fare presso di essi un passo di nuovo genere che non abbia carattere di ordinaria amministrazione. Ad esempio dovrebbe andare Io stesso presidente De Gasperi accompagnato da Bonomi e Saragat presso ciascuno dei Quattro Grandi e tener loro il seguente discorso: per quanto riguarda le questioni territoriali non ci avete dato nessuna soddisfazione né tenuto conto dei nostri avvertimenti. Se anche per le questioni economiche non ci verrete incontro l'Italia finirà per trovarsi in una condizione talmente grave da vedersi di fatto impossibilitata a firmare il trattato.

Quaroni: È di opinione che l'eventuale passo di De Gasperi sia sviluppato con alcune proposte concrete su due o tre punti principali delle clausole economiche.

Reale: Deplora in termini vivaci che la Segreteria generale della delegazione non abbia avuto ancora modo di diramare ai principali delegati i testi dei documenti del Lussemburgo sulle domande di riparazioni e dichiara che la Segreteria generale stessa dà prova di disorganizzazione.

Saragat, Carandini, Tarchiani, Di Nola: Rispondono affermando che la Segreteria generale è sovraccarica di lavoro che svolge con intensa attività fino a tarda ora della notte e che sarebbe peraltro impossibile copiare in breve tempo dei documenti spesso lunghissimi come gli emendamenti economici dei vari Stati.

Reale: Dichiara che non credeva trattarsi di documenti così lunghi.

Bonomi: Propone che la riunione venga fissata senz'altro per domani mattina.

Reale: Propone che oltre i principali delegati siano invitati a partecipare anche altri esperti ed in particolare l'on. Pesenti.

Saragat: Insiste sulla necessità di compiere al più presto un passo energico ricordando ai Quattro che l'Italia veramente può trovarsi in condizioni di non poter firmare il trattato.

Reale: Potremmo dire ai russi che se le condizioni generali non saranno migliorate potremmo trovarci in condizioni di non poter pagare neppure le riparazioni da essi richieste.

Saragat: Se gli sviluppi delle discussioni economiche si imposteranno sui medesimi criteri delle discussioni politiche si va incontro alla catastrofe. Insiste egli pure sulla necessità di un passo.

Carandini: Ritiene che il passo deve essere seguito dalla presentazione di una nota scritta.

Quaroni: Ritiene che questa nota debba essere redatta in forma diversa per ciascuno dei Quattro Grandi.

Bonomi: Fissa per il 3 settembre alle ore 9 la riunione per l'esame delle domande di riparazioni.

Carandini: Chiede se in attesa del passo eventuale di De Gasperi sia utile continuare ad avere altri contatti.

Bonomi: Ritiene che qualsiasi contatto possa essere utile.

244

IL RAPPRESENTANTE A PARIGI, BENZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 15354/1080. Parigi, 2 settembre 1946, ore 19,57 (per. ore 3 del 3).

Incaricato affari Siria mi comunica suo Governo dato gradimento Cosmelli.

Con l'occasione predetto Governo fa presente suo desiderio che ministro italiano Damasco non (dico non) debba suo tempo assumere rappresentanza Italia anche Beirut e che impiegati legazione non (dico non) abbiano coperto analoghi incarichi in nostri consolati prima epoca mandato.

245

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15353/244. Praga, 2 settembre 1946, ore 21 (per. ore 9 del 3 ).

Miei telegrammi 240 e 241 1•

Colloquio odierno Gottwald conferma nessun mutamento d'indirizzo è stato adottato da delegazione cecoslovacca Parigi in materia riparazioni: Cecoslovacchia non domanderà nulla oltre quanto le possa spettare in base art. 69 progetto trattato di pace. Debbo pertanto ritenere che reclami questo Paese saranno limitati saldo debito commerciale 1939. Gottwald ha altresì confermato promessa circa definizione confische beni italiani aggiungendo però che, in esame caso per caso, proprietà terriere italiane non sfuggiranno severità prevista per aristocrazia locale.

Domani vedrò Heidrich 2 per procedere, in base odierni colloqui Gottwald, precisazione vari punti.

246

IL CONTE SFORZA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. PER CORRIERE 15623/s.N. Washington, 2 settembre 1946 (per. il 9).

17. Qui giunto oggi apprendo per la prima volta dai due telegrammi del 26 e del 293 le lamentele del Governo equatoriano.

È superfluo avverta codesto ministero che già io espressi nel modo più caldo ai rappresentanti dell'Equatore il mio profondo rincrescimento per essermi trovato nella necessità assoluta di partire al più presto per gli Stati Uniti e non effettuare una visita che mi sarebbe stata fra le più gradite. Ciò ripeterò qui all'ambasciatore equatoriano.

Identiche espressioni verbali e scritte di rincrescimento ho usato con il Paraguay, con la Bolivia, con il Nicaragua, con il Guatemala con il Salvador i cui Governi mi hanno risposto nel modo più cordiale. Una mia visita a tutte quante le Repubbliche

l Vedi D. 234. 2 Vedi D. 249. 3 Vedi DD. 215 e 229.

290 sudamericane con automatica mancanza di discernimento avrebbe diminuito il valore di scelta che è stato tanto apprezzato dai vari Governi presso cui sono andato.

È bensì vero che avevo pensato di recarmi per una breve visita a Quito dopo Bogotà; e che se non lo feci fu per una necessità impellente di carattere privato che non era il caso di menzionare in comunicazioni ufficiali, ma che confiderò a questo ambasciatore equatoriano per eliminare totalmente qualsiasi impressione all'Equatore in proposito.

Invio con lo stesso corriere una lettera privata al presidente De Gas peri 1•

Accludo infine copia della lettera che scrissi il21 agosto al nostro ministro a Quito.

247

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

TELESPR. 2757/1367. Roma, 2 settembre 1946 (per. il 4).

Il discorso pronunciato di recente dal maresciallo Tito nel quale egli ha attaccato personalmente il papa, accusandolo di parteggiare per la tesi italiana contro la Jugoslavia, ha destato, come era naturale, vivo rammarico in Vaticano. Allego qui unita la traduzione dei passi principali del discorso, del quale le agenzie avevano finora diramato soltanto un breve riassunto.

Gli attacchi contro il Vaticano e la Chiesa cattolica riproducono sostanzialmente le stesse accuse formulate negli articoli pubblicati lo scorso luglio dalla Isvestia, e dei quali l'ambasciatore a Mosca ha inviato a suo tempo un ampio riassunto. Il maresciallo Tito vi ha aggiunto un attacco personale contro il papa «italiano». L'Osservatore romano in un suo breve ed accorato commento giustamente osserva: «Non ricordiamo discorso di capo di Stato che, parlando di un sovrano con cui sussistano tuttavia rapporti diplomatici, abbia usato simile linguaggio». Ho chiesto a mons. Tardini quale altra azione oltre il commento e la protesta dell'Osservatore romano avesse svolto la Segreteria di Stato. Mons. Tardini si è stretto nelle spalle e mi ha risposto che in altri tempi si sarebbe già verificata la rottura dei rapporti diplomatici, ma che nel momento attuale era opportuna la maggiore prudenza e moderazione; il richiamo del reggente della nunziatura, mons. Hurley, sarebbe stato certo un gesto che avrebbe nuociuto al prestigio del maresciallo, ma non avrebbe giovato agli interessi della Santa Sede, il mantenimento a Belgrado di mons. Hurley risultando invece utilissimo sia come fonte di informazioni sia perché egli riesce talvolta ad evitare qualche maggiore ingiustizia o persecuzione. Egli era stato quindi incaricato di esprimere sorpresa e rammarico pel discorso, senza chiedere tuttavia una formale deplorazione e ritrattazione, ma accontentandosi poi delle consuete spiegazioni e frasi di cortesia diplomatica.

I Non rinvenuta.

248

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi, 3 settembre 1946, ore 9,15-11,30.

Di Nola: Illustra brevemente le domande di riparazioni, presentate alla Conferenza e di cui la delegazione italiana ha avuto finora notizia.

Stati Uniti: Gli Stati Uniti non hanno presentato nessuna domanda.

Gran Bretagna: Il documento presentato dalla Gran Bretagna è una semplice indicazione degli oneri che quel Paese ha sostenuto a causa della guerra contro l'Italia. Si deve quindi ritenere che non costituisca una richiesta di riparazioni, bensì una semplice affermazione di principio.

Carandini: Conferma questa interpretazione, ma si riserva ad ogni buon fine di chiederne conferma nei suoi prossimi contatti con esponenti della delegazione britannica.

Quaroni: Osserva che il documento britannico è destinato probabilmente ad essere invocato nel caso che l'Italia avanzi delle richieste finanziarie alla Gran Bretagna.

Di Nola: Prosegue la rassegna delle domande presentate.

Norvegia: La Norvegia si è limitata a formulare una riserva di carattere generale circa il suo diritto ad applicare gli articoli 65, 68 e 70 del trattato.

Olanda: L'Olanda ha formulato una riserva di carattere generale, per affermare il suo diritto alle riparazioni.

Belgio: Il Belgio si è limitato a chiedere il risarcimento dei danni subiti per la perdita di un piroscafo affondato da un sottomarino italiano e per il sequestro di alcuni aeroplani.

Egitto: L'Egitto ha chiesto IO milioni di lire egiziane. Questa domanda dovrebbe essere respinta dalla Conferenza. L'Egitto non è mai stato in guerra con l'Italia, ma ha soltanto rotto le relazioni diplomatiche. Inoltre, a termini del trattato, gli Stati che hanno soltanto rotto le relazioni diplomatiche non hanno diritto di chiedere l'applicazione dell'art. 64. Infine, in base a notizie ricevute, c'è motivo di ritenere che il Governo egiziano sia disposto a ridurre notevolmente la sua richiesta.

Messico: Il Messico chiede 5 milioni di dollari, principalmente a titolo di compenso per alcune navi, ordinate in Italia prima della guerra, già pagate e non consegnate.

1 Il verbale precisa: «Sono presenti: gli onorevoli Ivanoe Bonomi, Giuseppe Saragat; Antonio Pesenti e Arpesani; gli ambasciatori Soragna, Pietro Quaroni, Nicolò Carandini, Eugenio Reale, Alberto Tarchiani; l'incaricato d'affari Giorgio Benzoni; il comm. Angelo Di Nola; il comm. Eugenio Anzilotti, il consigliere di Cassazione Pennetta, il comm. Giovanni Malvezzi; il comm. Michele De Cornè; il console Mario Luciolli. Presiede: l'on. Ivanoe Bonomi».

Polonia: La Polonia chiede lO milioni di dollari. Questa richiesta, determinata soprattutto dall'intenzione di non pagare i debiti prebellici polacchi verso l'Italia, non dovrebbe essere accolta.

Brasile: Il Brasile ha dichiarato che quasi certamente i beni italiani situati sul suo territorio sono sufficienti a coprire i danni da esso ricevuti. In caso contrario, prenderà accordi diretti con l'Italia.

Francia: La Francia ha chiesto di incamerare: l) tutti i beni italiani situati sul suo territorio e sui territori sottoposti alla sua sovranità; 2) una parte degli impianti bellici non riconvertibili; 3) i beni delle società concessionarie dello Stato, situati sui territori ceduti.

Etiopia: L'Etiopia ha chiesto 132 milioni di sterline. La domanda etiopica è caratterizzata dal fatto che non si riferisce soltanto alla guerra mondiale, ma anche alla guerra italo-etiopica e al periodo dell'occupazione italiana.

Grecia: La domanda greca, anche per la forma in cui è redatta è forse la più seria e la più grave di tutte quelle presentate. In sostanza la Grecia, dopo aver indicato in oltre 6 miliardi di dollari i danni arrecati dall'Italia, chiede alla Conferenza di fissare essa stessa l'ammontare delle riparazioni; ma fa presente che la situazione economica greca è anche più grave di quella italiana e che la determinazione della cifra delle riparazioni dovrà tener conto di ciò.

Jugoslavia: La domanda della Jugoslavia è anch'essa molto grave. Ammonta a dollari 1.300 milioni circa. È ulteriormente aggravata dalle proposte jugoslave di emendamento delle altre clausole del trattato di pace e fra l'altro di quelle che prevedono la cessione dei cavi sottomarini italiani, una estensione dell'applicazione dell'art. 69, l'esonero dall'ammissione di una parte del debito pubblico italiano ecc.

Albania: La domanda albanese, oltre che grave per l'entità della somma richiesta, è ingiuriosa per la forma in cui è redatta.

Dopo aver così passato in rassegna le domande di riparazioni presentate dai diversi Paesi, legge un appunto, nel quale si mette in rilievo la connessione fra l'onere delle riparazioni e gli altri articoli del trattato, i quali pur senza nominarli, prevedono anch'essi il pagamento di riparazioni. Quindi esprime l'avviso che, nella situazione sopradescritta, convenga prendere posizione senza indugio di fronte alle richieste dei diversi Paesi e insistere presso i Governi delle quattro grandi Potenze affinché svolgano in seno alla Conferenza un'azione tale, da portare al rigetto di alcune richieste e ad una sostanziale riduzione delle altre.

Bonomi: Domanda al comm. Di Nola che cosa, a suo avviso, si possa praticamente fare per attuare la linea di condotta da lui indicata.

Di Nola: Esprime l'avviso che convenga: l) redigere dei memorandum di carattere tecnico, da distribuire alla Conferenza; 2) esercitare un'azione politica sulle quattro grandi Potenze, esponendo loro la situazione risultante dall'insieme delle domande presentate e prospettando la necessità che la Conferenza fissi essa stessa la cifra delle riparazioni dovuta a ciascun Paese (ciò soprattutto in relazione alla domanda della Francia).

Quaroni: Osserva che, in questa materia, è opportuno tener presente quanto è stato stabilito a suo tempo dal Trattato di Versailles.

\ Di Nola: Rileva che, secondo il Trattato di Versailles, il principale onere imposto alla Germania consisteva nel pagamento delle riparazioni. Tutti gli altri oneri, compresa la cessione dei beni tedeschi all'estero, dovevano essere conteggiati e compresi nel pagamento delle riparazioni.

Quaroni: Osserva che è importante conoscere non soltanto le disposizioni del Trattato di Versailles, ma anche e soprattutto l'applicazione pratica che ne è stata fatta.

De Corné: Dichiara di ricordare che, in pratica, tutti i beni tedeschi all'estero sono stati liquidati.

Saragat: Ricorda che in una prima seduta, in cui sono state esaminate le clausole economico-finanziarie del progetto di trattato, è stato dato speciale rilievo all'art. 69. In una seconda seduta l'attenzione si è spostata sull'art. 64. Adesso sembra tornare a convergere sull'art. 69, in quanto le domande di riparazioni presentate da alcuni Paesi (e soprattutto dalla Francia) prevedono, in sostanza, un'applicazione dell'art. 69, tale da trasformarsi in un vero e proprio pagamento di riparazioni. Da ciò scaturisce logicamente la linea di condotta da seguire, la quale consiste nel tentativo di «svuotare» per quanto è possibile l'art. 69, riportandolo all'interpretazione più conforme alla tesi italiana, secondo cui esso dovrebbe essere applicato soltanto per soddisfare reclami singoli e ben specificati. Le considerazioni sopra esposte sono tanto più importanti in quanto, attraverso l'applicazione delle clausole economiche-finanziarie del trattato di pace, si profila un'azione delle Potenze anglosassoni, tendente a porre un'ipoteca su molti settori della vita economica italiana. Occorre quindi agire con molta energia, per ottenere che la Conferenza respingendo il sistema di pagamento previsto dalla Francia fissi chiaramente la somma dovuta a questo Paese, come pure a tutti gli altri ai quali saremo tenuti a pagare riparazioni. Per quanto concerne la Francia, sarebbe utile conoscere l'ammontare dei beni italiani che si trovano sul suo territorio e sui territori controllati da essa. Altrettanto può dirsi per quanto concerne il Brasile.

Ma/vezzi: Osserva che, per quanto concerne il Brasile, la valutazione presenta qualche difficoltà, non essendo ben chiaro il concetto dei «beni italiani».

Tarchiani: Osserva che in Brasile tutte le grandi aziende sono costituite come società brasiliane, quindi sfuggirebbero al sequestro.

Ma/vezzi: Conferma, in linea generale, l'osservazione dell'ambasciatore Tarchiani. Aggiunge che, tuttavia, anche in Brasile vi sono anche molte aziende che hanno conservato la nazionalità italiana e molte proprietà appartenenti a persone fisiche che hanno conservato la nazionalità italiana. Il Brasile ha già liquidato una parte di queste proprietà. Un'ulteriore liquidazione, effettuata a termini del trattato, avrebbe gravi conseguenze economiche e, inoltre, costituirebbe un grave ostacolo politico e morale alla ripresa della nostra emigrazione. Per quanto riguarda la Francia e i territori da essa dipendenti, fa presente che in Tunisia gli italiani possedevano, all'inizio della guerra, circa 150 mila ettari di terreno coltivato nonché circa un terzo delle case del quartiere europeo di Tunisi, e che in Francia vi sono banche, società di assicurazioni ecc. il cui valore è ingentissimo. Nel complesso, si può calcolare che i beni italiani in Francia e nei territori da essa dipendenti ascendono a circa 100 miliardi di franchi, di cui la metà appartiene a italiani residenti sul posto.

Bonomi: Riassume la discussione e propone che la delegazione italiana riassuma il suo punto di vista in un documento destinato soprattutto a richiamare l'attenzione delle quattro grandi Potenze sulla gravità di quanto sta per essere deciso.

Quaroni: Suggerisce che il documento contenga qualche cifra, atta a dare la sensazione della gravità del problema.

Tarchiani: Osserva che può essere inopportuno dare cifre esatte sul valore dei beni italiani all'estero.

Quaroni: Esprime l'avviso che non vi siano inconvenienti a indicare delle cifre elevate.

Pesenti: Esprime l'avviso che, nel documento di cui sopra, convenga insistere sul carattere arbitrario dell'interpretazione che alcuni Paesi vorrebbero dare all'art. 69.

Saragat: Propone che il documento sia redatto dall'an. Pesenti, dall'amb. Tarchiani e dal comm. Di Nola, e che sia esaminato in una nuova seduta, da tenersi domani mattina.

Bonomi: Sottopone questa proposta ai presenti, che l'approvano.

249

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T.l5425/245. Praga, 3 settembre 1946, ore 20,30 (per. ore 9,30 del 4).

In colloquio odierno con Heidrich è stato nuovamente confermato noto accordo e ribaditi concetti e intese che ispirano promemoria 12 agosto scorso n. 140855 1•

Sul primo punto che Cecoslovacchia non domanderà alcuna riparazione Parigi, esclusa sempre rinunzia a generali vantaggi provenienti trattato, ho ricevuto esplicita ripetuta conferma. Istruzioni date a suo tempo al ministro Heidrich a Parigi di non presentare particolari pretese già predisposte sono mantenute al delegato cecoslovacco Commissione trattato Italia. Atteggiamento generale delegazione cecoslovacca non (dico non) uscirà da linea che può dirsi passiva. Sul secondo punto riguardante situazione proprietà italiane viene confermato indirizzo di più equa interpretazione e applicazione decreti politici. Confido ottenere qualcuna delle molte e utili chiarificazioni al citato promemoria che avevo ed ho esaminato con Heidrich. Comunque e salvo meglio non ricevendo contrarie istruzioni, mi propongo definire rapidamente complesse questioni anche in base pro-memoria citato che impegnerebbe rinunzia su principi generali accordo. Seguirebbe scambio di note con clausola nazione più

I Non pubblicato.

favorita, far procedere contemporaneamente trattative per invio operai (che sarebbero però attesi soltanto primavera prossima), accordo commerciale, ed esame posizione singole proprietà italiane.

250

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, AI CAPI DELLE DELEGAZIONI DEL SUD AFRICA, DELL'AUSTRALIA E DELLA NUOVA ZELANDA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, SMUTS, EVATT E MASON

L. Parigi, 3 settembre 1946.

I wish to Jet you know how sincerely I have appreciated the attitude of the Australian Delegation in the course of the recent debates on the ltalian Draft Treaty.

I hardly need to stress the deep anxiety with which the Italian people are following the developments of the Paris Conference, the outcome of which will bear so greatly on Italy's future. At the same time I cannot conceal the wide disappointment with which public opinion in Italy has been brought to realize the very summary character of the proceedings leading up the decisions of such momentous nature.

This anxiety and this disappointment are only tempered by the sympathetic understanding shown at least by a small number of Delegations and by their insistance on the necessity of an independent and through investigation of the vital problems about to be settled.

It is my convinction that only a peace built on the principles for which war was fought and won, can offer a lasting solution to the quandary facing humanity at this vita! juncture. Whatever our personal appreciation of some particular point, it is no small confort to me, in these difficult and painful days which my Country is facing, to know how earnestly you share, and how firmely you defend, this same belief.

251

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

PROMEMORIA.

Parigi, 3 settembre 1946.

Dalle 17 alle ore 20 a colloquio con De Gasperi in ambasciata per la revisione del testo di proposto emendamento all'art. 10.

1 In Archivio Carandini, busta IO.

Autografo di De Gasperi dell'Allegato al D. 251 (Archivio Carandini) Autografo di De Gasperi dell'Allegato al D. 251 (Archivio Carandini)

De Gasperi, reduce da un breve soggiorno in Trentino, è stato avvicinato da esponenti di lingua tedesca (intervista al giornale Alto Adige) e da delegazioni di italiani spaventati dalla nuova condizione che verrebbe loro fatta dal regime autonomo. De Gasperi è sempre più contrario all'area ristretta. È inquieto per quanto si è già concesso e rivede minutamente tutto il testo del draft, respingendo in blocco tutte le modifiche richieste da Gruber 1 e rielaborando anche il testo delle nostre precedenti proposte 2• Bisogna dire che conosce questo problema a fondo per averlo vissuto dalle due parti. Ammiro la acutezza con cui studia le formule (in realtà cerca di svuotarle al possibile), prevede gli effetti, i pericoli e le opposizioni. Vuole anche eliminare l'ultimo capoverso in cui si era concesso che su tutto l'art. 10 il Governo italiano porgesse un orecchio ad eventuali suggerimenti che il Governo austriaco pensasse di avanzare ai fini della migliore attuazione. Come si fa a tornare indietro su quanto già è stato concesso? Incomincia per me il previsto spinaio. Comunque con De Gasperi si può sempre stare sul buon filo della ragione. Si impegna in ultimo a mettere il testo dell'ultimo capoverso in una lettera che dirigerebbe a Gruber contemporaneamente alla firma dell'accordo sul testo dell'emendamento.

Farò domani del mio meglio per persuadere gli austriaci delle difficoltà crescenti che De Gasperi incontra in politica interna, per far loro accettare il nuovo testo quale è venuto fuori in questo minuzioso sforzo di soddisfare una parte e l'altra, prevenendoli che questo è il massimo che noi possiamo fare. Temo veramente che se tardiamo ancora qualche giorno anche la formula oggi concordata laboriosamente con De Gasperi richiederà nuove revisioni restrittive.

ALLEGATO

SECONDA PROPOSTA ITALIANA DI EMENDAMENTO ALL'ART. 10 3

l. Ai cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano e dei contigui comuni della provincia di Trento viene garantita una completa parità di diritti coi cittadini di lingua italiana. In conformità a provvedimenti già presi o in corso di attuazione gli stessi godranno in particolare:

a) l'insegnamento [l'istruzione] elementare e secondario nella lingua materna (limiti)

b) la parificazione linguistica negli uffici ed atti pubblici

c) idem il diritto di

d) parità di diritto nell'accesso ai pubblici uffici.

2. Alle popolazioni delle sopradette zone verrà accordato l'esercizio di un potere legislativo ed esecutivo regionale autonomo: sulla struttura e sulla circoscrizione di tale ordinamento autonomo verranno consultati anche gli esponenti locali di lingua tedesca.

Entro un anno

34 . Allo scopo di stabilire rapporti di buon vicinato fra l'Austria e l'Italia il Governo italiano, previa consultazione col Governo austriaco, s'impegna:

l Vedi D. 242, Allegato. 2 Vedi Allegato. 3 Autografo di De Gasperi: vedi riproduzione dall'originale. 4 Nell'originale autografo, erroneamente, «4».

I. a rivedere con spirito di equità e larghezza la questione della cittadinanza nata dagli accordi Hitler-Mussolini

II. a esaminare la possibilità di accordi per il reciproco riconoscimento di titoli di studio e di diplomi universitari

III. a concludere una convenzione per il libero passaggio ...

IV. e facilitazioni per gli scambi commerciali.

252

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 4 settembre 1946, ore 9,15-12,15.

Il presidente Bonomi apre la seduta alle ore 9,15 e mette al corrente il presidente De Gasperi circa la riunione della delegazione italiana del 3 settembre 2 e circa le decisioni che vi sono state prese riguardo al passo che essa penserebbe di fare per la questione delle riparazioni e dell'art. 69.

Il presidente prega di dare lettura del primo dei promemoria predisposti dalla sottocommissione economica (Tarchiani, Pesenti e Di Nola).

Sospesa la lettura alla pagina 8 del promemoria, Di Nola riferisce sul colloquio avuto stamane stesso con il sig. Alphand, direttore generale degli affari economici al Quai d'Orsay circa la richiesta francese di rimborsarsi sui beni italiani siti nell'Unione Francese dei danni sofferti per colpa dell'Italia. Di Nola propone che il presidente De Gasperi faccia un passo presso il Governo francese per ottenere che la delegazione francese dichiari in sede di Commissione economica al Lussemburgo che si riserva di mettersi d'accordo con l'Italia per eliminare alcune categorie di beni italiani in Francia dall'elenco di quelle da liquidare in conto riparazioni.

Reale: Non crede all'efficacia che potrebbe avere tale dichiarazione.

Bonomi: Osserva che gli sembrerebbe preferibile ottenere che i francesi fissassero la cifra dei danni che pretendono di aver subiti.

De Gasperi: Ritiene anche egli necessario che i francesi precisino le loro richieste.

Martini: Intrattiene la delegazione circa il valore dei beni italiani in Brasile, tra i quali è il fondo di divise estere (7 milioni e mezzo circa di dollari) depositate all'inizio della guerra presso il Banco del Brasile nonché le navi (dieci più il «Conte Grande») cedute a brasiliani con patto di riscatto. Il Governo brasiliano non ha fatto cifre precise circa l'ammontare dei danni subiti (piroscafi affondati da pretesi sottomarini italiani, ecc.); secondo una dichiarazione del ministro degli esteri brasiliano, essi ammonterebbero alla cifra di 900 milioni di cruzeiros, cifra che da varie

l Il verbale precisa: «Presidente l'on. Bonomi. Sono presenti: il presidente De Gasperi, gli ambasciatori Tarchiani, Quaroni, Reale, Soragna, Martini, Carandini, l'on. Pesenti, l'on. Arpesani, il comm. Di Nola, il dott. Canali, il dott. Luciolli, il dott. Ducci».

2 Vedi D. 248.

parti è stata riconosciuta esagerata. Concludendo, l'amb. Martini afferma che ci conviene non precisare il valore dei nostri beni in Brasile, una parte dei quali si sono opportunamente minimizzati.

Reale: Riprendendo la discussione sull'atteggiamento da tenere colla Francia, ripete di non essere d'accordo con la proposta Di Nola e suggerisce invece che Di Nola e Pesenti vadano a parlare con altri delegati economici francesi col comunista Bioux.

Viene terminata la lettura del promemoria. Si passa alla lettura del secondo promemoria, redatto in forma di un appello alla responsabilità dei Quattro Grandi.

De Gasperi: Fa delle osservazioni sull'opportunità politica di chiedere in materia economica la protezione dei Grandi a danno dei piccoli, ai quali ultimi ci siamo rivolti per essere appoggiati in sede territoriale. Comunque egli ritiene che il promemoria stia bene in linea di massima, salvo sfrondare qualcosa e rivedere la forma in modo da eliminare ogni accenno alla opposizione dei Grandi ai piccoli.

Si discute circa la forma da dare al promemoria e al passo che dovrebbe accompagnarlo. Partecipano alla discussione: Tarchiani, Quaroni, Pesenti, Soragna.

De Gasperi: Propone che il promemoria sia diretto al presidente della Commissione economica per comunicazioni alla Commissione, e che quindi si faccia un passo presso i Quattro Grandi, a cui verrà lasciata copia del promemoria stesso.

La proposta viene approvata e la seduta è sciolta alle ore 12, 15.

253

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI (1)

PROMEMORIA. Parigi, 4 settembre 1946.

Ieri sera ho preparato il nuovo testo dell'emendamento all'art. 102• Stamattina se ne è fatta la traduzione in inglese pesando parola per parola.

Circa le facilitazioni ferroviarie mi consulto con Di Nola il quale suggerisce una formula che mi pare buona. La inserisco. Faccio vedere il tutto ancora a De Gasperi (che è più che mai preoccupato dell'avviamento delle cose in Italia dopo le dimissioni di Corbino e certi accenni, che mi confida, ad una offensiva contro di lui considerato come compromesso dallo scacco di Parigi e troppo affaticato. Lo zampino è sempre lo stesso).

De Gasperi mi dà il benestare definitivo al testo3 . Alle 14,30 sono alla legazione austriaca. Spiego ampiamente a Schmid le ragioni del nuovo testo. Lo ripassiamo parola per parola.

I In Archivio Carandini, busta IO. 2 Vedi D. 251. 3 Vedi Allegato.

In sostanza abbiamo:

l) modificato il primo comma del n. l introducendo subito la garanzia della eguaglianza di diritti fra cittadini tedeschi e italiani nella provincia di Bolzano e nei comuni finitimi (per evitare la inclusione di isolati agglomerati tedeschi nel centro del Trentina) della provincia di Trento a prevalenza tedesca;

2) eliminata la frase « to safeguard the ethnical characten> ecc.;

3) fatto precedere alla elencazione delle garanzie a), b), c), d), le parole «In accordance with legislation» ecc.;

4) al capoverso a) sostituite le parole «teaching in the mother-tongue» alla precedente dizione «German language schools»;

5) semplificato il capoverso d) con la formula «equality of rights as regards the entering upon public officies»;

6) modificato il capitolo 2 eliminando (richiesta Gruber) la frase «even in case of an eventual enlargement of the administrative boundaries» e sostituendo il concetto con la frase «The structure and circumscription of the said previsions ... ecc.»;

7) sostituita la frase «will be assured an authonomy in the exercise ... » con la dizione «will be granted the exercise of an autonomous legislative and executive regional power»;

8) aggiunta la parola «also» fra «consultation» e «with the !oca! ... »;

9) raggruppate tutte le disposizioni di carattere internazionale sulle quali siamo disposti a consultare il Governo austriaco nel capitolo 3 al quale premettiamo il cappello «The Italian Government with the aim at establishing good neighbourhood relations between Austria an d Italy, pledges itself ecc.»;

lO) semplificato il capoverso a) relativo alla revisione delle opzioni, aggiungendo la parola «equity»;

11) aggiunto il capoverso b) (richiesta Gruber) circa il riconoscimento dei titoli di studio aggiungendo il concetto di mutuo;

12) respinta la richiesta Gruber di garantire il «free transit» tanto per passeggeri e merci fra Nord e Est Tirolo, quanto fra Austria e Alto Adige e diviso l'articolo in due parti. Il capoverso c) garantisce il «free transit» fra Nord e Est Tirolo. Il capoverso d) si riferisce a speciali facilitazioni per gli scambi locali di certe quantità di merci caratteristiche fra l'Austria e l'Italia. Schmid comprende perfettamente che il «free transit» indiscriminato fra Austria ed Alto Adige non si distinguerebbe in nulla da uno Zollverein, implicherebbe la condizione di «nazione più favorita» e provocherebbe, secondo il trattato, analoga concessione alle altre Nazioni Unite. Sarebbe poi impossibile che le merci introdotte nell'Alto Adige libere da dogana non fossero poi inoltrate nel resto d'Italia, come non si potrebbe evitare l'esportazione in Austria, come provenienti dall'Alto Adige, di merci provenienti dal resto d'Italia e debitamente camuffate. Per evitare ciò occorrerebbe stabilire una vera e propria barriera doganale fra la provincia di Bolzano ed il resto d'Italia. Limitando invece la facilitazione alle merci caratteristiche (mele di Merano, lavori in legno di Val Gardena ed altri prodotti locali riconoscibili) e secondo un contingentamento, la cosa può passare agli effetti internazionali e può funzionare senza pericolo di abusi;

13) abolito il paragrafo 5 troppo impegnativo nel trattato e sostituito da una lettera aggiuntiva che De Gasperi scriverà a Gruber all'atto della firma dell'accordo.

La spiegazione dettagliata di tutti gli argomenti dura a lungo e Schmid comprende bene le nostre ragioni, facendo le prevedibili riserve circa la mancata indicazione di un rapporto proporzionale alla popolazione nella assunzione degli impiegati di lingua tedesca, e circa la estensione territoriale della autonomia.

Riferirà il tutto a Gruber preparandolo quindi all'incontro che avrò con lui stasera alle ore 19 I.

ALLEGATO

SECONDA PROPOSTA ITALIANA DI EMENDAMENTO ALL'ART. IO

l. German-speaking inhabitants of the Bolzano Province and of the neighbouring communes of the Trento Province in which the German-speaking element is predominant will be assured a complete equality of rights with the Italian-speaking inhabitants.

In accordance with legislation already enacted or awaiting enactment the said German-speaking citizens will be granted, in particular:

a) elementary and secondary teaching in the mother-tongue;

b) parification of the German and Italian languages in public offices and official documents; as well as bilingual topographic naming;

c) the right to re-establish German family names which were italianized in recent years;

d) equality of right as regards the entering upon public offices.

2. -The populations of the above mentioned zones will be granted the exercise of an autonomous legislative and executive regional power. The structure and circumscription of the said provisions of autonomy will be drafted in consultation also with the local German-speaking elements. 3. -The Italian Government, with the aim at establishing good neighbourhood relations between Austria and Italy, pledges itself, in consultation with the Austrian Government,

a) to revise in a spirit of equity and broad-mindedness the question of the options for citizenship resulting from the 1939 Hitler-Mussolini agreements;

b) to consider the possibility of agreements for the mutuai recognition of the validity of studies and University diplomas;

c) to draw up a convention for the free passengers and goods transit between Northern and Eastern Tyrol both by rail and by road;

d) to reach special agreements aimed at facilitating local exchanges of certain quantities of characteristic products and goods between Austria and Italy.

(President De Gasperi agrees to address a personal letter to Minister Gruber, stating that the Italian Government is prepared to give careful attention to any suggestion which the Austrian Government may wish to set forth concerning the best solution to be given to the matters covered by Art. l 0).

I Vedi D. 254.

254

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI D'AUSTRIA, GRUBER (1)

PROMEMORIA. Parigi, 4 settembre 1946, ore 19.

Gruber ha visto il testo modificato che ho rilasciato oggi alle 14,30 a Schmid 2 . In linea generale è d'accordo salvo sui seguenti punti:

Circa le modalità per accordare la scuola nella lingua materna a gruppi di allievi sufficientemente numerosi, è contrario a includerlo nel testo e disposto invece ad uno scambio di lettere che considerino questa nostra riserva.

Per la assunzione ai pubblici uffici insiste perché si accenni ad un rapporto col numero della popolazione. Propongo una formula intermedia «with a view to reach a better proportion of employment between the two ethnical groups» dichiarando che è il massimo che possiamo fare. Accetta questa formula.

Prega di modificare la frase « The structure an d circumscription ... » perché troppo precisa e tale da esporlo ad attacchi difficili da superare. È d'accordo perché la questione della circoscrizione territoriale resti aperta ma vorrebbe una frase più generica e velata. Accetta poi la dicitura «The frame within which the said provisions of authonomy ... ».

Vorrebbe tolta la parola «also» fra «consultation» e «with the !oca! ... ». Faccio osservare che non possiamo rinunciarci poiché è evidente che prima dovrà essere consultata l'Assemblea costituente, i gruppi di lingua italiana e «also» gli esponenti dei gruppi di lingua tedesca. Accetta.

Circa la traduzione inglese della espressione «esponenti» (che non vuoi dire rappresentanti ufficiali e non deve dirlo secondo noi) si conviene la formula « ... will be drafted in consultation also with !oca! representative (aggettivo) German-speaking elements».

Per i titoli di studio accetta il criterio di reciprocità (mutuai).

Per le facilitazioni ai trasporti stradali accetta l'aggiunta delle parole «to the greatest possible extent» (nostra cautela).

Chiede sia aggiunto un riferimento ad un «enlarged frontier traffic». Accetto.

Comprende le ragioni che ci vietano di includere nell'accordo la nostra disposizione a prendere in considerazione i suggerimenti del Governo austriaco su tutti gli argomenti compresi nell'accordo ed accetta che ciò faccia oggetto di una lettera a parte da scambiarsi fra lui e De Gasperi.

Riafferma la sua buona volontà di giungere ad una leale stesura dell'accordo e ad una altrettanto leale applicazione. Gli faccio osservare che noi diamo la massima prova di fiducia rinunciando, per ovvie ragioni che lo riguardano, ad esigere un espresso riferimento alla rinuncia di fatto che l'Austria compie nei riguardi delle sue originarie richieste territoriali. Gruber mi conferma che quando la questione dell'autonomia sarà regolata, la soddisfazione della minoranza di lingua tedesca

l In Archivio Carandini, busta IO. 2 Vedi D. 253, Allegato.

302 dell'Alto Adige sarà condivisa dall'Austria. In una prima fase è evidente che, dalle due parti, è necessario un reciproco riguardo ed una reciproca discrezione. Il valore del nostro accordo, aggiunge, non sta nella carta scritta ma nella reciproca buona volontà di giungere ad una soluzione lealmente concepita ed attuata.

Ci lasciamo con una stretta di mano conclusiva e con la sensazione che nuove solide fondazioni sono messe per una pacificazione ed intesa itala-austriaca la cui realizzazione è riservata al grado di buona volontà che manifesteremo nel prossimo avvenire. Altri sviluppi verranno per i quali non ci possiamo scambiare ora che una testimonianza di volenterosa intenzione.

255

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNT0 1 . Parigi, 4 settembre 1946.

Alto Adige. Dunn è soddisfattissimo del progetto di intesa diretta itala-austriaca. Ne parlerà con Byrnes ed è sicuro che egli -anche come «opinione pubblica americana» -sarà vivamente impressionato della «inspiring» iniziativa dell'Italia e del buon esempio di due Stati in contrasto che risolvono amichevolmente le proprie questioni nel comune interesse. È d'accordo sulla procedura per la presentazione dell'intesa. Un rappresentante americano farà in quella occasione dichiarazioni di apprezzamento e soddisfazione.

Viaggio di Molotov. Mi informa, a titolo strettamente personale, che gli americani ritengono che Molotov rientrerà da Mosca con istruzione di seguire una via di maggiore intransigenza ed energia. Stalin non è soddisfatto dell'andamento della Conferenza. I russi si sono accorti che se si venisse ai voti con l'intervento anglo-americano, essi si troverebbero sempre in minoranza. Non amano questa situazione e cercano di uscirne fuori.

Questione di Trieste. Proprio a proposito di Trieste e del suo statuto -sul quale si voterà -i russi temono di rimanere, punto per punto, sei contro quattordici. In tal modo cadrebbero tutte le speranze loro e degli jugoslavi e si riaprirebbe la grande crisi. D'altronde gli americani contano proprio su queste votazioni per mettere a nudo definitivamente le intenzioni dei russi. Hanno pregato oggi i brasiliani di tenere in serbo -cioè di ripresentare a suo tempo -la proposta del rinvio di un anno, per avere una via di uscita nel caso che la discussione sullo statuto porti a conflitti aperti, senza possibilità di conclusione. Gli americani prevedono seri incidenti su questo terreno, e sono perciò disposti a prendere eventualmente in considerazione la sospensiva. Alla Commissione territoriale il sen. Connally ha dichiarato che la questione dei confini è connessa con la forma interna dello Stato Libero; questo deve essere capace di vivere assolutamente indipendente, e

1 Trasmesso con Telespr. segreto d. 240 di Lanza del 6 settembre.

garantito dalle Nazioni Unite. Il senatore ha affermato che non si possono discutere i confini se non si parte da questo principio. Non ci sono state immediate reazioni jugoslave o russe, ma si prevede che avranno presto luogo.

Art. 69. Secondo Dunn, l'interpretazione americana sarebbe uguale alla nostra, nel senso che esso non possa e non debba riferirsi alle riparazioni. Gli americani giudicano -a quanto egli mi ha esplicitamente affermato -errata ed oppressiva la proposta francese.

Confine occidentale. Dunn mi conferma che gli americani stimano un grave errore l'atteggiamento della Francia che ha respinto le moderate offerte italiane di accomodamento. Attribuiscono l'errore alla debolezza di Bidault rispetto alle imposizioni di certi partiti.

Saturnia e Vulcania. Byrnes dette l'ordine di consegnare le due navi circa quindici giorni fa, con l'intesa che esse verrebbero in un primo tempo impiegate per il rimpatrio dei prigionieri. Dunn provvede ora a telegrafare a Washington per aver conferma delle disposizioni che la Maritime Commission dovrebbe avere adottato in questo senso. Ci informerà.

Dimissioni di Corbino. Sono molto preoccupati della notizia e sperano VIVamente che Corbino possa rimanere al governo.

256

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, A PARIGI

L. 1240 SEGR. POL. Roma, 4 settembre 1946.

Non so se hai visto (e te ne allego copia) 1 il progetto che fu redatto qua fra il presidente, il conte Carandini, il prefetto Innocenti (e di cui quest'ultimo mi diede poi copia) relativamente all'Austria. Si tratta a quanto pare di un progetto di emendamento all'art. IO che secondo l'idea del conte Carandini si dovrebbe presentare insieme noi e gli austriaci.

Io non conosco la esatta situazione costì relativamente alla questione del confine italo-austriaco. Parmi però, specie dopo le decisioni dei Quattro Grandi di rimanere solidali nella difesa della redazione del trattato da loro fatto, che sarebbe un vero errore l'andare noi stessi ad aggravare la nostra situazione inserendo nel trattato questo emendamento il quale sebbene contenga nulla più di quanto abbiamo già concesso, trasforma tuttavia le nostre concessioni unilaterali in impegni internazionali consentendo nell'avvenire al Governo di Vienna di ficcare continuamente il naso nelle faccende interne nostre, il che in ultima analisi si risolverebbe poi in un permanente stato di attrito fra Roma e Vienna a semplice motivo magari di qualche guardia campestre o di qualche segretario comunale rimosso dal suo incarico. Come ripeto non conosco la situazione: se vi è pericolo indubbiamente l'emendamento può

I Vedi D. 231, Allegato.

apparir buono, se non vi è pericolo sarebbe da fessi andarlo a proporre. Te ne ho scritto quindi per semplice segnalazione di un mio pensiero sull'argomento; vedi tu di accennarne a Soragna o a Quaroni se eventualmente lo ritieni e se questa non è stata già, come assai probabile, preoccupazione anche vostra 1•

257

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI (2)

PROMEMORIA. Parigi, 5 settembre 1946, ore 10.

Porto a Gruber testo definitivo approvato da De Gasperi e draft delle lettere da scambiarsP. Firma nel pomeriggio 4 . Discutiamo della procedura per la presentazione del testo al Segretariato della Conferenza ed ai Quattro Grandi.

Noi prepareremo i testi in francese ed in russo. Circa la lettera di accompagno e le modalità comunico che gli inglesi vogliono consigliarci e che li vedrò alle ore

19. Combiniamo che anche Wimmer verrà con me per accordarci insieme.

Faccio notare che mentre l'Austria ha tutto l'interesse a vedere l'accordo embodied nel trattato, noi favoriremo questa inclusione, ma non abbiamo alcun interesse ad essa perché per noi la firma di Gruber è più che sufficiente.

L'ipotesi che la nuova proposta che dovrà essere presentata dai belgi e dagli olandesi non sia accolta dalla Commissione non ci inquieta perché siamo decisi a dar corso all'accordo come patto bilaterale fra noi e l'Austria.

258

ACCORDO DE GASPERI-GRUBER

l -German-speaking inhabitants of the Bolzano Province and of the neighbouring bilingual townships of the Trento Province will be assured a complete equality of rights with the Italian-speaking inhabitants, within the framework of special provisions to safeguard the ethnical character and the cultura! and economie development of the German-speaking element.

In accordance with legislation already enacted or awaiting enactment the said German-speaking citizens will be granted in particular:

a) elementary and secondary teaching in the mother-tongue;

1 Per la risposta vedi D. 278.

2 In Archivio Carandini, busta IO. Il promemoria è autografo.

3 Vedi D. 258.

4 In un calendario del negoziato Carandini ha segnato alla data del 5 settembre: «Ore IO: Gruber, Schmid; ore 14,45: Schmid; ore 16,45: Schmid; ore 17: Gruber in ambasciata (firma); ore 20: McNeil, Harvey, Hoyer-Millar, Jebb, Wimmer (al] George V».

b) parification of the German and ltalian Ianguages in public offices and official documents, as well as in bilingual topographic naming; c) the right to re-establish German family names which were italianized in recent years; d) equality of rights as regards the entering upon public offices, with a view to reaching a more appropriate proportion ofemployment between the two ethnical groups.

2 -The populations of the above mentioned zones will be granted the exercise of an autonomous legislative and executive regional power. The frame within which the said provisions of autonomy will apply, will be drafted in consultation also with !oca! representative German-speaking elements.

3 -The Italian Government, with the aim of establishing good neighbourhood relations between Austria and Italy, pledges itself, in consultation with the Austrian Government an d within o ne year from the signing of the present Treaty:

a) to revise in a spirit of equity and brod-mindedness the question of the options for citizenship resulting from the 1939 Hitler-Mussolini agreements;

b) to find an agreement for the mutuai recognition of the validity of certain degrees and University diplomas;

c) to draw up a convention for the free passengers and goods transit between Northern and Eastern Tyrol both by rail and, to the greatest possible extent, by road;

d) to reach special agreements aimed at facilitating enlarged frontier traffic and !oca! exchanges of certain quantities of characteristic products and goods between Austria and Italy.

DE GASPERI GRUBER

5 September I 946.

Paris, 5th September, 1946.

Dear Minister,

Following our verbal understanding, I wish to confirm that the Italian Government will be prepared to give careful attention to any suggestions which the Austrian Government may wish to set forth concerning the best solution to be given t o the matters covered by Artide IO, as in the wording we agreed upon.

Please accept, Excellency, the expression of my highest consideration 1•

DE GASPERI

H.E. Herr Karl GRUBER Federai Minister for Foreign Affairs Austrian Legation Paris

1 Il testo italiano, autografo di De Gasperi, è il seguente: «A conferma delle nostre intese la assicuro che il Governo italiano sarà sempre disposto a prestare benevola attenzione a quei suggerimenti che il Governo austriaco desiderasse far presente circa la migliore soluzione sulla materia dell'art. l 0».

September 5th, 1946.

Dear Prime Minister, You bave been kind enough to send me to-day the following letter dated September 5th, 1946:

«Following our verbal understanding, I wish to confirm that the Italian Government will be prepared to give careful attention to any suggestions which the Austrian Government may wish to set forth concerning the best solution to be given to the matters covered by Artide IO, as in the wording we agreed upon».

In acknowledging receipt of the above letter I wish to add that tbe fact the Italian and Austrian Governments bave been able to submit to the Conference a joint proposal to amen d Art. l O is viewed by us with rea! satisfaction.

We hope very much that our agreement will be the starting point for a fruitful development of Austro Italian relations in the spirit of friendly neigbbourhood and of international cooperation.

I bave been deeply impressed by the spirit of impartiality and frankness whicb you bave shown in dealing with these matters and whicb, I trust, is a good omen of future relations of confidence between the Austrian and tbe Italian Governments.

I beg you, dear Prime Minister, to accept the expression of my highest consideration.

GRUBER His Excellency Mr. Alcide DE GASPERI ltalian Prime Minister and Minister for Foreign Affairs ltalian Embassy Paris

Paris, September 5th, 1946.

Dear Minister,

With reference to sub-paragraph I (a) of the amended text of Art. IO of tbe Draft Peace Treaty with Italy, it is to be understood that the right to obtain teaching in the mother-tongue will be subject to special regulations determining the minimum number of pupils necessary for tbc establishment of !oca! mother-tongue teacbing.

Please accept, Y our Excellency, the expression of my highest consideration.

DE GASPERI

S.E. Karl GRUBER Federai Minister for Foreign Affairs Austrian Legation Paris

September 5th, 1946.

Dear Prime Minister, You bave been kind enough to send me to-day the following letter dated September 5th 1946:

«With reference to sub paragraph I (a) of the amended text of Art. 10 of the Draft Peace Treaty with Italy, it is to be understood that the right to obtain teaching in the mother-tongue will be subject to special regulations to determine the minimum number of pupils necessary for the establishing of !oca! mother-tongue teaching».

I beg to acknowledge receipt of the above communication of which I have taken note. I beg you, dear Prime Minister, to accept the expression of my high est consideration.

GRUBER His Excellency Mr. Alcide DE GASPERI ltalian Prime Minister and Minister for Foreign Affairs ltalian Embassy Paris

259

COLLOQUIO DEGLI AMBASCIATORI REALE E QUARONI CON IL VICE MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, BEBLER

VERBALE 1• Parigi, 5 settembre 1946, ore 17.

Reale ha detto a Bebler di aver riferito al presidente la sua precedente conversazione con lui 2 e ritorna da lui con Quaroni per dare a questi contatti un carattere più concreto.

Quaroni rifà a Bebler la storia dei nostri tentativi di intavolare trattative dirette con la Jugoslavia, deplora che la Jugoslavia abbia rifiutato, il che ha condotto alla situazione attuale in cui tutti e due dobbiamo subire decisioni altrui che non ci soddisfano.

Bebler spiega che il tono generale della stampa governativa italiana era tale da non far intravedere agli jugoslavi alcuna possibilità di riuscire nei negoziati diretti. Quaroni, confermato da Reale, osserva che la stampa governativa non rispecchiava la vera opinione del Governo.

Passando al concreto Quaroni spiega il concetto del presidente. Egli ritiene l'aspetto economico della questione di Trieste più importante che il problema più strettamente politico dello statuto. Bisognerebbe intenderei su di un piano di politica economica generale comprendente tariffe ferroviarie, eventuali costruzioni ferroviarie nuove, regime dei porti vicini jugoslavi ed italiani, nel senso che i due Paesi si mostrassero egualmente interessati a promuovere lo sviluppo di Trieste sia come centro industriale sia come porto.

Bebler risponde che la Jugoslavia è disposta a concludere un accordo economico di vastissima portata con l'Italia. Quaroni dice che anche noi siamo d'accordo,

1 Trasmesso con Telespr. riservato d. 255 di Ducci del 6 settembre.

2 Non vi sono documenti su un precedente colloquio Reale-Bebler; Reale aveva invece incontrato Kardely il 16 agosto, vedi D. 169.

ma che qui si tratta non dei rapporti generali tra Italia e Juogoslavia ma di accordi specifici per la situazione economica di Trieste. Bebler si dichiara d'accordo.

Bebler procede con delle lunghe considerazioni circa l'interesse per l'Italia, per la sua vera indipendenza, ad andare d'accordo con la Jugoslavia, sul pericolo per i due Paesi che il Territorio Libero di Trieste diventi una Gibilterra anglo-americana. Ha particolarmente insistito sulle clausole del progetto anglo-americano di statuto che autorizza il governatore a chiamare truppe a Trieste. Richiesto di formulare in concreto le sue proposte di accordo, risponde che esse sono le seguenti:

L'Italia accetta come confine fra Italia e Jugoslavia e fra Territorio Libero di Trieste e Jugoslavia la linea bielorussa (vedi carta annessa) 1• Per lo statuto del Territorio Libero accordo fra Italia e Jugoslavia su base di condominio ma con netta prevalenza dell'elemento italiano. Governatore italiano e vice governatore jugoslavo (ha dato l'impressione che si sarebbe accontentato anche di meno). Accordo economico itala-jugoslavo per la vita di Trieste e del porto. Accordo a più lunga portata fra Italia e Jugoslavia in tutto il campo economico. La Jugoslavia come contropartita ridurrebbe al minimo le sue richieste di riparazioni e si impegnerebbe pure per tutto il gruppo slavo a sostenere la tesi italiana per tutto il settore economico e coloniale del trattato.

Reale e Quaroni hanno detto a Bebler che da parte nostra si potrebbe essere disposti a studiare la formula del condominio se la Jugoslavia consente ad allargare il territorio di Trieste sino ad includere pola secondo la linea inglese. Solo in questo caso-a parte le considerazioni di politica generale-tale intesa con la Jugoslavia avrebbe per noi un vantaggio.

Bebler fa rilevare che sarebbe per noi un grosso vantaggio morale almeno riportare a casa il governatore italiano di Trieste. Quanto alla estensione fino a Pola la dichiara impossibile -pur nulla obiettando seriamente all'osservazione di Reale che si tratta di una zona prevalentemente italiana-per ragioni strategiche: si tratta di posizioni offensive che non possono andare in mano all'Italia o agli anglo-americani.

Quaroni dice che se le difficoltà sono di ordine di sicurezza ritiene di interpretare il pensiero del presidente del Consiglio che noi non ci rifiuteremmo a qualsiasi accordo con la Jugoslavia per darle le massime garanzie su questo punto.

Bebler osserva che la Jugoslavia ha bisogno di fare eseguire approntamenti difensivi seri su tutta la costa: lo Stato Libero demilitarizzato esteso fino a Pola renderebbe impossibile qualsiasi sistemazione della zona. Ritorna a parlare dei vantaggi per l'Italia di una intesa amichevole politico-economica con tutto il mondo orientale. Invita noi a considerare le sue proposte.

Quaroni invita per parte sua Bebler a pensare sulla nostra proposta. Osserva, sostenuto da Reale, che la migliore garanzia di sicurezza per la Jugoslavia è una Italia democratica. Ammettendo che sia esatto quello che pensano gli jugoslavi sulla lotta in Italia fra forze democratiche e reazionarie, bisogna tener conto che l'atteggiamento jugoslavo sulla questione di Trieste ed anche il tono dei discorsi dei suoi delegati non fanno che aiutare gli elementi reazionari contro gli elementi

l La carta non è stata rinvenuta.

democratici. Prega insistentemente la delegazione jugoslava di tenere presente anche questo aspetto del problema nello studiare le proposte italiane. Nel corso della conversazione Bebler ha detto insistentemente che se non sarà accettata la linea bianco-russa gli jugoslavi abbandoneranno la Conferenza e non firmeranno il trattato e che i russi Ii appoggiano. Ha aggiunto in tono scherzoso che essi vogliono seguire la tattica da noi seguita dopo l'altra guerra e che ci ha condotto a Rapallo.

260

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15556/963. Washington, 5 settembre 1946, ore 17,35 (per. ore 13,35 del 6).

Trasmetto seguente telegramma del conte Sforza:

«18. Dopo cordiale conversazione col segretario di Stato, cui illustrato perché è anche interesse alleato comprendere certe nostre necessità politiche e morali, sono stato ricevuto oggi dal presidente Truman. Alla fine del cordialissimo colloquio Truman mi assicurerà che sua simpatia per la Nazione italiana è profonda e immutabile e che sarebbe felice se potesse darne un giorno la prova. Lascio domani Washington per New York».

261

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi, 5 settembre 1946.

De Gasperi: Prega il comm. Di Nola di dar lettura della lettera sulla questione delle clausole economiche del trattato di pace, che si è deciso di inviare al presidente della Commissione economica e che si invierà agli altri membri della Conferenza, concernente una ulteriore esposizione del punto di vista italiano in materia.

Di Nola: Dà lettura del documento.

De Gasperi: Informa che la lettera verrà presentata la mattina del 6 settembre. Gli ambasciatori che la presenteranno personalmente ai Quattro Grandi dovranno aggiungere verbalmente che la pubblicazione del semplice elenco di cifre delle riparazioni che ci vengono richieste ha messo in orgasmo l'opinione pubblica italiana. Occorre che i Quattro si mettano sulla via di una precisazione delle loro richieste

I Il verbale precisa che sono presenti: «Presidente De Gasperi, presidente Bonomi, ambasciatori Tarchiani, Quaroni, Carandini, Soragna, Martini, Reale; comm. Di Nola, comm. Cerulli; onorevoli Brusasca, Pesenti, Lizzadri, Morelli, Arpesani; dott. Malvezzi, ing. De Corné, ing. Muller; dott. Cattani, Lanza, Casardi, Cavalletti e Mondello».

riducendole a cifre tollera bili e· occorre che diano precise garanzie su un'equa applicazione dell'art. 69. Il Governo italiano si riserva di mandare una esposizione motivata della situazione. Dispone infine che dal presidente della Commissione economica vada l'ambasciatore Quaroni il quale dovrà chiedere che sia data notizia in seduta della Commissione economica della presentazione del documento. Chiede infine se i presenti abbiano osservazioni da fare e poiché nessuno domanda la parola informa che la seduta continuerà alla presenza di un ristretto numero di membri 1•

De Gasperi: Informa che farà una comunicazione di carattere confidenziale. Nel corso delle ultime settimane si sono svolte conversazioni da parte italiana alla presenza del Governo austriaco per definire i problemi connessi con il problema dell'Alto Adige. Le conversazioni hanno avuto un buon risultato e questa sera stessa è stata firmata una convenzione confidenziale che verrà comunicata ai Quattro e che successivamente potrà diventare di ragione pubblica. Le trattative sono state difficili e da parte italiana sono state condotte ispirandosi al principio moderno di una tal quale limitazione della sovranità totale per ammettere la protezione internazionale delle minoranze etniche. Ciò che noi facciamo in favore di una minoranza esistente in Italia saremmo ben felici di vederlo applicare in favore di una minoranza italiana esistente in altri Stati. Si tratta di inserire nell'art. l O del draft un paragrafo che fissi gli impegni che l'Italia assume nei confronti delle minoranze tedesche in Italia. Questi impegni sono stati formulati riassumendo le precise direttive del Governo in materia e cioè la concessione della parità linguistica nelle insegne e negli uffici e la concessione della autonomia.

De Gasperi espone successivamente in dettaglio il contenuto della proposta concordata fra il Governo italiano e il Governo austriaco e il suo carattere giuridico. Invita l'ambasciatore Carandini, il quale si è largamente adoperato nello svolgimento delle trattative, a dare lettura del documento. L'ambasciatore Carandini ne dà lettura.

Reale: Chiede spiegazioni in merito alla parte relativa alla concessione di autonomia.

De Gasperi: Dichiara che in realtà le concessioni fatte dall'Italia non aggiungono elementi nuovi. Le leggi per la bilinguità e i progetti relativi alla revisione delle opzioni sono già stati approvati dal Governo il quale non ha fatto concessioni particolari. Non vi è dubbio che i tedeschi in Italia ottengono notevoli garanzie dal fatto che la convenzione italo-austriaca verrà inserita in un trattato internazionale. Questo è il contributo che l'Italia apporta alla soluzione del problema delle minoranze e pertanto è opportuno valorizzarlo formulando la speranza che il nostro esempio venga seguito.

Reale: Chiede perché sembri necessario legare l'accordo italo-austriaco al trattato permettendo che delle minoranze note come particolarmente turbolente ed anti-italiane godano di una situazione di particolare favore che permette in pratica l'intervento di terzi negli affari interni italiani.

Carandini: Dichiara che ciò rappresenta la contropartita data allo scopo di ottenere che la questione della cessione all'Austria dell'Alto Adige dovesse risorgere. Il ministro Gruber aveva apertamente dichiarato che intendeva infatti portare il

l Lasciano la seduta Di Nola, Brusasca, Pesenti, Lizzadri, Morelli, Malvezzi, De Corné, Muller e Cavalletti e interviene Benzoni.

311 problema ad un più alto consesso internazionale. La questione restava quindi pericolosamente aperta. Oggi gli austriaci hanno rinunziato a sollevare di nuovo il problema.

Reale: Riafferma di non scorgere la pratica contropartita alle concessioni da noi fatte e chiede ulteriori precisazioni 1 .

De Gasperi: In seguito a richiesta di precisazione da parte dell'amb. Reale, spiega che nel trattato di pace potrebbero essere incluse sia la prima che la seconda parte del testo dell'accordo. Espone Io scopo cui mira l'intesa: occorre far cessare le agitazioni degli alto-atesini, ciò è possibile soltanto ottenendo che l'Austria faccia cadere il postulato irredentistico. Egli ritiene che -pur non nascondendosi il pericolo che nel futuro la questione possa ugualmente essere risollevata-tuttavia l'accordo porta un notevole contributo a questo scopo di pacificazione. Parla degli errori e delle colpe commesse dal fascismo nel vano perseguimento della politica di annientare la minoranza alto-atesina; cita degli esempi. Egli ritiene che le obiezioni dell'amb. Reale non siano fondamentali.

Reale: Chiarisce che egli teme che l'accordo possa fomentare anziché calmare le agitazioni irredentistiche, in quanto risolleva il problema. Critica in specie il paragrafo relativo alle opzioni che risuscita speranze ed irrequietismi.

De Gasperi: Chiarisce il punto delle opzioni dimostrando come esso sia poco impegnativo. Cita l'esempio di 50 mila optanti che erano stati trasferiti nei Sudeti ed ora si trovano in Austria da dove muovono una viva agitazione per rientrare in Alto Adige. Occorre obbiettivamente ammettere che i nazisti d'accordo con i fascisti esercitarono delle pressioni molto forti per obbligare ad optare in favore della Germania.

Martini: Rileva l'importanza dell'accordo che è un primo riuscito tentativo di diretta composizione di una grave questione internazionale fra due Paesi. Anch'egli però condivide il punto di vista dell'amb. Reale circa il pericolo costituito dal fatto di includerne il testo nel trattato. Osserva come la politica tradizionale italiana nei tentativi di soluzione della questione romana fu sempre quella di escludere garanzie internazionali. Fa quindi anch'egli delle riserve per quanto riguarda il punto specifico dell'inclusione del testo nel trattato di pace.

De Gasperi: Osserva in primo luogo che non si possono fare paragoni con la questione romana che è di tutt'altra natura; in secondo luogo molti uomini politici italiani non erano contrari a garanzie di carattere internazionale per la soluzione di quel problema; in terzo luogo osserva che il punto centrale del problema è il seguente: se fossimo certi di impedire agitazioni o irredentismi, l'accordo sarebbe superfluo; ma così non è. L'Alto Adige è una regione conosciuta in tutto il mondo; una agitazione avrebbe subito risonanze internazionali. L'opposizione russa può impedire oggi che la questione dell'Alto Adige prenda alla Conferenza una piega cattiva; ma non può impedire né l'irredentismo né un eventuale ripresentarsi del problema nel futuro.

Reale: Conviene che l'opposizione russa ha soltanto un valore immediato; ritiene però che l'irredentismo ci sarà ugualmente con o senza il presente accordo.

1 La parte seguente del verbale è stata aggiunta successivamente.

De Gasperi: Osserva che la nostra posizione ne esce rinforzata anche per quanto riguarda le altre nostre minoranze italiane. Nel 1918 egli personalmente si è dichiarato contro l'annessione dell'Alto Adige; conosce per esperienza personale il travaglio delle minoranze; bisogna alleviarlo considerando anche la cosa da un punto di vista morale. Spera che l'accordo possa eliminare in gran parte il pericolo di dover ricorrere a misure di costrizione; spera anzi di riuscire così a seppellire la questione alto-atesina.

Bonomi: Osserva che occorre scindere il problema: una prima parte riguarda le autonomie che si danno agli alto-atesini e tutti sono d'accordo su questo punto; una seconda parte riguarda la garanzia internazionale derivante dall'inclusione del testo nel trattato. Riconosce che anche egli inizialmente ebbe qualche perplessità circa quest'ultimo punto. Un esame obiettivo dei vantaggi pratici che derivano dalla intesa dimostra la sua utilità: essa tronca infatti la possibilità di fare risorgere il problema e lo risolve una volta per tutte in un momento in cui passa un poco sotto ombra. Riconosce che rimane sempre la minaccia territoriale, ma essa è assai meno grave se c'è un accordo.

De Gasperi: Legge i punti essenziali del testo concordato, dimostrando come essi siano poco impegnativi anche dove sembra che concediamo qualcosa. Riafferma la sua fiducia che l'accordo contribuirà alla pacificazione e porterà i suoi frutti. Chiarisce come esso sia già stato firmato da Gruber e da lui; vi è inoltre uno scambio di lettere aggiuntivo. Informa in fine di seduta che, a causa delle dimissioni di Corbino, la situazione economica si è aggravata in Italia e la lira ha subito un tracollo. Ha gravemente influito la conoscenza delle domande di riparazioni presentate dalle varie Nazioni. Occorre subito far conoscere questa situazione alla stampa e alle varie delegazioni. Pensa di tornare a Roma non prima di lunedì; mercoledì vi sarà la riunione dell'Assemblea costituente ed egli dovrà fare una dichiarazione del Governo che certamente non potrà limitarsi soltanto alle questioni economiche.

262

L'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, VINCI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15553/101. Sofia, 5 settembre 1946, ore 21,40 (per. ore 12 del 6).

Mi risulta essere imminenti misure autorità bulgare disposte da Commissione di controllo alleata 1 (Comando sovietico) che renderanno obbligatorio, entro termine pari quindici giorni, denunzia tutti i beni italiani, presumibilmente a scopo di censimento. Da informazioni assunte presso questo Ministero affari esteri non verrebbe limitata attuale libera disponibilità beni stessi. Non di meno, essendo a mio avviso disposizione non conforme quanto stabilito da progetto nostro trattato di pace e non richiamabile a convenzione armistizio con Bulgaria secondo interpre

l Con successivo T. 15678/104 del 7 settembre Vinci riferiva che le annunziate misure erano state pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale di quel giorno.

tazione a noi favorevole provocata come è noto a suo tempo da questa legazione, sarebbe da esaminare, anche a prevenire eventuale smentita misure, opportunità intervenire ufficialmente presso questo Governo e Commissione di controllo alleata.

Sarò grato a V.E. istruzioni telegrafiche 1•

263

L'AMBASCIATORE MARTINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, A PARIGI

APPUNTO. Parigi, 5 settembre 1946.

Ho conferito ieri sera col ministro Neves presente anche altro delegato (on. Cyrillo) sul lavoro quotidiano nei riguardi delle riparazioni con speciale richiamo all'art. 69 del progetto.

Neves ricorda (miei telegrammi da Rio) che la posizione del Brasile in questa materia è stata difficoltata dal fatto che i Grandi hanno escluso il Brasile dal diritto delle riparazioni tedesche. Neves conferma che per quanto il suo parere personale e quello di altri delegati sarebbe di non chiedere riparazioni, pure deve tener conto della opinione pubblica del suo Paese. Alle mie richieste, pur con riserva, di darci il titolo e una cifra, e al mio rilievo che comunque il modo di eventuale pagamento dovrebbe essere lasciato alla determinazione del nostro Governo escludendosi comunque la liquidazione attraverso i beni dei privati, Neves mi ha dichiarato che sarebbe sua intenzione di prendere diretti accordi con noi per cercare una soluzione che permetta lo svincolo dei beni degli italiani.

In sostanza è chiaro, anche da precedenti di cui informai il nostro ministero, che il Brasile cerca un aiuto alla sua economia e finanza che vede possibile attraverso un accordo attuale. Ho escluso sempre che possano avvenire compensazioni fra emigrazione e piano economico. La questione emigrazione va tenuta viva, per non contrariare i brasiliani, ma distinta.

Neves mi ha esplicitamente detto che il Brasile sarebbe in massima disposto a chiedere un trasferimento in suo territorio di qualche nostro impianto o esercizio industriale, e la destinazione a scopi industriali nella economia brasiliana di alcune nostre attività che sono state soggette a provvedimenti di guerra in Brasile (navi? fondi dell'Icle? mi richiamo a precedenti mie comunicazioni). Neves ha soggiunto che se questi progetti potessero realizzarsi (e mi ha incaricato di chiedere su questo punto di massima l'idea del presidente) egli ritiene personalmente che il Brasile potrebbe procedere allo sblocco dei beni italiani. Disposto anche ad accettare la nomina di una commissione mista italo-brasiliana per addivenire alla cernita dei beni da liberare.

Ho avuto stamane altro colloquio con l'ambasciatore Lodi che lo stesso Neves mi ha detto di avere incaricato del problema. Lodi è una delle personalità più influenti nel settore industriale-commerciale. Egli mi ha premesso di aver dichiarato a Neves che

l Vedi D. 294.

314 accettava l'incarico se aveva dal suo Governo la sicurezza di non fare cosa dannosa e pregiudizievole all'Italia ma di favorire la soluzione dei nostri rapporti. Presso a poco mi ha confermato le dichiarazioni Neves. Ha soggiunto che si recherà a Londra dal 16 al20 con lo stesso Neves e quindi in Italia per riferire al suo capo. Mi ha avvertito che domani o domani l'altro mi sarà preciso di dettagli e progetti brasiliani.

Ritengo doversi agire con una certa rapidità (ho indizi di una possibile crisi del Gabinetto brasiliano) e con molta riservatezza soprattutto per evitare che trapelino notizie al riguardo, specialmente nei confronti del Nord America abitualmente diffidente verso accordi autonomi col Sud America in materia di scambi economici.

264

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. SEGRETA D. 239. Parigi, 5 settembre 1946.

Avrai osservato che cessano col telegramma della delegazione n. 0124 segreto in data 24 agosto 1946 1 le notizie sul retroscena diplomatico della trattazione della questione italo-francese svolgentesi al Lussemburgo.

Tre giorni dopo il 29 agosto 1946 veniva bocciata in Commissione politico-territoriale la proposta australiana per una sottocommissione di studio per la rettifica del Moncenisio. Questo voto negativo~ su cui si contarono i nostri amici e che venne acquisito dai nostri nemici in combutta cogli inesorabili Grandi ~ segna la fine dell'azione per lo meno dilatoria che la delegazione aveva cercato di organizzare, nella speranza che entrassero in azione nel frattempo elementi politici francesi che influissero sui propositi intransigenti degli elementi diplomatici.

Invero, l'on. Saragat, che, giungendo qui, aveva avuto dal presidente De Gasperi l'incarico di occuparsi delle questioni italo-francesi, si mise in contatto con amici politici locali; contatti che, oltre alla cerchia dei suoi camerati dello S.F.I.O., estese anche a personalità dello M.R.P. (fra cui lo Schuman) e del partito comunista (il Thorez e il Duclos in ispecial modo), opportunamente assistito, per questi ultimi, dall'ambasciatore Reale.

Su tale lavorio dell'on. Saragat, il quale condusse i suoi colloqui col più lodevole riservo, non ho che scarsi dati. Non ho quindi mancato di esortarlo vivamente a redigere un ampio rapporto, che rimanga a documento di questa attività, invero meritevole di miglior successo; documento in ogni modo sempre utile a tramandare ai posteri un principio capitale: quanto sia difficile, per lo meno ad un italiano, cavare ad un francese qualche cosa di sostanziale, se pure in proporzioni molecolari.

Nell'attesa di questo rapporto, e per il caso che non venisse scritto, ti riferisco la seguente traccia generale.

1 Non pubblicato: riassumeva l'attività svolta dalla delegazione circa la frontiera italo-francese, che è documentata nei verbali delle riunioni della delegazione e nei colloqui dei suoi membri sopra pubblicati.

L'on. Saragat, dopo i primi suoi contatti coi socialisti, credette di scorgere fra i migliori e più lungimiranti uomini politici francesi da un lato, e il Quai d'Orsay dall'altro (coi suoi funzionari ligi alle vecchie tradizioni politiche e capitanati dall'ugonotto Couve de Murville) uno iato, una vera fessura che, introducendovi la mano, avrebbe potuto allargare abbastanza rapidamente e con successo. Il Quai d'Orsay, fiancheggiato dallo Stato Maggiore, naturalmente avrebbe tenuto duro sulle rivendicazioni francesi: ed esso era padrone dell'arsenale diplomatico e tecnico, dominante la situazione nel Lussemburgo. L'on. Saragat non si nascondeva di aver di fronte un avversario pericoloso, che avrebbe cercato di attivare lo svolgere degli avvenimenti presso la Conferenza, per precorrere i risultati dell'azione da lui stesso (Saragat) svolta nell'assai più favorevole campo politico.

Debbo dire, riservatamente, che questa Segreteria, pure apprezzando la manovra dell'on. Saragat e studiandosi di fiancheggiarla colla massima buona volontà, non nutrì mai alcuna vera speranza di successo. La conoscenza che i nostri funzionari hanno acquistato della psicologia politica e burocaratica francese, l'esperienza poco confortante di tanti altri negoziati sullo stesso argomento, sempre riintrodotti e poi falliti -e falliti sempre secondo una stessa procedura di semi-promesse che coprivano il proseguo in sede principale dell'azione ostile -stava alla base di questo giudizio. Io che ti scrivo, debbo confessarti che mi son fatto qualche illusione ed ho sperato un momento che un uomo politico del calibro di Saragat non si illudesse nella sua persuasione di poter far breccia dove io non ero riuscito.

Tanto più che il mondo politico francese avrebbe risposto agli approcci del Saragat in un modo che questi descriveva coi più lusinghieri colori. A un certo momento, lo stesso ambasciatore Reale venne a dirmi che i capi comunisti si erano dichiarati convinti della convenienza di far recedere il partito dall'atteggiamento ostile fin qui assunto e, per la prima volta anche lui, mostrò di credere alla serietà dei loro propositi. Dunque pareva si fosse proprio sulla buona via.

Anche Couve, che s'incontrò, mi pare, un paio di volte almeno coll'on. Saragat, diede qualche cenno di ondeggiamento.

Propose un paio di rettifiche alle richieste francesi; cose minime: ]asciarci Olivetta San Michele, in Val Roia, e la piccola centrale di Scala sul Cenisio. L'on. Saragat non poteva certo venire a un compromesso sulla base di sì insufficienti concessioni, e declinò quindi di cambiare le proprie posizioni. Ma contava sulJ'azione degli uomini politici, di cui codeste, se pur minime, concessioni del Couve potevano essere un primo riflesso.

Anch'io, incaricatone dall'on. Saragat, mi recai dal gen. Theron il giorno 28 agosto (cfr. mio appunto n. 167 del 28 agosto) 1 e quanto egli mi narrò, e il tono stesso con cui parlò, mi parvero incoraggianti. Confesso che l'idea che il Couve in persona stesse cercando di convincere gli altri Grandi ad accedere alla proposta australiana mi pareva un po' strana. Ma il sud-africano era preciso. Dunque, ne conclusi, se è così, ciò vuoi dire che Couve ha avuto disposizioni di sottrarsi alla procedura in corso al Lussemburgo. Gli uomini politici nostri amici, o tali presunti, hanno prevalso. Il ministro delle colonie Moutet, legato al Saragat da fraterni sentimenti, rappresentante francese alla Commissione politica, sarebbe stato Io strumento ed interprete dell'intesa.

l Vedi D. 225.

Invece, il giorno dopo, l'edificio di speranze crollò. Dell'influente intervento, dei socialisti, comunisti e M.R.P. che fossero, nessuna traccia. Dell'attesa riunione della Commissione affari esteri, preannunciatami dall'on. Saragat, non sentii più nulla. Del Bidault inutile parlare. Il Moutet limitò la parte favorevole del suo contegno, davanti alla Commissione, a complimenti personali e dichiarazioni toccanti all'amico Saragat, che assunsero, dato il risultato pratico delle sedute, un colorito fra l'umoristico e l'irritante. E noi ce ne restammo colla rettifica di Olivetta San Michele, meno il tratto del tunnel; cioè col guadagno di una terricciola che non era mai stata parte né della Contea di Nizza né del territorio di Tenda e Briga e che era stata inclusa tardi nella richiesta francese, probabilmente per poterne fare opportuno oggetto di cessione ove occorresse, all'ultimo momento.

Ecco quanto credo basterà per illuminarti sul retroscena diplomatico che ha accompagnato la discussione dell'art. 2 del draft avanti la Commissione politico-territoriale.

In realtà, che cosa è successo? I funzionari del Quai d'Orsay, coi loro fiancheggiatori militari, hanno battuto i politici? Risponde a verità la teoria di questo contrasto? Credo che bisogna tenerne conto fino ad un certo punto, ma guardarsi bene dall'esagerare.

Ritengo che più di un uomo politico francese, e delle varie tendenze, abbia di fatto giudicato senza soverchia benevolenza la politica italiana di Bidault e del Quai d'Orsay. Debbono aver trovato che non dava alcun beneficio sensibile, e procacciava delle seccature inutili. Ma nessuno ha creduto che valesse sul serio la pena di muovere in battaglia contro un indirizzo perseguito da mesi e mesi, di cui, grazie ad una propaganda, non violenta né dettagliata, ma seguita, si è, per così dire, più o meno tinta la pubblica opinione. Come è uso dei francesi, gli avvicinati hanno corrisposto alla pressione del Saragat e del Reale, con buone parole e con promesse anche abbastanza precise; ma coll'intenzione di non fare proprio nulla di serio, non ritenendo che ne valesse la pena.

Non è qui il luogo per sviluppare, da questo spunto, una disquisizione sull'attitudine dei francesi verso il nostro Paese. Basterà constatare che il Quai d'Orsay ha continuato senza disturbi per la sua strada, fino al completo successo.

Ora vedremo che ne sarà del capitolo riparazioni!

265

IL VICE PRESIDENTE DELL'A.C., STONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, A PARIGI

L. Roma, 5 settembre 1946.

Ricorderete che in data 14 giugno ebbi a consegnarvi due copie del progetto di accordo fra gli Stati Uniti e l'Italia per le questioni civili e militari 1 da unirsi al proposto armistizio riveduto 2 .

I Vedi serie decima, vol. III, D. 549. 2 Jbid., D. 505.

Il paragrafo 9 (c) del suddetto progetto prevede che le condizioni di pagamento dei servizi prestati in Italia a favore degli Stati Uniti ed altre questioni finanziarie saranno oggetto di un accordo separato da applicarsi a decorrere dal l o luglio 1946.

Vi trasmetto allegato il progetto di tale accordo finanziario per quelle considerazioni e commenti che vorrà presentare il vostro Governo.

Si gradirà conoscere le vostre osservazioni sul progetto allegato nonché sull'accordo per le questioni militari e civili fra Stati Uniti e l'Italia da me consegnatovi il 14 giugno 1 .

ALLEGATO

PROGETTO DI ACCORDO

A seguito delle disposizioni riguardanti l'accordo sulle questioni militari e civili covenuto fra il Governo italiano ed il generale comandante delle forze nord-americane in Italia e con particolare riferimento ai paragrafi 9 (A), (B) e (C) dell'accordo succitato, si è determinato che le seguenti norme aggiuntive si riferiranno:

A) Alle condizioni in virtù delle quali saranno sostenute dal Governo italiano le spese di occupazione per il diretto mantenimento delle forze nord-americane in Venezia Giulia, aeroporto di Amendola e provincia di Udine.

B) Alle condizioni in virtù delle quali il Governo degli Stati Uniti farà correnti versamenti in dollari per il saldo netto alle truppe nord-americane di stanza in Italia e per tutti i rifornimenti, servizi ed agevolazioni non previsti da paragrafi 8 e 9 (A) dell'accordo originale.

Sezione /: Spese di occupazione per il diretto mantenimento delle forze nord-americane in Venezia Giulia e delle truppe adibite all'aeroporto di Amendola.

l. Per «diretto mantenimento», come è usato in questo accordo si intendono: le spese dei servizi, rifornimenti ed agevolazioni ottenuti in Italia e fruiti dalle truppe che fisicamente si trovano nella zona citata nel titolo della sezione la.

2. -Le spese dei trasporti inerenti ai servizi, rifornimenti ed agevolazioni nell'ambito o al di fuori di queste zone e le spese di comunicazione tra queste zone ed altre sedi di organizzazioni militari alleate saranno sostenute dagli Stati Uniti e dal Governo italiano su base proporzionale da essere convenuta tra il generale comandante delle forze degli Stati Uniti ed il Governo italiano. 3. -A) Il generale comandante le Forze nord-americane od un delegato o delegati da lui debitamente autorizzati per iscritto ad agire in suo nome procureranno i rifornimenti le agevolazioni ed i servizi necessari per il diretto mantenimento, per mezzo di acquisto da eseguirsi in lire i cui fondi dovranno essere resi disponibili dal Governo italiano. Allo scopo di facilitare queste operazioni il Governo italiano metterà a disposizione del generale comandante le forze nord-americane, un conto corrente in lire il cui ammontare dovrà essere stabilito dal generale comandante, secondo le sue esigenze. Allo scopo, inoltre, di mantenere aperto questo conto, il Governo italiano provvederà, se necessario, a mettere a disposizione un conto aggiuntivo in lire. Ogni prelevamento eseguito dal conto suddetto sarà corredato da documenti giustificativi dei quali sarà trasmessa copia al Governo italiano.

B) In qualsiasi momento le truppe degli Stati Uniti verranno ritirate, eventuali rimanenze del conto saranno restituite al Governo italiano.

4. Allo scopo di comprovare che i rifornimenti, il materiale od i servizi sono per il mantenimento diretto delle forze di occupazione, come è stato già definito sopra, gli ordini

l Per la risposta vedi D. 416.

di acquisto, corredati di certificato del generale comandante le forze nord-americane, saranno presentati al Governo italiano.

5. La procedura tecnica affinché il presente accordo possa essere posto in esecuzione verrà stabilito tra il generale comandante delle forze nord-americane ed il Governo italiano.

Sezione Il: Rifornimento di lire per il soldo delle truppe e per pagamento di approvvigionamenti, merci e servizi, diverso dal vero e proprio mantenimento previsto dalla sezione I.

l. A) Tutte le lire in possesso delle forze americane al l o luglio 1946 e non sino ad ora pagate, saranno acquistate dalle forze americane al cambio di 225 lire per dollaro. Al Governo italiano verrà consegnato un rendiconto di questo ammontare, risultante da tutte le lire prelevate anteriormente al l o luglio 1946, dagli organi contabili alleati (Allied Financial Agency) e dalla Banca d'Italia da parte delle forze armate americane, detratte le lire usate dalle forze americane per procurarsi localmente merci e servizi, meno l'equivalente già pagato in dollari al Governo italiano e meno le restituzioni in lire fatte al 30 giugno 1946 agli organi contabili alleati ed alla Banca d'Italia.

B) Dopo il l o luglio 1946 le forze armate americane riacquisteranno le lire eccedenti in quel giorno i conti in possesso degli ufficiali pagatori dell'esercito mediante assegni del Tesoro degli Stati Uniti alla Banca d'Italia od a una delle sue filiali.

C) Allorché le forze nord-americane lasceranno l'Italia, i conti in lire di cui al paragrafo I A) saranno liquidati a mezzo: I) Restituzione al Governo italiano di lire inutilizzate;

II) Pagamento in dollari S.U. -in ragione di 225 lire per dollaro-delle differenze tra l'ammontare in cassa al lo luglio 1946 e l'ammontare restituito al Governo italiano, eccetto le modifiche di cui al paragrafo 2 C).

D) Le forze armate americane faranno uso del loro conto in lire (vedi paragrafo I A) e delle lire ottenute a mezzo assegni del Tesoro, solamente al fine di pagare, spostare fondi ed incassare crediti in dollari autorizzati dalle forze armate americane nonché da singoli militari e personale facente parte di organizzazioni militari e per l'acquisto di beni e servizi diversi dal vero e proprio mantenimento di cui alla sezione I.

E) Tutti gli acquisti locali diversi dal puro mantenimento saranno pagati sui conti in lire (rif.: paragrafo I A) o con lire pagate al Governo italiano con assegni del Tesoro americano.

2. Il Governo italiano s'impegna:

A) di dare disposizioni alla Banca d'Italia o alle sue filiali di accettare gli assegni del Tesoro degli S.U. presentati dagli ufficiali pagatori americani al cambio di lire 225 per dollaro.

B) Allorché le forze americane lasceranno l'Italia di ricomprare con dollari americani la rimanenza dell'esercito:

I) Lire eccedenti il conto al l o luglio 1946 (v. paragrafo I A) al cambio di 225, eccetto modifiche di cui al paragafo C) sottospecificato, a condizione però che l'impegno al riacquisto di lire non superi l'ammontare acquistato dopo il lo luglio 1946 con gli assegni del Tesoro.

II) Le altre lire cambiate in dollari a favore del personale autorizzato delle forze armate americane, da non eccedere comunque 3.500 mila dollari.

C) Di garantire i fondi delle forze americane, compresi quelli ufficiali, semi-ufficiali e personali, da ogni perdita derivante da svalutazione della lira, come previsto dalla nota del 22 febbraio 1946 del Ministero italiano del tesoro diretta al rappresentante a Roma della Tesoreria degli S.U. Le disposizioni di questo paragrafo saranno tenute presenti nel calcolare le somme a favore del Governo italiano.

D) Di informare in antecedenza il Governo americano di ogni imminente mutamento nel cambio delle due monete.

266.

COLLOQUIO DEI RAPPRESENTANTI DELLA C.G.I.L., LIZZADRI E MORELLI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

VERBALE. Parigi, 6 settembre 1946, ore 12-13.

Il 6 settembre alle ore 12 il ministro degli esteri britannico, Bevin, ha ricevuto la delegazione italiana della C.G.I.L. composta dell'an. Lizzadri e dell'an. Morelli. Presente al colloquio era anche l'ambasciatore britannico a Roma, sir Noel Charles. La visita si è protratta per un'ora ha avuto carattere di cordialità.

L'on. Lizzadri, invitato da Bevin, è entrato subito in argomento spiegando, sulla traccia del noto memorandum, le attuali condizioni delle classi lavoratrici italiane e attirando l'attenzione di Bevin su quali potrebbero essere le conseguenze per il popolo italiano di una applicazione integrale delle clausole economiche del trattato come vengono oggi proposte. La riduzione dei lavoratori italiani a condizioni di servaggio economico non potrebbe che determinare ripercussioni deleterie per tutta l'Europa. Ciò -l'an. Lizzadri suggerisce -non può essere di vantaggio per nessuno e tanto meno per la Gran Bretagna. Ha poi accennato ai due milioni e mezzo di disoccupati in Italia e a quelli che vi si aggiungeranno se il 30 settembre si effettuasse lo sblocco dei licenziamenti. La bassa produttività del lavoratore italiano -e in ciò l'an. Lizzadri si è valso della testimonianza dell'U.N.R.R.A. -è dovuta al basso tenore di nutrimento ora prevalente nella penisola.

L'an. Morelli ha quindi richiamato l'attenzione di Bevin sull'attuale panico finanziario che l'annuncio di tante richieste di riparazione sta producendo in Italia, con conseguente pericolo di inflazione. È quindi urgente che l'Italia sappia a quali oneri la si vuoi sottoporre e in quale maniera dovrà -potendolo -farvi fronte. L'on. Morelli ha poi svolto il tema delle ripercussioni che l'art. 69 sul sequestro dei beni italiani all'estero avrà sulle centinaia di migliaia di italiani nel mondo i quali, dopo anni di lavoro, si vedono minacciati nel loro piccoli risparmi con l'unica alternativa di dover ritornare in Italia ad aggravare la già precaria situazione del Paese. Non è così-ha suggerito l'an. Morelli-che i lavoratori italiani saranno incoraggiati a riprendere le vie dell'estero per contribuire alle ricostruzioni nel mondo.

Bevin ha risposto a lungo sui seguenti punti:

l) l'Inghilterra non avrebbe richiesto riparazioni affatto. Egli-Bevin-non vede di buon occhio il tentativo di imporre riparazioni. L'Inghilterra ha presentato il suo colossale conto sulle spese della guerra in Italia solo quando vi si è vista costretta dalle ingenti richieste avanzate dagli altri Paesi. Ha aggiunto: «Potrei darvi molti dettagli sulla nostra posizione in riguardo, ma è inutile che io anticipi perché entro sabato o lunedì il pensiero inglese in questo campo sarà reso pubblico con un'ampia dichiarazione». D'altra parte, egli ha detto, altro è il cristallizzare i nostri diritti in un trattato, e altro è l'esigerne l'applicazione. Ha insistito poi sulla necessità che il trattato venga comunque concluso. Non mancheranno poi gli accordi bilaterali con l'Italia, accordi che sono impossibili finché dura tecnicamente lo stato di guerra e manca la definizione del volume globale degli oneri che peseranno sul Paese.

2) Bevin ha poi parlato degli sforzi già fatti dall'Inghilterra per aiutare l'Italia. Si è lamentato che la stampa italiana non abbia dato rilievo ai 500 milioni di dollari contribuiti dall'Inghilterra all'U.N.R.R.A., i cui prodotti sono, sì, di provenienza americana, ma il cui finanziamento viene anche dalle «tasche del contribuente inglese». L'on. Lizzadri ha fatto subito notare che, in cooperazione con la sezione inglese dell'U.N.R.R.A. a Roma, la C.G.I.L. ha diffuso attraverso le sue organizzazioni periferiche milioni di opuscoli in cui è illustrato per l'appunto questo contributo inglese. Bevin ha preso atto, aggiungendo che purtroppo nella stampa non ne aveva visto un'eco.

3) Bevin si è diffuso a spiegare la situazione finanziaria inglese uscita malconcia dalla guerra. L'Inghilterra nei primi anni di guerra, e prima della legge «prestiti affitti», ha liquidato i suoi capitali investiti all'estero e ha contratto debiti ingenti (un miliardo e mezzo con l'India, 400 milioni con l'Egitto e 400 milioni con il Sud-America ... ). «L'operaio inglese è il più tassato del mondo. Ciò nonostante è ancora disposto ad aiutare, ma non a essere il solo, mentre altri Paesi come la Russia avanzano pretese senza contribuire al risanamento mondiale». Bevin ha poi anche elencato altri aiuti che l'Inghilterra ha dato all'Italia in parziale compensazione di requisizioni e spese di occupazione.

4) Bevin ha sottolineato la sua difesa dell'Alto Adige, che -egli spera diventerà, se sfruttata turisticamente in cooperazione con l'Austria, una fonte di valuta per l'Italia con cui acquistare· quelle materie prime di cui essa manca.

5) «È nell'interesse dell'Inghilterra che un Paese di 40 (sic) milioni come l'Italia ritrovi una prosperità economica e a ciò-ha ripetuto-l'Inghilterra si adopererà dopo il trattato... Vorrei poter presto stipulare con voi un'accordo come ho concluso ieri con la Francia in cui è contemplato anche uno scambio di tecnici per facilitare la rimessa in moto dei traffici ... Mi auguro anche che i legami della C.G.I.L. con le Trade Unions inglesi diventino più stretti e che vi si parli poco di politica e molto di economia perché ciò di cui il mondo ha oggi bisogno è il vitto».

267

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, FRANSONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15576/268-269. Bruxelles, 6 settembre 1946, ore 12,55 (per. ore 21).

In conversazione odierna Spaak mi ha confermato quanto mi avéva fatto sapere ieri a mezzo segretario generale, aggiungendo che Belgio non pensa a chiedere all'Italia alcunché in conto riparazioni. È tattica seguita, ha detto, a tutto favore dell'Italia.

Mi ha poi parlato a lungo sui lavori della Conferenza, fermandosi anche su alcuni particolari. Mentre l'impostazione generale e l'esposizione del nostro punto di vista ha fatto favorevole impressione, Spaak trova che non si sarebbe dovuto insistere su certi emendamenti, anche di non grave importanza, che hanno provocato nelle Commissioni dei voti negativi i quali, come si può sempre constatare, tendono a moltiplicarsi con facilità una volta iniziata la serie. Sul problema particolare di Trieste, egli ha detto che appoggerà la proposta per la linea inglese, ma è purtroppo sicuro che tale soluzione non prevarrà, sebbene negli ambienti della Conferenza essa abbia larghi favori. La discussione, egli prevede, aspra e difficile avverrà sullo statuto della città, ma si può sperare di ottenere in tale materia qualche risultato. Ha detto che i quesiti già posti sono innumerevoli, sottili e di difficile soluzione.

Spaak mi ha poi parlato della condotta delle maggiori delegazioni, dei tesi rapporti fra i Grandi e della constatazione, ormai fatta da tutti, di non poter evitare, di fronte al compatto gruppo slavo, una azione decisa di contrasto, mentre finora, ha egli affermato, Londra e Washington avevano cercato di tutto per evitare lo strettissimo scontro dei due blocchi. A questo proposito egli è arrivato a deplorare l'azione dell'U.N.R.R.A. dicendo questa dovrebbe pensare ad aiutare i popoli amici ~l'Italia principalmente ~e non quelli che ci stanno di contro. Così al suo posto, ha aggiunto, farebbe la Russia. Quanto alla Conferenza dei Ventuno che si protrarrà ancora a lungo (ottobre certamente) e per quanto ci riguarda, Spaak ha concluso con la nota pessimistica, come del resto ha sempre pensato, e cioè che essa nulla o quasi nulla di sostanziale cambierà a quelle che sono state le decisioni dei Quattro ministri degli esteri, checché le altre delegazioni e gli interessati possano dire e fare.

268

COLLOQUIO DEGLI AMBASCIATORI TARCHIANI E QUARONI CON L'AMBASCIATORE DI CINA A MOSCA, FOO PING-SHEUNG

APPUNT0 1 . Parigi, 6 settembre 1946.

l) Questione itala-cinese. È stato chiarito che il presidente De Gasperi aveva perfettamente capito il ministro Wang e che era stato lui a proporre di lasciare la questione alla Conferenza. Foo ha spiegato che questo è opportuno perché è ormai troppo tardi per sollevare la richiesta di togliere la retrocessione della nostra concessione e diritti dal trattato. Deplora che per un equivoco non era stato possibile risolvere la questione a Nan-King prima del 29 luglio. Informa che il

1 Trasmesso con Telespr. segreto d. 240 di Lanza del 6 settembre. Al colloquio erano presenti i consiglieri della delegazione cinese Wu Nan-Ju e Chao Tsun-Hsin.

delegato cinese farà una dichiarazione alla Commissione per chiarire che la Cina non chiede questa retrocessione perché l'Italia è un Paese che ha perduto la guerra, che non la considera una Nazione vinta, che vuole soltanto ristabilire nei riguardi dell'Italia la sovranità piena cinese come è stato fatto nei riguardi dell'America, dell'Inghilterra e degli altri Stati. Ritiene che agli scopi politici e psicologici questa dichiarazione può essere più efficace che non la risoluzione della questione al di fuori del trattato. Da parte italiana si è in quanto possibile insistito perché la questione sia risolta fuori del trattato mediante una nostra dichiarazione unilaterale di cui la Cina darebbe atto. Se questo è impossibile per ragioni di politica generale della delegazione cinese, è stato da noi proposto che contemporaneamente alla dichiarazione cinese ci sia una dichiarazione ufficiale del Governo italiano nel senso che l'Italia non rinuncia alla concessione per imposizione del trattato, ma di sua spontanea volontà e che possibilmente le due dichiarazioni siano concordate. I cinesi hanno promesso di riferire al ministro Wang le due proposte e di farmi conoscere le risposte. I cinesi hanno fatto poi rilevare che non hanno sollevato alla Conferenza questioni di riparazioni chiedendo risolvere le questioni con trattative dirette con noi e sperando nella nostra buona volontà. Abbiamo confermato la nostra buona volontà e dichiarato che siamo pronti ad iniziare immediatamente le trattative a Parigi o a Roma. Riferiranno a Wang e ci faranno sapere la risposta. Da parte nostra abbiamo detto che sarebbe utile che allo stesso tempo si iniziassero dei contatti per studiare il problema della ripresa degli scambi commerciali con la Cina. In quanto all'accordo riferiranno.

2) Questioni militari. Foo Ping-Sheung nella sua qualità di vice presidente della Commissione militare ha detto che è stato deciso di esaminare il memorandum italiano dopo che sia stato terminato l'esame delle clausole militari del trattato. Ha detto di avere l'impressione che i Quattro siano entusiasticamente unanimi nel sostenere le decisioni del progetto di trattato. Gli è stato fatto presente che quello che noi desidereremmo soprattutto è che il concetto vago di revisione contenuto nell'art. 39 sia precisato nel senso che la revisione debba avvenire per esempio fra cinque anni. Foo ha fatto capire che la Cina non si sente di presentare un emendamento ma che può sostenerlo se venga presentato da qualcun'altro.

3) Clausole economiche. Abbiamo spiegato ai cinesi l'importanza e la gravità delle clausole e specialmente quella dell'art. 69. Gli abbiamo annunciato il nostro memorandum e detto che siamo a loro disposizione per ulteriori spiegazioni. Hanno mostrato di capire. Hanno insistito sul fatto che la Cina, per suo conto, non volle seguire la politica di altri Paesi e ci hanno dato delle promesse generiche di buona volontà.

La conversazione ha confermato le buone disposizioni generali dei cinesi, abbiamo avuto però l'impressione che i cinesi, consci del loro scarso peso e della loro situazione delicata, sono molto timorosi e restii dal prendere iniziative. Si può attendere da loro un materiale e benevole appoggio a proposte presentate da altri ma non iniziative.

269

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AI MINISTRI DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN, DEGLI STATI UNITI, BYRNES, DI FRANCIA, BIDAULT, E DELL'U.R.S.S., MOLOTOV

L. l. Parigi, 6 settembre 1946.

Inspired by the ideals guiding the new Italian Democracy with regard to ethnical minorities, and in particular to the Alto Adige problem, the Italian Delegation, in the course of conversations with Austrian Representatives, has recently formally reaffirmed the assurances already given on May 30 to the Deputy Foreign Ministers2 to the effect that German-language minorities for the Alto Adige would be guaranteed their cultura! and economie development in the framework of a regional autonomy.

The enclosed document, signed by Minister Gruber and myself on September 53 , lists under N. l (a, b, c, d) and under N. 2 the legislative or administrative measures which the Italian Government has already taken or is about to pass in this field.

Moreover, in order to establish mutuai good neighborhood relations, Austria and Italy have agreed to consult with each other on the measures listed in the enclosed document under N. 3 (a, b, c, d), wich cover bilatera! questions deriving from past, or aiming at a better future collaboration.

In making the present communication, the Italian Government feels that it is not only bringing a decisive contribution to bear on the Alto Adige problem, which has been brought before the Conference, but also that it is accomplishing toward the United Nations an act of confidence in the supreme value of international cooperation4 .

l Copia di questa lettera fu inviata anche al segretario generale della Conferenza dei Ventuno, Fouques-Duparc, con alcune varianti formali nel testo inglese. Ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. IV, cit., pp. 809-810.

2 Vedi serie decima, vol. III, D. 500.

3 Vedi D. 258.

4 L'originale in italiano, che è autografo di De Gasperi, il quale ha anche corretto la prima minuta dattiloscritta (in Archivio Carandini, busta l 0), è il seguente:

«Ispirandosi al concetto che guida la nuova democrazia italiana di fronte al problema delle minoranze etniche, ed in particolare nei riguardi del problema dell'Alto Adige, la delegazione italiana in conversazioni avute in questi giorni coi rappresentanti dell'Austria, ha rinnovato in forma precisa la assicurazione già data il 30 maggio u.s. di fronte ai delegati supplenti, che la minoranza di lingua tedesca dell'Alto Adige avrà garantito il suo carattere etnico ed il suo sviluppo culturale ed economico nel quadro di una autonomia regionale.

Il documento allegato, sottoscritto da me e dal ministro Gruber in data 5 corrente, elenca al punto l, lettere a, b, c, d, e al punto 2 le misure legislative o amministrative che a tale scopo il Governo italiano ha attuato o ha in corso di deliberazione.

Inoltre, al fine di stabilire tra loro felici relazioni di buon vicinato, l'Austria e l'Italia hanno convenuto di consultarsi su un complesso di misure, elencate nel sopradetto documento al punto 3, lettere a, b, c, d, le quali riguardano questioni di carattere bilaterale derivanti dal passato o miranti ad una migliore collaborazione avvenire.

Nel fare la presente comunicazione il Governo italiano sente di apportare non solo un decisivo contributo alla soluzione del problema dell'Alto Adige, che è stato posto innanzi alla Conferenza della pace, ma di compiere di fronte alle Nazioni Unite un atto di fede nel supremo valore della cooperazione internazionale». Per le risposte di Byrnes e Bidault vedi DD. 277 e 311.

270

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL DELEGATO DELL'INDIA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, BHORE

APPUNT01 . Parigi, 7 settembre 1946, ore 10.

Ho illustrato a sir Joseph Bhore la nostra lettera 40 (E) 2 . Per quello che concerne le riparazioni mi ha detto che non c'è nessuno che abbia preso sul serio le richieste formulate dai vari Paesi. La discussione in pratica verte per sapere se ha ragione la Russia quando dice che noi possiamo pagare 300 milioni di dollari o ha ragione l'America quando dice che noi ne possiamo pagare solo 200 milioni. Mi ha detto che alla Commissione ha fatto molta impressione il rapporto dell'U.N.R.R.A. da noi circolato.

Circa l'art. 69 ha capito il nostro punto, con particolare riferimento alle questioni francese e brasiliana, e lo trova giusto -personalmente.

Mi ha detto che come presidente della Commissione economica i suoi poteri sono ristretti, ma che intende presentare le mie considerazioni, che ritiene ragionevoli, alla delegazione indiana per vedere cosa possono fare in nostro favore. Mi ha poi detto che ha fatto molta impressione alla Commissione il discorso e le cifre prodotte dal delegato jugoslavo circa il «recovery» dell'Italia. Gli ho fatto osservare che questa era appunto la situazione di grave inferiorità in cui si trova l'Italia, assente, che non può rispondere e quindi controbattere le osservazioni fatte. Sarebbe necessario, oltre l'audizione prevista, che di fronte ad asserzioni di questo genere l'Italia fosse invitata verbalmente o almeno per iscritto a far presente le sue ragioni.

Mi ha promesso di vedere cosa si può fare in questo senso: intanto mi ha consigliato di inviare al più presto alla Commissione un breve memoriale per confutare con dati e cifre le asserzioni jugoslave.

271

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 13677/318. Vienna, 7 settembre 1946, ore 14,45 (per. ore 11,30 dell'B).

Notizia incontro De Gasperi-Gruber e firma del protocollo italo-austriaco per soluzione questione Alto Adige viene riportata da tutta questa stampa con favore

1 Trasmesso con Telespr. d. 269 di Casardi dell'S settembre. 2 Si riferisce al memorandum di cui al D. 252.

voli rilievi, ma, per ora, senza speciali commenti. Opinione pubblica, per quanto non preparata a così rapida soluzione questione, tende a ritenere in generale che accordi contengano tutto quanto oggi era realisticamente ottenibile e costituiscano base per progressivo e fecondo sviluppo rapporti italo-austriaci.

272

COLLOQUIO DEGLI AMBASCIATORI REALE E QUARONI CON IL VICE MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, BEBLER

VERBALE 1 . Parigi, 7 settembre 1946, ore 15.

Bebler informa che è appena finita una riunione plenaria della delegazione jugoslava che ha deciso che Kardelj oggi annunci alla Commissione politico-territoriale che la Jugoslavia non accetta come base di discussione altra linea che quella jugoslava e che se questo punto di vista non sarà accettato essa non firmerà il trattato di pace. Reale osserva che Vyshinsky nel suo discorso non ha detto chiaramente che si dovevano rimettere in discussione le decisioni dei Quattro. Bebler spiega che Vyshinsky ha adottato una formula ambigua perché i russi non erano ancora d'accordo se convenisse rimettere tutto in discussione o no; vorrebbe fare intendere però che adesso sono d'accordo per il sì.

Richiesto di sapere quale era la decisione che avevamo preso nei riguardi delle sue precedenti proposte, Reale dice che gli sembra meglio, nel nostro colloquio, non entrare nel merito delle questioni territoriali ma che parliamo dello statuto e del regime economico dello Stato Libero sulla base delle decisioni territoriali prese dai Quattro, visto che tanto saranno loro e non noi a decidere.

Quaroni osserva che per quello che concerne lo statuto dovrebbe esistere un interesse comune italo-jugoslavo: evitare che lo Stato Libero diventi una Gibilterra anglo-americana diretta contro la Jugoslavia o contro l'Italia. Evitare che questo Stato Libero in cui italiani e slavi avrebbero dovuto convivere diventi un terreno di lotta fra di loro e contribuisca ad invelenire i rapporti fra i due Paesi; accomodare la cosa invece nel senso che esso diventi un importante elemento di cooperazione. Accordarci per un'azione comune per dare allo Stato Libero ad al porto di Trieste il massimo possibile sviluppo.

Bebler si dichiara d'accordo, desidera però porci una questione precisa: dato che per Io statuto dovremmo metterei sulle basi di un condominio, quali sacrifici territoriali rispetto alla linea francese è disposta a fare l'Italia in cambio di uno statuto che riconosca la preponderanza assoluta dell'elemento italiano (governatore italiano e vice governatore jugoslavo, ad esempio).

I Trasmesso con Telespr. d. 268 di Casardi dell'8 settembre.

Quaroni e Reale rispondono che non possono rispondere su questo punto. Quaroni osserva però che sarebbe meglio non toccare per ora la questione territoriale: date le ripercussioni interne della questione oggi né Jugoslavia né Italia potrebbero rinunciare anche ad un piccolo villaggio. L'importante è creare una atmosfera differente: se noi riusciamo ad assicurare nello Stato Libero una pacifica convivenza fra italiani e slavi, una stretta collaborazione economica fra i due Paesi per lo sviluppo dello Stato Libero, una stretta collaborazione economica fra i due Paesi nel campo generale dovremmo, in breve tempo, riuscire a creare una atmosfera fra i i due Paesi in base alla quale le questioni territoriali vengano a perdere la loro importanza, oppure se ne possa trattare senza difficoltà. Reale appoggia queste considerazioni. Bebler si dice d'accordo.

Parlando dello statuto Quaroni osserva che il progetto jugoslavo, senza discuterlo in dettaglio, è basato sulla sfiducia verso l'Italia: se noi dovessimo presentare un controprogetto ne faremmo naturalmente un altro basato sulla sfiducia verso la Jugoslavia. Su questa via non si può fare nulla di costruttivo: bisogna che dalle due parti si abbia gente che ha il coraggio di avere fiducia, e che proviamo a mettere giù un progetto di statuto basato appunto su di una grande onestà e fiducia reciproca, magari con qualche clausola revisionate se si trovasse che questa fiducia non ha avuto ragione di confermarsi.

Bebler giustifica le clausole del progetto di statuto jugoslavo su due principi:

l) la Jugoslavia è in pieno nell'economia pianificata: per fare il suo piano ha bisogno di sapere se e fino a che punto può contare sul contributo dell'industria triestina, che ha grande importanza, e garantirsi che non ci sia possibile, a noi o ad altri, di sconvolgere questo piano chiudendo praticamente la frontiera fra lo Stato Libero e la Jugoslavia;

2) la Jugoslavia ha bisogno di garantirsi contro la possibilità che lo Stato Libero venga sfruttato come piazza d'armi offensiva contro la Jugoslavia.

Quaroni osserva che se queste sono le paure jugoslave non ci dovrebbe essere difficoltà ad intenderei. Per la parte economica ritiene di interpretare il pensiero del Governo italiano nel dire che noi siamo pronti a fare accordi concreti e precisi che garantiscano non solo la partecipazione dell'industria triestina ai piani jugoslavi, ma anche la partecipazione dell'industria italiana a questi piani jugoslavi. Per quanto concerne la parte militare, può assicurare che al di fuori delle disposizioni del trattato -che potrebbero essere considerate come solo imposte l'Italia è pronta a prendere in considerazione seria qualsiasi proposta gli venga avanzata da parte jugoslava per garantire la Jugoslavia e toglierle ogni timore di aggressione o di velleità aggressiva da parte nostra: questo non solo per quanto riguarda il Territorio Libero ma per tutta l'Italia. Gli jugoslavi ci dicano francamente cosa vogliono: se per tranquillizzarsi vogliono un trattato di alleanza, che ce lo dicano e noi studieremo la cosa con ogni buon volere.

Queste dichiarazioni sulla parte militare hanno fatto una indubbia impressione su Bebler: ha promesso di riferire a Kardely; da parte nostra si è promesso di studiare la sua proposta (sovranità contro cessioni territoriali).

È evidente la volontà jugoslava di continuare a tenersi in contatto con noi.

273

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI

T. 13729/111. Roma, 7 settembre 1946, ore 22.

Suo 128 1•

Ella può esprimersi costì nel senso che Governo italiano conviene in massima anch'esso nel ritenere che talune parti della Convenzione di Montreux non rispondono più alle esigenze della situazione attuale e vanno quindi sottoposte a revisione e che Governo italiano auspica sia possibile conciliare diversi punti di vista nel rispetto dei legittimi diritti e interessi della Turchia e degli altri Stati interessati e presterà se del caso la sua collaborazione al tal fine.

Per opportuna conoscenza di V.S. la informo che anche Governo britannico ci ha ufficialmente comunicato testo risposta da esso diretta in questi giorni a Governo sovietico2 .

274

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE SORAGNA CON IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI FRANCESE, COUVE DE MURVILLE

Parigi, 7 settembre 1946.

Incaricato dal presidente De Gasperi di attirare l'attenzione del Governo francese sulla gravità estrema che presenta per l'Italia il problema delle riparazioni, a seguito della presentazione delle richieste esorbitanti di parecchi Stati, della pericolosa imprecisione di altri, dell'accavallamento degli art. 64, 65, 66, 67, 68, e 69 e finalmente dell'uso irregolare dell'art. 69 (vedi memorandum nostro) ho intrattenuto sull'argomento il signor Couve de Murville, pregandolo di farsi interprete delle mie parole presso il suo ministro ed il suo Governo.

Il signor Couve ha ascoltato la mia esposizione, in cui ho svolto gli argomenti nostri. Naturalmente ho dato particolare rilievo alla domanda francese, specificando le ragioni che suscitavano la nostra particolare ostilità.

Il Couve mi dichiarò in sostanza, nel corso della conversazione, che fu molto diffusa:

l. Rincrescergli che il modo con cui la Francia aveva impostato la sua richiesta ci fosse cotanto spiaciuto ed allarmato. Avevano creduto, invece, di suscitare minori preoccupazioni, non facendo cifre. Ora, rendendosi conto che tale scopo benevolo aveva raggiunto effetti contrari (del che, mi disse, anche Alphand era stato persuaso

I Vedi D. 154. 2 Per la risposta vedi D. 328. 3 Trasmesso con Telespr. d. 292 di Lanza del 9 settembre.

dagli argomenti del signor Di Nola), avrebbe adoperato la sua influenza perché l'impostazione fosse totalmente modificata.

Noto, a tal proposito, che il Couve non si preoccupò affatto di ribattere gli argomenti di varia natura, economica, giuridica, politica e sociale (per esempio futuro dell'emigrazione italiana in Francia) con cui cercai di dimostragli l'errore di essersi basati sull'art. 69 e sulla confisca dei beni italiani per saldare l'eventuale conto riparazioni. Questa mancata difesa significa forse che il Couve non è entrato per nulla nella compilazione del progetto francese o che il suo abbandono era già deciso quando gli ho parlato.

2. Couve mi ha chiesto come vedevamo noi l'impostazione della questione. Gli ho risposto:

a) Riparazioni. Abbandono di ogni richiesta o, nella peggiore ipotesi, una cifra da concretarsi in base all'art. 64 in concorrenza colle domande di altri Paesi, e ridotta in modo da rendere il carico totale sopportabile per la nostra economia, anche nei riguardi della modalità e tempo dei pagamenti;

b) dissequestro dei beni italiani, e regolamento da convenirsi dei claims dei cittadini francesi, anche essi ragionevolmente ridotti in relazione diretta alla cifra delle riparazioni.

Couve mi ha risposto essere impossibile, per ragioni di politica interna, che il Governo francese rinunci a chiedere una cifra a titolo riparazioni. Però, dato il complesso di ragioni che avevamo toccato nella conversazione, e in cui, per la massima parte, conveniva, egli era di parere che tale cifra dovesse essere simbolica.

Egli si sarebbe adoperato in tal senso, ed anche nel senso da noi richiesto, sia rispetto all'art. 64 che rispetto ai beni italiani.

Il risultato del mio passo, in sostanza, dovrebbe chiamarsi molto favorevole, se si trattasse, per esempio, di un neozelandese. Ma trattandosi del Couve e dei francesi, bisogna andare prudentissimi colle speranze. Ho tuttavia l'impressione che il memorandum francese sulle riparazioni verrà modificato abbastanza ampiamente. L'ammontare delle riparazioni verrà anche probabilmente precisato, e in una cifra che i francesi potranno sostenere essere moderatissima, anche se a noi non parrà tale. Naturalmente, il solo fatto di spostarne la base dall'art. 69 al 64 costituirebbe un gran vantaggio, perrnettendoci, per il concorso delle varie richieste, di ridurne ulteriormente l'ammontare e salvare, almeno in gran parte, i beni italiani in Francia.

275

IL MINISTRO A TEHERAN, PORTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 15688/39. Teheran, 8 settembre l 946, ore Jl, 35 (per. ore 20).

Questo sottosegretario di Stato per gli affari esteri a nome Governo iraniano e personalmente a nome del presidente Consiglio mi ha verbalmente espresso vivo desiderio che come segno tangibile della lunga e buona amicizia che sempre ha unito Italia e Iran e dei cordialissimi rapporti recentemente ristabiliti fra i due Paesi le rispettive legazioni in Roma ed in Teheran vengano elevate a rango ambasciata. Mi ha detto ormai delle grandi capitali europee Roma è la sola nella quale Iran non sia rappresentato da un ambasciatore e che questo Governo considera Italia sempre una Potenza di primissimo piano ben degna di aver un'ambasciata qui e di accoglierne a Roma una di questo Paese.

Confidava così che il Governo italiano avrebbe apprezzato al suo giusto valore intendimento del Governo iraniano, dettato dal più grande spirito considerazione e di amicizia verso di noi, e che sarebbe pertanto venuto incontro a tale desiderio con gli stessi sentimenti con i quali mi veniva espresso. Aggiunse che venivano telegrafate istruzioni a Pakravan di fare costì passi del caso facendomi intendere che sarebbe stata gradita una risposta per quanto sollecita possibile almeno in via di massima salvo poi a procedere eventualmente in un secondo tempo nomina dei rispettivi ambasciatori.

Giudicherà V.E. quale seguito potrà avere proposta che ritengo suggerita dallo stesso Pakravan in quanto egli ha grado ambasciatore e come tale ha già occupato posto Mosca e quale risposta intenderà conseguentemente dare allo stesso Pakravan: sarò comunque grato voler telegrafarmi in proposito per mia norma opportuna di linguaggio 1 .

276

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL VICE MINISTRO DEGLI ESTERI DELL'U.R.S.S., VYSHINSKY

APPUNT02 . Parigi, 8 settembre 1946, ore 17.

Ho esposto a Vyshinsky il senso di costernazione che si è diffuso in Italia quando sono state annunziate le cifre delle richieste di riparazioni. Mi ha detto che condivide il nostro sentimento e che oggi dovrebbe uscire un editoriale della Pravda che qualifica di «appetiti ingiustificati» le richieste di riparazioni presentate. Mi ha detto, come cosa sua personale naturalmente, che la Russia resta sulla sua tesi di trecento milioni a Russia, Jugoslavia, Albania e Grecia, più qualche cosa all'Etiopia ed alla Francia.

Gli ho spiegato poi che le riparazioni, claims, restitutions, rinunce a crediti e reclami ancorché capitoli differenti dovrebbero essere considerati sotto uno stesso aspetto poiché alla fine è la stessa persona che paga.

Sono passato alla questione dell'art. 69 con particolare riguardo al forfait proposto dalla Francia e dal Brasile. Si è mostrato di condividere il nostro punto di vista; mi ha chiesto qualche dato approssimativo.

1 Per la risposta vedi D. 283. 2 Trasmesso con Telespr. d. 285 di Soragna dell'8 settembre.

Richiesto da Vyshinsky quale era la nostra tesi in materia di riparazioni gli ho detto: le riparazioni debbono essere pagate solo a quei Paesi che sono state vittima di aggressione diretta da parte dell'Italia (Vyshinsky ha detto che sarebbe meglio parlare di occupazione che è un termine più preciso), solo per danni accertati, e la cifra complessiva dovrebbe essere ridotta ad una somma simbolica come quella chiestaci dalla Russia; che per ultimo l'unica maniera in cui noi possiamo pagare riparazioni è il sistema russo, cioè dalla nostra produzione corrente dietro fornitura di materie prime. Vyshinsky si è dichiarato d'accordo.

Per le restituzioni ho detto che noi ritenevamo esse dovessero essere risarcite per non più del 30% come era stato proposto dai russi. Vyshinsky mi ha obiettato di avere visto, con sua sorpresa, un nostro memorandum in cui noi invece ci dichiaravamo disposti ad effettuare le restituzioni al 100%. Se noi accettavamo così la tesi britannica sarebbe stato difficile per i russi appoggiarci. A mia richiesta mi ha detto che specificherà di che documento si tratta. Comunque anche su questo punto è disposto ad appoggiarci se noi siamo dello stesso avviso. Per la rinuncia ai nostri claims, incondizionata, verso le Nazioni Unite, mi ha detto che la Russia continuerà a sostenere la sua tesi.

Gli ho spiegato poi la nostra tesi sull'art. 69. Chiesto di specificare le nostre idee, gli ho detto che noi vorremmo che i nostri assets all'estero non venissero liquidati senz'altro ma che restassero solo a garanzia della soddisfazione dei claims che noi siamo disposti a soddisfare: ma che ci dovrebbero essere lasciata libertà di scegliere noi la migliore maniera di soddisfarli, possibilmente anche questi con produzione corrente; la liquidazione dovrebbe restare come ultima ratio qualora noi non soddisfacessimo i claims. Gli ho spiegato fra l'altro le necessità del nostro commercio e gli ho citato l'esempio di una banca che, se liquidata, dà una somma relativamente poco forte ma fa un danno enorme al nostro commercio. Mi ha detto a titolo personale che trova questo nostro punto di vista ragionevole, mi ha anche fatto intendere che entro certi limiti i russi potrebbero anche applicarlo per quanto concerne i nostri assets nella loro zona.

Mi ha poi chiesto se avremmo detto tutto questo quando saremmo stati chiamati alla Commissione economica. Gli ho detto di sì ma che data regola di procedura secondo la quale noi non potevamo presentare emendamenti, e le nostre proposte potevano essere messe in discussione solo se qualcuno le faceva proprie sotto forma di emendamenti, dato che non ci sembrava ci fosse nessuno disposto a farlo, il nostro memorandum rischiava di restare lettera morta.

Vyshinsky, pur premettendo che doveva consultarsi con Molotov, mi ha detto che questa difficoltà di procedura esisteva ma che la delegazione russa era disposta a studiare la maniera pratica per superarla. Occorreva aspettare che fossero presentate le nostre osservazioni: i russi le avrebbero studiate e poi mi avrebbero fatto sapere in che maniera pratica avrebbero potuto presentare degli emendamenti rispondenti alle nostre tesi. Si è raccomandato che nella nostra esposizione o memorandum noi esponiamo il nostro punto di vista ed i nostri desiderata, a parte i necessari consideranda, in una formulazione finale chiara e precisa che potesse valere quasi come proposta di emendamento. Mi ha assicurato di nuovo, ripetutamente, che in questo campo potevamo contare sull'appoggio sovietico.

277

IL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BYRNES, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. Parigi, 8 settembre 1946.

I have your letter of September 6, 1946 1 announcing the conclusion of an agreement between yourself and the Foreign Minister of Austria relating to the Upper Adige. I can most heartily welcome this development in the relations of two states which provides reassuring evidence that two nations, inspired with democratic principles and regard for the rights of peoples to have a voice in their affairs, can reach a mutually satisfactory adjustment of an old dispute.

Other problems, arising from disputes between neighbours, are even now being laboriously considered by the Paris Conference and your example of direct negotiation and friendly agreement with your neighbour, Austria, should indeed be an ispiration to the delegates meeting in Paris.

May I congratulate you upon the successful outcome of the negotiations which you have so wisely directed.

278

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI,

AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI

L. PERSONALE. Parigi, 8 settembre 1946.

Rispondo alla tua n. 1240 del 4 corrente relativa alla questione dell'Alto Adige2 .

Preciso che la questione è stata condotta direttamente tra Carandini ed il presidente all'infuori della delegazione. Inoltre ogni dubbio è ormai superato dall'avvenuto raggiungimento del noto accordo.

Ciò premesso non ti nascondo che anche io ho condiviso, almeno in parte, le tue preoccupazioni. Per me la questione più grave è l'impegno alla revisione degli accordi del 1939, con conseguente probabile riammissione della maggior parte dei 70 mila alto-atesini già emigrati. Ma vi sono anche vari elementi positivi. Anzitutto quello di scansare definitivamente il pericolo, pur sempre latente, di una rimessa in discussione del problema territoriale, soprattutto nel caso (non probabile ma certo possibile) di un fallimento della Conferenza. Quanto alla garanzia internazionale, non è stata estranea al calcolo politico la possibilità di ottenere qualche cosa di analogo per la nostre minoranze in Jugoslavia (vedi emendamento americano all'art. 13). È stato inoltre un gesto che ha valso ad avvivare in seno alla Conferenza una

l Vedi D. 269. 2 Vedi D. 256.

certa atmosfera di simpatia nei nostri riguardi, sinora penosamente mancante, e che forse ci potrà giovare in altri campi.

Tutto ciò è, lo so, piuttosto incerto. Ma io penso che il vero metro per misurare il valore della soluzione raggiunta è quello di vedere se, come spero, aprirà la strada ad una solida collaborazione italo-austriaca.

In questo caso anche gli inconvenienti troveranno un adeguato compenso.

279

COLLOQUI DELL'AMBASCIATORE QUARONI E DEL CONSOLE DUCCI CON I DELEGATI DELL'INDIA E DEL CANADA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, BHORE E RITCHIE

Parigi, 9 settembre 1946, ore 9.

L'ambasciatore Quaroni ha visto il delegato indiano Sir Joseph Bhore, il quale gli ha detto che la delegazione indiana non ha ancora deciso il proprio atteggiamento circa la votazione dell'emendamento sudafricano sull'estensione del Territorio Libero di Trieste, ma che la grande maggioranza della delegazione inclina verso l'opinione di votare a favore. Comunque se la delegazione dovesse astenersi dal voto, dichiarerebbe che lo fa solo in ossequio all'accordo raggiunto dai Grandi, ma non perché sia convinta che la soluzione proposta sia la migliore. Ad avviso di Bhore, gli emendamenti jugoslavo e bielorusso verranno respinti a grande maggioranza. Bhore ha ammesso che ci sia stata una certa azione inglese per consigliare l'astensione, ma ha affermato che non è stata troppo «convincente».

Ducci ha visto il delegato canadese Ritchie, il quale gli ha detto che la delegazione canadese stava per tenere una riunione (assenti tuttavia Claxton e Wilgress) per decidere l'atteggiamento da tenere circa l'emendamento sudafricano. Ritchie ha lasciato sperare che la delegazione si sarebbe decisa per dare voto favorevole, se non altro per ragioni tattiche (necessità di bilanciare gli eventuali voti favorevoli all'emendamento bielorusso). Ha riconosciuto che un punto che lascia qualche dubbio nella mente di alcune delegazioni è quello di Gorizia, perché il tracciato della frontiera è assurdo.

Richiesto se non fosse opportuno per la delegazione italiana chiedere di essere ascoltata sull'emendamento jugoslavo, Ritchie ha detto che comprendeva il nostro legittimo desiderio ma che era d'avviso che ormai i delegati fossero convinti di avere un quadro esatto della situazione e che avessero già preso una decisione.

Ritchie ha parlato quindi dello statuto, affermando che dovrà essere studiato attentamente articolo per articolo, allo scopo di evitare che attraverso lo statuto Trieste sia consegnata alla Jugoslavia. Egli ritiene il progetto jugoslavo assolutamente inaccettabile; anche quello inglese è troppo estremo nell'altro senso, ma potrà essere utile appoggiarlo per motivi tattici.

l Trasmesso con Telespr. d. 293 di Lanza del 9 settembre.

280

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI E DELL'ON. ARPESANI CON IL VICE MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, BEBLER

VERBALE 1 . Parigi, 9 settembre 1946, ore 13,30-15,30.

Bebler racconta, evidentemente seccato, che nella seduta al Lussemburgo nessuno ha chiesto di parlare dopo la sua esposizione del punto di vista jugoslavo per la Valle di Canale. La Conferenza è una farsa, nessuno obietta e c'è invece tutto un gruppo compatto che voterà contro. Aggiunge poi che Kardelj è partito per Belgrado per consultarsi col suo Governo sulle conversazioni italo-jugoslave con particolare riferimento alle ultime proposte (accordi economici e militari); accenna che questo solo fatto ci dovrebbe dimostrare quale importanza si annetta a Belgrado alla questione dei rapporti italo-jugoslavi.

Bebler chiede poi che cosa gli possiamo dire circa la sua proposta (cosa siamo disposti a dare territorialmente in cambio del governatore italiano di Trieste). Quaroni risponde cortesemente che dietro più maturo esame gli sembra che la questione abbia un valore più apparente che reale e, come tale, non sia wscettibile di essere oggetto di scambi. Ripete il suo concetto che, in questo momento e nell'atmosfera che regna fra i due Paesi, sia impossibile parlare di questioni territoriali: bisogna prima creare una atmosfera di fiducia e di comprensione che permetta di parlare apertamente di tutto.

Bebler: Voi sperate ancora di potere avere la linea francese ed è per questo che non volete parlarne.

Quaroni: Voi sperate ancora di potere avere dei sostanziali mutamenti a vostro favore della linea francese, quindi siamo pari.

Bebler comincia a parlare della questione di Gorizia: è assurdo separare la provincia da una città che è stata sempre la sua capitale. La dieta provinciale non ha un edificio dove sedere; la popolazione del contado è abituata ad andare a Gorizia per consultare il medico ecc. È una situazione contro natura. Quaroni gli osserva che egli si ispira a concetti sorpassati: bisogna che noi trasformiamo la frontiera italo-jugoslava in modo da essere come la frontiera italo-svizzera che non dà fastidio a nessuno. Per il caso di Gorizia bisognerebbe stabilire un regime speciale, almeno, che rendesse nulle tutte le formalità di frontiera in modo che né italiani né slavi debbano rinunciare alle loro abitudini. Bebler osserva che questo è difficile perché aprirebbe la strada all'attività di spionaggio.

Quaroni: Ecco ritorna il vostro chiodo del sospetto nei riguardi dell'Italia.

Bebler: Non parlavo di spionaggio italiano ma di spionaggio anglo-americano.

Quaroni osserva che questo spionaggio anglo-americano potremmo combatterlo insieme; basterebbe costituire un organo permanente di collaborazione fra i due Paesi. Bebler obietta che si devono pure prendere delle misure per evitare il contrabbando. Quaroni gli fa rilevare che con della gente come gli italiani e gli slavi della regione il

l Trasmesso con Telespr. d. 320 di Soragna dell'Il settembre.

334 contrabbando ci sarà sempre, quali che siano i regolamenti di frontiera: considera del resto il contrabbando come un mezzo di affratellamento dei due popoli: le bande di contrabbandieri sono sempre di nazionalità mista. Bebler ammette che tutte queste difficoltà possono essere superate da accordi concreti che con buona volontà fra le due parti possono funzionare. Continua accennando abbastanza chiaramente che sarebbe interessato a sapere che cosa noi chiederemmo in cambio di un abbandono di Gorizia. Quaroni gli risponde che a suo avviso non è il momento di trattare questioni territoriali: anche ammettendo che tutto quello che Bebler dice su Gorizia fosse esatto e che sia realmente interesse dell'Italia di fare qualche cessione territoriale per assicurarsi l'amicizia della Jugoslavia, non esiste oggi la possibilità di trattare. Una cessione di territorio fatta a scopi di amicizia è solo possibile in condizioni di assoluta libertà dei due contraenti: l'Italia si trova oggi a subire un trattato di pace impostogli per avere perduto la guerra; qualsiasi cessione apparirebbe all'opinione pubblica italiana come un Diktat: le conseguenze psicologiche in Italia sarebbero disastrose.

Bebler obietta che questo è dovuto al fatto che ancora pochi mesi addietro De Gasperi in un suo discorso ha parlato di Dalmazia, di Albania come di regioni a cui l'Italia ha diritto: è colpa del Governo italiano quindi se in Italia esiste ancora questa mentalità. Arpesani nega che De Gasperi abbia detto delle cose di questo genere.

Bebler passa allora a parlare della questione dello statuto dicendo che su questo punto è urgente che Italia e Jugoslavia si mettano d'accordo. Quaroni gli ripete le idee di De Gasperi: la parte politica dello statuto ha una importanza molto relativa: la questione realmente importante è un accordo economico italo-jugoslavo per la vita economica del Territorio Libero e in particolare dell'amministrazione del porto: una volta messici d'accordo su questo punto la parte politica dello statuto non dovrebbe presentare difficoltà. Avendo Bebler accettato questo punto di vista, Quaroni continua dicendo che nella sua precedente conversazione 1 Bebler gli aveva accennato alla questione dell'economia pianificata jugoslava. Noi non siamo un paese ad economia pianificata ma attraverso l'I.R.I. abbiamo un preponderante controllo statale sull'industria sia triestina che italiana. Avendo Bebler parlato a lungo dell'importanza che può avere per l'industria sia triestina che italiana un accordo colla Jugoslavia, Quaroni propone di studiare il tutto in un piano generale: gli jugoslavi ci dicano quale è il loro piano di esportazione e di importazione per i prossimi tre anni o magari per un periodo più lungo, noi da parte nostra vedremo in quale misura queste necessità jugoslave possono inquadrarsi nelle necessità dell'industria italiana. Per conto suo è anche favorevole ad eventuali trasformazioni dell'industria italiana e dell'economia jugoslava in maniera da adattarsi con visioni di lunga portata alle necessità dei due Paesi, vede in questi accordi la migliore garanzia per la Jugoslavia: il giorno in cui ci siamo messi per questa strada un irrigidimento delle frontiere sia italiane che dello Stato Libero sarebbe altrettanto disastroso per l'economia italiana che per quella jugoslava; ritiene sarebbe utile stabilire anche uno strumento di contatto permanente fra l'I.R.I. e la commissione jugoslava del piano in maniera che i piani di sviluppi, dalle due parti, fossero in quanto necessario concordati. Accenna anche all'importanza che potrebbe avere agli scopi della creazione di una atmosfera di fraterna collaborazione fra i due Paesi il fatto che si potesse mostrare ai due popoli come la collaborazione economica fra i due Paesi contribuisce al benessere reciproco.

1 Vedi D. 272.

Bebler: Lei vorrebbe dunque che si mettesse allo studio un accordo a vasta portata che prendesse in considerazione la collaborazione economica dei due Paesi nel Territorio Libero e nello stesso tempo il problema dei rapporti commerciali fra i due Paesi?

Quaroni: Questa è la mia idea: si intende che tutto questo piano di accordi dovrebbe prevedere tutto un insieme di collaborazione e di scambi al di fuori delle forniture di materie prime e di prodotti finiti che possono essere materia di riparazioni.

Bebler si dichiara d'accordo: accenna rapidamente come prodotti italiani di cui la Jugoslavia ha bisogno ad automobili, tessili, navi specie peschereccie, macchine, prodotti chimici; da parte jugoslava grano, carne, legname, carbone. Accenna a considerevoli giacimenti petroliferi che sarebbero stati scoperti verso il confine ungherese.

Bebler continua proponendo allora che dalle due parti si studi un draft di accordi da studiarsi poi insieme. Quaroni suggerisce che in questa fase è meglio che il draft lo preparino gli jugoslavi poiché noi non abbiamo idea di quelli che sono i piani jugoslavi. Bebler dice che lo metterà subito allo studio. Quaroni insiste sulla necessità sine qua non, che questo draft sia inspirato alla fiducia reciproca altrimenti non si può fare nulla di costruttivo. Arpesani e Quaroni spiegano poi la necessità di preparare qualche cosa di ben considerato, che permetta a noi di svolgere in Italia la necessaria opera di propaganda in favore di una intesa fra i due Paesi. Non bisogna avere fretta: altrimenti rischiamo di fare un accordo ad effetto basato su equivoci e che dopo poco tempo si mostrerebbe non rispondere alle aspettative; le ripercussioni di un fiasco non farebbero che peggiorare la atmosfera. Meglio lavorare per qualche mese e fare qualche cosa di solido che affrettarsi a fare qualche cosa di non sufficientemente studiato.

Bebler si dichiara d'accordo, con la sola riserva della questione dello statuto, che bisognerebbe studiare insieme subito per vedere se si può presentare un progetto comune. Quaroni gli dice di non condividere questa necessità di fretta: adesso un accordo diretto italo-jugoslavo sarebbe probabilmente respinto dai Grandi: d'altra parte è praticamente impossibile che i Quattro si mettano d'accordo, è soltanto quando avranno esaurite tutte le possibilità di accordo diretto che saranno disposti ad accettare un piano comune itala-jugoslavo. Abbiamo quindi tutto il tempo per studiare, anche lo statuto, con tutta calma: bisogna prima fare qualche cosa per creare una atmosfera di fiducia, altrimenti un accordo sullo statuto è pressoché impossibile.

281

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 1570011123. Parigi, 9 settembre 1946, ore 19.

Attesa riunione dei Cinque (Cina compresa) stanotte ha condotto decisione compiere passo collettivo per raccomandare aggiornamento riunione O.N.U. al 23 ottobre, onde permettere continuazione, e si spera conclusione, Conferenza Ventuno.

Raccomandazione verrà fatta a nome Governi sovietico, francese, cinese, cui associasi, a nome suo Governo, anche presidente Consiglio belga Spaak in quanto presidente Assemblea dell'O.N.U. Rappresentante britannico si è riservato decisioni dopo consultazione con suo Governo. Rappresentante americano fatto conoscere che, mentre non ritiene potersi associare, tuttavia non solleverà obiezioni.

Signor Spaak ricevuto inoltre incarico prendere contatto con rappresentanti rimanenti quindici Potenze partecipanti Conferenza Parigi, per accertare quali disposte associarsi al passo.

È stato parimenti deciso che Consiglio dei Quattro riprenderà a New York, contemporaneamente Assemblea O.N.U., lavori per decisioni finali su trattati di pace in base risultati Conferenza dei Ventuno.

Decisione rappresenta compromesso tra punti di vista Governi americano e sovietico (quest'ultimo aveva prima chiesto rinvio sine die dell'Assemblea O.N.U. e successivamente sua convocazione a Ginevra), ma con sostanziale vittoria per tesi sovietica. In cambio americani, appoggiati da inglesi, hanno ottenuto consenso sovietico iniziare discussioni su Germania immediatamente dopo studio trattati Paesi «satelliti».

282

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL BELGIO, SPAAK

APPUNT0 1 . Parigi (Hotel Ritz), 9 settembre 1946, ore 19,15.

Avvertito dal dr. Casardi che sarebbe urgente di fare un tentativo di indurre la delegazione belga a mutare il suo atteggiamento astensionista nella votazione della frontiera italo-jugoslava, ho telefonato a Spaak il quale mi conosceva e al quale ero anche stato raccomandato da Camille Huysmans. Egli voleva fissarmi un appuntamento per domani pomeriggio ma poiché ho insistito sull'urgenza mi ha ricevuto subito.

Dissi a Spaak che ero appena tornato da Roma dove avevo trovato la situazione notevolmente peggiorata anzitutto dal lato economico (quasi 3 milioni di disoccupati, altri numerosi operai minacciati di licenziamento se venisse lo sblocco dei licenziamenti). Gli ho fatto notare i pericoli impliciti di questa situazione che si è aggravata sensibilmente da che sono venute le prime notizie sull'impendente pace dura. Ho fatto notare come sia minacciata la democrazia in genere e la situazione del Partito socialista in particolare qualora ci dovessimo presentare alle prossime elezioni in questa terribile situazione e con condizioni di pace ritenute ingiuste da tutta la nazione.

Spaak disse di rendersi perfettamente conto ma di non sapere cosa egli potrebbe fare per migliorare le condizioni. Io accennai allora alla decisione di astenersi dalla votazione di emendamenti a noi favorevoli. Spaak rispose che egli difatti aveva proposto di astenersi perché riteneva che nulla potrebbe cambiare ora le decisioni

1 Trasmesso con Telespr. d. 304 di Casardi del IO settembre.

dei Grandi. È poco probabile che l'emendamento brasiliano o sudafricano potessero avere la maggioranza e anche se l'avessero non otterrebbero certamente la maggioranza dei due terzi; poiché egli ritiene che il trattato proposto sia cattivo egli ha ritenuto di dover lasciare la responsabilità per tale trattato ai quattro Grandi che lo hanno elaborato. Egli non sapeva che nonostante questa situazione noi ci tenessimo tanto ad avere l'appoggio belga.

Io risposi che ci teniamo moltissimo come gli avrà già detto il compagno Nenni, il quale del resto è pure molto preoccupato della situazione che si sta creando per l'Italia. E altrettanto avrà sentito anche dal compagno Saragat. Dopo aver brevemente accennato al fatto che la delegazione belga ha votato in favore della tesi francese per la questione della frontiera occidentale, dissi che l'appoggio belga sarebbe tanto più necessario in quanto la delegazione è capeggiata appunto da lui, Spaak, che è una delle personalità più conosciute in Italia del socialismo internazionale. Il non avere l'appoggio dei governi e delle delegazioni capeggiate da compagni e in modo particolare quello della sua delegazione sarebbe molto grave e verrebbe certamente sfruttato a danno del socialismo e della democrazia.

Spaak risponde che se le cose stanno così egli cercherà di indurre i suoi colleghi a votare a favore della mozione sudafricana (le prime volte per sbaglio egli l'aveva chiamata la mozione neozelandese). Qualora non potesse ottenere questo egli accompagnerebbe almeno la dichiarazione di voto con parole favorevoli all'Italia. Io gli chiesi se non potesse piuttosto decidersi a votare a favore della mozione brasiliana, ma egli rispose che la delegazione belga era già stata una delle poche che non aveva votato contro la mozione brasiliana. Allora feci notare che questo si riferiva alla prima mozione brasiliana che chiedeva il rinvio di un anno della decisione sulla frontiera. L'attuale mozione brasiliana viceversa è identica a quella sudafricana in quanto chiede l'estensione della zona internazionale alla «linea inglese», ma in aggiunta chiede anche una leggera correzione a favore dell'Italia sull'alto Isonzo per rendere possibile una linea ferroviaria che congiunga direttamente la zona internazionale con l'Austria senza passare per territorio jugoslavo. Gli offersi poi di dare ulteriori particolari a lui e ai suoi colleghi ma aggiunsi che capivo che oggi non aveva il tempo. Gli chiesi inoltre che nel caso la situazione durante la seduta non fosse favorevole, egli cercasse di ottenere di posporre una decisione finché non sia deciso lo statuto della zona internazionale. Spaak dice che per lo statuto avremo il loro pieno appoggio e che egli si rifiuterebbe assolutamente di accedere alle richieste jugoslave in proposito. Io risposi che questo problema è difatti di grande portata ma che appunto sarebbe meglio di decidere sulle frontiere solo quando l'accordo è raggiunto per lo statuto, perché altrimenti il pericolo di ulteriori concessioni sarebbe maggiore. Gli detti poi una descrizione delle condizioni a Trieste e Monfalcone e un breve sunto del rapporto dei delegati della Camera del lavoro di Trieste e degli operai dei cantieri di Monfalcone che si trovano attualmente a Roma. Dissi che eravamo alquanto scettici sulla vitalità della zona internazionale anche nel caso di uno statuto veramente imparziale e Spaak era d'accordo con me che tale zona diventerebbe un esperimento addirittura ridicolo se si facessero agli jugoslavi anche concessioni nella questione dello statuto.

Nel corso del colloquio accennai all'estensione della nostra guerra di liberazione che ci costò oltre 300 mila morti di modo che quasi ogni famiglia italiana ha un parente caduto o morto nei campi di concentramento, ciò che aumenta naturalmente il sentimento dell'ingiustizia di una pace dura.

Spaak mi chiese di venire a trovarlo nuovamente mercoledì alle ore 3 per un colloquio più lungo e più dettagliato 1 . Il colloquio è durato venti minuti.

283

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, AL MINISTRO A TEHERAN, PORTA

T. 13803/13. Roma, 9 settembre 1946, ore 22.

Suo 39 2•

Anche questo ambasciatore Iran ha toccato stesso argomento al momento suo arrivo a Roma. Gli si accennò allora, ed ella potrà oggi confermare ufficialmente, che non abbiamo in massima obiezioni all'elevazione ad ambasciata delle rispettive legazioni. Apprezziamo anzi moltissimo i propositi di amichevole cordialità che motivano l'iniziativa, propositi che sono anche i nostri. La prego di aggiungere che riterremmo opportuno, per ragioni varie, rimandarne esecuzione pratica ad esempio per la fine d'anno, restando intanto deciso che siamo sin d'ora d'accordo in via di principio3 .

284

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A PARIGI

L. 1279 SEGR. POL. Roma, 9 settembre 1946.

Contrariamente alle nostre speranze la Commissione dei Ventuno ha respinto la nostra proposta di far menzione nel preambolo del trattato di pace della dichiarazione di guerra dell'Italia al Giappone ed ha respinto l'emendamento proposto dall'Olanda di includere il Giappone fra i Paesi dai quali noi potevamo rivendicare riparazioni.

Così, in un documento di grande importanza, nel quale anche le Nazioni che non possono giuridicamente considerarsi in istato di guerra con l'Italia hanno ottenuto di apparire tali ai nostri danni, si è voluto dimenticare la nostra dichiarazione di guerra al Giappone.

La ragione può forse ricercarsi nel fatto che nell'elencare i meriti concreti dell'Italia non si è voluto citare che la nostra cobelligeranza nei confronti della Germania, contro la quale le Forze Armate italiane hanno validamente combattuto, mentre il subitaneo crollo militare del Giappone non ci ha permesso di recare un contributo effettivo alla lotta contro quel Paese. Ma qualunque sia la ragione del

I Vedi D. 292.

2 Vedi D. 275.

3 Con T.16053/42 del 14 settembre Porta comunicò d'aver eseguito le istruzioni e d'essere stato pregato di chiedere se era possibile rendere nota la decisione dei due Governi. Vedi D. 320.

mancato cenno alla nostra formale dichiarazione di guerra al Giappone, nulla può modificare la realtà relativa all'esistenza di tale dichiarazione e la gravità dei fatti verificatisi in Estremo Oriente a danno degli italiani dopo l'armistizio dell'8 settembre e dopo la nostra dichiarazione di guerra alla Germania e al Giappone.

Come è noto, i giapponesi, oltre a considerare quali criminali comuni gli ufficiali ed i marinai delle nostre unità da guerra e dei nostri piroscafi dislocati nei mari e nei fiumi della Cina, perché avevano affondato le navi sulle quali erano imbarcati per non farle cadere nelle loro mani, hanno deliberatamente violato l'extraterritorialità delle nostre ambasciate a Tokio ed a Shanghai, gli archivi dei consolati di Kobe, Shanghai, Tientsin e Hankow, le residenze dei nostri rappresentanti diplomatici ed hanno poi imprigionato, per circa due anni, tutti i diplomatici, i consoli ed i sudditi italiani che non avevano voluto aderire al governo repubblicano fascista, infliggendo loro un trattamento che non ha riscontro in alcun precedente e che fu particolarmente duro.

Una così aperta violazione delle norme di diritto internazionale non può passare inosservata; ciò costituirebbe un altrettanto grave precedente per tutti i Paesi che hanno rappresentanze diplomatiche in Estremo Oriente. L'Italia ha quindi titolo per rivendicare dal Giappone adeguate riparazioni morali e materiali.

Poiché sono noti i particolari che ci hanno portato alla dichiarazione di guerra al Giappone e l'insistenza dello State Department perché l'Italia compisse tale gesto di solidarietà verso gli Stati Uniti, ella potrebbe, ora, valersi della prima favorevole occasione per manifestare al signor Byrnes il nostro disappunto per la mancata menzione di tale nostro gesto nel preambolo del trattato di pace, e cercare di ottenere qualche affidamento, da farsi poi valere a momento opportuno, che i danni deliberatamente recati dal Giappone alle rappresentanze diplomatico-consolari ed ai sudditi italiani in Estremo Oriente saranno, a momento venuto, debitamente riconosciuti e valutati.

Copia della presente lettera viene inviata anche all'ambasciata in Washington affinché la S.V. possa farvi riferimento nel caso credesse opportuno interessare alla questione anche lo State Department.

Si unisce copia della lettera n. 8550 in data 31 luglio dell'ambasciata a Washington a Mr. Dean Acheson 1•

285

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON I DELEGATI STATUNITENSI DUNN, MATTHEWS E CONOLLY

Parigi, 9 settembre 1946.

Tanto Dunn quanto Matthews hanno espresso la loro soddisfazione per l'accordo italo-austriaco. Mi hanno comunicato che Bymes aveva scritto a De Gasperi 3 e a Gruber per congratularsi con loro e trarre buon auspicio da questo atto che dovrebbe ispirare altre leali collaborazioni.

l Vedi D. 93, Allegato. 2 Trasmesso con Telespr. d. 319 di Soragna dell'Il settembre. 3 Vedi D. 277.

Riparazioni: Ho di nuovo illustrato i malefici effetti delle esagerate richieste di riparazioni sull'opinione pubblica italiana e sulla nostra già precaria situazione economico-finanziaria e monetaria. Mi hanno ripetuto che non c'è ragione di allarme perché quelle cifre immaginarie non hanno alcuna possibilità di essere prese in serio esame e saranno ridotte alle cifre globali già previste. Matthews non si spiega il perché della richiesta britannica non accompagnata da una netta rinuncia. In ogni modo non dubita che l'Inghilterra non esigerà riparazioni.

Dimissioni Corbino: Dunn e Matthews si preoccupano della crisi Corbino e sono ansiosi di sapere se resterà al Governo. Ho comunicato loro che De Gasperi è andato a Roma per affrettare una soluzione, che dovrà essere tale da tranquillizzare e mantenere fiducioso il Paese. Ogni azione degli Alleati per evitare allarmi, a proposito di riparazioni e di carichi finanziari, avrà effetto benefico. Hanno promesso di fare del loro meglio.

Questione di Trieste: I brasiliani non hanno voluto ascoltare il consiglio americano ed il loro emendamento per il rinvio di un anno è stato sconfitto 18 contro l. Secondo quanto Dunn e Matthews mi hanno ripetuto la delegazione americana sarebbe in principio favorevole all'inclusione di Pola e della costa istriana nel Territorio Libero ma si trova vincolata dall'impegno preso insieme agli altri tre Grandi; appoggerebbe però sottomano la tesi dell'estensione territoriale. Ho raccomandato di esercitare una influenza favorevole sugli Stati amici o titubanti. Matthews mi ha informato che stamane vi è stata una riunione della delegazione americana sotto la presidenza di Byrnes: è stato deciso che la questione del confine del Territorio Libero è indissolubilmente connessa con lo statuto che sarà dato a quello Stato. La delegazione americana sosterrà fermamente la linea francese (con un paio di chilometri di correzione verso est in favore di Gorizia) ed uno statuto che dia al Territorio garanzia di piena indipendenza, sotto la protezione dell'O.N.U. Le due cose devono essere decise insieme e rimanere indissolubili. È ugualmente risoluta a non ammettere soluzione di continuità tra il confine italiano e quello del Territorio Libero. Avendo io chiesto di precisare in quale senso intendevano la «connessione» tra i confini e lo statuto, mi è stato detto che qualora non si raggiungeva l'accordo sullo statuto doveva intendersi decaduta ogni eventuale decisione antecedentemente presa sui confini. Matthews crede che il discorso di Kardelj con la minaccia di non firmare il trattato sia stata concertata con Molotov che era appena rientrato da Mosca. Dunn mi ha dichiarato che gli anglo-americani hanno deciso di non discutere i lunghi e cavillosi emendamenti jugoslavi sulla linea di confine. Udite le dichiarazioni, non risponderanno e domanderanno che si passi ai voti, sicuri che vi sarà sempre una maggioranza contro le pretese di Kardelj e di Bebler. Trova anzi che i discorsi di costoro, come quello di Vyshinsky, giovano alla causa italiana.

Questioni militari: Sono sopraggiunti l'ammiraglio Conolly ed un esperto militare che mi hanno annunciato che la nostra delegazione sarà convocata per giovedì 12 corrente. Mi hanno chiesto quali soddisfazioni morali sarebbe possibile dare al popolo italiano nel campo militare, onde controbilanciare in qualche modo le ripercussioni derivanti dalle limitazioni del trattato. Ho risposto che ogni miglioramento sarà apprezzato: occorrerebbe innanzi tutto fissare un limite vicino per la revisione delle restrizioni; alleggerire poi le clausole più pesanti; dare una soddisfazione alla Marina che ha la coscienza di avere realmente cooperato con gli Alleati per un lungo periodo. Gli emendamenti De Courten sono i più moderati e modesti che si possano immaginare. Mi promettono di fare quanto potranno per favorirci.

Osservano che la questione della Marina è gravemente complicata dal problema della spartizione del «surplus» con l'U.R.S.S. Insisto affinché in ogni caso gli Stati Uniti e l'Inghilterra rinuncino alla loro quota del «surplus» in riconoscimento dell'opera di collaborazione delle forze armate italiane per la comune vittoria.

286

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO CON IL SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA DEGLI STATI UNITI A ROMA, JONES

APPUNTO. Parigi, 9 settembre 1946.

Lo misi al corrente che Dalma, Buda, io ed altri dovevamo andare negli Stati Uniti e gli esposi brevemente gli scopi della nostra missione, aggiungendo che sarebbe certo stato meglio farla mezzo anno fa. Jones mi disse che questo era vero, ma che tuttavia egli ritiene tale missione estremamente utile perché anche gli ambienti politici e giornalistici degli Stati Uniti avrebbero bisogno di più informazioni, sia sui problemi regionali che sui problemi italiani in genere. Anche se non ci fossero dei risultati immediati, simili contatti dovrebbero essere frequenti ed estesi e potranno certamente dare buoni frutti in seguito. Jones promise di farci avere un buon numero di introduzioni e parlò in seguito delle organizzazioni dei lavoratori e di vari loro capi che si trovano attualmente a Parigi.

Io non gli nascosi il nostro disappunto per il mancato riconoscimento della parte sostenuta dall'Italia nella guerra di liberazione e per il poco appoggio avuto nella questione giuliana e in tutte le altre. Accennai poi al fatto che in taluni ambienti itala-americani si ritiene che certe personalità dello State Department abbiano causato un cambiamento nella politica americana a scapito dell'Italia, aggiunsi però che non siamo noi ad esprimere questo parere. Jones disse che questo non era assolutamente vero, ma ammise che lui e molti altri amici dell'Italia sono d'accordo con noi nel lamentare la svolta che hanno preso le trattative internazionali a nostro riguardo. Io gli feci ancora notare varie cifre particolari della guerra di liberazione ed egli espresse il desiderio di avere ulteriori colloqui ed anche di presentarmi ad alcune personalità delle delegazioni qui presenti.

287

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. URGENTISSIMO 15746/1128-1129. Parigi, IO settembre 1946, ore 11,45.

A conclusione urgente esame situazione fatto io con Quaroni, Bettiol, De Berti, Casardi, Lanza e Ducci e con riserva sottoporre questione al presidente Bonomi al momento suo arrivo, prospetto sin da ora opportunità rimettere lettera scritta al presidente Commissione politica per chiedere formalmente che, in vista sia della divergenza di giudizi circa reale consistenza etnica zona contestata, sia della ripetuta asserzione jugoslava circa volontà popolazione passare sotto sovranità Jugoslavia, Governo italiano chiede formalmente ricorso plebiscito. Lettera, che potrebbe riferirsi ai precisi riferimenti principi Carta Atlantica già invocati nel nostro memorandum e nelle dichiarazioni delegati italiani, dovrebbe essere consegnata al più tardi entro domani mattina ore 10, prima della votazione emendamenti territoriali.

Giornata domani offre infatti probabilmente ultima possibilità tempestiva per avanzare richiesta del genere evitando pericolo che possa venire respinta con pretesti procedurali. Aggiungo seguenti considerazioni:

l) è estremamente probabile che richiesta verrà respinta. Essa assolverebbe tuttavia a nostro impegno morale verso volontà popolazione interessata nonché già manifestate correnti nostra opinione pubblica. Essa non potrebbe inoltre che provocare buona impressione su delegazioni meglio disposte verso di noi, rafforzando tesi per estendere Territorio Libero a tutta la linea inglese, e soprattutto attesterebbe di fronte ai Ventuno oggi come di fronte alla storia domani, che Italia non ebbe timore di invocare a difesa suo buon diritto, la più genuina forma di espressione democratica.

2) Dopo firma accordo italo-austriaco è venuta meno principale passata remora a sollevare formale questione plebiscito in Venezia Giulia.

3) È poi opinione dei rappresentanti giuliani che un plebiscito tendente a stabilire linee etniche darebbe indubbiamente esito a noi favorevole nelle zone nostri interessi. Questa opinione mi risulta altresì condivisa da arcivescovo Trieste mons. Santin il quale nei giorni scorsi ha officiato on. Bettiol invitare Governo presentare domanda plebiscito.

Trasmetto a parte testo progetto lettera 1•

ALLEGATO

L'ON. BONOMI AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE POLITICO-TERRITORIALE PER L'ITALIA, EGELAND

L. Parigi. 10 settembre 1946.

Dai dibattiti in corso da circa un anno sulla frontiera italo-jugoslava è emerso chiaramente che il solo principio che viene concordemente ritenuto giusto c pratico per la determinazione di detta frontiera è comunemente determinato dalla linea etnica.

Tale principio fu adottato il 19 settembre 1945 a Londra e fu immcdi.ttamente adottato dal Governo italiano. Recenti dichiarazioni dei delegati jugoslavi in seno alla Commissione hanno permesso di stabilire che detto principio è ritenuto accettabile anche dal Governo jugoslavo.

l Un telegramma di Prunas dell'li settembre, ore 22 (n. 13932n56), precisava per gli atti: «A conferma della conversazione telefonica di ieri, si comunica che il presidente De Gasperi approva il passo di cui al telegramma 1128-1129 ed il testo della lettera diretta dall'an. Bonomi alla Conferenza dei Ventuno».

Il verdetto emesso della Commissione di esperti che fu incaricata di determinare tale linea etnica e che la delegazione italiana ebbe immediatamente ad accettare nella forma che gli fu data dai rapporti unanimi dalla Commissione è tuttavia contrastato da varie parti. Ultimamente il delegato jugoslavo ha lamentato anche che la Commissione non abbia tenuto conto della volontà delle popolazioni affermando che essa dovrebbe essere determinata, circa le sorti dei territori in contestazione.

Il Governo democratico italiano, espressione di quelle forze rivoluzionarie italiane che contribuirono all'abbattimento del fascismo in nome dei grandi principi banditi dai capi delle Nazioni Unite, diede fin dall'inizio della guerra di liberazione la propria incondizionata adesione alla Carta Atlantica.

Ad essa la delegazione italiana ha avuto l'onore di richiamarsi espressamente sia nel memorandum relativo alla frontiera italo-jugoslava sottoposto alla Conferenza di Parigi, documento IO P 1 , sia nel corso della dichiarazione fatta dall'on. Bonomi il 2 settembre u.s.

La delegazione italiana confida che non sarà sfuggito all'attenzione della Commissione che il Governo italiano e il Governo jugoslavo concordano sostanzialmente che:

l) la frontiera fra i due Paesi debba essere tracciata secondo la linea etnica; 2) tale linea deve essere concordata tenendo presente la volontà delle popolazioni della zona contestata.

La delegazione italiana ha pertanto l'onore di chiedere di voler sottoporre alla Commissione la opportunità di raccomandare al Consiglio dei ministri degli esteri che la linea etnica destinata a divenire la frontiera tra i due Stati sia determinata in base a una libera consultazione della volontà delle popolazioni interessate.

È superfluo aggiungere che il Governo italiano nel proporre questa forma democratica di decisione di un conflitto territoriale è certo che la consultazione della popolazioni verrà eseguita con tutte quelle garanzie che sono proprie dei plebisciti in zone internazionalmente contestate e che solo possono assicurare che il voto popolare sia secondo il principio della Carta Atlantica liberamente espresso.

288

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GIOLITTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A RIO DE JANEIRO, GIARDINI

T. 13852/246. Roma, 10 settembre 1946, ore 16,30.

Emanazione da parte Governo brasiliano decreto portante confisca beni italiani prima ancora che sia firmato trattato pace pregiudica gravemente interessi italiani anche per sue ripercussioni in terzi Paesi ed è in contrasto con atteggiamento amichevole del Brasile a Parigi.

V.S. -si renda interprete dei sentimenti di sorpresa popolo italiano per tale linea di condotta ed esprima riserve Governo italiano circa legittimità di tale provvedimento prima della firma trattato pace da parte Italia. Sarà opportuno che V.S. -effettui indagini, già altre volte richieste, per accertare quali e quanti beni italiani ricadano sotto decreto citato calcolando approssimativamente valore globale beni soggetti a confisca 2 .

I Vedi Foreign Relations of the United State.1·, 1946, vol. IV, cit., pp. 123-129. 2 Per la risposta vedi D. 317.

289

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 1 . Parigi, 10 settembre 1946.

Bonomi: Prima di iniziare la discussione delle questioni all'ordine del giorno desidera esporre quanto segue: da tempo erano state iniziate trattative con l'Egitto. Ritornato da Roma in mattinata, egli ha appreso che nel pomeriggio alle 15 era indetta una riunione coi delegati egiziani per firmare un accordo che si era concluso. Ha detto a Cernili di ignorare i termini dell'accordo e di nutrire perplessità circa l'opportunità della firma dato anche che il Governo era in crisi. Gli è stato allora mostrato un telegramma che lo nominava plenipotenziario e di fronte a questo egli ha creduto suo dovere di recarsi a firmare. L'ambasciatore Tarchiani gli ha fatto osservare che l'accordo, per quanto politicamente opportuno, può provocare una situazione sfavorevole nei confronti del negoziato generale delle riparazioni. Egli ritiene tuttavia che sia vantaggioso avere eliminato un concorrente e fissato il principio dei negoziati diretti.

Tarchiani: Non entra nel merito della utilità dell'accordo. Osserva soltanto che il caso trattato va in contrasto alla nostra tesi che egli stesso difenderà l'l l corr. alla Commissione economica. Noi sosteniamo che l'Italia deve pagare una cifra globale minima. Se si incomincia a pagare all'uno o all'altro degli Stati che singolarmente hanno avanzato delle richieste, ci troveremo alla fine di fronte a una cifra enorme. Inoltre noi sosteniamo che l'art. 69 deve essere radiato. Con l'accordo oggi firmato lo abbiamo invece accettato in anticipo. Da ultimo, secondo un telegramma arrivato oggi dal Cairo, i danni da noi provocati all'Egitto ammonterebbero a 2 milioni di lire egiziane. Noi abbiamo accettato invece di pagarne 4. Sono esatte queste cifre? Nessuno della delegazione è stato informato delle trattative in corso. Egli stesso, che doveva essere il portavoce della nostra delegazione presso la Commissione economica, nulla sapeva di questo negoziato. Dichiara che non assume nessuna responsabilità di questo trattato e della firma avvenuta avendo l'indomani da sostenere punti di vista in netto contrasto con quelli cui sembra ispirarsi l'accordo concluso.

Martini: Approva le parole di Tarchiani.

Cerulli: Sottolinea come il suo compito sia stato unicamente quello di trattare con gli egiziani all'infuori del quadro dei negoziati generali per le riparazioni. Quando i sondaggi iniziati sembrarono dare risultati favorevoli, il Segretariato generale della delegazione, la sezione economica e Roma furono informati della cosa. Vennero tenute varie riunioni, una anche sotto la presidenza dell'an. De Gasperi. Il ministero e gli uffici economici di Roma hanno approvato. Il presidente del Consiglio ha oggi telegrafato affidando i pieni poteri all'on. Bonomi.

1 Il verbale precisa che sono presenti: «on. Bonomi, ambasciatori Tarchiani, Quaroni, generale Trezzani, generale Aliberti, generale Ajmone Cat, ambasciatori Martini, Soragna, comm. Cerulli, comm. Di Nola, com. Giuriati, dr. Canali. Segretario: dr. Lanza».

Questo per quanto concerne la prassi seguita. Circa l'aspetto personale della questione ignorava che Tarchiani si occupasse di trattative economiche. Se lo avesse saputo avrebbe informato lui pure. Per quanto concerne l'accordo in sé, prima di poter affermare che è buono o cattivo occorre conoscere il testo di cui è pronto a dare lettura.

Soragna: Avendo saputo che conversazioni erano in corso cogli egiziani si era preoccupato che ciò non dovesse incidere favorevolmente sull'insieme delle trattative, specialmente per quanto concerne l'assicurazione. Ha avuto l'impressione che la sezione economica della delegazione escludesse questa ipotesi sfavorevole e quindi non ha creduto di intervenire ulteriormente.

Di Nola: È stato informato da Cerulli del negoziato. Ha ritenuto che esso avesse soprattutto una portata politica. Dal suo punto di vista crede l'accordo raggiunto vantaggioso dato il grande interesse che abbiamo a vedere svincolati al più presto i beni italiani in Egitto, e data l'opportunità di mostrare a terzi Stati, i quali avessero pretese di riparazioni, che altri Paesi sono stati ragionevoli nei confronti dei beni italiani sequestrati. Crede bene comunque far presente che la notizia della conclusione dell'accordo non mancherà di agitare le acque della Conferenza e di provocare delle ripercussioni.

Quaroni: Dal punto di vista politico è nettamente favorevole all'accordo concluso. Data la presenza nella delegazione di un organo consultivo del quale fanno parte gli ambasciatori ritiene però non sia una buona prassi che si svolgano negoziati senza che tale organo ne sia informato.

Tarchiani: Osserva che l'accordo implica praticamente l'applicazione dell'art. 69.

Di Nola: Illustra lungamente i motivi per cui non ritiene esatta l'affermazione dell'ambasciatore Tarchiani.

Tarchiani: Dato che l'accordo ormai è firmato è inutile discuterne. Desidera soltanto fare osservare che egli stesso si troverà in difficoltà di fronte alla Commissione economica.

Bonomi: Conclude la discussione osservando di avere parlato per chiarire le proprie responsabilità. Deplora che l'accordo non sia stato preventivamente discusso in seno alla delegazione. Egli stesso aveva i medesimi dubbi di Tarchiani. Di fronte a un telegramma del presidente del Consiglio che gli affidava i pieni poteri non poteva esimersi né rimettere in discussione il trattato e perciò si è recato nel pomeriggio a firmare. Passa agli argomenti di carattere militare e invita il generale Trezzani a prendere la parola.

Trezzani: Il 20 agosto fu presentato dalla delegazione un memorandum sulle clausole militari del draft 1 in cui principalmente veniva sostenuta la tesi della inammissibilità della smilitarizzazione di territori italiani alla frontiera. Questo è

1 Vedi Foreign Relations of the United States, 1946, vol. IV, cit., pp. 167-179.

il punto più grave delle clausole che si vorrebbero imporre. Le altre limitazioni appaiono infatti di minore importanza, sia perché nelle condizioni attuali non saremmo in grado di arrivare al plafond consentitoci dal trattato, sia perché quel genere di clausole finisce con l'andare poco per volta in desuetudine. Questo memorandum è stato presentato soltanto oggi ai membri della Commissione militare e si ignora per quale motivo al Lussemburgo abbiano tanto tardato a farlo. Nel frattempo la Commissione militare ha già cominciato a discutere articolo per articolo le clausole militari ed ha respinto ogni emendamento. L'orientamento generale è dunque quello di nulla mutare al progetto dei Quattro Grandi. Egli ha messo al corrente il presidente De Gasperi di tale situazione facendogli presente la pratica inutilità di discussioni ulteriori ritenendo peraltro necessario insistere ancora ad ogni buon fine su due punti: quello della smilitarizzazione e quello relativo alla eventuale revisione delle clausole. Il presidente De Gasperi ha approvato ed è sulla base delle sue direttive che egli ha compilato il discorso che pronuncerà giovedì alla Commissione militare. Non ritiene che vi sia molto da attendersi anche se ci sono stati dati buoni affidamenti. (Dà lettura del testo del discorso da lui preparato).

Soragna: Fa alcune osservazioni circa le frasi relative alla responsabilità dell'Italia, le quali possono prestarsi a cattiva interpretazione.

Dopo una discussione alla quale partecipano gli ambasciatori Quaroni, Tarchiani e il presidente Bonomi vengono approvate alcune correzioni da apportarsi al testo. Bonomi invita il comandante Giuriati, il quale rappresenterà l'ammiraglio De Courten assente, a leggere la parte del discorso relativo alla Marina. Tarchiani e Quaroni fanno alcune osservazioni in merito alle frasi che accennano al sabordaggio della flotta.

Bonomi: Incarica Trezzani, Quaroni e Giuriati di rivedere le frasi e di dargli notizia del nuovo testo. Dà poi notizia di una riunione di giuliani i quali hanno chiesto che si avanzi domanda per un plebiscito nella Venezia Giulia. Informa della lettera preparata sull'argomento al presidente della Commissione politica per l'Italia e del parere chiesto in proposito a De Gasperi, parere che ancora si attende 1•

Tarchiani: Ritiene che occorrerebbe trovare qualche delegazione che sostenga la nostra proposta in seno alla Commissione politica.

Bonomi: Dichiara che la cosa ha un valore essenzialmente morale nei confronti dei giuliani e dell'opinione pubblica italiana, dato che difficilmente la nostra proposta potrà avere seguito alla Conferenza. Finora la proposta di plebiscito non era stata ancora avanzata essendo tuttora in sospeso la questione dell'Alto Adige.

l Vedi D. 287.

Quaroni: Vi sarebbero da affacciare molti dubbi circa la opportunità di richiesta di plebiscito ove sussistessero serie probabiltà che la proposta stessa venisse accettata. Non ritiene però che vi siano probabilità che la proposta venga presa in considerazione.

Soragna: Propone che si scrivano alcune lettere ai capi delle delegazioni per informarli del testo della nostra comunicazione al presidente della Commissione politica.

Bonomi: Approva la proposta.

Tarchiani e Quaroni si dicono d'accordo sull'invio delle lettere al presidente della Commissione politica.

Soragna: Circa la dichiarazione da pronunciarsi per la questione delle colonie il presidente De Gasperi prima di partire aveva accennato alla opportunità che fosse il presidente Bonomi a tenerla.

Bonomi: Si dichiara d'accordo.

Quaroni: Ritiene che il testo del discorso per le colonie dovrebbe essere vagliato con grandissima attenzione, data la situazione molto delicata causata dalle aspirazioni russe, dalla presenza degli inglesi nelle nostre colonie, ecc.

Bonomi: Il testo preparato da Cerulli verrà distribuito e letto prima che si inizi la discussione.

Cat: Informa che ha preparato una breve bozza di discorso sulle questioni aeronautiche che porterà alla seduta della Commissione militare per leggerlo eventualmente se ne avrà l'occasione.

290

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

PROMEMORIA. Roma, 10 settembre 1946.

L'ambasciatore Carandini mi telefona dal Piemonte, dove si è recato per qualche giorno per visitare il padre ammalato, quanto segue:

«Winspeare gli telefona oggi da Parigi pregando di far presente al presidente De Gasperi che Gruber, a seguito di violenti attacchi mossigli dalla stampa austriaca, molto gli raccomanda ch'egli voglia mantenersi sulle generali, sia in eventuali dichiarazioni ai giornali sia alla Costituente, sulla parte dell'accordo italo-austriaco relativa ai limiti territoriali dell'autonomia. Ciò gli risparmierebbe polemiche sterili e comunque pericolose.

A mia richiesta, Carandini aggiunge che il significato e l'interpretazione di tali articoli sono, nel pensiero di Gruber, perfettamente chiari e assolutamente conformi alle franche dichiarazioni fattegli dall'on. De Gasperi in proposito durante la discussione dell'accordo stesso».

291

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 158721106. New York, Il settembre 1946, ore 12,17 (per. ore 9,40 del 12).

Trasmettesi seguente telegramma a firma conte Sforza:

«20. In confidenziali conversazioni con i più autorevoli americani parmi averli convinti che il presente schema trattato produrrà tosto o tardi conseguenze notevolissime per gli Stati Uniti. In un banchetto offertomi dal Consiglio degli affari esteri e susseguente mio discorso discussioni svoltesi in assenza assoluta della stampa il loro consenso è stato completo; erano presenti gli uomini più rappresentativi come Davis, Rockefeller, ecc. Oggi banchetto offertomi dagli italiani con mio discorso inviterò italiani generale riconciliazione per meglio servire l'Italia. Domani mattina partenza per Londra e Roma con sosta a Parigi solo se presidente del Consiglio si trovi colà».

292

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL BELGIO, SPAAK

APPUNT01 . Parigi (Hotel Ritz), lJ settembre 1946, ore 15.

Spaak disse di essere molto spiacente ma di essere venuto nella determinazione di non poter cambiare la decisione di astenersi dalla votazione nella Commissione per la frontiera italo-jugoslava, perché le sue dichiarazioni precedenti erano troppo esplicite. Egli mi fece leggere il testo verbale della sua dichiarazione. Spaak aggiunse che la situazione sembra in genere cambiata perché gli Stati Uniti hanno ritirato il loro emendamento (esso riguardava piccole rettifiche della frontiera italo-jugoslava e di quella della zona internazionale). Tale ritiro era venuto in seguito ad esplicite dichiarazioni sovietiche affermanti che l'U.R.S.S. non si terrebbe legata alle decisioni dei Quattro Grandi qualora uno di essi persistesse a

I Trasmesso con Telespr. d. 362 di Lanza del 14 settembre.

proporre degli emendamenti. Spaak ritiene che in seguito a queste dichiarazioni nessuno voterà a favore degli emendamenti brasiliani o sudafricani e questo ha rinforzato la sua determinazione di astenersi.

Io replicai che la dichiarazione russa si riferiva appunto soltanto a emendamenti presentati da uno dei Quattro Grandi ma che ero convinto che per lo meno gli americani non solo non sarebbero contrari agli emendamenti presentati da altre Nazioni ma anzi li vedrebbero di buon occhio pur non potendo votare a loro favore. (Tale mia supposizione venne pienamente confermata in un colloquio che ebbi alle ore 17 con Jones, consigliere dell'ambasciata degli Stati Uniti a Roma). Gli ho detto quanto eravamo spiacenti che la delegazione belga non potesse cambiare l'atteggiamento preso. Spaak disse allora che farebbe però certamente delle dichiarazioni di simpatia per diminuire il nostro disappunto. lo aggiunsi: quale sarebbe l'atteggiamento belga se venisse presentata una soluzione nuova. Spaak disse: questo cambierebbe la situazione e renderebbe possibile un diverso atteggiamento dei belgi. Richiesto cosa sarebbe questo fatto nuovo accennai alla proposta italiana di un plebiscito di cui Spaak non era ancora informato. Spaak disse che riteneva ottima questa proposta e che certamente la delegazione belga potrebbe prendere un atteggiamento favorevole. Egli riteneva però che pur migliorando notevolmente la nostra posizione morale, nulla avrebbe variato le decisioni dei Grandi. Egli chiese inoltre in quale zona e con quale modalità noi desideravamo il plebiscito. Io risposi che la condizione veramente essenziale sarebbe naturalmente che il plebiscito avvenisse in un pieno regime di libertà e sotto controllo assolutamente imparziale ed internazionale. Egli accennò al fatto che Molotov aveva a suo tempo accettato un plebiscito in tutta la zona e chiese se fossimo pronti ad accettare anche quello. Io risposi che in linea di massima potevamo accettare tutto, sempre che la zona fosse evacuata dagli jugoslavi, fosse ristabilito per parecchio tempo un regime di libertà e fossero riammessi i rifugiati che si trovano ora in Italia. Aggiunsi però che il plebiscito dovrebbe naturalmente riguardare solo le zone contese e poiché l'Italia aveva dichiarato di limitarsi a chiedere il territorio all'ovest della linea Wilson (salvo autonomia e statuto libero per Fiume, Lussino e Zara) il plebiscito dovrebbe aver luogo solo nella zona contesa, cioè nel territorio tra linea Wilson e linea jugoslava. Alla richiesta di Spaak se noi desidereremmo la votazione in diverse zone separate o unica votazione in tutta la zona, dissi che questo potrebbe essere deciso in seguito.

Spaak chiese ulteriori informazioni sulla situazione economica e politica in Italia. Illustrandogli le condizioni economiche sottolineai quanto la nostra industria avesse bisogno dei mercati della Europa centrale ed orientale, e quanto per ciò sia necessario di trovare una soluzione definitiva del problema jugoslavo-italiano che non lasciasse troppi rammarichi e permettesse la ripresa di intensi scambi economici. Sottolineai l'urgenza dei problemi economici italiani così strettamente legati con quelli di tutta l'Europa.

Feci anche notare la profonda rivoluzione democratica che si stava per verificare in Italia grazie alla guerra di liberazione e che si è dimostrata anche con lo svolgimento delle elezioni e del referendum, e quanto sarebbe increscioso se questo sviluppo fosse interrotto o danneggiato per opera della Conferenza. Spaak si rese conto quanto già le prime notizie sull'esito delle conversazioni dei Quattro Grandi abbiano contribuito a peggiorare la situazione in Italia.

293

L'AMBASCIATORE TARCHIANI ALLA COMMISSIONE ECONOMICA PER L'ITALIA

DISCORSO. Parigi, Il settembre 1946.

La délégation italienne a manifesté à maintes reprises sa préoccupation devant !es conséquences d'une éventuelle application intégrale des clauses économiques et financières du traité. Ces clauses et le fait que les amendements présentés par certaines délégations sont de nature à en augmenter la gravité, enlèvent au peuple italien jusqu'à l'espoir de jamais reconstituer sa propre économie. Or, il est on ne peut plus évident que la reconstruction économique de l'Italie représente la condition indispensable et de l'indépendance politique, et de l'équilibre social du Pays.

La délégation italienne observe qu'il n'est pas possible de bàtir sur la ruine économique du peuple italien un nouvel ordre de rapports économiques internationaux. Le peuple italien est prèt à supporter les sacrifices nécessaires, mème du point de vue économique, pour réparer !es fautes et les crimes de la politique fasciste. Toutefois il est hors de doute que la désintégration économique d'un peuple et sa banqueroute financière, en mème temps qu'elles lui procurent des souffrances poignantes, ne peuvent ètre d'aucun avantage pour !es Nations qui avancent des droits pour les dommages subis, bien au contraire, elles procurent à ces mèmes Nations de nouveaux dommages et de nouvelles incertitudes par suite de l'interdépendance étroite qui existe dans les rapports économiques entre les peuples.

Par son mémorandum n. 26, présenté le 20 aoiìt au Secrétariat de la Conférence, la délégation italienne se réservait le droit d'exprimer son avis en matière de réparations au moment où !es demandes présentées par chaque Nation auraient été rendues de domaine public. Elle peut donc aujourd'hui indiquer sa pensée sur cette matière si grave et si disputée; c'est ce que je me propose de faire par cet exposé, que je m'efforcerai de limiter au strict nécessaire.

Le Gouvernement démocratique de la République italienne ainsi que le peuple italien tout entier avaient pleine confiance que, le jour où l'on aurait établi les conditions de la paix, on aurait tenu un juste compte des sacrificcs si gravcs, meme d'ordre économique, endurés par l'Italie pendant la cobélligérance et que, par conséquent, on n'aurait pas parlé de réparations ou tout au moins ccs dernières auraient été contenues dans des limites raisonnables.

D'ailleurs la renonciation aux réparations aurait été justifiée mème à un autre point de vue. L'ltalie s'est arrachée à l'emprise germanique bien avant la fin de la guerre et, de ce fait, a été cxposée à la cruelle vengeance des allemands. D'autres Pays, par contre, s'étant séparés de I'Allemagne beaucoup plus tard, ont apporté partant une plus faible contribution à la cause des Nations Unies. Or, il serait juste de tenir compte de cette différence.

Quand le peuple italien a appris qu'il devrait payer des réparations, sa désillusion profonde a été atténuée, tout d'abord à cause de sa certitude, confirmée par des nouvelles venues de toutes parts, que la somme imposée aurait oscillé au maximun entre 200 et 300 millions de dollars, somme gigantesque en comparaison avec ses capacités minimes de paiement, mais ccrtes bien loin du total astronomique réclamé.

La nouvelle de ces exigences dépassant toute imagination, à peine elle fut connue en Italie, a provoqué un désarroi général et a déjà exercé sur la situation économique et monétaire du Pays des répercussions que l'on ne saurait constater sans une anxieuse appréhension.

Il est des délégations qui, dans l'énoncé de leurs requètes, sont parties du principe que !es réparations devraient compenser tous !es dommages subis du fait de la guerre.

L'expérience de la première guerre mondiale et l'enseignement des économistes !es plus éminents ont prouvé de façon irréfutable que !es réparations trouvent une limite insurmontable dans la capacité de paiement du débiteur, quel que soit le montant des dommages que !es Pays vainqueurs ont subis. Cette vérité a été admise mème dans le projet de traité quand, à propos des réparations dues à l'U.R.S.S., on a fixé le principe que le paiement des réparations aurait Iieu: «de façon à ne pas entraver la reconstruction économique et financière de I'Italie».

Dans ces quelques mots on trouve contenue, peut-on dire, toute la théorie des réparations au point de vue économique et financier.

Mais au point de vue politique, le peuple italien s'attendait, et s'attend aujoud'hui encore à ce que le montant des réparations soit fixé au-dessous de cette limite maximum qui constitue la capacité de paiement de I'Italie, Pays pauvre s'il en fiìt. En effet il ne serait pas équitable d'accabler par des fardeaux trop lourds la reconstruction économique d'un Pays si durement éprouvé par la guerre.

La délégation italienne espère que ces considérations d'ordre général arrèteront l'attention de cette Commission, qui ne saurait manquer de comprendre jusqu'à quel point la détermination de conditions supportables pour l'économie italienne faciliterait la tàche ingrate de faire accepter au peuple italien un traité si dur.

Passant maintenant à un examen plus détaillé des demandes de réparations déjà présentées, je désire faire avant tout, au nom de la délégation italienne, quelques considerations qui, à première vue, peuvent sembler de pure forme, mais qui en réalité portent sur la substance mème des demandes de réparations soumises à la Conférence.

Le projet de traité de paix vise !es réparations à l'art. 64, tandis que les articles, qui vont de l'art. 65 à l'art. 74 (à l'exception de l'art. 72), visent les autres obligations de nature économique que l'on entend imposer à I'Italie.

L'art. 64 ne définit pas ce que l'on entend par réparations. Toutefois afin que cet artide ne fasse pas double emploi avec les articles suivants et d'après la signification désormais établie en droit international par !es traités qui mirent fin à la première guerre mondiale, on peut affirmer sans hésitation que par «réparations» il faut entendre une indemnité forfaitaire, imposée à un Pays vaincu par le Pays vainqueur, pour !es dommages, de quelque espèce que ce soit, qui lui ont été apportés pendant la guerre.

Le terme «réparations» contient clone implicitement un principe selon !eque! I'Etat demandeur doit indiquer !es dommages subis et la somme nécessaire à leur remboursement. Quant à la somme qui doit effectivement ètre payée, elle doit ensuite ètre établie en fonction de toutes les circonstances, aussi bien politiques camme la cobelligérance -qu'économiques -camme la capacité de paiement de I'Etat débiteur.

Ce sont là des principes qui ont été déjà adoptés au moment de la détermination des réparations dues à l'U.R.S.S., et il n'y a pas de doute que l'on ne doive suivre la meme méthode lorsqu'il s'agit d'établir des réparations dues aux autres Etats demandeurs.

Certains d'entre eux, comme la Grèce et la Y ougoslavie, par exemple, se sont conformés à ces principes et bien qu'il y ait de nombreuses observations à faire soit sur le montant des dommages que ces deux Pays affirment avoir subis du fait de la guerre avec l'Italie, soit sur !es indemnisations requises, on peut affirmer que leur requete s'inspire en ligne générale de la méthode suivie par le projet de traité de paix.

D'autres Etats au contraire l'ont entièrement rejetée et basant leurs exigences sur le combiné disposé par !es articles 64 et 69, c'est-à-dire partant du postulat erroné que !es réparations sont visées aussi bien dans le premier de ces articles que dans le second, ils ont préféré demander purement et simplement la confiscation, à titre de réparation, de tous !es biens italiens existant sur leur territoire, métropolitain ou colonia!. En outre ils n'ont ni indiqué ni justifié !es dommages subis et ils n'ont pas précisé le montant de l'indemnité demandée.

La délégation italienne a déjà fait parvenir au président de cette Commission un court aide-mémoire à meme de démontrer que de telles demandes sont basées sur une interprétation erronée de l'art. 69 et que la procédure découlant de cette interprétation soustrairait la Puissance demanderesse à tout contròle de la Conférence. Or, celle-ci est seule qualifiée pour établir soit le montant exact des réparations à attribuer à chaque Puissance, soit les modalités de paiement de ces memes réparations, afin de garantir d'une part un traitement égal à toutes !es Puissances créditrices et de sauvegarder d'autre part les légitimes intérets de la Puissance débitrice.

Te! est le cas, par exemple, des demandes présentées par la France et par le Brésil.

Toutefois la délégation italienne a pris connaissance des déclarations, faites notamment par !es représentants de la Grande Bretagne et de la France au sein de cette Commission et exprime sa gratitude pour l'intention de ces Gouvernements de vouloir tenir compte de très graves difficultés, dans lesquelles l'Italie se trouve. La délégation italienne remercie le Gouvernement anglais pour la modération, dont il a fait preuve en ce qui concerne la demande des réparations. Elle espère toutefois que !es Gouvernements britannique et français voudront prendre en considération l'importance, que !es biens italiens ont pour la collaboration économique entre leurs Pays réspectifs, en vue de rechercher sur une base différente les compensations que la Conférence pourra leur attribuer.

Le meme espoir, malgré !es dispositions récemment adoptées, la délégation italienne exprime en ce qui concerne le Brésil, avec !eque! l'Italie désire reprendre et développer, après la douloureuse parenthèse de la guerre, les relations économiques et l'amitié traditionnelle.

E n tout cas, la délégation italienne a p leine confiance que l' on reconnaìtra la justesse de son point de vue et que !es Puissances ayant formulé de telles demandes voudront bien préciser !es réparations demandées, et que, en les précisant elles donneront aussi la preuve de cette moderation et de cette compréhension qui doivent animer quiconque désire efficacement contribuer à la reconstruction économique mondiale.

Il y a ensuite d'autres Etats, avec lesquels l'Italie n'a pas été en guerre ou contre lesquels elle n'a effectué aucune opération militaire. Ces Etats n'ont pu subir que des dommages temporaires et relativement légers. Toutefois, au lieu_ d'exig~r des réparations dans le sens indiqué plus haut, ces Etats demandent une mde~m~ sation intégrale, y compris !es intérèts échus et mème la différence ~ntre !es pnx a J'époque du remboursement et !es prix à l'épo~ue du d~mmage sub1, pour tous le~ dommages qu'ils peuvent avoir subis par smte de fmts de guerre 1mputables a l'Italie. C'est le cas, par exemple, de la Belgique, du Mexique, et de la Hollande; cette dernière a adopté toutefois !es deux systèmes, celui des réparations et celui de

l'indemnisation.

De la sorte, les Pays demandeurs déplacent leurs demandes du terrain des réparations au terrain des indemnisations et échappent soit à l'évaluation forfaitaire des dommages, soit à la réduction inévitable des remboursements en fonction de la

capacité de paiement du débiteur. Ces éléments sont pourtant caractéristiques, nous l'avons vu, du concept de réparations.

La délégation italienne est de l'avis que toutes Ics demandes de réparations devraient ètre ramenées à un système unique, à savoir à celui qui a été établi par le projet du traité de paix et qui a déjà été appliqué à l'égard de l'U.R.S.S. Tous les Etats demandeurs devraient par conséquent préciser !es dommages qu'ils ont subis pour faits de guerre imputables à l'Italie, ils devraient en donner la justification et en préciser l'entité. Ensuite la Conférence devrait établir si ces demandes sont fondées en droit et dans quelles limites elles peuvent ètre accueillies. Cette procédure aurait l'effet de maintenir une certaine égalité de traitement entre Ics Puissances domanderesses et d'éviter que le montant totale de la somme à payer dépasse les limites que la Conférence jugera compatibles avec la capacité de paiement de l'Etat débiteur.

Les considérations précédentes sont bien loin, comme on le voit, d'ètre de

pure forme. Elles mettent en cause, au contraire, le fond mème de la question.

Aussi la délégation italienne est-elle persuadée que cette commission voudra bien

les examiner avec la plus grande attention et résoudre la susdite question confor

mément aux principes ci-dessus mentionnés.

Pour ce qui a trait à l'attitude prise par plusicurs Etats en matière de répara

tions. je dois déclarer avec la plus grande franchise que, si la Nation italienne n'est

pas restée insensible aux preuves de compréhension que lui ont données certaines

Puissances, elle a aussi été douloureusement surprise des demandes que d'autres

ont formulées.

Ce n'est pas le lieu ici d'examiner en détailla liste des dommages, destructions,

ruines que certains Etats ont présentées à la Conférence pour justifier les sommes

gigantesques qu'elles ont demandées à titre de réparation. Laissez-moi observer

cependant qu'il serait aisé de démontrer à quel point cela a été grossi et comment

on y a englobé non seulement Ics destructions et !es ruines inévitables qui sont la

triste rançon de toutes Ics guerres, mais aussi toutes sortes de dommages indirects

et, parfois. seulement hypothétiques, qui peuvent tout au plus rentrer dans le

concept d'indemnité de guerre, mais non certes dans celui de réparations.

On pourrait de mème démontrer l'énormité des évaluations, le choix arbitraire

des cours de change adoptés pour transformer Ics monnaies locales en dollars.

Mais surtout permettez-moi d'exprimer la stupéfaction de la délégation italienne

devant !es affirmations avancées par !es représentants de certains Etats, visant à

refuser toute valeur aux réalisations économiques qu'a effectuées I'Italie sur leurs

territoires (c'est là surtout le cas de I'Albanie et de I'Ethiopie). Des témoignages d'étrangers absolument impartiaux et des documents établis par _la Société des Nations elle-mème, prouvent de façon irréfutable la valeur économtq~e de ~'effort accompli par l'Italie; ils constituent le meilleur ,?ossi~r contr~ ~eux ~m e_ssment de déprécier l'apport du travail italien et refusent d m,~cn;e,au cre?tt de. l It~he, com~e contre-partie des réparations, tous les travaux d mteret pubhc executes aux frats

des contribuables italiens.

Sur la base des considérations exposées ci-dessus, I'Italie doit recommander que les demandes de réparations avancées par l'Ethiopie et par l'Albanie ne soient pas acceptées. Après la vaste documentation qu'elle a présentée, la délégation

italienne n'a pas besoin de démontrer ultérieurement que les travaux publics accomplis par l'Italie en Ethiopie et en Albanie -travaux que le projet de traité alloue gratuitement à ces Nations -constituent une compensation infiniment supérieure à toute demande raisonnable de réparations que ces Pays pourraient avancer à l'égard de I'Italie.

La délégation italienne tend surtout à collaborer de toutes ses forces à la

construction d'une paix durable et elle est fort loin de vouloir se retrancher derrière

des questions de droit strict. Toutefois en ce qui concerne l'Albanie et l'Ethiopie,

elle est bien obligée de faire remarquer, en passant, qu'une grande partie des

requètes présentées par ces deux Pays se réfèrent à des événements qui ont précédé

le contlit mondial et sont par conséquent étrangers à la matière qui entend régler le

présent traité.

Enfin, devant l'énormité des chiffres indiqués par les Pays demandeurs, la

délégation italienne ne peut que faire appel à la sagesse de la Commission écono

mique et au bon sens des Etats demandeurs, pour qu'ils se rendent compte de la

distance immense qui sépare ces chiffres de la capacité réelle de paiement de I'Italie.

Cette Commission connalt désormais parfaitement la vraie situation économique

et financière de I'Italie. Dès le mois d'avril dernier, le Gouvernement italien a fait

parvenir au Conseil des ministres des affaires étrangères de Paris un mémorandum

tout rempli de chiffres et de faits, afin d'illustrer franchement la situation réelle du

Pays. La délégation italienne a présenté à cette Conférence un nouveau memorandum,

où ces chiffres et ces faits se trouvent encore une fois confirmés. A son tour

I'U.N.R.R.A. a rédigé une relation tout à fait récente sur la situation italienne,

examinée par rapport à la nécessité des financements que les Pays étrangers devraient

accorderà I'Italie pour subvenir aux nécessités Ics plus élémentaires du peuple italien;

cc documcnt a été communiqué également par nos soins à cette Commission.

Une douloureuse vérité ressort de tous ces documents; l'ltalie ne peut payer

des réparations sans qu'il s'ensuive pour le peuple italien un dangereux abaissement

du niveau de vie, qui est déjà parmi !es plus bas du monde. La limite des sacrifices

qu'on peut imposer à un Pays si fortement peuplé et si dénué de ressources, est

bien restreinte et le problème des réparations ne peut ètre résolu qu'en tenant

compte de ces faits et de ces limites.

Les représentants des Pays créditeurs, et tout particulièrement le représentant

de la Yougoslavie, ont fait des efforts pour encourager I'Italie à payer, en essayant

de la persuader qu'elle se trouve dans des conditions économiques prospères.

Mais les arguments avancés sont bien trop fragiles et trop en contradiction

avec !es faits pour qu'il nous soit possible de les accepter. Il a été dit, par exemple,

que puisque I'Italie a dépensé au moins 20 à 25 milliards de dollars pour se préparer à la guerre, sans que cela ait nui à sa stabilité économique, elle peut bien payer maintenant une grosse somme au titre des réparations. Il est à peine nécessaire d'observer que cet argument pourrait très facilement se retourner contre la thèse ainsi soutenue.

On a affirmé que la capacité de production de l'industrie italienne des automobiles peut ètre évaluée à 150% au moins par rapport à l'avant-guerre et on est mème arrivé jusqu'à affirmer que toute l'industrie italienne connaìt actuellement une période de prospérité. Le fait est au contraire, que l'industrie des automobiles a actuellement une capacité de production qui atteint au maximum 60% de la production d'avant-guerre, surtout à cause des destructions qu'ont subies !es usines !es plus importantes. Les réparations, à elles seules, demanderont une longue période de temps.

Pour ce qui a trait à la reprise industrielle on ne comprend pas sur quelles données on a pu fonder la déclaration selon laquelle la production actuelle des industries italiennes a déjà surpassé !es exigences du marché intérieur, quand tous !es indices (entre autres, au premier pian, celui de l'approvisionnement en charbon) démontrent que la production générale est descendue en moyenne au-dessous de 50°1<) du niveau d'avant-guerre.

n est d'ailleurs douloureux de constater qu'en fait l'Italie a depuis plusieurs mois plus de deux millions et demi de chòmeurs et qu'on doit ajouter à ce nombre 500 mille autres qui jusqu'à présent ont été maintenus, quoique sans travail, dans !es fabriques en vertu d'une loi speciale. Ces trois millions d'ouvriers en chòmage représentent le sixième de la population active de l'Italie.

Certaines autres délégations (par exemple celle de la Grèce) toujours sur la base d'une évaluation des conditions économiques italiennes en contraste strident avec !es conditions réelles, arrivent à suggérer que l'Italie consacre au paiement des réparations quelques-uns des produits caractéristiques, qui sont à la base de ses exportations, tels que le soufre, !es agrumes, le mercure.

Il est pourtant évident que si ces produits étaient soustraits à l'exportation normale, le déficit de la balance des paiements s'accroitrait encore, si bien que l'Italie, en vue de combler le déficit prévu pour l'année 1947 et !es suivantes, n'aurait pas seulement besoin de 700 à 800 millions de dollars, mais de bien davantage.

Il s'ensuivrait de là que le poids des réparations retomberait sur le Pays ou !es

Pays qui ouvriront des crédits à l'Italie. Ces derniers auraient ainsi à supporter au

moins une partie du paiement des réparations italiennes.

Ce serait là un résultat non seulement en contradiction avec le principe mème

qu'établit l'article 64, relatif aux réparations dues par l'Italie à l'U.R.S.S., mais

aussi susceptible de neutraliser !es efforts généreux déployés jusqu'ici par !es Etats

Unis et par !es Puissances qui, par leur appui financier à l'U.N.R.R.A. ou sous

d'autres formes, ont contribué jusqu'ici à alléger !es souffrances du peuple italien.

Mais laissons de còté ces polémiques stériles. Le problème des réparations que

l'Italie sera appelée à payer ne peut ètre résolu si l'on prend en considération les

demandes d'un Etat donné, mais seulement si on considère celles de tous ]es Etats

qui prétendent avoir droit à des réparations. Il ne peut ètre résolu en comparant

les conditions économiques actuelles d'un quelconque des Etats créditeurs avec celles

de l'Italie, mais seulement en comparant !es conditions économiques actuelles de

l'Italie, pourtant si difficiles, avec celles qui résulteraient de l'application de tout

l'ensemble des clauses économiques prévues par le traité de paix.

C'~st sur cet aspect du problème à caractère général que j'ai le devoir d'attirer l'attent10n_ ~e cette Commission. La délégation italienne a déjà affirmé, et elle le confirme tct, que les réparations ne peuvent constituer un titre distinct venant s'aj?uter à la cession gratuite de valeurs importantes que ]es autres clauses du ~roJct de t~aité alloueraient à certaines Nations demandant le paiement des réparatlons. Or Sl le montant des réparations était fixé suivant les demandes de certains Pays et mème beaucoup au-dessous de ces demandes, le budget de l'Etat italien s'écroulerait et avec lui la mannaie et toute l'économie italienne. Il est évident que dans ce cas on ne saurait faire surgir de ces ruines ni Ics sommes établies sur le papier, ni mème des montants bien inférieurs.

Si aux sommes que l'an voudrait imposer à l'Italie à titre de réparations on ajoute d'autres charges découlant du traité, c'est-à-dire:

-Ics indemnités à correspondre à ses propres ressortissants pour Ics réquisitions pendant la période de cobelligérance et les fournitures de marchandises et services pn!tés aux Puissances alliées et associées;

-l'obligation de prendre à sa charge la mannaie d'occupation émise par !es autorités alliées; -Ics indemnités aux ressortissants des Nations Unies pour les dommages causés à leurs biens situés en ltalie;

-les sommes à payer à titre d'indemnité aux italiens propriétaires de biens situés sur le territoire des Puissances alliées ou associées pour la perte de ces biens par suite de l'application du traité; et d'autres charges encore, on arriverait à un total tellement élevé qu'il n'aurait aucun rapport avec les possibilités de l'économie italienne.

La situatian économique italienne se résume camme sui t:

-réduction d'au moins 45°/o de revenu national, avec toutes les conséquences qui en découlent notamment en ce qui concerne le niveau des salaires réels; -déficit de la balance des paiements calculé entre 750 et 950 millions de dollars par an; -déficit du budget de l'Etat: 350 milliards dc lires pour l'exercicc 1945-46, qui augmentera considérablement dans l'exercice en cours; -dette publique: passée de 146 milliards en 1939 à 1.200 milliards, dont plus de 850 milliards de dette flottante, à l'heure actuelle;

-dépenses de reconstruction nécessaires pour faire face aux besoins minimuros: 3.000 milliards de lires, somme correspondant à 6 fois la dépense totale annuelle du budget de l'Etat.

Les considérations que je viens d'exposer sont confirmées aussi par Ics enquètes qu'ont menées en ltalie des institutions internationales, telles que l'U.N.R.R.A. Nous croyons, non sans fondement, que Ics résultats de ces enquètes ont exercé une influence non négligeable sur l'attitude réaliste de certaines délégations. C'est en s'appuyant sur ces mèmes résultats que la délégation italienne se croit en droit de demander aux Puissances alliées et associées que leurs décisions s'inspirent des principes suivants:

a) Iimiter le droit à recevoir des réparations aux Pays qui ont subi des dommages directs, effectifs et importans du fait d'opérations militaires effectuées par I'Italie;

h) ne pas accepter les demandes de réparations avancées par !es Pays dont la mise en valeur économique a été faite par I'Italie dans une mesure qui peut bien compenser Ics dommages éventuellement subis;

c) éliminer la possibilité que Ics clauses économiques du traité, différentes de celles visées par l'art. 64, reçoivent une interprétation et une application telles que !es obligations limitées qui y sont prévues se transforment finalement en un paiement de réparations;

d) fixer clairement pour chaque Pays la somme des réparations à laquelle il a droit, en limitant le total de façon à ne pas compromettre la restauration de l'économie italienne; ce chiffre limite ne devrait pas dépasser le total de 200 à 300 millions de dollars, indiqué déjà par Ics principales Puissances comme étant le maximum que l'économie italienne pourrait supporter;

e) fixer d'une façon précise pour chaque Pays Ics modalités de paiement, en donnant la préférence au paiement sous forme de produits, forme considérée à juste titre comme la moins dangereuse pour l'économie italienne, bien entendu à condition que Ics matières premières nécessaires soient fournies au prealable à I'Italie;

f) échelonner convenablement !es paiements et surtout concéder à I'Italie un moratoire d'au moins cinq ans, afin d'éviter que le paiement des réparations coincide avec la période la plus difficile de la reconstruction du Pays et vienne par conséquent en entraver le développement.

L'exposé que Vous venez d'entendre est fondé sur la connaissance de la situation économique italienne, dont Ics données essentielles ne peuvent ètre modifiées par aucun moyen technique ou juridique. La délégation italienne adresse un appel à la modération de la Commission économique de la Conférence, afin que, dans sa compétence, elle apporte Ics amendements nécessaires aux clauses du projet de traité, qui, si elles devaient ètre appliquées telles quelles, causeraient les plus grands dommages à I'Italie, sans apporter aux Nations Unies aucun avantage appréciable, et afin que le problème des réparations soit résolu dans un esprit de compréhension et en tenant compte des precautions techniques indiquées.

Elle rappelle aussi encore une fois l'effort considerable, mème économique,

fourni par I'Italie, pendant la longue période de cobelligérance.

La solution dcs problèmes économiques, autant que celle des problèmes politi

ques, est indispensable afin d'assurer dans l'avenir la collaboration pacifique des

Nations.

Le peuple italien ne conteste ni sa responsabilité dans la politique du passé ni ses devoirs de l'heure présente. Il demande toutefois qu'on ne lui impose pas des charges qui compromettraient d'une façon irréparable sa stabilité économique et qui, par là, ne manqueraient pas d'avoir des répercussions sur la situation économique européenne. Il demande, au contraire, qu'un traité de paix équitable lui consente de prendre un part active au redressement économique général, à défaut duquel la création d'un ordre international nouveau serait impossible.

294

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI,

AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

T. 13934/139. Roma, 11 settembre 1946, ore 22.

Riferimento suoi telegrammi l Ol e l 04 1•

Con riserva di ulteriori istruzioni 2 pregasi far presente codesto Governo che da parte nostra si fa ogni riserva circa misure decretate da codesto Ministero affari esteri e si ritiene responsabile Governo bulgaro per relative conseguenze.

295

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE3 . Parigi, 12 settembre 1946, [mattina].

Bonomi: Prega il comm. Cattani di esporre il suo punto di vista in merito alla linea di condotta da seguire nei confronti dei problemi albanese e etiopico.

Cattani: Era proposito della delegazione far fare per l'Albania e l'Etiopia una dichiarazione verbale di carattere generale in sede di Commissione politica. Nei due memorandum relativi a questi problemi 4 i problemi politici sono stati peraltro già rapidamente esauriti nel senso che l'Italia esprime il proprio desiderio di ristabilire fra quei due Paesi buone relazioni e solleva riserve di carattere essenzialmente economico. Sarebbe quindi forse più opportuno che la dichiarazione anziché venir presentata in sede di Commissione politica lo fosse in sede di Commissione economica.

Soragna: Si chiede se in tale sede sarà possibile ancora risollevare il problema e se si presenteranno ancora occasioni favorevoli.

Quaroni: Dubita che in tema di Albania e Etiopia si venga a una specifica discussione. Per il momento i dibattiti al Lussemburgo danno l'impressione che si vogliano accelerare i tempi al massimo.

Bonomi: Propone che tanto la Commissione politica quanto quella economica vengano da noi interessate sul problema.

l Vedi D. 262.

2 Vedi D. 300.

3 Il verbale precisa che sono presenti: «on. Bonomi. ambasciatori Soragna, Tarchiani, Quaroni,

Martini, on. Arpesani, comm. Cerulli, comm. Benzoni, comm. Di Nola, ing. De Cornè, dott. Canali.

Segretario: comm. Lanza». In effetti è presente anche il dott. Cattani.

4 Vedi Foreign Relations of the United States, 1946, vol. IV, cit., pp. 149-155.

Soragna: Propone che Cattani e Cerulli preparino un progetto di dichiarazione impostato sulla questione degli interessi italiani e lo inviino successivamente alle due Commissioni.

Tarchiani: Si dichiara disposto a recarsi al caso ad esporre il punto di vista in materia alla Conferenza.

Di Nola: Ritiene che tutti gli argomenti che si potevano usare tanto in sede politica che economica siano già stati esposti negli emendamenti e nulla di nuovo ci sia da dire. L'argomento è politico ed economico nel tempo stesso e sarà bene fare attenzione affinché le due Commissioni lo trattino contemperando gli argomenti di reciproca competenza.

Bonomi: Approva la proposta di far preparare un progetto di dichiarazione che verrà esaminato in una prossima seduta nella quale si giudicherà se sia il caso di avanzare domanda di essere ascoltati. Prega Cerulli di riesaminare la questione coloniale.

Cerulli: La poslZlone va esaminata sotto due punti di vista: l) la nostra eventuale presentazione e discussione alla Commissione politica; 2) la nostra azione da svolgere prima della seduta della commissione anzidetta. Incomincia dal secondo punto. L'Italia si presenta alla Conferenza non per discutere il problema coloniale in sé ma per discutere in sede di procedura l'articolo che propone il rinvio della questione stessa. Noi facciamo due riserve: a) che il rinvio sia puro e semplice senza implicare la rinunzia alla sovranità su territori coloniali; b) i territori coloniali che si trovano ora occupati e amministrati dall'Inghilterra e quindi in un regime non conforme alle disposizioni di convenzione internazionale ritornino, in attesa della loro decisione definitiva, sotto la legislazione italiana. Ciò è tanto più importante in quanto il rinvio della decisione, prolungando l'amministrazione straniera, le darebbe una maggiore apparenza di giuridicità. Praticamente ci siamo limitati a chiedere una parte équitable nella amministrazione di quei territori. Di fronte a quali posizioni veniamo a trovarci? L'America ha dichiarato che è pronta a ritirare la clausola della rinunzia alla sovranità se gli altri saranno d'accordo. Francia e Russia hanno proposto il ritorno puro e semplice dei territori coloniali dell'Italia sotto mandato. Il problema principale è e rimane sempre quello dell'atteggiamento inglese. In proposito gli esperti britannici hanno detto a Cerulli che considerano ormai il problema come una questione tecnico-giuridica. Essi si chiedono se il fatto che in un trattato venga affermato che la sorte delle nostre colonie verrà decisa fra un anno, possa avere l'effetto giuridico di impegnare l'Italia ad accettare la decisione finale. Circa la nostra eventuale partecipazione all'amministrazione dei territori coloniali, gli esperti britannici non hanno escluso di poterei dare soddisfazione in relazione però ad eventuali necessità di fatto locali. Per quanto concerne l'atteggiamento delle altre Potenze, il SudAfrica ci è favorevole per ragioni di politica interna, sostenendo essi che siamo i soli a poter esercitare in Africa una funzione equilibratrice fra bianchi e uomini di colore. L'India nell'insieme ci è pure favorevole se si eccettui il problema della Cirenaica. Il gruppo slavo ci è favorevole dato l'atteggiamento favorevole della Russia. L'Etiopia, che chiedeva la restituzione dell'Eritrea e della Somalia, dopo le pressioni esercitate dal SudAfrica ha ritirato le rivendicazioni

sulla Somalia. In questa situazione e prima delle nostre dichiarazioni occorre sondare a fondo l'Inghilterra per rendersi chiaro conto delle sue intenzioni in merito ai problemi della rinuncia alla sovranità e della partecipazione nostra all'amministrazione. In pari tempo occorre assicurarsi che non sopravvengano mutamenti nell'atteggiamento favorevole delle altre Potenze.

Bonomi: Sul problema della partecipazione all'amministrazione pare dunque più facile ottenere un qualche risultato politico. La questione della rinuncia alla sovranità ha invece un rilievo molto più vasto. Ci si chiede una rinunzia in bianco a qualsiasi rivendicazione. Bisogna ottenere ad ogni costo che la clausola venga tolta. Una soluzione possibile sarebbe quella di proporre una clausola per cui la questione delle colonie venga rinviata di un anno e l'Italia dichiari di accettare fin da ora la futura decisione. Con ciò la rinunzia formale è scartata e con essa l'esplicita spoliazione totale di ogni diritto. È importante fra l'altro in questo momento mantenere un vincolo sia pure formale di sovranità su quei territori.

Cerulli: Si chiede se una nostra proposta del genere, che costituirebbe un passo verso la tesi inglese, non susciterebbe reazioni sfavorevoli da parte russa e alla fine potremmo trovarci di fronte ad un maggior numero di avversari. Tolta questa eccezione, in linea di massima concorda sulla opportunità della formula proposta dal presidente Bonomi.

Quaroni: Evitare la rinunzia permette per lo meno di sperare nell'avvenire e anche all'interno la nuova formula farebbe una migliore impressione.

Bonomi: Propone che si sondino francesi e americani per vedere se mantengano immutato il loro atteggiamento e si continui a trattare con l'Inghilterra per comprendere se si accontenterebbero della formula che egli ha proposto.

Quaroni: Desidera chiarire la posizione dei russi nei confronti della questione coloniale. Recentemente, da parte di Potenze del gruppo slavo ci è stata avanzata una proposta così concepita: l'Italia accetti l'emendamento bielorusso per Trieste e il gruppo slavo si impegna a sostenere a fondo l'Italia nella questione coloniale. È evidente che nessun governo italiano potrebbe mettersi su questa via. I russi sarebbero peraltro disposti ancora ad appoggiarci nella questione coloniale e anche senza tale accettazione, alla condizione però che l'Italia apertamente si impegni nei confronti della Russia chiedendo formalmente la sua protezione ed il suo aiuto nella questione coloniale. Una nostra domanda avanzata a quattr'occhi non ha alcun valore. Essi vogliono una manifestazione pubblica da poter sbandierare in un comunicato alla loro stampa. Siamo noi disposti a seguirli? In caso contrario è inutile compiere qualunque ulteriore passo presso i russi e limitarsi a cercare di comprendere fino a qual punto essi siano interessati a dare noia all'Inghilterra. La misura dell'appoggio sovietico è data dunque dalla nostra capacità di compromesso e non si dimentichi d'altra parte che gli inglesi stanno attualmente nelle nostre colonie e certamente i russi non sono disposti a mandarvi degli eserciti per mandarli via.

Cerulli: In questa situazione l'elemento determinante appare l'Inghilterra e importante è di agire presso di loro. Dal punto di vista pratico si incarichi l'ambasciatore Carandini, accompagnato da Cerulli, di compiere i passi politici del caso.

Bonomi: Approva la proposta.

Cerulli: Ritiene che oltre agli inglesi bisognerebbe parlare anche ai francesi e ai russi avvisandoli per lo meno dei contatti in corso.

Benzoni: Ha appreso che gli americani starebbero studiando una formula identica a quella proposta dal presidente Bonomi.

Tarchiani: Andrà a sondare gli americani in proposito. Qualora effettivamente essi abbiano delle intenzioni è meglio per noi astenersi dall'agire ed accettare successivamente la formula in questione.

Soragna: Propone che la dichiarazione venga letta dal presidente Bonomi.

Quaroni: Esamina il testo delle dichiarazioni ed osserva che occorrerebbe in esse affermare più chiaramente che non chiediamo la restituzione delle colonie come tali, ma aspiriamo all'onore di ricondurre le popolazioni di quei territori verso la loro indipendenza. In secondo luogo bisognerebbe dare meno spazio alla parte relativa all'importanza dei territori coloniali per la nostra emigrazione dato che ciò non può fare buona impressione sulle popolazioni arabe.

Bonomi: Dispone perciò che Tarchiani e Cerulli esaminino i testi del discorso e propongano le correzioni. Accenna alle pubblicazioni avvenute da parte di taluni giornali di supposte cifre di riparazione che avremmo accettato di pagare all'Egitto e chiede se non sia il caso di precisare la cifra. Dopo breve discussione si decide di non fare precisazioni salvo in eventuali conversazioni private. Propone che si passi ora ad esaminare il problema delle riparazioni.

Martini: Ha compiuto dei passi presso la delegazione brasiliana per avere precisazioni in merito alla notizia comunicata da Roma circa sequestri di beni italiani da parte del Governo di Rio. Secondo quanto dice la delegazione brasiliana il decreto si riferirebbe soltanto a beni patrimoniali dello Stato. Il lato grave della questione è che il Brasile non ha precisato la propria richiesta di riparazioni. La delegazione sembra tuttavia disposta a trattare la cosa su un piano generale di accordi e domani dovrebbero presentare delle proposte in merito.

Di Nola: La legge brasiliana attribuisce al Governo il diritto di sequestrare e vendere beni nemici. Il Governo italiano ha protestato sostenendo la tesi che è ammissibile il sequestro ma non ammissibile la vendita. I brasiliani hanno dato all'art. 69 una interpretazione intensiva e una anticipazione che non risponde affatto allo spirito delle riparazioni. La tesi del Governo italiano avanzata e sostenuta dalla delegazione è che l'art. 64 è il solo che tratti delle riparazioni, che pertanto qualunque Paese ne richieda debba rivolgersi alla Conferenza indicando i danni subiti e la cifra richiesta. Nessuna richiesta di riparazioni deve quindi essere avanzata in base all'art. 69 come hanno fatto alcuni Paesi. Conviene quindi alla delegazone italiana di rimanere ferma per il momento sulla posizione assunta sperando che il buon fondamento di essa prevalga.

Bonomi: Ritiene che Martini debba insistere su questo punto di vista, e che la nostra delegazione si difenda in base ai nostri memorandum e al discorso Tarchiani.

Di Nola: Si può ancora far presente che il Brasile è l'unico Paese che abbia chiesto riparazioni mediante l'incameramento dei beni italiani senza indicare la cifra dei danni subiti.

Bonomi: Si passi ora a parlare delle riparazioni francesi.

Di Nola: Illustra le richieste francesi.

Bonomi: Chiede se nulla vi sia di nuovo in merito alla questione delle garanzie idroelettriche.

Arpesani: Parla della riunione svoltasi in sua presenza con Couve de Murville e i tecnici francesi. I francesi si sono mostrati intransigenti e non hanno ammesso che le proprietà degli impianti potessero rimanere agli italiani, nemmeno per un limitato numero di anni come era stato richiesto. Couve si è riservato di riesaminare tutta la questione dal lato politico. I colloqui continueranno nei prossimi giorni. Sono in vista discussioni circa un accordo per un consorzio italo-francese di sfruttamento delle risorse idroelettriche.

De Cornè: Accenna alle questioni discusse recentemente con tecnici ferroviari francesi in merito alla restituzione di carri ferroviari e alla linea Cuneo-Ventimiglia. È apparso chiaro che i francesi non vogliono rinnovare gli accordi per l'esercizio della linea né ricostruirla dato che è soltanto interesse prevalentemente italiano.

296

IL GENERALE TREZZANI ALLA COMMISSIONE MILITARE

DISCORSO. Parigi, I 2 settembre 1946, ore 10.

Le 20 aoùt dernier la délégation italienne présentait au Secrétariat général de la Conférence de la paix un mémorandum concernant le point de vue de l'Italie sur certaines clauses militaires du projet de traité de paix.

Ne voulant point abuser de votre temps je m'abstiens de revenir aujourd'hui sur chacune des observations contenues dans ce document et je vais me limiter à souligner !es deux principes fondamentaux auxquels il s'inspire.

Le premier point sur !eque! j'attire V otre bienveillante attention est le suivant:

En dépit du changement radica! de régime, d'une longue période de cobelligérance et de sa sincère volonté de paix, l'Italie est considérée comme un Etat agresseur ayant perdu la guerre.

Le peuple italien se rend si parfaitement compte de cc fait, qu'il n'a rien à objecter à celles des clauses militaires du traité, tout supertlues qu'elles soient, qui visent à mettre l'Italie dans l'impossibilité de rénouveler une agression ou de troubler la paix générale.

Mais, de mèmc que d'une part nous sommes prèts à reconna'ìtre ce point de vue des autres Nations, d'autre part nous ne réussissons pas à comprendre pour quelles raisons on veut òter à I'Italie toute possibilité de se défendre. Le droit de légitime défense est garanti à toute Nation faisant partie de l'O.N.U. et l'Italie d'après !es termes mèmes du préambule du traité, juge qu'elle pourra ètre admise dans cette organisation. Je dirai plus, une Italie hors d'état de se défendre ne pourrait que représenter un danger permanent de trouble entre !es Nations riveraines de la Méditerranée ou qui voient dans cette mer un facteur vita! pour leurs intérèts. Par conséquant une Italie pacifiée et à mème de sauvegarder son indépendance constitue un élément de sécurité et de tranquillité pour toutes !es Nations européennes.

C'est dans cet esprit que je Vous prie de bien vouloir examiner avec un intérèt bienveillant ce qui est exposé dans notre mémorandum au sujet de la démilitarisation de certaines zones le long de nos frontières terrestres et maritimes. Les limitations fixées par !es articles 40 à 43 sont encore aggravées par l'art. 44 qui ~s'il ne devait pas ètre modifié ~ meterait pratiquement l'ltalie dans l'impossibilité de faire face, en aucune manière, à des débarquements eventuels ou à des attaques aériennes.

Enfin je viens à rappeler la nécessité de permettre à l'Italie de disposer d'une réserve de matériel ~ fùt-elle mème limitée pour !es forces armées terrestres et aériennes, à fin que le potentiel militaire ne descende pas à un niveau encore inférieur à celui qu'établissent !es clauses, pourtant si sévères, du projet de traité.

Il est hors de doute que, mème si Vous faites bon accueil à ces requètes, l'ltalie sera bien loin de posséder le minimum de force défensive indispensable pour qu'elle puisse se considérer vraiment une Nation souveraine et indépendante.

Le second point, dont l'importance est pour nous fondamentale, est le suivant:

L'art. 39 du projet de traité prévoit la révision des clauses militares sans toutefois fixer aucun délai précis, ce qui, du point de vue juridique, rend cette clause inefficace.

A notre avis l'art. 39 devrait ètre complété par la fixation d'un délai bien défini. Cette rectification aurait sans doute une répercussion particulièrement favorable sur le peuple italien, qui se verrait ainsi soulagé d'une peine grave et injuste en raison de sa durée indéterminée.

Enfin, pour ce qui concerne !es questions navales, encore plus complexes pour bien des motifs, je Vous prie de bien vouloir écouter avec bienveillance ce que le commandant Giuriati va Vous exposer au nom de l'admiral De Courten, che d'Etat-Major de la marine italienne, qu'un grave accident d'automobile a malheureusement mis dans l'impossibilité de se présenter aujourd'hui devant Vous.

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IL GENERALE CAT ALLA COMMISSIONE MILITARE

DISCORSO. Parigi, 12 settembre 1946.

Pour l' Aéronatique Militaire, je n'ai pas beaucoup de choses à ajouter à ce que vous a synthétiquement exposé le Chef d'Etat-Major Général. Notre point de vue a été exposé dans un mémorandum, dès le mois d'avril dernier. Il tend à maintenir en vie seulement !es escadrilles qui, après le 8 septembre

1943, ont combattu aux còtés des escadrilles alliées et se sont distinguées par leur brillante activité dans les Balkans, au point de mériter les mentions et les eloges des plus hautes autorités politiques et militaires, telles que MM. Roosevelt, Truman, Churchill, et Tito.

En considération d'une telle activité les Alliées ont jugé d'ailleurs utile d'équiper une bonne partie de ces escadrilles avec du matériel de voi allié quand le matériel italien, réparé et conservé en état de fonctionnement au prix d'efforts exceptionnels, commençait à céder, aggravant démesurement le risque des équipages et le travail des spécialistes, sans diminuer toutefois le moins du monde l'élan des pilotes et l'intensité des opérations de guerre qu'on leur avait confiées.

Le Traité de paix nous permet de garder un nombre d'avions assez proche de celui que nous avions demandé, mais il établit des restrictions qui empèchent la réalisation de notre désir, fondé essentiellement, je dirais mème exclusivement, sur des raisons morales, disciplinaires et d'ordre intérieur.

Sur votre requète nous avons présenté des observations, parmi lesquelles figurent des considérations d'ordre technique et organique dont l'évidence est indiscutable pour tout expert en matière. Il est trop certain, en effet, qu'une quantité donnée d'avions ne saurait ètre maintenue en ligne si elle n'est flanquée de réserves appropriées, qu'il s'agisse de l'entrainement norma! en temps de paix, ou, surtout, de la moindre action de défense.

Vous n'y trouverez pas, au contraire, les raisons d'ordre mora!, car nous les avons omises de nos documents officiels. Mais puisque vous avez eu la courtoisie de nous inviter à exposer franchement et librement notre point de vue, j'ai le devoir de vous rappeler l'effort surhumain accompli par les aviateurs italiens. Tous les spectateurs sereins et objectifs ont été émus par l'abnégation et la ferme volonté avec lesquelles nos hommes, las, accablés, sans espoir ont su, malgré des conditions de vie extrèmement pénibles au point de vue mora! aussi bien que matériel, affronter et surmonter des difficultés des amertumes et des périls, qui pesaient non seulement sur eux, mais encore, chose bien plus grave, sur leurs familles exposées aux représailles des nazis.

Si le problème dcs réserves ne pouvait ètre résolu dans le sens que nous demandons, certaines escadrilles devraient ètre dissoutes et une partie du personnel qui a pourtant bien mérité de la cause commune, c'est-à-dire de la guerre avec !es Alliées, devrait ètre congédié à un moment où le chòmage grandissant rend presque impossible l'accès à toute activité civile.

Un nouveau coup, bien dur, s'ajouterait à ceux déjà reçus, sans faute de leur part, par des hommes qui seraient poussés au désespoir, provoquant peut-ètre de nouvelles agitations, de nouveaux désordres qu'il serait pourtant dans l'intérèt de tous, italiens ou non, d'éviter ou tout au moins de réduire au minimum.

Personne ne peut songer sérieusement qu'une centaine d'appareils de réserve en plus puissent constituer une ménace pour nos voisins, d'autant plus qu'il s'agit de moyens purement défensifs et notoirement insuffisants à une protection organique et solide de nos 8.500 km de còtes et de nos frontières terrestres, ouvertes à tous et complètement dégarnies.

Cette augmentation minime, au contraire, contribuerait à résoudre un problème critique d'ordre intérieur et, en mème temps à relever le mora! du personnel qui constaterait ainsi de façon tangible la compréhension et l'objectivité réelle de la

Conférence de la paix à l'égard de notre Pays de nos institutions les plus saines; de notre avenir enfin.

Voilà, Messieurs les délégués, ce que j'avais le devoir de vous exposer, en dehors de toute considération technique et militaire, pour faire appel à ce sentiment d'humaine compréhension qui devrait se trouver à la base de toute reconstruction pacifique durable.

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IL COMANDANTE GIURIATI ALLA COMMISSIONE MILITARE

DISCORSO. Parigi, 12 settembre 1946.

Les mémorandums italiens d'avril 1946 et d'aoùt 1946, relatifs à la Marine militaire italienne, ont été distribués à toutes les délégations. Ils exposent en détail le point de vue de l'Italie sur Ies trois problèmes fondamentaux que le Traité se propose de résoudre, à savoir:

-le statut de la flotte italienne, qui en fixe la consistance (art. 47) et en règle le développement (art. 50);

-le statut du personnel de la Marine italienne (art. 51);

-le sort des navires en excédent, en service, en construction ou coulés (art. 48-49).

Avant d'exposer les motifs qui ont conseillé à I'Italie de proposer un certain nombre d'amendements aux clauses navales du projet de Traité de paix et avant d'illustrer le sens et la portée de ces amendements, je voudrais attirer encore une fois I'attention de la Commission sur un point qui, de l'avis du Gouvernement italien, est indispensable si l'on veut poser correctement le problème dans son ensemble.

Il s'agit de l'interpretation à donner au caractère actuel de la flotte italienne. En d'autres termes, la flotte italienne peut-elle et doit-elle ètre considérée butin de guerre?

On sait bien que, au moment de l'armistice, la flotte italienne a respecté, de la façon la plus loyale et la plus stricte, au prix de pertes considérables en hommes et en matériel, les termes fixés par le «court armistice» et par le document de Québec. Ces documents disaient aux marins italiens: transférez vos navires dans le ports contròlés par !es Alliés, détruisez ceux qui ne sont pas en état d'appareiller, faites en sorte qu'aucun élément de force militaire ne tombe entre les mains des Allemands; si vous agirez de la sorte et si vos navires contribueront à la victoire contre l'allemagne, les clauses de l'armistice seront graduellement modifiées en faveur de I'Italie, dans la mesure de l'aide que vous aurez fournie.

On peut aisément s'imaginer l'influence déterminante exercée sur les équipages par ces promesses qui signifiaient: L'avenir est entre vos mains, de vos actions va dépendre l'attitude future des Alliés à votre égard et à l'égard de votre Patrie.

Vous n'etes pas sans ignorer non plus que la preuve de discipline donnée le 9 septembre 1943 par la flotte italienne fut telle qu'aucune réelle mesure de sécurité ne fut prise à son égard: quatre jours ne s'étaient pas encore écoulés que le Commandant en Chef des Forces navales alliées dans la Méditerranée demandait déjà la collaboration active de navires de guerre italiens, collaboration qui lui était immédiatement accordée.

Cette collaboration, sanctionnée officiellement par un accord entre le Commandant en Chef allié de la Mediterranée et le Ministère italien de la Marine, n'a fait que se développer au fur et à mesure, aussi bien en extension qu'en confiance, jusqu'à s'étendre en définitive à toute la flotte italienne sur toutes !es mers. La collaboration navale, appuyée par la déclaration de guerre à l' Allemagne, d'où découla la cobelligérance, et par la déclaration de guerre au Japon, fut établie sur une base parfaitement honorable pour la marine italienne et n'a jamais donné lieu à la moindre friction ni au plus petit incident. Les hommes de mer anglais peuvent en rendre témoignage.

Aujourd'hui encore, à trois ans de distance, après vingt mois de guerre aux còtés des marines alliées, nos navires poursuivent leut tàche, sur un pied d'égalité morale absolue, sous leur propre pavillon, avec laurs Commandants et leurs équipagés propresl sous le haut commandement du Commandant en chef des forces navales de la Méditerranée.

Eh bien, aujourd'hui, on voudrait dire à ces équipages et au peuple italien, qui a toujours suivi sa marine au cours de ce dur labeur parce qu'il y a vu l'exemple de la loyauté, de la discipline et du sentiment de l'honneur: «Tout est changé, à partir de ce moment vos navires deviennent butin de guerre, ils sont considérés, par ceux-là mèmes aux cotés desquels vous avez lutté, au mème titre que le matériel de guerre que l'on trouve abandonné sur le champ de bataille par un ennemi en fuite».

Comment !es marins italiens et avec eux tout le peuple italien dont ils constituent l'orgueil, pourront-ils comprendre tout cela? Les équipages des cuirassés auxquels on a dit de maintenir leurs unités en ordre parfait pour le cas où elles puurraient servir à la cause commune et qui l'ont fait dans des conditions de vie !es plus dures? Les équipages des croiseurs qui, pendant quelques mois en 1943 et en 1944, ont opéré dans l' Atlantique du sud con tre les corsaìres allemands à còté de croiseurs anglais, américains, français? Les équipages des torpilleurs qui ont escorté 80 millions des tonnes de navires marchands, dans des convois alliés confiés à leur complète protection? Les équipages des sous-marins qui ont donné leur contribution, fort appréciée, à l'effort de guerre Allié à Malte, Haifa, Alexandrie, Gibraltar, Aden, Colombo, Bermudes, et à Guantanamo?

Les équipages des vedettes qui en Adriatique et dans la Mer Tyrrhénienne ont opéré dans !es contitions les plus périlleuses? Les hommes de bàtiments d'assaut qui ont accompli des actions audacieuses cote à cote avec leurs camarades britanniques?

Il est claire qu'un te! changement de directives ne pourrait pas ne pas provoquer un profond dérarroi fort justifié, que nous voudrions absolument éviter.

Pourra-t-on nous objecter que l'expression «butin de guerre» n'est pas employée textuellement dans le projet. Mais quelle autre signification est-il possible d'attribuer à la proposition de partager la flotte italienne en deux tranches, l'une desquelles, qui comprend quelques-uns de nos plus beaux navires, devrait ètre mise à la disposition des quatre Grandes Puissances pour une répartition successive, à laquelle l'Italie demeurerait totalement étrangère? Que l'on cherche à se mettre dans l'état d'esprit du personnel de la flotte italienne et à apprécier avec une sereine objectivité, j'oserais dire, avec un esprit chevaleresque, !es considérations que je viens de vous exposer. Je crois que vous ne pourrez arriver qu'à une seule conclusion: la flotte italienne ne peut ni ne doit, à aucun point de vue, ètre traitée comme butin de guerre. Pour cette raison l'Italie a affirmé son droit mora! à disposer de sa flotte qui a coopéré dans la guerre con tre l'Allemagne.

Pourra-t-on dire que la formule, telle qu'elle a été énoncée dans I'alinéa l de l'article 48, permet de donner, sans discussion, des compensations aux marines qui ont subi des pertes à cause de la marine italienne.

Mais cette formule contraste évidemment avec l'accord stipulé avec l'amiral Cunningham où il est déclaré, de façon explicite, que le remplacement éventuel de pertes encourues par !es Alliés à la suite des opérations italiennes serait déterminé «moyennant des négociations, entre !es Gouvernements». Or, de telles négociations, veuillez le croire, l'Italie est prete à !es entamer dans un esprit très large de compréhension et de justice; elle considère toutefois que I'excédent de navires pourrait aussi etre utilisé pour compenser, ne serait-ce qu'en partie, la grave pénurie en matières premières, nécessaires à sa reconstruction économique.

Les principes dont s'inspire l'amendement que nous proposons pour l'art. 48 so n t partant !es suivants:

I -engagement, de la part de l'Italie, à entrer au plus tòt en pourparlers avec !es pays intéressés pour déterminer !es compensations des pertes navales subies à la suite d'actions italiennes en utilisant une partie de l'excédent de la flotte; une Commission à mème d'offrir !es meilleures garanties serait prévue pour prendre une décision définitive dans le cas où il ne serait pas possible d'arriverà un accord;

II -livraison des navires ci-dessus dans leurs conditions actuelles, sauf accords spéciaux pour réparations éventuelles et pour la fourniture de pièces de rechange ou de matériel de réserve;

III -démolition des navires en excédent, non remis à titre de conpensations, afin de procurer du matériel à la reconstruction civile.

En réalité l'artide 47 fixe, de façon provisoire, le statut de la flotte italienne. Je dis de façon provisoire, parce que ce statut dépend visiblement: d'une part, de la consistance actuelle de la flotte italienne, telle qu'elle est sortie de la guerre; d'autre part, des dispositions de l'art. 48 prévoyant un éxcédent en vue de fins déterminées. Il faut aussi observer que l'art. 39 prévoit la possibilité de modifications futures à ce statut. Toutefois, mème dans de telles conditions, il est nécessaire que l'on donne à la flotte italienne une structure autant que possible équilibrée, de telle sorte qu'elle puisse satisfaire à un minimum d'exigences techniques et organiques.

L'annexe 4A du projet de Traité prouve que ce principe n'a été nullement tenu en ligne de compte. Quels sont !es arguments qui, à notre point de vue, mériteraient d'ètre soumis de nouveau à votre attention? Je désire vous !es exposer et vous !es illustrer brièvement.

En premier lieu le nombre des unités de guerre laissées à l'Italie. Dans son mémorandum présenté au mois d'avril 1946, après avoir exposé la situation de fait qui rend onéreux le problème de la légitime défense (longueur et vulnerabilité des còtes ~situation géographique des bassins maritimes, touchant la défense maritime de la péninsule, et de ses bases navales ~ volume et caractéristiques du trafic maritime etc.) l'ltalie avait exposé son intention de réduire sa propre flotte défensive (non compris les cuirassés, !es vedettes lance-torpilles et les dragueurs de mines) à environ 100.000 tonnes, ainsi subdivisées:

croiseurs 8 (tonnes. 48.625,-) destroyers 9 ( » 15.077,-) torpilleurs 18 ( » 14.769,-) corvettes 20 ( » 12.450,-) sous-marins 8 ( » 6.650,-)

Le projet de Traité réduit la consistance des navires de ces classes à 58.000 tonnes, ai n si réparties:

cr01seurs 4 (tonnes. 27.697,-) destroyers 4 ( » 6.589,-) torpilleurs 16 ( )) 11.329,-) corvettes 20 ( » 12.450,-) sous-marins aucun.

Si vous tenez compte des conditions actuelles, bien connues, où se trouvent \es navires italiens, usés par une \ongue période d'activité intense, ce qui nous met dans l'impossibilité de compter sur plus de 2/3 de navires en service, vous ne pourrez manquer de trouver justifiée la légère augmentation suivante:

croiseurs de 4 à 6 (tonnes 37.894,-) destroyers de 4 à 8 ( )) 13.509,-) torpilleurs de 16 à 12 ( )) 9.382,-)

La réduction du nombre des torpilleurs de 16 à 12 compense numériquement l'augmentation dans le nombre des destroyers. Quant aux deux croiseurs demandés en plus, il s'agit de deux unités du type «Regolo», englobées nominalement dans la classe des croiseurs, car leur déplacement et leurs caractéristiques devraient les faire ranger plutòt dans la catégorie des contre-torpilleurs d'escadre.

Sur ce point je voudrais encore faire remarquer que la méthode de choix des navires de ces classes ne suit pas un criterium organique d'homogénéité (inclusion du «Cadorna» et du «Da Recco») et surtout ne tient pas compte des limites d'àge. On a englobé en effet, surtout parmi les torpilleurs, des unités qui sont aver age, non seulement sur la base des définitions jusqu'ici en vigueur selon !es traités navales du récent passé, mais meme sur la base des déterminations de limites d'àge adoptés dans le projet de Traité. De la sorte on attribuerait à l'Italie, sous l'apparence de «navires de combat», des unités qui, par leur àge, ne sauraient etre absolument plus considérées comme telles; il suffirait de deburquer leur armement pour qu'elles cessent d'etre considérées matériel de guerre.

La liste 4A du projet ne comprend aucun sous-marin. Nous n'avons pas l'intention de soulever ici la question toujours débattue si les sous-marins doivent etre considérés comme arme défensive ou comme arme offensive. Deux seules considérations doivent etre mises en évidence. Une totale abolition des sous-marins, prévue uniquement pour l'Ita\ie, n'apparaìt pas équitable. En tout cas l'argument fondamenta! de \'entraìnement des chasseurs de sous-marins conserve toute sa valeur. Il ne paraìt pas admissible que d'une part on attribue des chausseurs à I'Italie, justement parce que toutes !es marines conservent leurs sous-marins, et que d'autre part ces unités ne soient pas mises en condition de bien remplir leur tàche. Exposée comme elle l'est aux attaques contre un trafic maritime indispensable à son existence, l'Italie doit-elle rester sans défense contre d'éventuelles actions de sous-marins? L'Italie est de l'avis que, mème en ligne provisoire, une telle contraddiction devrait ètre éliminées dans le traité, en lui laissant au moins quatre de ses sous-marins.

Il y a, en outre, une omission qui ne paraìt pas ètre dans l'esprit du projet de Traité: l'abolition totale d es vedettes lance-torpilles. Il n'y a pas de doute en effe t qu'il s'agit de moyens essentiellement défensifs: il suffit de penserà leur autonomie limitée, à leurs qualités nautiques et d'endurance, pour en déduire que ces unités sont étroitement liées à leurs bases. Comment l'Italie pourrait-elle défendre 8.500 km de còtes sans disposer d'un certain nombre de petites unités? D'autant plus qu'il s'agit de moyens économiques qui se prètent excellemment à rendre plus facile pour l'Italie le problème de sa défense sans grever d'un poids trop lourd son budget déjà à bout. On pourrait d'ailleurs concevoir des limites dans leur déplacement (porté dans Ics définitions à 200 t.) et, le cas échéant, à leur autonomie: mais il ne semble pas possible que l'on puisse refuser à l'Italie le droit de disposer d'un certain n ombre d'unités de ce type: aussi demandons-nous, sur la base des disponibilités actuelles, 12 MS et 12 MAS.

En ligne subordonnée nous voudrions rappeler que ce mème droit a été reconnu à d'autres pays (par exemple la Finlande, la Roumanie, la Bulgarie) qui, au point de vue des nécessités de la défense, se trouvent dans des conditions bien plus favorables que l'ltalie.

En résumant !es considérations exposées ci-dessus, la composition de la flotte italicnne (grandes et petites unités de guerre) deviendrait la suivante:

Cuirassés 2 (tonnes 47.244,-) Croiseurs 6 ( » 37.894,-) Destroyers 8 ( » 13.509,-) Torpilleurs 12 ( )) 9.382,-) Corvettes 20 ( )) 12.450,-) Sous-marins 4 ( )) 2.700,-) MS et MAS 24 ( )) 960,-) Mouilleur de mines défensif l ( )) 530,-) Dragueurs de mines 30 ( » 3.742,-) Vedettes-dragueurs de mines 14 ( » 840,-)

Total des navires de combat: 82.007,-tonnes.

L'Italie demeure toujours convaincue que le chiffre de l 00.000 tonnes est celui qui correspond le mieux à ses exigences minimums de défense; elle pense en tout cas que le chiffre de 82.000 t. intégré par !es variantes proposées du point de vue qualitatif puisse représenter un compromis équitable entre la requète initiale et la chiffre de 67.500 tonnes assigné par le projet de traité.

Je voudrais enfin attirer votre attention sur la question des navires au ziliaires. Aucun traité n'a, jusqu'ici, fixé l'attribution des navires de ce genre. En effet il s'agit là d'unités qui, par suite de leurs caractéristiques, ne constituent pas des

éléments de force et peuvent aussi satisfaire aux nécessités civiles d'autres Ministères

(Intérieur, Finances, Travaux publics, Marine marchande, etc.). Le principe nou

veau, introduit dans ce projet, non seulement nuirait à notre organisation militaire

maritime, mais il entraverait aussi !es possibilités, pourtant déjà escomptées, d'utili

ser une partie des unités en excédent des nécessités de la flotte pour des services de

caractère civil, étroitement liés à notre reconstruction économique.

Je ne veux pas alourdir mon exposé par un examen détaillé de la situation

actuelle en ce qui concerne !es différentes dasses des navires auxiliaires, !es nécessités

de la marine surtout à l'égard des bateaux-citernes et des remorqueurs, !es circons

tances particulières qui nous conseillent d'insister dans nos requètes de certains navires

auxiliaires spéciaux. Je suis de l'avis qu'il faudrait revenir au principe d'exdure

complètement !es navires auxiliaires des dauses du traité de paix, et il faudrait

englober dans cette definition de navires auxiliaires aussi !es dragueurs de mines; car

ces unités, étant donné leurs caractéristiques, ne peuvent ètre définies comme des

unités de combat mème pas aux termes de l' Annexe 5A du Projet de Traité.

En condusion, l'amendement proposé pour le texte de l'artide 47 est purement

forme!, !es propositions de modifications substantielles ne portant en définitive que

sur l'Annexe 4A (et, par conséquent, sur l'Annexe AB). Mais j'espère de vous

avoir convaincus que !es modestes modifications demandées dans l'attribution des

grandes et petites unités de guerre, corrispondent à une appréciation objective et

sereine des nécessités défensives de l'Italie.

L'autre artide du projet de Traité de paix qui influence la structure de la flotte italienne est l'artide 50. L'ltalie pense qu'une connexion entre !es clauses militaires du Traité et !es principes fondamentaux de l'O.N.U. n'est pas seulement opportune, mais indispensable. Cette connexion est établie en partie par l'art. 39 et le Mémorandum relatif aux dauses militaires expose par ailleurs !es modifications qu'il serait utile d'apporter à l'art. 39 dans cet ordre d'idées. Mais une mention analogue devrait se trouver aussi dans l'art. 50 à propos des types d'unités dont la construction serait interdite à l'Italie, de façon à mettre en relation ces restrictions avec le problème général de la réglementation des armements à effectuer dans le cadre de l'O.N.U.

Voilà le point fondamenta) de l'amendement proposé par l'Italie, Toutes !es autres modifications de détail ne sont que !es conséquences des variantes proposées pour l'artide 47.

L'artide 49 du projet de Traité contient !es dispositions relatives aux unités en construction ou aux unités coulées dans les ports et dans !es eaux de l'Italie. A cet égard on doit remarquer l'absurdité, au point de vue économique, d'imposer à une Nation pauvre et détruite comme l'Italie un gaspillage si énorme de matières récupérables. On demande par conséquent, qu'au lieu d'ètre coulées, !es unités destinées à la destruction soient démolies et que le matériel ainsi récupéré puisse ètre utilisé aux fins de la reconstruction nationale.

Songez que le bloc le plus important des unités actuellement à flot destinées à ètre coulées est constitué par environ 30 sous-marins; nous ne pouvons concevoir quels motifs particuliers pourraient rendre indispensable la perte par sabordement de ces unités quand il serait si facile d'établir par traité une forme sùre de controle qui permette d'en constater la démolition effective. En tout cas il est necéssaire de considérer l'énorme valeur du matériel que pourrait récupérer l'Italie selon cette seconde forme de démolition.

On demande aussi de rectifier certains délais établis pour !es destructions afin

de !es harmoniser aux réelles possibilités actuelles.

L'artide 51 limite à 22.500 hommes !es effectifs permis à la marine italienne, non compris le personnel de l'aéronautique navale. Dans nos mémorandums nous avons déjà mis en évidence l'insuffisance de ce chiffre, aussi bien en ce qui concerne la flotte (mème dans !es limites prévues par le projet actuel de Traité) qu'en ce qui concerne surtout !es services à terre, y comprise la défense còtière.

La marine italienne avait calculé ses nécessités sur la base de 40.000 hommes environ; dans son mémorandum d'aoùt 1946, elle avait communiqué qu'il serait possible d'effectuer une certaine réduction en conséquence des clauses du projet. Ce calcul a donné une diminution possible d'environ 12,5% par rapport à la requète primitive, ce qui donnerait 35.000 hommes. C'est ce chiffre que nous avons indiqué dans l'amendement et que nous pourrions réaliser dans le délai unique de six mois après l'entrée en vigueur du Traité.

Nous sommes prèts à présenter toutes !es données techniques nécessaires qui peuvent justifier cette requète.

A ce propos nous ferons remarquer que toute comparaison avec le personnel permis aux autres marines est nettement à notre désavantage. Comme on l'a déjà fait observer, il s'agit de nations où la défense còtière présente des exigences extrèmement inférieures à celles de l'ltalie. La Bulgarie obtient 7.250 tonnes de navires et 3.500 hommes, ce qui correspond à 0,48 hommes par tonnes; la Finlande l 0.000 tonnes et 4.500 hommes, so i t 0,45 hommes par ton ne; la Roumanie

15.000 tonnes et 5.000 hommes, soit 0,33 hommes par tonne. Quant à l'ltalie le pourcentage descend à 0,14 hommes par tonne, sur la base de 157.000 tonnes et

22.500 hommes par tonne, sur la base de 157.000 tonnes et 22.500 hommes d'après le projet de Traité.

Si on appliquait les mèmes pourcentages que ci-dessus à l'Italie, elle aurait droit à un personnel compris entre 50.000 et 72.000 hommes. Or notre requète se limite à 35.000 hommes avec un pourcentage de 0,23 hommes seulement par tonne.

Depuis la chute du fascisme, j'ai dirigé la marine italienne et j'ai eu tàche de la guider au milieu d'événements graves et difficiles.

l'ai la conscience de lui avoir demandé et d'eu avoir obtenu toute l'abnégation possible pour le bien supérieur de la Patrie ainsi qu'une loyauté absolue: !es témoignages des Alliés ont été pour la marine et pour moi-mème un grand réconfort; ils ont fortifié dans notre esprit la sensation vive que, le jour de la paix venu, Jes alliés tiendraient un juste compte de l'attitude suivie par la marine italienne et de sa contribution à la cause commune. Nous voici aujourd'hui à la reddition des comptes, le projet de Traité que l'on nous a mis devant les yeux déçoit dans ses clauses navales et blesse profondément la marine italienne comme le peuple italien tout entier. Je crois avoir montré, ne fùt-ce que d'une façon sommaire, ]es motifs de ces sentiments.

Peut-ètre notre interprétation des pactes signés avec l'Italie peut-elle ètre mise en discussion du point de vue strictement juridique. Mais les Alliés savent bien que la Marine comme le peuple italien les ont toujours ouvertement et publiquement interprétés comme un engagement mora] d'une valeur et d'une portée bien plus grandes, que sur eux s'est basée notre Joyale collaboration durant trois ans, que, finalement, pendant toute la période de la cobelligérance active cette interprétation italienne n'a jamais été démentie.

Voilà pourquoi le projet de Traité, sous sa forme actuelle, serait forcément

interprété par la Marine et le peuple italien comme une méconnaissance des pro

messes qu'on leur avait faites.

Quand je vous dis que, dans votre sensibilité militaire, vous ne pouvez pas accueillir

le principe juridique qui a été admis dans l'établissement des clauses navales du projet

de Traité, je défends la Marine à laquelle j'ai l'honneur d'appartenir, mais je défends

aussi la conception méme de l'honneur militaire qui est vòtre tout autant que nòtre.

L'Australie avait proposé un amendement à l'art. 48 qui devait relier directement et logiquement le problème de la réduction des armements actuels de l'ltalie au problème de la réduction générale des armements, cet amendement semblait véritablement approprié aux fins que devrait poursuivre un Traité de paix, mais le fait que cet amendement a été repoussé laisse perplexe, je ne saurais le taire, sur l'esprit réel dans lequel ont été conçues les clauses navales du projet.

Les requétes italiennes sont animées d'un esprit d'accord et de compréhension, elles sont calculées au plus bas de façon à sauvegarder un minimum d'exigences défensives. Tout en évitant à la Marine italienne des sacrifices trop durs du point de vue mora!, elles ouvriraient la voie, si elles étaient admises, à une solution du problème dans la mème atmosphère loyalement acceptable qui avait inspiré l'accord conclu avec l'amiral Cunningham, accord gràce auquel on a pu obtenir des résultats si satisfaisants dans le domaine de la collaboration pendant 20 mois de guerre.

Ces résultats prouvent à l'évidence que l'appréciation et le respect des valeurs spirituelles créent les meilleures bases pour cet avenir meilleur vers lequel nous tendons sincèrement dans le cadre d'une entente amicale entre nations amies de la paix.

299

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO E DELL'ING. DALMA CON IL CAPO DELLA DELEGAZIONE DELLA NUOVA ZELANDA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, MASON

ÀPPUNT01 . Parigi (Hotel Chdteau Frontenac), 12 settembre 1946, ore 14,45-16,15.

Il sig. Mason comincia coll'affermare che indubbiamente c'è cattivo sangue nella regione tra italiani e slavi. Egli ritiene che questo sia dovuto agli italiani, ma solo al sistema e non al popolo. Inoltre si tratta di cose del passato; ora occorre invece guardare al futuro.

Per quanto riguarda il problema giuliano stesso, Mason dichiara che le documentazioni italiane sono molto più oggettive e comprensibili, mentre è molto difficile parlare cogli jugoslavi, i quali sono in uno stato di continua eccitazione passionale e non vogliono riconoscere neppure fatti evidenti.

Riguardo la frontiera intorno a Gorizia, riconosce che non è ideale, ma dice che è ben difficile di farne una migliore. Sulla scorta della pianta della città, riconosce tuttavia la necessità di piccole correzioni, per le quali, secondo lui, si

1 Trasmesso con Telespr. d. 343 di Lanza del 13 settembre.

potrà fidarsi del buon senso dei Quattro Grandi. Richiesto perché abbia votato a favore della mozione cecoslovacca per una sottocommissione per Gorizia, egli disse che, pur essendo anche in questo punto in simpatia con noi, egli è sempre in favore a lasciare che la gente dica quel che ha sul cuore.

Quanto allo statuto del territorio internazionale di Trieste, egli ritiene che non debba essere improntato a una forma così detta democratica, che in questo caso non sarebbe altro che una fonte di continue liti. Ritiene invece che il potere centrale debba essere forte per garantire una vita normale. Quanto al così detto corridoio fra Trieste e l'Italia, dato che si tratta di pochi e sparsi sloveni, la cui nazionalità non è nemmeno bene definita, e dato i motivi di carattere generale, è in favore del mantenimento della contiguità territoriale dell'Italia. Quanto all'allargamento di questo territorio verso il sud, fino a Pola compresa, egli si associa in pieno alla mozione sudafricana.

Richiesto sulla sua opinione riguardo alla domanda italiana di plebiscito, dice che vi si oppongono varie ragioni. In primo luogo sarebbe difficile di delimitare le zone in modo conveniente. In secondo luogo il plebiscito automaticamente sopprimerebbe il Territorio Libero di Trieste, perché si riferirebbe a una frontiera diretta italo-jugoslava. Ora il Territorio Libero di Trieste è un fatto acquisito, sul quale è difficile tornare, tanto più che sul porto di Trieste convergono grandissimi interessi di altri Paesi. Infine la linea etnica è ormai ben nota a tutti e risulta dalle indagini degli esperti, nelle quali egli pone la massima fiducia. Particolarmente egli ha fiducia nel sig. Waldock, esperto inglese che non è certo uomo da lasciarsi ingannare. Mason accoglie invece il nostro suggerimento per un plebiscito parziale nella zona compresa tra la linea inglese e francese per l'adesione al Territorio Libero. Richiesto da noi di presentare un emendamento sussidiario in tale senso per il caso di insuccesso dell'emendamento sudafricano, egli dice di essere favorevole, ma deve ancora vagliare la cosa.

Prende egli stesso l'iniziativa per fare un calcolo sulle probabilità di un successo dell'emendamento sudafricano. Dall'analisi dei votanti risulta la possibilità di ottenere una maggioranza ristrettissima anche nel caso dell'astensione belga, benché un voto favorevole belga sarebbe importante, come pure quello dell'Etiopia e dell'India. Personalmente è sicuro dei voti suo, australiano, olandese e sudafricano.

Ci ha assicurato ripetute volte che era in piena simpatia colla nostra tesi e coll'Italia in genere.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI,

AL MINISTRO A SOFIA, MAMELI

T. 13991/140. Roma, 12 settembre 1946, ore 19.

Suo 2111 1 e mio telegramma n. 139 2•

Nostre riserve e proteste debbono essere fondate su seguenti argomenti:

l) questione liquidazione nostri beni è tuttora sub judice a Parigi;

1 Si tratta di un rapporto di Mameli che non è stato rinvenuto. 2 Vedi D. 294.

2) art. 69 progetto trattato esclude esplicitamente beni cittadini italiani autorizzati risiedere Bulgaria o altri Stati facenti parte Nazioni Unite;

3) trattamento cui sarebbero costì sottoposti nostri cittadini sarebbe eguale quello cui furono assoggettati cittadini tedeschi. Ciò contrasta con nostra cobelligeranza e con spirito e lettera progetto trattato che di essa tiene conto.

Sono altresì giuste sue osservazioni di cui lettera c) e d). Sollevi quindi protesta e ogni più ampia riserva tanto presso Governo bulgaro quanto presso codesta Commissione controllo. Nessuna denuncia dovrà comunque essere presentata da personale in servizio presso legazione scuole istituti di cultura 1 .

301

COLLOQUIO DELL'ON. BETTIOL CON IL VICE DIRETTORE DELL'UFFICIO AFFARI EUROPEI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DI FRANCIA, WOLFROM

APPUNT02 . Parigi, 12 settembre 1946, sera.

l. Wolfrom per quanto riguarda la richiesta del plebiscito avanzata dall'Italia è del parere che si tratti di una mossa sbagliata e pericolosa per gli interessi italiani perché se il plebiscito dovesse venire accordato esso dovrebbe estendersi a tutta la Venezia Giulia considerata in blocco e non divisa a zone. Sarebbe assai difficile vincere il punto di vista russo il quale sempre a proposito del plebiscito è contrario a dividere la regione in zone distinte.

2. -Wolfrom ha sottolineato la forte impressione lasciata sull'uditorio dal discorso del delegato jugoslavo Bebler quando questi sosteneva l'emendamento jugoslavo reclamante Gorizia. 3. -Il delegato francese ritiene opportuno che il Governo italiano sia nuovamente sentito su tutti i problemi relativi alla frontiera orientale per poter controbattere le argomentazioni jugoslave. 4. -Il delegato francese non nega l'opportunità che gli argomenti di Bebler relativi all'inclusione di Gorizia nel territorio jugoslavo siano contraddetti in un breve memoriale da presentare alla Conferenza. 5. -Wolfrom ha detto che la Francia ha votato per l'idea di costituire una sottocommissione per il riesame del problema goriziano ma che in seno a tale commissione avrebbe pur tuttavia difeso la linea segnata dai Quattro Grandi. 6. -Wolfrom ha detto che l'Italia deve essere pronta al sacrificio deii'Istria meridionale e non insistere per la città di Pola pur riconoscendo che si tratta di

1 Per la risposta vedi D. 321. 2 Trasmesso con Tclespr. d. 344 di Lanza del 13 settembre.

una città italiana. L'assegnazione deli'Istria meridionale alla Jugoslavia risponde a un principio di giustizia.

7. Per quanto riguarda lo statuto di Trieste il delegato francese non ha negato la possibilità di venire incontro ad alcuni suggerimenti slavi.

302

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A PARIGI

FoN. s.N.D. 14171 /s.N. Roma, 12 settembre 1946, ore 22.

Ringrazio ti tuo rapporto arrivato stamane 1• Sono altamente colpito dal tono e tenore di un telegramma di Volgger e Guggenberg trasmesso per telefono da Parigi 2 , mentre informazioni Soragna erano tranquillanti. Se trattasi veramente di un telegramma autentico non so come si possa conversare con loro. Tu ricordi chiarissimamente che non volli a nessun patto che si precisasse la delimitazione territoriale e che l'ultimo testo fu da me ammesso solo coll'esplicita dichiarazione che esso lasciava indeciso se il potere autonomo venisse garantito in un territorio a maggioranza tedesca o in una sezione di una circoscrizione territoriale più ampia. Harvey mi ha fatto dire che riconosceva la nostra piena buona fede: del resto tu ricordi il tenore dei colloqui e il significato della parola frame che abbiamo tradotto quadro. Puoi in ogni caso rilevare che altoatesini verranno consultati e informati che a Trento è in corso dimostrazione contro eventuale autonomia soltanto tedesca. Inutile dirti che ogni tentativo di forzare il senso della convenzione contro l'esplicito accordo intervenuto, Io metterebbe in pericolo.

303

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. RISERVATO PER CORRIERE 16080/0137. Parigi, 12 settembre 1946 (per. il 15).

Mio telegramma n. I123 3 .

Decisione circa riunione dei Quattro fine ottobre a New Y ork ed importanza mondiale degli argomenti che vi saranno trattati, fra cui quello dell'assetto della Germania, potrebbero avere anche su affari che ci riguardano possibilità di influenze di cui è bene fin da oggi tenere debito conto.

1 Si riferisce ad una lettera scritta gli da Carandini il l O settembre, con allegato un promemoria sui vari momenti della trattativa italo-austriaca. È in Archivio Carandini, busta IO. Non si pubblica perché è solo un parziale riassunto dei documenti in argomento pubblicati nei numeri precedenti.

2 Il testo del telegramma fu telefonato a Roma alle 12 e poi spedito per corriere: vedi D. 304.

3 Vedi D. 281.

Discussione su Germania sarà condotta infatti da parte dei Quattro teoricamente dopo, ma in sostanza parallelamente e comunque nella stessa sede, della discussione finale su trattati pace Italia ed altri «satelliti» che avrebbe invece, secondo progetto originario, dovuto essere ultimata a Parigi contemporaneamente Conferenza Ventuno.

Non è quindi da escludere interesse sovietico reinserire aspetti ancora modificabili dei predetti trattati nel negoziato generale sui problemi germanici ai quali potrà facilmente venirsi ad aggiungere questione degli Stretti; negoziato che si annuncia particolarmente serrato e che per il suo carattere di preminenza potrebbe, nel gioco del dare e prendere, condurre ad ulteriori cedimenti su questioni che ci riguardano ed in particolare quella giuliana.

Sotto questo aspetto, di fronte improbabilità ottenere qualsiasi miglioramento a nostro favore nei confronti risoluzione 3 luglio relativa confini italo-jugoslavi e Territorio Libero, possiamo essere indotti a concludere che, compiuto ormai ultimo gesto con richiesta plebiscito, un consolidamento di tale risoluzione, per quanto deprecabile sotto tanti punti di vista, possa d'altra parte mettere situazione triestina meglio al riparo dal pericolo di divenire ancora una volta oggetto di scambi e compromessi imprevedibili presi sotto la pressione che gli jugoslavi continueranno ad esercitare attraverso la Russia.

È quindi, sotto questo angolo visuale, non senza serie riserve che si potrebbe oggi continuare a nutrire speranza che assetto triestino rimanga fluido e che il tempo lavori ancora a nostro favore.

Manifestazioni varie degli jugoslavi, accentuatesi in questi ultimi giorni e fiancheggiate anche da qualche contemporanea manifestazione russa (per quanto arginate queste ultime da impegno mantenere fronte unico dei Quattro), lasciano chiaramente intendere loro intenzione di avvalersi, per ulteriori vantaggi circa confini e statuto Trieste, di ogni prossima e futura contingenza internazionale. E ciò, non solo per il caso che questione non fosse ancora giuridicamente conchiusa al momento in cui tali contingenze si verificassero -penso, come prima occasione, alla riunione di New Y ork -ma persino per il caso che l'accordo sulla questione giuliana fosse stato a Parigi completamente raggiunto.

Farò seguito con qualche precisazione al riguardo.

304

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 16079/0138. Parigi, 12 settembre 1946 (per. il 15) 1 .

I «rappresentanti plenipotenziari del Sud Tirolo» a Parigi, con lettera a firma Otto von Guggenberg e Friedl Volgger, hanno fatto pervenire in tedesco la seguente comunicazione indirizzata al presidente De Gasperi:

1 Telefonato il 12 mattina.

«Sentiamo di dover esprimere il pm vivo stupore per la dichiarazione da lei fatta alla conferenza stampa del 7 settembre nel senso che la questione della delimitazione del territorio autonomo del Sud Tirolo nella stipulazione dell'accordo itala-austriaco del 5 settembre sarebbe rimasta aperta. Qualora una tale affermazione fosse confermata si dovrà contare sulla protesta ufficiale e sulla più energica reazione nel Sud Tirolo».

Il signor Schmid della delegazione austriaca mi aveva già fatto presente nei giorni scorsi come la dichiarazione del presidente De Gasperi, alla quale si riferisce il messaggio di cui sopra, avesse provocato forte disappunto fra gli elementi alto atesini qui presenti. Analogo passo gli austriaci hanno compiuto presso la delegazione inglese che, in via confidenziale, ce ne ha dato notizia con l'amichevole suggerimento di evitare possibilmente dichiarazioni che, pur senza alterare la sostanza dell'accordo, potessero mettere il ministro Gruber maggiormente in imbarazzo di fronte alla opinione pubblica austriaca e tirolese. Ho opportunamente rassicurato, in base comunicazione telefonica del presidente stesso, sia austriaci che inglesi, i quali ultimi non perdono occasione di rallegrarsi dell'accordo.

Ho ritenuto oggi opportuno mostrare confidenzialmente al signor Schmid la comunicazione degli alto-atesini. A suo dire, i cosiddetti rappresentanti del Sud Tirolo avevano deciso di inviare tale messaggio, che egli ritiene abbastanza moderato, solo dopo che la delegazione austriaca era riuscita a convincerli a desistere da forme più clamorose di protesta.

305

COLLOQUIO DELL'ON. ARPESANI CON IL CONSIGLIERE DELLA DELEGAZIONE DI JUGOSLAVIA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, URBAN

VERBALE 1 . Parigi. 13 settembre 1946, ore 12-13.

Il prof. Urban, membro della delegazione jugoslava, il quale aveva partecipato all'ultima conversazione intervenuta all'Hotel Plaza fra il ministro Bebler, l'ambasciatore Quaroni e l'on. Arpesani 2 , ha pregato stamane alle 8 Arpesani

l Allegati a questo verbale ci sono nel fascicolo due documenti: il primo è un foglietto scritto a mano, intitolato «Istruzioni di De Gasperi», e dice: «Varie e vaghe per quanto concerne i singoli articoli. Porre la pregiudiziale che non potremmo discutere lo statuto se non venisse accolta l'estensione del Territorio Libero sino a Pola e confermata Gorizia all'Italia>>. Il secondo documento, che reca l'indicazione «dal presidente a Casardi, 14 settembre», è dattiloscritto e dice: «Urban-Arpcsani. l) Completa autonomia del Territorio per quanto riguarda amministrazione interna: 2) garanzie d'indipendenza da stabilirsi dall'O.N.U.; 3) unione doganale con tutte e due: 4) amministrazione del porto con due direttori uno slavo ed uno italiano. Pregiudiziale territoriale: Pola al Territorio Libero, Gorizia all'Italia».

2 Vedi D. 280.

378 di recarsi al Lussemburgo alle 12 per una importante comunicazione che gli doveva fare.

Nel colloquio, svoltosi fra le 12 e le 13, Urban ha fatto noto ad Arpesani che la delegazione jugoslava proponeva, in sede di discussione dello statuto di Trieste davanti alla Commissione, che prima che la questione fosse devoluta alla sotto commissione vi fosse una discussione fra delegazione jugoslava e delegazione italiana intesa a trovare e stabilire un accordo diretto fra i due Paesi, eliminando altri interventi. Urban ha insistito sul fatto che la delegazione jugoslava si rendeva conto che la questione dello statuto riguarda unicamente Italia e Jugoslavia ed inoltre ha messo in rilievo che sarebbe un grande successo politico per entrambi i Paesi il fatto di poter annunciare che un accordo bilaterale si era potuto raggiungere. Ha pertanto proposto che entro la sera di oggi 13 ci fosse un convegno fra Bebler e Urban da un lato e delegati italiani forniti di poteri che consentissero di discutere e definire almeno un accordo di massima che valesse a sottrarre il problema all'esame della sottocommissione.

Arpesani ha obiettato che vi erano difficoltà per questo incontro determinate non da alcuna volontà contraria a conversazioni dirette e anche, se consoni agli interessi che devono essere tutelati, ad accordi di massima, ma determinate dal fatto dell'assenza a Roma del presidente De Gasperi e di altri membri della delegazione. Inoltre ha fatto presente il fatto che talune decisioni dovevano essere prese in sede di Governo e anche di Assemblea costituente prima di poter essere tradotte in un protocollo. Ha aggiunto che dovevano essere altresì definite questioni di ordine territoriale che erano ancora in discussione.

Urban ha replicato facendo presente che nella discussione che la delegazione jugoslava proponeva non doveva entrare che l'esame dello statuto di Trieste e della zona libera, senza che si toccasse l'argomento delle frontiere né dell'ampiezza del territorio triestino.

I punti che il prof. Urban ha proposto come base di discussione relativamente allo statuto di Trieste possono essere riassunti come segue:

l) Il territorio sarebbe neutralizzato e demilitarizzato e tutte le forze armate straniere dovrebbero partire entro trenta giorni dalla firma d'accordo (polizia civile da ricostituirsi come esclusivamente triestina e non più sotto controllo alleato).

2) Sovranità del Territorio Libero doppia: italiana e jugoslava. In conseguenza due governatori: italiano e jugoslavo con eguali diritti.

3) Protezione suprema sarebbe quella del Consiglio di sicurezza dell'O.N.U.

4) II Territorio Libero si governerebbe e amministrerebbe da solo. Avrebbe un piccolo Parlamento eletto con elezioni dirette a suffragio universale. Il Governo sarebbe responsabile davanti all'Assemblea.

5) La cittadinanza del Territorio Libero di Trieste l'avrebbero tutti gli abitanti di questa zona residenti su questo territorio al lO giugno 1940 e ancora oggi residenti (si potrebbe discutere per chi si è allontanato e potrebbe far domanda per acquistare la cittadinanza). Eccezion fatta dei fascisti preminenti di entrambe le nazionalità e di quegli impiegati italiani venuti dopo il 1922 come strumento politico del regime fascista (si dovrebbe procedere a discriminazione con commissione mista).

6) Clausole economiche: si prevede il collegamento stretto della città di Trieste con l'economia jugoslava (nel senso che l'economia dell'hinterland jugoslavo e centro europeo possa affluire sulla economia triestina e che Trieste divenga il centro di collegamento delle due economie, italiana e jugoslava che si devono accordare). Si prevede una unione doganale e monetaria colla Jugoslavia (da discutere analogo trattamento per l'Italia).

7) I due governatori nominerebbero, appena nominati essi stessi (dai due governi) un governo provvisorio composto dai rappresentanti dei partiti democratici del territorio di Trieste (specie di C.L.N.). Questo governo provvisorio dopo un periodo di tre mesi farebbe le elezioni per governo regolare.

306

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO E DELL'ING. DALMA

CON LA DELEGAZIONE DELL'INDIA

ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO

APPUNT0 1 . Parigi (Hotel Royal Monceau), 13 settembre 1946, ore 15-16.

Il sig. Pai chiede scusa a nome del capo della delegazione, Sir Samuel Runganadhan, perché impedito da altro impegno a riceverei. I signori desiderano informazioni sulla genesi storica degli insediamenti etnici misti, italo-jugoslavi, nella Venezia Giulia, e sul motivo della loro distribuzione diseguale. Inoltre, a proposito di un eventuale plebiscito, chiedono le modalità, le eventuali zone, ecc. Poi, se sia il caso di far votare anche gli abitanti venuti dopo la conclusione del Trattato di Rapallo, a proposito del quale essi si esprimono in modo negativo. Si dichiarano poi scettici sulla possibilità di chiedere la evacuazione del territorio da parte delle truppe jugoslave «vittoriose» prima della firma del trattato, pur ammettendo che il plebiscito dovrebbe avvenire sotto controllo internazionale. Infine, per quanto si riferisce ad un plebiscito circoscritto, riguardante solo la zona fra la linea francese e quella inglese, obiettano che gli jugoslavi potrebbero allora contrapporre una richiesta di plebiscito nel cosiddetto «corridoio» fra Monfalcone e Trieste, al che viene loro risposto che i termini non sono contrapponibili, poiché non si chiederebbe l'aggregazione dell'Istria sud-occidentale all'Italia, bensì al territorio internazionale di cui fa parte anche il corridoio stesso. Promettono che avrebbero studiato con la massima diligenza e simpatia il problema e che avrebbero senz'altro votato per l'emendamento sudafricano, se un esame spassionato ne avesse dimostrata l'equità.

1 Trasmesso con Telespr. d. 361 di Lanza del 14 settembre.

307

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

R. 1923/1054. Mosca, 13 settembre 1946 (per. il 21).

Come ho telegrafato a V.E. 1 il discorso di Byrnes a Stoccarda non è piaciuto a Mosca. Leggendo infatti il giorno dopo il testo integrale inviatomi da questa ambasciata degli Stati Uniti, la cosa non mi ha stupito, perché ho visto che Byrnes ha toccato tutti i numerosi e complessi problemi tedeschi indicando senza sottintesi le soluzioni che gli americani vi vogliono dare, soluzioni che sono, quasi sempre, in netto contrasto con le idee sovietiche.

E la stampa russa, e per essa il Governo, non ha mancato di reagire come suoi fare quando vuoi mostrare il suo malcontento. Prima ha subito stroncato il discorso di Byrnes pubblicandone un brevissimo riassunto, in cui accenna ai soli due punti che più sono riusciti graditi a Mosca. E cioè che Konigsberg con la regione circostante resterà all'U.R.S.S., e che gli Stati Uniti non ricommetteranno l'errore di allontanarsi dall'Europa per trovarsi poi di nuovo impreparati politicamente e militarmente ove sorgesse una nuova guerra. E poi silenzio assoluto per tre-quattro giorni. Dopo di che è cominciato l'attacco indiretto al discorso. Si sono cioè riprodotti i commenti contrari che gli stessi giornali americani hanno scritto contro Byrnes. È una delle abitudini invalse in questa stampa quando si crede preferibile non prendere posizione troppo diretta in una questione!

Come infatti può piacere ai sovietici un discorso cui si parla: di ricostruire una Germania unitaria ma non sotto l'esclusiva influenza russa o di un partito devoto a Mosca; di dare subito pratica attuazione all'unità economica tedesca, anche con o senza l'adesione della zona occupata dai soviet; di rimettere in piedi rapidamente la vita economica e politica della Germania, all'infuori delle Potenze occupanti i cui eserciti non possono né devono essere i garanti della democrazia; di parlare delle riparazioni tedesche ponendole in stretto rapporto con il potenziale industriale che deve essere concesso alla Germania per potervi far fronte; di ricordare che le truppe americane non lasceranno mai la Germania finché ve ne sarà bisogno, dato che la proposta per il trattato di garanzia è stata respinta; di mettere chiaramente sul tappeto la questione delle frontiere della Polonia nonché il destino della Saar, Ruhr e Renania, etcetera, etcetera!

È molto probabile che i Tre Grandi riescano ora a Parigi a mettere su, alla men peggio, i cinque trattati di pace in discussione, e togliere così via tante questioni. Ma con ciò non vuoi dire che la pace, questa parola così facile a pronunciarsi ma così difficile ad attenersi, sia poi realmente raggiunta. Infatti finché il problema tedesco non sarà risolto, non vi potrà essere la vera tranquillità. Ora le idee, o per

I Si riferisce ai telegrammi 15653/522 e 15858/533, rispettivamente del 7 e 12 settembre, non pubblicati.

meglio dire le mire che sovietici da una parte e gli anglo-americani dall'altra hanno nei riguardi della Germania sono troppo inconciliabili, troppo distanti fra di esse.

«In fondo, mi diceva giorni fa l'ambasciatore dell'Iran che conosce benissimo uomini e cose di qui, in fondo quale è la differenza che separa i russi dagli anglosassoni per la questione tedesca? Una... bagattella!. .. I sovietici sono pronti ad unificare le zone purché si dia mano libera al "partito socialista unitario" ovverosia al partito comunista camuffato, e gli anglo-americani invece vogliono tener in piedi i social-democratici e gli industriali tedeschi. E gli uni e gli altri, senza dirselo, combattono fra di loro a ferri corti, perché, pur avendo insieme lottato a morte contro la Germania ed il nazismo, oggi non mirano ad altro che ad avere dalla loro parte i tedeschi. Un centinaio di buone divisioni, una fitta schiera di dotti scienziati, migliaia di esperti tecnici non sono cose da disprezzarsi in una futura guerra!». Il semplicistico discorso del persiano dice in poche parole molto e mette decisamente il dito sulla piaga.

Ed infatti il vero grande problema che separa i Tre Grandi non è costituito da Trieste, le colonie italiane, i petroli rumeni o la libera navigazione sul Danubio ma è questo: chi dominerà nel centro dell'Europa? Gli anglo-americani credevano distruggendo la Germania di poter alla fine comandare in Europa, ma per un «gioco diabolico» del destino, al posto del Reich, trovano oggi un'altra Potenza che contrasta loro il dominio del vecchio continente: I'U .R.S.S.!

E Byrnes nel suo discorso di Stoccarda ha voluto pubblicamente dire quale è il pensiero degli Stati Uniti su tale complesso problema, e oltreciò far capire chiaramente a Mosca che Washington è decisa ad andare avanti, per la sua strada, da sola, indipendentemente dall'accordo coi soviet. Come mi faceva osservare questo incaricato d'affari d'America, fino a sei-sette mesi fa difficilmente il segretario di Stato avrebbe osato parlare così francamente per tema di dispiacere ai sovietici. «Ma oggi l'opinione pubblica degli Stati Uniti è molto cambiata nei riguardi dcll'U .R. S.S., ha sottolineato Durbrow, e quindi Byrnes si può permettere un atteggiamento molto più fermo verso Mosca. Infatti il discorso di Stoccarda vuoi essere anche un chiaro monito ai russi, invitandoli a rivedere il loro atteggiamento e ad avvicinarsi agli Stati Uniti!».

E così fra discorsi e reazioni, il tempo passa c il problema tedesco non fa un passo avanti. I soviet, d'altra parte, si organizzano sempre più nella zona da essi occupata. Riforma agraria, nazionalizzazione dell'industria e delle banche, creazione del partito socialista unitario, sviluppo dci sindacati, elezioni amministrative, tutto ciò rappresenta un grande complesso di mezzi di pressione da un lato e di propaganda dall'altro per legare il più che sia possibile le grandi masse della popolazione tedesca ai soviet. Mi diceva infatti giorni fa il nuovo ministro di Svezia, Hagglof, il quale conosce molto bene i problemi germanici, che a Stoccolma si ricevono continuamente informazioni dalla zona della Germania occupata dai russi secondo cui la popolazione non sarebbe in generale ostile ai soviet, anche perché questi nella loro propaganda hanno saputo abilmente apparire come i più estremi difensori dell'unità tedesca, mentre cercano di dimostrare che l'opposizione a tale unità è fatta invece dagli anglo-americani. A mia domanda diretta a conoscere il pensiero delle classi borghesi e medie e degli ex-proprietari, Hagglof ha risposto dicendo che evidentemente dette classi sono contrarie ai soviet, ma contano poco avendo perduto le antiche posizioni e non avendo più a loro disposizione i mezzi per un'attiva contropropaganda!

Tutto ciò conferma che i sovietici si preparano tranquillamente anche ad accettare una soluzione dello statu quo in Germania, ove non si riesca a raggiungere con gli anglo-americani un accordo a loro gradito. Il discorso di Byrnes e la reazione della stampa russa non sono per ora segni di buon presagio, ma non è detta fortunatamente l'ultima parola, e quindi si può sperare che messa a posto la Conferenza di Parigi, venga il turno del problema tedesco e che si finisca per trovare una soluzione che possa soddisfare e gli uni e gli altri.

308

COLLOQUIO DEL CONSOLE DUCCI CON IL CONSIGLIERE DELLA DELEGAZIONE DEL CANADA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, RITCHIE

APPUNT01 . Parigi, 14 settembre 1946. ore 10,30.

Della lunga conversazione, durata oltre un'ora e mezzo, i seguenti sono stati i punti principali:

l) La tattica dilatoria dei sovietici, di cui si sono avute ulteriori manifestazioni a proposito dello statuto di Trieste, può spiegarsi col desiderio dei russi di giungere all'ultima settimana della Conferenza con un buon numero di questioni importanti in sospeso. L'esperienza delle precedenti conferenze internazionali li ha convinti che in tali condizioni essi riescono generalmente ad ottenere, sotto la pressione del termine per la chiusura, compromessi per loro vantaggiosi.

2) L'esistenza di una manovra jugoslava per Gorizia è fuori dubbio. Essa è stata fermata in sede di Commissione, quando è stata respinta la proposta cecoslovacca per una sottocommissione per Gorizia: il che ha riconfermato che il problema della frontiera deve esser considerato unitariamente. Pur dichiarando la sua convinzione che nulla verrà innovato a nostro danno nella «linea francese», Ritchie non si è sentito di escludere del tutto l'eventualità che il problema giuliano non debba rientrare in un settlement generale, a New Y ork o altrove.

3) Ritchie non riusciva a spiegarsi le vere ragioni e l'utilità della connessione fra il problema dello statuto e quello delle frontiere. È d'avviso che dei due il primo sia il più importante, e ha mostrato di rendersi conto della delicatezza del periodo di trapasso dall'amministrazione anglo-americana a quella autonoma. Personalmente è convinto che il governatore deve avere estesi poteri, almeno per i primi anni. È invece piuttosto scettico circa le garanzie che il Consiglio di sicurezza potrebbe offrire all'indipendenza e all'integrità del Territorio, soprattutto nel caso in cui la manovra annessionistica si svolga gradualmente così da non suscitare «crisi maggiori». Trova interessante la proposta australiana di uno speciale Consiglio di sette Stati responsabile dell'indipendenza triestina. Ha detto che avrebbe

l Trasmesso con Telespr. d. 363 di Lanza del 16 settembre.

anche studiato una formula tipo Trattato di Locarno. Ha infine chiesto di conoscere il nostro punto di vista sullo statuto.

4) Ritchie ha espresso nuovamente, come nella precedente conversazione, un vivo interesse per la sorte dell'emendamento sudafricano relativo ali'Istria occidentale. È tornato a fare il calcolo dei voti, ammettendo che l'Etiopia voterà contro, che il Belgio e la Cina con ogni probabilità si asterranno. Mi è parso convinto della giustezza della nostra tesi su questo punto; assai meno convinto su quella di Gorizia. In generale gli argomenti di Bebler non gli sono sembrati molto persuasivi, ma mi ha domandato schiarimenti su vari punti. Gli ho illustrato soprattutto quello che la prosperità di Trieste dipende sempre meno dal porto.

5) Per il plebiscito, mi ha domandato se avremmo chiesto a qualche delegazione di presentare il relativo emendamento. Personalmente è scettico circa la possibilità che sia preso in considerazione: gli americani sono contrari soprattutto perché prolunga la soluzione del problema. Si è fatto spiegare la procedura da noi prevista. Riconosce tuttavia che sarebbe una maniera di definire la questione una volta per sempre. Ho chiesto se riteneva che l'introduzione del principio plebiscitario nell'emendamento sudafricano (consultazione in !stria occidentale per scegliere fra Jugoslavia e Territorio Libero) avrebbe aumentato le sue probabilità di successo. Mi ha risposto affermativamente, ma che credeva che gli americani, per non dover votare pubblicamente contro, avrebbero cercato di impedire che la questione venisse sollevata.

6) Mi ha chiesto se noi eravamo d'avviso che la questione dello statuto dovesse esser staccata dal trattato. Gli ho detto che in principio eravamo di tale avviso, e che ritenevamo per lo meno strano che l'Italia non dovesse discutere lo statuto almeno quanto l'Australia.

7) Mi ha detto chiaramente che nessuna delegazione è soddisfatta della soluzione proposta, ma che nessuno sembra disposto di rompere il circolo vizioso entro il quale le discussioni si stanno aggirando.

8) Mi ha chiesto infine notizie dei contatti diretti italo-jugoslavi, delle loro probabilità di riuscita, della posizione del partito comunista italiano e di quello giuliano, e delle ripercussioni in Italia del noto discorso di Vyshinsky.

309

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FON. S.N.D. URGENTE 16074/1153. Parigi, 14 settembre 1946, ore 18,30.

Risposta tuo fonogramma odierno 1•

È evidente, e nessuna delle parti responsabili lo mette in dubbio, che la riserva circa il quadro (frame) entro cui l'autonomia sarà da noi concessa, si riferisce tanto

l Vedi D. 302 che è però del 12.

al contenuto delle garanzie quanto alla estensione territoriale. La necessità di lasciare aperta la questione del comprensorio è stata da noi ribadita in tutto il corso delle discussioni e in ultimo da parte austriaca accettata senza ombra di possibile equivoco. Essa ha costituito la parte essenziale delle finali intese fra te e Gruber. Ciò non toglie che Volgger e Guggenberg, i quali sono due estremisti che danno e daranno contemporaneamente grattacapi a te e a Gruber, abbiano reagito di fronte alla specifica precisazione da te fatta alla stampa su un argomento sul quale Gruber evidentemente li aveva tenuti in una qualche incertezza. Ho oggi conferito in proposito con Hoyer-Millar il quale è buon testimonio della nostra buona fede. Egli mi ha assicurato che la delegazione austriaca è soddisfatta delle intese sottoscritte con reciproca chiara coscienza del loro significato e della loro portata. Si tratta d'un incidente provocato da quelle ragioni di politica interna che per analoghe ragioni tu e Gruber dovrete ora superare con qualche difficoltà per attuare le vostre chiarissime intese. Domattina vedo gli austriaci. Riferisco con rapporto odierno' circa la procedura degli ulteriori sviluppi dell'intesa italo-austriaca in seno alla Commissione politico-territoriale2 .

310

IL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. RISERVATISSIMO 237/86. Alessandria, 14 settembre 1946 3 .

Riassumo qui di seguito l'andamento della mia missione in questo primo mese, da quando sono arrivato in sede, coordinando le notizie da me, di volta in volta, trasmesse al ministero.

Giunsi in Porto Said con i miei collaboratori il IO agosto, dove fummo accolti da un inviato di S.M. il re e da un rappresentante del governatore della città, espressamente venuto a bordo su istruzioni di questo Ministero degli esteri, soprattutto per facilitare le operazioni doganali. Mi venivano subito comunicate due notizie: il Sequestro generale, in considerazione del mio arrivo in Egitto, aveva informato, quello stesso giorno, la legazione di Svizzera di aver definitivamente sospeso il versamento di qualsiasi somma per l'assistenza agli italiani; il Ministero degli esteri mi faceva, dal canto suo, sapere di proseguire subito per il Cairo, dove era stato provveduto per la sistemazione in albergo di tutti quanti noi. Messomi in contatto telefonico tanto col Cairo quanto con Alessandria, potetti far sì che la legazione svizzera al Cairo trattasse, anche in mio nome, presso il Sequestro generale affiché lo statu quo non venisse modificato fino a quando non mi fosse stato

I Non inviato, vedi D. 313. 2 Per la risposta vedi D. 332. 3 Sulla copia conservata in archivio manca l'indicazione della data di arrivo.

possibile iniziare le conversazioni; d'altro canto chiarivo col Ministero degli esteri egiziano che a me premeva andare ad Alessandria, dove trovavasi trasferito tutto il Governo e dove, a mio giudizio, avrebbero dovuto aver luogo almeno le prime conversazioni.

Messa da parte, per il momento, la questione dell'assistenza, ed evitato il pericolo di una permanenza al Cairo, il 12 agosto partii così per il Cairo stesso, dove fui semplicemente di passaggio, e per Alessandria, dove giunsi la sera dello stesso giorno. Il 15 fu da me impiegato nelle prime formalità protocollari, visita al primo ciambellano di Corte, per ringraziare dell'attenzione dimostrataci dal sovrano al nostro arrivo, tìrma a Palazzo, richieste di appuntamenti, ecc. Il 14 ebbi i primi colloqui tanto col ministro, quanto col sottosegretario e col segretario generale al Ministero degli esteri. Mi incontrai quindi varie volte col ministro del commercio Saba Habachi Pacha, nostro sincero amico e intimamente persuaso della convenienza di sistemare rapidamente le questioni pendenti. Ebbi anche una breve intervista col ministro delle finanze e conversazioni varie con uomini politici e funzionari degli esteri.

Come riferii col mio telegramma n. 4 del 22 agosto e poi con la mia lettera al ministro Prunas in data 3 settembre 1 , l'impressione riportata da questa specie di prima ricognizione non fu favorevole. Infatti sorse in me spontaneo il dubbio che, salvando appena la correttezza delle forme, tutto fosse stato preordinato in modo da neutralizzare, almeno in questo primo momento, qualsiasi sforzo venisse da noi fatto per risolvere qualcuno dei tanti problemi che maggiormente ci premevano. Notai, con disappunto, che non mi si offriva altro tramite per trattare che quello del sottosegretario agli esteri, Abdel Rahim Bey, segretario a Roma all'inizio della sua carriera e recentemente ministro a Mosca, uomo duro, ermetico, e non certo simpatizzante per noi.

La questione della restituzione delle sedi, da me subito trattata a voce e per iscritto. non fu neanche presa in esame, nonostante le mie insistenze. Feci presente che questa non era da considerarsi una «questione» poiché l'art. 69 del progetto di trattato di pace escludeva tale specie di beni da qualsiasi incameramento e misi in evidenza il paradosso risultante dal fatto che, mentre la delegazione egiziana aveva chiesto a Parigi l'estensione all'Egitto di detto articolo, ad Alessandria il Governo egiziano cominciava col violarlo prima ancora di averne ottenuto l'applicazione a suo favore. Analogo comportamento potei constatare per altre due questioni urgenti: la continuazione del versamento delle somme per l'assistenza c l'apertura delle scuole, sulla quale ultima questione, avendo cercato di girare le difficoltà frapposte dal Ministero degli esteri, venni a sapere che quest'ultimo aveva recentemente avvertito il Ministero della pubblica istruzione di astenersi dal trattarla. Venni anche informato che il Ministero degli esteri aveva dato ordine al Ministero dell'interno di sospendere i visti di ingresso in Egitto per tutti gli italiani, senza alcuna eccezione, e ciò mentre la stampa diffondeva notizie allarmistiche sulla possibilità di indisturbata permanenza dei nostri connazionali in Egitto.

l Non pubblicati.

Poiché, effettivamente, le personalità politiche egiziane ed in particolare modo il presidente del Consiglio, erano completamente assorbiti dalle trattative con gli inglesi per la revisione del trattato del '36 e poiché il Ramadan prima e le feste del Bairam dopo, avrebbero reso vano ogni mio sforzo per cercare di superare questa resistenza, ritenni buona tattica non insistere e curare piuÙosto gli ambienti di Corte, economici, politici, di stampa, nonché la nostra colonia nel suo complesso e prendendone in considerazione gli elementi più in vista aventi relazioni locali degne di rilievo.

Feci pervenire al re qualche memoriale ed in particolare feci attirare la sua attenzione sulla questione delle sedi. Il re mi fece sapere che si rendeva perfettamente conto del buon fondamento delle nostre ragioni e che la questione, con un po' di pazienza, sarebbe stata risolta con piena soddisfazione da parte nostra. Nei miei contatti con le personalità del mondo economico, ed in particolare degli esportatori del cotone, feci osservare che gli scambi avevano avuto uno sviluppo impressionante (in quest'ultimo anno risultano esportate in Italia oltre 100 mila balle di cotone per un importo di 7 milioni di lire egiziane) ma che, a lungo andare, essi non avrebbero potuto non risentire di un atteggiamento politico così insistentemente ostile nei riguardi dei beni, dei cittadini e persino dei rappresentanti italiani che non potevano entrare negli uffici di proprietà demaniale. Mi sono sentito qui ripetere più di una volta che l'Italia ha bisogno di cotone e del mercato egiziano per inviare i suoi tessuti; osservazione da me confutata con l'altra che il cotone americano ci può essere fornito a credito e che il mondo intero potrebbe assorbire i nostri manufatti, sol che noi lo volessimo (mio telegramma n. 5 del 22 agosto 1946) 1•

A questo punto conviene che io riferisca essermi stato chiaramente detto e fatto comprendere da più di una fonte, che il sottosegretario agli esteri aveva effettivamente fatto passare la parola d'ordine di non prendere in considerazione alcuna proposta venisse qui fatta da parte nostra, presumibilmente in attesa delle definitive decisioni di Parigi. Persone al corrente delle mie idee, avendo avuto occasione di far osservare a Kamel Abdul Rahim Bey le eventuali dannose ripercussioni di tale suo atteggiamento sull'andamento degli scambi commerciali italo-egizani, ne ebbe per risposta: «Voi non conoscete gli italiani, tutto finisce con l'arrangiarsi».

Buoni risultati ebbero i miei contatti con la stampa, che si conclusero, come ho già riferito con telespresso n. 98/39 del 4 settembre 19462 , con una riunione tenuta al consolato generale, nel quale, come riferito per telegramma, mi ero nel frattempo installato di fatto.

Una serie di circostanze venivano intanto ad attirare gradualmente la mia attenzione. Il 23 agosto ero molto riservatamente informato essere state trasmesse istruzioni alla delegazione egiziana a Parigi nel senso che il Governo egiziano manteneva anche nei nostri confronti il prospetto dei danni di guerra cumulativamente causati dall'Italia e dalla Germania, allo scopo di tentare di incamerare la totalità dei beni italiani situati altrove. Dalle istruzioni stesse risultavano peraltro i timori nutriti dal Governo egiziano sull'atteggiamento ad esso ostile

l Non pubblicato. 2 Non rinvenuto.

387 del delegato britannico in seno alla Commissione delle riparazioni. Ne riferii con telegramma n. 6 1 , aggiungendovi mie brevi, personali considerazioni sull'ammontare effettivo dei danni, sulle condizioni economiche egiziane conseguenti alla guerra e sull'ormai deciso incameramento dei beni tedeschi. Lo stesso giorno compariva una sedicente intervista del presidente del Consiglio, nella quale, accennandosi a «passi fatti dal Governo italiano», si parlava di una prima riduzione dell'ammontare delle riparazioni.

Il 3-4 settembre la stampa locale pubblicò la lista dei danni allegata al memorandum, col quale la delegazione egiziana a Parigi avanzava la nuova richiesta di dieci milioni di lire egiziane a titolo di riparazioni nei nostri confronti. Il giorno successivo mi pervenne il telespresso ministeriale n. 28971 /c. del 30 agosto 2 , col quale venivo messo al corrente delle prime conversazioni Saroit-Cerulli a Parigi e delle possibilità che la questione potesse essere trattata qui oppure direttamente a Parigi (vedi punto 2 del citato telespresso). Incaricai quindi persona competente e di fiducia affinché potessi essere in grado di fornire tempestivamente elementi di critica alle richieste egiziane, quali mi risultavano dalla stampa.

L'8 settembre fui segretamente informato che il Consiglio dei ministri era stato riunito d'urgenza il giorno prima per concretare le istruzioni da inviare alla delegazione egiziana a Parigi per la «conclusione di un accordo diretto con noi». Lo stesso giorno inviai i telegrammi n. 17, 18 e 193 per cercare di fornire in tempo utili sostanziosi elementi alla nostra delegazione a Parigi sulla scorta di quelle che erano state le discussioni in seno al Consiglio dei ministri, e che mi erano state riferite, e degli elementi contenuti nelle istruzioni redatte dal Ministero degli esteri ed a mia esatta conoscenza.

Il giorno 9 fui, sempre segretamente, informato dell'invio di un nuovo telegramma col quale si pregava la delegazione egiziana a Parigi di indagare negli ambienti della Conferenza se vi fossero o meno possibilità di ottenere l'estensione all'Egitto dell'art. 69 del progetto di trattato. In caso negativo, venivano date istruzioni di esercitare una forte pressione sulla delegazione italiana per la conclusione delle trattative, ed all'uopo si parlava di eventuale adozione da parte egiziana di misure di ordine interno, sui beni italiani sequestrati, a garanzia delle riparazioni.

Fui così indotto ad inviare il telegramma n. 21 1 e potetti anche trasmettere, a mezzo di persona che partiva per aereo in quello stesso giorno, le osservazioni d'ordine generale e particolare alla lista allegata al memorandum egiziano sulle riparazioni, di cui la stampa aveva dato precedentemente notizia.

A mano a mano che questi fatti venivano a mia conoscenza, si confermavano le mie prime impressioni e si rivelava il gioco del Governo egiziano, e per esso del sottosegretario agli esteri, il quale aveva avocato a sé la condotta dell'azione e riunito nelle sue mani le fila della complessa trattativa. Si spiegavano così, alla luce delle istruzioni inviate a Parigi, le ragioni del comportamento nei nostri riguardi, l'inasprimento dei provvedimenti concernenti gli italiani, le minacce e gli atteggiamenti ricattatori.

l Non pubblicato. 2 Non rinvenuto. 3 Non pubblicati.

Il 12 corrente si diffondevano le prime notizie dell'avvenuta conclusione dell'accordo italo-egiziano sulle riparazioni ed il 13 corrente tutte le prime pagine dei quotidiani egiziani pubblicavano, con grande rilievo tipografico, un comunicato di questo Ministero degli esteri ed un dispaccio da Parigi, da me trasmessi lo stesso giorno per via aerea e che allego in copia al presente rapporto per facilità di consultazione e per gli eventuali controlli.

Oggi mi è pervenuto il telegramma ministeriale n. 13 1 col quale mi si annuncia detto accordo.

Riferisco per dovere di ufficio che numerosi connazionali isolati ed anche in commissione, sono già venuti da me esprimendo le loro vive preoccupazioni e mettendo soprattutto in evidenza il fatto del mantenimento del sequestro, sia pure parziale, per un lungo periodo di tempo. Mi astengo dal riportare particolareggiatamente le argomentazioni addottemi, dato che esse vanno vagliate in relazione alle considerazioni d'ordine politico generale, che avranno indubbiamente reso l'accordo desiderabile, ed alle clausole dell'accordo stesso che non mi sono ancora note. Per la stessa ragione mi riservo di rispondere al quesito postomi col predetto telegramma n. 13, se sia cioè consigliabile rimuovere le difficoltà frapposte agli scambi commerciali con l'Egitto, dopo che avrò esaminato l'accordo e conosciuto le ragioni che ne hanno consigliato una rapida conclusione.

Mi corre l'obbligo di avvertire che la Francia dopo aver impiegato un anno per concludere l'accordo che avrebbe dovuto porre fine al regime della semplice gestione (e non sequestro) dei beni dei francesi assenti dall'Egitto durante la guerra, sta tuttora discutendo, da un altro anno, per passare all'esecuzione del predetto accordo ed ottenere la restituzione dei beni. Esso fu infatti consacrato in una legge del 27 agosto 1945 e la gestione dei beni francesi continua tuttora a funzionare nonostante le pressioni e le insistenze da parte francese.

Mi riservo di vedere il nuovo ministro degli esteri, Ibrahim Abdel Hadi Pacha, non appena assumerà la sua carica subito dopo il giuramento nelle mani del re, il cui ritorno si annuncia imminente.

ALLEGATO

IL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

APPUNTO. Alessandria, 13 settembre 1946.

Trascrivo qui di seguito il comunicato che il Ministero degli affari esteri egiziano ha fatto pubblicare in data odierna:

«Une dépéche de S.E. Wacyf Ghali Pachà, chef de la délégation égyptienne à la Conférence de la paix à Paris, annonce qu'en vertu des pouvoirs qui lui ont été conférés par le Conseil des ministrcs, il a signé hier avec M. Bonomi, chef de la délégation italiennc, un accord sur les réparations, par !eque! l'Italie s'engage à payer la somme de L.E. 4.890.000 à titre de réparations à l'Egypte pour les dommages de guerre.

l Non pubblicato.

Cette somme sera prélevée sur Ics avoirs italiens sous séqucstrc, constitués en fonds liquides et dc titrcs, le reste dcvant étre payé en marchandiscs italiennes au choix du Gouverncment égyptien et par l'acquisition des établissements italiens que cclui-ci aura acccpté d'acq uéri r.

La séqucstration sur les bicns italiens sera maintenuc jusqu'à complct paiement des réparations. Le Gouvernement italicn reconnaìt le régimc de la séquestration et approuve sa gestion ainsi quc Ics mesures prises et Ics sommes versées aux institutions italiennes en Egypte, tout cn dégagcant le Gouvcrncmcnt égyptien et la séqucstration de toute rcsponsabilité à leur sujet.

Enfin, le Gouvernement Italicn s'cngage à débloqucr Ics bicns égypticns cn Italic, tout en accordant à ces derniers un dédommagement suffisant». Questa stampa ha dato inoltre grande rilievo anche tipografico alla seguente corrispondenza da Parigi:

«Le l O septembrc, vers 18 heures, a été signé à la légation d'Egyptc l'accord sur Ics réparations italienncs par Wacyf Ghali Pachà et M. Bonomi, présidcnt dc la délégation italiennc.

Mardi dernicr, à la Commission pour Ics réparations. le Dr. El Rifai avait indiqué que Ics pourparlcrs avaient déjà commencé.

Aprés une semainc dc négociations, menécs du còté italien par M. Ciarolli et du còté égyptien par le Dr. Rifai, sous la direction de Ghali Pachà, et de Saroit Pachà, l'accord a été conclu sur les bascs suivantcs:

l) L'Italic s'engage à paycr à l'Egypte la somme dc quatre millions et dcmi de livres égypticnncs à titrc dc réparations, dont un million sera prélevé sur Ics fonds liquides italiens sous séquestre: le resta n t sera réglé au cours d'une période de 5 ans so i t cn cspèccs, so i t cn marchandises, soit cn titrcs, soit par la participation égyptiennc à dcs cnlreprises italicnncs cn Egyptc selon un accord qui interviendra dans un délai de trois mois.

2) L'Ilalie prcnd également à sa chargc la somme de 390.000 livres égypticnnes déjà prélcvée sur Ics fonds italicns sous séqucstre pour le sccours des victimes des raids aéricns, cc qui porte l'ensemblc dcs réparations proprcmcnt ditcs à 4.890.000 livrcs égyptiennes, soit plus dc cinq millions dc stcrling.

3) L'Italic prend égalcmcnt à sa charge Ics sommes suivantcs, déjà prélcvées sur Ics fonds liq uidcs italicns sous séq uestre cn Egyptc:

a) 1.781.731 livrcs égypticnncs. pour assistance aux rcssortissants italiens néccssiteux et subvcnlion aux écoles et hòpitaux italicns cn Egyptc. h) 1.004 livres égypticnncs pour l'échange des lires italicnnes mises en circulation dans l'oasis de Siwa lors dc son occupation.

4) Mainticn du séquestrc jw:qu'à l'enticr règlcmcnt des sommcs à payer. La lcvéc du séquestrc se fera sclon la législation égyptìcnnc.

5) L'Italie s'cngagc à indemniser Ics rcssortissants égypticns pour Ics dommagcs subis par eux cn Italie, ainsi qu'à lcvcr le séquestrc sur Ics biens égypticns cn Italie. L'Egypte rcnoncc à toutc autre réclamation et l'ltalic rcconnaìt la validité dcs mesures dc guerre, y compris le séqucstre et rcnonce à toutc réclamation au sujet dcs mcsures priscs.

La délégation égypticnnc à porté hicr après-midi à la connaissance dc la Confércnce la conclusion dc l'accord. Le Dr. Rifai devant comparaitrc aujourd'hui à la sous-commission pour Ics réparations a rcndu visite à M. Jacqucs Rueff. présidcnt du sous-comité, et lui a déclaré de rctirer le mémorandum égyptien sur Ics réparations. Ainsi se trouve réglé le prcmicr problèmc intércssant l'Egypte à la Confércnce dc paix. Il ne rcste plus à la délégation égypticnnc qu'à attendrc la discussion sur le problème dcs colonics italicnncs et les revendications tcrritoriales égyptienncs.

L'accord a été conclu dans une atmosphèrc très cordiale. M. Bonomi a déclaré à Wacyf Pacha qu'il contribuira à la réprisc dcs rclations économiqucs entre Ics dcux Pays ainsi qu'au relèvcmcnt dc l'Italic. M. Bononi a cxprimé égalcmcnt la reconnaissancc et la satisfaction de l'Italic pour l'esprit dc compréhension dc l'Egypte, promcttant que la collaboration serait cncore plus étroitc cntre la colonie italiennc et Ics Egypticns dans le domaine économiquc.

Wacyf Ghali Pacha, qui est parti passcr quclqucs jours dc repos à Vichy. rctournera à Paris pour la question dcs colonies italicnnes».

311

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI FRANCIA, BIDAULT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. Parigi, 14 settembre 1946.

Par lettre en date du 6 septembre 1946 1 , V otre Excellence a bien voulu me communiquer le texte de l'accord signé le 5 septembre dernier entre le Gouvernement italien et le Gouvernement autrichien au sujet du traitement des minorités de langue allemande du Haut-Adige. Elle m'a en meme temps fait part de rintention du Gouvernement italien et du Gouvernement autrichien de procéder à des échanges de vues mutuels pour régler les questions restées en suspens dans le passé, et permettre une meilleure collaboration dans l'avenir.

Je remercie V otre Excellence de cette communication dont j'ai pris connaissance avec le plus grand intéret. Le Gouvernement français est heureux de penser qu'au moment où s'élabore à Paris le règlement de la paix, les Gouvernements d'ltalie et d'Autriche sont parvenus à un accord sur le problème des minorités du Haut-Adige. Il se félicite particulièrement de l'esprit qui a présidé à ces négociations, dont le succès est une garantie du maintien de cordiales rclations entre le Gouvernement italien et le Gouvernement autrichien.

312

L'AMBASCIATORE TARCHIANI ALLA COMMISSIONE ECONOMICA PER L'ITALIA

DISCORSO. Parigi, 16 settembre 1946.

La délégation italienne a déjà présenté à cette Commission une série de mémorandums concernant certaines des clauses contenucs dans le projet de traité de paix. Sans aucun doute ces documents ont été examinés avec le plus grand scrupule par )es différentes délégations. Il ne saurait etre question par conséquent de répéter aujourd'hui les arguments qui y sont exposés. Tout au plus me verrai-je contraint de les rappeler brièvement afin d'en tirer quelques conclusions d'ordre général. Je me propose de passer ensuite à un examen d'ensemble des propositions d'amendement présentées par certains Pays et, enfin, d'attircr votre attention sur la situation où est venue à se trouver la délégation italicnne à l'égard des travaux actuellement en cours au sein de la Commission économique.

L'art. 65 du projet de traité vise la restitution des biens appartenant aux Nations Unies. La délégation italienne accepte entièrement ce principe. Mais elle tient à faire remarquer de façon expresse combien la portée en est élargie par

l Vedi D. 269.

l'obligation de restituer !es biens en bon état et combien il est injuste de vouloir imposer à l'Italie la réparation des biens détériorés non seulement par le temps mais aussi par l'usage que peuvent en avoir fait !es Puissances occupantes elles-memes. La délégation italienne prie la Commission de bien vouloir réfléchir sur l'amendement qui a été proposé pour le n. 8 de cet artide. Cet amendement embrasse en meme temps une question primordiale pour l'économie italienne, mais aussi une question de justice élémentaire. S'il est juste que l'Italie restitue l'or «indùment enlevé», il est tout aussi juste qu'elle se voie restituer à son tour l'or indùment enlevé par !es allemands, cet or qui représentait la plus grande partie de la réserve métallique possédée par sa banque d'émission ... Ce principe a été officiellement reconnu à la Conférence de Paris sur !es réparations, il ne peut donc etre nié à cette Conférence. La restitution de l'or enlevé par !es allemands a été non seulement admise, mais déjà mise à exécution, en faveur de la Hongrie; il ne peut y avoir de raison pour que l'Italie ait à subir un traitement différent. Si on ne pourra pas, par suite d'impossibilité matérielle, lui restituer tout l'or qui lui a été enlevé, que l'on admette au moins le droit de l'Italie à prcndre part au pool de l'or, sur la base des principes fixés par la Conférence des réparations de Paris. Toute autre attitude ne serait que la sanction d'une flagrante injustice. Elle ferait surgir devant l'Italie un obstade infranchissable à l'assainissement de sa monnaie et à sa collaboration avec !es organisations financières et tancaires qui sont pourtant indispensables au sauvetage de l'économie mondiale.

La délégation italienne rappele enfin ses observations sur le n. 6 du meme artide, où il est fait mention du matériel ferroviaire que doit restituer l'Italie, sans qu'il soit fait la moindre allusion au matériel roulant italien qui se trouve à l'étranger. L'équité exige que la restitution soit réciproque. Une proposition d'amendement dans ce sens a déjà été présentée par la délégation italienne (Voir le mémorandum 33 (E)).

L'art. 66 impose à notre Pays de graves renonciations et des charges formidablement accrues.

Selon cet artide, l'Italie devrait renoncer à toute réclamation contre des mesures résultant directement de la guerre ou prises indirectement par suite de celle-ci, meme dans le cas où, au moment de l'adoption de telles mesures, il n'existait aucun état de guerre entre l'ltalie et le Pays envisagé.

Une de ces renonciations, concernant la marine marchande est d'une gravité exceptionnelle, c'est celle qui voudrait contraindre l'Italie à n'avancer aucune rédamation contre !es décisions des Tribunaux de prises ou contre !es autres mesures appliquées après le ler septembre 1939.

Il s'agit de navires marchands italiens, pour un tonnage s'élevant à plusieurs centaines de milliers de tonnes, qui, en juin 1940, se trouvèrent ou se réfugièrent dans !es ports des Nations Unies, ou bien qui, au moment de l'armistice, furent surpris dans des territoires occupés par !es allemands.

La délégation italienne a exposé son point de vue dans le mémorandum qu'elle a présenté sur cette question. Je veux éviter de répéter des choses déjà dites; mais comment ne pas faire remarquer à cette Commission quelle injustice il y aurait à priver ainsi l'Etat italien ou !es citoyens italiens d'intenter !es actions, admises soit par le droit international soit par la législation intérieure elle-meme des Pays envisagés, afin d'en faire prononcer l'éventuelle illégitimité?

Je m'adresse à la sensibilité juridique de cette Commission afin que, pour des raisons évidentes de droit et aussi en vue de reconnaìtre de quelque façon la cobelligérance italienne, !es paragraphes l /c et 5 de l'art. 66 soient supprimés.

Le mème article 66 impose à l'Italie des charges nouvelles, comme celle d'indemniser les citoyens italiens pour les marchandises ou les services qu'ils ont fournis sur réquisition aux Nations Unies -pendant et après la période de la cobelligérance-ou bien comme celle de prendre à sa charge la monnaie militaire émise par les autorités militaires alliées.

Il s'agit là d'une matière qui intéresse de façon spéciale deux des Nations Unies, avec lesquelles d'ailleurs des négociations ont été entamées justement à ce sujet. Comme ces pourparlers avaient laissé espérer que l'on parviendrait à un règlement équitable qui tìnt compte des bonnes raisons avancées par l'Italie, la délégation italienne espère que l'on fera droit à sa requète de supprimer !es paragraphes 2 et 4 de l'art. 66 du projet de traité, de façon à laisser que les parties intéressées se mettent d'accord directement sur cette question.

Toujours dans le mème ordre d'idées qu'inspirent !es clauses de l'art. 66, permettez-moi de réitérer la demande déjà faite par la délégation italienne de renvoyer à des conventions spéciales, stipulées directement entre l'Italie et chacune des Puissances intéressées, le problème des rétributions dues aux prisonniers italiens qui prètèrent volontairement leur activité à l'avantage des Nations Unies après l'armistice.

Pour ce qui concerne le paragraphe 6 de l'art. 66, sur la définition de la propriété des cables sous-marins appartenant au Gouvernement italien ou bien à des personnes physiques ou morales italiennes, la délégation italienne ne peut que confirmer son point de vue déjà exprimé par les mémorandums 9 (E) et 17 (E), aussi bien pour ce qui concerne l'énoncé du paragraphe ci-dessus, que pour ce qui concerne l'amendement présenté par la délégation yougoslave.

Passons maintenant à l'art. 67.

La délégation italienne répète qu'il est on ne peut plus injuste d'interdire à l'Italie de présenter ses réclamations envers l' Allemagne, c'est-à-dire envers un Pays contre !eque! elle a lutté pendant vingt et un mois.

La presque totalité des réclamations italiennes se rapportent à la période de la cobélligérance. En effet, après l'armistice, l'Allemagne a non seulement enlevé et transféré sur son propre territoire une quantité inimaginable de marchandises, d'installations industrielles, de matériel roulant et de biens de toute sorte, mais elle a en outre imposé des ouvertures de crédit pour non moins de 500 milliards de Iires-1946. A ces créances il faut encore ajouter une chose dont on ne fait pas mention ici: !es dévastations sans nombre, dues à la vengeance allemande, dévastations de plus en plus atroces au fur et à mesure que s'accentuait la résistance des partisans.

On a déjà imposé à l'Italie une lourde perte en l'empèchant de recevoir sa part des réparations allemandes. Vraiment, il ne saurait subsister aucun motif pour interdire à l'Italie de revendiquer ses biens emportés par !es troupes allemandes et ses créances sur l'Allemagne, surtout lorsqu'elles ont surgi après la cobelligérance, au cours d'une guerre que notre Pays a affrontée tout en sachant très bien d'avance à quelles pertes et à quelles dévastations infinies il allait s'exposer.

Une renonciatwn de l'ltalie à faire valoir de tels droits provoquerait dans notre opinion publique une impression trop pénible. Cette dispostion du traité de paix serait d'ailleurs d'autant plus injustifiée que les gouvernements de plusieurs grandes Puissances ont déjà notifié à I'Italie leur intention de lui restituer les biens, actuellement en Allemagne, qui lui appartiennent.

La délégation italienne a pleine confiance, par conséquent, que l'art. 67 sera fondamentalement modifié et que l'Italie se verra reconnu le droit de recouvrer non seulement tous les biens qui lui ont été «indùment enlevés» par l' Allemagne mais mème toutes ses créances sur cette dernière.

Il est dair que ces droits devront ètre coordonnés avec !es droits des autres Etats créditeurs selon les principes que la Conférence, dans son équité, jugera bon d'établir.

L'art. 68 établit un principe, qui a été accepté par la délégation italienne, dans les limites bien entendu des dommages que l'Italie a pu causer elle-mème aux biens et aux intérèts des Nations Unies ou de leurs ressortissants, c'est-à-dire dans Ies Iimites de faits de guerre à elle seule imputables.

Mais quand ces dommages ont été commis par les alliés et non par l'Italie, ou bien quand ces dommages ont été infligés à I'Italie en tant que cobelligérante des Alliés, un te! principe ne saurait ètre appliqué.

D'autre part l'énoncé de l'art. 68 est tellement élastique qu'il imposerait au Trésor italien un fardeau bien vite insupportable. Ce fait a été reconnu expressément parla délégation de l'U.R.S.S., qui a proposé de limiter l'indemnisation à un tiers des dommages subis.

C'est une proposition forfaitarie qui offre beaucoup d'avantages au point de vue de l'application pratique.

Quoi qu'il en soit la délégation italienne adresse la vive prière que, soit en accueillant la proposition présentée dans notre mémorandum 21 (E), soit en apportant d'autres corrections jugées équitables parla Commission, la Conférence veuille bien atténuer.!es conséquences si dures qui dériveraient pour l'Italie de l'art. 68.

L'artide 69, enfin, est considéré par la délégation italienne comme l'un des plus graves à cause de ses répercussions faciles à prévoir du point de vue économique et politique.

L'Italie est un Pays à forte émigration. Nombreux sont !es italiens qui, après avoir contribué par leur labeur à la prosperité des Pays dont ils étaient les hotes et après y avoir acquis des biens sont retournés dans leur Pays d'origine. Ces italiens risquent à présent de perdre le fruit d'un long et dur travail.

L'art. 69 peut avoir encore des répercussions très graves sur les sociétés commerciales ou industrielles, situées sur le territoire des Nations Unies, quand des citoyens italiens y sont intéressés.

Cet artide, d'après la délégation italienne, ne devrait pas avoir comme fin des réparations; comme je me suis efforcé de le démontrer au cours des dédarations que j'ai eu l'honneur de faire déjà devant vous le Il courant, c'est l'art. 64 qui a été conçu pour régler la question des réparations. Si la Conférence attribue à titre de réparation des sommes déterminées aux Pays qui y ont droit ~ naturellement dans !es limites de la capacité italienne de paiement ~ l'art. 69 n'aura plus de raison d'ètre, au moins en ce qui concerne les rédamations dérivant de la guerre. Il devrait etre supprimé comme faisant double emploi avec l'art. 64. Seule demeurerant la matière des créances, qui se trouverait d'alleurs plus à sa piace dans un système juridique, tel que celui que propose notre mémorandum du 20 aòut, n. 25 (E).

Pour mieux préciser sa pensée, la délégation italienne a ébauché le schéma d'un nouvel art. 69, qui vient d'etre remis au Secrétariat général de la Conférence comme complément du mémorandum cité ci-dessus.

Encore à propos de ce mémorandum, je voudrais de nouveau attirer l'attention de la Commission sur la grave question, visée par la lettre f) de l'art. 69. La délégation italienne estime qu'il serait injuste et contraire aux intérets du «Territoire Libre de Trieste» de saisir les biens situés dans !es territoires des Nations alliées ou associées, appartenant à des sociétés ou à des associations ayant leur siège légal dans le susdit Territoire, seulement parce que ces dernières sont possédées ou contròlées par des personnes résidant en Italie. C'est là un élément purement extérieur qui ne devrait exercer aucune influence sur le traitement auquel seront soumis les biens de ces sociétés ou associations. En outre, il est indubitablement dans l'intéret de Trieste de pouvoir compter sur la collaboration du capitai italien, ou plus exactement, du capitai appartenant à des personnes ou à des associations résidant en Italie. En somme, si la disposition a été établie dans le but d'acquérir des biens sans indemnisation, c'est-à-dire sous forme de réparation, elle devrait ètre éliminée puisque, nous l'avons vu, les réparations sont déjà visées par l'art. 64 et puisqu'il n'est pas possible de concevoir que la charge des réparations, établie sur la base de la capacité de paiement de l'ltalie, puisse ètre accrue par de nouvelles charges, qui dépasseraient forcément cette capacité.

L'annexe III, et plus encore I'annexe III a, proposé par la délégation yougoslave, soulève une foule de problèmes importants sur Iesquels la délégation italienne s'est déjà prononcée dans ses mémorandums 29 (E) et 9 (E). Je prie la Commission de bien vouloir y consacrer toute son attention.

Permettez-moi toutefois d'insister tout particulièrement sur le traitement des biens italiens situés dans les territoires cédés, sous un double point de vue: en premier lieu il est nécessaire d'admettre que les biens de l'Etat et des offices publics doivent etre convenablement indemnisés -c'est ce qui avait été établi dans les traités de paix qui mirent fin à la première guerre mondiale -; en second lieu, il faut éviter de confondre sous la dénomination vague d'associations para-statales des sociétés ou des associations qui sans aucun doute doivent ètre considérées privées et entrer par conséquent dans le cadre du droit privé. Ce qui détermine la nature publique ou privée d'une administration, c'est le but qu'elle entend poursuire et qui constitue sa raison d'etre. Aussi, une société commerciale ou industrielle, créée dans un but économique ou de lucre, ne peut pas etre considérée comme un office public seulement à cause d'une particularité extérieure et transitoire, celle que son capitai actionnaire est, en tout ou en partie, au nom de l'Etat ou au nom d'un autre office public.

Toujours à propos des biens italiens situés dans les territoires cédés, il y a un amendement proposé par la délégation française pour le n. 5 de l'annexe III, qui voudrait attribuer sans indemnité à l'Etat cessionnaire les biens, droits et intérèts de toutes les sociétés ayant en concession des services publics.

On ne conteste pas ici --la chose serait d'ailleurs impossible -le caractère privé de ces sociétés -; de mème qu'on ne devrait pas contester non plus le principe que tous !es biens italiens existant dans !es territoires cédés, qu'ils appartiennent à des administrations publiques ou à de simples particuliers, ont droit à ètre indemnisés. La proposition française ne peut donc ètre considérée que comme une tentative pour imposer à l'Italie des réparations supplémentaires en dehors de celles qui seront attribuées à la France sur la base de l'art. 64. Aussi la délégation italienne espère-t-elle vivement que cet amendement sera repoussé.

Tout en déclarant qu'elle n'a rien à observer sur !es articles 70, 71, 73 et 74, la délégation italienne se réfère à ses mémorandums écrits, pour tout ce qui a trait aux clauses du projet ou des annexes ayant un contenu économique.

Arrivé au terme de cet e examen détaillé des clauses économiques, je sens le devoir d'exposer devant cette Commission quelques considérations de caractère général, suggérées par la responsabilité grandissante qui pèse sur la délégation italienne, ainsi que par l'atmosphère d'inquiétude qui gagne peu à peu l'Italie, rendue anxieuse par !es conséquences attachées fatalement à un traité trop dur.

Nous ne connaissons pas encore la somme totale que l'Italie devra payer à titre de réparation. Toutefois nous nous permettons d'affirmer que la Conférence commettrait une erreur funeste si elle devait surestimer notre capacité de paiement, qui est très limitée, et si elle oubliait en outre que le poids des réparations serait multiplié par ces charges imprécisées et imprécisables, mais d'autant plus effrayantes, que recèlent !es clauses économiques dont je viens de parler.

A la différence des traités de paix qui mirent fin à la première guerre mondiale, où l'on avait coordonné dans un système unitaire toutes !es charges économiques qui furent imposées à l'ennemi vaincu, le projet de traité soumis à votre examen n'établit aucun lien entre !es réparations et !es autres charges économiques. Et pourtant ces dernières sont d'une telle gravité qu'elles suffiraient, à elles seules, à faire s'écrouler toute l'économie italienne.

La procédure adoptée par la Conférence a limité à l'extrème la possibilité pour la délégation italienne d'exercer une véritable influence en vue de modifier !es clauses du projet. La Délégation italienne a diì se limiter à quelques observations de détail visant à atténuer certaines des charges prévues, mais elle n'a pas proposé un système de coordination entre !es différentes charges économiques, ce qui aurait modifié profondément la structure du projet.

Elle espérait -et elle espère toujours -que le traité sous sa forme définitive saura retenir dans des limites supportables !es obligations prévues par le projet.

La délégation italienne ne peut ne pas exprimer son douloureux étonnément devant l'attitude de certaines délégations, qui ont proposé toute une série d'amendements obéissant à un seui but: superposer à un dur traité de paix un autre traité encore plus dur. Il n'y a pas une seule clause économique, quelque rigide qu'elle fùt, dont elles n'aient demandé l'aggravation.

Tandis que la délégation italienne s'est efforcée de demeurer cohérente avec !es principes qui sont à la base des dispositions du traité, ces délégations ont demandé à introduire des critériums en contraste marqué avec l'esprit du projet. Evidemment ces délégations visent à se procurer, moyennant l'aggravation des clauses économiques, des réparations supplémentaires à ajouter à celles qui pourront leur ètre attribuées sur la base de l'article 64. Mais elles semblent ne pas vouloir se rendre compte que, si les réparations devront ètre proportionnées à la capacité actuelle de paiement de l'économie italienne, il ne saurait y avoir de piace pour d'autres réparations. D'autre part, dans le cas où l'économie devait s'écrouler sous un fardeau supérieur à ses forces, le résultat ne sera pas le paiement de réparations, mais le chaos monétaire et le désordre social.

La délégation italienne ne pense pas que la Conférence puisse envisager une modification des principes du traité, et à plus forte raison, un alurdissement des charges, qu'il impose à l'Italie.

En tout cas elle tient à attirer l'attention de la Commission sur la nécessité d'alléger, et non certes d'aggraver, des charges économiques déjà insupportables. En outre il est indispensable que ces dernières soient coordonnées sinon dans leur structure juridique, du moins du point de vue des effets économiques qui en découleront certainement. Les répercussions financières et sociales que la connaissance du projet a déjà produites en ltalie permettent de se faire une idée des conséquences autrement graves qui se produiraient, sans le moindre doute, si l'attente d'un adoucissement substantiel devait ètre déçue.

La délégation italienne n'a guère pu collaborer aux travaux de cette Commission, elle se devait d'autant plus de la mettre en présence de telles responsabilités.

313

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. s.N.D. 16107/1161. Parigi, 16 settembre 1946, ore 18,30.

Seguito mio colloquio odierno con Gruber posso pienamente confermarti contenuto mio fonogramma n. 1153 1 .

Gruber dichiara che non c'è ombra di equivoco circa il fatto che la questione del comprensorio resta aperta e non dubita che in successiva più quieta atmosfera il Governo italiano troverà una soluzione soddisfacente le reciproche esigenze dei due gruppi. Egli non era personalmente al corrente del telegramma direttovi da Volgger e Guggenberg e ne è spiacente. Promette che si adopererà per calmare quegli elementi e ti prega di non dare soverchia importanza alla cosa.

Ti assicuro che ho chiarito con lui la situazione nei termini più precisi e leali.

I delegati belgi e olandesi, per suggerimento inglese, hanno trasmesso al Segretariato della Conferenza una nuova proposta nella quale fanno propria l'intesa italo-austriaca. La formula da inserirsi nel trattato è all'incirca questa: «Le Potenze alleate e quelle associate prendono atto delle disposizioni (testo allegato) concordate tra il Governo italiano e quello austriaco il 5 settembre 1946 che assicurano determinate garanzie agli abitanti di lingua tedesca dell'Alto Adige». La Francia ha dichiarato agli inglesi che appoggerà tale proposta 2 .

t Vedi D. 309. 2 Per la risposta vedi D. 332.

314

L'AMBASCIATORE QUARONI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. D. 380. Parigi, 16 settembre 1946 1•

Visto che mi trovo, ancora una volta, e per suo incarico, di fronte al problema dei rapporti italo-jugoslavi, ritengo mio dovere attirare la sua attenzione sugli elementi essenziali di questa complessa questione: desidero almeno che ella sappia come, ed in che quadro, io vedo la impostazione generale del problema.

Si tratta della questione più grave che l'Italia deve affrontare: dico la più grave poiché dalla impostazione dei rapporti italo-jugoslavi dipende, per un lungo periodo almeno, tutta l'impostazione della politica estera italiana.

I rapporti nostri con la Jugoslavia, non sono, infatti, soltanto i rapporti fra noi e il nostro vicino: sono i rapporti fra noi e tutto il mondo slavo e quindi con la Russia: e di converso sono quindi anche i nostri rapporti col mondo anglo-americano.

Come vede la Russia nel suo complesso la questione giuliana? Si tratta di una terra contestata da secoli, fra italiani e slavi. La guerra 1915-18 è finita, entro certi limiti, colla vittoria italiana: se noi avessimo vinto la presente guerra, a fianco della Germania, sarebbe stata la vittoria definitiva -in quanto c'è a questo mondo qualche cosa di definitivo -dell'elemento italiano. Ma la guerra è finita con la nostra sconfitta e la Russia intende che questa sua vittoria segni la vittoria definitiva dell'elemento slavo. Esaminare qui in questa sede quanto in questa politica russa giochino elementi vari -comunismo, panslavismo, espansione imperiale russa -ci condurrebbe fuori del tema. A noi, oggi, la Russia pone questa domanda: riconosce l'Italia il carattere definitivo di questa vittoria? La considera essa cioè come una lotta finita, a cui non si penserà più, o la considera essa invece solo come una battaglia perduta e si riserva di riprendere la lotta appena le circostanze glielo permettano? È questo quello che i russi vogliono dire quando ci chiedono di riununciare al fascismo, all'aggressione, all'espansione ai danni dei popoli slavi.

Ora --ed è mio dovere il dirlo -i russi sono convinti che l'Italia, o, per essere più precisi, una parte dell'Italia, considera la nostra sconfitta solo come una battaglia perduta e si prepara alla rivincita: e quando noi rivendichiamo, o cerchiamo soluzioni varie per Pola, o altre località, non c'è Dio al mondo che riuscirà a convincere i russi che noi lo facciamo con altro scopo che quello di mantenere posizioni di partenza per una futura ripresa offensiva. Potremo dire a Mosca o a Belgrado, con qualsiasi mezzo, tutto quello che noi vogliamo, potremo dare tutte le assicurazioni che vogliamo, fino a che noi non avremo tàtto una precisa dichiarazione di accettazione della sconfitta e ci condurremo in modo da dimostrare che questa accettazione è sincera, Mosca ci considererà sempre, potenzialmente almeno, come legati all'altra parte.

1 Nella copia conservata in archivio manca l'indicazione della data di arrivo.

Si noti poi che, a mio avviso, se andiamo a vedere il fondo della questione, i russi non hanno del tutto torto. Cosa era in fondo l'irredentismo giuliano prima del 1914? L'elemento italiano della Venezia Giulia, non riuscendo più a reggere alla spinta slava, con le sue sole forze, e nell'ambito della duplice Monarchia, chiamava al suo soccorso le forze dell'Italia. Dal giorno in cui l'opinione pubblica italiana ha fatto suo questo irredentismo la politica italiana era segnata: potevamo rinnovare tutte le Triplici di questa terra; era evidente che esse avevano meno valore reale delle carte cui si erano scritte. Egualmente ora, anche se moltissimi di noi non se ne rendono conto chiaramente, la via è segnata: dal martirio di Pola, di Fiume o di Zara o di quello che si vuole, si va a finire, a rime obbligate, al nostro intervento in guerra contro il mondo slavo a fianco degli anglo-americani, se e quando e dove questo conflitto deve scoppiare.

Questo è quindi il primo punto, ma essenziale, che noi dobbiamo chiarire a noi stessi: che ci sia dell'irredentismo in Italia è inevitabile: ma è l'irredentismo la politica del Governo italiano o per lo meno la politica dei tre grandi partiti di massa? Se non è così -come ho tutte le ragioni di credere -bisogna non chiudere gli occhi al fatto che tutta la nostra impostazione polemica del problema della frontiera orientale, dal giorno in cui è stata aperta, è di natura tale da favorire l'irredentismo italiano e le sue conseguenze lontane per la politica estera italiana. In altre parole: consideriamo la nostra sconfitta come definitiva -in quanto in atto c'è qualche cosa di definitivo a questo mondo -o pensiamo alla rivincita? Non si può affrontare il problema dei rapporti italo-jugoslavi, della formulazione di un sistema di convivenza, se noi non ci siamo dati una risposta su questo punto.

Pensiamo noi alla rivincita, un giorno? Bene, ma questo significa che noi, fin da oggi, siamo legati, per tutto quello che può accadere, alla politica anglo-americana nei riguardi della Russia: che abbiamo già scelto la nostra parte nella futura possibile lotta: lo stato dei rapporti tra i due è tale che questa ipotesi va considerata come tutt'altro che irreale. E ci siamo legati non come lo siamo oggi, e come lo saremo forse ancora domani, per un complesso di circostanze che, essendo contingenti ed estranee a noi, possono, tra qualche tempo, non avere la forza che hanno oggi: ci siamo legati per volontà nostra. Si noti bene, anche questa è una politica, che come tutte le politiche ha il suo pro e il suo contro: la si può discutere ed arrivare alla conclusione che è la migliore per noi: ma io vorrei che a questa politica, se è realmente la migliore per noi, ci arrivassimo cogli occhi aperti e non per una specie di slittamento passivo sotto l'impulso di reazioni sentimentali, per non dire di peggio.

Perché la posizione sia chiara, tengo ad aggiungere subito che io sono favorevole, invece, dato come stanno le cose, alla tesi dell'accettazione della guerra perduta, e questo per varie ragioni.

l) La tesi della rivincita ci lega, senz'altro, al gruppo anglo-sassone. Ora data l'esperienza disastrosa di due guerre mi sembra che lo scopo principale della politica estera italiana dovrebbe essere quello di fare l'impossibile per restare neutri. È già difficile così come è che ci lascino in pace: ma essere costretti a subire la sorte del Belgio e dell'Olanda è una cosa: metterei fin da adesso in una politica che sappiamo già che ci condurrà alla guerra è una cosa ben differente.

2) Se proprio poi dobbiamo continuare a partecipare a tutte le guerre che si combattono, almeno vediamo di non ripetere l'errore di scegliere la parte perdente un'altra volta. Adesso è troppo presto per decidere da che parte ci conviene essere.

Mentre l'irredentismo, come l'idea di rivincita, ci lega senz'altro e senza via d'uscita ad un campo, l'accettazione, sulla nostra frontiera orientale, della nostra sconfitta, non significa legarci al campo opposto: significa solo non legarci al campo anglo-americano e solo togliere di mezzo un ostacolo insormontabile ad una qualsiasi possibilità di intesa, od anche solo di riavvicinamento, all'altro campo.

In via subordinata osservo poi che, anche se avessimo deciso di legarci al campo anglo-americano, ci sarebbe da dubitare, per il nostro vantaggio immediato, della opportunità di metterei su di una politica di irredentismo che è proprio la politica verso la quale ci spingono con tutti i mezzi a loro disposizione -e sono molti e veri -gli anglo-americani. L'irredentismo, o la rivincita che è lo stesso, definiscono o garantiscono ai loro occhi la linea della nostra politica estera meglio di qualsiasi trattato: una volta m essici noi su questa strada, essi -gli anglo-americani -sanno benissimo che non hanno bisogno di fare nulla o quasi per tenerci nel loro campo (e lo stanno già mostrando chiaramente). Se noi invece, sia pure con una manovra non sincera, ci creiamo la possibilità di intenderei anche con l'altro campo, essi dovranno ben fare qualche cosa di concreto per tenerci nel campo loro.

Come che sia, cercare un possibile terreno di intesa fra noi e gli jugoslavi presuppone appunto che noi abbiamo deciso per la politica di accettazione della sconfitta. Questo non toglie che possiamo ancora, in quanto crediamo sia possibile, cercare di migliorare qua e là la linea di frontiera: quello che importa è che, una volta arrivati alla soluzione definitiva, noi siamo decisi ad accettarla sinceramente ed a fare tutto il lavoro necessario per farla accettare, non al popolo italiano che ha troppo buon senso per non capire, ma a quella massa iniqua ma numerosa di agitati che, da quasi un secolo, si è assunta di rappresentare l'opinione pubblica italiana.

Partendo dunque dal presupposto che noi abbiamo deciso di prendere la via dell'accettazione, vediamo per che mezzo e per che via si può sperare di giungere all'accordo.

Premetto intanto che, impostate come sono oggi, sia da parte italiana sia da parte jugoslava, le conversazioni attualmente in corso sono su di una base falsa la quale non può condurre a risultati positivi di sorta. Oggi infatti cerchiamo, tutti e due, di vedere se attraverso negoziati diretti possiamo ottenere dall'altro qualche cosa di più di quello che possiamo ottenere dalle decisioni collettive della Conferenza. Ora qui non si arriverà mai a nulla, se non altro per il fatto che sia noi che gli jugoslavi, per ragioni soprattutto di politica interna, ci troviamo nella situazione di fatto di accettare un sacrificio impostaci dai Quattro, ma non possiamo volontariamente rinunciare nemmeno ad un semplice villaggio senza suscitare all'interno un putiferio. Per cui quando nella nostra conversazione con Bebler 1 ho cercato di trasferire le trattative dal campo dei negoziati territoriali al campo superiore dei rapporti economici e della sicurezza, l'ho fatto sì per ragioni tattiche, per evitare di rispondere no, ma l'ho fatto anche perché sono convinto che questa è l'unica via giusta da seguire.

In ordine di importanza, secondo me, viene prima il problema della fiducia e della sicurezza fra le due parti. Parliamoci chiaro. Gli jugoslavi hanno paura di un attacco da parte nostra, non tanto oggi, di noi come Italia, quanto di noi pattuglia di punta del gruppo

l Vedi D. 259.

anglo-sassone. Noi abbiamo paura di un attacco jugoslavo, non di un attacco della

Jugoslavia sola, ma di una Jugoslavia, pattuglia di punta del gruppo slavo; ed

abbiamo paura di un attacco diretto contro di noi, e di un attacco limitato al

Territorio Libero di Trieste. Potremo avere torto tutti e due, ma questo stato

psicologico di sfiducia esiste e bisogna tenerne conto.

Nel corso della conversazione ho lanciato anche la parola alleanza: l'ho fatto a scopo di surenchère: perché secondo me l'alleanza è troppo, almeno per il momento. Un'alleanza è una cosa seria: prima di farne bisogna pensarci molte e molte volte: in ogni modo essa, se si vuole fare una cosa solida, deve essere la fine e non il principio di una politica. Quello che io avrei in mente invece, è una specie di Locarno, per cui l'Italia e la Jugoslavia si garantiscono reciprocamente la integrità della loro frontiera e della frontiera dello Stato Libero, impegnandosi ad astenersi da qualsiasi azione diretta od indiretta. A sua volta questo trattato italo-jugoslavo dovrebbe essere garantito dall'O.N.U., o magari immediatamente da qualche Stato europeo e, in seconda istanza, dall'O.N.U. È una cosa che va studiata e ponderata in tutti i suoi dettagli, senza fretta, in modo da fare qualche cosa che stia in piedi. Contemporaneamente o susseguentemente, si dovrebbe studiare il campo dei rapporti economici, rendendolo il più vasto possibile, ed arrivare fino ad accordi concreti di compensazione di certi settori della economia dei due Paesi appunto in vista degli scambi reciproci. Qui la possibilità e l'utilità reciproche sono troppo evidenti perché sia necessario insistere.

Una volta fatte queste due cose, abbiamo creato la premessa perché dalle due parti si possa lavorare in buona fede per creare un'atmosfera di vero buon vicinato tra i due popoli. E una volta creata questa atmosfera, tante piccole questioni che oggi sembrano insolubili si potranno risolvere senza grandi difficoltà. Ma -e lo ripeto -questa è la sola via da seguire. Bisogna cioè cercare di risolvere prima il problema della fiducia e, una volta risolto questo, discutere e trattare delle altre questioni: la procedura contraria non può che portarci all'insuccesso e anzi peggiorare, invece che a migliorare, i rapporti tra i due Paesi.

Una eccezione a questo principio -fino ad un certo punto -può essere costituita dalla questione dello statuto del Territorio Libero, perché qui può essere non solo utile a tutti e due arrivare ad un accordo diretto, ma può anche essere utile arrivarci al più presto. Essenzialmente, sia nei rapporti fra russi e anglo-sassoni, sia nelle discussioni fra noi italiani, ci troviamo di fronte a due tesi. Tutti i poteri al governatore, o tutti i poteri all'assemblea.

Dato che la popolazione dello Stato Libero è, nella sua maggioranza, italiana, noi dovremmo logicamente dare tutti i poteri all'assemblea. Se molti di noi esitano a dirlo è, diciamolo francamente, per l'incognita dell'atteggiamento dei comunisti italiani. Siamo su di un terreno di importanza grande per noi: nella mia grande inesperienza di politica interna italiana io non riesco a capire perché i partiti italiani non comunisti non possano dire francamente ai comunisti: che voi nello Stato Libero di Trieste facciate lega con gli slavi per dare allo Stato Libero una struttura magari prevalentemente socialista, questo non ha nulla a che fare con la politica estera, ma di fronte a manovre -possibili anzi probabili -da parte degli slavi dirette a provocare lo slittamento nel campo politico dello Stato Libero verso la Jugoslavia, ci garantite voi che i comunisti italiani faranno blocco con gli italiani contro gli slavi? Questo sarebbe se non altro porre il problema in termini chiari.

Un altro argomento che sento fare, in favore dei poteri al governatore, è di un altro genere. Si dice: noi siamo troppo deboli per poter difendere lo Stato Libero contro un colpo di mano jugoslavo sia dall'estero che dall'interno: l'unica cosa che può difendere gli italiani e lo Stato Libero è la presenza sul posto dell'O.N.U. nella persona del governatore c con poteri ampissimi. Occorre in parole povere, che il governatore autoritario di Trieste difenda l'italianità di Trieste, l'integrità del Territorio Libero ed in ultima analisi l'Italia.

Sarà una deformazione, causa della mia cattiva educazione, ma io non riesco a credere alla benevolenza dell'America, dell'Inghilterra e della Russia verso l'Italia. Per cui quando l'America, l'Inghilterra c la Russia si levano a difenderci in qualche cosa, la mia reazione --è un peccato grave, lo riconosco -non è un movimento di riconoscenza, ma il cercare di indovinare quali interessi suoi quel determinato Paese protegge o persegue dandosi l'aria di difendere i nostri. E nella maggior parte dei casi non è difficile scoprire questi interessi, veri o presunti. L'internazionalizzazione di Trieste è un vecchio progetto anglo-americano: a che interessi risponde questo progetto? Ammettiamo anche che la frase lanciata <<Una Gibilterra dell'Adriatico» sia esagerata: esagerata lo è certamente; si tratta di sapere fino a che punto. Intanto una utilità la vedo e subito.

Il governatore dell'O.N.U. sarà un norvegese o un paraguayano mettiamo: ma è certo che presto scopriremo accanto al governatore, in funzioni magari non del tutto preminenti, qualche inglese: e sarà questo inglese a menare la baracca. Ora ha questo inglese interesse a che gli italiani e gli slavi vadano d'accordo? Evidentemente nessuno; in pratica l'accordo impedirebbe di far venire truppe e polizia straniere ma e soprattutto perché ogni incidente creato, e non sarebbe difficile crearlo, susciterebbe un'ira di Dio in Italia e in Jugoslavia, approfondirebbe sospetti e dissidi, sarebbe quindi un sistema infallibile ed economico per tenere saldamente l'Italia nel campo anglo-americano. Se vogliamo sapere cosa accadrà a Trieste non abbiamo che da andare a vedere quello che accade in Palestina tra ebrei ed arabi, o in India fra indù e musulmani, non senza lo zampino britannico.

È questo nel nostro interesse? dico di no. Tutti i poteri al governatore può essere per noi un 'ultima ralio a cui si dovrebbe ricorrere o il giorno in cui abbiamo seriamente deciso che la rivincita in questo particolare caso deve essere la nostra politica, o il giorno in cui, dopo aver tentato onestamente e sinceramente la via dell'accordo, ci siamo dovuti convincere che da questa parte non c'è nulla da fare.

A questo riguardo le proposte fatte da Urban ad Arpesani non mi spaventano affatto 1 . Prima di tutto esse sono troppo evidentemente ispirate ai criteri per la vendita dei tappeti in un bazar orientale: poi una volta sia stato deciso da noi che vogliamo tentare seriamente la via dell'accordo, che ne accettiamo la premessa essenziale (riconoscimento dello spostamento della frontiera), la sola via possibile (la garanzia della sicurezza reciproca), su questo punto con gli jugoslavi è possibilissimo discutere e discutere duro. E se essi sono in buona fede dovrebbero capire anche loro che la loro sicurezza vale bene qualche concessione in materia di statuto; e se non lo capissero loro questo lo capiranno i russi.

Il problema è troppo grave per potere essere deciso altro che attraverso una matura decisione di governo: per questo non ho voluto altro che esporle gli elementi

l Vedi D. 305.

essenziali della questione come io li vedo. E soprattutto segnalare che è un terreno difficile e delicato su cui, nella nostra situazione, è impossibile muoverei con empirismi all'inglese: bisogna sapere quello che si vuole e saper volere quello che si vuole. Non solo, ma se si vuole la fiducia dell'altra parte, e se si vuole anche evitare molti riflessi interni di questa questione, bisogna che la decisione di marciare sulla via dell'accordo non sia la decisione di un uomo politico, o di un solo partito, ma una decisione comune e sincera di tutti quei partiti che oggi rappresentano la grande maggioranza dell'opinione pubblica italiana.

Altrimenti non avremo che pericolosi slittamenti in una direzione od in un'altra. Non voler vedere le cose come sono, non voler essere chiari di fronte a noi stessi, il lasciare andare ci ha già portato una volta al disastro. Non ce lo dimentichiamo.

315

L'AMBASCIATORE QUARONI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. D. 381. Parigi, 16 settembre 1946 1•

Al momento del suo ultimo soggiorno a Parigi, la situazione ~e le previsioni ~circa la nostra frontiera orientale, sembravano dominate dalla serrata dei Quattro: sembrava doversi ritenere che i Quattro fossero sostanzialmente d'accordo nel far cadere ogni emendamento sia in nostro favore, che a nostro sfavore per mantenersi nelle linee delle decisioni di Parigi. Fin da allora risultava però poco chiara la posizione della Russia, poiché alcuni elementi importanti ~il violento discorso di Vyshinsky, il mezzo ultimatum di Kardelj ~potevano lasciare supporre che i russi non escludevano di poter riaprire la questione nella speranza di ottenere per la Jugoslavia una soluzione ancora più favorevole.

Gli ulteriori sviluppi dei dibattiti, ed ulteriori impressioni raccolte in vari ambienti, mi inducono a concludere che non solo esiste la possibilità che la questione venga ancora riaperta, in qualche modo, ma che c'è una seria possibilità, vorrei dire anzi una probabilità di ulteriori slittamenti anglo-americani verso la tesi jugoslava. Che gli americani specialmente tengano presente la possibilità che la questione venga ancora riaperta dai russi mi sembra, fra l'altro, dimostrato dal fatto che essi hanno, in tutta fretta, ritirato alcuni piccoli emendamenti da loro proposti, ed hanno esercitata una indubbia pressione su alcuni Stati del loro gruppo perché lasciassero anche essi cadere i loro. Sembrerebbe che negli ambienti anglo-sassoni si tenda a ritenere che la tattica dei russi, per queste come per altre questioni, sia quella di tirare in lungo i dibattiti per arrivare alla stretta dell'ultima settimana con un bel numero di problemi ancora aperti, e profittare poi del desiderio americano di non rimandare ulteriormente la sessione dell'O.N.U., per strappare

l Nella copia conservata in archivio manca l'indicazione della data di arrivo.

ancora qualche concessione. Questa possibilità indiscutibilmente esiste e ciò per se stessa rappresenta un pericolo. Ma, per me, essa non è il pericolo più grave: quello che io temo è la riunione dei quattro ministri degli esteri che, contemporaneamente alla sessione dell'O.N.U., dovrebbero redigere il testo definitivo del trattato, in base alle raccomandazioni della Conferenza dei Ventuno. È stato già detto che in questa riunione dei Quattro si deve trattare anche della questione tedesca -la questione europea n. l -i cui retroscena ci sono poco noti e che poco ci interessiamo a seguire, ma che è indiscutibilmente in istato di crisi acuta: non è affatto escluso che venga in discussione anche la questione della revisione della Conferenza di Montreux. Ci sono quindi in presenza tutti gli elementi per un nuovo clearing: e non credo di potere essere tacciato di eccessivo pessimismo se temo che possiamo essere chiamati ancora una volta a farne le spese.

Tutta la prima parte della Conferenza è stata una complessa manovra, delle due parti, per saggiare le disposizioni reciproche. La mia netta impressione è che i russi siano venuti alla conclusione -che del resto condivido anche io -che il piano francese non sia l'ultima linea di resistenza degli anglo-americani, che sia ancora possibile portarli più indietro. Se questa mia impressione non è sbagliata, i russi non sarebbero più i russi se non facessero il possibile e l'impossibile per ottenere anche questo successo.

Quale è secondo i russi l'ultima linea di resistenza anglo-americana? Alla cosiddetta linea jugoslava non dò molta importanza. Gli jugoslavi non agiscono se non come portavoce dei russi; si dice: questo è vero solo fino ad un certo punto: gli jugoslavi hanno anche delle idee loro in proposito, e poi, comunque, loro, come noi, hanno delle necessità di politica interna di cui debbono tenere conto. Quello che è importante, invece, è la linea bielorussa. Essa ci conserva la conca di Tarvisio e soprattutto ci conserva Monfalcone (i russi hanno evidentemente capito che quello a cui gli inglesi non avrebbero mai consentito è a mettere sotto uno stesso gruppo di influenza Cattaro, Valona e Monfalcone): ma riduce poi il Territorio Libero di Trieste a poco più che la sola città. Questo è dove i russi vogliono portare gli anglo-americani. E per arrivare a questa soluzione io non sarei affatto sorpreso che i russi, dopo aver messo gli anglo-americani alla disperazione per la stanchezza e la noia, uscissero fuori con il colpo di scena di proporre che Trieste, ridotta più o meno a queste proporzioni, sia lasciata senz'altro all'Italia, con solo un regime internazionale speciale per il porto.

Che questo colpo di scena venga -o no -fatto dai russi, dipenderà molto dall'idea che essi si faranno della resistenza anglo-americana: ma non la ritengo una supposizione strampalata. Come ella sa, Bebler nel propormi l'accettazione da parte nostra del piano bielorusso contro un netto riconoscimento della prevalenza italiana nel Territorio Libero (governatore italiano e vice governatore jugoslavo) mi ha fatto chiaramente intendere che la condizione del vice governatore jugoslavo non era una condizione sine qua non. Ho poi avuto dalla mia conversazione con lui la netta impressione che gli jugoslavi -e probabilmente i russi -sono così preoccupati della possibilità di questo Territorio Libero in mano agli anglo-sassoni attraverso l'O.N.U. che in ultima analisi preferirebbero dare il Territorio Libero all'Italia 1•

I Vedi D. 259.

Ora si sente ella sicuro che gli anglo-americani non si lascino andare a questa manovra con tutte le sue possibili varianti? (Trieste all'Italia potrebbe per esempio essere anche proposta dagli eterni mediatori, i francesi?) Io proprio no.

È inutile che le ripeta qui quanto le ho scritto molte volte sulle incertezze americane e sui complessi calcoli inglesi in tutto questo affare: si noti che la manovra russa, se dovesse verificarsi il colpo finale che suppongo, potrebbe permettere loro anche di presentare questa soluzione, sia a noi che alla loro opinione pubblica, come un loro successo. Ma quello che io temo soprattutto è l'idea fissa americana che essi debbono, ad ogni costo, ottenere il ritiro delle truppe russe dal territorio di tutti gli ex satelliti orientali; che una volta che hanno ottenuto questo essi avranno ampie possibilità di rovesciare -a loro favore -la situazione presente in tutte quelle zone: che per ottenere questo ritiro è necessario firmare la pace. Per cui io temo che, messi di fronte all'alternativa di fare ulteriori concessioni ai russi

o di non firmare la pace, essi si rassegneranno ancora una volta a cedere.

Comprendo -e non discuto -le ragioni varie, sia interne che estere, per cui noi insistiamo ancora oggi sulla inclusione di Pola nel Territorio Libero, per cui non vogliamo ancora accettare il principio dello Stato Libero, per cui vogliamo ancora insistere sulla possibilità di non firmare. Ma vorrei che ella tenesse presente che fra qualche settimana o anche fra qualche giorno, potremmo trovarci nella situazione di considerare la soluzione dei Quattro come un male minore ed a chiedere altrettanto disperatamente che essa non venga ulteriormente peggiorata ai nostri danni.

C'è qualche cosa che noi potremmo fare presso gli anglo-americani per impedire questo ulteriore slittamento? Ben poco, secondo me, e per fare, s'intende non fare per fare, ma fare per ottenere un successo.

Si potrebbe provare a dire francamente agli anglo-americani: noi abbiamo cominciato, sia pure debolmente, la battaglia delle nostre frontiere sullo statu quo, ci siamo poi ritirati sulla linea Wilson, poi su quella inglese, poi su quella francese: lo abbiamo fatto in base a promesse vostre, promesse esplicite, checché ne vogliaiw dire oggi, specie da parte americana; se volete cedere ancora, almeno ditecelo francamente, perché noi possiamo vedere se ci conviene di continuare ad essere imputati per imposizione vostra o non piuttosto di cedere noi volontariamente alla Jugoslavia ed avere almeno la soddisfazione di liquidare una volta per tutte e direttamente i nostri rapporti col vicino.

Si potrebbe anche tentare, probabilmente con ancor minore successo, di persuadere gli americani che tutte le loro speranze balcaniche e centro-europee sono una pura illusione. In base ai trattati di pace i russi si sono impegnati ad evacuare solo la Bulgaria, dove probabilmente essi ritengono di lasciare la situazione in buone mani. Per gli altri Paesi essi hanno il diritto di «garantire le loro comunicazioni con l'Austria». Ossia questi Paesi saranno evacuati per intero (?) solo quando sia concluso il trattato di pace con l'Austria. Trattato di pace che non si potrà fare che se e quando la Russia vi darà il suo consenso. Intanto che cosa accadrà: i russi ridurranno le loro truppe di occupazione dalle presenti cifre di varie centinaia di migliaia a qualche diecina di migliaia e forse anche meno. Ma queste truppe, anche se ridotte, ridottissime, sono sempre sufficienti a mandare per aria tutti i bellissimi piani politici ed economici che gli americani possono avere oggi in mente.

Come che sia, credo necessario che ella, signor ministro, il Governo italiano ed il Ministero degli esteri si rendano in primo luogo conto che la situazione è

ancora fluida, che è suscettibile ancora di sensibili peggioramenti a nostro sfavore. Più che per una azione nostra politica e diplomatica, conviene prepararci fin da ora alle ripercussioni che eventuali ulteriori peggioramenti della situazione possono avere sulla nostra politica estera e sulle decisioni del Governo.

316

L'ON. BONOMI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

L.' Parigi, 16 settembre 1946.

Ti riferisco brevemente lo stato odierno della controversia itala-jugoslava.

l) Bebler insiste per spostare la linea francese e avere Gorizia. Vorrebbe, aiutato dalle delegazioni slave, sopprimere la contiguità fra l'Italia e il futuro Territorio di Trieste. Credo che i Quattro terranno fermo sulla linea francese e impediranno l'attuazione dei due grossi colpi jugoslavi. Da Gorizia mi sono stati inviati telegrammi con ansiosi appelli a resistere. Ho mandato al sindaco di Gorizia un telegramma rassicurante. L'accenno alla resistenza dell'Assemblea costituente l'ho fatto in qualità di membro della Costituente, così credo di non aver impegnata la delegazione (ti mando copia del mio telegramma) 2 .

2) Le conversazioni fra me e Bebler sono abortite. Dopo l'invito fatto ad Arpesani di fissare un colloquio sabato mattina, è venuto un revirement. Gli jugoslavi (assicuratisi l'appoggio russo per lo statuto) hanno ritenuto inutile conversare con noi. Io non ho fatto alcuna difficoltà all'incontro, così che la responsabilità del mancato colloquio è tutta jugoslava.

3) Dopo il discorso Molotov sullo statuto di Trieste e l'intonazione aspramente polemica, non esito a ritenere che sia saggio per noi restare fuori della polemica. Se dovessimo schierarci con gli anglo-americani e francesi saremmo accusati -dalla bassa demagogia che purtroppo dilaga -di essere i servi del capitalismo e di voler fare di Trieste una colonia. Se dovessimo invece (e questa era la sostanza dell'accordo itala-jugoslavo che ci veniva proposto) accedere alle concezioni russe, ci metteremmo contro il mondo anglo-sassone, compromettendo la questione delle frontiere, sulla quale la Jugoslavia vuoi rimanere intransigente. Perciò credo di far bene non inviando alcuna richiesta di far parte della Commissione per lo statuto triestino, e credo conveniente di non esprimere ufficialmente alcuna opinione sulla materia.

Buon lavoro e buon successo.

l Autografa.

2 Esso diceva: «Prego assicurare associazioni enti partiti, che mi hanno telegrafato riaffermando l'italianità di Gorizia. che la delegazione italiana difende e difenderà la giusta causa. Noi siamo qui per attenuare, con un'opera difficile e spesso penosa, le clausole più dure del progettato trattato di pace. Non potremo quindi tollerare il suo peggioramento. cioè il distacco di Gorizia dalla madrepatria e la soppressione della contiguità dell'Italia col futuro territorio di Trieste. Come membro della Costituente, credo di poter affermare che l'Assemblea nazionale non saprebbe mai adattarsi a simili mutilazioni».

317

L'INCARICATO D'AFFARI A RIO DE JANEIRO, GIARDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 16250/416. Rio de Janeiro, 17 settembre 1946, ore 10,10 (per. ore 19,45 de/18).

Mio telegramma in chiaro 413 1•

Questo Governo accogliendo riserve da me espresse a questo ministro affari esteri ad interim e di cui ai miei telegrammi 399 e 410 2 e 246 3 di codesto ministero, ha ieri emanato nuovo decreto che revoca, per quanto concerne beni italiani, disposizioni precedente decreto 9727 del 3 corrente il di cui testo integrale ho già trasmesso con mio telegramma in chiaro 397 4 . A questo Ministero degli affari esteri ove mi sono recato stamane per ringraziarlo decisione che discrimina italiani da sudditi tedeschi e giapponesi mi è stato detto che soluzione della questione generale dei nostri beni verrebbe rinviata a dopo la firma pace e impostata sulla base di trattative dirette tra i due Governi.

Nuovo decreto ripristinando statu qua ante ha suscitato favorevole ripercussione fra le nostre collettività che già temevano definitiva confisca beni loro associazioni.

318

COLLOQUIO DELL'ON. BONOMI CON IL CAPO DELLA DELEGAZIONE DELLA NUOVA ZELANDA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, MASON

VERBALE 5 . Parigi (Ristorante Prunier), 17 settembre 1946, ore 13,30-15.30.

Il presidente Bonomi ricorda un suo precedente soggiorno a Parigi, in veste di presidente del Consiglio italiano, assieme a Millerand, Briand e Lloyd George, per la soluzione del problema dell'Alta Slesia, ricorda ancora che il problema fu risolto a mezzo di un plebiscito, con cui le due nazionalità polacca e tedesca furono divise da un confine che lasciò il minor numero di allogeni nelle rispettive zone. Trattavasi anche lì di questioni intricatissime, in quanto le città erano abitate da tedeschi mentre nel contado prevalevano i polacchi.

Una soluzione di questo genere andrebbe bene per la Venezia Giulia e renderebbe oziose le discussioni sui limiti della zona da plebiscitare. Altra soluzione

1 Con T. 16147/413 del 16 settembre Giardini aveva trasmesso il testo del nuovo decreto legge emanato dal Governo brasiliano in materia di beni italiani.

2 Telegrammi 15579/399 del 6 settembre e 16042/410 del 14 settembre, non pubblicati.

l Vedi D. 288.

4 T. 15475/397 del 4 settembre, non pubblicato.

5 Trasmesso con Telespr. d. 403 di Lanza del 18 settembre. Al colloquio erano presenti anche l'on. Luzzatto, l'ing. Dalma e il segretario generale agli esteri della Nuova Zelanda, Mclntosh.

sarebbe quella di Rapallo, la migliore di tutte perché vi si giunse attraverso uno studio serio del problema e risultò l'unica che rispettasse i criteri geografici ed economici. Un'ultima ancora poteva essere quella della creazione di uno stato giuliano comprendente un territorio ampio, dai confini del 1914 a quelli del 1939. Esso avrebbe una vitalità economica e dominerebbe i due sbocchi, Trieste e Fiume, che altrimenti potrebbero farsi una concorrenza mortale attraverso derivazioni artificiali del traffico nell'uno o nell'altro senso.

Il signor Mason si rende conto dell'equità e ragionevolezza astratta di queste proposte di soluzione, ma naturalmente le dichiara non attuabili data la situazione odierna. Particolarmente difficile si presenta il problema dello sgombero dei territori da parte delle forze di Tito, per cui non è il caso di cullarsi in sogni non realizzabili. Ritiene invece attuale l'emendamento sudafricano, riguardante un allargamento del Territorio Libero di Trieste verso il sud fino a Pola inclusa, e dice che è meglio porre tutti i propri sforzi nell'intento di realizzare un miglioramento, anche piccolo, piuttosto che disperdere le proprie energie verso obiettivi molto più vasti, ma non realizzabili. Appoggerà perciò del suo meglio la proposta sudafricana, da abbinarsi eventualmente con un plebiscito della zona da aggregarsi al territorio triestino.

Richiesto sulla sua opinione riguardo all'attuale divisione politica dell'umanità in due blocchi, si schermisce affermando che non conosce abbastanza il mondo russo per poter formulare dei giudizi, e che forse altri possedevano la chiave per la comprensione di questo mondo. Ad ogni modo, a lui, attraverso l'esperienza del Lussemburgo, questo mondo appariva quanto mai insincero e lontano dalle idealità sue.

Il discorso porta poi a problemi riguardanti la Nuova Zelanda, ed egli ci informa, nella sua veste di ministro per gli affari indigeni, della situazione dei maori in quel Paese. Si parla poi della possibilità di una immigrazione italiana data la scarsità di abitanti nella Nuova Zelanda, e la fertilità del suo suolo. A ciò, il signor Mclntosh risponde sorridendo che c'è già l'immigrazione delle spose dei soldati, perché molti hanno sposato ragazze triestine o pugliesi.

Il sig. Mclntosh fa una forte critica della politica di Bevin, e più particolarmente dei vecchi funzionari del Foreign Office, nei confronti dell'Italia ed in generale in tutte le questioni che oggi agitano l'umanità. Per quanto riguardi i nostri partigiani, egli ne conosce il valore e disse che hanno scritto alcune tra le più belle pagine della storia di questa guerra e che la loro azione era veramente grandiosa. Egli ne era informato benissimo, sia da quello che egli ha visto quanto visitò l'Italia nel 1944 insieme al primo ministro, sia anche per quanto gli raccontarono gli ufficiali neo-zelandesi, e particolarmente Cooks che dopo aver fatto tutta la campagna italiana e dopo aver lavorato anche in collegamento coi paracadutisti ha scritto un libro sull'argomento, libro che uscirà tra poco.

Mclntosh ritiene che il governo laburista non ha neppure molto successo nella politica interna e ritiene che il motivo dell'insuccesso sia principalmente il sabotaggio fatto da certe sfere della burocrazia inglese, la quale ha anche la massima responsabilità per gli errori della politica estera.

I due signori ci assicurano della massima loro simpatia ed appoggio nella nostra causa, e si dichiarano a nostra disposizione per chiarimenti, consigli ecc.

319

L'AMBASCIATORE A N ANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 16180/126. Nanchino, 17 settembre 1946, ore 19,50 (per. ore /9 del 18).

Questo ministro degli affari esteri, arrivando Nanchino, in dichiarazioni alla stampa ha affermato: «La Cina spera agli elementi liberali e democratici in Italia venga data la possibilità di affermarsi e che il trattato non sia troppo duro così da non incoraggiare una rinascita di fascismo: questa la posizione presa da delegazione cinese alla Conferenza».

Riterrei opportuno che tali dichiarazioni avessero rilievo in stampa italiana dispensandole naturalmente come semplici notizie giornalistiche non (dico non) da fonte ufficiale.

Ministro ha proseguito ribadendo noto punto di vista cinese su colonie, dichiarando: «Colonie Paese ex nemico non devono essere considerate bottino guerra Paesi vincitori». Ha informato Cina non aver reclamato riparazioni «malgrado perdite subite, direttamente e indirettamente, come conseguenza guerra con l'Italia e nonostante Italia, dopo rivolta Boxers, abbia preteso forti indennità dalla Cina».

320

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL MINISTRO A TEHERAN, PORTA

T. 14327/16. Roma, 18 settembre 1946, ore 23.

Suo 42 1• Riterrei opportuno che provvedimento fosse attuato in occasione di qualche avvenimento, sia relativo ai particolari rapporti itala-persiani sia alla nostra situazione generale, che lo giustificasse dinnanzi opinione pubblica nostra ed internazionale. Oramai prossima conclusione lavori trattato pace potrebbe essere una di codeste occasioni propizie o, ad esempio, inizio o fine eventuali trattative economiche fra due Paesi. Da ciò il breve rinvio proposto da parte nostra. Recente elevazione nostre legazioni Messico e Lima ad ambasciate sono state ad esempio motivate da azione latino-americana in favore giusta pace con Italia. Riteniamo, d'altra parte, che annunzio provvedimento dovrebbe coincidere con sua attuazione concreta. Fermo restando che misura è già in massima decisa, spieghi dunque costì amichevolmente che preferiamo attendere data suggerita.

I Vedi D. 283, nota 3.

321

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 162991115. Sofia, 18 settembre 1946, ore 23,30 (per. ore 16,30 del 19).

Telegramma V.E. n. 140 1 .

Ho consegnato a questo Ministero affari esteri nota redatta secondo le istruzioni

ricevute e terminante con protesta contro ordinanza, domanda revoca ordinanza stessa.

Successivamente ho consegnata copia a presidente Commissione alleata di

controllo (generale sovietico Birusov) ed a rappresentante britannico ed americano.

Generale Birusov ha eccepito incompetenza Commissione controllo dato «tranne

che per clausole armistizio essa lascia popolo e Governo bulgaro assolutamente

liberi» (testuale). Ha finito con accettare nota a titolo personale e con promessa

particolareggiato esame.

Reggente Ministero esteri (titolare attualmente a Parigi) in lunga conversazione

mi ha invece esplicitamente dichiarato che ordinanza è stata emessa su istruzione

Commissione controllo (Comando militare sovietico) e che finalmente nulla poteva

essere fatto senza decisione della stessa Commissione.

Ci troviamo così di fronte dichiarazione comune consueto gioco Paese contro cui si urtano da molti mesi anche inglesi e americani. Rappresentanti americano e britannico mi hanno promesso di sollevare questione in seno Commissione. Essi ne ammettono completa competenza ma non sono naturalmente affatto sicuri che risultati positivi potranno essere raggiunti. Ministero affari esteri è d'altra parte disposto, se gli sarà possibile, di mitigare ordinanza almeno secondo eccezioni contemplate nel progetto di trattato di pace con Italia. Mentre dal canto mio cer~herò con. ogni mezzo possibile di mantenere nostra tesi per revoca o sospensione ordmanza, ntengo anche che se riuscissimo ottenere almeno dichiarazione in tal senso ciò rappresenterebbe già un notevole passo innanzi. Secondo informazioni attendibili, ma che meritano conferma, interesse russi sarebbe principalmente rivolto verso n.os~re mag?io~i fabbri~he ed aziende e non si curerebbero proprietà private.

M1 n servo nfenre ultenormente appena possibile 2.

322

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE SORAGNA, A PARIGI

L. 1319 SEGR. POL.

Roma, 18 settembre 1946.

. Co~e. tu -~ai, l'Egitto n~n ci dichiarò la guerra, ma solo ruppe i rapporti diplomatici. Cw nonostante, Incontrammo difficoltà a riprendere le normali rela

1 Vedi D. 300. 2

Vedi D. 330.

410 zioni diplomatiche con quel Paese per il fatto che tutte le misure da esso prese nei confronti dei nostri beni colà, erano appunto basate sulla rottura delle relazioni italo-egiziane. Il Contenzioso giuridico del Cairo prospettò quindi al Ministero degli affari esteri egiziano l'inconveniente che sarebbe derivato dal ristabilimento di dette relazioni, in quanto sarebbe venuta a mancare la base giuridica per il sequestro dei beni italiani, sequestro che l'Egitto intendeva mantenere sino al trattato di pace nella fiducia che con detto trattato sarebbero stati indennizzati i suoi reclami nei

nostri confronti. Non avendo l'Egitto dichiarato guerra all'Italia, esso non figura nel preambolo del trattato tra i Paesi che dovrebbero firmare la pace con noi. Né può valersi del disposto dell'art. 77 in base al quale i membri dell' O.N.U. che siano in istato giuridico di guerra con l'Italia, possono dare al trattato di pace la loro adesione. Sembra quindi che con la conclusione dell'accordo raggiunto costà con la delegazione egiziana, sia ormai venuta meno ogni questione preliminare per la ripresa di relazioni diplomatiche normali fra i due Paesi non occorrendo fra di essi la firma di alcun trattato di pace. E pertanto, potremmo ormai far cadere la finzione giuridico-diplomatica per la quale De Astis e il suo collega egiziano a Roma (non ancora giunto) sono considerati semplici «rappresentanti ufficiosi». Ti sarei grato se vorrai intrattenere la delegazione egiziana e farci sapere qualche cosa in merito 1 .

323

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI PRUNAS AL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA

L. 1324 SEGR. POL. Roma, 18 settembre 1946.

Come avrai potuto dedu:re dalle stesse notizie delle agenzie giornalistiche, le s~er~nze che .la Conferenza dei. Ventuno p~ssa modificare a nostro favore il progetto d1 .trattato ~~ pace redatto dai Quattro, SI fanno sempre più evanescenti. È ormai ch1~ro che 1 Quattro non intendono mettere a repentaglio l'accordo fra di essi faticosamente r~~giunto .nello scorso giugno e che risulta soprattutto da un comp:~m.esso f~a gh mteress1 loro, e non da una equa valutazione degli interessi e dei d.mt~I no.stn. L.e stesse proposte di modifiche a noi favorevoli avanzate da delegaZIOni amiche, SI trovano quind! sistematicamente bloccate non potendosi quasi mai raggmngere a loro sostegno 11 numero dei voti stabilito perché possano essere appr~vate o, perlomeno, considerate come raccomandazioni. È quindi da ritenersi ~he ~~ troveremo, alla fine del~a C:onfe~enza di Parigi, con un trattato di pace identico al progetto attualmente m discussione e che è ben lontano dal rappresentare ~uella eq~a pace per la quale i Paesi latino-americani si sono così nobilmente mteressatJ.

1 Per la risposta vedi D. 345.

In tali condizioni è il caso di chiedersi se quei Paesi che non hanno nel contenuto delle clausole del trattato interessi o diritti propri da far valere, siano disposti o meno, con l'apporre al trattato suddetto la loro firma, o col darvi la loro adesione, ad assumersi la corresponsabilità della grave ingiustizia che viene perpetrata a nostro danno.

Codesto Paese non figura tra quelli elencati nel preambolo come firmatario del trattato di pace; tuttavia, esso si trova tuttora giuridicamente in istato di guerra con noi. L'articolo 77 del trattato prevede che «ogni altro membro dell'O.N.U. in guerra con l'Italia e che non è firmatario del presente trattato, può accedere al presente trattato e sarà considerato, dal momento della sua adesione, come Potenza associata per l'applicazione del presente trattato». Ne deriva che Cuba, per porre fine giuridicamente allo stato di guerra con l'Italia, potrebbe valersi del disposto dell'art. 77 e dare la propria adesione al trattato.

L'atteggiamento tenuto da codesto Governo nei nostri confronti è stato sinora dei più favorevoli; tutte le misure adottate durante la guerra nei riguardi dei cittadini italiani e dei loro beni costà sono state totalmente abrogate, come da te a suo tempo riferito; la delegazione cubana a Parigi si è espressa, nei confronti dell'Italia, in termini non equivoci; il rappresentante cubano a Washington ebbe a dire al nostro ambasciatore che il suo Paese non avrebbe probabilmente mai posto la firma ad un trattato di pace ingiusto per l'Italia.

Sembrerebbe quindi venuto il momento di sondare codesto Governo prospettandogli la possibilità di compiere verso l'Italia un altro gesto altamente significativo, quale sarebbe quello di dichiarare che, svanita ormai la speranza che a Parigi si facciano all'Italia condizioni di pace giuste, il Governo cubano non intende assumersi la corresponsabilità delle condizioni che ci verranno imposte e, pertanto, non si varrà della facoltà contemplata nell'art. 77. Nel contempo, onde normalizzare giuridicamente i rapporti praticamente già ristabiliti fra i due Paesi, il Governo cubano dovrebbe dichiarare cessato lo stato giuridico di guerra fra Cuba e l'Italia. Per quanto Cuba non abbia una posizione rilevante nella politica internazionale, tuttavia una tale dichiarazione avrebbe un non trascurabile significato morale anche per l'eco di simpatia che susciterebbe a nostro favore negli altri Paesi sudamericani.

Lascio a te di svolgere nei modi che crederai più adatti una opportuna azione nel senso suggerito 1 .

324

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL PRIMO SEGRETARIO CARROBIO

L. PERSONALE. Parigi, 18 settembre 1946.

Rientrando quassù ho avuto occasione di leggere un interessantissimo e brillantissimo rapporto di Quaroni, e precisamente il D. 380 dell6 settembre, partito ieri sera 2•

l Per la risposta vedi DD. 414 e 464. 2 Vedi D. 314.

Fattelo mostrare. Per quanto possa interessare il mio personale parere, dirò che sono d'accordo su alcuni punti, in totale disaccordo su altri e soprattutto su molte delle considerazioni pratiche. Poiché la questione ha diretta afferenza con quella per cui venni giù io, ho buttato giù alcune osservazioni, in fretta, per darle al corriere che parte tra poco. Altre ne potrei aggiungere, che mi sono venute in mente, ma il tempo è troppo breve. Mi limiterò a far cenno del problema economico. Trieste responsabilità diretta dell'O.N.U. ci solleva di molte preoccupazioni in questo campo.

Se credi, mostra le osservazioni a Renato [Prunas]. Ma ti pregherei poi di ritirarle e distruggerle.

Vorrei inoltre raccomandare a Paveri di andare molto cauti con la diramazione del rapporto. Ci son troppe considerazioni, dette estremamente bene, che si presterebbero a tendenziosa presentazione.

ALLEGATO

OSSERVAZIONI AL RAPPORTO D. 380 DEL 16 SETTEMBRE 1946

Perché porre in termini così definitivi, quasi eterni, l'alternativa se consideriamo la sconfitta definitiva o se pensiamo alla rivincita? D'accordo che non dobbiamo subordinare la nostra politica all'idea della «rivincita». Ma perché non !imitarci a dire che realisticamente, lealmente accantoniamo la questione per i prossimi venti-trenta anni, salvo a decidere secondo le contingenze quale sarà allora, ma allora soltanto, in definitiva la linea da scegliere? Posta la questione in questi termini relativi non vedo perché l'alternativa al riconoscimento di una sconfitta definitiva debba significare «che si siamo legati per tutto quello che può accadere alla politica anglo-americana nei riguardi della Russia».

D'accordissimo sulla desiderabilità di liberarci dalle rime obbligate dell'irredentismo. D'accordissimo pure sulla desiderabilità di dissipare il sospetto jugoslavo. Ma anzitutto (in ordine di tempo, non di importanza) non vedo che le trattative dirette, data appunto la situazione psicologica attuale, rispettivamente jugoslava ed italiana (sia noi che jugoslavi ... non possiamo volontariamente rinunciare nemmeno ad un piccolo villaggio senza suscitare all'interno un putiferio) possano conseguire una simile auspicata distensione dei sospetti jugoslavi senza un totale sacrificio delle posizioni nostre. In secondo luogo (ma questo è per me il punto più importante) non credo-forse sbaglierò-nella possibilità di una collaborazione italo-jugoslava entro il Territorio Libero, salvo anche qui una completa rinuncia alle nostre posizioni oppure salvo una collaborazione politica generale di tale portata da condurci definitivamente nel campo slavo: ed è quanto Quaroni vuole evitare non meno di quanto voglia evitare un nostro asservimento al gruppo anglo-sassone.

Se ci possiamo, con uno sforzo di volontà, liberare dall'«irredentismo», in quanto significhi desiderio di rivincita, non credo che ci possiamo facilmente liberare dell'emotività del popolo italiano per la sorte degli italiani nel Territorio Libero e per la lotta politica che vi condurranno. Ora la formula russa («tutti i poteri all'assemblea»), con le sue necessarie conseguenze rappresentanti in sostanza una qualche forma di condominio, ha per l'appunto il difetto di mettere fronte a fronte Italia e Jugoslavia, anzi Italia e «gruppo slavo», per ogni piccola questione di ordine interno, e saranno infinite, riguardante il Territorio Libero. Ed avremo così una situazione per cui, ad esempio, il licenziamento di uno spazzino municipale slavo a Trieste è suscettibile di influenzare i nostri rapporti col «gruppo slavo» sì da sentirne le ripercussioni oltre che a Trieste anche a Belgrado, Mosca, Varsavia e Praga; e per cui, viceversa, i nostri rapporti con quei Paesi ci costringeranno a determinate direttive della

nostra politica verso il Territorio Libero. La formula anglo-sassone («tutti i poteri al governatore») ha ai miei occhi soprattutto il merito di sollevarci nella massima misura della responsabilità, o anche solo della tendenza,

a prendere parte diretta al fatale urto tra le due nazionalità conviventi nel Territorio Libero. La responsabilità e le conseguenze del licenziamento dello spazzino cadranno esclusivamente sulle spalle del governatore. Sarà sino ad un certo punto «res inter alios acta», come le misure oggi adottate dall'A.M.G.

Insomma tanto Quaroni che il sottoscritto siamo fondamentalmente d'accordo sulla necessità di eliminare in quanto possibile il peso morto della questione giuliana dalla politica estera ed interna italiana; ma siamo diametralmente opposti circa il metodo migliore per conseguire questo risultato.

Sempre in questo campo. Ho, personalmente, molti dubbi circa l'effettivo proposito anglo-americano di mettere definitivamente piede a Trieste. Che oggi come oggi un loro interesse in questo senso ci sia, è indubbio. Ma anzitutto è in parte conseguenza immediata di una questione di prestigio oltre che di un residuato degli impegni morali presi verso di noi; e comunque non è affatto da escludere che tale interesse possa col tempo attenuarsi col semplice e probabile prevalere di tendenze isolazionistiche nei rispettivi Paesi. Il proposito del gruppo slavo di conquistare e consolidare delle posizioni a Trieste tenderà invece certamente col tempo ad acuirsi.

Inoltre dal tipo di statuto anglo-americano sarà sempre possibile, col tempo, passare ad un tipo più vicino a quello «russo» ma non è assolutamente vero il contrario.

Quaroni considera volutamente esagerate («ispirate ai criteri per la vendita dei tappeti in un bazar orientale») le odierne richieste jugoslave. Può anche darsi. È certo però che il prezzo definitivo di vendita sarebbe di gran lunga superiore a quello stabilito dai Quattro Grandi nella risoluzione del 3 luglio.

Aggiunge che la decisione di marciare sulla via dell'accordo deve essere «decisione comune c sincera di tutti quei partiti che rappresentano oggi la grande maggioranza dell'opinione pubblica italiana». Ora non è detto che essi continuerebbero a rappresentarla se cercassero di imporle una soluzione territoriale che la predetta maggioranza non è probabilmente matura ad accettare. Anzi, sono da prevedere le più gravi e profonde reazioni. Tale opinione pubblica potrebbe anche col tempo mutare. Ma penso che più facilmente potrebbe farlo attraverso un prolungato periodo di forzato disintercssamento (statuto tipo anglo-americano) che non attraverso le immancabili reazioni psicologiche ad una ulteriore mutilazione ed a una situazione di perdurante e rovente lotta politica nel Territorio Libero, quale risulterebbe da uno statuto tipo russo.

325

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE REALE CON IL VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI JUGOSLAVIA, KARDELJ

APPUNTO 1 . Parigi, 19 settembre 1946, ore 22-23,45.

Giovedì 19 settembre, in seguito ad invito telefonico di Bebler, mi sono incontrato nuovamente con Kardelj. Alla conversazione assisteva Vratusa (Urban) che ha fatto da interprete.

Kardelj ha cominciato col dichiararsi molto lieto del mio ritorno a Parigi che era stato messo in dubbio da qualche giornale che aveva persino diffuso la voce delle mie dimissioni da ambasciatore e da consigliere politico della delegazione italiana alla Conferenza della pace. La notizia delle mie dimissioni (che si dicevami

l Trasmesso con Telespr. d. 468 di Soragna del 25 settembre.

erano state imposte dal ministro De Gasperi) era stata interpretata negli ambienti jugoslavi come una sconfessione del mio operato a Parigi da parte del Governo e come una riaffermazione della volontà italiana di non giungere ad alcun accordo diretto con la Jugoslavia.

Ho chiarito a Kardelj come si erano svolte le cose a Roma e come il mio dissenso con De Gasperi non riguardasse affatto le trattative con la Jugoslavia sulle quali il presidente era stato d'accordo fin dall'inizio e che aveva anzi incoraggiate senza alcuna riserva. Ho profittato quindi dell'occasione per ripetere a Kardelj quanto avevo già detto a lui e a Bebler circa il desiderio dell'enorme maggioranza del popolo italiano di trovare un modus vivendi con la Jugoslavia, di sgomberare il terreno di tutte le questioni che ci dividono e di vivere in pace coi nostri vicini orientali.

Kardelj si è dichiarato soddisfatto delle mie rinnovate assicurazioni ma mi ha fatto osservare che le trattative da noi iniziate non avevano assunto quel carattere di concretezza che la delegazione jugoslava avrebbe desiderato. Qualche giorno prima il prof. Vratusa aveva consegnato ad Arpesani alcune proposte circa lo statuto del Territorio Libero di Trieste 1 , ma queste proposte non avevano potuto essere inviate a Roma e che solo dopo il parere del nostro Ministero degli esteri le conversazioni avrebbero potuto riprendere. Di fronte a una delegazione jugoslava con pieni poteri vi erano dunque tre delegati italiani che non avevano alcun potere e che, soprattutto, non avevano ancora presentato alcuna proposta concreta da servire come base alle trattative. In una simile situazione egli non poteva essere che molto scettico circa la conclusione pratica delle nostre conversazioni e si permetteva di farmi osservare che la condotta degli italiani autorizzava il sospetto che noi avevamo accettato di trattare non nell'intento di giungere realmente a un risultato favorevole ma solo per mostrare alla nostra opinione pubblica, ai Quattro Grandi e alle Nazioni partecipanti alla Conferenza che non avevamo respinto le offerte jugoslave e che eravamo animati dalle migliori intenzioni.

Ho risposto a Kardelj che si sbagliava circa la nostra cattiva volontà ma che ciò che egli aveva detto circa i poteri dei nostri delegati era rigorosamente esatto. Non soltano noi tre che avevamo condotto le conversazioni non eravamo muniti dei poteri necessari a concludere ma ne aveva di molto ridotti persino la delegazione italiana composta da De Gasperi, Bonomi e Saragat, i quali erano solo autorizzati a presentare le nostre ragioni davanti alla Conferenza, l'Assemblea costituente, ed essa sola, potendo decidere circa l'accettazione o meno del trattato di pace. Quanto a un accordo diretto tra noi e la Jugoslavia, esso trascendeva certamente i limitatissimi poteri della delegazione e avrebbe dovuto essere discusso dal Consiglio dei ministri. Le nostre conversazioni non potevano avere, di conseguenza, che quel carattere informativo ed esplorativo sul quale avevamo insistito fin da principio. Una volta trovato un terreno d'intesa sui punti principali e sulle questioni più controverse, avremmo riferito al Governo il quale avrebbe preso le decisioni del caso e dato incarico a noi o ad altri negoziatori di passare alla fase concreta delle trattative.

Le mie argomentazioni non hanno convinto del tutto Kardelj che, dopo avermi invitato a partecipare con Arpesani e Quaroni ad una nuova riunione alla quale

l Vedi D. 305.

415 avrebbe preso parte egli stesso, mi ha raccomandato di portare in questa riunione delle proposte concrete. Gli ho risposto che per le ragioni già dette ciò ci sarebbe stato impossibile ma egli ha replicato che, per lo meno sulla questione dello statuto, avremmo potuto rispondere alle proposte jugoslave con controproposte italiane. In mancanza di ciò la delegazione jugoslava si sarebbe confermata nella sua opinione che gli italiani non avevano l'intenzione di far sul serio e di giungere realmente a un accordo con i loro vicini.

Passando a parlare delle eventuali condizioni di questo accordo, Kardelj mi ha confermato che gli jugoslavi non firmeranno una pace che non riconosca una parte almeno delle loro più giuste richieste. «Non si tratta di un bluff o di una vana minaccia -mi ha dichiarato testualmente Kardelj -ma di una nostra ferma decisione alla quale non verremo meno quali che potranno essere le conseguenze di questo nostro atteggiamento. I popoli della Repubblica federativa jugoslava non ci perdonerebbero un nostro atto di debolezza o di suprema acquiescenza alle decisioni della Conferenza. Come avete fatto voi dopo l'altra guerra, aspetteremo con pazienza il momento buono che non potrà non venire. Noi siamo convinti che i Quattro dovranno finire col darci ragione e con l'accogliere le nostre rivendicazioni».

Kardelj mi ha esposto quindi le ragioni per le quali egli ritiene che un condominio italo-jugoslavo sul Territorio Libero sia più favorevole all'Italia che alla Jugoslavia e mi ha prospettato i gravi danni che proverrebbero all'Italia dalla non accettazione del trattato di pace da parte della Jugoslavia con la conseguente permanenza delle truppe alleate non solo a Trieste ma in tutta l'Italia settentrionale. Al che io ho risposto enumerando i danni e le conseguenze sfavorevoli che deriverebbero anche alla Jugoslavia in una tale eventualità.

Nell'ultima parte della nostra conversazione Kardelj si è sforzato di dimostrarmi come un gesto di generosità da parte italiana circa la questione delle frontiere sarebbe in fondo un doveroso atto di riparazione di un Paese aggressore verso una piccola Nazione aggredita e porrebbe fine una volta per sempre all'aspro dissidio che oppone nella Venezia Giulia italiani e sloveni. Fissate di comune accordo le frontiere tra i due Paesi, il popolo italiano e i popoli della Jugoslavia potranno aiutarsi vicendevolmente sul terreno economico e marciare insieme sul cammino della pace e del progresso umano. Ho replicato che erano tutte cose bellissime ma che nella realtà dei fatti nessun Governo italiano avrebbe potuto far approvare dall'opinione pubblica una cessione di territori ancora più grande di quella proposta dai Quattro e che era considerata profondamente ingiusta dalla maggioranza degli italiani. Al che Kardelj mi ha risposto che secondo lui era una questione di «buona volontà» da parte nostra e che non avrebbe dovuto esser difficile ai grandi partiti di massa far comprendere al popolo italiano come l'amicizia della Jugoslavia, il benessere delle popolazioni italiane del Territorio Libero destinate alla più profonda miseria in caso di mancato accordo tra le due Nazioni, il vantaggio economico di tutto il popolo italiano e i numerosi altri vantaggi di ogni genere che ci sarebbero venuti da una intesa diretta tra le due Nazioni potrebbero ben valere qualche chilometro quadrato di territorio «restituito» alla Jugoslavia.

Il colloquio con Kardelj -che si è iniziato alle 22 e ha avuto termine alle 23,45 -si è chiuso col reciproco augurio di un felice esito delle nostre conversazioni, con la fissazione del prossimo convegno a sabato sera e col rinnovato invito di Kardelj a portare delle «proposte concrete».

326

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL MINISTRO A PRAGA, TACOLI

T. 14371/135. Roma, 19 settembre 1946, ore 23.

Suoi 240-241, 244, 245 1•

Attirasi attenzione sul fatto che art. 69 draft trattato, se pur potesse stabilire diritto per Potenze alleate e associate trattenere e liquidare beni italiani (salvo eccezioni fra cui beni cittadini residenti), non accorda loro però diritto disporre codesti beni o ricavo liquidazione se non per quella parte corrispondente effettivi fondati reclami; e sancisce obbligo restituire beni e ricavo che eccedano ammontare reclami.

È inoltre da considerare che trattato trovasi attualmente soltanto allo stato di progetto e che pertanto nessuna liquidazione o confisca di beni italiani potrebbe essere intrapresa da codesto Governo. Governo italiano sta del resto conducendo azione presso Conferenza Parigi per ottenere che anche diritto ritenzione e liquidazione sia strettamente limitato all'ammontare dei reclami e che tali reclami siano controllati e verificati da Commissione internazionale con partecipazione italiana o siano concordati fra le parti. Particolari nostra azione sulla questione sono esposti documento trasmesso le con telegramma per corriere n. 14130 in data 14 settembre2• È pertanto da evitare anticipata azione codesto Governo che sarebbe gravemente dannosa e illegale, nonché compiere ogni sforzo per persuadere Governo cecoslovacco rivedere sue pretese allo scopo ridurle reale consistenza eventuali danni effettivamente arrecati da Italia e Cecoslovacchia. Qualsiasi ulteriore negoziato (operai, scambi, ecc.) non può essere che condizionato più comprensivo atteggiamento codesto Governo.

327

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A PARIGI

L. 1327 SEGR. POL. Roma, 19 settembre 1946.

Risulta da buona fonte che il ministro d'Inghilterra presso la Santa Sede ha consegnato all'ambasciatore Charles, prima della partenza di quest'ultimo per Parigi, un lungo e circostanziato appunto sulla situazione in Italia.

In tale appunto Osborne critica francamente la politica svolta dagli Alleati nei nostri riguardi, indicandone tutti i pericoli e suggerendo radicali modifiche nell'interesse stesso della Gran Bretagna e dell'America. Secondo il giudizio di Osborne

l Vedi DD. 234, 245 e 249. 2 Non pubblicato.

la situazione italiana minaccerebbe di diventare molto seria e pregiudizievole per gli interessi alleati, soprattutto per il progressivo indebolirsi dell'autorità del Governo e per le agitazioni sociali derivanti da un malessere del quale, in gran parte, gli Alleati stessi sono responsabili.

Sir Noel Charles avrebbe detto ad Osborne di essere particolarmente lieto dell'iniziativa da lui presa in quanto le considerazioni contenute nell'appunto sono pienamente condivise dall'ambasciata britannica a Roma.

Sin qui le nostre informazioni che, ripeto, sono di ottima fonte. Ella sa del resto quanto siano verosimili. Non c'è inglese in Italia di una qualche sensibilità politica che non le condivida e non se ne preoccupi. So bene che non c'è gran che da fare. Ma le assicuro che questo progressivo logoramento dell'opinione pubblica italiana nei confronti degli Alleati ha assunto in quest'ultimo periodo -com'era previsto e prcvedibile-un ritmo crescente. Ed è bene che lei ne sia esattamente al corrente 1•

328

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. PERSONALE 2074. Ankara, 19 settembre 1946 (per. il 4 ottobre).

Scelgo la-forma della lettera personale che mi consente maggiore libertà di espressione, ma che al tempo stesso, data la posizione tua e mia e dato l'argomento. non toglie al carattere ufficiale od almeno ufficioso delle informazioni, idee e considerazioni che seguono.

Dunque si tratta del telegramma a firma De Gasperi n. 111 2 concernente il punto di vista italiano sulla questione degli Stretti. Ci ho ruminato sopra nove giorni, fiutando che il suo contenuto non era tale da soddisfare questo Governo. Poi, trattandosi di una questione grossa, che sta sopra ogni altra a cuore dei turchi, che è molto interessante se non essenziale anche per noi e nella quale io ritengo molto opportuno che noi non siamo assenti, ho creduto conveniente anzi doveroso di non passare agli atti un telegramma del mio ministro, e sono andato a parlarne col segretario generale ambasciatore Erkin. Tu sai che io sono con lui in rapporti di molta cordialità e di grande franchezza. Egli apprezza, credo, la mia sincerità; i miei sentimenti di comprensione per la Turchia e per la sua posizione; ed il mio animo «mediterraneo».

Ad Erkin dunque ho detto quanto indicato nel telegramma citato. Mi ha ascoltato con viva attenzione, ma con non dissimulata preoccupazione. Ti riassumo i suoi commenti.

Ma allora -egli ha detto -l'Italia va molto più lontano da noi che non l'America e l'Inghilterra! Quali sono esattamente le clausole che l'Italia crede doversi

I Per la risposta vedi D. 348. 2 Vedi D. 273.

rivedere? E in che senso? L'Italia pone sullo stesso piano i «legittimi diritti e gli interessi» della Turchia e quelli degli altri Stati interessati. Quali sono questi Stati interessati? Certamente l'U.R.S.S. lo è, come lo sono Romania e Bulgaria. Come crede l'Italia di poter conciliare il punto di vista sovietico con i diritti legittimi e gli interessi della Turchia? E -è tornato a chiedermi -quali sono le clausole di Montreux che non rispondono più, secondo l'Italia, alle esigenze attuali e che vanno sottoposte a revisione?

Ho passato un'ora con Erkin, la maggior parte della quale è stata da me impiegata a disperdere le sue apprensioni. Ci sono riuscito male. Gli ho detto che egli interpretava di traverso delle parole che ovviamente erano state dettate dal desiderio di mostrare simpatia alla Turchia. Se no, il mio ministero non avrebbe avuto che a tacere. Gli sarebbe stato molto facile. Certo non poteva Roma in un telegramma di poche righe scendere in dettagli tecnici circa le clausole da modificare. Non mi constava che la Turchia avesse preso ombra per analoghe espressioni usate dagli Stati Uniti e nel novembre scorso e nella nota del 19 agosto. Nella stessa nota turca c'era un concetto simile. Gli Stati interessati -ho detto erano ovviamente quelli di Montreux, e forse eventualmente altri ancora con interessi mediterranei. Ma che cosa attendeva la Turchia da noi?-ho soggiunto. Gli ho ricordato la nostra situazione interna e la nostra situazione internazionale. Soprattutto, noi attendiamo ancora la pace, che qualunque possano essere le piccole modifiche dell'ultimo momento si annuncia per noi estremamente e ingiustamente dura: e questa pace attendiamo in primo luogo dagli anglosassoni e dall'U.R.S.S. Credeva egli, Erkin, che proprio in queste condizioni fosse possibile all'Italia di gettarsi allo sbaraglio contro la Russia nella questione degli Stretti? E dopo tutto a quale risultato pratico simile assurdo atteggiamento avrebbe potuto portare? Che si appagasse -ho insistito -delle nostre buone disposizioni e della nostra buona volontà.

Quanto precede mi dà occasione di ripeterti alcune cose che sono andato dicendo in tanti miei rapporti sia sulla Turchia in generale che sulla questione specifica degli Stretti.

l) I turchi sono addirittura morbosamente suscettibili, e spesso portati a sospettare anche di parole o di atteggiamenti in cui non c'è nulla di meno simpatico nei loro riguardi (questa valutazione tocca l'ambasciatore Erkin anche a titolo personale, malgrado le sue moltissime altre qualità).

2) Questa loro caratteristica è soprattutto evidente in tutto quanto si riferisce alla questione degli Stretti. Essa è per loro vitale perché mette in gioco la loro integrità territoriale, la loro sovranità e indipendenza.

3) Col loro atteggiamento nella questione stessa essi sono convinti di rappresentare una parte per la quale tutti i Paesi mediterranei in primo luogo ma anche tutti i non sovietici o sovietizzati dovrebbero aver per loro una gratitudine imperitura.

4) L'ideale per i turchi sarebbe stato di mantenere la Convenzione di Montreux tale quale è in vigore. Si sono difficilmente indotti ad accettarne dei ritocchi unicamente perché, persuasi dagli anglosassoni, e soprattutto perché ciò era stato già ammesso dagli americani nel loro pro-memoria del novembre scorso.

5) Nei riguardi specifici dell'Italia non fascista essi hanno sentimenti dì sentita simpatia, non di rado dì ammirazione. Spesso ho l'impressione che perfino ci sopravalutino (parlo dell'Italia nelle sue condizioni attuali). Comunque la grande maggioranza degli uomini responsabili auspica una sincera amicizia ed una stretta cooperazione con noi. Sentimenti questi che, dal punto di vista italiano, io non posso che condividere, e che desidererei vivamente che anche codesto ministero condividesse.

6) Sempre nei riguardi degli italiani molti turchi hanno tuttavia spesso la vaga apprensione (basata su passate esperienze) che essi hanno la tendenza a «fare i furbi», ed a stare bene con Dio e col diavolo. Forse è appunto perché hanno conosciuto in me un decisamente non furbo che hanno nei miei personali confronti fiducia e simpatia.

Conclusione dì questa lettera diventata troppo lunga è che io riterrei utile, allo scopo di disperdere quel senso di disappunto e di incertezza nato in Erkin, che a firma De Gasperì (dico questo perché Erkìn sa che il telegramma era del ministro) mi si autorizzasse a ripetere (con molto maggiore autorità) quello che ho riassunto più sopra. Sarebbe bene anche che io potessi aggiungere che le clausole che non rispondono più, ecc. sono di carattere tecnico e si riferiscono agli annessi della Convenzione di Montreux e non alla Convenzione stessa.

Scusa, caro Prunas, questa lunga chiacchierata, ma, come vedi, è di servizio, ed è costato più a me scriverla dì quello che costerà a te leggerla 1•

329

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi (Ambasciata d'Italia), 20 settembre 1946, ore 11.

Bonomi: Apre la seduta alle ore 11 ricordando brevemente i precedenti delle trattative italo-jugoslave e dando lettura delle istruzioni scritte di De Gasperi portate da Roma dal dott. Casardi3 . Esamina l'atteggiamento assunto dalla delegazione

1 Per la risposta vedi D. 386. 2 Il verbale precisa che sono presenti: «presidente Bonomi, ambasciatori Tarchiani, Soragna, Martini, Quaroni, Reale, on. Arpesani, marchese Benzoni, dott. Casardi, dott. Canali e dott. Ducci».

3 Sono conservati nel fascicolo due distinti documenti: il primo è un foglietto manoscritto e si riferisce ad un progetto di lettera con cui la delegazione italiana si proponeva di chiedere di partecipare alle discussioni della sottocommissione per l'esame dello statuto del Territorio Libero di Trieste. Nel foglietto, sotto il titolo «Istruzioni di De Gasperi», si dice: «Non conviene chiedere di esser sentiti perché "non possiamo negoziare". Se invitati a parlare, porre la pregiudiziale che il Territorio Libero, per essere appena accettabile, dovrebbe estendersi sino a Pola». Il secondo documento, che reca l'indicazione «dal presidente a Casardi, 14 settembre», è dattiloscritto e dice: «Progetto di lettera per chiedere di discutere lo statuto. Credo inopportuno farsi sentire in sottocommissione, perché non vi è alcuna possibilità di negoziare. Se venissimo invitati potremmo esprimere alcune pregiudiziali e solo subordinatamente e condizionatamente parlare dello statuto. a) Le garanzie di indipendenza e rispettivo organo da stabilirsi dall'O.N.U. in presenza dell'Italia compartecipe. b) L'amministrazione interna basata sull'assemblea popolare e un suo Governo». Si veda anche D. 305, nota l.

jugoslava nelle sue pubbliche dichiarazioni durante gli ultimi giorm m materia territoriale e in materia di statuto di Trieste, domanda il parere dei convenuti circa l'opportunità di riprendere le trattative con gli jugoslavi.

Reale: Ha visto ieri Kardelj 1 il quale gli ha confermato il desiderio jugoslavo di continuare le trattative, e ha aggiunto che se noi siamo d'accordo sarebbero disposti anche a trattare in materia territoriale nell'intesa che da una parte e dall'altra non ci si irrigidisca su determinate condizioni. Kardelj aveva rinviato l'appuntamento di sabato mattina 18 settembre col presidente Bonomi, nell'idea che fosse prima utile trovare un terreno di discussione. Il punto di vista jugoslavo è che è necessario disarmare da una parte e dall'altra per poter assicurare la pacifica convivenza fra italiani e jugoslavi nel Territorio Libero di Trieste. Essi vorrebbero che le conversazioni avessero luogo con una certa rapidità, prima che la Commissione prendesse una decisione finale (che com'è noto è stata rinviata ai primi di ottobre). Kardelj e Reale erano rimasti d'accordo che domani sera 21 settembre tre delegati italiani e tre jugoslavi si sarebbero potuti incontrare. Ha avuto l'impressione che gli jugoslavi si siano ormai convinti che non sono da attendersi spostamenti notevoli alla linea del progetto dei Quattro, e altresì che le loro energiche dichiarazioni di non accettare tale linea siano solo a scopo di pressione. Gli jugoslavi non si vedono sufficientemente protetti dai russi e quindi tendono a un accordo con noi. Per questo sono disposti anche a trattare territorialmente. L'opinione personale di Reale è che bisogna continuare le trattative. È dubbio che si possa arrivare ad un accordo, ma non bisogna tralasciare nulla in questo senso. Nella riunione di domani sera bisognerà avere delle idee chiare, anche in fatto di statuto, allo scopo di fare eventuali controproposte.

Quaroni: Attira l'attenzione sul fatto che ci troviamo di fronte ad un problema della massima importanza, quello delle relazioni itala-jugoslave. Si tratta di vedere come noi consideriamo questo problema. Siamo disposti ad accettare le conseguenze di questa guerra, o invece intendiamo metterei sulla strada della rivincita? Noi siamo in realtà attualmente già su questa seconda strada, anche se tale non è l'intenzione del Governo. L'opinione di Quaroni è che bisogna invece considerare l'opportunità di un accordo reciproco di garanzia di una frontiera che si voglia da una parte e dall'altra riconoscere come definitiva: accordo che potrebbe ispirarsi a quello di Locamo e che potrebbe eventualmente essere garantito da due grandi Nazioni europee e in ultima istanza dall'O.N.U. come patto regionale. Quaroni ritiene che si potrebbero riprendere le conversazioni partendo da questo punto di vista e spiegando agli jugoslavi la necessità di esaminare il problema nel suo insieme, prima di scendere ai particolari, quale potrebbe essere la questione territoriale o quella dello statuto.

Tarchiani: Prima di iniziare le trattative bisogna sapere chiaramente quali poteri abbiano i nostri rappresentanti e dove vogliamo andare. Ha già espresso più volte l'opinione che questa è materia per il Consiglio dei ministri. Le istruzioni di Roma

t Vedi D. 325.

sono parziali e pregiudiziali, e riguardano solo un aspetto del problema territoriale. In queste condizioni, Tarchiani non sa di che cosa potrebbero parlare domani sera i nostri delegati. Inoltre è da tenere presente che scendendo a trattative dirette con gli jugoslavi noi indeboliamo le nostre posizioni rispetto alla Conferenza.

Soragna: Chiede a Reale se a suo avviso gli jugoslavi pensino che anche sulla questione dello statuto vi sarà in definitiva un accordo fra i Quattro a Parigi, tale da evitare che la questione di Trieste rimanga aperta.

Reale: Fino ad una settimana fa gli jugoslavi si erano illusi di potere ottenere almeno il tracciato proposto dall'emendamento bielorusso (così come noi quello dell'emendamento sudafricano) per lo statuto. Egli non ha un'impressione precisa ma non crede che gli jugoslavi pensino che si finirà per aver una rottura fra i Quattro sulla questione: essi prevedono probabilmente un accordo che non soddisferà né loro né noi.

Bonomi: Rispondendo a Tarchiani, afferma che a suo avviso i poteri della delegazione italiana in questo momento sono minimi. Le stesse riunioni della delegazione sono acefale, in quanto ad esse non partecipa neanche un membro del Governo. Per quanto riguarda la questione territoriale egli è d'avviso che bisognerà che le due parti si decidano ad accettare come minimo una determinata linea che dovrà essere la linea francese. Per quanto riguarda Io statuto segnala che c'è un progetto elaborato dalla delegazione giuliana, che gli sembra degno di approvazione, e si domanda se sarebbe il caso o meno di accettarlo come progetto italiano.

Quaroni: Ha attentamente esaminato il progetto della delegazione giuliana e ritiene che per il 90''1., esso sarebbe accettabile anche dalla Jugoslavia.

Soragna: Mette in rilievo l'importanza dell'elemento cittadinanza.

Quaroni: Ancora su tale argomento insiste su un pro-memoria, compilato dal prof. Quadri, i! quale in definitiva conclude nello stesso senso della proposta Molotov (cittadinanza al IO giugno 1940) che è stata anche la proposta fatta da Urban ad Arpesani.

Tarchiani: Su un progetto italiano di statuto dovremmo avere precise istruzioni da Roma.

Quaroni: Ricorda che in un precedente incontro gli jugoslavi hanno detto che potrebbero dare uno statuto speciale a Fiume e a Pola nell'ambito della costituzione jugoslava, e una garanzia per le minoranze da includersi nel trattato di pace. Riassumendo egli pensa che le prossime conversazioni potrebbero avere carattere esplorativo, e suggerisce che a tale scopo si ponga agli jugoslavi la seguente domanda: voi non ci avete ancora risposto circa la nostra proposta di un accordo per la garanzia reciproca delle frontiere fra Italia e Jugoslavia e per la frontiera del Territorio di Trieste; nonché circa un vasto accordo economico fra i due Paesi. Si potrebbe sentire se hanno qualcosa da rispondere al riguardo.

Reale: È d'accordo che si vada a parlare a titolo esplorativo ma contemporaneamente dovrebbe chiedersi a Roma che il Consiglio dei ministri prenda una decisione e dia precise istruzioni; altrimenti le conversazwm dovranno per forza

interrompersi.

Quaroni: Dopo l'incontro di domani sera il ciclo esplorativo delle trattative potrebbe essere concluso e i tre delegati potrebbero fare un rapporto definitivo da inviare a Roma.

Arpesani: Ritiene che le trattative siano utilissime perché consentono di venire a sapere che cosa la Jugoslavia può arrivare a concedere. A suo avviso l'atteggiamento jugoslavo è suscettibile di modificazioni su taluni punti. La trattativa diretta è ancora guardata con favore da varie delegazioni; così si è espresso anche Couve de Murville parlando con lui. Inoltre se riuscissimo a stabilire uno statuto soddisfacente per Trieste si potrebbe intravedere qualche possibilità di salvare Pola. Sarebbe da studiarsi se da parte nostra potremmo arrivare fino all'idea di includere Gorizia nel Territorio Libero.

Si discute circa i vantaggi e i rischi di una simile situazione: e si rimane d'accordo che la questione di Gorizia non deve essere all'inizio neanche menzionata da parte nostra agli jugoslavi. Si decide che domani sera Quaroni, Reale e Arpesani prendano parte alla conversazione con gli jugoslavi. Il rapporto che essi presenteranno verrà inviato a Roma. Viene infine deciso di inviare una lettera al presidente della Commissione politica per lamentare che non sia stato tenuto alcun conto del punto di vista e della proposta italiana in materia di confini con la Jugoslavia e che la delegazione italiana non sia stata sentita che una sola volta.

ALLEGATO

L'ON. BONOMI AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE POLITICO-TERRITORIALE PER L'ITALIA, EGELAND

L. D. 438. Parigi, 21 settembre /946.

Au terme de la discussion sur !es articles 3 et 4 du projet dc Traité avcc l'Italie, discussion dose hier 20 Septembre, la Délégation italicnnc se juge dans la nécessité de faire rcmarquer qu'une seulc fois, et sur sa demande, elle a été admise à illustrer devant la Commission le point de vue du Gouverncment italien sur le problème italo-yougoslave, problème dont nul ne saurait mcttre en doutc l'importance vitale qu'il revèt pour l'Italie.

A la suite des déclarations italienncs du 3 septembre, qui furent nécessaircment succintes et de caractèrc général, de nombrcux représentants dcs différcnts délégations ont pris la parole, dans certains cas plusieurs fois de sui te, et non seulcment pour cxposer leur. propre point de vue sur la question. mais aussi pour contester unilatéralemcnt maints aspects des affirmations qu'avait faitcs la Délcgation italicnne. Et à cct égard, la Délégation italienne tient à preciser qu'au cours de telles déclarations on a avancé dcs arguments sur lesquels elle ne peut faire que !es plus amples reserves, en mème temps que des données qui, à son avis, sont pour le moins inexactes et partiales, pour ne pas dire absolument dénouées de fondement.

Toutefois la Commission n'a pas jugé opportun d'offrir à un représentant de I'Italic la possibilité de répondre à de tclles déclarations, ou bien d'exposer le point de vue du Gouvemement italien sur une partie au moins des questions en discussion qui ont donné naissance au plus grand nombre de controverses, soit en expliquant l'interprétation qu'il fallait donner à certains des arguments que la Délégation italienne avait soumis par écrit à la Conférence.

La Délégation italienne se voit bien obligeé afin de relever que la Commission n'a pas cru devoir prendre en considération, ou tout au moins de prèter son attention à une importante proposition avancée depuis Iongtemps par I'ltalie. Aucun écho en effet n'a éveillé au sein de la Commission cette requète, pourtant constructrice, de revenir aux principes sanctionnés par la charte de I'Atlantique, en confiant à la directe volonté des populations intéressées le mandat de déterminer la ligne-frontière définitive entre Italiens et Yougoslaves. Gràce à une telle méthode, on obtiendrait, entre autres, I'avantage évident que la ligne-frontière obtenue de la sorte satisfairait à la nécessité de voir les populations limitrophes l'accepter de bon gré et d'un commun accord.

La Délégation italienne sent le devoir, par conséquent, de mettre encore une fois en évidence qu'une décision ignorant les droits et !es intérèts légitimes des populations intéressées ne pourra jamais ètre acceptée comme susceptible d'établir une paix durable.

Je vous saurai gré, Monsieur le Président, si vous voudrez bien porter cette lettre à la connaissance des Délégations représentées au sein de la Commission. Veuillez agréer, Monsieur le Président, I'expression de ma haute considération.

330

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 16393/118. Sofia, 20 settembre 1946, ore 18,20 (per. ore 19 del 21).

Mio telegramma 115 1•

Questo Ministero affari esteri ha immediatamente risposto alla nostra nota di protesta con nota in data 19 settembre limitandosi a comunicare che ordinanza era stata emessa su ordine scritto di questa Commissione di controllo alleata e citando numero protocollo e data dell'ordine ricevuto.

Non potendo evidentemente chiedere un'altra udienza al generale Birusov per dirgli che mi aveva asserito il falso ho preferito cogliere occasione di una mia visita a questo ministro dell'U.R.S.S. per esporgli, in linea amichevole quanto precisa, andamento della questione, e !asciandogli copia tanto della nostra nota come della risposta bulgara, ed avvertendolo che avrei indirizzato nota a Commissione di controllo alleata di cui era accertata competenza. Prima far ciò lo pregavo tuttavia di adoperarsi possibilmente per risolvere tanto «malinteso» sorto a proposito competenze Commissione quanto questione sostanziale.

Come di consueto ministro dell'U.R.S.S. si è limitato a promettermi filosofico esame questione sottopostagli. È sembrato rendersi conto eccezioni stabilite nostro favore dal progetto trattato pace e da nostre argomentazioni. Ha infine menzionato che, trattandosi di questione generale (beni da trasferire non solo in Bulgaria ma

1 Vedi D. 321.

anche in Ungheria e Romania), sede migliore per raggiungere lo scopo è Mosca

con conversazioni dirette. Avendomi anche asserito che analoghe misure sono già

state prese in Ungheria e Romania prego telegrafarmi quanto risulta a codesto

ministero con particolarità raffronto a ordinanza bulgara.

Qualora non abbia in tempo ragionevole comunicazione dal ministro dell'U.R.S.S o da comando militare sovietico mi propongo di indirizzare nota a questa Commissione controllo alleata chiedendo revoca ordinanza. Di tale nota consegnerò copia a rappresentante americano e britannico nella Commissione, da me tempestivamente informati conversazione con Birusov e di risposta già datami verbalmente da sostituto ministro degli affari esteri. Dalle conversazioni avute con due predetti rappresentanti risulta che ordine evidentemente emanato senza loro approvazione e senza neppure consultarli.

331

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 16410/1182. Parigi, 20 settembre 1946, ore 21,40.

Ho ritenuto utile ricevere ieri Volgger e Guggenberg che avevano chiesto di vedermi prima di lasciare Parigi.

L'azione moderatrice di Gruber ha avuto il suo effetto e i due sono in fondo spiacenti di aver indirizzato al presidente De Gasperi il messaggio di cui al telegramma per corriere di questa delegazione n. 0138 1 .

Ho avuto con loro una aperta ed esauriente conversazione al termine della quale essi mi hanno assicurato della loro sincera cooperazione, dichiarando che non si opporrano all'allargamento amministrativo con Trento purché diritti Alto Adige trovino in tale quadro adeguata tutela.

332

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A PARIGI

L. I6/31538n46. Roma, 20 settembre 1946.

Il presidente De Gasperi ha accolto con viva soddisfazione i chiarimenti e le assicurazioni di cui ai telegrammi n. 1153 e 1161, rispettivamente del 14 e 16 corrente 2 . Naturalmente non dubito affatto che nelle conversazioni che hanno

l Vedi D. 304. 2 Vedi DD. 309 e 313.

condotto all'accordo le cose siano state esplicitamente chiarite nei termini che lei

conferma. Ma si tratta, se non erro, di chiarimenti verbali che non lasciano dunque

traccia. Ora io mi domando e le domando se non sia per avventura opportuno che

una qualche traccia scritta vi sia. Magari sotto forma di una sua breve lettera a

Gruber in cui nel ringraziarlo a nome del presidente per le assicurazioni datagli

nell'ultimo colloquio avuto con lei, si riconfermi la ormai incontroversa interpreta

zione circa i limiti del potere autonomo.

Eccesso di cautela? Può darsi. Ma è certamente questo un problema che

riaffiorerà al momento della sua concreta attuazione con evidente rilievo e sarà,

credo, buona cosa avere sin da ora tutte le carte in ordine. La formula da inserirsi

nel trattato di pace, se resta tale, mi pare accettabile e comunque inoffensiva.

Ha visto le reazioni sovietiche all'accordo? La Pravda vi ha dedicato or è

qualche giorno un lungo articolo in cui, dopo aver rilevato che «mentre la regione

autonoma dovrebbe essere limitata all'alto Adige, secondo De Gasperi essa do

vrebbe invece comprendere anche Trento, ove ci sono oltre 400 mila italiani», si

afferma che «in alcuni circoli austriaci l'accordo del 5 settembre viene definito

come il primo passo verso un blocco antislavo». L'eterno incubo di Mosca. Ma

sono comunque reazioni di cui è bene tener conto.

Le sarò molto grato se ella vorrà, a nostro nome, segnalare la cosa a Quaroni, perché, se lo crede opportuno, voglia spiegare ai russi come le cose effettivamente stanno, come si sono svolte e a che fini puramente ed esclusivamente nazionali 1•

333

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. 1644111188. Parigi, 21 settembre 1946, ore 14,45.

A mio fonogramma 1182 2 . I cosiddetti plenipotenziari sud tirolesi Volgger e Guggenberg (cittadini italiani) ed Hans Shoefl (cittadino austriaco) hanno chiesto di essere autorizzati a fare ritorno in Alto Adige. Erano giunti a Parigi, i primi due con documenti rilasciati dalle autorità francesi in Austria, il terzo con passaporto provvisorio austriaco. In considerazione di quanto riferito con fonogramma sopracitato ho ritenuto opportuno farli munire documenti viaggio questo consolato onde assicurare che non verranno molestati rientro in Italia. Guggenberg e Schoefl si recano a Bressanone; Volgger a Bolzano. Prego voler dare comunicazione di quanto precede alla Prefettura di Bolzano. Mi riservo far conoscere data loro passaggio frontiera.

l Per la risposta vedi D. 349. 2 Vedi D. 331.

334

COLLOQUIO DEGLI AMBASCIATORI REALE E QUARONI E DELL'ON. ARPESANI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

VERBALE 1 . Parigi, 21 settembre 1946, ore 20-24.

Precedentemente alla riunione Arpesani ha avuto incontro con il prof. Vrati

shka (Urban). Sul primo quesito gli ha richiesto se da parte nostra noi avevamo

delle proposte concrete da fare: Arpesani gli ha risposto di no, che la nostra

conversazione avrebbe avuto uno scopo puramente esplorativo. Alle ore 19,30

Vratishka ha comunicato ad Arpesani che, in vista di questo, Kardelj non avrebbe

preso parte alla riunione, a cui sarebbe intervenuto il solo Bebler.

Arpesani desidera esprimere il sentimento che anima la delegazione italiana in queste conversazioni, che è un sentimento di amicizia verso la Jugoslavia. Richiama i vincoli che legavano i due Paesi durante la guerra del '15-' 18 da cui è uscita l'indipendenza jugoslava, per cui l'Italia si è battuta. Richiama i vincoli stabiliti nei venti mesi della Resistenza nella quale le formazioni italiane e jugoslave si batterono insieme contro un comune nemico. Afferma la volontà dell'Italia di stabilire rapporti durevoli e solidi col popolo vicino e ritiene che colla buona volontà e la reciproca comprensione molte difficoltà potranno essere superate.

Reale conferma le parole di Arpesani assicurando dei veri sentimenti di amicizia del popolo italiano verso il popolo jugoslavo.

Simié ringrazia e ricambia queste espressioni, augurando che con questo spirito si creino nuovi, solidi, rapporti fra i due Paesi. Chiede se alle proposte jugoslave vi sono risposte o controproposte italiane.

Quaroni chiarisce la posizione dei tre rappresentanti italiani che non hanno pieni poteri per discutere le proposte jugoslave e per proporre soluzioni. Lo scopo di queste conversazioni è di chiarire sul piano della cordialità e della lealtà i punti in esame, onde avere gli elementi da comunicare al Governo italiano per le sue decisioni che potranno servire di base ad una distensione più concreta. In linea di massima non riteniamo possibile affrontare le discussioni in quanto vi sono divergenze troppo evidenti sulla questione territoriale. La Jugoslavia ha dichiarato che si riserva di decidere di non firmare il trattato se viene mantenuta la linea francese. Dal canto suo l'Italia non è soddisfatta della linea francese per ragioni opposte in quanto soprattutto Pola sarebbe esclusa dal territorio italiano. Tale sistemazione rende difficile una discussione perché questa può avvenire soltanto se vi è un punto fermo, che sia quello dato dalla certezza che il trattato di pace quale esso sia venga accettato dalle due parti. Oggi questa premessa non c'è: gli jugoslavi hanno dichiarato -e ce lo confermano espressamente -che non firmeranno un trattato di pace che fissa la frontiera sulle basi della linea francese. Noi non abbiamo dichiarato apertamente che non firmeremo, ma abbiamo detto che non sappiamo se il trattato sarà accettato

l Sono presenti al colloquio il vice ministro degli esteri di Jugoslavia, Bebler, l'ambasciatore di Jugoslavia a Londra, Leontic, e il segretario generale e un consigliere della delegazione jugoslava alla Conferenza dci Ventuno, Yilfan e Yratusa (Urban).

dalla Costituente il che è lo stesso. Se restiamo su queste posizioni possiamo trovarci a dover firmare il trattato come Diktat: questo presuppone che a pace fatta le due parti restano in posizioni di irredentismo: in queste condizioni nessun accordo tra due Paesi è possibile e durevole. Tuttavia egli ritiene che si possa fin d'ora intravedere un primo punto di insieme sul quale italiani e jugoslavi dovrebbero mettersi d'accordo: ed è quello di una garanzia di quelle frontiere fra Jugoslavia e Italia che saranno fissate dai Quattro ed accettate e delle frontiere del Territorio Libero di Trieste, garanzia da stabilirsi in un trattato fra i due Paesi. Tale garanzia dovrebbe essere integrata dalla garanzia di due altre Potenze, come ad esempio Russia e Gran Bretagna o Francia. Chiede se i rappresentanti jugoslavi sarabbero d'accordo.

Simié replica dicendo che la risposta dipende dai termini dell'accordo che potrà stabilirsi tra i due Paesi. Rileva che si potrebbe accantonare ora la questione territoriale per passare all'esame di altre questioni, come quelle dello statuto di Trieste. Quaroni sottolinea la necessità di stabilire il punto di partenza fondamentale che solo permetterà di seguire con maggiore facilità le discussioni politiche e si riporta al piano economico.

L'intervento di Bebler provoca, a questo punto, una ripresa della discussione sui vari punti già accennati. Leontic asserisce che non vi è possibilità di miglioramento della linea francese a favore dell'Italia, mentre ci sarà probabilmente a favore della Jugoslavia. Quaroni e Reale contestano tali affermazioni sostenendo che analoga dichiarazione potrebbe esser fatta dagli italiani per il fatto che gli emendamenti favorevoli alla Jugoslavia sono stati respinti.

Bebler riassume il punto di vista jugoslavo dicendo che essi non accettano la linea francese e non potranno quindi mai considerare come accettata volontariamente e quindi garantibile una frontiera basata su questa linea.

Arpesani vuoi mettere in rilievo lo scopo che questa seduta si propone. Anzitutto si tratta di creare una premessa ad una più solida amicizia fra i due Paesi e per ciò sono utili le conversazioni attuali che permettono di chiarire gli opposti punti di vista e di trattare questioni che sono soprattutto di pertinenza dei due Paesi vicini fra i quali augura una pacifica convivenza. Ripete quanto detto da Quaroni sul fatto che i rappresentanti italiani mancano di pieni poteri; ma ciò, mentre dà a questi incontri il carattere di conversazioni chiarificatrici e informative, non deve impedire che si esaminino i diversi aspetti della questione, senza che tale esame significhi accettazione o rifiuto delle possibili soluzioni. È evidente che, fin che non vi sarà una soluzione della questione territoriale, non si possono cercare soluzioni concrete degli altri quesiti. Noi ci lagniamo della linea francese perché, tra l'altro, sacrifica Pola che sta nel nostro cuore. Gli jugoslavi devono rendersi conto che l'opinione pubblica italiana vede con angoscia la possibilità che sia strappato un largo lembo di territorio che è costato 600 mila morti e che, dal 1918, faceva parte del territorio italiano. Il sacrificio territoriale italiano è dunque molto grave. Se, attraverso le discussioni che si intavolano, si affaccerà una reciproca comprensione, l'accordo rivelerà anche l'utilità per i due Paesi di intese economiche che possono essere molto ampie e, a lunga scadenza, i due Paesi arriveranno anche ad un accordo sul piano corrispondente. Si augura che la Jugoslavia possa rendersi conto perfino dell'opportunità di ottenere dei miglioramenti a favore dell'Italia. Comunque, in questo spirito ritiene che già i delegati jugoslavi possano vedere l'utilità di un trattato -quale quello accennato dalla Francia -di garanzia delle frontiere. Inoltre, fin da ora è d'uopo esaminare la possibilità di una collaborazione tra le due economie italiana e jugoslava. L'esame, per chiarire altri punti, deve naturalmente essere inteso senza alcun impegno da parte nostra.

I vari punti prospettati da Urban nel colloquio del 13 settembre con Arpesani 1 vengono rapidamente delibati in relazione con le varie soluzioni che si profilano attraverso le proposte dei Quattro e della Jugoslavia per la sistemazione del Territorio Libero di Trieste.

Una lunga discussione viene a svolgersi sulle clausole economiche, insistendosi da parte di Bebler sulla priorità che dovrebbe esser riservata alla Jugoslavia nello sfruttamento economico di Trieste e sulla libera esportazione di moneta tra Territorio Libero di Trieste e Jugoslavia. La tesi jugoslava viene contestata da Quaroni che insiste perché si abbia a stabilire una assoluta parità di trattamento economico nei riguardi della Jugoslavia come dell'Italia. Viene altresì discussa l'eventualità del plebiscito proposto dalla delegazione italiana. Bebler e Vilfan prospettano che il plebiscito dovrebbe escludere le città e ridursi alla zona di frontiera in discussione. I delegati italiani contestano tale tesi.

La discussione sui vari argomenti si conclude coll'accordo di un nuovo incontro dopo che il Governo italiano avrà esaminato il rapporto che verrà immediatamente inviato a Roma, relativamente alle discussioni di questa sera 2 .

Le conversazioni si sono svolte dalle ore 20 alle ore 24.

335

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO

T. 14485/678. Roma, 22 settembre 1946, ore 1,30.

Suo 1008 3 .

Soggiorno americano on. Orlando coinciderebbe press'a poco con elaborazione definitiva nostro trattato di pace. Tale coincidenza non potrebbe non dare un tono e un orientamento speciali a tutti i contatti, discussioni e discorsi che on. Orlando dovesse tenere costì. Ciò che potrebbe aver l'aria d'inizio da parte nostra di una campagna revisionistica condotta su territorio americano, che non so quanto possa riuscire oggi gradita a Washington. Tanto io quanto on. Orlando abbiamo dunque un qualche serio dubbio sulla tempestività dell'iniziativa, dubbio che la prego di prospettare molto amichevolmente agli organizzatori e particolarmente a Marchisio, pur riaffermando che saremo molto lieti di attuarla a breve scadenza ma a momento politicamente più propizio. Mi telegrafi che cosa costoro, sotto il profilo indicato, le diranno in proposito 4 .

l Vedi D. 305.

2 Vedi D. 347.

3 Non pubblicato, con esso Di Stefano sollecitava la fissazione della data d'arrivo a New York di Vittorio Emanuele Orlando sottolineando l'importanza della sua presenza al Columbus Day.

4 Vedi D. 354.

336

L'ON. BONOMI ALLA COMMISSIONE POLITICO-TERRITORIALE PER L'ITALIA

DISCORSO. Parigi, 23 settembre 1946.

L'article 17 du projet de Traité est divisé en trois parties:

l) La décision définitive sur le sort des territoires italiens d' Afrique est renvoyée d'un an.

2) Dès à présent l'Italie devrait renoncer à tous ses droits et titres sur la Libye, l'Ertythrée et la Somalie.

3) Pendant I'année de renvoi, !es territoires italiens d'Afrique demeureront sous l'administration militaire britannique et, pour une partie moindre, sous l'administration militaire française.

Je me réfère au discours qu'a tenu devant I'Assemblée plénière de la Conférence

M. De Gasperi, Président du Conseil, pour vous déclarer tout de suite notre sentiment à cet égard. Si vous jugez opportun de voter le renvoi du problème à un examen ultérieur et bien pondéré, où il sera possible de tenir compte aussi des éléments d'ordre politique, économique et historique que l'Italie pourra alors y apporter, nous nous attendons à un renvoi pur et simple, c'est-à-dire sans la deuxième et la troisième condition indiquées ci-dessus. Notre attitude interprète le sentiment unanime du peuple italien qui serait profondément blessé si de telles conditions devaient subsister.

Je désire maintenant rappeler brièvement !es caractéristiques qui ont marqué notre activité en Afrique. Ces quelques notes vous prouveront qu'on ne saurait nous demander une renonciation à notre tache, juste au moment où elle commence à donner ses fruits.

Le Gouvernement italien a déjà souligné dans plusieurs documents présentés à la Conférence l'importance que revèt pour l'ltalie la question de ses territoires d' Afrique. C'est à ces documents que je veux me référer d'abord pour attirer votre attention sur ce fait: le problème qui en apparence est enclos dans la formule si brève de l'art. 17, et !es décisions que vous allez prendre, auront des conséquences fondamentales pour la paix italienne.

Je commence par un éclaircissement que je considère essentiel. Pour nous autres italiens, le problème de nos territoires d' Afrique a un caractère spécial: nous le considérons sous un double point de vue: en fonction de la population i tali enne qui s'y est établie et en fonction du progrès civil et politique des populations indigènes.

Dans !es territoires d'Afrique, la Libye, l'Erythrée et la Somalie, que l'Italie a acquis des dizaines et des dizaines d'années avant le fascisme, le peuple italien a réussi, gràce à un labeur long, difficile, pénible, à transformer l'économie de ces pays, à y établir une considérable quantité de ses enfants et à donner à ces territoires un essor qui a élevé puissamment le niveau de vie des populations indigènes. Les responsabilités politiques du fascisme dans la seconde guerre mondiale ont déjà formé l'objet de vos votes. Mais quelles qu'aient été ces responsabilités, serait-il équitable d'en faire peser tout le poids justement sur nos agriculteurs et sur nos ouvriers d'Afrique, c'est-à-dire sur les travailleurs italiens qui par leur sacrifice se sont créés une seconde patrie dans ces terres? Peut-on considérer constructive une paix qui tendrait à rendre plus critique la situation économique désespérée où se débat notre pays aujourd'hui, en arrachant aux travailleurs italiens ces possibilités de travail qu'ils se sont créées de leurs propres mains dans des conditions si dures? C'est pour cela que le problème des territoires italiens d'Afrique est tout d'abord un problème qui touche au travail et aux travailleurs et partant un problème de justice économique et sociale.

Sur la valeur concrète de l'oeuvre accomplie par nos travailleurs, je crois que tous les Etats ici représentés peuvent apporter leur témoignage direct. Vous connaissez ce que nos émigrants peuvent donner, ce qu'ils ont su donner. On doit rappeler ici que dans les territoires italiens d'Afrique l'absence de gisements de minerai et de ressources naturelles en matières premières ne saurait ni permettre ni laisser entrevoir le développement du bien-etre des populations par effet d'une exploitation à caractère capitaliste-industrie!. Ces territoires sont d'un caractère éminemment agricole et ils ne peuvent avoir de développement que par le moyen du travail des agriculteurs.

Tous ceux qui ont connu les territoires italiens d'Afrique, mème comme combattants dans les armées qui les ont parcourus pendant la guerre, ont pu constater le résultat de ce labeur, gràce auquel trois régions ~Libye, Erythrée et Somalie ~ parmi les plus déshéritées du continent africain, se sont métamorphosées en pays modernement équipés et en plein essor. Nous avons pu constater cette appréciation de notre travail par le consentement qui a accueilli, au sein du Conseil des quatre Ministres des Affaires Etrangères, la proposition franco-russe de faire confier par l'O.N.U. à no tre pays le trusteeship sur la Libye, l'Erythrée et la Somalie et j'exprime ici encore une fois la reconnaissance du peuple italien aux pays qui, en présentant ou en votant cette proposition, ont donné la preuve de leur sympathie pour le travail italien.

Mais je désire attirer votre attention sur une conséquence du problème dont l'importance ne sera pas moindre à l'avenir. Quand vous parlez de fixer le sort des territoires d'après les désirs de la population ~ et l'Italie est heureuse de voir l'application de cette volonté acceptée tout au moins sur le continent africain ~ vous ne pouvez certes passer sous silence les désirs des 200.000 Italiens de Libye, Erythrée et Somalie, soit qu'ils se trouvent encore là-bas, ou qu'ils soient internés ou réfugiés. Non seulement i\s forment partie intégrante de la population de ces territoires, mais encore ce sont eux qui ont dép\oyé \'activité économique la plus intense, qui est à la base de la structure économique actuelle de ces territoires et qui représente la condition première du progrès futur, matériel et intellectuel des population indigènes. Vous ne pourriez pas arriver à une décision juste si vous ignoriez leur voix.

Meme pour !es intérets des groupes de population d'origine proprement africaine, nous nous réclamons de la tradition authentiquement italienne; de collaboration, de sympathie et de compréhension pour les peuples du Proche Orient. L'Italie démocratique ~je tiens à le rappeler ici ~ voit ]es progrès des Pays Arabes du Prochain Orient avec un sentiment d'amitié et d'admiration et considère de la plus grande importance la reprise de relations cordiales avec eux.

Nous demandons, qu'on nous confie, selon !es modalités établies par la Charte de San Francisco et en vue des nobles fins poursuivies par celle-ci, le trusteeship sur nos territoires d'Afrique que des années et des années d'histoire et de travai! unissent à l'Italie; mais nous voyons dans ces territoires un terrain d'entente où !es populations italienne et indigène considérées comme !es éléments d'une seule unité territoriale, pourront donner à leur cohabitation actuelle !es plus vastes développements dans le domaine politique gràce à une collaboration de plus en plus intense. Ainsi, par exemple, une Libye où !es Italiens, !es Arabes, !es Juifs et !es Berbères, collaborent en plein accord à l'essor du pays dans un régime de pleine autonomie politique et administrative, pourrait fournir la preuve concrète des sentiments sincères que l'Italie ressent pour !es populations du Proche Orient. Par consequent je tiens à preciser que Iorsque l'Italie demande qu'on lui confie le trusteeship pour !es territoires africains qu'elle a acquis avant la période fasciste, elle demande non pas la restitution de colonies, mais bien l'honneur et la charge d'avoir à accompagner elle-meme !es populations de ces territoires vers le self-government et l'indépendance complète.

C'est pour cela que, sùrs de la justice de notre thèse, nous nous attendons à ce que votre décision -soit qu'elle soit prise aujourd'hui ou bien dans le futur confie à l'ltalie le trusteeship pour ces territoires.

Je crois utile ajouter quelques observations sur le texte de l'art. 17 du projet de Traité, te! qu'il est présenté à l'examen de la Commission. Selon le projet, la décision sur la question des territoires italiens d' Afrique est renvoyée d'un an au maximum.

Vous connaissez nos deux objections principales au texte de l'artide. Si vous vous décidez pour le renvoi, celui-ci ne peut se faire, d'après nous, que rebus sic stantibus, c'est-à-dire en prolongeant d'un an l'état actuel de ces territoires qui est celui de territoires placés sous la souveraineté italianne, reconnue internationalement, mais occupés militairement pour la plupart par la Grande Bretagne et pour une moindre partie par la France. En nous demandant, dès aujourd'hui, avant une solution définitive, de renoncer d'avance à notre souveraineté ou encore plus à «tous nos droits» sur ces territoires, on accomplirait un geste, non seulement injuste envers le peuple italien, mais surtout inutile et non pratique. Tout ce que je vous ai dit jusqu'ici sur le travail des ltaliens en Afrique est la meilleure preuve de l'injustice qui serait commise si, avant meme de discuter le sort définitif de ces territoires qui doivent tout à nos travailleurs, on voulait exiger de nous que nous renoncions à notre situation de droit.

Je passe sur !es répercussions qu'une renonciation préventive de notre part ferait évidemment subir au caractère juridique de l'administration militaire actuelle de ces territoires qui n'aurait plus pour base le droit préexistant de l'Italie. Mais je vous demande si vous trouvez vraiment pratique et utile que, dans des régions comme celles du Proche Orient où la situation politique est si délicate, on ouvre pour un an au moins -c'est-à-dire depuis la renonciation éventuelle de l'Italie jusqu'à la décision finale -une periode d'incertitude au point de vue juridique et partant politique. Si vous faites disparaìtre la souveraineté italienne de ce moment, vous aurez dans ces territoires ce qu'on appelle un vide au point de vue juridique. Pendant ce «vide» qui ne saurait ètre comblé que seulement en ligne de fait par l'administration militaire de la Puissance occupante, savez-vous bien à quelles forces négatives de tout genre vous donneriez ainsi l'occasion d'agir au détriment, et de ces territoires, et de la paix du monde? C'est bien fragile, de nos jours, un lien de pur droit te! que celui de la souveraineté, mais laissez-moi espérer qu'il compte encore dans la société des Etats.

Je voudrais ajouter encore un argument spécifique. Il y a aujourd'hui présents en Libye, en Erythrée et en Somalie plus de cent mille Italiens (sans compter par conséquent les Italiens réfugiés en Italie et ceux qui se trouvent encore internés dans les colonies britanniques). Est-ce que l'Italie peut, dans ces conditions, renoncer, dès maintenant et d'avance, à sa souveraineté sur ces territoires et laisser ainsi dans la plus incertaine des situations, sans protection juridique valable, cent mille de ses citoyens? Ce n'est pas là une vaine considération de prestige. Il est pour nous essentiel au contraire que le renvoi éventuel d'une année n'ait pas comme condition préalable la renonciation de l'Italie à sa souveraineté; mais que au contraire, si vous déciderez d'approuver le renvoi, celui-ci consiste dans un simple retard de la décision définitive sans comporter une renonciation qui ne ferait que causer à vous mèmes de nouvelles incertitudes et de nouvelles complications, et serait d'autre part profondément ressentie par le peuple italien.

Permettez-moi une dernière considération. Si vous allez voter le renvoi pur et simple d'un an, vous allez voter implicitement la prolongation de l'administration actuelle. Le Gouvernement italien tient dans ce cas à réitérer ses réserves. Les territoires de la Libye, de I'Erythrée et de la Somalie, se trouvent sous l'administration militaire britannique. Le régime norma! des territoires occupés, selon la loi internationale, prévoit le maintien de l'administration locale sous le contròle des autorités militaires de l'Etat occupant.

En Libye, Erythrée et Somalie, il y a eu au contraire substitution totale de l'administration militaire britannique à l'administration civile italienne. Si un te! régime devait ètre prolongé d'un an, il semblerait équitable qu'on le mette davantage en harmonie avec !es règles internationales. Je tiens à préciser que, quelle que soit notre position juridique, nous demandons qu'une part équitable soit réservée à notre administration civile pendant l'année de renvoi: et que, sous réserve de tous !es contròles militaires que la Puissance occupante désire garder pour des raisons de sécurité, soient rendus à notre administration au moins !es territoires à propos desquels n'existent pas des questions territoriales particulières ainsi que !es territoires où la population italienne immigrée à des intérèts prépondérants. Nous croyons ne pas sortir des limites du juste quand nous demandons d'ètre admis à collaborer, dans !es limites du droit et mème des possibilités pratiques, à l'administration de ces territoires dans l'attente d'une décision définitive.

Monsieur le Président, Messieurs les Délégués, personne d'entre vous ne contestera, je pense, la tradition millénaire de relations

amicales, politiques, économiques, culturelles, entre l'Italie et !es peuples de l'Orient et de l'Afrique. On ne saurait écrire l'histoire de l'Italie en l'oubliant; de mème qu'on ne saurait écrire l'histoire du Proche Orient en oubliant l'apport de l'Italie, des études, du travail italiens.

A u no m de cette amitié et de ces traditions nous demandons que, en reconnaissance du droit de ses travailleurs, soit confirmée à l'Italie la mission de continuer à prèter son oeuvre pour acheminer ces régions vers leur plein essor économique et politique dans l'intérèt de tous ses habitants ainsi que du progrès civil et humain.

337

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi, 23 settembre 1946, ore 18-19,30.

All'inizio della riunione, a richiesta del presidente Bonomi, l'ambasciatore Reale fornisce precisazioni circa una dichiarazione jugoslava pubblicata nel Times, secondo la quale le trattative italo-jugoslave sarebbero state interrotte perché, dopo i primi tre colloqui, la delegazione jugoslava avrebbe constatato che non vi era da parte italiana la seria intenzione di giungere ad un accordo, essendo state presentate richieste che modificavano a favore dell'Italia la linea francese già dichiarata inaccettabile dalla Jugoslavia.

Il dott. Cattani dà quindi lettura del progetto del discorso che dovrà essere pronunciato dall'ambasciatore Tarchiani alla Commissione politica e territoriale per l'Italia 2•

Gli ambasciatori Quaroni, Reale e Carandini osservano che la parte del discorso concernente l'Albania è redatta in termini troppo violenti e può prestare il fianco alle accuse di imperialismo. Si conviene che è opportuno redigere questa parte del discorso in termini più moderati e fornire invece maggiori precisioni su quanto è stato fatto di positivo in Albania dall'Italia, sviluppando questo argomento analogamente a quanto si è fatto per la parte del discorso concernente l'Etiopia. Questa ultima parte non dà luogo ad osservazioni.

L'ambasciatore Soragna dà quindi notizia di una comunicazione del Ministero degli affari esteri circa l'approvazione, da parte della prima Sottocommissione parlamentare, dei due primi articoli della Costituzione relativi ai diritti della persona umana ed alle quattro libertà fondamentali. Il dott. Cattani legge la lettera preparata per dare comunicazione di ciò alla Conferenza, in relazione al memorandum italiano sull'art. 143 , lettera che viene approvata.

Il presidente Bonomi pone il quesito se convenga interessare qualche delegazione perché intervenga a nostro favore nel problema dei criminali di guerra. L'ambasciatore Quaroni esprime l'avviso che non convenga sollevare la questione. L'ambasciatore Reale è dello stesso avviso, dato che in questa materia siamo in torto non avendo mai fatto nulla per la punizione dei nostri criminali di guerra.

1 Il verbale precisa che sono presenti: «On. Bonomi, presidente; ambasciatori Carandini, Quaroni, Reale, Tarchiani, Soragna; S. E. Cerulli; cons. Benzoni; dott. Cattani».

2 Vedi D. 351.

3 Ed. in Foreign Relations of the United States. 1946. vol. IV, cit., pp. 143-144.

Resta inteso che l'ambasciatore Carandini sentirà alcune delegazioni al fine di accertare quale sia il loro atteggiamento al riguardo. La riunione è sciolta alle ore 19,30.

338

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI, ALL'ON. BONOMI, A PARIGI

Roma, 23 settembre 1946.

Quaroni mi trasmette due rapporti (nn. 380 e 381 )2 che ho letto con molto interesse.

Nel primo mi segnala un ulteriore possibile slittamento anglo-americano verso la linea bielorussa e precisa tale pericolo nel senso che i russi potrebbero anche decidersi ad assegnare Trieste all'Italia in piena sovranità con regime internazionale del porto. Siffatto orientamento sovietico potrebbe essere giustificato in primo luogo dall'esclusione di ogni ingerenza anglo-americana, e, sussidiariamente, dal completo isolamento del territorio, ridotto alla sola città, dal resto d'Italia. Non so se il successivo rigetto degli emendamenti jugoslavi e bielorussi da parte dei Ventuno renda ancora attuale tale pericolo.

A proposito del secondo rapporto, vorrei osservare che:

l) dobbiamo di necessità battere una strada difensiva e percorrerla sino in fondo. Anche Quaroni è, credo, di questo parere, quando osserva che «sia noi che gli jugoslavi ci troviamo nella situazione di fatto di accettare un sacrificio impostoci dai Quattro, ma di non poter volontariamente rinunciare ad un semplice villaggio, senza suscitare all'interno un putiferio». Che codesta difesa comporti il pericolo di farci apparire agli occhi degli slavi come desiderosi di mantenere posizioni di partenza per una futura ripresa offensiva e di galvanizzarne conseguentemente la diffidenza e il sospetto, è, credo, inevitabile.

2) Il problema dell'accettazione della sconfitta o dell'impostazione di una politica di rivincita e di revisionismo si porrà in concreto dopo, quando saremo posti innanzi a decisioni conclusive. Ed è certamente esatto che da codesti due atteggiamenti antitetici dipenderanno il tono e l'orientamento generale della nostra politica estera e cioè i nostri rapporti col mondo slavo da una parte, anglo-americano dell'altra con tutte le conseguenze connesse.

3) Cercare sin d'ora un terreno d'intesa tra noi e gli jugoslavi presuppone già una nostra sia pur non dichiarata adesione alla politica di accettazione della sconfitta. Ma che cosa intendiamo noi per accettazione della sconfitta e che cosa intendono gli jugoslavi? Evidentemente due cose diverse. È comunque certo che, se

1 Il documento non è datato ma reca la seguente annotazione di Prunas: «In considerazione dell'imminente arrivo dell'on. Bonomi, il presidente preferisce attenderlo. La lettera è quindi sospesa. Ma !asciarla agli atti. 23 settembre 1946>>.

2 Vedi DD. 314 e 315.

dovesse per avventura prevalere la tesi massima jugoslava, non potremo, qualunque siano le nostre opinioni, evitare il rinascere di quell'idea nazionalistica e cioè proprio di quello spirito di revisionismo e di rivincita che una intesa italo-jugoslava si propone appunto di soffocare.

4) Quali sono dunque in queste condizioni le possibilità pratiche dei tentativi in corso fra noi e Belgrado? Non so se e come esse procedano attualmente: le mie informazioni si fermano al resoconto della conversazione Quaroni-Bebler-Arpesani del 9 corrente 1• Dove appunto sono state scartate le questioni territoriali e si insiste piuttosto sui rapporti economici e di sicurezza. Impostazione generale che mi par convincente.

Vorrei comunque ancora una volta raccomandarti, sia in questa particolare materia, sia, in generale per tutto quanto concerne il trattato, di tener presente due fondamentali esigenze e precisamente:

l) non adottare mai alcuna posizione che possa pregiudicare le decisioni dell' Assemblea, alla quale spetta in definitiva l'ultima parola in materia territoriale; 2) non stringere alcun accordo che implichi da parte nostra corresponsabilità nella perdita di territori italiani.

Mi sembrano questi ed effettivamente sono due principi fondamentali, che naturalmente limitano le possibilità della delegazione sia in materia di trattative con Belgrado, sia di statuto triestino, che sono evidentemente due aspetti dello stesso problema.

Quaroni mostra di ritenere, pur con qualche riserva, che lo statuto del Territorio Libero possa essere oggetto di utile ed immediato accordo diretto fra noi e gli jugoslavi. Ma le ragioni che egli ne dà possono essere controbattute da ragioni altrettanto valide. Io mi limiterei, come dissi a Casardi, ad insistere su indicazioni generiche, particolarmente sottolineando le necessità di concrete garanzie da parte dell'O.N.U., anche sussidiarie a quelle che potrebbero derivare da un eventuale accordo diretto fra noi e Belgrado in materia di reciproca garanzia delle frontiere e di reciproco impegno per il rispetto della indipendenza e sovranità del Territorio Libero.

Tienimi al corrente degli eventuali sviluppi delle conversazioni ...

339

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

APPUNTO. Parigi, 23 settembre 1946.

A prescindere dai noti riflessi di politica interna, il problema delle presenti dirette conversazioni italo-jugoslave e dei loro eventuali ulteriori sviluppi va esami-

I Vedi D. 280.

nato sotto due aspetti: l'uno a largo respiro, e cioè la loro importanza agli effetti delle future relazioni fra i due Paesi: l'altro, di carattere immediato, e cioè la loro efficacia ai fini di un possibile miglioramento a nostro favore delle condizioni di pace per quanto riguarda la questione giuliana.

l. Relazioni itala-jugoslave. Occorre non sopravvalutare l'importanza psicologica delle eventuali conversazioni italo-jugoslave, o dei rapporti in genere tra i due Paesi durante la presente fase della Conferenza, agli effetti di quelli che saranno i rapporti futuri «post-bellici», fra la Jugoslavia e l'Italia. Volendo, in astratto, proporre delle tesi estreme, è infatti concepibilissimo di poter giungere ad una distensione tra i due Paesi anche dopo un ancor più aspro contrasto nella odierna fase e con le frontiere riportate miracolosamente a quelle di Rapallo, così come le più larghe concessioni che noi potremmo fare oggi agli jugoslavi, perfino l'accettazione integrale della linea da loro richiesta, non sono da sole sufficienti ad assicurarci per l'avvenire l'amicizia jugoslava. Quest'ultima infatti, o il suo inverso, dipenderà da tutta una serie di fattori particolari e generali, di cui il regolamento territoriale emergente dal trattato di pace è solo un aspetto isolato. Di questi fattori molti, inoltre, saranno addirittura estranei alla nostra volontà.

Vista la situazione sotto questo profilo realistico, l'unico proposito intelligente e costruttivo che ci possiamo proporre nel condurre ulteriori eventuali conversazioni è quello di ridurre per quanto possibile ogni futura fonte e causa di contrasti fra noi e la Jugoslavia ed ogni fattore suscettibile di rappresentare un peso morto della nostra futura politica estera. Ma, ripeto, non è affatto detto che questo risultato si consegua a suon di concessioni. Può anzi essere vero il contrario. In linea ideale questo risultato verrebbe conseguito con il raggiungimento di una nuova sistemazione la più ragionevole e più vicina a giustizia. Poiché (giustamente) si è preoccupati di un nuovo irredentismo italiano, sarebbe questo il modo migliore per eliminarlo: ma occorrerebbe che su questo punto fossero d'accordo gli jugoslavi, e purtroppo nella loro situazione psicologica attuale, è sperare troppo che lo siano.

Sempre in questo ordine di idee, più ancora che la questione delle frontiere, che prima o dopo si cicatrizzano, quella del Territorio Libero e dello statuto si presenta come un focolare permanente di gravi complicazioni. Il nostro sforzo dovrebbe essere quindi caso mai diretto a far abortire il progetto relativo. Ma se poi il Territorio Libero abbia comunque ad esserci (e sembra ben poco probabile evitarlo) è mia personale ferma convinzione che la formula di statuto «angloamericano» è, tra due mali, per noi più conveniente che non la formula «sovietico-jugoslava»: perché la formula anglo-americana diminuisce il pericolo che le collusioni fra slavi e comunisti italiani conducano a rovesciare la situazione nel Territorio Libero ed a aprire la strada ad una annessione alla Jugoslavia; perché essa ci rileva della responsabilità di difendere da soli l'integrità del Territorio stesso; perché è quella che ci libera nella massima misura dalla schiavitù di una collaborazione forzata non soddisfacente; perché pone sulle spalle del governatore la responsabilità (ed eventualmente l'odio) di tutte le misure emergenti dal contrasto tra i due gruppi etnici; perché pone su altre spalle che non quelle italiane la responsabilità dei gravissimi problemi economici che sorgeranno come conseguenza dell'assurda creazione del Territorio Libero negli attuali progettati confini; perché, checché si dica del pericolo di creare una Gibilterra o una Malta adriatica, sta di fatto che l'alternativa ad una preponderante influenza anglo-americana (tramite O.N.U.) è data dalla certezza di una preponderante influenza sovietico-jugoslava, la prima certo meno soffocante e permanente della seconda.

2. Prospettive di un negoziato diretto. Perché un negoziato sia consigliabile occorre che esso offra la possibilità di ottenere più vantaggiose condizioni che non altrimenti.

Cosa possiamo ottenere da una trattativa diretta con gli jugoslavi in questa fase? Occorre anzitutto che chiariamo di fronte a noi stessi alcune idee.

Se riusciamo a cancellare il sospetto dalla mente degli jugoslavi -si dice da taluno -ed a raggiungere una reale distensione tra i due Paesi, allora molte soluzioni che oggi appaiono irraggiungibili risulterebbero invece di facile realizzazione. Ammesso che ciò sia vero, viene spontaneo chiedersi a che prezzo immediato ed a costo di quali impegni avvenire sia possibile giungere a questo stato di grazia nell'atteggiamento jugoslavo verso di noi. Ad ogni modo che ci si provi pure: ma a condizione che non si negozino, in queste conversazioni per la «distensione», quelle stesse cose che invece le conversazioni dovrebbero essere intese a salvare. Sarebbe altrimenti un controsenso.

Se poi ci convinciamo che questa distensione preventiva non è raggiungibile, o che costa troppo cara, allora è difficile vedere quali vantaggi si potrebbero ottenere da un proseguimento delle trattative.

Si è ancora detto: i confini ed i rapporti i taio-jugoslavi sono questioni che concernono esclusivamente gli italiani e gli jugoslavi; discutiamoli e definiamoli quindi tra di noi. Ma anzitutto vi è una profonda fallacia nel presentare la situazione nei precedenti termini, perché è arcinoto che dietro la Jugoslavia c'è tutto il «gruppo slavo» che ha un interesse diretto nella questione, che la pilota e che la sosterrà a fondo contro ogni soluzione che non sia a suo favore. Quindi non si tratterebbe mai di una reale conversazione a due. In secondo luogo il discutere direttamente non significa che dobbiamo farci giocare in partenza e !asciarci trascinare ad esempio a cedere a vuoto sulla questione dello statuto (nel nome appunto dell'interesse diretto italo-jugoslavo) senza alcuna contropartita sulla questione territoriale, anzi cedendo anche su quella.

Esaminiamo obbiettivamente come si presenta la situazione. Gli jugoslavi hanno già dichiarato che non firmeranno delle condizioni corrispondenti alla risoluzione del 3 luglio. Vogliono qualcosa di meglio. Per quanto si possa arzigogolare, il fatto di accettare la discussione su queste basi significa di per sé ammettere che saremmo disposti a cedere nei confronti della soluzione anzidetta. (Merita rilevare, d'altra parte, come questo sia anche il pensiero e l'intendimento della principale delle correnti italiane che spingono al negoziato. Il noto articolo della Unità del 13 settembre parla infatti a questo proposito di un «accordo bilaterale italo-jugoslavo che partendo dall'accordo proposto dai quattro ministri degli esteri, risolvesse la questione pendente con un concordato transattivo»). Se non fosse così, del resto, le conversazioni dirette giungerebbero presto ad un punto morto, non appena cioè, usciti dalle generalità si affrontasse la sostanza della questione.

E ancora. La delegazione ha segnalato recentemente l'esistenza di un pericolo di slittamento dalla soluzione concordata il 3 luglio a qualche nuovo compromesso per noi ancora più sfavorevole. Confermo tale opinione, benché vada alquanto modificata, per quanto riguarda l'imminenza del pericolo, a seguito di un presumibile irrigidimento nell'atteggiamento americano come conseguenza del noto incidente Wallace. Ma anzitutto, comunque, le conseguenze pratiche di tale slittamento, a quanto è dato oggi giudicare, sarebbero sempre minori dei sicuri e gravi sacrifici che dovremmo essere pronti a sopportare se volessimo raggiungere ad ogni costo, oggi, una soluzione diretta con gli jugoslavi. Inoltre non vi è ragione per incoraggiare, o facilitare, un nuovo compromesso ai nostri danni, dando sin d'ora l'impressione che siamo disposti a cedere.

L'avvertimento dato dalla delegazione americana (Re ber) 1 nei giorni scorsi è sintomatico e a doppio taglio: da un lato ci incoraggia a resistere sulle nostre posizioni, dall'altro ci minaccia di abbandono ove non lo facciamo. Sappiamo per dolorosa esperienza quanto siano !abili, nonstante ogni migliore intenzione, le assicurazioni americane. Ma sono forse più concrete le blandizie jugoslave? È certo, ad ogni modo, che una nostra troppo palese premura a concludere indebolisce la nostra posizione e incoraggia i cultori delle soluzioni transattive, che sono già troppi, con in testa i francesi che bruciano dalla voglia di far nuovamente da mediatori, costi quel che costi all'involontario cliente. Anzi è giunto il momento per domandarsi, a questo riguardo, se di fronte all'atteggiamento intransigente assunto dagli jugoslavi noi non dovremmo, se non altro a scopo tattico, assumerne uno analogo. Quelli -come testé ricordato -hanno già dichiarato che non firmeranno una pace corrispondente alla soluzione approvata dai Quattro il 3 luglio scorso e sembrano fermamente intenzionati a mantenere tale loro posizione: stabilendo così che il nuovo compromesso, per essere loro accettabile, deve essere migliore della predetta soluzione. Noialtri invece per non poter dire (per ovvi i motivi) che rifiuteremmo di firmare una soluzione che è già stata approvata dai Quattro, e per non voler dire (per motivi altrettanto ovvii) che l'accettiamo, ci siamo astenuti sinora da ogni presa di posizione ufficiale. Sicché facilmente possiamo dare l'impressione che in fondo offriamo, agli effetti di una revisione dell'accordo del 3 luglio, la linea di minor resistenza, quella cioè sulla quale conviene far breccia. Non è facile, ma non è impossibile, trovare una formula che salvi capra e cavoli (dire, ad esempio che «l'atteggiamento jugoslavo rappresenta il sabotaggio di ogni prospettiva di pace, giacché pone delle condizioni che nessun governo italiano potrebbe accettare»; oppure, se non si vogliono far pubbliche dichiarazioni, fare un passo molto esplicito presso gli inglesi ed americani, ed eventualmente i francesi).

Il meno che si può dire, a conclusione, è che il negoziato diretto tra noi e gli jugoslavi, perché possa dare un qualsiasi utile risultato ed anzi non essere fonte di conseguenze controproducenti, deve essere condotto con estrema cautela e sagacia, e subordinatamente alle seguenti condizioni essenziali; che si sappia esattamente dove si vuole arrivare, agli effetti immediati ed a quelli ulteriori; che si sappia in particolare cosa e sin dove si è disposti a cedere, e cosa invece ci conviene ad ogni costo difendere; che siano condotti organicamente, ordinatamente e solo da persone competenti e perfettamente al corrente del pensiero del Governo; infine, per quanto dovrebbe essere logica conseguenza di quanto già detto, che ci sia perfetta identità di vedute e di scopi tra coloro ai quali viene affidato il negoziato.

l Vedi D. 346.

340.

L'ON. BONOMI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

FoN. 16614/1206 bis. Parigi, 24 settembre 1946, ore 21,30.

Con riferimento alle mie dichiarazioni di stamane alla stampa (trasmesse integralmente dall'A.N.S.A. a Roma) 1 che rispecchiano esattamente lo svolgimento degli avvenimenti, debbo soggiungerti che dichiarazioni di Bebler al Times furono precedute domenica ore 13,30 da una comunicazione orale del consigliere jugoslavo Vratusa ad Arpesani con la quale lo informava che capo delegazione jugoslava, cui era stato riferito colloquio di sabato notte 21 2 , riteneva inutile avere ulteriori conversazioni fino a che non fossero pervenute proposte precise dal Governo italiano. Contemporaneamente Vratusa disdiceva incontro tra esperti economici italiani e jugoslavi previsto per 23 corrente per esaminare questioni economiche sia connesse con statuto Trieste sia generali.

Conto giungere Roma 26 corrente aereo, portando meco documentazione ultima fase contatti.

341

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

R. 2029/1101. Mosca, 24 settembre 1946 (per. il 3 ottobre).

Altre due settimane sono trascorse da quando ho nuovamente riferito a V. E. 3 su quello che qui risulta sui lavori della Conferenza, e, stando alla lettura dei giornali sovietici, le cose non dovrebbero aver progredito molto.

L'atteggiamento della stampa sovietica è ormai chiaro, netto, palese. Difende a spada tratta la Bulgaria e la Rumania; non parla della Finlandia, quasi per

1 La dichiarazione diceva: «Il n'a jamais été question ni de négociations, ni d'un début de négociations entre les délégations des deux pays. Les nouvelles répandues par les journaux à ce sujet sont dénuées de tout fondement. Le seui fait exact est que quelques membres des deux délégations, profitant de leurs relations personnelles, ont eu à trois reprises des échanges de vues au sujet de solutions communes possibles sur le problème de la Vénétie Julienne. Mais ce n'étaient là que des sondages, dont je me suis toujours tenu à l'écart, tout en m'informant des résultats. Les Jougoslaves constatent aujourd'hui combien ces résultats sont négatifs, et il ne pouvait en ètre autrement étant donné !es positions des deux pays. Nous demandons, en effet, une amélioration en faveur de l'ltalie de la "ligne française" alors que les Yougoslaves demandent une rectification, à leur avantage, de cette mème lignc qu'ils déclarent ne pas pouvoir accepter dans sa forme actuelle, et à cause de laquelle ils refusent de signer le Traité de paix. Dans de telles conditions, a conclu M. Bonomi, je ne peux que faire mienne la conclusion de M. Bebler lorsqu'il dit qu'"il n'y a plus lieu de procéder à des conversations ultérieures"».

2 Vedi D. 334.

1 Con R. 1898/1033 del l O settembre, non pubblicato.

farla dimenticare; sull'Ungheria poco o pochissimo viene riferito, ma invece sull'Italia si dilungano le colonne dei quotidiani russi che dedicano in genere una intera pagina ai resoconti sulla Conferenza di Parigi. Questo interessamento dell'U.R.S.S. ai problemi italiani è un segno da porre in dovuto rilievo, come del resto ho già telegrafato a V. E. (mio n. 545 del 14 corrente) 1• Le cause possono essere varie:

l) importanza che l'Italia ha, o meglio avrà nel campo internazionale dopo la guerra, e quindi necessità di regolare nel modo più conforme agli interessi sovietici tutte le questioni che ci concernono;

2) gravità dei problemi che si connettono con il trattato di pace con l'Italia, e in special modo: Trieste, colonie, riparazioni;

3) mancato accordo fra i Tre Grandi sull'avvenire dell'Italia dopo la pace, e quindi tentativi da parte dei russi per cercare di «premere» in tutti i modi su di noi, per farci comprendere che il vero aiuto può venirci solo da Mosca, e quindi spingerei ad avvicinarsi ad essa;

4) sottolineare di fronte all'opinione pubblica interna ed internazionale il significato e le conseguenze che la risoluzione dei problemi italiani, a seconda che ciò avvenga in un modo o in un altro, possano avere per l'U.R.S.S. o, seguendo il linguaggio di questa stampa, per l'avvenire di una durevole pace democratica nel mondo;

5) poiché le più dure discussioni avvengono sempre sulle questioni italiane, e sempre a proposito di tali questioni appare ognor più manifesto il disaccordo fra i Tre Grandi ed i loro «clienti», servirsi dell'Italia per evidenziare tale dissenso.

Quali che siano i motivi, certo è che nei riassunti dei giornali sovietici sui lavori di Parigi, il maggior spazio è consacrato a noi. Trieste ed i confini orientali è stato il problema più messo in evidenza in queste due ubme settimane, gli altri o sono stati nel frattempo già regolati (riparazioni), oppure sono di meno rilievo.

Accanto a detta questione, ha suscitato grande interesse, unito ad un celato malumore, il recente accordo italo-austriaco del 5 corrente per l'Alto Adige. I giornali hanno parlato di confini non precisati di tale accordo, per cui forse tutta la provincia di Trento potrà anche esservi compresa, e quindi l'elemento italiano finirà per predominare nella futura amministrazione. Hanno parlato che ciò prelude probabilmente ad una convenzione doganale, il che non può non preoccupare chi si interessa come i sovietici per i fini della loro politica nell'Europa centrale, alla sorte dell'Austria. I giornali di Mosca hanno poi tirato in ballo il Vaticano dicendo che aveva patrocinato, favorito tale accordo. E poi si è posto in rilievo che alcuni giornali stranieri lo hanno definito il punto di partenza di un blocco antisovietico. E si è messo in luce il discorso del ministro della Repubblica sovietica estone alla Conferenza della pace contro tale accordo. Ed infine oggi si dà notizia che a Parigi una commissione di alto-atesini è stata ricevuta dalla delegazione sovietica e dal predetto ministro estone, ai quali ha

I Non pubblicato.

detto che l'accordo del 5 corrente è ben ]ungi dall'essere quell'esempio luminoso di collaborazione internazionale che si vuoi far credere. Esso sarebbe il frutto di una manovra politica; la popolazione alto-atesina (noto che i giornali sovietici adoperano sempre l'espressione tedesca «Siid-Tirol» e non quella italiana «Alto Adige») sarebbe ostile ad esso. Si dice pure che non sono dimenticate le malefatte della polizia italiana in materia di italianizzazione della regione; che il fascismo non sarebbe affatto debellato; e che tutto andrebbe più o meno come al tempo passato.

Come V. E. vede, il «malumore» di questi circoli dirigenti non poteva essere espresso in modo più chiaro.

Per il resto, i lavori della Conferenza non hanno dato luogo a speciali rilievi, tranne i soliti violenti attacchi ai soliti neozelandesi, australiani, olandesi accusati di fare il «gioco» degli anglo-americani.

Naturalmente si pone sempre, invece, in massimo risalto, tutto quello che dicono i delegati sovietici e i loro «clienti», di modo che il lettore dei giornali russi ha l'impressione che le altre delegazioni o non esistano o non contino quasi nulla,

o non aprano bocca nei dibattiti. Ciò rientra però nella dialettica sovietica applicata alla stampa, per cui i giornali devono più che altro sostenere e sviluppare la tesi che più interessa il Governo per i fini della sua politica.

342

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL BELGIO, SPAAK

APPUNTO. Parigi, 25 settembre 1946. [ore l 3].

Il presidente Bonomi era indisposto e si era fatto scusare all'ultimo momento. Il colloquio verteva su molti problemi interni dei due Paesi e anche dei partiti socialisti. Per quanto alla Conferenza di Parigi Spaak si dichiarò assai poco soddisfatto dei risultati in genere e del trattato sull'Italia in particolare, egli ritiene però che si concluderà con un compromesso per tutti i problemi della frontiera orientale e che tale compromesso sarà indubbiamente poco soddisfacente per l'Italia, ma sarà ritenuto tale anche da parte jugoslava. Egli ha insistito molto sull'assoluta necessità di fare quanto è possibile per arrivare ad accordi diretti italo-jugoslavi. Senza tali accordi la vita della regione giuliana sarebbe estremamente difficile, ma rimarrebbe anche difficile la situazione dell'Italia e rimarrebbe viva la questione in tutta l'Europa.

Spaak ritiene che i problemi italiani sono generalmente stati molto sottovalutati ed egli personalmente avrebbe l'intenzione di interessarsi molto della situazione italiana ed ha espresso il desiderio di visitare l'Italia dopo la chiusura della riunione dell'O.N.U., cioè verso la fine di novembre. Spaak avrà piacere di rimanere in contatto e di vederci ancora prima della sua partenza da Parigi. Il colloquio è durato due ore e un quarto.

343.

IL SEGRETARIO DELL'UFFICIO COORDINAMENTO, DE REGE, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO. Roma, 25 settembre 1946.

Ha telefonato Ignazio Sanfelice dicendo che il capo dello Stato desidera siano iniziate immediatamente con la Santa Sede trattative per la modifica degli articoli 21 del Trattato del Laterano e degli artt. 12 e 42 del Concordato. Tali modifiche devono essere considerate come naturalmente consequenziali al cambiamento istituzionale.

Sarebbe desiderio del capo dello Stato che in materia si giungesse ad un accordo col Vaticano prima che la cosa venisse in discussione all'Assemblea costituente. Occorre far comprendere alle autorità vaticane che chiedendo ciò noi intendiamo rendere un servizio alla Santa Sede.

Il capo dello Stato desidererebbe vedere preventivamente il testo modificato di tali articoli 1•

344

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

R. 364/269. Atene, 25 settembre 1946 (per. il 4 ottobre).

Con il telegramma n. 332 ho avuto l'onore d'informare V. E. della prima udienza concessami lunedì scorso 3 , nonostante i suoi molteplici impegni, dal presidente del Consiglio e ministro degli affari esteri, Tsaldaris, subito dopo il suo ritorno da Parigi. Vorrei ora sottoporre al giudizio di V. E. qualche maggiore indicazione sul contenuto del colloquio.

Il presidente mi ha detto anzitutto che serbava un grato ricordo dei suoi incontri a Parigi con V. E. e con gli altri membri della delegazione italiana. Questi primi contatti lo avevano confermato nella sua convinzione che un riavvicinamento fra i due Paesi era al tempo stesso possibile e necessario. Soprattutto in questo momento, ha proseguito il presidente, mentre una stessa minaccia è diretta contro i nostri due Paesi che possono perciò essere uniti in un compito di comune difesa della millenaria civiltà mediterranea.

V. E. conosce già, per esperienza personale, il florido stile di Tsaldaris. E non ho perciò bisogno di illustrare le digressioni personali e storiche fatte in questa prima parte della conversazione. Ad ogni modo le intenzioni e il tono erano

1 Per il seguito vedi DD. 398, 543, 576 e 614. 2 Non pubblicato: anticipava qualche notizia sul colloquio qui riferito. 3 Il 23 settembre.

apertamente amichevoli, e tali da dare a tutta la conversazione, durata cinquantacinque minuti, un carattere di grande cordialità.

Passando a parlare della situazione generale, il presidente si è mostrato pessimista. Mi ha detto che la tensione è tale che egli non crede possa essere protratta a lungo più oltre. «0 si giungerà ad un accordo fra le grandi Potenze, del quale per il momento non si scorgono neppure le premesse, oppure, tra sei mesi o al massimo tra un anno dovrà scoppiare la crisi». Queste apprensioni, questi neri presagi, sono, come ho già avuto occasione più volte di segnalare, molto diffusi in questo momento in Grecia. L'ostentazione di questi sentimenti è in parte ispirata al desiderio di impegnare, per la causa della Grecia, in modo particolare della Macedonia minacciata dalla Jugoslvia, la solidarietà dell'Occidente. Ma le apprensioni esistono, e sono giustificate da reali disagi e pericoli della situazione interna e internazionale; e servono anche a spiegare perché gli ambienti ufficiali (l'opinione pubblica e la stampa sono rimaste molto più indietro in questo riguardo) si professino così desiderosi di un riavvicinamento con l'Italia. La geografia insegna il realismo politico; e in Grecia, nonostante tutto, si ha dell'Italia, come della più grande unità demografica, economica, politica del Mediterraneo, un concetto e una misura che stupirebbero lo scoraggiato pessimismo di molti italiani di questo tempo. Per citare un esempio pratico (ma il concetto era insito in tutte le parole di Tsaldaris), il presidente mi ha detto a un certo punto, a proposito dell'appoggio economico che l'Italia avrebbe potuto dare alla Grecia: «L'Italia ha fatto per molti anni una politica balcanica diretta a certi determinati scopi, e per questa si è servita dell'Albania. Lo strumento era sbagliato. Nell'avvenire l'Italia troverà certamente di suo interesse assicurare l'esistenza di una Grecia forte e indipendente attraverso la quale la sua influenza potrà farsi sentire in tutta questa zona».

Il presidente mi ha quindi parlato a lungo della questione delle riparazioni, e mi ha esposto quella che egli stesso ha voluto chiamare la sua tesi. Egli ritiene che la soluzione migliore di tale questione, della quale anch'egli, sebbene con grande cortesia di forma, ha sottolineato il carattere pregiudiziale, sarebbe la seguente. L'Italia dovrebbe pagare alla Grecia per un certo numero di anni delle somme in denaro a titolo di riparazioni. Una volta intervenuto l'accordo sulla durata e sull'importo di questi versamenti, la Grecia si rivolgerebbe all'America per averne un forte prestito in dollari; e l'ammontare di questo prestito verrebbe adeguato alle riparazioni italiane, in modo che queste possano costituire l'onere del «servizio» relativo al prestito stesso. Tsaldaris ha aggiunto che questa soluzione era già stata esaminata e discussa a Parigi fra le due delegazioni. Mi ha chiesto anche quale fosse il mio parere. Sentendo parlare per la prima volta di questa soluzione, ho risposto che mi era difficile dare un giudizio concreto. Che vi scorgevo però due difficoltà principali. La prima era la grave, anzi gravissima, situazione della nostra bilancia dei pagamenti che difficilmente avrebbe consentito forti esborsi di valuta. La seconda era che una soluzione di questo genere presupponeva come condizione indispensabile l'assenso degli Stati Uniti e che, se ben ricordavo, il senatore Connally aveva fatto recentemente al Lussemburgo una categorica dichiarazione contraria a qualsiasi richiesta che avesse per effetto pratico di far pagare agli Stati Uniti riparazioni teoricamente dovute dall'Italia. Di fatto, due giorni dopo i corrispondenti da Parigi dei giornali ateniesi telegrafavano che gli ambienti della delegazione americana si mostravano decisamente contrari a simili progetti.

Con carattensttca flessibilità il presidente mi ha subito lasciato capire, pur senza precisare cifre, che i versamenti sarebbero stati molto inferiori aiJa cifra totale di riparazioni indicata dalla delegazione ellenica. Ha riconosciuto anche la portata deiJe mie obbiezioni. Ma, per quanto riguarda la prima, ha osservato che, se l'America avesse acconsentito, si sarebbero potute accettare, in parziale pagamento, anche merci in luogo di valuta. E quanto aiJa seconda abbiezione ha riconosciuto che sarebbe stato necessario un accordo a tre e non soltanto a due. Ho allora detto al presidente che per parte mia mi auguravo vivamente che la questione delle riparazioni fosse al più presto risolta, in un modo o in un altro, perché, oltre tutto, essa esercitava una disgraziata influenza sull'opinione pubblica. Questa era stata imprudentemente preparata dalla stampa ad attendersi il rimedio di tutti i mali daiJe riparazioni che sarebbero state imposte aiJ'Italia; e in queste condizioni qualunque soluzione che tenesse conto, come necessariamente avrebbe dovuto tener conto, delle possibilità tecniche e delle ripercussioni internazionali, rischiava di provocare delusione e risentimenti. Mi auguravo perciò che il Governo, che disponeva di tanti maggiori elementi di informazione e di giudizio, facesse opera di persuasione e moderazione.

È a questo punto che il presidente si è dilungato sulla gravità della situazione economica del suo Paese, sulla grande superiorità del potenziale industriale dell'Italia che, a suo dire, ha già potuto riprendere in misura larghissima la produzione nei rami più essenziali. Questa produzione, egli ha aggiunto, interessa grandemente tutti i mercati mediterranei, e in primo luogo quello della Grecia che l'Italia ha ogni interesse di veder prosperare come Stato economicamente sano e politicamente indipendente.

Abbiamo anche brevemente sfiorato l'argomento del Dodecanneso. La reazione è stata caratteristica. Da quando ho iniziato la mia missione non ho incontrato una sola personalità greca che non ostentasse la massima indifferenza per il Dodecanneso. La sua «restituzione» viene considerata come un atto di semplice amministrazione; i grandi apporti di lavoro e di ricchezza lasciati nelle isole dall'Italia durante il suo dominio vengono o ignorati o classificati come opere di lusso o strategiche, superflue per l'economia e la politica di questo Paese. A questa sagace e caratteristica schermaglia commerciale il presidente ha aggiunto un argomento nuovo e concreto che del resto mi ha detto di avere già esposto aiJ'on. Bonomi a Parigi; e che cioè, in conto riparazioni, si sarebbe dovuto, semmai, iscrivere soltanto quella spesa aiJa quale l'Italia aveva fatto fronte con mezzi propri. Cioè, in una parola, il capitolo iscritto nel bilancio italiano per il Dodecanneso, ma non queiJa spesa alla quale il Governo delle isole aveva fatto fronte con mezzi tratti dal territorio del dominio. Secondo Tsaldaris la spesa da conteggiarsi a credito italiano, così definita e ridotta, non supererebbe per tutto il periodo i sei milioni di dollari.

Prima di prendere congedo ho esposto brevemente al presidente la misera situazione degli italiani rimasti in Grecia, cui non è consentito né utilizzare i propri beni né esercitare il proprio lavoro o professione. Ho invocato il suo appoggio per una pronta revoca della legge del l O novembre 1940. Tsaldaris mi ha detto subito che trovava giustificata la mia richiesta e che, una volta allontanati gli indesiderabili, non vi doveva essere più alcuna discriminazione contro gli italiani regolarmente autorizzati a rimanere in Grecia. Quindi ha posto fine al colloquio incoraggiandomi a ricorrere a lui ogni qual volta mi sembrasse necessario.

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L'AMBASCIATORE SORAGNA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. D. 475. Parigi, 25 settembre 1946 (per. il 26).

Non ho mancato di far prospettare convenientemente a questa delegazione egiziana gli argomenti contenuti nella tua lettera del 18 corr. (Segr. poi. 1319) 1 per la ripresa di relazioni diplomatiche normali fra l'Italia e l'Egitto.

Ti trasmetto intanto un appunto sulla conversazione che al riguardo ha avuto Cerulli con questo ministro di Egitto.

ALLEGATO

COLLOQUIO DEL GOVERNATORE CERULLI CON IL MINISTRO DI EGITTO A PARIGI, SAROIT BEY

APPUNTO. Parigi, 25 settembre 1946.

Ho visto il ministro di Egitto cui ho accennato la questione della ripresa formale dei rapporti diplomatici. Egli mi ha risposto che la delegazione qui non ha ora istruzioni di occuparsi del problema, ma che comunque volentieri ne avrebbe riferito al Cairo chiedendo il pensiero del Governo egiziano sull'argomento.

Come sua idea personale, mi ha detto che il solo ostacolo che egli vede ad un accordo nel senso da me prospettato è che la ripresa formale dei rapporti diplomatici con l'Italia possa essere invocata da altri contro l'Egitto, nel caso che l'Egitto ritenga necessario accedere al trattato di pace per non farsi escludere dal futuro negoziato per la Libia. Gli ho detto che, qualunque siano le intenzioni del Governo egiziano, alla pace ed ai relativi negoziati partecipano anche Stati che hanno ripreso anche formalmente i loro rapporti con l'Italia, come l'U.R.S.S. e gli Stati Uniti.

Il ministro di Egitto mi ha assicurato che prospetterà la questione al Cairo nel senso più favorevole 2 .

346

L'ON. BONOMI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

TELESPR. SEGRETO RISERVATISSIMO D. 479. Parigi, 25 settembre 1946 (per. il 26).

,;

Nei giorni scorsi, in relazione alle note inesatte e talvolta sensazionali notizie di stampa sulle conversazioni in corso tra noi e gli jugoslavi, ed in ottemperanza alle istruzioni ricevute dalla S. V., si era provveduto a mettere sommariamente al corrente le delegazioni americana e britannica della reale portata delle conversazioni stesse.

I Vedi D. 322.

2 Questo appunto fu comunicato da Zoppi a De Astis con Telespr. 11/33028/18 del 2 ottobre con l'istruzione di seguire la questione della ripresa formale dei rapporti fra Italia ed Egitto.

Ciò, precisamente, nel duplice intento sia di eliminare eventuali speculazioni,

o, peggio, sospetti nei nostri riguardi, sia di non avvalorare la tesi, particolarmente

pericolosa in questo delicato momento, che da parte nostra si fosse già consenzienti

a ulteriori sacrifici. In particolare era stato sottolineato il carattere puramente

esplorativo di detti contatti, di cui era assolutamente prematuro prevedere i risultati.

In relazione a tali precedenti comunicazioni, Reber ha ultimamente provocato

un colloquio con un funzionario di questa delegazione, al quale ha tenuto un

discorso del seguente tenore.

La delegazione americana si è indotta ad accettare la soluzione transattiva del

3 luglio ritenendo che essa offrisse in quel momento l'unica base sulla quale fosse

possibile raggiungere un accordo tra i Quattro, ma preoccupandosi in quell'occa

sione di circoscriverla di quelle garanzie che impedissero in sede di applicazione

ulteriori evoluzioni a danno dell'Italia. Questo rimane il suo punto di vista.

In particolare la delegazione americana rimane ferma nel proposito di non acconsentire ad alcuna formulazione dello statuto del Territorio Libero, tale da aprire la strada ad una aperta o larvata annessione del Territorio stesso da parte jugoslava,

o ad una modifica del suo attuale carattere prevalentemente italiano. Ancora recentemente, essa ha confermato per bocca del suo rappresentante alla riunione della Commissione politica e territoriale per l'Italia del 19 settembre di considerare i vari elementi della risoluzione predetta («linea francese», Territorio Libero, statuto rispondente a determinati requisiti) come un tutto unico. Qualora pertanto non si raggiungesse in sede dei Ventuno o successivamente in quella dei Quattro, un accordo per uno statuto conforme ai principi già enunciati, la delegazione americana intende rivendicare la propria libertà d'azione su tutta la questione, compresi cioè il principio stesso della creazione del Territorio Libero, la sua estensione, gli aspetti territoriali della frontiera italo-jugoslava. (A questo punto Reber, parlando tuttavia a titolo personale, ha soggiunto di sperare che in tale evenienza il Governo americano sarebbe tornato a sostenere qualche soluzione a noi più favorevole basata sulla «linea americana» e con Trieste in piena sovranità italiana).

Ciò premesso, egli, Reber, aveva avuto specifico incarico di far presente che la delegazione americana doveva fare le più ampie riserve circa le conversazioni in corso tra Italia e Jugoslavia, qualora esse mirassero a risolvere direttamente la questione dello statuto. Anzitutto era da ricordare che, nel quadro della risoluzione del 3 luglio, la questione dello statuto non era di esclusiva competenza italo-jugoslava, ma concerneva da presso anche le altre Potenze chiamate a dare la loro approvazione allo statuto stesso e ad assumere la responsabilità del suo rispetto. In secondo luogo doveva richiamare l'attenzione sul fatto che eventuali negoziati in tale materia tra Italia e Jugoslavia sarebbero venuti a scalzare il terreno sotto i piedi della delegazione americana proprio nella fase più delicata delle discussioni, inceppando l'azione che essa svolgeva e intendeva continuare a svolgere nell'intento di tutelare nel migliore modo possibile i nostri interessi. In simili circostanze la delegazione stessa avrebbe anche potuto indursi a rivedere tutto il suo atteggiamento e a considerare sino a che punto le convenisse impegnare la sua azione a favore di chi veniva sia pure involontariamente a sabotarla.

A commento di quanto precede si può osservare che probabilmente il passo di Reber riflette il tono di euforia dei componenti la delegazione americana a seguito delle dimissioni di Wallace e conseguente rafforzamento della posizione di Byrnes. Sarebbe pericoloso arguire che, affidandoci ad occhi chiusi alle loro buone intenzioni potremmo, più che per il passato, contare su di un intransigente ed efficace atteggiamento degli americani a nostro favore in tutti gli ulteriori sviluppi della questione giuliana; soprattutto se si tiene conto che tale questione sembra destinata a non trovare la sua soluzione definitiva nell'immediato avvenire. Allo stesso tempo il cortese avviso della delegazione americana, per quanto fattoci nel tono più amichevole e con propositi che sono da ritenere sinceramente inspirati al concetto di operare per il nostro interesse, era atto evidentemente a richiamare l'attenzione sulla necessità di evitare passi o atteggiamenti che incoraggiassero o giustificassero risentimenti da parte di coloro i quali si mostrano ancora impegnati a difendere posizioni per noi meno disastrose.

Invero, la nota formula che la questione di Trieste è essenzialmente italo-jugoslava, assai più che internazionale, è tanto lontana dalla realtà, che a mala pena può servire per uso di polemica fra partiti. La realtà sta nell'affermazione contraria: e si deve tenerne ben conto, prima di decidere conversazioni a due, e, decise che siano, mentre si conversa: perché tale realtà deve costituire lo sfondo obbligato di ogni colloquio e sarebbe ben improvvido quel negoziatore che, per desiderio di concludere qualcosa o per particolare genio politico, s'inducesse a dimenticarsene o passarvi oltre.

Nel caso delle conversazioni italo-jugoslave, che hanno preso fine sabato scorso, le vedute si sono mantenute, fin dall'inizio, così contrastanti, e lo stesso terreno d'incontro così inconsistente, che non ci fu mai da nutrire alcun timore di qualche passo falso nel senso sopra accennato: che i sospetti dedotti dalle chiacchiere e dalle farneticazioni della stampa non erano destinati a durare. Ma se dovesse mai verificarsi un secondo tentativo, e che si iniziasse con auspici meno negativi, allora sarà il caso che non solo i mandanti, ma anche i negoziatori abbiano ben impressa in mente tale realtà.

Però, se le cose si mantengono sulla linea attuale (e l'avvenire è così fluido, che la riserva vale più della solita formula diplomatica prudenziale) non si vede come contatti fruttuosi possano essere tentati prima che i Quattro abbiano imposto tanto all'Italia che alla Jugoslavia la soluzione del problema giuliano che né l'una né l'altra possono accettare spontaneamente e ancor meno di conserva. Ed allora le circostanze nuove suggeriranno le norme prudenziali del caso, ed in ogni modo il terreno, sgomberato per forza dei Quattro dall'ostacolo maggiore rappresentato dall'assetto territoriale e politico della Venezia Giulia, offrirà possibilità di intese più fruttuose e molto meno compromettenti, nel campo dei rapporti e della collaborazione fra i due Paesi.

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GLI AMBASCIATORI REALE E QUARONI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

Parigi, 25 settembre 1946.

Nella nostra conversazione con gli jugoslavi è stato, come risulta dal verbale della conversazione stessa 2 , messo in chiaro:

I) Da parte nostra si ritiene impossibile di cominciare ad affrontare con accordi di dettaglio il problema dei rapporti italo-jugoslavi: bisogna in primo

l Trasmesso con Telespr. segreto 481 di Soragna del 25 settembre. 2 Vedi D. 334.

448 luogo risolvere il problema della fiducia fra i due popoli: questo risultato lo si potrebbe raggiungere soltanto mediante un accordo fra i due Paesi in base al quale si riconosca come definitiva e liberamente accettata dalle due parti la frontiera che sarà fissata dal trattato di pace, si riconosca e si accetti il Territorio Libero con le sue frontiere, e si rinunci ad ogni tentativo di suo assorbimento, sia dall'una che dall'altra parte.

2) Non sembra possibile trattare con qualche utilità direttamente tra di noi la questione territoriale: noi riteniamo inaccettabile la linea francese; egualmente gli jugoslavi, ma per ragioni opposte: in concreto gli jugoslavi vogliono migliorare a loro favore, in molti punti e specialmente a Gorizia, la frontiera italo-jugoslava: noi vogliamo invece migliorarla a nostro favore; gli jugoslavi vogliono ridurre i confini dello Stato Libero di Trieste: noi vogliamo estenderlo fino a includere P o la nei limiti della linea inglese. La realtà è che la situazione interna nei due Paesi è tale che mentre i due governi possono forse accettare una linea imposta dai Quattro coi sacrifici che essa comporta, non sono in grado, di loro spontanea volontà, di cedere nemmeno un villaggio.

Le impressioni che abbiamo riportato dalla nostra conversazione possono riassumersi come segue:

l) Esiste in via generale, dalle due parti, la sensazione della necessità e della opportunità di venire ad una sistemazione dei reciproci rapporti che permetta una convivenza amichevole tra i due Paesi, e che il concretizzarsi di questa buona volontà generica sia destinato ad avere una importanza grande per tutto l'orientamento della politica, non solo dei due Paesi, ma anche europea. Senonché da parte jugoslava si parte dal punto di vista che le conseguenze di questo stato di tensione tra i due Paesi sono molto più gravi per noi che per loro: per cui, offrendoci la loro amicizia, gli jugoslavi ci fanno un grande favore e saremmo noi che dovremmo pagarla con sacrifici, anche territoriali, di qualche importanza. È difficile dire se e fino a che punto questa impostazione, da parte jugoslava, della questione dell'amicizia, sia una convinzione, oppure soltanto una posizione presa a scopo di negoziato. L'elemento negoziato esiste senza dubbio, ma è nostra impressione che vi sia anche da parte loro una forte dose di convinzione, che realmente le cose stiano così.

2) Gli jugoslavi sono convinti che la decisione dei Quattro circa la linea francese è tutt'altro che definitiva. Sia pure contraddicendosi nelle argomentazioni hanno tenuto a darci l'impressione di avere delle forti speranze che, alla prossima riunione dei Quattro, la Russia riaprirà la questione delle frontiere italo-jugoslave e che gli americani, pur di ottenere il consenso della Jugoslavia alla firma del trattato, si lasceranno indurre ad ulteriori miglioramenti a loro favore. Anche qui potrebbe trattarsi di manovra a scopo di negoziato immediato. Dove invece riteniamo di trovarci di fronte ad una convinzione radicata è quando gli jugoslavi dicono: che non firmeranno il trattato; che la Russia cerca sì di persuaderli ad accettare la linea francese ma non è decisa a fare su di loro la necessaria pressione per indurii ad accettarla; che restando quindi sulla linea dell'attuale statu quo (linea Morgan), dopo un periodo di magari qualche anno, gli anglo-americani, e forse noi stessi (sotto la pressione degli inconvenienti derivanti dal fatto che il rifiuto della Jugoslavia di firmare comporterebbe il mantenimento delle truppe anglo-americane nella zona, e in certa misura, in Italia per le linee di comunicazione, della stessa popolazione di Trieste in vista della morte economica della città) ci adatteremmo ad accettare una linea più favorevole alla Jugoslavia che non il progetto francese.

La nostra impressione, ripetiamo, è che qui ci troviamo di fronte ad una convinzione ben radicata e che sarà assai difficile rimuovere: solo lo svolgersi dei negoziati fra i Quattro Grandi potrà persuadere gli jugoslavi.

Minori difficoltà sembrerebbe in sostanza, presentare lo statuto di Trieste, a parte la questione della estensione territoriale del Territorio Libero. Sulla stessa questione più grave, la richiesta jugoslava di unione monetaria e doganale con la Jugoslavia, abbiamo avuto l'impressione che gli jugoslavi sono pronti a discutere e ad accettare formule che permettano di assicurare ad Italia e Jugoslavia la parità di diritto nel Territorio Libero. Li abbiamo anche trovati d'accordo con noi su due pregiudiziali:

a) la questione dello statuto non può essere utilmente risolta se non nel quadro generale dei rapporti italo-jugoslavi: qualsiasi soluzione presuppone che si sia, dalle due parti, accettato definitivamente il principio del Territorio Libero, le sue frontiere, ed il principio del rispetto assoluto della situazione così creatasi: in altre parole che sia l'Italia che la Jugoslavia rinuncino a qualsiasi tentativo diretto od indiretto di annettersi il Territorio Libero;

b) che al momento attuale, anche se i due Paesi riuscissero ad arrivare ad un accordo questo non sarebbe accettato dai Quattro. Potremo quindi soltanto redigere d'accordo uno statuto potenziale, ma bisognerebbe in ogni caso attendere che le discussioni fra i Quattro fossero arrivate ad una impasse: in questo caso se non esiste da parte dei Quattro una decisa volontà di rottura, si potrebbe proporre

o noi stessi (gli jugoslavi in sede di Commissione e noi con una lettera), o fare proporre per esempio dai francesi, che la questione dello statuto di Trieste venisse rimandata a conversazioni dirette fra Italia e Jugoslavia.

Comunque è la nostra impressione che con la conversazione del 21 settembre il ciclo delle conversazioni esplorative, e le sue possibilità, sono ormai esaurite: se noi vogliamo riprenderle bisogna presentarci agli jugoslavi con poteri di negoziare e con proposte concrete da parte nostra. Questa impressione è stata del resto confermata dalla comunicazione fatta in data 22 settembre da Vratusa a Arpe sani e della intervista Bebler al Times 1• È inutile aggiungere, a questo riguardo, che presentarsi a riprendere le conversazioni con la pregiudiziale della inclusione di Pola nello Stato Libero di Trieste equivale a non riprendere affatto le conversazioni.

Si tratta evidentemente di questione che esula, di gran lunga, dai poteri della delegazione: è una questione assai importante, sia per se stessa, sia per le sue ripercussioni su tutta la politica estera italiana, per cui essa deve essere decisa, per lo meno, dal Consiglio dei ministri. Egualmente inutile, a nostro avviso, sarebbe

l Vedi D. 340.

riprendere le conversazioni sul solo statuto di Trieste, anche se, come sembra, non

sarebbe impossibile raggiungere un accordo: per le ragioni già esposte queste

conversazioni non potrebbero condurre ad un risultato positivo.

A nostro avviso bisognerebbe che il Governo italiano prendesse una decisione di principio, riconoscesse cioè: l) che il problema dei rapporti itala-jugoslavi è probabilmente il problema più importante della nostra politica estera, in quanto dalla sua risoluzione, in un senso piuttosto che in un altro, dipende, in gran parte, tutto l'orientamento futuro della politica estera italiana, dato l'attuale stato di acuto contrasto fra i due blocchi anglo-sassone e russo; 2) che il problema, nelle sue linee generali, non può essere risolto che mediante l'accettazione, volontaria e definitiva, dalle due parti, di una linea di frontiera, e di sancire questa accettazione in uno strumento internazionale. Una volta d'accordo su questo principio, resta, in pratica, da studiare se conviene accettare il suggerimento Quaroni di una Locarno itala-jugoslava oppure se si può trovare qualche altra soluzione equivalente.

Una volta fissati questi primi punti di massima occorre decidere se ci conviene

o no entrare fin d'ora in una discussione concreta delle questioni territoriali.

Gli jugoslavi attualmente sono convinti che potranno avere, in una maniera od in un'altra, una soluzione più favorevole a loro della linea francese; di fronte a questa posizione evidentemente ogni trattativa diventa per noi difficile, assai difficile. Apparentemente la situazione giuridica non giustifica queste speranze; sono stati infatti respinti sia gli emendamenti a nostro favore, sia quelli a favore degli jugoslavi: la decisione dei Quattro resta quindi in vigore. Ma è la situazione di fatto proprio così?

Qui le nostre opinioni sono differenti. Gli ambasciatori Tarchiani e Carandini ritengono che date le decisioni dei quattro ministri degli esteri, dato che le commissioni le hanno sostanzialmente convalidate respingendo tutti gli emendamenti, sia a nostro favore che a favore degli jugoslavi, il rischio di ulteriori peggioramenti non sia tanto grande da indurci ad accettare le immediate cessioni che sarebbero certamente richieste dagli jugoslavi (almeno Gorizia). Gli ambasciatori Reale e Quaroni invece ritengono che non si può attualmente essere sicuri che in sede di riunione dei Quattro -o in altra sede, se la questione dovesse essere rimandata in vista del rifiuto jugoslavo di firmare il trattato -non si avranno ulteriori peggioramenti in nostro sfavore. Se questa ultima previsione è esatta si potrebbe teoricamente dire che si dovrebbe esaminare se ci convenga di attendere che questi ulteriori sacrifici ci vengano imposti, oppure accettarli noi volontariamente e prendercene almeno il merito di fronte all'altra parte.

Qui occorre chiarire un punto: se, dati gli umori degli jugoslavi, negoziando direttamente con loro potremmo cioè avere delle riduzioni della linea francese minori di quelle che rischiamo di vederci imposte dai Quattro. L'ambasciatore Reale ritiene che non si può escludere che gli jugoslavi si contentino (se esiste un desiderio russo di concludere la pace) di qualche piccolo miglioramento che permetta loro di uscire dall'impasse in cui si sono messi colla loro dichiarazione che non firmeranno la pace.

L'ambasciatore Quaroni ritiene invece che una linea di frontiera fissata dai Quattro sarebbe migliore di quella che potremmo ottenere negoziando direttamente cogli jugoslavi. Ritiene anche che allo stato attuale delle cose sarebbe pericoloso di sondare gli jugoslavi su questo punto, anche in via solo di conversazioni amichevoli, poiché ciò darebbe loro subito l'impressione che noi siamo disposti ancora a cedere. Comunque siamo tutti d'accordo nel ritenere che tutte queste considerazioni hanno un carattere teorico poiché resta in prima linea il fatto che sarebbe difficile se non impossibile per qualsiasi governo italiano, che ha già dichiarato ingiusta e non soddisfacente la linea francese, accettare di sua spontanea volontà ulteriori riduzioni del territorio nazionale.

La risoluzione della questione delle nostre frontiere orientali, e del Territorio Libero di Trieste, in pratica non si trova nelle nostre mani: è attualmente una questione dei Quattro; di questo noi ci rendiamo conto, sembra, molto più di quanto non si rendano conto gli jugoslavi.

Ci sembra quindi si debba arrivare alla conclusione che, anche se si considera che la situazione sia ancora fluida -e a nostro sfavore -convenga per ora restare fermi sulla posizione che il problema dei rapporti italo-jugoslavi, data la sua importanza di principio, è piuttosto un problema del dopo pace che della Conferenza della pace. E crediamo che convenga dirlo anche agli jugoslavi, molto chiaramente: restare cioè sulla linea già da noi assunta a titolo personale. Accettazione della frontiera quale essa sarà decisa dai Quattro, dalle due parti, mediante una formula di garanzia che dia ad ambedue le parti la sicurezza contro tentativi di aggressioni sia dirette, sia contro il Territorio Libero di Trieste. Da questa base, e con lo sviluppo dei rapporti economici dei due Paesi, si può col tempo e colla buona volontà arrivare ad una trasformazione radicale dei rapporti attualmente esistenti fra i due Paesi. Ma occorre che su questo punto le risoluzioni del Governo e le conseguenti istruzioni alla nostra delegazione siano chiare e precise. La situazione può cambiare. Lo stato d'animo degli jugoslavi può cambiare: bisogna essere pronti ad afferrare ogni occasione propizia che può presentarsi a qualsiasi momento e non trovarci nella situazione di non poter riallacciare i negoziati per la necessità di provocare una decisione di governo.

Si tratta di un problema di grande importanza, che va quindi studiato e messo in esecuzione a ragion veduta, senza fretta e dopo aver misurato da ogni parte l'importanza di ogni passo che si compie. La fretta, il cercare ad ogni costo accordi ad effetto, non potrebbe alla lunga che risultare pregiudizievole ai rapporti italo-jugoslavi che hanno bisogno di essere migliorati e non peggiorati 1•

348

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. Parigi, 25 settembre 1946.

Rispondo alla sua del 19 corrente2 circa il logoramento dell'opinione pubblica italiana nei riguardi degli Alleati e segnatamente dell'Inghilterra. Come lei ricorderà, è su questo argomento che io ho avuto in passato un vivo urto con sir Orme

1 Il documento è sottoscritto anche da Tarchiani e Carandini in calce alla seguente annotazione: «Gli ambasciatori Reale e Quaroni ci hanno sottoposto questo loro rapporto sulle loro conversazioni con gli jugoslavi. Dichiariamo di essere perfettamente d'accordo sulla conclusione di questo rapporto».

2 Vedi D. 327.

Sargent. Non vi è incontro con Bevin, McNeil, Harvey, Hoyer-Millar, o Jebb, in cui non ribatta anche brutalmente questo ormai frusto avvertimento circa i risultati psicologici e politici derivanti dalla mancanza da parte degli Alleati di una linea politica che risulti in un incoraggiamento delle forze moderate ed antifasciste che si stanno logorando per risollevare il Paese. E questo argomento ho ripetuto instancabilmente con tutti gli esponenti responsabili del Labour Party e con chi, come il cancelliere dello Scacchiere Dalton, dispone di una grande autorità e nel Labour Party e nel Governo. Prima della venuta di Tarchiani qui (e Tarchiani lo ha fatto vigorosamente in America e poi qui dopo il suo arrivo), ho battuto lo stesso tasto con gli americani, con Byrnes in persona, con Dunn e Reber. La reazione, e degli uni e degli altri, è sempre stata la stessa: constatazione più o meno irritata del fatto e adattamento a quello che è considerato un risultato ineluttabile.

Ricordi nei miei passati rapporti le reazioni di Bevin: «coscienza tranquilla», «indifferenza personale alla impopolarità in Italia, risentimento amaro per il facile oblio che gli italiani dimostrano delle proprie passate responsabilità e per il generoso trattamento ricevuto dalle Nazioni aggredite» ecc.

Questa nostra argomentazione è stata spinta fino a prospettare l'eventualità di un collasso governativo o di un rifiuto a firmare il trattato. Cosa ha risposto Attlee? «Se non firmate è un fatto che riguarda voi. Noi applicheremo il trattato». E Byrnes cosa ha risposto? «Se non firmate riavrete il governo militare che applicherà il trattato».

E questi argomenti non sono stati usati fino all'esaurimento coi francesi? E con quale risultato? Lo abbiamo visto.

Sir Noel Charles non ha fatto che mandare a Londra in passato rapporti denuncianti la crescente ostiltà dell'opinione italiana verso l'Inghilterra. Ha forse anche esagerato in questo senso, ottenendo una reazione opposta a quella che si aspettava nella sua buona intenzione verso di noi.

Nel colloquio De Gasperi-Bevin del 7 settembre al quale abbiamo presenziato io e sir Noel Charles, quest'ultimo ha ripetuto la sua tirata circa l'atteggiamento crescentemente ostile dell'opinione pubblica e segnatamente della stampa italiana. Il ministro De Gasperi se ne ricorda certo. La reazione di Bevin è stata così poco positiva che dovetti intervenire io per ammorbidire le tinte affermando che la reazione italiana, più che spiegabile, non mirava solo all'Inghilterra ma a tutte le altre grandi Potenze responsabili del protrarsi di una situazione insostenibile.

Lei conosce gli inglesi, non sono mai questi argomenti che li possono smuovere. Essi sono convinti, vedendo la cosa dal loro punto di vista e secondo il ricordo poco piacevole che hanno di noi, di essersi regolati verso l'Italia con la più larga generosità. Proseguono per la loro strada che ritengono giusta o che non possono fare a meno di percorrere, incuranti delle reazioni che sollevano e non solo in Italia. Del resto l'attuale politica del Governo inglese gli crea guai non minori anche presso la propria pubblica opinione, e non se ne dà per avvertito. Quando protestiamo ci considerano degli ingrati, ed hanno torto. Quando attribuiamo i nostri guai di politica interna ai difetti della condotta alleata, ci guardano con curiosità come per chiederci se veramente non ci sia in tutto questo qualche difetto nostro. E qui non hanno torto.

Tutto questo le ho detto, pur sapendo che le è noto, perché ella si renda conto come sia difficile ormai utilizzare questa leva. Il rapporto del ministro presso la Santa Sede è in se stesso una buona cosa, ma in pratica avrà lo stesso effetto di quelli di sir Noel Charles e di tutti gli avvertimenti che ho rivolto al mondo responsabile inglese in due anni di contatti crescentemente confidenti e spregiudicati.

In ottobre spero poter venire a Roma. Avrò allora molto da dirle su queste ultime fasi della mia grave esperienza.

349

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. Parigi, 25 settembre 1946.

Approfitto della partenza del presidente Bonomi domattina per rispondere alla sua del 20 corrente 1 relativa al chiarimento dell'intesa italo-austriaca riguardante l'estensione territoriale dell'autonomia.

Quando la incontrerò potrò darle a voce una più convincente prova della inopportunità di mettere oggi nero su bianco una specificazione aggiuntiva alla formula generica «il quadro entro cui ... » che è stata di comune accordo convenuta per affermare la nostra libertà di decisione in proposito senza mettere Gruber in difficoltà immediate presso la sua opinione interna.

Quello che è stato firmato non è un trattato di carattere uniforme il quale impegni tassativamente le due parti su tutti i punti. Il documento è impegnativo da parte nostra nella prima parte su determinate provvidenze linguistiche ecc. Non è impegnativo nella seconda parte per quanto riguarda sia il contenuto che l'estensione dell'autonomia. Nella terza parte (questioni di carattere internazionale) è impegnativo per quanto riguarda il carattere generale delle provvidenze da adottarsi e la consultazione col Governo austriaco. In generale è un accordo di buona fede che, come afferma Gruber e come i fatti proveranno, avrà vita e valore solo se con buona fede verrà applicato. Esso ha incontrato e incontrerà, come è naturale, difficoltà di attuazione nei due campi. De Gasperi e Gruber dovranno superare gli scogli delle stesse pretese particolaristiche e opposizioni. Li supereranno a condizione di scavalcarli gradualmente in quella atmosfera di maggiore distensione che succederà al primo annuncio di un accordo di massima il quale in parte accontenta ed in parte scontenta i due contraenti.

Gruber dichiara che si è astenuto e si asterrà dal dare imbarazzi a De Gasperi di fronte all'opinione italiana e prega gli si usi, almeno inizialmente, lo stesso riguardo. Ha lamentato che il presidente De Gasperi abbia annullato le cautele adottate con la frase «il quadro ecc.», facendo proprio qui a Parigi, e immediatamente, delle dichiarazioni chiarissime alla stampa. Se tali dichiarazioni fossero state fatte a Roma avrebbero sollevato minor reazione da parte degli estremisti alto atesini di lingua tedesca convenuti a Parigi e che andavano gradualmente preparati e convinti. Comunque, egli dichiara nel modo più formale, e di ciò mi rendo

I Vedi D. 332.

personalmente testimonio e garante, che non vi è dubbio circa il fatto che la questione dell'estensione territoriale resta aperta alla soluzione che il Governo italiano riterrà di adottare dopo essersi consultato con gli elementi locali in una armonia di intenti che egli personalmente si impegna a promuovere con tutta la sua influenza ed in piena lealtà. Questo egli mi ha affermato solennemente nel colloquio del 16 corrente su cui ho riferito con fonogramma pari data 1•

Mi sono preoccupato allora di sondare gli elementi rappresentativi di lingua tedesca presenti a Parigi e che Gruber mi aveva pregato, nell'interesse comune, di ricevere ed ascoltare. Volgger e Guggenberg sono venuti in ambasciata, abbiamo avuto un lungo colloquio. Ho detto loro che io, come promotore di un accordo che andava tutto a loro vantaggio, avevo il diritto di spiegarmi chiaramente e di cancellare nella loro mente ogni possibile equivoco. A vendo loro tutto spiegato nel modo più categorico, ho ottenuto il loro consenso sul fatto che la questione della estensione territoriale restava aperta trattandosi di un elemento di quella autonomia che il Governo italiano si proponeva di elargire nel libero esercizio della propria sovranità. Essi sono giunti infine a dichiararmi che erano animati da pieno spirito di collaborazione e che non si rifiutavano di contemplare una unità amministrativa tridentina (Bolzano e Trento) a condizione che nel suo seno si realizzasse una effettiva tutela dei diritti delle minoranze di lingua tedesca. Ho loro illustrato le caratteristiche del progetto Innocenti, dimostrando come esso prevedesse appunto sia nel campo legislativo che esecutivo una disarticolazione dell'unità amministrativa tridentina la quale garantiva alle minoranze di lingua tedesca una effettiva ed ampia autonomia per tutto quanto riguarda le cure dei loro casi particolari. Essi mi risposero che il progetto Innocenti poteva essere accettato in linea di massima salvo qualche modifica a cui essi aspiravano (in specie per quanto riguarda la designazione di Trento a capitale unica e per la questione dell'autonomia fiscale). Ad ogni modo anche su questi punti si dichiaravano disposti a trattare con la necessaria comprensione. Volgger mi disse in ultimo: «noi possiamo accettare l'unione con Trento, ma non comprendiamo allora perché dal comprensorio autonomo si vogliano escludere i tre comuni ladini i quali non hanno meno diritto dei trentini a veder riconosciuti i loro effettivi legami di interessi con l'Alto Adige». Gli risposi che si trattava di popolazioni schiettamente cadorine e italiane di cui non vi era ragione essi si occupassero.

Si sono accomiatati con una esplicita promessa di rientrare in Italia decisi a cooperare ad una leale soluzione e fiduciosi che da parte italiana la loro buona volontà avrebbe trovato apprezzamento e rispondenza. Ciò avvenne il giorno 192 .

Il giorno precedente avevo nuovamente incontrato il ministro Schmid ribadendo con lui il chiaro significato dell'accordo in materia di estensione territoriale e trovandolo consenziente.

Ne riparlai con gli inglesi i quali sono buoni ed efficaci testimoni del senso dell'accordo intervenuto su questo punto particolare.

Ieri mattina 24 corrente il ministro Gruber ha dato in mio onore una colazione alla quale hanno partecipato anche i ministri Schmid, Bischoff e Wimmer rappre

l Vedi D. 313. 2 Vedi D. 331.

sentanti austriaci a Londra, Parigi e Brusselle, membri della delegazione austriaca e testimoni di tutte le nostre intese. La colazione si è svolta con estrema cordialità in una sala privata del ristorante Drouant. Ho avuto modo di ricapitolare in piena ed assoluta franchezza lo spirito ed il significato delle nostre intese.

Ho detto a Gruber:

l) noi abbiamo sottoscritto una intesa di carattere unilaterale perché ci siamo impegnati a concedere l'autonomia senza richiedervi una esplicita dichiarazione di rinuncia alle vostre pretese territoriali. Abbiamo fatto questo per non mettervi in una posizione difficile di fronte alla vostra opinione pubblica nazionalista. È vero che la vostra rinuncia è implicita nel fatto che avete lasciato cadere di fronte alla Conferenza ogni vostra precedente rivendicazione; è vero che l'avvenuta inclusione nel trattato della nostra intesa pone un suggello internazionale alla questione italo-austriaca che si è aperta davanti alla Conferenza su una pretesa territoriale e si chiude, nella stessa sede, con una concessione di autonomia alla minoranza interessata. Ma quale è il vostro animo? Gruber mi ha dichiarato che il giorno in cui la questione dell'autonomia sarà regolata e si saranno così soddisfatte le aspirazioni della minoranza di lingua tedesca, il caso del Sud Tirolo sarà considerato chiuso per l'Austria.

2) Per quanto riguarda l'estensione territoriale gli ho ripetuto (devo ormai fare un certo sforzo per ritornare per l'ennesima volta su questo argomento) la necessità che avevo, trattandosi di una questione che involgeva la mia personale responsabilità, di sentirmi ripetere da lui che non vi era ombra di equivoco circa il fatto che la questione si intendeva aperta. Desideravo una ultima precisa dichiarazione da riferire al ministro De Gasperi. Egli mi diede la più ampia e franca assicurazione, ripetendomi che la decisione dipendeva da noi e che egli si sarebbe adoperato con ogni buona volontà per facilitarla. In via tattica chiedeva solo che, per qualche tempo almeno, gli si evitasse, di fronte alla propria opinione nazionalista di varia origine, l'imbarazzo di riconoscere apertamente un impegno che pur risultando evidentemente dalla formula adottata «il quadro ecc.», egli aveva assunto affidandolo alla nostra discrezione. Il tutto detto nel tono più categorico. In queste condizioni se io gli scrivo ora una lettera che in una forma o nell'altra ribadisca ufficialmente il chiarimento, lo metto non solo nell'imbarazzo, ma forse nella necessità di rispondermi con una formula vaga che non vada oltre il contenuto dell'accordo firmato, che non lo impegni al di là di esso e non lo esponga ad immediati attacchi interni che è nel comune interesse evitare.

Caro Prunas, abbiamo lavorato, una volta tanto, tra uomini di buona fede. È un accordo nato e basato su rapporti personali di fiducia. Come tutte le cose umane è lontano dalla perfezione ed è soggetto ad applicazioni e sviluppi che richiedono da ambo le parti altrettanta buona fede. Se regge così, bene. Se no, non vi è più o meno abile sotterfugio precisativo ed impegnativo che lo possa fortificare. Se questo accordo si è perfezionato, implicando un reciproco sacrificio della sovranità italiana e delle aspirazioni territoriali austriache, ciò è dovuto proprio allo spirito di buona fede da cui si è partiti ed in cui si è concluso. Non vedo migliore garanzia possibile. Se la buona fede mancherà o da una parte o dall'altra, vuoi dire che avremo fallito. È un rischio connesso con l'arditezza dell'iniziativa ed il coraggio della concretazione.

Quando verrò in Italia, libero e liberato dal riserbo che la mia posizione attuale mi impone, parlerò in pubblico di questo accordo e sarò testimonio esplicito del suo significato e delle chiare intese secondo le quali si è venuto formulando ed è stato firmato. Creda che se scrivessi oggi la lettera che lei mi suggerisce commetterei un errore psicologico senza ottenere alcun sostanziale vantaggio.

Comunque le dò atto del suo suggerimento e mi assumo la responsabilità della omessa attuazione. Se queste mie argomentazioni la persuadono, sarei però lieto di saperla consenziente.

Altre cose le dirò a voce che sarebbe difficile e lungo mettere per lettera. Dica al ministro De Gasperi che, per quel tanto di ascendente che ho acquistato su Volgger e Guggenberg, sarò sempre disposto a recarmi, quando il tempo verrà, a Bolzano per ogni necessaria opera di chiarificazione, testimonianza e facilitazione.

Per quanto riguarda le reazioni russe, non mi paiono preoccupanti. Rientrano nel quadro di una generale reazione alle iniziative nostre che ha più ragioni esteriori che intime. Del resto l'ambasciatore Reale aveva trovato, subito dopo la firma dell'accordo, il ministro Molotov perfettamente consenziente. Anche Quaroni è del parere che non sia opportuno riesumare la questione coi russi.

350

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. Parigi, 25 settembre 1946.

Avevo, nei giorni scorsi, buttato giù qualche altra idea sulla questione delle trattative itala-jugoslave 1 . Le mie elucubrazioni sono in gran parte superate dallo sviluppo intervenuto nel frattempo nella questione: ultimo colloquio, dichiarazioni di Bebler al Times e rapporto conclusivo concordato tra Quaroni-Reale-Arpesani 2 . Il presidente Bonomi porta giù con sé domani i documenti relativi. Comunque accludo copia del mio appunto che ho mostrato all'ambasciatore Soragna il quale si è dichiarato consenziente.

Noto con l'occasione: che il «rapporto conclusivo» segna un notevole passo indietro, o, per lo meno un'ampia qualificazione del noto rapporto n. d. 380 del 16 settembre3; che comunque, nonostante ogni sforzo per non farlo apparire, contiene una serie di contraddizioni.

Tutto ciò rafforza la mia opinione, quale espressa nella parte conclusiva del mio appunto allegato. E cioè quale che sia la linea politica che si deciderà di adottare, occorre: che si abbiano delle idee ben chiare in partenza; che i negoziati, e tutta l'azione che li dovrà accompagnare, sia condotta organicamente e solo da persone competenti; che vi sia unicità di vedute e di scopi tra coloro ai quali l'azione

l Vedi D. 339. 2 Vedi DD. 334, 337 e 347. 3 Vedi D. 314.

è affidata. Se non saranno realizzate queste condizioni, è come dare una bomba a mano a un branco di ragazzini e dir loro di servirsene per giocare al pallone.

Il bilancio di questo primo tentativo di negoziato, è istruttivo. Siamo riusciti: a mettere il campo a rumore e convincere tutti che in fondo saremmo accessibilissimi a ulteriori sacrifici; a insospettire gli americani ed inglesi, ed a dar loro comunque la giustificazione, se ne avessero voglia, di far ulteriore marcia indietro su tutta la linea; a permettere agli jugoslavi non solo di riaffermare la propria intransigenza, ma anzi a metterei nella situazione (vedi dichiarazioni di Bebler al Times), in cui ogni nuovo tentativo di approccio significa in partenza accettare il principio di qualche cedimento nei confronti della linea francese. Non abbiamo che a continuare così...

ALLEGATO

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO. Parigi, 25 settembre 1946.

Gli elementi della situazione, alla data odierna, possono così riassumersi:

l) la Conferenza dei Ventuno approverà con ogni probabilità gli aspetti territoriali della risoluzione del 3 luglio.

2) È meno certo, ma non impossibile, che essa giunga a votare a maggioranza i lineamenti dello statuto; è ancora meno certo che si ottenga una maggioranza su di uno statuto particolareggiato; meno certo ancora che i Quattro riescano, a Parigi o a New York, a mettersi d'accordo sul testo definitivo.

3) Se il disaccordo dovesse effettivamente sostanziarsi in sede dei Quattro, tutta la questione, anche sotto il profilo territoriale, torna sul tappeto. Non ci dobbiamo illudere che gli anglo-americani (come nelle settimane scorse ci hanno pur lasciato ritenere) tornino in tale evenienza a sostenere (intendo sostenere a fondo) delle soluzioni a noi molto più favorevoli («linea inglese» o «linea americana»). È sicuro invece che i sovietici svolgeranno un'azione violenta per un miglioramento della linea francese a favore degli jugoslavi, facendo leva tra l'altro sulla presa di posizione intransigente di questi ultimi. Chi vincerà in questo scontro? È possibile che, sotto l'impressione delle conseguenze della «crisi Wallace», gli anglo-americani tengano duro. Avremo in tale eventualità un consolidamento della linea Morgan ed un rinvio della questione.

4) A questo consolidamento della linea Morgan si giungerà del resto anche nell'ipotesi del raggiungimento di un accordo tra i Quattro sulla base della risoluzione del 3 luglio. Gli jugoslavi infatti non firmeranno, e nessuno si sognerà di muover loro guerra perché evacuino la zona di Capodistria.

5) Come uscire da questa situazione? Le ipotesi estreme sono due. L'una è che alla lunga gli anglo-americani si stanchino, e ripieghino su di una soluzione di compromesso sia sullo statuto, sia sulla estensione del Territorio Libero. L'altra è che si giunga col tempo ad un consolidall}ento definitivo della linea Morgan come confine italo-jugoslavo (con Trieste in piena sovranità italiana). Questa seconda ipotesi, soprattutto se la soluzione relativa fosse integrata da scambi di popolazione, potrebbe essere sotto molti aspetti preferibile a quella ibrida e pericolosa del 3 luglio (Territorio Libero). Se ci convincessimo di questo fatto, varrebbe la pena sin da ora indirizzarci in questo senso ed operare di conformità.

6) Il mezzo più semplicistico per realizzare questa seconda ipotesi (linea Morgan, a un dipresso, confine definitivo d'Italia) sarebbe di fare il possibile per far fallire la prima: evitare cioè che si affermi il duplice concetto di mantenere il Territorio Libero, ma !imitarne

ulteriormente l'estensione. Per parte nostra l'unica cosa che possiamo fare al riguardo è di mostrare la più ermetica intransigenza nel non accettare una soluzione territoriale più sfavorevole di quella prevista dall'accordo del 3 luglio. Contemporaneamente, ma con molta prudenza per non svelare il gioco, dovremmo sospingere al formarsi ed al prevalere della soluzione auspicata. Vi sono del resto due fattori che giocano a nostro favore: l'uno è che la Russia possa, in ultima analisi, preferire una soluzione del genere a quella di un Territorio Libero sotto influenza anglo-americana; l'altro, è che questa è l'unica soluzione che gli anglo-americani sono in grado di imporre.

7) Ovviamente tutto ciò non è scevro di pericoli. Tra l'altro che si giunga ad un compromesso sulla stessa linea Morgan: ad esempio Trieste in piena sovranità, entro i confini della linea Morgan, ma per il rimanente la linea francese, cioè niente valle dell'Isonzo, niente Predil.

351

L'AMBASCIATORE TARCHIANI ALLA COMMISSIONE POLITICO-TERRITORIALE PER L'ITALIA

DISCORSO. Parigi, 26 settembre 1946.

Je tiens à faire précéder un éclaircissement à mon bref exposé.

Si je prends la parole sur l'Ethiopie et l'Albani e cela n'implique nullement que j'aie par là l'intention d'aborder des questions ayant un caractère surtout politique et se référant aux relations entre l'Italie et ces deux Pays. En effet comme il apparaìt des documents présentés à la Conférence, le Gouvernment italien accepte entièrement, sans contestations, sans réserve, sans amendements, tous les articles du projet de Traité qui concernent ses rapports politiques avec l' Albanie et l'Ethiopie.

Mon exposé portera, donc, sur les rapports économiques de l'Italie avec l'Ethiopie et l' Albanie; rapports que règlent, par des dispositions speciales, l es articies 23-26 et 28-31 du projet de Traité soumis à la compétence de votre Commission.

Les intérèts économiques de l'Italie, en Albanie comme en Ethiopie, doivent ètre subdivisés en deux catégories au moins, que je tiens à séparer entre elles. D'une part, les intérèts qui découlent directement ~ou qui se trouvent en connexion ~ des agressions fascistes de 1936 et de 1939; d'autre part, !es intérèts qu'avait crées auparavant, en Ethiopie comme en Albanie, le travail pacifique du peuple italien.

Nous sommes prèts à liquider raisonnablement le passif, quel qu'il soit, que la politique fasciste nous a procuré par ses placements énormes en capitaux et en travail à l'intérieur de ces pays, mais, laissez-moi vous le dire en toute franchise, nous ne réussissons pas à saisir pourquoi la réaction bien compréhensible contre la politique fasciste arrive au point de compromettre gravement des rapports économiques établis, depuis très longtemps, entre l'Italie et ces deux pays, avec des avantages réciproques pourtant d'une évidence indiscutible.

Par ses documents 7 (P) et 42 (E), la Délégation italienne a déjà demandé que, dans le règlement des rapports économiques italo-albanais, le Traité de Paix tienne un juste compte des biens et propriétés de l'Etat italien en Albanie auxquels l'ltalie se déclare prète à renoncer.

Je me limiterai ici à citer seulement quelques-uns des principaux ouvrages d'intérèt public qu'ont été realisés par l'Italie en Albanie; la construction du port de Durazzo avec 7 mètres de fond et une longue étendue de quais; l'équipement et l'accroissement des ports de San Giovanni di Medua, Valona et Santi Quaranta; la construction de 400 km environ de nouvelles routes avec plus de 70 grands ponts sur !es fleuves Mati, Skumbini, Voiussa, Voiana et Drin; la réfection de toutes !es routes déjà existantes, et la construction d'ouvrages de toute sorte sur leur parcours; l'exploitation de gisements miniers et la mise en oeuvre d'un outillage moderne dans !es mines et !es terrains pétrolifères du Devoli, avec construction d'un pipe-line jusqu'à Valona (72 km); de nouveaux édifices publics pour l'administration en particulier à Tirana où un centre moderne groupe Ministères et Bureaux; des écoles partout et en particulier des écoles industrielles parfaitement outillées à Scutari, Berat, Argirocastro et Coritza; des écoles primaires dans tous !es centres principaux et des écoles rurales dans !es centres sécondaires; des hopitaux civils et militaires dotés d'installations modernes; des centres sanitaires ruraux, avec dispensaires et logements pour le perso nn el sanitaire; des aqueducs à T iran a, Scutari, Berat, Coritza, Valona, Argirocastro et Fieri; des bonifications en plein développement à Durazzo et à Valona; des maisons pour employés à Tirana et dans tous !es centres populeux avec un total dépassant mille cinq cents pièces d'habitation; en outre des cités ouvrières et des stades.

Je ne crois pas que l'on puisse trouver dans ces ouvrages d'interèt public le moindre caractère militaire; d'autre part !es destructions qui se sont produites du fait de la guerre sont bien loin d'avoir oté leur valeur fondamentale à tous ces biens, dans le cadre de l'équipement économique et civii de l'Albanie.

Permettez-moi, maintenant, d'attirer plus particulièrement votre attention sur !es dispositions des articles 24 et 26. Tels qu'ils sont énoncés actuellement, ils entraìneraient des conséquences extrèmement graves pour de nombreux ltaliens, qui depuis 1925 au moins jusqu'à 1939, ont donné à l'Albanie un apport incalculable soit par leur travail, soit par leur expérience et leurs capitaux. Les efforts qu'ont déployés ces Italiens, surtout pendant la période envisagée, ne tendaient qu'à transformer et à faire progresser l'économie albanaise au plus grand bénéfice des Albanais eux-mèmes; aussi serait-il profondément injuste de faire supporter par ces ltaliens un dommage qui dans bien des cas finirai t pour peser sur l'Albanie elle-mème.

L'art. 24 fixe le principe selon !eque! !es citoyens italiens en Albanie devront jouir du mème statut juridique que !es ressortissants des autres pays, malheureusement si !es dispositions suivantes du mème article devaient rester telles qu'elles le sont en ce moment, elles finiraient par enlever à peu près toute valeur pratique au principe général de l'égalité de statut.

Voilà pourquoi la Délégation italienne croit devoir d'insister pour obtenir une modification de l'art. 24, afin que l'on reconnaisse non seulement le droit qu'acquiert l'Albanie d'annuler ou modifier !es concessions accordées aux Italien après 1939, mais aussi le droit de ces derniers de se voir garantie une équitable indemnisation ainsi que la possibilité d'un arbitrage en cas de contestation .

Quant aux nouveaux amendements proposés per l' Albanie dans son document 7 /CP, je vous prie de bien vouloir vous reporter au memorandum 42 (E) présenté par la Délégation italienne à la Commission économique.

Laissez-moi, maintenant, vous prier de bien vouloir réfléchir sur les conséquences extrèmement graves qui peuvent découler de cette clause de l'art. 26, selon laquelle l'Italie devrait accepter d'avance toutes les mesures que l' Albanie voudra lui imposer, sans la moindre garantie que ces mesures correspondent à l'équité. La Délégation italienne à mis en évidence ce point dans son mémorandum 7 (P), afin que la disposition ainsi visée de l'art. 26 soit reprise en examen et supprimée.

Si cette suppression ne sera pas jugée possible, permettez-moi au moins de croire que des modifications substantielles lui seront apportées pour obvier aux préoccupations dont nos déclarations se sont faites l'écho.

En effet, malgré la participation active d'une foule de patriotes italiens à la lutte con tre les occupants nazis pour la libération de l' Albanie, l'actuel gouvernement albanais ne semble pas aucunement se soucier des intérèts légitimes des Italiens et il paraìt avoir oublié totalement l'apport que ces mèmes Italiens ont donné à l'essor économique du pays; les richesses qu'ils ont prodiguées dans cette oeuvre et mème la collaboration qu'ils ont prètée aux travaux de reconstruction en Albanie après sa libération.

Si vous approuverez les artt. 24 et 26 dans leur énoncé actuel vous permettrez une extension injustifiée et au délà de toute limite raisonnable de la faculté de liquider sans aucune sauvegarde des intérèts italiens legitimes.

A notre avis, un traitement équitable réservé à ces intérèts italiens légitimes répondrait en premier lieu à des principes juridiques jusqu'ici toujours appliqués et deuxièmement il constituerait un encouragement réel à une féconde reprise des trafics et des échanges entre l'Italie et l'Albani e, reprise que nous désirons vivement, sur un pian d'égalité parfaite, d'autant plus qu'elle correspond, nous en sommes convaincus, à l'intérèt traditionnel des deux pays.

Le Traité de Paix doit mettre les rapports entre l'Italie et l'Ethiopie sur une base solide d'amitié et de respect réciproque. Pour arriver à ce but, qui correspond d'ailleurs parfaitement au désir du peuple italien, il est opportun que nous examinions de près, soit la portée réelle, soit les conséquences pratiques qu'entraìneraient les clauses du projet de traité appelées à régler dorénavant les rapports économiques entre les deux pays.

A l'égard des amendements proposés par l'Ethiopie, je me limiterai à vous dire que malgré toute sa bonne volonté le Gouvernement italien ne parvient pas à en reconnaìtre le bon fondement et il a pleine confiance que son avis sera partagé par la Commission. Je me bornerai, par conséquent, à toucher aux questions fondamentales du projet lui-mème.

Tout d'abord l'artide 28, selon le texte proposé, contient la renonciation totale de l'Italie en faveur de l'Etat éthiopien à tous ses biens et droits existant à l'intérieur des limites territoriales de l'Ethiopie. J'ai déjà dit, ailleurs, que nous sommes prèts à accepter une telle cession. Mais il n'est pas possible ni juste d'oublier que l'Italie cède par là le premier équipement moderne dont l'Ethiopie ait jamais été dotée. Il s'agit de routes construites gràce à une technique audacieuse et au travail de nos ouvriers spécialisés, au coeur de territoires impraticables, qui vont de còtes au-dessous du niveau de la mer, comme cela se produit dans la plaine désertique de la Dankalie, jusqu'à des altitudes supérieures à

3.000 mètres, comme c'est le cas du tunnel routier de Termaber. Il s'agit de ponts jetés sur les principaux fleuves éthiopiens, depuis le Nil Bleu jusqu'à l'Omo Botte go, à l' Aouache, au Takazé, selon les méthodes les plus récentes de la science des constructions. Il s'agit d'hòpitaux et de dispensaires disséminés partout sur ce vaste territoire, d'établissements scientifiques, comme l'Institut d'Hygiène et de Prophylaxie d'Addis Abéba, dotés d'excellents laboratoires, l'lnstitut pour la cure de la rage, l'Institut contre le typhus oxanthématique, !es léproseries, !es services ophtalmologiques, I'lnstitut contre la malaria bien connu pour ses recherches dans les zones basses sujettes au paludisme, !es excellents services de médecine vétérinaire et de distribution de sérums ou vaccins pour la protection du cheptel. Il s'agit de terrains d'expérience et de services agronomiques organisés pour développer l'agriculture locale. Il s'agit d'écoles modernes dotées de stades. Il s'agit d'aérodromes et de l'organisation de lignes aériennes qui unissaient entre eux les divers centres éthiopiens et reliaient I'Ethiopie aux centres africains et à I'Europe.

Toute cette organisation qui est l'oeuvre du travail italien ed dont la valeur économique ne peut s'évaluer aujourd'hui qu'en chiffres énormes, a été acquise en fait par I'Ethiopie et elle le sera en droit à la suite du Traité de Paix. Mais au moment précis où eiie fait un gain aussi grand, est-il juste de la part de l'Ethiopie d'avancer encore des demandes de réparations pour l'occupation de son territoire, en présentant une liste de dommages, que je m'abstiendrai de discuter en ce moment et qui ignore totalement les gains que lui procure le Traité?

La justice exige que la valeur de cet outilJage moderne, procuré à l'Ethiopie par Jes sacrifices du contribuable italien, soit portée au crédit de l'ltalie dans le règlement général des rapports économiques et financiers que le Tniité va fixer entre les deux pays.

Une seconde question se pose encore à propos de l'art. 30. QuelJe assiette va-t-on donner à l'activité économique des simples particuliers en Ethiopie? Pratiquement, les dispositions prévues annihileraient entièrement cette activité. Je ne veux mème pas me demander si c'est là l'intéret bien entendu de l'Ethiopie et je vais me limiter à examiner en détail le texte de l'artide tel qu'il a été formulé.

Comme je l'ai déjà dit, l'activité économique de l'ltalie en Ethiopie a une ancienne tradition. Certes, on ne saurait nier que l'annexion du pays n'ait poussé plus activement les particuliers à y transférer leur activité. Mais est-ce là une bonne raison pour òter, et sans aucune compensation, aux ltaliens ces concessions économiques qui Jeur avaient été accordées librement, par le Gouvernement éthiopien pendant les cinquante dernières années et dont la mise en activité allait entièrement au bénéfice du pays? Nous proposons par conséquent que cette faculté, que l'on veut accorder au Gouvemement éthiopien, soit limitée aux concessions que le Gouvemement italien a octroyées à des particuliers italiens et non à celles qui, avant le 3 octobre 1935, avaient été accordées librement par le Gouvernement éthiopien lui-mème. Ces demières devraient, selon toute justice, continuer a ètre réglées sur la base des actes octroyés alors par les autorités éthiopiennes compétentes.

Quant aux concessions accordées plus tard par le Gouvernement italien à des particuliers, on voudrait maintenant donner au Gouvemement éthiopien la faculté de ]es annuler, purement et simplement; en outre, on voudrait que l'ltalie accepte d'avance, et sans aucune distinction, toutes !es mesures que prendra à cet égard le Gouvernement éthiopien. Dans cette matière, qui ne touche pas à des questions politiques intéressant l'Etat, mais aux intérèts de simples travailleurs et aux droits légitimes de techniciens, permettez-moi de vous demander, Messieurs, au moins deux garanties d'ordre strictement juridique:

premièrement: en cas de contestation sur ce point bien défini le droit de faire recours au Conseil des Ambassadeurs institué par le Traité;

deuxièmement: en cas d'annulation de concessions de particuliers qui, gràce à leur activité, ont fait progresser l'économie éthiopienne, le droit d'obtenir une équitable compensation.

A propos de l'énoncé de l'art. 31, enfin, nous demandons que les résultats des missions scientifiques italiennes dans ces régions soient sauvagardés dans l'intérèt général des recherches scientifiques. ·

Par ces déclarations j'ai voulu attirer votre attention sur un ensemble de faits, bien précis, dont vous ne pourrez ne pas tenir compte au moment de la décision définitive sur les clauses économiques du Traité concernant l' Albanie et l'Ethiopie. La défense que vous avez entendue par mes paroles, de ce que nous jugeons ètre les intérèts légitimes et défendables des ltaliens, a été objective et modérée. En vous l'exposant, je n'ai pas oublié un seui instant, croyez-moi, qu'elle devait s'inspirer d'un désir, d'un besoin profondément ressenti par tous les ltaliens: éclaircir l'horizon, dans un esprit de compréhension mutuelle, afin que, une fois réglé un passé douloureux que nous déplorons sincèrement, les relations italo-albanaises et italo-éthiopiennes puissent se renouer avec une confiance entière dans l'intérèt réciproque de toutes les parties.

352

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A N ANCHINO, FENOALTEA

T. 14696/105. Roma, 27 settembre 1946, ore 9.

Prego trasmettere a codesto mm1stro affari esteri seguente telegramma del presidente del Consiglio: «Nel momento in cui Conferenza Ventuno approva articoli progetto trattato pace interessanti Cina ho ritenuto dover chiarire con apposito comunicato che rinuncia italiana ai privilegi extraterritoriali e alle concessioni, benché sancita nel trattato, è tuttavia liberamente e spontaneamente consentita dal Governo italiano il quale, come V. E. conosce, aveva già informato il Governo cinese di tale suo intendimento. Mi è gradito cogliere quest'occasione per confermarle che tale libera e spontanea rinuncia è fatta in conformità con la politica perseguita dall'Italia democratica intesa a ristabilire con la Cina relazioni di fiduciosa e cordiale amicizia» 1 .

l Per la risposta vedi D. 365.

463 .

353

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A PARIGI

T. 14779/805. Roma, 27 settembre 1946, ore 22,45.

In considerazione gravi difficoltà che deriveranno alla bilancia italiana a causa prossima cessazione rifornimenti U.N.R.R.A. e esaurirsi fondi paga truppe, urgerebbe ottenere sollecita possibilità disporre finanziamenti sui quali si faceva fondato affidamento per 1946.

Tali finanziamenti dovrebbero essere costituiti da un prestito dell'Export-Import Bank e dall'accreditamento dei fondi sospesi riconosciuti all'Italia in pagamento di servizi e prestazioni fatte alle forze americane, per un importo di 125 milioni di dollari.

Dato che il prestito della Banca appare differito fino a quando risolta la questione delle riparazioni, il Governo italiano deve fondare ogni sua speranza e programma su immediati accreditamenti dei predetti fondi sospesi, sui quali così la Commissione parlamentare americana, che gli organi esecutivi dell'Amministrazione americana, si sono espressi favorevolmente da piu mesi.

Senza sollecita disponibilità tali fondi verrebbero fra breve mancare in Italia rifornimenti grano e combustibili, con ovvie gravissime conseguenze di ordine politico e sociale.

Ciò premesso, prego vossignoria fare gli opportuni sondaggi presso la delegazione americana nei modi che riterrà più opportuni per ottenere che la somma sia messa subito a nostra disposizione 1•

354

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. l., DE GASPERI

T. SEGRETO PERSONALE 16839/1034-1035-1036. Washington, 28 settembre 1946 ore 11,23 (per. ore 10,15 del 29).

Telegramma di V. E. n. 678 2•

Marchisio ed altre persone da me a suo tempo interessate avevano premurosamente aderito richiesta condividendo convinzione che visita on. Orlando non avrebbe mancato destare notevole interesse e contribuito rafforzare correnti amicizia e comprensione per Italia. Predetti rimettonsi decisioni che verranno adottate circa epoca visita, facendo presente necessità certo preavviso per organizzazione. Come è noto V. E. decisione far invitare on. Orlando da Marchisio anziché da Comitato

I Vedi D. 359. 2 Vedi D. 335.

Giusta Pace fu adottata in seguito consigli nostri amici Dipartimento Stato onde rendere agevoli contatti tra illustre ospite e più alte personalità americane, togliendo visita carattere prestabilita campagna contro decisioni Parigi che legavano ufficialmente segretario Stato.

Anche a seguito ritardo, ripercussioni visita non possono più esercitare influenza su posizioni americane Parigi; predetti amici Dipartimento continuano tuttora ritenere che attuazione progetto potrebbe sempre raggiungere apprezzabili risultati per rafforzamento amicizia e comprensione americana pel nostro Paese in attuali gravi contingenze. Unica voce dissenziente è stata quella Myron Taylor, il quale ha mostrato temere che riferimenti questioni pace in discorso on. Orlando potessero non giovare «ottime disposizioni delegazioni americana e inglese da lui constatate Parigi». Tali preoccupazioni non sembrano peraltro impressionare accennate fonti Dipartimento né Marchisio.

In conclusione, a mio parere, visita on. Orlando avrebbe notevole successo a giudicare anche interesse destato recente breve visita non ufficiale conte Sforza. Ad ottenere opportuno risalto occorrerebbe però che almeno arrivo New Y ork e relative manifestazioni colà possano svolgersi prima riunione Assemblea O.N.U.

Visita on. Orlando U.S.A. in questo periodo decisivo potrebbe costituire tentativo tanto più utile qualora Governo intendesse marcare, mediante astensione firma trattato di pace, sino ai limiti del possibile, protesta Italia per ingiuste imposizioni contrastanti con vera pacificazione europea. Essa potrebbe in tal caso servire spiegare opinione pubblica americana buone ragioni resistenza italiana mentre per quanto concerne eventuali campagne revisioniste, come precedentemente segnalate da questa ambasciata, una volta firmato trattato pace non vi è da sperare, salvo gravissimi eventi internazionali, di poter trovare appoggio in questo Governo od in opinione pubblica U.S.A.

355

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 16826/391. Vienna, 28 settembre 1946, ore 22 (per. ore 8 del 29).

Rappresentante sovietico, durante seduta di ieri del Consiglio alleato, ha espresso opinione che intesa italo-austriaca, da parte questo Governo, sia stata conchiusa in violazione accordo controllo per Austria del giugno u.s. Rappresentante U.R.S.S. premesso che da parte russa non si intendeva respingere accordo concluso, ha proposto invio lettera al Governo austriaco, invitandolo ad astenersi in futuro da tale modo di procedere. Non essendo stata raggiunta unanimità al riguardo, proposta sovietica non ha avuto seguito.

Di particolare interesse è che, per opporsi a proposta rappresentante sovietico, alcuni rappresentanti alleati hanno adottato conclusione che accordo 5 settembre doveva attribuirsi unicamente a iniziativa ministro affari esteri Gruber non a Governo in sede.

356

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 16827/392. Vienna, 28 settembre 1946, ore 22 (per. ore 8 del 29).

Da parte funzionari questa Cancelleria federale mi è stata segnalata difficoltà che Gruber dovrà certamente incontrare, in occasione prossima discussione accordo itala-austriaco sli Alto Adige, dinanzi a Parlamento federale. Oltre che su opposizione comunista, numericamente insignificante, questo ministro degli affari esteri dovrà infatti contare con crescente disaccordo riscontrabile in vasti settori partito socialista e dello stesso partito popolare in relazione alla indeterminatezza in cui travasi tuttora questione delimitazione futura regione autonoma altoatesina. Qualsiasi tempestiva dichiarazione ufficiale italiana che dimostrasse nostra attuale dichiarazione voler tenere in qualche modo conto tesi austriaca, secondo cui autonomia dovrebbe limitarsi provincia Bolzano nonché pochi comuni province Trento e Belluno, migliorerebbe posizione e faciliterebbe discussioni accordo itala-austriaco che avranno inizio dinanzi a Commissione politica estera del Parlamento martedì lo ottobre. Permettomi suggerire, qualora si concordi su opportunità simile nostra dichiarazione, telegrafarmene testo, in modo poter darne comunicazione tempestiva Ballhaus e stampa locale 1•

357

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 17029/0 !24. Sofia, 28 settembre 1946 (per. il 3 ottobre).

Mio telegramma n. 118 in data 20 settembre u.s. 2 .

Non avendo ricevuto in tempo utile alcuna comunicazione da questo ministro sovietico, in data 21 settembre u.s. ho inviato nota a questa Commissione alleata di controllo, domandando revoca ordinanza relativa beni italiani, in base argomenti contenuti nella nota diretta da questa legazione a Ministero affari esteri bulgaro in data 17 settembre u.s. 3 . Subito dopo ho inviato copia stessa nota a rappresentanti americano e britannico nella predetta Commissione.

Generale Robertson, rappresentante americano, mi informava in data 24 settembre di aver inviato lettera a presidente Commissione (generale Birusov) espri

l Per la risposta vedi D. 363. 2 Vedi D. 330. 3 Vedi D. 321.

mendo meraviglia che ordinanza fosse stata emanata su istruzioni scritte Commissione, senza che rappresentante americano ne fosse stato neppure informato, e domandava immediata revoca ordinanza che, secondo sua stessa espressione, «viola» disposizioni previste da progetto trattato di pace con l'Italia.

Brigadiere Blunt, rappresentante britannico, scriveva in pari data al generale Birusov, riservandosi ogni azione in attesa istruzioni suo Governo, e, ricevute tali istruzioni, in data 26 corrente gli inviava nota analoga a quella americana, domandando inoltre che ordinanza fosse ad ogni modo sospesa prima scadenza termine.

Nel frattempo avevo ricevuto da questo Ministero esteri altra nota in data 25 settembre con cui si informava questa legazione che nostra nota di protesta in data 17 corrente era stata trasmessa a Commissione alleata di controllo, la quale aveva fatto conoscere che si riservava di manifestare ulteriormente suo punto di vista su argomenti nella nostra nota predetta. Commissione confermava che ordinanza doveva essere applicata. Di tale comunicazione ha dato notizia ai rappresentanti britannico e americano. Dal canto mio avevo frattanto fatto presente al Ministero affari esteri -pur mantenendo in pieno nostra tesi circa revoca ordinanza necessità che termini di essa fossero frattanto prorogati in attesa svolgimento trattative in corso. Quest'ultima domanda non ha avuto risposta, così come nessuna risposta è stata data sinora a rappresentanti britannico e americano.

Termini ordinanza, facenti obbligo a cittadini italiani qui residenti denuncia loro averi sono decorsi da ieri 27 corrente.

Rappresentanti predetti mi hanno informato di ritenere che loro Governi agiranno in sede competente, molto probabilmente a Parigi. Localmente solleveranno questione in prossima riunione Commissione alleata di controllo e come primo argomento.

Tutto il possibile è stato fatto da questa legazione anche per tranquillizzare connazionali particolarmente meno abbienti, preoccupati che, una volta denunciati loro averi personali, dati sistemi non infrequenti in questo Paese, stessi averi corrano rischi proprio da parte di chi dovrebbe tutelarli. A questo proposito ho avuto formali assicurazioni da rappresentanti americano e britannico che nessun caso di tal genere sarà da essi e dai loro Governi tollerato, in base ad eccezioni contenute in progetto trattato di pace con Italia.

In ottemperanza vostre istruzioni 1 non ho denunciato mobili ed immobili demaniali rappresentanza diplomatica e consolati, né quelli scuole ed Istituto Cultura. Del pari ho dato istruzioni personale dipendente legazione e consolati e ad insegnanti nostre scuole ed Istituto Cultura di non presentare alcuna denuncia.

Debbo rilevare che Ministero affari esteri bulgaro ha agito questa volta con inconsueta rapidità e premura. Soprattutto ci ha fornito elemento utilissimo indicando per iscritto data e numero protocollo istruzioni emanategli da Commissione alleata di controllo. È chiaro tuttavia che suo scopo evidente e principale è di lasciare ogni responsabilità a Commissione predetta escludendo quella del Governo bulgaro. Perciò, in relazione tanto a vostre istruzioni quanto al fatto da noi sostenuto per primo che nessuna clausola accordi di armistizio con Bulgaria contempla e giustifica emissione ordinanza in data odierna, ho inviato nota a questo Ministero

l Vedi D. 300.

affari esteri, richiamando responsabilità che a stesso Governo deriva in conseguenza emissione e applicazione ordinanza stessa. Con separato telespresso n. 2074/811 in data odierna1 invio copia note scambiate circa ordinanza 2 .

358

IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. l., DE GASPERI

L. 34/172/46. Roma, 28 settembre 1946.

I have the honour to enclose for your information a copy of a letter dated June 23rd from the Prince Bishop of Brixen to the Secretary of State for Foreign Affairs, and a copy of the reply which I sent to this communication on September 24th in accordance with instructions received from London 3 .

ALLEGATO I

IL VESCOVO DI BRESSANONE, GEISLER, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

L. Bressanone, 23 giugno 1946.

Encouraged by your recent utterances on the subject of South Tyrol, I am writing to you to beg you to intervene on behalf of the people of South Tyrol before it is too late.

I am a Tyrolean, born and bred. My father was a railway signalman and I spent my childhood in a signalman's hut on the railway just south of the Brenner. Now, as Prince-Bishop of Brixen I have become the spiritual leader of my people.

It is for their future existence, literally, that I am appealing.

Austria and Italy have already presented their cases; but, as yet, there has been no representation of the case by the people themselves. It is for this reason that I feel it my inescapable duty to act as their spokesman a t this vita! junctur when ali the principles of the Atlantic Charter, principles for which the Democracies fought, appear to be at stake. For, there can be no doubt that if a disinterested decision is not forthcoming on a question so clear cut as the ethnic and economie right of the South Tyrol to return to Austria, then ali is lost, and there can, indeed, be no spiritual future for the world.

I do not feel I ha ve to appeal on ethnical grounds, for you yourself have stated that the territory is ethnically Austrian. However, in view of Italian assertions that there exists a so-called mixed frontier population, I will, if I may, dwell on this point for a moment.

l Non pubblicato. 2 Prunas rispose (T. per corriere 15240 dell'8 ottobre): <<Mi è gradito congratularmi con la S.V. per azione svolta difesa interessi italiani in Bulgaria in occasione nota ordinanza concernente denuncia beni».

3 De Gasperi rispose il 7 ottobre (L. 33452/323): <<La ringrazio per la cortese trasmissione di copia della lettera diretta dal vescovo di Bressanone al segretario di Stato per gli affari esteri e della lettera di risposta da lei indirizzata allo stesso prelato. È superfluo le dica che ho vivamente apprezzato il tenore della sua risposta».

Please believe me, Mr. Bevin, when I say that the boundary where language and architecture change from ltalian to Austrian is strongly defined. There is a little town called Salurn, just south of Bozen, where the transformation is so marked that it is obvious even to the casual visitor. From this point up to the Brenner the towns and villages, the mountain farms, the churches, the language and customs of the people, ali are completely Austrian in character.

But since 1919, when only about 3% (7,000) of the total population was ltalian, a more or less steady stream of Italian officials and employees has been injected into the country. In Bozen, particularly, there are thousands of Italian workers and families who have been imported for the sole purpose of creating an Italian majority in that district. They are employed in state-subsidised industries which have been artificially created on expropriated Tyrolese land; land which, in my memory, was once rich in orchards and vineyards.

Ali these Italians represent an alien intrusion. They have no roots in the soil and are causing serious unemployment among my own people. In this little town of Brixen alone there are at least 500 young Tyrolese men who, on account of these conditions, have no employment and, at best, lead a precarious existence by accepting occasionai work with the farmers or trying their hand on the black market.

There is an even more serious aspect of the case, one which is hard to credit when onc thinks of the sacrifices undergone by the United Nations during the war years: for, it is true to say that, in spite of the democratic character of the new Italian government, Fascism is already reappearing in this part of the world. Since the withdrawal of Allied Military Government there has been a steady reinstatement of former Fascist personnel in official and semi-official posts. Beating-up and even shooting has taken piace. The people dare not voice their opinions in public. Fear predominates.

For this reason, more than any other, my people dread a decision which will have the effect of leaving them under ltalien rule. Finally, may I say something about the economie case, one aspect of which has been to some extent neglected, so far as my knowledge goes.

In 1919 North Tyrol was deprived of its hinterland and was no Jonger able to supply Austria with the produce from the South Tyrol. The South Tyrolese farmers were therefore forced to seek ltalian markets for their produce. But Italy produces more than enough fruit and wine for her own needs, so their goods were merely a glut on the market. As a result the standard of living in North and South Tyrol dropped sharply and has remained at an abnormally Jow leve! ever since. Surely in these days of world-wide starvation, an economy as distorted as this should not be permitted to exist, especially when it could be rectified in so simple a manner.

I submit that the considerations affecting this economy, which has been built up over a period of many centuries, merit greater recognition than those of the Italian claims, which are based upon a mere twenty-five years of financial investment made for the purpose of what is, for the most part, capitalist exploitation.

May I beg of you to give this matter further urgent consideration in view of the fact that the case I have tried to present to you is neither the case for Italy, nor for Austria, but the case for the people of South Tyrol.

ALLEGATO II

IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, AL VESCOVO DI BRESSANONE, GEISLER

L. 341133/46. Roma, 24 settembre 1946.

I have the honour on instructions from His Majesty's Principal Secretary of State for Foreign Affairs, to acknowledge receipt of the letter which you were good enough to address to him on 23rd June and to explain that it has not been possible to acknowledge it sooner owing to its having been delayed in reaching England.

Mr. Bevin asks me to say that His Majesty's Government have made a careful study of the questions raised in your letter, of the issues involved and of the arguments advanced on both sides. As you will be aware, the question has now been settled by the conclusion of an agreement between the Austrian and the Italian authorities at the Peace Conference in Paris, assuring to the people a wide measure of autonomy and safeguarding their ethnic and linguistic rights. The agreement has been generally welcomed as at last laying the basis for the settlement of a problem which threatened continually to disturb the course of friendly relations between Austria and Italy. I hope you will agree with me therefore in hoping that the spirit of goodwill, without which the agreement could never have been concluded, will continue to inspire the implementation of its terms, to the mutuai satisfaction of ali concerned and that the actual boundary question will become of progressively less importance.

359

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNTO. Parigi, 29 settembre 1946.

UN.R.R.A. and suspense accounts. Ho portato a Duno una parafrasi del telegramma del presidente De Gasperi 1 che sollecita una decisione americana sulla questione dei 120-130 milioni di « suspense accounts » per poter predisporre il programma dei necessari e immediati acquisti in America, dato che l'U.N.R.R.A. cesserà di esistere, finanziariamente, il 31 dicembre p.v. Duno mi ha ripetuto quello che già sapevamo, cioè che Byrnes prima di dare altri aiuti all'Italia, che possano suscitare gelosie o appetiti di reali o pretesi creditori, intende che la questione delle riparazioni sia chiusa e una cifra globale sia fissata definitivamente. Poiché la fissazione delle riparazioni è imminente, suggerisco a Dunn di dire a Byrnes di darci assicurazioni ferme-anche se confidenziali-per i 120-130 milioni; noi potremo così contare su tale somma nel preparare i nostri preventivi di acquisto; l'annunzio ufficiale potrà avvenire in seguito se si vuole in qualsiasi modo evitare ora di stimolare le pretese degli aspiranti a riparazioni italiane. Dunn mi ha dichiarato di essere d'accordo e mi ha assicurato che parlerà nella mattinata di lunedì con Byrnes della nostra situazione e dei «suspense accounts»; mi darà una risposta al più presto.

Navi. Ho lasciato a Dunn un appunto sulle navi «Vulcania», «Saturnia», «Conte Grande» e «Conte Biancamano», domandandogli di far sollecitare da qui le autorità competenti di Washington per la rapida consegna, con qualsiasi espediente, dei due «Conti», oltre che del «Saturnia», che servirebbero per il rimpatrio dei prigionieri e successivamente per i nostri servizi regolari transatlantici. Il «Vulcania» rimarrebbe per qualche mese in «charter» (a pagamento) con l'American Export Line e poi passerebbe a noi. Duno si è dichiarato d'accordo e si adopererà per affrettare la pratica.

Prestito alla Grecia. Duno mi ha accennato alla questione del prestito americano alla Grecia per fornire le materie prime che dovrebbero essere lavorate da noi con

l Vedi D. 353.

accreditamento del costo di trasformazione in prodotti in conto riparazioni. Il problema è alquanto complesso ma interessa l'America ora più che mai data la situazione che si va preparando in levante con l'inasprirsi della questione degli Stretti. L'America desidera che le relazioni italo-greche siano le migliori possibili e che l'Italia possa cooperare alla ricostruzione greca col minimo sacrificio suo e nel modo più facile e più efficace per noi, cioè in lavoro ed assistenza tecnica. I delegati tecnici stanno studiando la questione che viene anche seguita personalmente da Byrnes 1 .

360

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

TELESPR. 44/32700/c. Roma, 30 settembre 1946 (per. il 2 ottobre).

Seguito te l espresso 44/31095 c. in data 17 settembre 19462 . Con il telespresso in riferimento è stata rimessa alla S.V. copia dell'accordo i tal o-egiziano per le riparazioni concluso a Parigi l' 11 settembre u.s. 3 .

Nel frattempo la S.V. con il rapporto n. 237/86 in data 14 settembre4 , nel riferire sullo svolgimento della sua missione in Egitto, ha trasmesso il comunicato che codesto Ministero degli affari esteri ha fatto pubblicare in merito al raggiunto accordo.

Questo ministero non ha mancato di rilevare i numerosi punti in cui il comunicato egiziano discorda dal testo ufficiale dell'accordo firmato dalle due Potenze. In modo speciale si attira l'attenzione di codesta rappresentanza sui seguenti punti:

l) il Governo egiziano comunica che l'Italia si impegna a pagare la somma di lire egiziane 4.890 mila, mentre in realtà con il predetto accordo il Governo italiano ha preso inpegno per lire egiziane 4.500 mila;

2) il Governo egiziano comunica che questa somma sarà prelevata sulle attività sotto sequestro costituite da fondi liquidi e da titoli, dovendo il resto essere pagato con merci italiane e con l'acquisizione di stabilimenti italiani che il Governo egiziano avrà accettato. In realtà invece l'accordo autorizza il Governo egiziano a prelevare un milione di lire egiziane dai fondi liquidi italiani sotto sequestro a titolo di anticipo sui pagamenti previsti dall'articolo 1, e stabilisce che il resto sarà versato in un termine di cinque anni sia sotto forma di merci, sia di denaro, sia di titoli, sia di partecipazioni a imprese italiane in Egitto, secondo le modalità che saranno stabilite in un ulteriore accordo che dovrà essere stipulato fra le parti in un termine di tre mesi;

3) il Governo egiziano comunica che il sequestro sui beni italiani sarà mantenuto fino al completo pagamento delle riparazioni. In realtà l'articolo 5 dell'accordo

1 Vedi D. 361.

2 Non pubblicato.

3 Il testo dell'accordo è in Trattati e convenzioni fra /"Italia e gli altri Stati, vol. LX, Roma, Tipografia riservata del Ministero degli affari esteri, 1954, pp. 499-502.

4 Vedi D. 310.

autorizza l'Egitto a mantenere il sequestro soltanto su una parte dei beni italiani per un valore corrispondente in ogni momento alla parte del debito non ancora soddisfatta, mentre nell'art. 4 stabilisce chiaramente l'obbligo di togliere il sequestro e di restituire i beni italiani ai loro proprietari;

4) il Governo egiziano afferma che il Governo italiano riconosce il regime dei sequestri. In realtà secondo l'art. 2 del trattato il Governo italiano non riconosce il regime dei sequestri ma soltanto i prelevamenti effettuati dal Governo egiziano su beni sotto sequestro e impiegati per assistere i cittadini italiani;

5) sarebbe inoltre opportuno chiarire quale significato l'Egitto abbia potuto dare all'espressione inserita alla fine dell'art. 5: «La levée du sequestre aura lieu d'après la législation égyptienne». In proposito sarebbe opportuno che codesta legazione prendesse visione di tutte le norme egiziane al riguardo.

Il Governo italiano, sia in considerazione delle predette discordanze, sia per le notizie pervenute da esponenti di codesta colonia, è preoccupata che il Governo egiziano tenda a considerare esecutivo l'accordo preliminare firmato a Parigi, il quale invece prevedeva esplicitamente che ad esso dovesse seguire entro il termine di tre mesi un nuovo accordo fra le due Potenze, che, stabilendo tutte le modalità di pagamento, lo rendesse esecutivo. Sembrerebbe anche che con nuovi provvedimenti il Governo egiziano tenderebbe ad estendere il regime della «séquestration» per accrescere l'ammontare del fondo del sequestro, in contrasto con lo spirito dell'accordo di Parigi, che è stato stipulato essenzialmente allo scopo di far cessare nel più breve tempo il regime dei sequestri.

La S.V. vorrà pertanto, in base alla situazione verificatasi costà, giudicare dell'opportunità di entrare in contatto con il Governo egiziano per attirare la sua attenzione sugli inconvenienti sopra segnalati. Inoltre, in vista delle prossime conversazioni per la stipulazione dell'accordo esecutivo, si gradirebbe ricevere da codesta rappresentanza qualche concreta proposta circa le modalità pratiche e procedurali da inserirsi nel testo dell'accordo. La S.V. potrà a tal uopo tenere presenti le difficoltà e le giuste aspirazioni della colonia italiana in Egitto. Sembrerebbe comunque a questo ministero che sarebbe particolarmente opportuno che codesta colonia, nel cui interesse il Governo italiano ha stipulato l'accordo con l'Egitto, considerasse la possibilità di assumere in tutto o in parte gli oneri derivanti dall'esecuzione dell'accordo, i quali, ripartiti sulle proprietà italiane in Egitto, non ne rappresenterebbero che una esigua percentuale e costringerebbero in ogni caso codesti italiani a un sacrificio ben minore di quello che avrebbe potuto essere loro imposto dall'Egitto in esecuzione alla clausola del trattato di pace, se non fosse intervenuto l'accordo in questione.

Questo ministero non si nasconde le gravi difficoltà che si oppongono al raggiungimento di una simile soluzione, specialmente per il compito di individuare e avvicinare tutti i componenti della colonia e di procedere alla stima equa dei loro averi. Tuttavia sono anche evidenti i grandi vantaggi che potrebbe presentare il raggiungimento di una simile soluzione, che potrebbe anche costituire un utile precedente per risolvere analoghe situazioni che venissero a determinarsi in altri Paesi. È inutile aggiungere che una simile determinazione volontariamente assunta dalla colonia italiana, che darebbe in tal modo ancora una volta prova del suo elevato sentimento patriottico, sarebbe altamente apprezzata dal Governo e dal popolo italiano, sottoposto oggi a pesanti sacrifici e ben più gravi privazioni.

361

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNTO. Parigi, 30 settembre 1946.

Suspense accounts. Dunn mi ha pregato di passare da lui oggi per darmi la risposta di Byrnes sui 125 milioni di dollari 1 . È suo parere che non se ne possa parlare assolutamente prima che le riparazioni siano fissate. Rimane alla sua dichiarazione a De Gasperi che i 125 milioni ci saranno, ma non vuoi prendere altri impegni prima della fine della Conferenza, cioè prima del 15 ottobre. S'intende ha detto Dunn-che questo non riguarda le riunioni dei Quattro che avverranno dopo. Si tratta quindi di un ritardo di pochi giorni. Secondo Dunn l'aiuto finanziario da dare subito all'Italia potrebbe essere anche più importante.

Navi. Byrnes ha dato ordine di telegrafare a Washington per affrettare la pratica e la consegna delle navi da noi richieste.

Prestito alla Grecia. Byrnes ha ripetuto di essere interessatissimo al problema della ricostruzione greca e all'apporto che-con l'aiuto degli Stati Uniti in materie prime-vi porterebbe l'industria italiana. Stamani aveva ricevuto Dragumis (capo della delegazione greca) e Diamantopulos (ambasciatore a Washington). La questione passerà subito allo studio dei tecnici. Ma Byrnes vuoi dare al progetto rapida esecuzione.

Dichiarazione per l'Italia. Pare sarà fatta il 12 ottobre e conterrà assicurazioni ferme in favore della democrazia italiana, quale si è affermata attraverso le prove di questo periodo, e per l'apporto finanziario americano alla nostra ricostruzione.

362

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., DE GASPERI

T. 17009/151. Ankara, JD ottobre 1946, ore 16,26 (per. ore 17,30 del 2).

Risposta sovietica alla nota turca circa questioni Stretti 2 ha destato apprensione negli agitati e nervosi ambienti Stambul. Invece Governo turco l'ha ricevuta quasi con sollievo in quanto temeva di peggio e dopo tutto Mosca, pur seguitando sostenere suoi punti di vista, apre adito ad ulteriori discussioni. Ciò non toglie che Governo turco non pensi minimamente ad abbandonare sue posizioni.

I Vedi D. 359. 2 Vedi D. 198.

Risposta turca si farà attendere sia perché è certo anche se non dichiarato che questo Governo consulterà Governi inglese ed americano; sia perché Assemblea Nazionale è in vacanza e non si riapre che l o novembre p.v.

Stampa insiste soprattutto su fermissima intenzione Turchia salvaguardare sua sovranità e integrità territoriale. Segue rapporto 1•

363

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA

T. 149241182. Roma, JO ottobre 1946, ore 17,30.

Suo 392 2 .

Questione sollevata costì ha già formato oggetto trattazione e chiarimento in recenti colloqui tra ambasciatore Carandini da un lato e Gruber, Schmid, nonché esponenti altoatesini dall'altro 3 e di cui le è stata data comunicazione per corriere.

Non sembra pertanto il caso ritornarci sopra per ora.

Pregola intanto riferire circa andamento discussioni parlamentari 4 .

364

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 4114/772. Vienna, 1° ottobre 1946 (per. il 14).

Il settimanale cattolico Die Furche, nella sua edizione del 28 settembre u.s. riporta un progetto elaborato da un comitato di alto-atesini sull'autonomia di quella regione, progetto che rispecchierebbe il punto di vista ed i «desiderata» degli abitanti di lingua tedesca dell'Alto Adige. Il progetto si compone di dodici articoli.

Di particolare interesse sono le proposte relative alle seguenti questioni:

Estensione territoriale del territorio autonomo: La regione autonoma dell'Alto Adige dovrebbe comprendere, in base all'articolo 2 del progetto, l'attuale provincia

l Non pubblicato. 2 Vedi D. 356. 3 Vedi DD. 302, 304, 309, 313 e 331. 4 Vedi D. 366, nota l.

di Bolzano, le valli ladine di Fassa e di Fiemme della provincia di Trento, il territorio tra Bolzano e la Chiusa di Salorno e i quattro comuni della Valle di Non. Inoltre i tre comuni ladini di Cortina d'Ampezzo, di Pieve di Livinallongo e di Colle di Santa Lucia, attualmente facenti parte della provincia di Belluno.

Pertinenza al territorio autonomo: La pertinenza alla regione alto-atesina (art. 3) viene riconosciuta soltanto a coloro che risultavano residenti nella zona, in base all'allora vigente diritto austriaco, alla data del 28 ottobre 1922, nonché ai loro discendenti, anche se in periodo successivo abbiano preso un'altra nazionalità, o si siano allontanati dall'Alto Adige; questi ultimi però soltanto nel caso di cui, entro due anni dalla data del trattato di pace con l'Italia, ritornino nella regione o riprendano la loro originaria residenza. Per quanto riguarda i cittadini italiani residenti nella religione, il progetto propone che essi debbano essere considerati pertinenti del paese dal quale emigrarono, a suo tempo, per fissarsi in Alto Adige e perdano così il diritto di domicilio in questa regione.

Esercizio della sovranità dello Stato italiano nell'Alto Adige e sue limitazioni (art. 4):

a) L'Italia rappresenta il territorio autonomo nei suoi rapporti con l'estero. È previsto tuttavia che il Governo del territorio autonomo abbia la facoltà di nominare funzionari consolari e di concedere passaporti e visti per l'ingresso e l'uscita dalla regione.

b) Esercito e forze armate: Sono esclusi dal prestar servizio in Alto Adige il corpo dei Carabinieri e le formazioni delle Guardie di finanza (per queste ultime sarebbe permesso che esercitino il solo controllo di frontiera). I cittadini del territorio autonomo entreranno in formazioni militari locali, che presteranno servizio unicamente nell'Alto Adige. Altre truppe o comandi italiani di qualsiasi genere, formati da elementi originari da altre parti d'Italia, non potranno comunque operare nel territorio autonomo.

c) Politica valutaria: pur ammettendosi il controllo, da parte dello Stato italiano, sulla valuta straniera, il governo autonomo dell'Alto Adige avrebbe il diritto di creare una sua particolare cassa di compensazione e di fissare l'ammontare di valuta straniera occorrente per le locali necessità.

d) Scambi commerciali: il territorio autonomo si riserverebbe di esportare all'estero i propri prodotti e di importare, con piena libertà da controllo doganale quanto possa occorrergli, da altri paesi.

Rapporti amministrativi con lo Stato italiano (art. 5) : Si propone la nomina di funzionari alto-atesini presso gli organi della amministrazione italiana che trattano di questioni relative all'Alto Adige. Le decisioni, su tali questioni, saranno prese da una commissione mista, formata per metà da italiani e per metà da rappresentanti eletti dal Governo del territorio autonomo.

Proprietà demaniale nel territorio autonomo (art. 7): Tutti i beni demaniali dell'Alto Adige divengono di proprietà del territorio autonomo, eccettuati quelli appartenenti al Demanio militare, alle Ferrovie, all'Amministrazione delle poste e telegrafi ed all'Aviazione. Fanno quindi parte della proprietà del territorio autonomo le pubbliche acque, le miniere, le cave e giacimenti di torba, nelle condizioni e nelle installazioni in cui si trovano attualmente. Inoltre, tutti i beni appartenenti fino ad ora all'«Ente per la Tre Venezie», passerebbero in proprietà al territorio autonomo. Anche le proprietà immobiliari, acquistate dopo il 28 ottobre 1922 da cittadini italiani nell'Alto Adige, possono essere espropriate dal governo autonomo, dietro indennizzo calcolato in base ai prezzi attuali del mercato.

Legge costituzionale del territorio autonomo (art. 10): Sarà pubblicata una costituzione, elaborata da un'assemblea costituente eletta con libero voto. La stessa assemblea eleggerà, a sua volta, un governo provvisorio locale. La competenza a dirimere le eventuali divergenze tra il Governo italiano e quello del territorio autonomo è affidata ad uno speciale ufficio dell'organizzazione delle Nazioni Unite, al quale le parti possono, indipendentemente l'una dall'altra, n correre.

Mentre si allega il ritaglio riproducente il suddetto progetto, si ritiene opportuno far notare che il settimanale Die Furche rappresenta il pensiero di alcuni circoli cattolici conservatori austriaci. Non occorre aggiungere che, in seno allo stesso partito popolare, ci si rende conto, realisticamente, che le richieste contenute nel progetto qui unito, equivarrebbero, in pratica, alla rinuncia, da parte italiana, alla sovranità sul territorio in parola e che esse non possono servire che in senso interno, per rendere meno sensibile, di fronte all'opinione pubblica l'evoluzione del punto di vista di questo Governo in merito alla questione alto-atesina.

365

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 171171132. Nanchino, 2 ottobre 1946, ore 19,35 (per. ore 10,30 del 4).

Suo 105 1• Trasmetto traduzione messaggio risposta questo ministro esteri: «Ringraziola per messaggio trasmessomi tramite ambasciata Nanchino 30 settembre. Governo cinese apprezza suo giusto valore fatto che intenzione Italia rinunciare privilegi extraterritoriali e concessioni in Cina ha preceduto inclusione relative clausole nel progetto trattato pace, è grato profittare questa occasione per assicurarla nuovamente reciproco desiderio Cina stabilire amichevoli relazioni con Italia democratica su basi reciproca comprensione e fiducia». Messaggio viene telegrafato direttamente da questo Ministero esteri ad ambasciatore Yu a Parigi, il quale lo consegnerà presidente del Consiglio De Gasperi.

l Vedi D. 352.

476 Testo ambedue messaggi viene consegnato questa stampa per pubblicazione da avvenire non (dico non) prima 5 ottobre. Per aderire desiderio espresso da questo Governo prego disporre analoga pubblicazione stampa italiana stessa data.

366

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 17054/400. Vienna, 2 ottobre 1946, ore 21,05 (per. ore 8 del 3).

Ministro Gruber, che mi ha fatto chiamare stamani, mi ha parlato del dibattito circa accordo italo-austriaco su Alto Adige che ha avuto luogo ieri in seno a Commissione parlamentare affari esteri. Nonostante opposizione comunisti che, egli ha affermato, è prevedibile si rinnoverà anche in fase esecuzione accordo, e nonostante resistenza iniziale alcuni elementi altri due partiti, accordo è stato approvato con votazione risoluzione di cui ho trasmesso testo completo con mio telegramma 399 1 . Ministro Gruber, in merito a testo predetta risoluzione, desiderava dichiararmi e mi pregava comunicare Governo italiano che sua formulazione era dovuta comprensibili preoccupazioni di carattere elettorale dei due maggiori partiti ma che Governo austriaco intendeva rimanere fedele spirito conversazione avuta con presidente De Gasperi come futuri avvenimenti avrebbero provato. Ministro Gruber ha affermato di contare che fra una diecina di giorni, calmatasi opinione pubblica, sarebbe stato possibile entrare in fase esecutiva accordo.

Egli era intanto in attesa di relazione signori Almonn e Raffeiner circa nostro progetto revisione opzioni e si riservava di comunicare subito dopo, con apposita nota, soddisfazione Governo austriaco per provvedimenti adottati. Dott. Gruber mi ha espresso infine suo desiderio incontrare, possibilmente Innsbruck, prefetto Innocenti per avere scambio di idee su principali problemi relativi Alto Adige. Prego comunicarmi, per quanto riguarda quest'ultimo punto, ed ove lo si ritenga opportuno, quando incontro in parola potrà aver luogo, tenendo presente opportunità preavvisare ministro Gruber con anticipo almeno una settimana 2 .

1 Il testo trasmesso (T. 17033/399 del 2 ottobre) era il seguente: «Commissione affari esteri ha preso conoscenza relazione del ministro Gruber ed ha espresso al riguardo suo rincrescimento che non si sia riusciti ad affermare alla Conferenza pace diritti di libertà delle popolazioni Tirolo meridionale. Rimprovero rivolto a ministro esteri di non aver tempestivamente informato il Parlamento austriaco viene ritenuto superato in considerazione della speciale procedura negoziati di Parigi che non consentivano prolungamento assenza dal luogo trattative. Ministro esteri viene invitato a prendere in futuro ogni misura atta a mantenere contatto col Parlamento previsto dalla Costituzione. Accordo con l'Italia che non si è accertato se abbia consenso di tutta popolazione Tirolo meridionale, ha bisogno ancora di varie interpretazioni per poter essere considerato come soluzione provvisoria. Atteggiamento Austria non significa in alcun modo rinunzia agli inalienabili diritti dello Stato austriaco sul Tirolo meridionale. La Commissione formula voto che modificazione della situazione mondiale dia alle popolazioni Tirolo meridionale possibilità esprimersi circa loro vincolo statale. Commissione è dell'opinione principio di autodecisione unica forma soluzione durevole del problema del Tirolo meridionale, che possa essere accolta dall'Austria come giusta e soddisfacente».

2 Per la risposta vedi D. 3 79.

367

L'ON. SARAGAT AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

FoN. s.N.o. 17086/1250. Parigi, 3 ottobre 1946, ore 16,30.

Mio 1245 1•

Mi risulta che iniziativa francese era stata previamente concordata con inglesi ed americani. Lavori ultime due settimane in seno a sottocommissione statuto avevano chiaramente confermato contrasto tra punto centrale progetto anglo-americani (il massimo dei poteri al governatore) e tesi del gruppo slavo (tutti poteri all'assemblea). Si era al riguardo palesata manovra ostruzionistica da parte del gruppo slavo onde rinviare in pieno ulteriori discussioni statuto al Consiglio dei Quattro sulla base semplice approvazione attuale testo articolo 16. Quest'ultimo infatti, per sue caratteristiche di estrema generalità, era considerato offrire solidità migliore per sostenere tesi sovietico-jugoslava su statuto.

In queste circostanze anglo-americani si sono preoccupati a loro volta di rafforzare il proprio giuoco assicurandosi sin da ora in sede dei Ventuno una interpretazione, corrispondente loro punto di vista fondamentale, dei principi contenuti nei paragrafi 2,4 e 6 dell'art. 16.

Maggioranza qualificata ottenuta stanotte su tutti indistintamente i punti della «proposta» francese rappresenta pertanto indubbio successo privato anglo-americano.

Uno degli aspetti interessanti situazione è dato dalla parte sostenuta da delegazione francese per secondare manovra anglo-americana. AI riguardo non dovrebbe essere improbabile qualche vivace reazione tendenze estrema sinistra.

368

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

VERBALE 2 . Parigi (Ambasciata d'Italia), 3 ottobre 1946, ore 18.

All'inizio della seduta viene discussa la procedura che verrà seguita alla Conferenza e poi dal Consiglio dei Quattro, nonché le formalità della consultazione dell'Italia in materia di statuto. Quanto all'atteggiamento che la delegazione italiana dovrà tenere in occasione della consultazione sullo statuto, si conviene trattarsi di una decisione di governo, tenuto presente che il popolo triestino è quello che ha maggior interesse nella questione.

1 Con T. 17034/1245 del 2 ottobre Soragna aveva riferito sulla seduta antimeridiana della Commissione politico-territoriale per l'Italia per la quale vedi Foreign Relations of the United States, 1946, vol. III, cit., pp. 629-630.

2 Il verbale precisa che sono presenti: «On. Saragat (presidente); gli ambasciatori Carandini, Tarchiani, Quaroni e Soragna; on. Arpesani, comm. Di Nola, i dottori Casardi, Canali, Giusti e Ducci».

Saragat: Nell'osservare che con la decisione presa nella notte tra il 2 e il 3 circa lo statuto di Trieste è stato superato il punto critico della Conferenza, rileva che ciò avrà dei riflessi anche sulla situazione politica interna dell'Italia. Legge la relazione del Comitato centrale del partito comunista italiano sulla politica generale, e in particolare sulla questione dei rapporti con la Jugoslavia. A suo parere l'atteggiamento della delegazione italiana a Parigi dovrà valere a impedire l'acuirsi dei contrasti italiani. La valutazione delle decisioni di stanotte sarà infatti diversa secondo i vari gruppi politici italiani. Saragat sarebbe favorevole ad una dichiarazione della delegazione italiana che fosse orientatrice e chiarificatrice. Ha nel frattempo dato un indirizzo di massima ai rappresentanti della stampa: vanno fatte tutte le riserve sia sulla natura della decisione raggiunta, sia sul metodo con cui essa è stata ottenuta, ma va riconosciuto che nel quadro dell'intenzione dei Quattro Grandi di creare un Territorio Libero, l'indirizzo che ha prevalso è a noi in massima favorevole. Illumina poi l'atteggiamento preso da Togliatti e da De Gasperi in seno alla Commissione dei trattati dell'Assemblea costituente e esprime la sua opinione al riguardo. Illustra la portata pratica del progetto francese approvato stanotte, e afferma che allo stato attuale delle cose, non sembra vi sia più campo per nuovi contatti con la Jugoslavia.

Quaroni: Informa che durante la giornata il prof. Urban della delegazione jugoslava ha chiesto di vedere Arpesani.

Arpesani: Urban gli ha detto che è tornato da Londra e che vorrebbe vederlo. Gli ha risposto che gli telefonerà domattina.

Tarchiani: È d'avviso che la richiesta jugoslava abbia di mira un riagganciamento dell'Italia alla parte che è rimasta in minoranza nella votazione (gruppo slavo) allo scopo di metterla contro la maggioranza. Dobbiamo noi prestarci a questo giuoco?

Saragat: Rileva che ci troviamo in una situazione molto delicata, sorta da un atto di forza del gruppo anglo-sassone contro quello slavo.

Soragna: Un rifiuto di acconsentire a un contatto preliminare potrebbe, se conosciuto, aumentare i dissensi in campo interno.

Si è d'accordo che Arpesani veda Urban a titolo strettamente personale e per ascoltare che cosa gli vuole dire.

Saragat: Prega i convenuti di esprimere il loro avviso circa l'opportunità di fare un comunicato, come da lui proposto all'inizio. Osserva che la delegazione italiana è un gruppo particolarmente qualificato per cercare di diminuire la frattura che si viene creando tra le forze politiche italiane.

Tarchiani: Esprime l'avviso che non è il compito specifico della delegazione, ma piuttosto del Governo, esprimere il punto di vista italiano sulle decisioni della Conferenza.

Carandini: Propone che invece di un comunicato, l'on. Saragat conceda una intervista alla stampa italiana.

Dopo una vasta discussione si resta d'accordo che Saragat ne telefoni a De Gasperi, e che consideri l'opportunità di concedere una intervista. Si passa a discutere le questioni tuttora aperte con la Francia. Dopo alcune osservazioni dell'on. Saragat e dell'ambasciatore Tarchiani circa l'opportunità di trattare direttamente con la Francia sulle modalità di pagamento delle riparazioni, ma non sulla cifra, viene data la parola al comm. Di Nola.

Di Nola: Afferma che la situazione è alquanto complessa. In questi ultimi giorni i francesi hanno denunziato l'accordo commerciale, evidentemente con l'intenzione di tentare di avere un più alto plafond di credito da parte nostra. Inoltre essi hanno sequestrato le azioni della Dalmatienne, asserendo che sarebbero state comperate con franchi francesi ottenuti in conto spese di occupazione. Il Governo francese ha anche ripetuto energiche pressioni sulle banche perché i depositi italiani sequestrati vengano versati ai Domaines, passo ulteriore verso la loro confisca. Da ultimo Alphand lo ha informato che vuole fare un tentativo per regolare la questione sorta dall'armistizio del 1940. Per tutte queste ragioni, Di Nola consiglia di non aver fretta e di attendere le ulteriori mosse francesi.

La seduta viene sciolta alle ore 19,30.

369

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI,

ALL'ADDETTO ALLA SEGRETERIA GENERALE, CARROBIO

L. Parigi, 3 ottobre 1946.

Gran discussione alla delegazione sulla questione della votazione delle «proposte» francesi. Tutti sono d'accordo che sia stato un bene, ma si preoccupano dell'atteggiamento ufficiale da assumere nei confronti delle medesime. Nessuno osa lodarle, nessuno intende criticarle. Dubbi quindi su cosa dire alla stampa, ecc. ecc.

In mattinata è giunto intanto un nuovo invito di Urban ad Arpesani per un colloquio. Dopo la netta posizione presa da Bebler, mi riesce difficile non mettere in relazione questo improvviso invito con la votazione di stanotte che evidentemente ha scosso gli jugoslavi. Su questo punto vedremo comunque gli sviluppi.

Ad ogni modo ci si rende conto che la votazione di stanotte ci ha dato un'arma in mano sulle eventuali conversazioni, e che non dobbiamo assolutamente !asciarcela spuntare.

Tornando alla questione dell'atteggiamento nei confronti della questione dello statuto mi domando se non sia possibile girare almeno in parte l'ostacolo svolgendo un'azione per svalutare l'importanza di detto problema. Occorre infatti distinguere tra statuto e costituzione. Il primo ha lo scopo precipuo di garantire l'indipendenza del Territorio Libero e il rispetto dei principi ai quali è stata ispirata la sua progettata creazione. Ma quello che regolerà la vita quotidiana del Territorio Libero e tutti i particolari della sua organizzazione è la costituzione, e questa, è già previsto, verrà stabilita all'infuori di ogni ingerenza estera, da una apposita assemblea costituente eletta dal libero suffragio degli stessi abitanti del Territorio. In questa assemblea costituente sta quindi, in ultima analisi, la vera garanzia della democrazia della organizzazione del Territorio. Perché allora riscaldarsi tanto sulla questione dello statuto?

Mi rendo perfettamente conto che questa argomentazione non esaurisce le possibilità di polemica sulla questione dello statuto. Ma merita forse essere tenuta presente nel rispondere ai noti attacchi e nel parlarne alla stampa.

Ne ho parlato a Quaroni e Saragat che han trovato l'idea interessante. Parlane a Renato [Prunas] per il caso creda accennarne al presidente.

370

COLLOQUIO DELL'ON. ARPESANI CON IL CONSIGLIERE DELLA DELEGAZIONE DI JUGOSLAVIA ALLA CONFERENZA DEI VENTUNO, URBAN

VERBALE. Parigi, 4 ottobre 1946.

Stamane 4 ottobre il prof. Vratusa (Urban), della delegazione jugoslava, si è recato da Arpesani al suo albergo, giustificando la ragione del colloquio col desiderio di salutare Arpesani dopo la lunga assenza di Vratusa stesso a Londra.

Vratusa ha confermato l'intenzione jugoslava di non procedere alla firma del trattato di pace, soprattutto dopo la decisione intervenuta ieri al Lussemburgo sullo statuto di Trieste. Egli ha aggiunto che giudicava un «modo brutale» quello che era stato adoperato durante la discussione nei riguardi della Jugoslavia. Ha voluto inoltre precisare che la delegazione jugoslava non avrebbe abbandonato la Conferenza come in un primo momento sembrava volesse decidere, ma sarebbe rimasta assumendo un contegno di presenza passiva: in considerazione di tale permanenza a Parigi, il prof. Vratusa ha detto che sarebbe stato ancora facile un incontro fra delegati jugoslavi e delegati italiani qualora da Roma fossero venute istruzioni in tale senso.

Avendo Arpesani osservato che se non ci fosse stata l'intransigenza pregiudiziale da parte jugoslava sul problema territoriale, talune questioni di comune interesse avrebbero pututo, specialmente nel settore dei rapporti economici, essere affrontate preparando la via ad una migliore intesa avvenire anche sul piano politico, il prof. Vratusa, che pure sembrava personalmente consenziente in proposito, ha dichiarato che Kardelj non ritiene possibile affrontare alcuna ulteriore discussione né sul terreno economico né sulla questione dello statuto triestino senza che prima, o correlativamente, venga affrontata la questione territoriale che involgerebbe, secondo il punto di vista jugoslavo odierno, una revisione a nuovo danno dell'Italia delle frontiere fra i due Stati e delle delimitazioni proposte per il Territorio Libero di Trieste.

Ha concluso dicendosi egli stesso spiacente della interruzione delle conversazioni, aggiungendo di aver rilevato, nei colloqui avuti da lui al Foreign Office a Londra, che in quegli ambienti si auspicavano trattative dirette fra Italia e Jugoslavia.

371

COLLOQUIO DELL'ON. LUZZATTO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI NORVEGIA, LANGE

APPUNTo 1 . Parigi (Hotel Crillon), 4 ottobre 1946, ore 11,15-12.

Avevo l'appuntamento con Ording il quale nel ricevermi disse che il ministro degli esteri avrebbe piacere di vedermi perché loro vogliono avere ulteriori informazioni su vari problemi italiani e in modo particolare sul problema giuliano.

Il ministro chiese anche informazioni sull'attuale situazione in Venezia Giulia particolarmente in campo industriale e sindacale. Chiese in modo particolare come sia stato ricevuto dalla popolazione triestina il compromesso sullo statuto e accennò alle difficoltà di applicare uno statuto che non sia bene ricevuto da tutte le parti. Disse che avevano avuto informazioni dettagliate da un norvegese che era stato mandato a Trieste un mese fa come corrispondente di giornale. Dopo aver avuto contatti con tutti gli ambienti e in modo particolare anche con i rappresentanti del partito socialista (pare che abbia parlato col presidente di zona Tuegher) egli ha riportato l'impressione che, nonostante la grande maggioranza italiana, un plebiscito potrebbe risultare a favore della Jugoslavia per motivi sociali; poiché era stato anche informato della potenza delle organizzazioni slave o filo-slave e della loro capacità di penetrazione, egli si domanda come lo Stato Libero potrà funzionare senza un accordo delle due Nazioni interessate.

Il ministro è pienamente informato delle difficoltà di accordi diretti italo-jugoslavi e delle eccessive pretese slave, ma ritiene che nulla dovrebbe essere lasciato intentato per arrivare a simili accordi e accennò che i norvegesi stessi sarebbero eventualmente disposti a fare del loro meglio per il raggiungimento di un accordo se noi lo desiderassimo. Io risposi che mi sarei subito informato e che avrei potuto dire qualche cosa in proposito nel corso del pomeriggio.

Su mia richiesta Arne Ording disse che egli non crede che ci sia una qualsiasi possibilità che i Grandi Quattro facciano concessioni alla Jugoslavia oltre a quanto hanno deciso in occasione della loro riunione di giugno.

Ritornando sulla questione delle future istituzioni dello Stato Libero di Trieste, il ministro chiese se gli italiani preferissero uno statuto veramente democratico o piuttosto lo schema presentato dagli anglo-americani. Il loro informatore aveva l'impressione che i triestini indistintamente non erano soddisfatti dell'amministrazione alleata e particolarmente della parte inglese, e che preferirebbero nettamente istituzioni tali che lasciassero a loro stessi il governo della regione. Risposi che indubbiamente questo era esatto sempre che la libertà delle istituzioni democratiche fosse veramente salvaguardata e si potesse veramente avere elezioni libere da qualsiasi ingerenza e da quelle intimidazioni che anche adesso nonostante l'occupazione alleata si verificano continuamente.

Il ministro aggiunse che indubbiamente il genere di organizzazione delle industrie sarà di capitale importanza, cioè se esse saranno proprietà pubblica o verranno

I È presente al colloquio il segretario del Partito socialista norvegese, Arne Ording.

lasciate in mano di industriali privati, alcuni dei quali, secondo informazioni che egli ha avuto, non sarebbero graditi anche per pretesi legami col precedente regime. Di vitale importanza sarebbe comunque il regime delle imprese, di carattere nazionale o parastatale. A prescindere dai legami internazionali del porto di Trieste, il ministro si è reso conto che l'economia giuliana è legata più all'Italia. Espresse preoccupazioni che gli jugoslavi potessero con boicottaggio economico o con la concorrenza di Fiume danneggiare gli interessi dello Stato Libero.

372

COLLOQUI DELL'ON. LUZZATTO CON IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA DEGLI STATI UNITI A PARIGI, ELDRIDGE, E CON IL SEGRETARIO DEL PARTITO SOCIALISTA NORVEGESE, ORDING

APPUNTO. Parigi, 4 ottobre 1946, ore 17.

Mi aveva invitato di venirlo a trovare per avere informazioni sulla situazione sindacale in Venezia Giulia, che gli furono date con tutti i dettagli. A mano della situazione attuale furono sottolineate anche le difficoltà che incontrerà l'amministrazione della zona internazionale. Eldridge se ne rese perfettamente conto e ritiene pure che le organizzazioni operaie veramente libere dovranno avere una posizione notevole nella zona e le istituzioni sociali e lo stesso sistema economico dovranno essere avanzati per «togliere il vento dalle vele slave». Ho colto l'occasione per accennare allo scontento causato dall'atteggiamento del colonnello Baumann. Si interessò molto della guerra di resistenza.

Ci farà avere presentazioni per personalità negli Stati Uniti.

Ore 18. Breve colloquio con Arne Ording, segretario del Partito socialista norvegese e membro della delegazione nonché consigliere al Ministero degli esteri. Si espresse con notevole pessimismo sui risultati della Conferenza che non ritiene conclusiva per nessuno dei punti e si rallegrò che la Norvegia almeno non condivide la responsabilità delle clausole del trattato italiano.

373

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, REALE, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. S.N.D. 17197/256. Varsavia, 4 ottobre 1946, ore 21,10 (per. ore 24 del 5).

Ho appreso stamane da questo Ministero esteri che accordo commerciale italo-polacco sarà firmato Roma 5 ottobre. Se la notizia è esatta faccio presente a codesto Ministero sconvenienza tale decisione, avendo io ripetutamente comunicato desiderio ministro polacco commercio estero Jendrychowski e mio personale che firma accordo avvenga Varsavia.

Mancata risposta mio telegramma da Parigi nel quale chiedevo notizie andamento trattative è altra grave mancanza riguardo che io non merito e che non corrisponde tradizionale correttezza codesto Ministero. Gradirei ricevere a Parigi spiegazioni e dettagli 1 .

374

RIUNIONE DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI

Parigi, 4 ottobre 1946, [sera}.

Saragat: Prima di ascoltare la relazione del comm. Di Nola, prega l'on. Arpesani di voler informare i presenti circa l'ultima conversazione con Urban3 .

Arpesani: Ha visto Urban di ritorno da Londra, il quale gli ha confermato che la delegazione jugoslava non firmerà il trattato ma che rimarrà a Parigi assumendo un atteggiamento di «presenza passiva», probabilmente senza fare ulteriori dichiarazioni. Ha aggiunto che avrebbe visto volentieri una ripresa delle conversazioni se avevamo ricevuto istruzioni da Roma. Arpesani ha risposto che non gli risultava che vi fosse nulla di nuovo. Urban ha soggiunto che in ogni caso sarebbe meglio continuare le conversazioni qui a Parigi con persone già al corrente piutto?to che riprenderle altrove. Arpesani ritiene in sostanza che Urban abbia voluto tastare il terreno perché precisassimo il nostro atteggiamento. Urban ha anche informato di aver preso contatti a Londra con il Foreign Office, dove gli avrebbero detto che vedrebbero con favore una continuazione delle conversazioni che conducessero eventualmente ad un accordo fra le parti. Tuttavia Urban ha precisato che se non venisse messa sul tappeto anche la questione territoriale, Kardelj non sarebbe favorevole a riprendere e contatti.

Saragat: Ritiene che non ci sia altro da fare e che in queste condizioni le conversazioni non possono continuare. Riferisce brevemente circa suoi colloqui con Alphand, il quale desidererebbe venissero iniziate al più presto conversazioni e avrebbe in animo di collegare la questione delle riparazioni dell'Italia alla Francia con la fornitura di mano d'opera italiana; con Couve de Murville, il quale si è espresso in senso negativo per quanto riguarda l'eventualità che la proprietà delle centrali elettriche venga lasciata all'Italia; con Byrnes, che ha visto assieme a Tarchiani, intrattenendolo sulla necessità che la politica degli Stati Uniti si orienti in senso più comprensivo dei nostri interessi e delle necessità dei lavoratori italiani. Il colloquio è stato cordiale ed è durato più di un'ora. Nel corso della conversazione ha avuto

l Per la risposta vedi D. 388.

2 Il verbale precisa: «Presiede il presidente Saragat. Sono presenti: gli ambasciatori Tarchiani, Carandini, Quaroni, Soragna, l'on. Arpesani, il marchese Benzoni, il comm. Di Nola, il dott. Canali e il dott. Siotto Pintor».

3 Vedi D. 370.

484 campo di suggerire alcuni punti su cui dovrebbe essere imperniata una dichiarazione al popolo italiano che Byrnes farà in occasione delle celebrazioni per il Columbus Day. Quanto all'eventualità di una venuta di De Gasperi a Parigi, ne ha accennato a Couve il quale gli ha suggerito di parlarne a Fouques Duparc. Ritiene che il viaggio di De Gasperi non sia consigliabile nel momento attuale. A parte il fatto che non siamo invitati a parlare e che pertanto dovremmo fare una richiesta a tal uopo, non vede cosa il presidente potrebbe utilmente dire. Una protesta, data l'atmosfera di irritazione che prevale alla Conferenza, avrebbe con ogni probabilità effetto peggiorativo. È meglio tacere, almeno per quanto concerne le questioni politico-territoriali.

I presenti concordano appieno con le osservazioni del presidente Saragat. Viene deciso di inviare a Roma un telegramma in tal senso. Il presidente dà la parola a Di Nola.

Di Nola: Legge un telegramma a firma Prunas contenente una richiesta di fornire dati circa le questioni economiche 1• Egli si accingeva a redigere un breve memorandum quando ha conosciuto i risultati dell'ultima seduta della Commissione economica. Questi risultati modificano in peggio la situazione, sono inferiori alle nostre aspettative e, quando saranno conosciuti in Italia, avranno una considerevole ripercussione sulla nostra opinione pubblica. Spiega quindi il contenuto e la portata del documento discusso dalla Commissione economica, già in parte approvato e che probabilmente verrà adottato integralmente. In sostanza la situazione è peggiorata sotto tre punti di vista:

a) sono state create due categorie di Stati aventi diritto a riparazioni in senso lato: la prima, che chiameremo «privilegiata», comprende Etiopia, Albania, Grecia e Jugoslavia, tra le quali dovranno essere suddivisi circa 200 milioni di dollari: la seconda, che chiameremo di «diritto comune», comprende tutti gli Stati che hanno avanzato richiesta di risarcimento di danni e che potranno rivalersi su tutti i beni statali o parastatali italiani esistenti nei loro territori, per un ammontare che essi stessi stabiliranno;

b) ci attendevamo di poter pagare le riparazioni alla categoria «privilegiata» almeno in parte con prodotti delle nostre fabbriche a condizione che ci venissero fornite le materie prime necessarie, come aveva proposto l'U.R.S.S. Ora, invece è stato approvato che tali riparazioni potranno essere soddisfatte anche con i così detti «capitai goods », il che vuoi dire che dovremo cedere macchinari, impianti, navi ecc.;

c) è stato accolto il principio che il valore dei beni che verranno da noi ceduti in conto riparazioni sarà valutato dal Comitato dei quattro ambasciatori senza la partecipazione di tecnici italiani.

La situazione creata dall'approvazione del documento è tale che al confronto l'accordo diretto con l'Egitto, soggetto a varie critiche, può essere considerato come molto favorevole. La risonanza in Italia delle decisioni della Conferenza sarà certamente grave. Si può dire in definitiva che il progetto di trattato di pace resta

I Il telegramma (n. 15013/818) per Di Nola, del 3 ottobre, diceva: «A conclusione lavori Conferenza e in previsione di una ultima presa di posizione da parte nostra, presidente De Gasperi desidererebbe approntare succinto memorandum riassuntivo. Vorrei pregarti, per parte tua competenza, preparare a questo scopo non più di due o tre pagine, trasmettendomele d'urgenza».

immutato, ma l'opinione pubblica italiana era stata indotta a ritenere molto probabile che esso subisse varie modificazioni a nostro vantaggio; il contraccolpo sarà quindi assai forte. La delegazione dovrebbe esaminare quale atteggiamento conviene prendere in queste circostanze. Concorda nel ritenere che la venuta di De Gasperi non sia del tutto consigliabile, tuttavia, dato che l'insuccesso sul terreno economico esiste ed è analogo all'insuccesso sul terreno politico, il presidente potrebbe forse prospettare ai Quattro Grandi la situazione che si creerà in Italia in seguito alle decisioni della Conferenza, e richiedere loro di prendere qualche provvedimento per impedire o attenuare le gravi conseguenze interne prevedibili. Ad esempio potrebbe richiedere un aiuto finanziario.

Saragat: Non concorda nell'opinione di Di Nola che si debba considerare il trattato come disastroso dal lato politico e territoriale, tutt'altro, e anche per quanto concerne la parte economica non sembra che esista in realtà un grande peggioramento. Era tutto più o meno previsto o prevedibile. Certamente occorrerà illuminare l'opinione pubblica italiana sugli ultimi sviluppi per quanto concerne le questioni economiche, in modo da non lasciare dubbi.

Di Nola: Desidera attirare ancora l'attenzione della delegazione sulle condizioni del nostro Paese quando il trattato verrà in esecuzione. Tale situazione sarà gravissima. Anche contando sulla disponibilità del noto fondo di 125 milioni di dollari, e spingendo l'ottimismo fino a includere nelle somme a nostra disposizione altri 100 milioni provenienti da crediti bancari, non si vede come colmare il deficit di almeno 400 milioni necessari per raggiungere la cifra di 650 milioni di dollari che occorrono per far vivere l'Italia anche in modo assai meschino nel 1947. Va tenuto presente che per il pagamento delle riparazioni agli Stati compresi nella categoria privilegiata avremo la dilazione di due anni, ma i «capitali goods» dovranno essere ceduti subito. Allo stato attuale delle cose ulteriori finanziamenti esteri appaiono difficilissimi da ottenere. Ritiene che sarebbe necessario fare qualche sforzo in linea politica, profittando di una venuta del presidente per fare presente la nostra situazione ai Quattro Grandi.

Tarchiani: Ritiene che i rappresentanti degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, in considerazione della posizione assunta dall'U .R.S.S, non potrebbero darci nessun affidamento o risposta concreta e probabilmente ci risponderebbero di attendere perché non si sa ancora se il trattato sarà approvato nella forma attuale. Dato il momento in cui verrebbe fatta, la richiesta di De Gasperi andrebbe nel vuoto.

Carandini, Quaroni e gli altri si dichiarano d'accordo.

Saragat: Riterrebbe piuttosto opportuno compilare un promemoria e inviar lo ai Quattro Grandi. Di Nola potrebbe incaricarsi di redigerlo, più o meno sulle linee di quanto ha esposto. Questo promemoria, a parte la sua efficacia intrinseca, potrà costituire un'utile preparazione per eventuali colloqui del presidente e per un suo intervento presso i Quattro Grandi che nelle attuali condizioni e senza preparazione sarebbe fuori posto.

Carandini: Approva. Il promemoria dovrebbe essere redatto nella forma più vigorosa e conclusiva e inviato anche al segretario generale della Conferenza.

Di Nola: È d'accordo. Chiede istruzioni circa la risposta da dare al telegramma di Prunas.

Saragat: Osserva che la richiesta contenuta in detto telegramma è cosa distinta dal promemoria che Di Nola è stato incaricato di redigere. Converrà fare subito un telegramma a Roma dicendo che una venuta di De Gasperi non sembra consigliabile1 e precisare i motivi in un successivo telegramma 2 . Affida l'incarico all'ambasciatore Soragna e al comm. Di Nola.

Tutti concordano pienamente sulle decisioni adottate.

375

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, AL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI

T. 15077/21. Roma, 4 ottobre 1946, ore 23.

Grecia ha votato in favore ammissione Italia agli accordi monetari Bretton Woods. Faccia sapere costì che il gesto non è passato inosservato e che ne siamo grati.

376

L'ON. SARAGAT AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

FoN. 17182/1260-1261-1262. Parigi, 5 ottobre 1946, ore 17.

Seguito telegramma 12581 . Nel corso discussione è emerso concorde parere che comparsa presidente del Consiglio a Parigi in questo momento chiusura Conferenza Ventuno dovrebbe rispondere almeno uno dei seguenti requisiti e cioè o pubblico intervento presso assemblea o privati contatti con i Quattro Grandi che dessero qualche speranza migliorare in extremis gravi conseguenze trattato. Primo caso devesi escludere anche per fretta quasi smodata con cui qui si stanno strozzando dibattiti e stendendo rapidamente il bilancio della Conferenza che i Quattro Grandi debbono portare definitivamente alla riunione plenaria della Conferenza. Inoltre sembra che nello stentato ed incerto equilibrio attuale fra i vincitori ci sarebbe impossibile parlare in modo che non compromettesse in una guisa o nell'altra e nei riguardi o della politica estera o della politica interna una posizione molto delicata su cui ci conviene per il momento mantenerci per attendere gli ulteriori sviluppi.

1 Tale telegramma (n. 1714311258), a firma Soragna, fu spedito la sera stessa alle ore 22. 2 Vedi D. 376.

Secondo caso è sembrato pure da escludersi. Contatti che io e gli ambasciatori abbiamo avuto in questi giorni con americani ed inglesi ci hanno persuasi che colloqui coi Quattro Grandi non darebbero alcun frutto pratico. Loro inutilità manifestandosi davanti opinione pubblica sarebbe causa soltanto perdita prestigio Governo ed eventuali nuovi sfoghi amarezze contro Potenze vincitrici che ci conviene ora per molti motivi non esagerare.

D'altronde, per la parte territoriale e politica del trattato il gruppo occidentale ha per ultimo resistito su posizioni che rappresentano le condizioni meno peggiori per il Territorio Libero e sarebbe fuori di posto e controproducente perdersi in recriminazioni per le posizioni che non hanno saputo difendere prima.

Per la parte economica, è innegabile che ultime decisioni adottate da Commissione economica, sulle quali riferisco con separato telegramma odierno 1 , hanno deluso speranza ottenere accoglimento talune nostre tesi tendenti alleggerire peso trattato su economia italiana. Intendo specialmente riferirmi beni italiani esistenti nelle Nazioni alleate o associate nonché beni enti statali e parastatali nei territori ceduti. Viceversa ammontare riparazioni in complessivi 325 milioni di dollari rappresenta risultato che Potenze anglo-sassoni hanno faticosamente raggiunto.

Data situazione è opinione delegazione che intervento presidente anche per parte economica sarebbe sterile in questo momento. Passi che Governo italiano dovrà indubbiamente fare per prospettare situazione italiana derivante da trattato di pace e necessità importanti aiuti finanziari dovrebbero essere rinviati momento opportuno.

È parso invece opportuno che delegazione italiana presenti un ultimo memorandum ai Quattro Grandi per mettere in evidenza ancora una volta la gravissima situazione in cui clausole economiche del trattato porranno economia italiana e conseguenze che inevitabili ne deriveranno. Tale memorandum sarà subito trasmesso codesto ministero 2 .

377

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'ON. SARAGAT, A PARIGI

T. S.N.D. 15131/828. Roma, 5 ottobre 1946, ore 23.

Vostre conclusioni 3 meritano riflessione specie quella non esservi modo di parlare assemblea. Sembrami però impossibile presentare memorandum riassuntivo solo questione economica. Paese non comprenderebbe silenzio su questioni politico-territoriali 4 .

l È il T. 17192/1263 del 5 ottobre, con il quale si riferiva quanto detto per la parte economica nel verbale della riunione della delegazione del 4 ottobre: vedi D. 374.

2 Lo fu con T. 1723511268 del 6 ottobre, non pubblicato. Il testo del memorandum è edito in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. IV, cit., pp. 179-187.

3 Vedi D. 376.

4 Per la risposta vedi D. 381.

378

IL PREFETTO DI BOLZANO, INNOCENTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

R. 14528 GAB. Bolzano, 5 ottobre 1946.

Con mio telegramma n. 14356 del 2 corrente 1 ho segnalato alla S.V. la situazione venutasi a creare a seguito della posizione inflessibilmente assunta dagli ambienti allogeni qualificati -partito e stampa -in ordine alla estensione dell'autonomia ed alla portata in genere delle altre concessioni a favore della minoranza di lingua tedesca contenute nell'accordo italo-austriaco per l'Alto Adige.

Gli sviluppi che la situazione è andata assumendo in questi ultimi giorni attraverso ulteriori prese di posizione sia da parte austriaca che da parte allogena mi inducono a riferire più dettagliatamente alla S.V. sulla situazione stessa ed in ispecie sulle ripercussioni -particolarmente delicate, se pur contrastanti -che essa ha determinato nell'ambito dei due gruppi etnici della provincia.

Ciò che caratterizza soprattutto la situazione è il reciso irrigidimento determinato dall'annuncio degli accordi del 5 settembre in quei settori più temperati della popolazione allogena e della stessa «Sudtiroler Volkspartei» che, attraverso una lenta e difficile opera di penetrazione protrattasi per vari mesi, si era riuscita ad orientare in qualche modo verso atteggiamenti conciliativi sul piano del riavvicinamento e della collaborazione fra i due gruppi etnici.

La determinazione dei ministri degli esteri alla Conferenza dei Quattro a Parigi circa l'intangibilità del confine del Brennero era valsa a facilitare una siffatta politica di distensione che era culminata nella nota dichiarazione resami il 4 luglio dai dirigenti del partito separatista 2 , i quali, nell'offrire al rappresentante del Governo la loro piena collaborazione per la miglior<;< soluzione di tutti i problemi locali, si dichiaravano fra l'altro pronti a prendere in esame il progetto per l'autonomia regionale da me approntato per incarico della S.V. limitandosi ad esprimere dei voti circa la portata dell'autonomia stessa ma senza prendere peraltro una recisa ed indefettibile posizione per una circoscrizione territoriale ristretta al solo Alto Adige di lingua tedesca.

Ogni atteggiamento conciliativo è peraltro venuto a cessare dopo che talune espressioni dell'accordo del 5 settembre sono valse, nella loro interpretazione letterale, ad indurre gli ambienti interessati -al di qua ed al di là della frontiera -a considerare definitivamente acquisita la concessione dell'autonomia nell'ambito esclusivo dell'Alto Adige, con larghe facoltà di autogoverno sotto la garanzia internazionale delle Potenze firmatarie del trattato di pace. Né la successiva precisazione ufficiale circa la portata dell'accordo in ordine all'autonomia -da concretarsi, anche attraverso consultazioni con gli elementi locali interessati, in una «cornice» (frame) territoriale che sarebbe stata precisata successivamente -è valsa in alcun modo a raffrenare le dilaganti affermazioni che si vanno facendo ormai

l Non pubblicato. 2 Vedi D. 55.

sempre più ambiziose in una atmosfera di euforia che potrebbe indurre a pericolosi sviluppi se dovesse ancora tardare una più recisa ed esplicita presa di posizione da parte del Governo atta a ricondurre la situazione nei suoi limiti effettivi.

Nel mese trascorso dalla firma degli accordi di Parigi è stato tutto un susseguirsi, nella stampa tedesca di Bolzano ed in quella di oltre frontiera, di affermazioni sempre più aperte e categoriche in ordine agli intendimenti con cui viene interpretata negli ambienti interessati la portata degli accordi stessi. Non sto a fermarmi in una dettagliata esposizione di questi atteggiamenti della stampa, che non ho mancato di segnalare di volta in volta a codesta Presidenza. Sta tuttavia di fatto che ad una certa acquiescenza da parte nostra rispetto alle posizioni prese dalla stampa han fatto successivamente riscontro delle prese di posizione altrettanto sicure e recise da parte di esponenti allogeni all'interno e di uomini politici responsabili in Austria.

È già noto alla S.V. l'atteggiamento assunto dalla «Sudtiroler Volkspartei» rispetto alla questione della revisione delle opzioni, che il predetto partito, pur essendosi indotto ad accettare in pieno il progetto di legge concordato con i suoi rappresentanti autorizzati nelle conversazioni tenutesi a Roma presso codesta Presidenza, vorrebbe ora fosse sottoposta ad un nuovo esame bilaterale, con l'intervento di rappresentanti del Governo austriaco. Si invoca a tal fine il testo dell'accordo del 5 settembre, dando mostra sovrattutto, anche attraverso chiare allusioni di stampa, che si va oltre le speranze di nuove ancor più generose concessioni da parte nostra, ma si punta addirittura verso quella inammissibile richiesta del «colpo di spugna» che è stata sempre nei voti degli ambienti più irriducibili della Volkspartei.

Analoghe prese di posizione si sono ora avute per ciò che concerne la portata dell'autonomia regionale. Come ho avuto modo di riferire con mio telegramma del 2 corrente 1 , il ministro Gruber ad lnnsbruck ha categoricamente affermato che, per quanto riguarda la delimitazione del territorio autonomo dell'Alto Adige, l'accordo prevede che nell'autonomia siano compresi la provincia di Bolzano ed i comuni mistilingui del Trentina ed ha aggiunto che, se da parte italiana la questione della delimitazione di detta autonomia è ancora aperta, ciò può intendersi solo nel senso che i sudtirolesi partecipanti alle trattavive future al riguardo potrebbero anche chiedere una estensione del territorio autonomo oltre i termini dell'accordo intervenuto con l'Austria.

Ancora più incisivo, malgrado certa ordinarietà di espressioni adoperate, è peraltro quanto il ministro Gruber ha dichiarato in occasione di una conferenza stampa tenuta a Vienna il 2 corrente, nella quale, a quanto viene riferito dalla stampa austriaca, egli si è espresso nei seguenti termini: «La delegazione sud tiro lese si è dichiarata d'accordo con le proposte da noi elaborate e stese nell'accordo itala-austriaco. Questo accordo ha fatto mettere in giro varie voci e soprattutto a

l Non pubblicato. Ne riferì anche direttamente per telefono come risulta dal seguente promemoria di Prunas del 2 ottobre: «Telefona il prefetto Innocenti per segnalare che il ministro Gruber ha fatto ier l'altro a Innsbruck le seguenti dichiarazioni pubbliche, che sono state integralmente riportate oggi dal giornale Dolomiten: "Con riferimento alla delimitazione del territorìo autonomo dell'Alto Adige l'accordo italo-austriaco prevede che nell'autonomia siano compresi la provincia di Bolzano e i comuni limitrofi mistilingui. Quando De Gasperi dichiara che il problema della delimitazione di questa autonomia è tuttora aperto, ciò è esatto soltanto in quanto i tirolesi siano d'accordo. Una simile estensione dovrebbe in ogni caso avvenire senza violenze e pressioni, perché altrimenti dovrebbe essere interpellato il Governo austriaco". La dichiarazione di Gruber avrebbe prodotto in Alto Adige viva impressione. Il prefetto Innocenti ritiene opportuna una nostra precisazione».

proposito delle frontiere della zona autonoma. Signori, né De Gasperi ci ntiene così pazzi, né noi riteniamo De Gasperi così pazzo da voler affidare l'autonomia dei sudtirolesi austriaci ad una maggioranza italiana». Allego, per il rilievo che l'intervista presenta nel suo complesso, la traduzione di quanto ha riferito m proposito il Tiroler Tageszeitung di Innsbruck del 3 corrente 1 .

A conclusione infine di questa concertata azione politica è venuta oggi la pubblicazione su Dolomiten di un comunicato ufficiale della «Sudtiroler Volkspartei» sulle deliberazioni prese dal Comitato esecutivo del partito convocato ieri in Bolzano il quale ha rivolto nell'occasione un proclama al «popolo sudtirolese». Unisco le copie, nella traduzione, del comunicato e del proclama. Da esse è agevole riscontrare quanto irrigiditi siano ormai divenuti gli atteggiamenti del partito allogeno, specie in materia di revisione delle opzioni e di autonomia: per la prima questione si reclama ancora una volta l'avviamento di trattative con il Governo austriaco, mentre per la seconda si respinge, senza previsione di compromessi, ogni possibilità di inquadramento della autonomia nell'ambito della Regione tridentina. Particolare rilievo va poi dato, per mettere in luce la posizione che ormai la Volkspartei ritiene di poter assumere nella gestione della cosa pubblica in Alto Adige, alla iniziativa presa dal Comitato esecutivo del partito per la costituzione di una commissione incaricata «di presentare uno schema di statuto di autonomia per il Sudtirolo e di trasmetterlo per conoscenza, al Governo». Ed è infine da porre in evidenza, specie per le ripercussioni sfavorevoli che non mancherà di determinare negli ambienti italiani, l'altra richiesta diretta ad ottenere che «siano emanate disposizioni transitorie, in attesa dello statuto dell'autonomia, per una partecipazione percentuale, in rapporto numerico, della popolazione sudtirolese, agli impieghi nei vari rami dell'amministrazione provinciale». Per chi vive in questi ambienti ed è esperto di ciò che cova negli spiriti, appare ben chiaro, attraverso codeste enunciazioni, quali atteggiamenti si riprometterebbero di assumere gli allogeni, dopo di aver ottenuto lo statuto per l'autonomia, nei confronti degli italiani i quali occupano attualmente posizioni prevalenti nella pubblica amministrazione.

Quel che è poi da mettere in particolare evidenza è il tono di provvisorietà che ostentatamente si vuoi dare alla situazione raggiunta attraverso l'accordo di Parigi: mentre sembrava che, come contropartita delle generose e lungimiranti concessioni italiane, fosse da attendersi una definitiva rinuncia alle pretese separatiste, sono invece insistenti nella stampa c nelle dichiarazioni ufficiali le affermazioni che condizionano a contingenti necessità d'indole internazionale la temporanea rinuncia

l Non pubblicato. Dell'argomento Innocenti riferì anche direttamente per telefono come risulta dal seguente promemoria di Prunas del 5 ottobre: «Mi telefona il prefetto Innocenti per informare di nuove dichiarazioni fatte da Gruber in una conferenza stampa per giornalisti austriaci e stranieri, tenuta alla Cancelleria di Vienna il 2 ottobre, nella quale egli si è espresso ancora una volta in termini che non sembrano giustificabili neanche con le ragioni elettorali, invocate dallo stesso Gruber per diminuirne la portata e il significato. Fra l'altro il Gruber ha affermato che "né De Gasperi è così pazzo né io sono così pazzo da poter ritenere che codesta autonomia possa essere affidata a una maggioranza italiana". "La frontiera della zona autonoma -egli ha aggiunto -non può che essere quella segnata dalla provincia di Bolzano e qualche comune limitrofo mistilingue". [Annotazione di Prunas: «Non sono sicuro del testo esatto di questa frase. Il telefono non era chiaro»]. Innocenti segnala ancora una volta che tali dichiarazioni producono viva agitazione e fermento per ragioni opposte tra italiani e tedeschi e chiede che sia fatta in proposito una precisazione ufficiale. Gli ho detto che avrei sottoposto la questione subito al presidente; gli ho dato notizia delle assicurazioni recentissime di Gruber a Gaja [vedi D. 366]; gli ho confermato che egli dovrà continuare ad agire e ad esprimersi sulla base della interpretazione nostra, che è incontroversa».

all'inalienabile diritto di autodecisione. Alla stessa stregua è d'uopo fermare l'attenzione sulla non meno ostentata diffidenza verso la lealtà e l'onestà con cui da parte italiana potrà essere assecondata la conclamata lealtà ed onestà che i sudtirolesi si accingerebbero a porre in atto nel dare esecuzione agli accordi: il tutto in termini deliberatamente tendenziosi, che non mancano, specie per l'insistenza di tali gratuiti apprezzamenti, di contribuire allo scoraggiamento ed alle apprensioni con cui gli ambienti italiani assistono al crescendo delle pretese allogene. Ed è ormai una manovra ben chiara: chiedere le concessioni più vaste ed estreme e cercare di sfruttare in pieno la situazione, salvo a gridare alla slealtà allorquando non fosse dato di assecondare le ambiziose pretese di parte allogena.

A voler trarre le conseguenze da quanto precede, risulta evidente come per tutti gli aderenti alla S.V.P., in virtù dei noti accordi di Parigi, l'autonomia in discussione non possa riguardare altro e solamente che le popolazioni comprese in questa provincia e nei comuni mistilingui di quella di Trento. Ma v'è di più: la stessa interpretazione si fa strada anche in un numero considerevole di elementi di lingua italiana: con un senso di amaro sgomento in quelli qui immigrati dalle vecchie provincie, come pure nei cosiddetti «trentini» qui trapiantati; con una certa indifferenza invece in quelli originari di questa provincia a causa del tradizionale antagonismo che nutrono verso i trentini di cui paventano l'invadenza, così che, a loro dire, non sanno quale scegliere tra i due mali: sottostare ad una maggioranza di lingua tedesca o a quella degli elementi trentini.

Naturalmente, in tutto questo giocano a dismisura il tornaconto personale e le ambizioni, ché il sentimento di nazionalità in fondo ha, nella maggioranza, una eco molto affievolita.

Anche la stampa di partito sembra appoggiare la tesi della S.V.P. ove si pensi, ad esempio, come la vedova Battisti, riprendendo un motivo già lumeggiato nel luglio scorso, in un articolo pubblicato sull'Avanti del 15 settembre, plaude all'accordo De Gasperi-Gruber perché costituisce «la fine di un incubo per quei trentini che, nella minaccia di una autonomia che accomunasse in ibrido forzato connubio Trento con Bolzano, sentivano umiliata la propria dignità di italiani». E lo stesso quotidiano commenta l'articolo dando per «certa» l'interpretazione di una autonomia speciale e distinta dell'Alto Adige. E mentre l'on. Grieco, deputato comunista, in una intervista ha propugnato una autonomia per il «Trentino-Alto Adige», un sudtirolese esponente del partito comunista locale, Silvio Fior, in un articolo pubblicato nel foglio comunista di Bolzano scrive che in base «ai più elementari prinicipi della nostra concezione democratica, se le popolazioni al nord di Salorno non desiderano una unione col Trentino, questa non si può realizzare anche se la maggioranza dei trentini la vorrebbero».

Superfluo aggiungere che siffatte interpretazioni ed opinioni sono riprese e commentate favorevolmente nella stampa di oltre Brennero e spiegano anche una certa influenza fra le popolazioni della regione tridentina.

Tutto ciò serve a creare in definitiva, pressoché in tutti gli ambienti italiani delle due provincie, un senso di angosciosa incertezza e di malessere di fronte al quale gli elementi di lingua tedesca che, fra l'altro, considerano questi accordi semplicemente come una battuta di aspetto per riprendere fiato ed intonare, a momento opportuno, il vecchio ritornello dell'autodecisione, hanno serrato le fila compatti agli ordini del comitato centrale (Vienna-Innsbruck) non solo per mantenere ad ogni costo le postzwni raggiunte tramite detti accordi (principalmente: autonomia per il solo Alto Adige -colpo di spugna per le opzioni -infiltrazione in tutte le amministrazioni pubbliche, specie nei posti di comando, di un adeguato numero di impiegati sudtirolesi), ma per cercare di strappare ogni ulteriore possibile concessione, forti di questa specie di aureola di vittime che -a quanto sembra hanno saputo acquistarsi, a buon mercato, nel mondo internazionale e particolarmente presso quello inglese col quale sono tuttora in contatto.

Di fronte a questa situazione si sente ogni giorno più la necessità che molti punti degli accordi vengano precisati al più presto e principalmente quelli relativi alla revisione delle opzioni (questione che inceppa, ad ogni pié sospinto, la vita economica, sociale e politica della provincia) ed alla autonomia. Che se per quanto attiene a quest'ultima, la questione tuttora aperta, circa la sua estensione territoriale, dovesse essere risolta secondo l'interpretazione data ripetutamente e recisamente dal ministro Gruber, il lavoro sin qui faticosamente compiuto apparirebbe inutile e si dovrebbe procedere a nuove e laboriose consultazioni in condizioni di maggior disagio perché avremo di fronte quelli che oggi -dopo Parigi -si considerano ritornati «padroni» dell'Alto Adige e che, come mi ha detto oggi uno dei loro giornalisti più battaglieri, il barone Cles, di questi accordi non vedono che l'utilità economica per cui definiscono la convivenza dei due gruppi etnici conseguente agli accordi stessi «un matrimonio di pura convenienza».

Ho per mia parte cercato di fare opera di persuasione negli ambienti italiani e di moderazione in quelli allogeni, insistendo sopratutto nel sostenere il punto di vista, più volte confermatomi costà, che i termini dell'accordo italo-austriaco non sono tali da consentire le estreme interpretazioni che, per panico o per interesse, gli uni e gli altri si inducono a trame.

È ovvio peraltro che, fino a quando non sarà intervenuta una presa di posizione ufficiale in proposito, ogni azione locale resterà necessariamente limitata e non potrà conseguire concreti risultati distensivi. Credo che si imponga pertanto una chiarificazione e mi auguro che essa possa presto intervenire al fine sopratutto di sottrarre la situazione politica dell'Alto Adige dall'attuale stasi caratterizzata dalla confusione delle idee e dallo irrigidimento di posizioni di cui ho fatto cenno.

379

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA

T. 15119/186. Roma, 6 ottobre 1946, ore l.

Suo 400 1•

Pur rendendomi conto delle circostanze in cui discussione si è svolta e delle difficoltà interne di codesto Governo, devo constatare che ordine del giorno ap

l Vedi D. 366.

provato, insistente su presunti «inalienabili diritti dello Stato austriaco sul Tirolo meridionale» e reclamante autodecisione, intorbida situazione Alto Adige che si era chiarita.

Ringrazi comunque Gruber sia delle spiegazioni, sia delle assicurazioni datele. Gli accenni in questa occasione ad alcune dichiarazioni da lui pubblicamente fatte ad lnnsbruck che il giornale Dolomiten ha riportato testualmente il 2 corr. 1 , dichiarazioni che avrebbero dovuto provocare da parte mia una precisazione, che non ho poi fatto appunto per non suscitargli ulteriori imbarazzi durante discussione in seno Commissione parlamentare.

Consultazione su opzioni dovrà avvenire a suo tempo fra organi dei due Governi e preferisco ignorare che codeste autorità attingano informazioni da cittadini italiani.

Abboccamento a breve scadenza con nostro prefetto potrebbe venir interpretato come se un funzionario fosse chiamato a riferire da autorità estera. Ella cercherà dunque, in termini amichevoli, di lasciar cadere l'iniziativa che potrà essere utilmente ripresa in forma e modi diversi. Avverta poi che manifestazioni austriache rischiano provocare reazioni minoranza italiana Alto Adige2 .

380

IL CONSIGLIERE ECONOMICO DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A PARIGI, DI NOLA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

FoN. 17233/1265. Parigi, 6 ottobre 1946, ore 17,05.

A 8183•

Trasmetto urgenza succinto memorandum richiesto richiamando tua attenzione su telegramma spedito ieri da delegazione4 onde preannunziare presentazione Conferenza nuovo e definitivo memorandum economico.

«Le disastrose condizioni dell'economia italiana sono state già illustrate dal Governo italiano ai Governi alleati nel "memorandum sulle questioni economiche e finanziarie connesse col trattato di pace", di cui ad ogni buon fine si acclude una nuova copia.

Il Governo italiano sa in modo certo che i nuovi, pesantissimi, molteplici oneri imposti dal progetto di pace elaborato dai Quattro, e che nel presente memorandum sono appena accennati, creeranno un insormontabile ostacolo a qualunque sforzo di ricostruzione. Un computo, sia pure approssimativo e sommario del complesso

l Vedi D. 378. 2 Per la risposta vedi D. 392. 3 Vedi D. 374, nota l p. 485. 4 Vedi D. 376.

di tali oneri toccherebbe cifre altissime e darebbe una v1s10ne realistica sia della

iniquità di imporli, sia della impossibilità di esigerli. Se a tali cifre si sommasse poi

il cumulo dei sacrifici, delle distruzioni, delle perdite italiane nel corso di due anni

di cobelligeranza, si arriverebbe alla documentata e documentabile constatazione

che un popolo già così stremato non potrebbe sopportare un siffatto carico senza

minare non più ogni possibilità di ricostruzione, ma addirittura ogni possibilità di

esistenza accettabile.

Il Governo italiano fa appello al senso di equità e alla saggezza delle Potenze partecipanti alla Conferenza della pace affinché, in nome di quegli stessi principi di giustizia democratica per cui la guerra è stata combattuta, esse trovino modo di apportare al progetto elaborato dai Quattro quelle sostanziali modificazioni ed alleggerimenti che ne consentano da parte italiana una onesta, leale, volontaria esecuzione».

381

L'ON. SARAGAT AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

FoN. s.N.o. 17231/1266-1267. Parigi, 6 ottobre 1946, ore 16.

Suo 828 1• Considerato attentamente suo telegramma e fatto presentire stamane confidenzialmente anche Dunn confermo nostro parere intervento assemblea. D'accordo su convenienza non (dico non) chiudere con semplice memorandum economico questa seconda fase Conferenza.

Dunn ha detto che, se anche fosse possibile accoglimento di una nostra domanda essere sentiti, egli crede che, dal punto di vista internazionale, il tenore del discorso cui dovremmo necessariamente uniformarci riuscirebbe in questo momento

per varie ragioni più di danno che di vantaggio presso Grandi e in generale ambiente Conferenza. Inoltre, se ci fosse concesso far parte Alleati, Stati ex nemici dovrebbero ottenere stessi diritti, né si potrebbero impedire risposte e polemiche da parte della Jugoslavia o di altri, per cui si rischierebbe riapertura difficile dibattito che si vuole invece affrettatamente conchiudere. Ha del resto spiegato che Segretariato Conferenza, composto quattro Grandi e quattro minori, ha già discusso ed unanimamente scartato movente diffidenza Stati ex nemici per cui, salvo decisione contraria assemblea che sembra assolutamente da escludere, nostra domanda sarebbe respinta.

Mentre ci sembra non opportuno avanzare richiesta essere sentiti sapendo già non sarà accettata, sarei d'avviso che delegazione, presentato qui memorandum economico (il che avverrà domani mattina), desse impressione cessare ogni sua

1 Vedi D. 377.

attività almento carattere ufficiale. Nel frattempo, ella potrebbe combinare Roma dichiarazione, o altro documento in forma da definirsi, che rappresentasse pensiero del Governo e del Paese e che potrebbe dirigersi a cerchia più larga che non sola Conferenza Ventuno.

È probabile che, dopo giorni irrequieti, sostituti dei ministri esteri rimangano a Parigi per un paio di settimane elaborare testo trattato che porteranno poi New Y ork ai Quattro Grandi.

Prima quindicina novembre saremmo uditi colà con jugoslavi su questione statuto Trieste. Avremmo quindi nuova occasione pronunciarci prima della fine.

382

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A PARIGI

T. URGENTISSIMO 15174/830. Roma, 7 ottobre 1946, ore 3.

Ricevuto tuo rapporto 1 sabato sera, desiderabile che Statement accenni prestito surrogato U.N.R.R.A., non applicazione articolo 69, dichiari America intende proteggere minoranze etniche giuliane attraverso O.N.U. e non opporsi più tardi a revisione Istria Territorio Libero; infine riconosca cobelligeranza e· nostri diritti verso Germania spogliatrice. Tuttavia questione adriatica rimane amarissima. Ho da Gorizia conferma d'irrigidimento precauzionale nel senso di Dunn.

383

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A PARIGI

T. S.N.D. URGENTISSIMO 15175/831. Roma, 7 ottobre 1946, ore 3.

Non parmi Gruber agisca prudentemente e lealmente.

Avvertilo che a stento trattengo qui reazione italiana. Riferirò Commissione esteri ove Nitti attacca garanzia internazionale. Circa tale carattere conviene riserbo 2•

1 Non rinvenuto, ma vedi D. 359.

2 La copia in arrivo a Parigi, conservata in Archivio Carandini, busta IO, reca le seguenti annotazioni di Winspeare Guicciardi: «Comunicato telefonicamente a Carandini il 7 ottobre, ore 17,30. Telefonato al ministro Zoppi per chiarimenti, 7 ottobre ore 18. Ritelefonato all'ambasciatore per dare chiarimenti, 8 ottobre ore IO. Telefonato al ministro Zoppi per calmare la cosa, 9 ottobre ore Il». Per la risposta vedi D. 384.

384

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. 17273/1066. Londra, 7 ottobre 1946, ore 20,32 (per. ore 6 dell'B).

A Londra per tre giorni onde conferire Foreign Office, ricevo da Parigi comunicazione tuo telegramma1 . Telefono oggi interrotto con Roma spero parlarti domani mattina. Ti comunico intanto che Gruber è a Vienna e non posso quindi che vedere qui Schmid col quale tenterò chiarire perché ignoro quale sleale dichiarazione o atto tu ti riferisca. Tieni presente che Gruber deve affrontare in Austria fiera opposizione ed è quindi in posizione difensiva. Fino concreta prova contraria non posso dubitare sua intima buona fede. Hai copia di capitali elementi per controbattere attacchi. Ti aggiungo che accordo itala-austriaco aveva qui stroncato nuove manovre parlamentari in forza che si stavano preparando per prossima riapertura Camera dei Comuni e che sarebbero state questa volta fortemente spalleggiate da Churchill che è violentemente contrario politica Bevin rispetto statu quo Alto Adige (vedi telegramma 987 e telespresso 1866 del 17 settembre)2 .

Conto venire a Roma dopo il 15 sempre che tu lo giudichi utile. Sono a tua disposizione in quella occasione per ribattere Nitti difendendo pubblicamente accordo nella forma che riterrai redigere.

385

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 17289/253. Praga, 7 ottobre 1946, ore 21,20 (per. ore 10,30 dell'B).

In colloquio odierno segretario generale Heidrich mi ha finalmente assicurato che, accettando mie vive premure e miei argomenti presentati Gottwald e diversi ministrP, Italia sarà compresa, a parità Nazioni alleate, in norme emanate per regolare situazione beni sudditi nemici di fronte decreti politici. Schema dette norme va allo studio del Consiglio dei ministri odierno. Attendesi vivace dibattito. Sarà quindi presentato Assemblea costituente. Ritengo che si stabilirà devolvere Governo facoltà restituzione beni stranieri o corrispondere indennizzo in valore attuale e in corone nuove, salvo per i casi di provata condotta contraria interessi Cecoslovacchia.

I Vedi D. 383. 2 Non pubblicati. 3 Vedi DD. 4 e 245.

Se devesi prevedere esame singoli casi moderato ottimismo circa suo esito, otterrebbesi tanto richieste norme che esse sarebbero applicate da autorità centrale; soprattutto che avremmo uguaglianza di trattamento con Alleati. Heidrich mi ha pure assicurato accetterebbesi rinunciare qualsiasi sequestro facoltizzato trattato di pace. Gradirei su questo punto essere informato telegraficamente su definizione data Parigi articolo 69 1•

Ho creduto doveroso proporre Heidrich conversazione preliminare e massimamente su accordo commerciale e invio lavoratori. Proposta sembrami attesa e gradita. Settimana prossima. a conoscenza deliberazione Consiglio ministri, avrò colloquio con rappresentanza Direzione generale affari commerciali per primi inizi deliberazioni senza nulla impegnare.

Riferisco anche per corriere 2 .

386

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI

L. PERSONALE 15/33149/182. Roma, 7 ottobre 1946 3 .

Ho ricevuto la tua lettera n. 2074 del 19 settembre4 . Per maggiore tuo intendimento del contenuto del telegramma n. 111 5 , ti trasmetto copia dell'appunto riassuntivo della questione le cui ultime due pagine contengono per così dire la genesi del telegramma. Alla luce delle considerazioni esposte converrai che la sostanza della nostra risposta, come espressa nel telegramma citato, non contiene nulla che possa minimamente preoccupare la Turchia!

Il principio che la Convenzione di Montreux debba essere riveduta è contenuto nella nota inglese del 21 agosto e nella stessa nota turca del 22 agosto. La prima si esprime infatti nel senso che «His Majesty's Government are of the opinion that a revision of the Montreux Convention is desirable», e la seconda nel senso che «Le Gouvernement turc reconnaìt que !es définitions et !es dispositions susvisées ... ont bésoin d'ètre adaptées ... ».

Non abbiamo quindi fatto altro, nell'esprimere la stessa tesi, che accodarci agli altri senza nulla aggiungere e, se mai, limitando il principio («certe parti» -e sono naturalmente quelle di carattere tecnico). In secondo luogo auspichiamo che sia possibile addivenire ad una soluzione della questione che concili i vari punti di vista: ed è questo un auspicio che non può evidentemente preoccupare nessuno, mentre lascia intendere il nostro fervido desiderio di non veder acutizzarsi, in una

l Vedi D. 401.

2 Non pubblicato.

3 Questa lettera non era stata originariamente datata; la si colloca al 7 ottobre in base all'esame dei registri di protocollo della corrispondenza in partenza ed in arrivo.

4 Vedi D. 328.

s Vedi D. 273.

zona per noi così sensibile come il Mediterraneo, uno stato di tensione che è ovviamente contrario ai nostri interessi come a quelli di ogni altro Paese amante della pace; in terzo luogo abbiamo accennato ai «legittimi interessi della Turchia» che sono evidentemente quelli dello Stato sovrano che è legittimato a tutelare i suoi diritti sovrani, e solo successivamente agli interessi turchi abbiamo accennato anche a quelli degli altri, ossia dei vari firmatari della Convenzione di Montreux!

Tenendo conto della nostra complessa situazione mi pare che non potevamo sbilanciarci di più né è il caso di soppesare o analizzare parola per parola la nostra comunicazione attribuendo ad essa significati che non ha e non potrebbe avere. Puoi quindi rassicurare il signor Erkin e dissipare quel qualsiasi dubbio che potesse essere a lui affiorato. Puoi aggiungere -cosa del resto ben nota -che tendiamo ad una politica di cordiale e costruttiva amicizia con la Turchia 1•

ALLEGATO

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO. Roma, 24 agosto 1946.

l. La questione della reviSIOne del regime degli Stretti fu sollevata nel maggio 1945 dall'U.R.S.S. in occasione della denuncia del trattato di non aggressione russo-turco del 1925.

La reazione turca si imperniò sostanzialmente su due punti: a) la questione del regime degli Stretti doveva essere risolta internazionalmente e non con soluzioni unilaterali; b) non doveva considerarsi ammissibile nessuna soluzione che menomasse la sovranità e l'integrità territoriale della Turchia: niente cessione di basi dunque e niente demilitarizzazioni.

2. -Alla Conferenza di Potsdam (lo agosto 1945) fu auspicata una regolamentazione internazionale delle vie acque europee. I tre Grandi si accordarono, per quanto concerne gli Stretti, di entrare separatamcnte in contatto col Governo turco in vista della revisione della convenzione relativa. 3. -Il 2 novembre dello scorso anno l'ambasciatore degli Stati Uniti in Ankara rimise al Ministero degli affari esteri turco una nota in cui si sanciva: a) la libertà di passaggio, in ogni tempo, attraverso gli Stretti per le navi mercantili appartenenti a tutte le Nazioni; b) la libertà di passaggio, in ogni tempo, per le navi da guerra degli Stati rivicraschi del Mar Nero; c) l'interdizione di passaggio in tempo di guerra per le navi da guerra degli Stati non rivieraschi del Mar Nero, ad eccezione di quelle di un tonnellaggio stabilito sulla base di un accordo congiunto nonché di quelle che sarebbero inviate dietro autorizzazione esplicita degli Stati rivicraschi od ancora in nome delle Nazioni Unite; d) la soppressione del Giappone fra gli Stati contraenti e la sostituzione dell'organismo della Società delle Nazioni con quello delle Nazioni Unite. Come si vede, in tale proposta americana veniva abbandonata ogni idea di internazionalizzazione degli Stretti, quale era stata avanzata da Truman, a Potsdam: veniva invece accolta, sia pure entro certo limiti, la nota aspirazione russa ad un libero sbocco nel Mediterraneo, che già aveva visto la sua consacrazione nel Trattato di Unkiar Skelessi. 4. -Da parte inglese fu rimesso il 23 novembre un memorandum al Ministero degli esteri in Ankara da quell'ambasciatore britannico in cui si precisava che il Governo di Sua Maestà era anch'esso favorevole in massima alla revisione e che la convocazione di una conferenza a tale scopo si considerava però questione di carattere non urgente. 5. -Mosca da parte sua si manteneva nel più assoluto riserbo. 6. -Il 5 dicembre 1945 il presidente del Consiglio, Saragioglu, in una conferenza stampa, dichiarava che il punto di vista americano poteva essere accettato come base di discussione e di negoziazione da svolgersi in seno ad una conferenza internazionale, come previsto dalla stessa Convenzione di Montreux, conferenza che avrebbe dovuto precisamente fissare le basi atte a conciliare nel miglior modo la sicurezza e la sovranità della Turchia con le clausole esistenti nella Convenzione, relative al diritto di libero passaggio per le navi mercantili e da guerra, sia in tempo di pace che in tempo di guerra. 7. -L'8 agosto, alla vigilia cioè del termine di scadenza, l'incaricato d'affari sovietico ha presentato al Ministero degli esteri turco una nota chiedente la revisione della Convenzione di Montreux. Secondo il testo della nota, pubblicato a Mosca, la tesi sovietica si impernia sui seguenti concetti; a) caducità del regime attuale degli Stretti come è stato provato nell'esperienza dell'ultima guerra; b) libertà di transito per tutte le navi mercantili; c) libertà di transito attraverso gli Stretti, alle navi da guerra dei soli Stati riviereschi; d) il futuro assetto è una questione di esclusiva pertinenza delle Potenze rivierasche del Mar Nero e, quindi, deve essere fissato da una conferenza alla quale partecipino soltanto la Russia, la Romania, la Bulgaria e la Turchia; e) l'Unione Sovietica e la Turchia, come Potenze maggiormente interessate e capaci di garantire la libera navigazione mercantile e la sicurezza degli Stretti, debbono organizzare in comune la difesa degli Stretti.

l Per la risposta vedi D. 445.

È evidente che con tale passo il Governo russo non ha fatto che ribadire il suo ben noto principio che la questione degli Stretti è geograficamente e politicamente una questione che riguarda esclusivamente la Russia e gli Stati rivieraschi del Mar Nero, che pertanto Mosca intende rivendicare a sé e a questi Stati il diritto di regolarla.

Superfluo rilevare come questa tesi in opposizione a quella dell'interesse internazionale a quelle vie acque, sostenuta da parte anglo-americana, miri a scardinare, anche in questo settore quelle «basi di convergenza» degli interessi europei su cui aveva finora poggiato l'equilibrio prebellico.

Un punto di vista italiano sulla questione non sembrerebbe difficile a formularsi se si potesse partire dal presupposto di una politica autonoma che rifletta unicamente gli interessi nostri. Tale punto di vista porterebbe a scartare ovviamente la tesi sovietica perché:

a) costituisce, in linea generale, un pericoloso precedente nei confronti di altri interessi europei di natura internazionale (amministrazione delle vie fluviali, Danubio, ecc.) di cui l'Italia è stata in passato partecipe e non può rinunciare «a priori» ad esserlo in avvenire;

b) le tendenze monopolistiche ed esclusiviste di una politica economica russa rappresentano una scoraggiante premessa per la libertà dei traffici attraverso gli Stretti. Malgrado che tale libertà sia, in tempo di pace, garantita anche sul piano della tesi sovietica, sta di fatto che lo sarebbe solo dalla Turchia, dalla Russia e dai satelliti di quest'ultima, quindi praticamente alla mercé di Mosca;

c) un «condominio militare» russo-turco nel Bosforo e nei Dardanelli, rappresenterebbe un mezzo di coercizione politico sulla Turchia di tale peso che potrebbe indurla a nuovi orientamenti suscettibili di modificare l'attuale situazione mediterranea in un senso che non sembra vantaggioso per l'Italia. Indipendentemente poi da tale possibile conseguenza, lo stesso «condominio militare», rappresenterebbe un terzo aspetto della presenza (in questo caso diretta) della Russia nel Mediterraneo, da aggiungere ai casi di «presenza indiretta» attraverso Jugoslavia ed Albania.

Se queste considerazioni autorizzano a formulare un «punto di vista italiano» sulla questione, resta a vedere, in relazione alle richieste avanzate dal Ministero degli affari esteri turco all'ambasciatore Marchetti, se ci convenga esprimerlo, in un momento come l'attuale di minorazione politica del nostro Paese.

C'è da chiedersi se convenga assumere posizioni ufficiali che mentre non potrebbero recare alcun pratico contributo al trionfo della tesi da noi auspicata, ci esporrebbero a difficoltà, in caso di successo della tesi opposta, di fronte a quei Paesi che quest'ultima hanno patrocinato. Sembra quindi che convenga mantenere un atteggiamento di riserbo e di attesa. Tutt'al più si prospetta la proposta di incaricare l'ambasciatore Marchetti di dare una risposta in termini generali dicendo che, trattandosi della «modifica» e non della soppressione dei principi su cui si fonda il Trattato di Montreux, l'Italia è di massima disposta ad accogliere qualsiasi ragionevole soluzione che esca dall'accordo di tutte le Nazioni interessate, limitandosi ad evidenziare così le nostre preferenze per una procedura largamente internazionale, senza entrare nel merito della questione stessa.

387

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

R. RISERVATO 2150/1147. Mosca, 7 ottobre 1946 (per. il 24).

I contatti tra Governo sovietico e corpo diplomatico non sono molto facili. Stalin è un po' il Dio invisibile di questo immenso territorio che si stende «grosso modo» dal centro dell'Europa~ considerando anche le zone tedesche occupate dai russi~ fino a Vladivostock. Molotov raramente e solo in casi eccezionali riceve gli ambasciatori od i ministri, e quindi i contatti si hanno normalmente attraverso i vice ministri Dekanozov, Vyshinsky, Gusev e Malik, nonché i capo-servizi.

E anche le conversazioni che si svolgono con i predetti hanno uno speciale carattere. Realistici al cento per cento anche nei contatti con i capi delle varie rappresentanze estere, i sovietici molto raramente si lasciano andare ai cosiddetti tours d'horizont, oppure a quelle conversazioni un po' vaghe in cui si toccano tutti i problemi del giorno, e che servono ai diplomatici per «tastare il polso», come si dice, del Governo presso cui sono accreditati. In genere la conversazione si concentra all'oggetto della visita, e i funzionari sovietici si sforzano di !imitarla il più che sia possibile unicamente a ciò che loro interessa comunicare o che desiderano conoscere.

Le predette «conversazioni» sono però in parte sostituite dalla lettura della stampa che rispecchia, in genere, molto fedelmente il pensiero del Governo, e in modo speciale della rivista quindicinale Novoe Vremia (Tempi nuovi) che è considerata un po' il portavoce di questo Ministero esteri. Nell'ultimo numero di tale rivista l'Italia è oggetto di un lungo articolo di D. Pekin, intitolato: «Tendenze antidemocratiche della politica italiana».

Lo stesso titolo indica di per sé quale ne è il contenuto: una serrata critica all'attuale nostro Governo.

Per inquadrare però tale articolo è necessario fare un passo indietro, e vedere quale sia stato l'atteggiamento della stampa sovietica in questi ultimi tempi, e soprattutto prima e dopo il referendum e le elezioni per la Costituente.

In genere, prima del 2 giugno, i sovietici ben poco spazio dedicavano a noi. Era un momento di attesa. Due grosse questioni erano per loro in gioco nello scacchiere italiano: il problema istituzionale e la vittoria delle sinistre. Volevano veder fatta fuori la monarchia, accusata di essere il centro della reazione e dei relitti del fascismo, e naturalmente si auguravano anche una schiacciante vittoria alle elezioni per !a Costituente del partito comunista.

Solo qualche settimana prima del 2 giugno, e specialmente negli ultimi giorni, vennero fuori degli articoli in cui, secondo lo stile e le attitudini qui in uso quando si è alla vigilia di qualche avvenimento internazionale di cui non si è sicuri dell'esito, si scagliavano contro i partiti di destra italiani, contro la monarchia, i neo-fascisti, i qualunquisti ed il Vaticano! Vennero tutti accusati di esercitare ogni genere di pressione e di fare ogni tentativo per intimidire o circoscrivere la libertà delle masse, per sabotare i principii della vera democrazia e per appoggiare invece monarchia e reazione.

Il risultato delle duplici votazioni del giugno lasciò un po' perplessi i sovietici. Uno dei problemi era stato risolto in modo conforme ai loro desideri: il referendum era riuscito favorevole per la repubblica. Ma l'altro problema era invece riuscito solo in parte. I comunisti infatti avevano ottenuto soltanto una considerevole percentuale dei voti, per cui, anche unendosi con i socialisti, non riuscivano a formare quella maggioranza indispensabile per costituire un governo social-comunista. Invece i democratici cristiani raccoglievano una netta superiorità di voti e quindi, volendo, avrebbero potuto unirsi con gli altri partiti ~ che la stampa sovietica qualifica senz'altro di reazionari ~ e governare senza i comunisti ed i socialisti. Invece, come era da aspettarsi, ne venne fuori un governo a tre fra democristiani, comunisti e socialisti, in cui i primi avevano, logicamente, una prevalenza. All'annunzio della formazione di tale governo, la stampa sovietica «tacque». Si limitò a pubblicare la lista dei ministri, dei sottosegretari, e non fece commenti. Segno questo, nell'interpretazione di chi è abituato a «leggere» in questi giornali, che il nuovo governo non era troppo piaciuto in alto e che si preferiva aspettare prima di prendere un atteggiamento.

Poi l'attenzione pubblica venne richiamata dalle sessioni del Consiglio dei ministri degli esteri a Parigi, e la situazione interna italiana passò naturalmente in seconda linea.

Apertasi la Conferenza della pace, le cose sono completamente cambiate. Come

V.E. è al corrente in base ai miei rapporti su tale argomento ed ai telegrammi che invio giornalmente su quanto scrive e commenta la stampa sovietica relativamente ai lavori parigini, si può dire che i giornali russi non si occupano che delle questioni italiane 1•

Ciò ha fatto sì che è ritornato in prima linea il problema della situazione interna italiana, specie dopo i chiari e palesi attacchi che la stampa sovietica ha fatto contro di noi in varie occasioni. Ricordo: il discorso di V.E., quello di Bonomi, la composizione della nostra delegazione, l'invio a Parigi di giornalisti italiani notoriamente legati alle e'x cricche fasciste, ecc. ecc. Inoltre come ho segnalato 1 , ai sovietici non è riuscito gradito l'accordo italo-austriaco per l'Alto Adige; non è piaciuta la discussione sulle riparazioni da pagarsi all'U.R.S.S. e sui tentativi fatti per non accettare tale principio, la soluzione per Trieste e specialmente lo statuto approvato per il Territorio Libero, non piace l'atteggiamento della nostra stampa in genere e dei vari nostri partiti non marxisti che tirano in ballo costantemente l'U.R.S.S., acccusandola di proteggere il nostro partito comunista.

Tutto questo che io riassumo brevemente è apparso qua e là, talora sottolineato in netti e decisi attacchi contro di noi, talvolta invece accennato vagamente in frasi

l Vedi D. 341.

gettate ora in questo ora in quell'articolo, ma che finisce poi per venir fuori nel suo complesso per chi segue con attenzione, giorno per giorno la stampa sovietica.

Oggi questo malumore latente, a dir così, è stato chiaramente espresso nell'articolo pubblicato dal Novoe Vremia. Le accuse che ci vengono rivolte si possono sintetizzare così: prima del 2 giugno, un po' per la presenza degli anglo-americani che aveva impedito ogni possibilità di riforme, un po' per le mene dei reazionari, ben poco si era fatto in Italia per una vera e reale democratizzazione. Tutti speravano che dopo il 2 giugno le cose sarebbero mutate. Con l'avvento della repubblica, si credeva che ormai vi sarebbero radicali cambiamenti: invece niente è avvenuto. Della riforma agraria non se ne parla più, i prezzi salgono, la lira scende, le finanze vengono affidate a Corbino un agente dei banchieri italiani e americani, si cerca di sfruttare le sue dimissioni per inscenare una «crisi» nel Governo e di far fuori i comunisti, la reazione sotto la veste dei qualunquisti, del movimento tricolore, del risorgente fascista rialza la testa, ecc. ecc.

Per quanto concerne più direttamente la politica estera, l'articolo nota che si continua con le stesse «ricette d'importazione» come prima. De Gasperi ha adattato la politica estera dell'Italia agli interessi del suo partito, molto tempo prima delle elezioni; con la scusa della libertà di stampa si conduce una sistematica violenta campagna contro l'Unione Sovietica che può essere comparata con quanto si scriveva al tempo di Mussolini. Detta campagna è capeggiata dalla stampa del partito democristiano, e in modo particolare, dal Popolo. Alla Conferenza della pace si è misconosciuto l'aiuto dato dalla delegazione sovietica, soprattutto per far cessare il controllo alleato. Invece di appoggiare i soviet, De Gasperi ha proposto che la questione di Trieste fosse rinviata di un anno, il che avrebbe servito solo a prolungare l'occupazione e agevolare coloro che non sono interessati a che l'Italia diventi un Paese indipendente. Anche la questione delle riparazioni ha mostrato come solamente l'U.R.S.S. abbia saputo contenere le sue domande in termini modesti. Ma la stampa italiana ha persistentemente ignorato i problemi economici, ed ha portato la sua attenzione solo alla questione di Trieste.

L'articolo dice poi che il popolo italiano non ha alcun interesse nelle ambizioni imperialistiche dei reazionari italiani, che hanno sostituito i loro vecchi sconfitti padroni tedeschi con nuovi padroni: gli anglo-americani, e aggiunge che il programma di De Gasperi, posto alla base del nuovo governo, è stato messo agli «atti». Nulla si fa per iniziare le riforme o la ricostruzione, ed in politica estera non si è adottata una politica indipendente: non si proteggono i vari interessi della Nazione e l'indipendenza del Paese, e tale condotta finisce coll'allontanare dall'Italia le simpatie di tutto il mondo democratico.

L'articolo conclude: «Il popolo sovietico ha visto nella nascita della repubblica italiana il primo sostanziale passo del popolo italiano verso la democrazia. L'Italia è ora al bivio. L'immediato futuro mostrerà se gli strati democratici del popolo italiano sapranno impedire la continuazione della funesta politica del Governo De Gasperi, e assicurare l'adozione di una democratica politica interna e di una politica estera indipendente».

Questo, l'articolo in parola che ho creduto riassumere dettagliatamente, affinché se ne abbia un'idea molto precisa. Se ci trovassimo in Inghilterra, in Italia, o negli Stati Uniti la lettura di un articolo del genere avrebbe un'importanza relativa. Tutt'al più, ove fosse apparso su di un giornale appartenente ad uno dei partiti al governo e recasse la firma di uno degli esponenti di detto partito, potrebbe essere un'indicazione di quello che si pensa in seno al citato partito. Qui, invece, ove la stampa è controllata e ove tutto quello che si scrive è dettato dall'alto, l'articolo in parola merita la nostra particolare attenzione. Esso rappresenta ciò che pensa il Governo sovietico in questo momento sulle direttive della nostra politica interna ed estera.

Non dobbiamo naturalmente fermarci sulle parole o su qualche affermazione dell'autore che non corrispondano a verità. Dobbiamo sempre tenere presente che qui si fa della «dialettica» in ogni ramo dell'attività statale e in ogni manifestazione del pensiero sovietico. La stampa è un mezzo di lotta, uno dei più importanti, come da un paio di mesi a questa parte vanno sottolineando in numerosi articoli Pravda e lsvestia. Quindi corrisponde ai principi della tattica marxista attaccare in tutti i modi ciò che si vuole «far fuori» con un mezzo o con l'altro.

A noi interessa non soffermarci sulle singole frasi dell'articolo, e vedere ciò che è vero, e ciò che è falso; quello che corrisponde a verità, oppure quello che è una distorsione dei fatti a scopo polemico. Ci deve interessare unicamente il tono e lo scopo dell'articolo. E questo appare chiaramente in modo particolare dalle frasi finali di esso.

È una specie di avvertimento «ufficioso» all'Italia, un «altolà!». La politica del nostro attuale Governo non piace a Mosca. Il nostro Paese è considerato per i sovietici trovarsi oggi al bivio. Una via conduce verso ciò che qui si chiama reazione, cioè governo forte di destra, politica interna caratterizzata da poche riforme sociali, e in politica estera unirsi al gruppo delle Potenze che vanno assumendo un'attitudine antisovietica. L'altra via invece conduce verso la democrazia, come è intesa qui. E cioè governo delle sinistre marxiste, decisive ed ardite riforme sociali all'interno, politica di stretta intesa con l'U.R.S.S. e con le Potenze amiche.

Quale delle due vie sceglierà l'Italia? Dove sono i suoi veri interessi? Ecco la domanda che l'articolista non si pone, e che invece avrebbe dovuto porsi e poi cercare di rispondere. Infatti unicamente tentando di rispondere a tali quesiti, si può dire se il popolo italiano deve andare a destra od a sinistra, oppure se molto saggiamente non sia il caso di preferire e scegliere una via di mezzo, e saper prendere quanto c'è di buono, e a destra e a sinistra, nell'interesse esclusivo dei supremi destini della nostra Patria.

388

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, REALE

T. S.N.D. 15242/195. Roma, 8 ottobre 1946, ore 22.

Suo 256 1•

Questo ministero ignorava sua partenza per Varsavia. Tempestivi telegrammi le sono stati in conseguenza diretti a Parigi, da dove spero le siano stati ritrasmessi subito. Confermo che firma accordo avrà molto probabilmente luogo giovedì

l Vedi D. 373.

prossimo. Confermo altresì che iniziativa firmare a Roma è dovuta presidente del Consiglio, che intende dare con ciò particolare rilievo anche politico all'accordo stesso. Ambasciatore Kot ne è stato preventivamente informato. Gli è stato altresì comunicato che ben volentieri avremmo ospitato a Roma codesto ministro commercio a quello scopo. Le assicuro dunque in modo formale che non si tratta affatto di atteggiamento scorretto del ministero nei suoi confronti, ma di determinato proposito di giovare al riavvicinamento italo-polacco in particolare, col mondo slavo in generale. Né è immaginabile che ella dissenta da codesti obbiettivi. Accordo (di cui naturalmente le trasmetteremo particolari e testi) è stato movimentato e difficile, ma costituirà un sensibile apporto che noi diamo con amichevole animo alla ricostruzione polacca.

389

IL CONSOLE ORLANDINI AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO. Roma, 8 ottobre 1946.

Ha telefonato, alle ore 12, 10, l'ambasciatore Carandini da Londra. Gli è stato dato il mio numero diretto. Non potendo cambiare la comunicazione mi ha trasmesso il seguente messaggio:

«Riparto domani mattina per Parigi e giovedì mattina per Roma. Ho visto Sargent. Da Londra ho cercato di telefonare al ministro De Gasperi per parlargli circa le dichiarazioni di Gruber ma non ho potuto avere la comunicazione. Ho quindi telegrafato 1• Ho cercato di vedere Schmid, il ministro austriaco, ma non ho potuto vederlo perché è in Svizzera.

Mi sembra che le dichiarazioni di Gruber di fronte alla mozione della Commissione degli esteri austriaca non sono affatto sleali né scorrette perché rispondono a quel minimo di momentanea difesa che egli deve opporre agli attacchi mossigli da ogni parte in Austria. Consiglio di prendere la cosa con calma. Segnalo intanto che ieri alla Commissione dei Ventuno a Parigi il generale Smuts ha fatto il più alto elogio dell'accordo itala-austriaco, "il quale conferisce massimo credito ai due Paesi e rappresenta un gran successo che è forse uno dei più alti punti luminosi di questa Conferenza. Dobbiamo congratulare ambedue le delegazioni per questa soluzione straordinariamente soddisfacente, su questo splendido esempio sul modo di trattare problemi umani in questa Conferenza così divisa razzialmente".

Queste sono le parole del generale Smuts. A De Gasperi possono servire per controbattere gli attacchi di Nitti. Smuts rappresenta oggi la più alta figura morale del mondo anglo-sassone.

Arriverò a Roma giovedì».

I Vedi D. 384.

390

L'ON. SARAGAT AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

APPUNTO. Parigi, 8 ottobre 1946.

Ora che una decisione, sia pure non definitiva, è stata presa in campo internazionale circa la nostra frontiera orientale e Io statuto del Territorio Libero di Trieste, a me sembra che-da un punto di vista italiano -l'aspetto più importante del problema giuliano sia quello relativo alla situazione interna della regione, nel senso che anche di fronte all'estero -opinioni pubbliche, governi, O.N.U. -un suo possibile slittamento a nostro sfavore potrebbe avere gravi ripercussioni.

Al riguardo il problema va esaminato da due punti di vista differenti: la Venezia Giulia e Roma, tenendo per fermo che Trieste si difende soprattutto con una intelligente e audace politica sociale.

Nella Venezia Giulia, da un lato abbiamo un compatto fronte slavo comunista, ferreamente inquadrato dall'U.A.I.S. e riccamente dotato non solo di mezzi materiali e finanziari, ma anche di uno Stato Maggiore formato da uomini capaci, decisi e soprattutto animati da una fede ardente negli ideali del comunismo. Dall'altro lato abbiamo un C.L.N.-privo del partito comunista ed indebolito dalle rivalità degli altri partiti -che cerca faticosamente, attraverso la sua recente riforma interna, di conquistare quel favore popolare che sempre o quasi gli è mancato; una Lega Nazionale, forte di 180 mila iscritti e desiderosa, attraverso una dichiarata azione culturale ed assistenziale, di arrivare praticamente ad un monopolio politico -al di sopra dei partiti -degli italiani della Venezia Giulia; nonché numerose altre organizzazioni minori, che, nell'attuale vicenda della regione, hanno tutte una più

o meno palese fisionomia politica.

Tutti questi enti italiani sono poi in gravi difficoltà per la mancanza di uomini politicamente vergini e preparati, capaci di superare le rivalità personali e di imprimere alla vita politica della regione quel mordente e quella attualità che l'eccezionale gravità della situazione richiederebbero.

Dato che gli italiani che si sono allontanati dal fronte nazionale sono da ricercarsi soprattutto fra gli operai -attratti nelle organizzazioni titine non solo con mezzi coercitivi o col timore dei medesimi, ma anche da un chiaro programma di rivendicazioni sociali -, io riterrei che l'azione politica italiana debba essere soprattutto intonata alla necessità di svolgere un programma sociale chiaro, sostanzioso e progressivo allo scopo di riportare nell'ovile patrio il proletariato giuliano, al quale dovrebbe essere opportunamente prospettata la convenienza che esso, nella particolare situazione che esisterà nel Territorio Libero, diventi l'avanguardia nell'ascesa sociale delle masse italiane, anziché fatalmente la retroguardia dei proletariati jugoslavi, per i quali molti problemi sociali ed economici esistono in funzione della particolare mistica nazionale dei popoli slavi.

È invero da tener sempre ben chiaro che la difesa della italianità di Trieste si può impostare soltanto sul terreno sociale: di questo se ne è resa conto la Jugoslavia di Tito che, attraverso alcuni slogan di particolare efficacia come «vogliamo i poteri popolari» ed ora «tutto il potere all'assemblea», è riuscita ad attrarre a sé non solo gli slavi, ma anche numerosi e compatti settori italiani, sui quali i tradizionali motivi di sapore nazionale se non nazionalista non fanno più alcuna presa.

Noi potremo riprendere quota tra tali masse soltanto attraverso una decisa politica sindacale e sociale, accentrata magari nella Camera del lavoro, e mirante, ad esempio, ad offrire una diretta partecipazione dei lavoratori alla gestione delle grandi aziende triestine ed alla realizzazione -su di un razionale piano progressista -della bonifica dell'agro monfalconese.

Soltanto di fronte ad una impostazione politica di questo genere, le masse giuliane potranno ritrovare -nella visione di una più alta ed operante giustizia la via per ritornare nel circuito democratico italiano e così avremmo a Trieste una ulteriore ed originale prova della vitalità del proletariato italiano ed impediremmo che -attraverso facili artifizi -Potenze straniere possano colà tenere sempre maturo e pronto il pomo della discordia tra l'Italia e la Jugoslavia.

Su queste basi potremmo affrontare con fiducia anche quella che, in un futuro non lontano, sarà la prova del fuoco: le elezioni. Ben poco servirebbe infatti la prevista preponderanza etnica degli italiani nel Territorio Libero, se molte migliaia di connazionali votassero in favore dei candidati proposti dall'U.A.I.S., i quali non è il caso di nascondercelo -si varrebbero della maggioranza all'assemblea per mettere il mondo a rumore e per finire così di ottenere praticamente la realizzazione di quei piani di annessione sostanziale alla Jugoslavia, che il compromesso francese del 3 ottobre ha faticosamente frustrati.

Per svolgere tale politica è però necessaria, oltre l'adesione dei minori partiti di sinistra, una franca e leale intesa, naturalmente soltanto tattica e contingente e in attesa dell'auspicata adesione dei comunisti, fra socialisti e democristiani, non fosse altro in considerazione del fatto che i mezzi materiali per realizzare il programma sopra tratteggiato proverrebbero fatalmente dal Governo italiano, nel quale socialisti e democristiani detengono per l'appunto le principali leve di comando.

L'intesa di cui sopra non sarà facile per un complesso di ragioni generali e locali, ideologiche e personali, ma non impossibile soprattutto ove ci si renda conto che essa è conditio sine qua non di successo: al riguardo le basi potrebbero essere ricercate in una adesione democristiana ad una politica sociale avanzata e nella rinuncia socialista a sollevare problemi di ordine ideologico non graditi all'altra parte.

Stabilita questa necessaria base di azione, si porrà il problema di trovare un uomo che, all'infuori dei partiti, nel C.L.N. e in collegamento con tutte le altre organizzazioni italiane possa rappresentare la continuità dell'azione e nel contempo il coordinamento delle varie iniziative: a giudizio dei principali esponenti politici giuliani e un tale uomo non potrebbe essere che un giuliano, non iscritto a nessun partito e dotato di un senso realistico delle possibilità esistenti fra le contrastanti concezioni «occidentale» e «orientale» del mondo, concezioni che a Trieste si incontrano e si scontrano con una immediatezza che forse non esiste in alcun'altra parte del mondo.

Questo programma di azione decisa e coordinata nella Venezia Giulia non potrà praticamente effettuarsi che se a Roma i problemi giuliani verranno affrontati e risolti con unicità di indirizzo. Di questa esigenza, da tempo e da molti sentita, è prova la Commissione interministeriale per la Venezia Giulia, in fase di avanzata gestazione, che dovrebbe essere presieduta dal sottosegretario alla Presidenza e composta dai suoi colleghi maggiormente interessati.

Questa Commissione dovrebbe essere l'unico organo accentratore e coordinatore ad avere-per realizzare le sue decisioni, per raccogliere informazioni e per mantenere contatti con la Venezia Giulia-un ufficio esecutivo formato da una Segreteria generale, affidato ad un alto magistrato o ad un alto funzionario, non giuliano questo (altrimenti sarebbe fatalmente coinvolto in cricche politiche o provinciali della regione, che a Roma hanno facile terreno di manovra) ma profondo ed appassionato conoscitore del problema, assistito da rappresentanti dei vari ministeri.

A mio giudizio, solo attraverso questo coordinamento locale e romano sarà possibile di affrontare razionalmente ed efficientemente i gravissimi problemi che nei prossimi mesi si porranno non solo nella Venezia Giulia, ma anche-a causa di essa -a Roma ed in tutto il Paese, e che più di ordine nazionale ed internazionale saranno di spiccato carattere sociale.

391

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A PARIGI

T.s.N.o.15317/843. Roma, 9 ottobre 1946, ore 19,45.

Tuo l 066 e conversazione telefonica susseguente 1•

Mie rimostranze a proposito di Gruber si riferiscono sua intervista Vienna, nella quale, secondo Tiroler Tageszeitung del 3 ottobre, avrebbe detto che frontiera zona autonoma corrisponderebbe alla frontiera del Sud Tirolo tedesco.

Situazione in Alto Adige, quale mi viene descritta da Innocenti2 , si è d'altra parte nuovamente intorbidita in seguito a quelle dichiarazioni, all'ordine del giorno del Parlamento austriaco, agli articoli della stampa, alle agitazioni del Volkspartei.

392

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 174211421. Vienna, 9 ottobre 1946, ore 23,45 (per. ore 14 del IO).

Ho fatto ieri a Gruber, alla vigilia sessione autunnale questo Parlamento comunicazione di cui al telegramma n. 1863 di codesto Ministero. Gruber ha insistito su difficoltà derivantigli da violenta opposizione comunista, che rendeva impossibile ad

l Vedi DD. 384 e 389. 2 Vedi D. 378. 3 Vedi D. 379.

altri partiti assumere atteggiamento meno nazionalista. Essenziale era, a suo dire, che questione fosse risolta nella tribuna, ed egli mi assicurava che partito popolare, con cui esponenti in Parlamento erasi lungamente intrattenuto, gli aveva dato suo appoggio al di là sue stesse previsioni. Stessa cosa riteneva di poter dire partito socialista. Occorreva ora che, sia in Austria che in Alto Adige, si verificasse distensione che permettesse di iniziare ulteriori trattative in atmosfera di completa serenità. Egli si sarebbe recato fine ottobre in America e questo viaggio avrebbe consentito di riprendere conversazioni nella forma da noi desiderata dopo pausa non inopportuna.

Al mio accenno ad intervista pubblicata da giornale Dolomiten, ministro Gruber ha affermato non aver presente dichiarazioni stesse che probabilmente non erano riproduzione esatta sue parole e suo pensiero. Desiderava tuttavia esprimere sua gratitudine al presidente De Gasperi per essersi astenuto da precisazione che avrebbe reso in quel momento sua situazione più imbarazzante.

393

IL CONTE SFORZA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

L. Roma, 9 ottobre 1946.

Con lettera dell9 settembre, all'indomani del mio ritorno d'America, ella volle informarmi che tutti i nostri agenti diplomatici le avevano segnalato che la mia missione aveva raggiunto «tutti gli obiettivi che ci siamo proposti» e che le mie parole avevano ovunque suscitato uno «spirito di latina fraternità intorno all'Italia» svegliando «molte possibilità di avvenire». È dover mio assicurarla che il merito mio fu infimo; il vero merito fu delle quattro o cinque generazioni di italiani che, dall'Argentina al Messico, si imposero come modelli di intelligente ed onesta operosità. È a questi uomini -i viventi e gli scomparsi -che si deve quel profondo indiscusso rispetto pel nome d'Italia che oggi ancora esiste colà, e che neppure il fascismo e la sua sciagurata guerra sono riusciti a scalfire. Del resto se, dai presidenti di Repubblica ai più modesti cittadini, tutti ovunque posero tanto eccezionale calore nelle accoglienze all'inviato straordinario della Repubblica italiana, ciò fu perché tenevano alla nostra risurrezione, non solo per simpatia, ma anche per oculato egoismo nazionale. Infatti, quando nei miei messaggi e discorsi io incitai in ogni capitale gli americani del sud a professare, accanto ai loro patriottismi nazionali, un nuovo e più largo patriottismo -quello della solidarietà latina -come il solo che permetterebbe loro un leale panamericanismo escludente ogni rischio di assorbimento nord-americano, io sentii che predicavo quasi sempre a dei convertiti. Anche in questo campo, minimo dunque il mio merito.

Itinerario dell'ambasceria. Secondo gli orari, giunto a Londra il 22 luglio, avrei dovuto ripartirne il dì seguente pel Brasile; ma ragioni atmosferiche avendo ritardato di tre giorni la mia partenza, parvemi, d'accordo coll'ambasciatore Carandini, che una visita ufficiale al Governo britannico era opportuna; il segretario di Stato Bevin essendo sofferente vidi il sottosegretario permanente Sargent; circa la nostra franca conversazione, la informai col mio telegramma da Londra, n. l, del 24 luglio 1; omisi di aggiungere in esso che, avendo anche ripetuto ad altri uomini pubblici inglesi certe severe osservazioni sulla miopia dello schema di trattato, questi mi dissero: «E perché non parlare di tutto ciò in pubblico a Londra?». Aderii, donde un cordiale invito del Royal Institute for lnternational Affairs a esprimermi di fronte ai suoi duemila membri con tutta franchezza al mio ritorno. La ripresa dei lavori dell'Assemblea costituente non mi ha permesso di mantenere ora la mia promessa, ma su rinnovata preghiera del Royal Institute parlerò là il 22 ottobre, tornando appositamente a Londra; ciò che dal punto di vista politico val la pena, nessun invito di tal genere essendo stato rivolto in Inghilterra a uomini politici italiani dal 1937 in poi; anche l'Università di Oxford mi ha chiesto un altro discorso; ho accettato e parlerò là il dì seguente. Per le onoranze eccezionali che nella mia persona si vollero tributare all'Italia, mi riferisco ai rapporti degli agenti diplomatici. Noterò qui solo -per stabilire la sfera della mia azione -che la mia prima sosta fu il Brasile e, date le circostanze diplomatiche attuali, era naturale fosse la prima e la più lunga. Una rotta obbligata mi portò di là a Montevideo dove fui ricevuto all'aereoporto da vari ministri; ma partii la sera stessa per Buenos Aires stimando che la mia seconda visita dovesse essere per l'Argentina dove i nostri interessi presenti e futuri sono ingentissimi. Al Governo uruguayano promisi una visita speciale alla mia partenza da Buenos Aires.

Aspetti diplomatici immediati della mia azione. In seguito a mie dirette richieste ai vari presidenti e ai loro ministri degli esteri, tutti i governi da me visitati hanno inviato urgenti telegrammi sia al Governo brasiliano, sia ai Tre in Parigi raccomandanti una più equa comprensione del punto di vista italiano, nell'interesse stesso degli Alleati. Fu a ragion veduta che inclusi sempre nei colloqui coi vari presidenti una dimostrazione di ciò che sarebbe il vero interesse degli Alleati. Tutti i governanti non solo approvarono ma me ne furono grati; perché così si facilitava il loro insistere a Parigi e nelle altre capitali; delle mie osservazioni in quel senso si servirono nei loro messaggi che più di una volta contribuii io stesso a redigere. Anche nei numerosi discorsi che pronunziai davanti a grandi folle, ciò che nelle mie parole poteva a taluni apparire perentoriamente severo per gli Alleati come troppo esclusivamente italiano, fu da me non dirò attenuato, ma compensato sempre con l'assicurazione che la Nazione italiana non vuole né nuovi rancori né nuovi odii; e che se essa è giustamente scontenta del trattato, non dimentica né l'eroica solitaria resistenza britannica nel 1940, né il successivo sovrumano sforzo degli Stati Uniti, né le ecatombe di Stalingrado, ché senza tutto ciò saremmo ora schiavi odiati e sprezzati del nazismo tedesco. Gli applausi generali di quelle folle, italofile com'erano, dovrebbero provare tra noi che l'Italia non ha niente da guadagnare collo straniare il suo caso da più generali posizioni europee.

Emigrazione. Mai una sola volta, né nelle mie conversazioni coi vari presidenti né con altri, io feci cenno pel primo dell'emigrazione. Furono sempre gli altri che vi portarono il discorso. Tutti ammisero lealmente e calorosamente che i loro Paesi

1 Vedi D. 58.

han bisogno estremo della nostra emigrazione; tutti ammisero che essa è la migliore di tutte. Ai miei interlocutori risposi che, contrariamente al fascismo, i governi democratici italiani saran sempre disposti a favorire la nostra emigrazione nell'America latina, ma a due condizioni essenziali: l) che la nostra gente non trovi mai il menomo ostacolo all'invio di rimesse alle famiglie; 2) che i governi o le compagnie che si creassero ad hoc offrano alle nostre emigrazioni non terre incolte o malsane -ciò che non è che un amaro sarcasmo, anche quando accade in Italia -ma terre irrigue e crediti sufficienti per presto trasformarle in piccole proprietà organizzate. Tutti i governi ammisero che tali condizioni eran più che naturali. Non ai governanti, ché ciò sarebbe stato prematuro, ma a personalità politiche e a dirigenti di enti finanziari che vennero a parlarmi di emigrazione, osservai, a titolo personale, che si potrebbe affrettare un flusso emigratorio garantente i vari interessi col creare delle Compagnie miste (italo-argentine, italo-peruviane, ecc.) con dirigenti e con capitali delle due Nazioni; tali Compagnie potrebbero più facilmente ottenere concessioni di terreni adatti e più facilmente potrebbero organizzare un invio simultaneo e proporzionato di agricoltori e di tecnici (compresi dei sanitari, dei sacerdoti, degli agronomi, ecc.); così si impianterebbero in modo felice fin dall'inizio le condizioni materiali e morali dei nuovi gruppi. Tali Compagnie -aggiunsi dovrebbero anticipare le spese iniziali di cui gli emigranti comincerebbero a effettuare il rimborso, con l'interesse, dopo qualche anno. Se ciò dissi fu perché ovunque i vari Governi mi formularono due domande diverse: l) emigranti agricoli, 2) tecnici e operai qualificati. Con la mia formula cercai di collegare i due desiderata pensando che la fusione servirebbe a mantenere più a lungo il carattere italiano dei nuovi gruppi. È bene notare che una delle ragioni per cui in America latina si preferisce l'emigrante italiano perfino allo spagnolo è perché quest'ultimo tende sempre a trasformarsi in commerciante; e laggiù, specie in Argentina, il commerciante emigrato da poco è considerato come un indesiderabile sfruttatore.

Relazioni economiche. Ovunque ho constatato un generale desiderio di vederle riallacciate al più presto con l'Italia. In certi luoghi l'arrivo di un piccolo piroscafo con carico misto (marmi, stoffe, prodotti artigianeschi, ecc.) è stato un avvenimento sentimentale superiore di molto al valor economico. Bisogna tener presenti certe condizioni speciali come in Argentina ove, per paradossale che sembri, è facile vendere, ma è difficile comperare. Sarebbe facile, ma accademico, formulare ora piani per lo sviluppo economico. Mi limito a segnalare una sola misura che ritengo necessaria e urgente; creare subito, sia pure per ora con una sola nave, una linea regolare fra Italia e America latina. Anche lenta, anche modesta, renderebbe servigi preziosi; più ancora, trasformerebbe la nostra posizione da potenziale in attuale.

Cultura italiana. Al Cile, al Brasile, al Perù, al Messico, in Argentina mi si chiese di parlare all'Università o nella principale Accademia. Dovunque i rettori mi espressero vivo desiderio di ricevere professori italiani e di organizzare scambi di studenti. Soprattutto nelle Facoltà di diritto si deplorò la mancanza di testi giuridici italiani. Infatti la tradizione giuridica sud-americana è esclusivamente italiana. Occorre fortificare le nostre situazioni letterarie e scientifiche laggiù; ma non credo utile la via scelta dalla Francia che ha iniziato ovunque la pubblicazione di dispendiose riviste in francese e spagnolo (o portoghese) e una pioggia di conferenzieri che non parlano che della Francia. Tutto ciò che sa troppo di propaganda è laggiù denaro gettato. Da parte nostra occorrerebbe organizzare scambi di professori e invii di libri, ma di libri che si comprino, che si regalino. Non si dà importanza che a ciò che si acquista. Ho memoriali di librai che passerò a editori italiani.

Collettività italiane. Nell'America del sud ingenue illusioni patriottiche e meno ingenue propagande lasciarono nelle nostre collettività molti sedimenti fascistici anche dopo il 1943. La divisione delle colonie in due gruppi non era senza inconvenienti. La situazione è ora a mio avviso migliore per una ragione in apparenza paradossale; perché affinità e rancori han finito per creare tre gruppi: antifascisti, ex-fascisti, repubblichini (o neofascisti che siano, non aventi niente in comune coi vecchi ingenui fascisti). I neofascisti, con la loro presenza, rendono ovunque più facile la riconciliazione fra antifascisti e ex-fascisti di buona fede. Gli ex-fascisti di buona fede non hanno alcun contatto con elementi analoghi in Italia. Non così i neofascisti; essi hanno stretti e segreti rapporti con i loro simili fra noi. Si tratta di elementi torbidi; ma anche fra essi non manca gente emotiva e male informata. Mi consta che ciò che ho detto in pubblici discorsi circa eroiche azioni e stoiche resistenze dei nostri partigiani li ha colpiti come una rivelazione. Non ne sapevano nulla. Il testo o il sunto dei miei numerosi discorsi alle collettività italiane le è certo stato inviato dalle nostre rappresentanze; ho dovunque ripetuto che il dovere di tutti gli italiani è di guardare avanti, non indietro, e di stringersi tutti insieme al letto della madre comune Italia, convalescente ma ancora ferita. Ovunque vidi sorgere commozione, adesione. Soltanto in una certa capitale un gruppo di antifascisti che per lunghi anni lottarono coraggiosamente contro il fascismo si oppose al mio appello. Risposi loro domandando soltanto: «Siete dunque dei "figli primigenii ", dei sansepolcristi? In questo caso, malgrado il ricordo che ho del vostro valore, non vi sarebbe nulla di comune tra noi». Capirono, ammisero.

Aiuti agli italiani sofferenti. Confesso che nei miei discorsi non tesi la mano, non elemosinai. Ma un accenno feci sempre al bene anche morale prodotto da invii di abiti, di zucchero, di farina ecc. Sempre accennai alla necessità di salvare tutti i nostri bambini dal pericolo della tubercolosi. Raccomando vivamente al Governo di inviare in America -intendo nelle due Americhe -un solenne appello per una forse ultima campagna invernale di aiuti; l'appello dovrebbe anche contenere un invito alla concordia di tutti per meglio raggiungere uno scopo si' sacro. In un mio discorso agli italiani di Buenos Aires dichiarai che avrei sollecitato la creazione di una onorificenza speciale per chi ha aiutato o aiuterebbe. È cosa che deve assolutamente farsi e al più presto. Mi son già giunte a centinaia lettere approvanti, reclamanti, sollecitanti. L'appello dovrebbe contenere l'annunzio dell'onorificienza, che parmi non dovrebbe avere che due gradi, il secondo eccezionale e raro per casi come quello dell'insigne itala-argentino che mi ha promesso una somma ingente se riesco a far sorgere in Italia un Istituto educativo di cui mi ha fissato gli scopi.

Voce discordante. A mia conoscenza non ve ne fu che una sola, quella del signor Vyshinsky che a Parigi in una riunione di Commissione alluse alla mia azione nell'America latina come «dubbia», ambigua. Il signor Vyshinsky dovette esser tratto in inganno da un articolo infarcito di contro-verità che il comunista triestino Vittorio Vidali pubblicò su un quotidiano comunista di Messico, e che l'ambasciata sovietica al Messico comunicò a Mosca senza previo sufficiente controllo. O il Vidali è un provocatore o non capì nulla del mio discorso. Se fosse stato un comunista intelligente avrebbe potuto capire che le mie dure critiche a Tito avevano per Mosca molta meno importanza delle mie categoriche parole contro i fautori di blocchi che, dissi, porterebbero fatalmente alla guerra con la Russia, con una conseguenza sola: la rovina finale della nostra civiltà. È curioso (non dirò sospetto) che l'articolo del Vidali conteneva verso di me gli identici insulti e le identiche insinuazioni -e spesso con le stesse parole -cui la stampa fascista mi ha abituato da anni. Non smentii ciò che il signor Vyshinsky aveva detto perché nel presente momento tali sorta di polemiche sono svisate da chi ha interesse a creare atmosfere di torbidi sospetti.

Osservazione finale. La sua lettera del 19 settembre, signor presidente, e le parole da lei pronunciate alla Camera il 25, alla fine della discussione sulla politica del Governo, costituiscono un sì benevolo apprezzamento dell'opera mia che non oserei far cenno del lato amministrativo della mia missione se non stimassi che all'amministrazione può essere utile di valersene di fronte a troppi sollecitatori indiscreti. È unicamente per questo che sarà bene qui ricordare che circa la missione offertami non posi che le tre condizioni seguenti: l) di non ricevere nessuna retribuzione, sotto nessuna forma; 2) che portassi meco un unico funzionario; 3) che questo funzionario si assumesse la responsabilità di tutte le spese del viaggio sul fondo fornito dal Ministero, imponendosi la più stretta economia anche perché entro certi limiti ritenevo che nelle condizioni nostre attuali l'economia non nuoceva ma giovava al nostro prestigio. Così è accaduto che questo funzionario, pur usando generosità quando usarla si doveva, ha potuto restituire al Ministero circa due terzi delJa somma preventiva per le spese vive. Prego il Ministero degli esteri di prendere anche atto che non è solo per la oculata economia dei denari dello Stato, che io sono stato pienamente soddisfatto di aver avuto a collaboratore il console Guido Colonna, ma anche per la sua seria conoscenza dei problemi diplomatici che dovevo a volte chiarire (confini, riparazioni, ecc.), pel suo tatto, per la sua naturale dignità, e per la simpatia che seppe creare intorno a sé nelle varie capitali.

394

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 1747111074. Washington, 10 ottobre 1946, ore 6,45 (per. ore 13,30 dell'll).

Mio telegramma per corriere 0263 1 .

Al Dipàrtimento di Stato mi si è di nuovo domandato insistentemente se avessi indicazioni circa intenzione Governo per firma accordo revisione armistizio ed allegato protocollo sugli affari civili. A tale ultimo riguardo mi è stato fatto presente che autorità militari americane in Italia avrebbero chiesto, senza attenerle, informazioni circa ammontare spese ferroviarie per loro trasporto nonché notizie su altre loro spese da rimborsare al Governo italiano. Mi è stato molto rilevato che

l Vedi D. 188.

Dipartimento della guerra non riterrebbe di poter ancora a lungo lasciare inutilizzati fondi stanziati in suo bilancio per pagamenti da effettuare a partire da Io luglio

u.s. in base accennato accordo per gli affari civili. Ove quindi attuale stato di incertezza si prolungasse, si incorrerebbe serio rischio, secondo Dipartimento, di perdere crediti maturati mesi scorsi, che potrebbero essere stornati ad altri usi. Sarei grato voler possibilmente telegrafarmi elementi per dare una risposta al Dipartimento, il quale mostra di ritenere che nostro atteggiamento nella questione sia dovuto a vive critiche provocate da schema accordo inglese per affari civili 1•

395

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, AL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI

T. 12362/115. Roma, 10 ottobre 1946, ore 16.

Suo 188 2 .

Nostra iniziativa tende in sostanza ad inserire anche i neutri, sia pure soltanto idealmente, senza risultati pratici immediati, nella faticosa costruzione della nuova Europa. Appunto perché rimasti fuori dalla mischia, essi sembrano i meglio qualificati ad interpretare le generali esigenze europee di effettiva e sollecita pacificazione del mondo, che le soluzioni elaborate a Parigi contrastano pericolosamente. Non dunque azione a favore di determinati Paesi, ma, piuttosto, a favore di soluzioni europee.

Ringrazi comunque per comprensione dimostratale.

396

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. 17444/254. Praga, 10 ottobre 1946, ore 20,30 (per. ore 3,20 del/'11 ).

Mio telegramma 253 3 e rapporto 2089/1258 7 corrente4 . Masaryk, che ritornato avantieri da Parigi partirà per America domani, mi ha ricevuto stamane e confermato assicurazione Heidrich. Ha dichiarato che ieri Consiglio dei ministri ha deliberato nomina Commissione che sarà presieduta Fierlinger per immediato esame situazione singoli beni Alleati e

l Per la risposta vedi D. 453. 2 Vedi D. 126. 3 Vedi D. 385. 4 Non pubblicato.

italiani confiscati o passibili confisca, nonché per progetto soluzione che rimane sottratto Comitati liberazione locali. Saranno poi istituite Commissioni miste per ogni Paese scopo discutere soluzioni progettate come sopra e accordarsi. All'Italia verrebbe così garantito trattamento identico America Inghilterra Svizzera e contemporaneità procedura. A mia domanda, Masaryk ha assicurato che previsti accordi restano sottratti revisione riforma agraria proposta da Ministero dell'Agricoltura e delle foreste e segnalata con telespresso 210711276 in data odierna'.

397

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 17538/0148. Parigi, IO ottobre 1946 (per. il 12).

Per opportuna norma di codesto ministero riassumo prossimi sviluppi discussioni trattati pace quali è possibile desumere da ultimi elementi giudizio:

l) Chiusura Conferenza stabilita per giorno 15. Rimarrebbe in funzione a Parigi solo un Ufficio stralcio del Segretariato, un piccolo nucleo del quale seguirà i Quattro Grandi a New Y ork assieme ai supplenti, in relazione stesura definitiva dei trattati.

2) Molotov già prenotata partenza su «Queen Mary» 16 corrente per New York. Byrnes ha annunciato che raggiungerà Stati Uniti in aereo immediatamente dopo chiusura Conferenza. Se quindi potrà ancora esservi qualche riunione tra ministri esteri dei Quattro prima dello scioglimento della Conferenza stessa, sembra tuttavia da escludersi che possa essere affrontata tra i medesimi, ancora a Parigi, alcuna delle questioni più serie tuttora sul tappeto.

3) Rimane stabilito che prossima sessione O.N.U. avrà inizio 23 ottobre. Teoricamente Consiglio ministri esteri dovrebbe aver luogo parallelamente e non successivamente. È presumibile tuttavia che agenda lavori O.N.U., almeno durante prime due settimane, non lasci ai Quattro sufficiente margine tempo per dedicarsi specifiche questioni di loro competenza. Si ritiene pertanto che di fatto Consiglio ministri esteri abborderà propri compiti verso 3 novembre.

4) Tali compiti, secondo quanto sinora stabilito, consistono anzitutto in redazione testi definitivi vari trattati, in secondo luogo esame questione Germania. Per quanto concerne il trattato di pace Italia è stato inoltre stabilito, nella riunione del 3 corrente, che prima di procedere discussione definitiva su statuto Trieste si dia possibilità a rappresentanti sia della Jugoslavia che dell'Italia di esporre rispettivi punti di vista. Secondo previsioni che si possono oggi fare, rappresentante italiano sarà chiamato a parlare tra 10-15 novembre.

l Non pubblicato.

398

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI

APPUNTO 3/1005. Roma, IO ottobre 1946.

Ho sottoposto al capo provvisorio dello Stato la questione relativa alle modifiche da apportare ad alcuni articoli del Trattato del Laterano e del Concordato 1• Sta bene per l'art. 12, per cui è stata ier l'altro inviata dal ministero una nota all'ambasciata presso la Santa Sede.

Per l'articolo 21 (Trattato), il capo dello Stato propone la seguente alternativa:

o che sia inserita nel testo la parola «stranieri» (principi del sangue), o che si trasmetta alla Santa Sede una nota di carattere esplicativo nello stesso senso.

Per l'articolo 15 (Concordato), proporre che sieno apportate le seguenti modifiche: 1° capoverso: «sieno chieste dalla Repubblica»; 2° capoverso: sostituire alle parole «S.M. il Re d'Italia», le parole «il Capo della Repubblica».

Per l'articolo 42 (titoli nobiliari), si provvederà di fatto con decreti del capo dello Stato anziché con decreti reali.

399

L'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUDAPEST, ASSETTATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 163/37. Budapest, IO ottobre 1946 (per. il 4 novembre).

Mio telegramma n. 27 del 2 ottobre corr. 2 .

Come ho riferito nel mio citato telegramma, in data 1° ottobre ho dato, verbalmente e con nota scritta, comunicazione a questo Ministero degli esteri del telegramma, col quale il presidente De Gasperi, in risposta al dispaccio pervenutogli dal presidente Nagy, partecipava l'intendimento del Governo italiano di riprendere le relazioni ufficiali con l'Ungheria.

Di tale comunicazione mi è stato dato atto con nota scritta di risposta, nella quale viene precisato che, in seguito all'intesa raggiunta fra i due Governi, le relazioni diplomatiche normali tra l'Italia e l'Ungheria sono ristabilite a partire dal lo ottobre, data alla quale sono state in conseguenza riaperte rispettivamente le legazioni a Roma e a Budapest. Un breve comunicato ufficiale è stato in argomento diramato del seguente tenore: «Per effetto di uno scambio di telegrammi fra i Governi italiano ed ungherese, i due Stati hanno ripreso, a partire dal l o ottobre le relazioni diplomatiche. Di conseguenza le rispettive missioni già esistenti nei due

l Vedi D. 343. 2 Non pubblicato: dava notizia dell'avvenuto ristabilimento delle relazioni diplomatiche con l'Ungheria.

Stati si sono trasformate in legazioni. La legazione d'Italia in Budapest è diretta dall'incaricato d'affari Augusto Assettati». Questo comunicato è stato trasmesso dalla radio ed è stato riprodotto con notevole risalto di titoli e di presentazione tipografica indistintamente da tutti i quotidiani, alcuni dei quali hanno anche riprodotto il testo del telegramma del presidente De Gasperi 1 .

Neppure l'ombra peraltro di commento in alcun giornale; unica forma di interessamento della stampa in tale circostanza è consistita in alcune interviste che mi sono state chieste e che ho concesso, nelle quali mi ha particolarmente colpito l'assoluta ignoranza da parte dei giornalisti ungheresi dell'attuale situazione politica italiana (a parte beninteso le questioni oggetto di discussione della Conferenza di Parigi, per le quali, come già riferito, vengono riportate informazioni e qualche raro commento di agenzie straniere) e delle vicende del nostro Paese dall'armistizio in poi. Tale comportamento della stampa in occasione del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, appare rispondente ad un generale atteggiamento che, nei confronti dell'Italia, ho potuto constatare in queste settimane di mia permanenza a Budapest. Vigilante, piuttosto fredda riserva unita d'altra parte a manifestazioni di cortesia da parte degli elementi praticamente dominanti del Paese, cioè quelli di estrema sinistra; simpatie ed interessamento, che peraltro non osano troppo apertamente manifestarsi, da parte degli altri elementi politici che, pur rappresentando una assai larga maggioranza del Paese, non hanno assolutamente un peso politico rispondente alla loro entità numerica. Gli argomenti ampiamente e con calore trattati da quasi tutte le persone con cui ho avuto occasione di intrattenermi dei rapporti italo-ungheresi, sono quelli della ripresa delle relazioni culturali e di quelle commerciali.

Quotidianamente ricevo infatti in legazione moltissime richieste di visti d'ingresso in Italia da parte di uomini d'affari e di studiosi che vorrebbero al più presto recarsi nel nostro Paese che, fatta astrazione della politica, argomento qui assai delicato da toccare, continua ad esercitare una fortissima attrazione per gli ungheresi.

A parte la naturale «prudenza» nel parlare di un riavvicinamento a un Paese che, come l'Italia, è qui generalmente considerato come orientato verso le Potenze anglo-sassoni, la evidente minimizzazione del ristabilimento delle relazioni italoungheresi è stata indubbiamente voluta; ed ho ragione di ritenere che da tale minimizzazione non sia anche estranea la preoccupazione di non dispiacere troppo agli jugoslavi, i quali avrebbero già manifestato del disappunto di fronte alla rapida attuazione del ristabilimento delle relazioni con l'Italia che ha coinciso, in ordine di tempo, con la decisione intervenuta (vedi mio rapporto n. 126/30 del 3 ottobre) 2 , ma non ancora praticamente effettuata della ripresa delle relazioni ungaro-jugoslave.

Successivamente al ristabilimento ufficiale delle relazioni, ho potuto iniziare i miei contatti con personalità ungheresi e con i capi delle missioni diplomatiche, qui accreditati.

l Il testo del messaggio di De Gasperi a Nagy (T. 14884!9 del 30 settembre) era il seguente: «Ho l'onore di comunicare a V.E. che è desiderio vivissimo anche del Governo italiano di riprendere le relazioni diplomatiche con il vostro Paese. Sarò lieto di ricevere il signor Almos Papp quale incaricato d'affari ad interim della legazione d'Ungheria in Italia. A mia volta nomino il nob. Augusto Assettati incaricato d'affari ad interim della legazione d'Italia in Ungheria».

2 Non pubblicato.

Tali contatti precedentemente, nella mia qualità di capo della missione rimpatri, mi erano estremamente difficili ed apparivano scarsamente opportuni; data una certa diffidenza qui creatasi verso le numerose missioni de facto di vari Paesi che, spesso tra loro in contrasto ed ufficialmente ignorate, continuano qui a sussistere e, in particolare, verso quelle molteplici italiane, che sotto diverse denominazioni e con non ben definite e a volte neppur troppo chiare attribuzioni, hanno preceduto il mio arrivo in Ungheria. Su ciò e sui contatti che sto prendendo riferirò con appositi rapporti 1 .

400

L'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUDAPEST, ASSETTATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

TELESPR. 176/39. Budapest, 10 ottobre 1946 (per. il 4 novembre).

Mio telespresso n. 163/37 del IO ottobre2• A seguito dell'avvenuto ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra l'Italia e l'Ungheria sono stato ricevuto in udienza dal presidente della Republica Zoltàn Tildy. Egli, come noto, è il primo presidente della Repubblica ungherese, eletto nel marzo di quest'anno; origina da una famiglia di modesti agricoltori, era pastore protestante e, dopo l'esodo dei tedeschi, era stato eletto capo del partito dei piccoli proprietari, sostituito poi in tale carica, dopo l'elezione presidenziale, dall'attuale primo ministro Nagy. Buon oratore, uno dei dirigenti del partito sin dalla sua fondazione (dopo la prima guerra mondiale) noto per le sue idee politiche sinceramente democratiche, non estremiste, gode di notevole popolarità e simpatie in ogni campo. Il presidente mi ha ricevuto nella sua nuova residenza a Pest (a fianco dell'edificio distrutto della nostra legazione) e mi ha intrattenuto per circa mezz'ora; mi ha dichiarato con molto calore la sua sincera soddisfazione per l'avvenuto ristabilimento delle relazioni tra i nostri due Paesi, rispondente ad un vivo desiderio del popolo ungherese, che si sente unito a quello italiano da saldi e tradizionali vincoli di amicizia che prescindono dagli sviluppi di eventi politici. Soffermandosi sulla funzione storica della civiltà e della cultura italiana, mi ha espresso il suo vivo desiderio che particolarmente le relazioni culturali fra i nostri Paesi riprendano al più presto e nella maniera più ampia; avendogli io accennato che in questo senso era stato già preparato da questa legazione e dagli organi tecnici ungheresi un piano d'azione da sottoporre all'approvazione dei due Governi, egli si è di ciò vivamente compiaciuto, mi ha promesso tutto il suo appoggio e mi ha pregato di tenerlo anche personalmente informato. Nella conversazione che ha avuto luogo, come in genere qui avviene con quasi tutte le personalità di governo, a mezzo d'interprete, ha evitato di abbordare soggetti di natura politica.

l Vedi DD. 400 e 443. 2 Vedi D. 399.

Sono stato poi anche ricevuto in udienza, nel palazzo del Parlamento, dal

primo ministro Ferenc Nagy. Questi è anche attualmente capo del Partito dei piccoli

proprietari, il partito, come noto, numericamente più forte, avendo riportato alle

ultime elezioni dell'ottobre 1945, il 57% dei voti ed avendo al Parlamento 220

rappresentanti sui 398 di cui si compone l'attuale Camera dei deputati.

Il presidente Nagy è figura di primo piano nella vita politica ungherese, oltre che per la carica che riveste, anche per la sua spiccata personalità; di modeste origini (suo padre è contadino, proprietario di un piccolo appezzamento di terra), ha frequentato solo le scuole elementari, autodidatta, di vivace intelligenza, brillante oratore e abile manovriero in politica, si vale molto dell'intima collaborazione del sacerdote cattolico Stefano Balogh, sottosegretario alla Presidenza, il quale è considerato come l'eminenza grigia del partito. Nagy era deputato al Parlamento sin dal 1930 e, sotto il passato regime, è stato un tenace oppositore della politica dei precedenti governi. Attualmente è capo di un Governo di coalizione formato da otto membri del partito dei piccoli proprietari, quattro socialisti, quattro comunisti ed uno del partito nazionale dei contadini.

Il primo ministro mi ha trattenuto in lungo e cordiale colloquio, nel quale, dopo avermi dichiarato la sua viva soddisfazione per il ristabilimento delle relazioni italo-ungheresi, si è particolarmente soffermato ad illustrarmi, devo dire con un nero pessimismo, non scevro forse anche da qualche lieve esagerazione, la situazione dell'Ungheria, che, a suo dire, alla Conferenza di Parigi sta avendo il peggior trattamento. Mi ha parlato della protesta di Gyongyosi per il fatto che la delegazione ungherese non sia stata neppure ascoltata a Parigi in argomento delle riparazioni assolutamente disastrose per l'economia ungherese e mi ha aggiunto il suo pessimismo sull'esito di tale protesta. A questo riguardo mi ha detto anche che avrebbe pronunciato un forte discorso domenica 13, in occasione di una importante manifestazione di carattere economico che avrà luogo a Tokai con la partecipazione di numerose delegazioni straniere. Il presidente, parlando dell'immenso lavoro di ricostruzione da compiere, mi ha accennato che a tutte le altre difficoltà per il Governo si aggiunge anche quella derivante dalla sua struttura, cioè il governo di coalizione di vari partiti. E tale composizione -egli ha aggiunto -non potrà mutare neppure dopo la conclusione della pace. Anche per quanto concerne la ripresa di scambi commerciali con l'Italia che pur rappresenterebbero un fattore assai importante per l'economia ungherese egli non ha mostrato un eccessivo ottimismo in quanto vede purtroppo scarse possibilità di esportazioni ungheresi come contropartita di importazioni dall'Italia. Come ho sopra accennato, in tutta la conversazione ho rilevato da parte del presidente un molto accentuato ed aperto pessimismo, il che non mi ha d'altra parte meravigliato, non solo tenuto conto di quella che appare essere in realtà la situazione attuale dell'Ungheria, ma anche in quanto tale nota di pessimismo corrisponde a quello che è il tono costantemente sin qui tenuto dalla stampa del partito dei piccoli proprietari.

Nagy ha concluso la nostra conversazione, che si è svolta con interprete, non parlando egli alcun'altra lingua all'infuori dell'ungherese, manifestandomi il suo desiderio di avere frequenti contatti personali con me e rinnovandomi il suo vivo compiacimento per il ristabilimento delle relazioni tra i nostri due Paesi.

401

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI,

AL MINISTRO A PRAGA, TACOLI

T. 15385/142. Roma, 11 ottobre 1946, ore 17.

Nuovo progetto aide mémoire allegato suo rapporto n. 200111202 del 21 settembre 1 col quale V.S. ha apportato modifiche ed integrazioni al testo del 12 agosto è da considerarsi soddisfacente. V.S. vorrà quindi continuare azione intesa ottenerne accoglimento almeno parziale migliorando perciò per quanto possibile testo cecoslovacco 12 agosto.

Per quanto concerne applicazione art. 69 concordiamo che nostra azione deve essere diretta ad ottenere:

a) elencazione pretese cecoslovacche limitate saldo debito commerciale 1939;

b) per indennizzo, eventualmente risultante, impiego beni sequestrati per decreti politici secondo stima da farsi comune accordo;

c) condotta contraria interessi Repubblica dovrà essere effettivamente provata e possibilmente giudicata tale da codesto Governo e da codesta legazione secondo esame da farsi caso per caso.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

TELESPR. 4532/834. Vienna, 11 ottobre 1946 (per. il 24).

Il ministro Gruber ha fatto, il 2 corrente ad una conferenza stampa, alcune dichiarazioni sull'attività svolta a Parigi dalla delegazione austriaca.

L'esposizione del dott. Gruber è stata dedicata in massima parte all'accordo italo-austriaco per l'Alto Adige. Il ministro degli esteri austriaco ha soprattutto sottolineato la impossibilità per l'Austria di promuovere in seno alla Conferenza di Parigi un vero e proprio mutamento delle clausole di pace previste per il trattato con l'Italia in favore dell'Alto Adige, senza entrare in rapporti diretti con il Governo italiano. Il dott. Gruber ha poi ribadito la piena accettazione degli accordi da parte degli alto-atesini di lingua tedesca rappresentati a Parigi da una propria delegazione ed ha smentito che le trattative che hanno condotto all'accordo si siano svolte segretamente.

l Non pubblicato, ma vedi D. 249.

Al termine delle dichiarazioni sull'Alto Adige, il dott. Gruber ha parlato della politica estera generale dell'Austria, affermando che il compito principale che il Governo austriaco si pone è quello del raggiungimento di una piena libertà politica e di un sollecito trattato di pace. Il ministro degli esteri ha inoltre ripetuto che il Governo austriaco desidera mantenere i migliori rapporti di carattere politico ed economico con tutti gli Stati limitrofi.

Si trasmettono in allegato alcuni ritagli dei giornali viennesi Wiener Zeitung, Weltpresse e Neues Oesterreich del 3 ottobre u.s., che riportano le parti più interessanti di tali dichiarazioni 1•

403

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA

T. 15460-15461/202-203. Roma, 12 ottobre 1946, ore 232 .

Suo 421 3 .

Sta bene spiegazioni datele da Gruber. Ma è bene egli ricordi che anche da parte mia ho difficoltà non lievi e che recenti manifestazioni verbali e scritte austriache, non solo mi creano imbarazzi alla Camera ma, soprattutto, suscitano in Alto Adige agitazioni artificiose che non giovano a nessuno. Insistenza su inalterabili diritti austriaci sulla regione e cose del genere oltrepassano poi ogni ragionevole limite e minacciano svuotare nostro accordo di quel contenuto di amichevole conciliazione e di cordiale collaborazione che tutta opinione internazionale gli ha dato e che era ed è vivo nel mio spirito come certamente in quello di Gruber. Atmosfera in Alto Adige, se vorremo ad un certo momento passare all'applicazione degli accordi, deve essere dunque chiarita e ciascuno posto onestamente di fronte alla realtà, che è del resto perfettamente amichevole. Spero molto che Governo austriaco vorrà agire in questo senso.

Commissione esteri Costituente ha ieri discusso accordo itala-austriaco, che sarà sottoposto fra qualche giorno all'Assemblea plenaria. Ne ho personalmente illustrato i termini e la portata, soprattutto per quanto riguarda il quadro entro il quale dovrà concretarsi l'esercizio dei poteri autonomi, quadro che sarà elaborato

, a suo tempo anche -ripeto anche -in consultazione con i gruppi etnici, e il reale significato dell'inclusione dell'accordo nel trattato di pace. È bene ella sappia che questi sono soprattutto i punti che hanno formato oggetto di discussione da parte Assemblea e sui quali ella deve mantenere in ogni suo contatto atteggiamento univoco: i limiti territoriali dell'autonomia saranno cioè

I Non pubblicati. 2 De Gasperi inviò queste istruzioni con due distinti telegrammi il secondo dei quali partì il 13

ottobre alle ore 2. 3 Vedi D. 392.

da concretarsi entro quel quadro che concili esigenze italiane con reale spirito con cui l'accordo è stato stipulato e presa atto contenuta nel trattato deve intendersi come mero riconoscimento che, con l'accordo diretto fra i due Stati, questione può considerarsi internazionalmente conclusa, ciò che evidentemente preclude eventuale intervento nella questione di Potenze diverse dalle contraenti 1•

404

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, FORNARI

T. 15498/318. Roma, 13 ottobre 1946, ore 3.

Suo 3692 .

Impressioni del giornale Nacion non corrispondono alla realtà. Il trattato di pace è durissimo. Nessuno dei settanta emendamenti presentati da parte nostra è stato approvato. Spaak, in uno dei migliori discorsi pronunciati alla Conferenza, ne ha sottolineato in modo convincente carattere punitivo. Esso non corrisponde dunque né alle promesse fatteci né ai sacrifici compiuti. Di fronte alle mutilazioni territoriali, alla cancellazione di ogni capacità difensiva, all'incertissimo avvenire delle colonie, ai carichi finanziari enormi, meraviglia che un giornale amico come la Nacion possa esprimere parere diverso. Trovi modo di farlo sapere alla direzione, attirando a titolo indicativo ed esemplificativo sua attenzione su articolo 69 trattato pace che pone alla mercé di chicchessia beni italiani all'estero, minaccia cioè di distruggere integralmente nostra attrezzatura economica e commerciale d'oltre confine.

405

L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, MCKENDREE KEY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. Roma, 14 ottobre 1946.

On instructions of the Secretary of State I have the honour to deliver to you personally the following message from him.

1 Per la risposta vedi D. 427.

2 Con T. 17461/369 del IO ottobre Fornari aveva riferito che nell'editoriale della Nacion si considerava il trattato di pace con l'Italia «non eccessivamente duro nonostante eccessivo rigore alcune parti quali rinunzia colonie e riparazioni».

«When you were in Paris in August you discussed with me the question of the

American Government paying the ltalian Government for the lire which it furnished

to the American Army for the purchase of supplies in ltaly.

I am now happy to inform you that after having examined carefully into this

question the United States Government has decided to reimburse the Italian Govern

ment for the lire so furnished to the American Army. Arrangements are being made to

transfer immediately fifty million dollars to the Italian Government on account and as

soon as the accounts can be processed such additional payments will be made as are

found due. It is the view of the American Government that the ltalian Government as

a co-belligerent with the United Nations is entitled to such reimbursement.

The American people are deeply conscious of the contribution that Italy and her sons and daughters have, from the very beginning of our history, made to American life, and they wish to see the traditional ties that have bound together the peace-loving peoples of our two Republics renewed and strengthened. The American people are happy to recognize the part that the Italian people have taken in liberating their country from the yoke of fascist tyranny and reestablishing a democratic government worthy of their finest traditions» 1•

406

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 18439/0291. Washington, 15 ottobre 1946 (per. il 26).

In un lungo colloquio avuto il 9 corrente con La Guardia, gli ho prospettato la situazione che verrà a determinarsi per l'Italia con la cessazione degli aiuti dell'U.N.R.R.A. e gli ho chiesto di appoggiare l'azione che questa ambasciata va da tempo svolgendo presso le competenti autorità americane onde ottenere che si trovi modo di alleviare le difficoltà connesse con l'importazione di generi essenziali nel prossimo anno. La Guardia mi ha detto che era perfettamente consapevole della gravità di tale situazione e che era stato egli stesso a farsi promotore all'ultimo Consiglio a Ginevra dell'U.N.R.R.A. della nota «risoluzione» n. 100. In sostanza, la questione degli aiuti post U.N.R.R.A. ai Paesi bisognosi era stata deferita all'esame dell'Assemblea delle Nazioni Unite. Al riguardo, ha aggiunto che, rendendosi conto delle inevitabili lentezze di procedura, dato che il problema avrebbe certamente dovuto essere esaminato poi da una apposita commissione nominata dall'Assemblea, egli aveva chiesto ed ottenuto che, prima ancora che tale commissione fosse costituita, il Consiglio economico e sociale facesse preparare un rapporto sulla base dei lavori della futura commissione delle Nazioni Unite.

1 Ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. V, The British Commonwealth; Western and Centrai Europe, Washington, United States Government Printing Office, 1969, p. 937. Per la risposta vedi D. 409.

Riferendosi a indiscrezioni giornalistiche, secondo le quali La Guardia aveva dichiarato qualche giorno prima in una conferenza stampa che in merito agli aiuti post U.N.R.R.A. egli aveva in corso di elaborazione un suo progetto, gli ho chiesto se poteva anticiparmi qualche informazione.

La Guardia mi ha confermato che in realtà egli stava studiando un nuovo sistema che permettesse di alleviare le difficoltà per l'importazione di generi essenziali in alcuni Paesi. Ha premesso che, a suo convinto giudizio, tale sistema avrebbe dovuto essere creato sotto l'egida di un organismo internazionale, probabilmente dipendente dalle Nazioni Unite, come la F.A.O.

Ha aggiunto di non essere favorevole ad una soluzione secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero dovuto provvedere, ad esempio, aiuti diretti all'Italia e all' Austria, e la Gran Bretagna alla Grecia, perché ciò avrebbe indubbiamente originato la devoluzione di analoghi aiuti da parte della Russia alla Polonia acutizzando il consolidamento di zone d'influenza da parte delle grandi Potenze che tanto turbamento già crea. Egli non credeva alla minaccia e all'imminenza di nuova guerra tra il blocco occidentale e quello orientale ma era anche convinto che si dovesse fare ogni sforzo per dissipare i motivi di sospetto e di diffidenza che inaspriscono l'atmosfera internazionale.

La Guardia mi ha specificato che egli intendeva proporre una specie di «clearing» di scambi pluri-laterali di generi alimentari di ampia partecipazione di Nazioni abbienti e non abbienti, che comportasse però per le prime l'onere di far fronte al deficit che si sarebbe manifestato per le Nazioni meno abbienti, con delle elargizioni da porsi in un fondo generale: secondo lui un capitale di esercizio di trecento milioni di dollari potrebbe essere sufficiente, dato che il sistema dovrebbe funzionare fondamentalmente sul baratto. Ha del resto ammesso che il suo progetto era allo stato embrionale ma contava di perfezionarlo sollecitamente e di farne oggetto di dichiarazioni alla prima riunione delle Nazioni Unite.

Ho chiesto a La Guardia se non gli sembrasse che, oltre tutto, un sistema del genere avrebbe comportato un notevole sforzo organizzativo e di conseguenza lentezze nella esecuzione. La Guardia lo ha riconosciuto ma ha ribadito che era sua intenzione di richiedere che la prosecuzione degli aiuti dell'U.N.R.R.A. avvenisse ancora sotto l'egida internazionale.

Date le complicazioni che l'attuazione di un progetto del genere comporterebbe, ho ritenuto opportuno informarmi direttamente presso gli uffici competenti del Dipartimento di Stato se il Governo americano avrebbe aderito all'eventuale proposta di La Guardia. Malgrado il riserbo che tuttora circonda lo studio della questione di concessione di aiuti ai Paesi U.N.R.R.A. dopo la cessazione di tale organizzazione, mi è stato fatto presente che le intenzioni dell'amministrazione americana permanevano come da tempo abbozzate, nel senso cioè che si pensava di richiedere al Congresso di autorizzare uno stanziamento per provvedere a concessioni finanziarie all'Italia ... 1 essenziali. Mi è stato anche fatto presente al riguardo che era difficile prevedere la reazione del Congresso a progetti del genere, tanto più in vista dei prevedibili mutamenti nella composizione della Camera dei Rappresentanti e del Senato con le nuove elezioni.

1 Nell'originale del telegramma manca una riga.

Comunque, gli uffici americani, che continuano a studiare la questione, mi hanno confermato che in realtà il Consiglio economico sociale ha già dato incarico ad una commissione di cui fa parte il delegato americano di procedere ad uno studio delle necessità nel 1947 dei Paesi U.N.R.R.A. più bisognosi.

407

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

T. PER CORRIERE 18440/0292. Washington, 15 ottobre 1946 (per. il 26).

Telegramma ministeriale n. 699 1• Come già riferito a parte mi è ieri pervenuta dalla Direzione della Banca e del Fondo Internazionale la comunicazione ufficiale delle deliberazioni adottate per la nostra ammissione ai predetti Istituti Internazionali di Bretton Woods. Di conseguenza, in relazione alle istruzioni di cui al telegramma surriferito, mi sono recato oggi dal segretario del tesoro Snyder per esprimergli ufficialmente, a nome del Governo italiano, i ringraziamenti per l'efficace appoggio dato dagli Stati Uniti, e da lui personalmente, alla predetta nostra ammissione. Il sig. Snyder ha mostrato di apprezzare vivamente la comunicazione ed ha tenuto a dichiararmi ripetutamente che la ferma azione svolta dall'America era stata determinata dalla precisa intenzione del Governo statunitense di favorire l'Italia nel suo processo di ricostruzione. Egli confidava che, trovandosi ora l'Italia su piede di piena parità con altre nazioni nella più importante organizzazione internazionale economico-finanziaria, le sarebbe stato possibile guardare al futuro con maggiore serenità, consolidare e sviluppare un sano ordinamento democratico ed adottare principi tendenti a favorire una graduale ripresa economica generale. Ho approfittato di tale allusione del segretario del tesoro per fargli presente che l'Italia in questi ultimi mesi, nei quali lo sviluppo del movimento di esportazione era stato estremamente promettente, aveva già dimostrato di avere in sé possibilità di ricupero e di ripresa. Gli ho però aggiunto che pur rendendomi conto dell'importanza dell'ammissione negli Istituti di Bretton Woods, gli effetti pratici di tale partecipazione non avrebbero potuto essere sentiti che tra qualche tempo, mentre incombeva per l'Italia un grave immediato problema di finanziamento per l'acquisto delle necessarie materie prime e di altri prodotti essenziali. Ho pertanto pregato vivamente il sig. Snyder di considerare tale particolare aspetto della situazione italiana e gli ho ricordato il tanto atteso prestito della Export-Import Bank. Snyder ha promesso il suo interessamento.

1 Non pubblicato: conteneva le istruzioni di De Gas peri indicate più avanti.

408

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

T. 15632/867. Roma, 16 ottobre 1946, ore 12,30.

Rappresentanza italiana Vienna segnala che alto-atesini, optanti per Germania e che a suo tempo si trasferirono in territorio tedesco, premono oggi in gran numero per riaffluire immediatamente in Alto Adige senza attendere emanazione legge revisione opzioni ed esito procedura che in detta legge sarà stabilita.

Predetta rappresentanza ha espresso preoccupazione che Autorità francesi di occupazione del Tirolo facilitino questo disordinato ed incontrollato rimpatrio con la concessione di lasciapassare previsti da accordi a suo tempo intercorsi fra di esse e Prefettura Bolzano. È quindi necessario richiamare urgentemente su tale questione attenzione autorità francesi suddette ricordando loro che Iasciapassare debbono essere esclusivamente riservati ad abitanti di frontiera e per interessi chiaramente commerciali.

Pregola urgentemente provvedere in tale senso presso codesto Governo; per mia parte ne ho già intrattenuto questa ambasciata di Francia 1 .

409

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BYRNES

L. 3/1024. Roma, 16 ottobre 1946.

La ringrazio della lettera cordiale 2 con la quale ella mi annuncia la decisione del suo Governo di effettuare immediatamente il versamento di un acconto di 50 milioni di dollari al Governo italiano a rimborso delle somme in lire da noi fornite all'esercito degli Stati Uniti per l'acquisto di rifornimenti in Italia e di predisporre il versamento degli altri residui non appena saranno ultimati i conteggi in corso.

Anche la ringrazio delle parole che ella ha voluto rivolgere in questa occasione al popolo italiano e del riconoscimento che ella ha voluto pubblicamente fare della parte che esso ha avuto nella liberazione del Paese dal fascismo e dal nazismo e nel ristabilimento di un governo democratico degno delle sue grandi tradizioni.

L'iniziativa nordamericana e le parole che l'accompagnano ci toccano profondamente. Esse sono per noi un concreto segno dello spirito di equità che anima il popolo nordamericano nei confronti italiani e ci confortano, nell'ora grave che il nostro Paese attraversa, a sperare che codesto spirito riesca in definitiva a prevalere in tutti gli atti della politica internazionale.

1 Con T. 17832/1324 del 18 ottobre Benzoni riferiva di aver interessato il Quai d'Orsay nel senso indicato e di averne avuto assicurazione di interventi urgenti.

2 Vedi D. 405.

Il contributo dato dagli italiani attraverso la storia alla vita americana, cui ella accenna con così nobili espressioni nella sua lettera, è sicura garanzia che i vincoli, antichi e nuovi, che legano le nostre due Repubbliche andranno sempre più rafforzandosi in avvenire, come è nei nostri comuni propositi.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO

T. 15664/91. Roma, 17 ottobre 1946, ore 12,30.

Governo italiano sta preoccupandosi per acquisti grano necessario per mantenere attuali razioni nel 1947.

Esso sarebbe vivamente grato codesto Governo se somma tre milioni 900 mila dollari recentemente concessaci potesse essere costì integralmente impiegata per acquisto grano trasportato Genova.

Prego avanzare tale richiesta codesto Governo dando carattere massima urgenza, e sottolineando nostra vivissima aspettativa ricevere risposta favorevole. Telegrafi 1•

411

IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. URGENTE 17829/149. Ottawa, 17 ottobre 1946, ore 17,59 (per. ore 17 del/8).

Telegramma di V.E. 912.

Ho disposto perché questo addetto commerciale si rechi a Winnipeg per prendere subito contatto col «Canadian Wheat-Board». Stesso tempo provvedo interessare personalmente questo 'primo ministro e ministro degli affari esteri. Tengo ad ogni buon fine fare presente che con telegramma per corriere 081 spedito 2 settembre scorso diretto Ministero commercio estero e per conoscenza Ministero degli affari esteri questo addetto commerciale aveva chiesto conoscere se Italia desiderava richiedere forniture grano dato che molti Paesi cercavano accaparrare detta derrata. Risposta detto telegramma per corriere Ministero commercio estero, che portava data 26 settembre, è qui giunta con spedizione 56 del 3 ottobre scorso pervenutaci soltanto 15 ottobre3•

1 Vedi D. 411.

2 Vedi D. 410.

3 Con successivo T. 17934/152 del 19 ottobre Cossato suggeriva di approfittare della presenza in Italia del ministro Claxton «per interessarlo nostro fabbisogno alimentare». Per la risposta vedi D. 430.

412

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

T. 15677/40. Roma, 17 ottobre 1946, ore 21,30.

A 46-47 1• Confermasi telespresso 30 settembre2 e istruzioni contenute. Ripetesi accordo entra vigore solo dopo ratifica.

Questione articolo 69 è irrilevante perché non applicabile Egitto che non appartiene Potenze alleate o associate. Pertanto articolo 69 non poteva essere invocato da Egitto per misure restrittive nostri beni o da noi per eccezioni previste. Situazione italiana risulta invece pregiudicata da articolo 66 numero tre vietante Italia ogni reclamo contro Nazioni Unite che avevano rotto relazioni diplomatiche con Italia cosicché sarebbe stato difficile liberare nostri beni al di fuori accordo con codesto Governo. Stabilita così posizione giuridica occorre accordo sia completato con intese esecutive in attesa delle quali è essenziale situazione non sia compromessa da provvedimenti unilaterali codesto Governo.

413

COLLOQUIO DEL CONSIGLIERE RELLI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BOHLEN

APPUNT03 . Parigi, 17 ottobre 1946.

Relli ha avuto il 16 corrente una conversazione con Bohlen poco prima che Byrnes partisse in volo per gli Stati Uniti. Dal complesso delle cose dette da Bohlen risulta quanto segue:

l. le discussioni sul trattato con l'Italia cominceranno al Consiglio dei ministri degli affari esteri a New Y ork il 4 novembre prossimo. Si prevede che esse saranno molto laboriose e lunghe e dovranno continuare nella seguente sessione del Consiglio dei ministri in Europa. Bohlen prevede che i russi difenderanno strenuamente la tesi slava per lo statuto di Trieste ma pensa che accetteranno la formula francese in cambio di correzioni alla linea di frontiera nella parte settentrionale (Val Canale e Gorizia). Secondo Bohlen i russi si adatterebbero a questo eventuale compromesso per ottenere

1 Con T. 17238/46-47 del 6 ottobre De Astis aveva chiesto istruzioni in rapporto all'orientamento egiziano di considerare superato l'art. 69 del progetto del trattato di pace dall'accordo italo-egiziano dell'11 settembre.

2 Vedi D. 360.

3 Trasmesso con Telespr. d. 598 di Casardi del 17 ottobre.

una rinuncia anglo-americana alle posizioni assunte nel problema del Danubio. L'atteggiamento jugoslavo e la lettera inviata dalla delegazione alla Conferenza sono fortemente criticate dalla delegazione americana e Byrnes considera il passo jugoslavo offensivo non solo nei riguardi della Conferenza ma anche dei Quattro Grandi. Nell'esaminare altre soluzioni possibili per la questione di Trieste, Bohlen non ha escluso che i russi possano offrire Trieste in sovranità all'Italia a condizione che il resto del Territorio Libero sia dato alla Jugoslavia. A suo avviso però tale soluzione sarebbe più pericolosa per l'avvenire poiché la pressione slava non troverebbe altro ostacolo che l'Italia mentre con la soluzione internazionale la Jugoslavia ha di fronte tutto il Consiglio di sicurezza e sarà meno portata a possibili colpi di mano.

2. -Bohlen ha osservato che l'opinione pubblica in Italia ha accolto con moderazione il trattato ed ha nuovamente chiesto quale sia la situazione interna italiana mostrando preoccupazioni per un eventuale slittamento verso sinistra. Alle obiezioni di Relli relative alla parte economica del trattato ed alle gravi conseguenze che ne possono derivare, Bohlen ha cercato di attenuare la gravità delle conseguenze economiche minimizzando gli oneri che gravano sull'Italia e riaffermando la sua convinzione che gli Stati Uniti sono largamente disposti ad aiutare il nostro Paese. Circa i compensi ha citato la cifra di 3 milioni di dollari che i delegati americani considerano poco onerosa. 3. -Bohlen ha confermato che il Consiglio dei ministri avrebbe sentito i delegati jugoslavi ed italiani dopo il 15 novembre a New Y ork ed ha chiesto chi avrebbe rappresentato l'Italia. 4. -Circa il problema tedesco Bohlen ha detto che a New Y ork Byrnes intendeva chiarire se i russi siano veramente disposti a risolverlo e discuterlo a fondo. Soltanto in tal caso il segretario di Stato americano sarebbe venuto ancora una volta in Europa per la prossima sessione del Consiglio dei ministri. 5. -Relli ha trovato il Bohlen ancora più mal disposto nei riguardi della politica sovietica. Gli americani danno molto peso alla situazione interna sovietica e considerano che l'aggressività e l'intransigenza degli uomini politici russi sia dovuta soprattutto a preoccupazioni difensive ed interne.
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IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

T. S.N.D. 17840/84. L'Avana, 18 ottobre 1946, ore 2,38 (per. ore 20,10).

Mi riferisco al telegramma di questa legazione n. 83 1•

Comunico alla S.V. che, con preghiera di mantenere per ora segreto, ho avuto affidamento, ma non ancora impegno, che questo Governo non si varrà dell'articolo 77.

l Con T. 17595/83 del 12 ottobre Scaduto aveva riferito di essersi espresso con il ministro degli esteri di Cuba nel senso delle istruzioni di cui al D. 323.

Esso sta cercando di rendersi conto della ripercussione che avrebbe sua eventuale

pubblica dichiarazione singola non intendere firmare pace di Parigi e sta anche

considerando opportunità, anzichè dichiarazione singola, di fare sondaggi confiden

ziali presso i Governi dell'America latina intesi a provocare atteggiamento astensio

nista collettivo motivato con mancati inviti Conferenza dei Ventuno 1•

Ho rinnovato preghiera in qualsiasi caso rilevare anche discordanza tra equa

pace richiesta dalla delegazione cubana a Parigi e trattato approvato nonché preghiera

dichiarare cessato stato di guerra.

Questo Governo per dare altro buon esempio (e anche per garantirsi) si propone

di pubblicare innanzitutto altra dichiarazione che elimini reciproci reclami, rinun

ziando da parte sua ad ogni indennità per supposti danni di guerra ai suoi cittadini.

Devo aggiungere che questo ministro degli affari esteri mi ha fatto comprendere

con molta cautela e con molto garbo, che eventuale gesto da parte degli italiani di

proporre elevare ad ambasciata le rispettive rappresentanze diplomatiche riuscirebbe

sommamente gradito.

Stati Uniti d'America, Spagna e sette Paesi dell'America latina hanno amba

sciate in Cuba.

415

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. S.N.D. PER CORRIERE 18441/0293. Washington, 18 ottobre 1946 (per. il 26).

Alcuni giorni fa erano qui circolate notizie provenienti da Parigi, secondo le quali la Jugoslavia avrebbe fiducia di ottenere Gorizia, eventualmente in un nuovo compromesso fra i Quattro a compenso di una sua accettazione della linea francese in Venezia Giulia e della conseguente firma da parte sua del trattato di pace. M'informai subito al riguardo presso il Dipartimento di Stato. Mi venne smentito nel modo più reciso che tali notizie potessero avere un fondamento e mi fu riaffermata la risoluta intenzione americana di non addivenire ad ulteriori appeasements.

D'altra parte, un intimo amico di vecchia data del presidente, il quale ebbe già in passato ad interessarlo alle questioni italiane, recatosi appositamente da lui, riferì di averlo trovato soddisfatto della tenace intransigenza della delegazione americana a Parigi sulla questione della Venezia Giulia e di Trieste. Truman, e così pure alcuni dei suoi più ascoltati consiglieri, avevano espresso la loro fiducia che analoga posizione sarebbe stata mantenuta nella riunione dei Quattro a New Y ork.

Oggi, in una nuova conversazione al Dipartimento, si è riparlato della questione della Venezia Giulia. Mi è stato detto, nel modo più convinto, che il segretario di Stato, forte anche delle raccomandazioni votate a due terzi di maggioranza dalla

I Vedi D. 464.

Conferenza di Parigi, non avrebbe fatto ulteriori concessioni alla Jugoslavia, pur

essendo persuaso che l'U.R.S.S. avrebbe insistito vigorosamente sui punti di vista

già espressi a favore di Belgrado, forse fino al punto da rendere impossibile un

accordo a N ew Y ork.

Il Dipartimento si rende inoltre conto dell'altro pericolo che l'U.R.S.S., anche

ove finisse per accettare l'accordo, secondo le decisioni parigine della maggioranza

dei Ventuno, possa appoggiare la Jugoslavia nella sua nota opposizione alla firma

del trattato, ciò che condurrebbe allo stesso risultato di lasciare sostanzialmente

aperta la questione.

Mi è stato ripetuto che la cessione di Gorizia alla Jugoslavia pro bono pacis sarebbe assolutamente da escludere. In conclusione mi è stato affermato che, date le intenzioni degli Stati Uniti, erano logicamente da prevedere, in questo momento, solo due eventualità per la frontiera italo-jugoslava: o la linea francese, qualora l'U.R.S.S. accettasse e facesse accettare alla Jugoslavia tale soluzione, o la linea Morgan, in caso di definitivo mancato accordo. Non vi è dubbio che tale seconda soluzione sarebbe un ripiego «di fatto» che potrebbe essere consolidato solo dal tempo con tutte le relative incognite. Aggiungo che al Dipartimento si è perplessi e sospettosi dei nostri contatti a Parigi con gli jugoslavi; mi si è al riguardo chiesto insistentemente se nelle relative conversazioni si fosse da parte nostra lasciata intendere la possibilità di cessioni territoriali al di qua della linea francese ed eventualmente di Gorizia, mettendo in guardia contro la possibilità che da parte russa, nel Convegno di New Y ork, si accampino eventuali nostri accenni del genere, come già a Parigi, in occasione della questione delle riparazioni.

Ho dal canto mio smentito recisamente e mi sono dilungato a spiegare che ogni nostro contatto con gli jugoslavi non ha altro fine se non quello di persuaderli della volontà italiana di addivenire ad una sostanziale pacificazione adriatica e di portare un contributo alla distensione che tutti auspicano.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, ALL'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, MCKENDREE KEY (1)

MEMORANDUM.

Roma, 18 ottobre 1946.

Il Governo italiano ha, a suo tempo, preso in esame il progetto di accordo per gli affari civili e militari fra gli Stati Uniti e l'Italia, annesso al progetto di modifica del regime armistiziale 2 .

1 Ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. V, cit., pp. 867-870. 2 Vedi serie decima, vol. III, DD. 549 e 505.

Quell'esame portò allora alla conclusione che le proposte specificamente militari e politiche dell'accordo stesso ponevano gravi problemi di carattere interno ed internazionale, destinati a sollevare serie apprensioni e contrasti nel Paese. L'insieme delle disposizioni di cui agli articoli da l a 12 infatti non fa in sostanza che confermare e consolidare, per le materie trattate in detti articoli, la situazione attuale quale era venuta a crearsi sotto il regime del Long Armistice. D'altra parte, nell'imminenza della Conferenza della pace e nella speranza che essa potesse, entro breve tempo, giungere alla conclusione del definitivo trattato di pace, il Governo italiano ritenne non necessario e comunque non urgente iniziare delle discussioni che sarebbero state molto probabilmente superate prima che esse avessero potuto giungere a conclusione.

Tuttavia, in seguito alle cortesi sollecitazioni del Dipartimento di Stato 1 , il Governo italiano sottopone senz'altro al Governo degli Stati Uniti le sue principali osservazioni in merito alle clausole economico-finanziarie proposte per il nuovo armistizio.

Il sistema proposto dal Governo degli S.U .A. per la regolamentazione dei rapporti finanziari, nascenti dal nuovo armistizio, sembra si possa riassumere così:

a) accantonare la sistemazione dei rapporti finanziari sorti sulla base dell'armistizio del 29 settembre 1943 e verificatisi dall'entrata in vigore di esso fino al 30 giugno 1946;

b) mettere a carico del Governo italiano le spese di occupazione, escluso il net troop pay, per il diretto mantenimento delle Forze militari americane esistenti nella Venezia Giulia e nella provincia di Udine;

c) mettere a carico del Governo degli S.U.A., per il pagamento in dollari currently, tutti i servizi e tutte le prestazioni resi alle FF.AA. americane.

Il Governo italiano ritiene che il sistema proposto sia in generale accettabile, e che esso costituisca un apprezzabile miglioramento della situazione finanziaria che era stata imposta all'Italia col precedente armistizio.

Ragionevole ed opportuno è il rinvio della sistemazione dei rapporti finanziari verificatisi fino al 30 giugno 1946. Una tale sistemazione avrebbe complicato la negoziazione per il nuovo armistizio. Il Governo italiano si augura che, allorquando si procederà ad essa, il Governo degli S.U.A. vorrà tener conto delle considerazioni svolte dal Governo italiano nel suo memorandum del 7 gennaio 1945, in guisa che tutte le prestazioni, tutti i servizi, tutti i pagamenti fatti dal Governo italiano per conto delle FF.AA. degli S.U.A., durante il lungo periodo della cobelligeranza, siano riconosciuti come crediti in dollari del Governo italiano da mettere a fronte dei suoi debiti per le civilian supplies. Notevole sollievo deriverà poi all'economia italiana dal pagamento in dollari che il Governo americano si dichiara disposto a fare di tutte le prestazioni, servizi, requisizioni, ecc. che il Governo italiano metterà a disposizione delle FF.AA. americane a partire dal l o luglio e per tutta la durata del nuovo armistizio.

Incoraggiato da così buone disposizioni, il Governo italiano si permette di chiedere di essere esonerato dalle spese di occupazione per il diretto mantenimento

' Vedi DD. 188 e 265.

delle truppe che si vorrebbe mettere a suo carico. È vero che si tratta delle sole truppe stazionanti nella Venezia Giulia e nella provincia di Udine, è vero altresì che le troop 's pay sarebbero escluse, ma ciò non pertanto una parte degli oneri per spese di occupazione continuerebbe a gravare sulla stremata economia italiana, nonostante che il regime armistiziale duri ormai da quasi tre anni, e che l'Italia continui a sottostare, senza sua colpa, a pesi ed oneri dai quali da tempo avrebbe dovuto essere liberata. Il Governo italiano, che è grato al Governo degli Stati Uniti per le favorevoli disposizioni di cui è animato nei riguardi del Governo e del popolo italiano, spera che la sua richiesta sarà accolta e che perciò gli oneri delle spese di occupazione cesseranno completamente di esistere.

In tale spirito il Governo italiano ha anche esaminato il testo del progetto di accordo separato previsto dal paragrafo 9 del progetto di armistizio trasmesso con la sua lettera del 5 settembre u.s.

Perciò, le osservazioni che esso avanza qui appresso a riguardo di detto ultimo documento vengono presentate senza che esse implichino rinuncia al punto di vista sopra esposto.

Tali osservazioni sono le seguenti:

l. il Governo italiano chiede almeno l'esonero delle spese dei trasporti anche allo scopo di eliminare la necessità di laboriosi calcoli per la ripartizione della spesa stessa tra i due Governi, come previsto nella sezione prima, paragrafo 2, nonché allo scopo di sollevare le finanze italiane da un onere cui fanno riscontro non indifferenti esborsi in valuta per forniture di combustibili, lubrificanti, ecc.;

2. -l'ammontare del conto corrente in lire che, ai termini del paragrafo 3 A, il Governo italiano dovrebbe mettere a disposizione del generale comandante le forze armate nord-americane converrebbe venisse stabilito d'intesa con il ministro del tesoro; 3. -la sezione seconda del progetto non appare del tutto chiara: si è creduto poter dedurre, salvo errori di interpretazione, che il rifornimento in lire alle FF.AA. americane per il soldo delle truppe ed altre spese rimborsabili in dollari dovrebbe aver luogo sia con l'utilizzo del saldo in lire, già in possesso delle forze armate americane, che mediante accettazione e pagamento del controvalore in lire da parte della Banca d'Italia di assegni del Tesoro degli Stati Uniti. Il pagamento in dollari delle lire ricevute in anticipo avverrebbe immediatamente, con l'impegno però da parte nostra di riacquistare le lire non utilizzate e di esimere le FF.AA. americane da ogni perdita derivante dalla svalutazione della lira. In merito a quest'ultima richiesta va considerato che la provvista di fondi in lire alle FF.AA. americane assume nella fattispecie pressoché il carattere di normale operazione valutaria. Pertanto un'eventuale garanzia di cambio -sancita in un documento pubblico -verrebbe certamente invocata in casi analoghi da terzi Paesi senza che da parte italiana possano opporsi serii argomenti per resistere ad un tale pretesa. Non solo, ma essa non potrebbe essere concessa anche per motivi tecnico-economici connessi con il commercio delle valute estere e derivanti specialmente dall'attuale situazione, in cui il Governo italiano, lungi dal poter tesoreggiare le disponibilità in divisa, deve impiegarle immediatamente ai fini della ricostruzione. Infatti, mentre i dollari ricevuti verrebbero verosimilmente utilizzati subito o molto presto dall'Italia, vale a dire nelle attuali condizioni di cambio, la restituzione pel riacquisto delle lire non utilizzate dalle FF.AA. americane

potrebbe avvenire tra molto tempo in mutate condizioni di cambio e con una perdita magari assai elevata da parte dell'economia italiana. Tale inconveniente, che sarebbe grave qualora le anticipazioni di lire non fossero limitate ad una cifra prestabilita, permane ugualmente grave anche nei limiti degli importi proposti con i paragrafi B l e 2. Si rileva, comunque, che la garanzia di cambio non potrebbe in ogni caso applicarsi che ai fondi ufficiali, ed eventualmente a quelli semi ufficiali, ma non anche a quelli personali dei singoli membri delle FF.AA. americane.

417

GLI AMBASCIATORI QUARONI, TARCHIANI E CARANDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.l., DE GASPERI

R. Roma, 18 ottobre 1946.

La Conferenza dei Ventuno avendo ormai terminati i suoi lavori abbiamo ritenuto opportuno attirare l'attenzione del Governo italiano su alcune questioni, sia relative ali'ulteriore sviluppo dei lavori della Conferenza della pace sia concernenti, in linea più generale, la politica estera immediata del Governo italiano. Noi riteniamo sia necessaria una nostra discussione esauriente sull'argomento con il ministro degli esteri, in modo che il Governo italiano abbia in mano tutti gli elementi per una decisione. Sia per l'attività che potrà essere necessario svolgere in occasione della prossima Conferenza dei Quattro, sia per l'azione che dovremo esercitare una volta rientrati nelle rispettive sedi, ci è indispensabile conoscere il pensiero del Governo italiano.

l) Statuto di Trieste. Come è noto la Conferenza dei Ventuno ha deciso che i Governi italiano e jugoslavo dovranno essere sentiti dai Quattro prima di procedere alla redazione definitiva del testo dello statuto del Territorio Libero di Trieste, sulla base dei principi generali accettati alla Conferenza dei Ventuno sotto forma di raccomandazione, a maggioranza di due terzi.

La nostra posizione durante tutto il corso della Conferenza di Parigi è stata quella di non pronunciarci sull'accettazione del principio del Territorio Libero se si eccettua il nostro accenno all'inclusione di Pola nei confini del Territorio stesso. Non sembra facile continuare ulteriormente in questo atteggiamento di riserva: va notato d'altronde, che anche senza una nostra accettazione esplicita del principio del Territorio Libero, il solo fatto di partecipare ai lavori del Comitato dei Quattro può involgere una presunzione di accettazione da parte nostra del principio. Per molte ragioni che spiegheremo più appresso, in altra sede, noi riteniamo che questa nostra posizione di riserva non abbia più molta utilità pratica: comunque chi deve decidere è il Governo italiano.

Una volta stabilito che noi partecipiamo ai lavori del Comitato dei Quattro, con le conseguenze, almeno implicite, che esso comporta, resta a decidere che cosa noi diremo. Da una parte Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti i quali sostengono la tesi di concentrare il massimo dei poteri nelle mani del governatore, dall'altra la Russia sostiene la tesi della massima dei poteri all'assemblea. La votazione della Conferenza ha messo, è vero, i russi in minoranza, ma essi hanno ancora il diritto di veto, di cui hanno dimostrato di saper fare largo uso, per cui la questione è ancora aperta e, almeno a giudicare dalla situazione quale essa era negli ultimi tempi a Parigi, le due parti hanno mostrato chiaramente una tendenza ad irrigidirsi sulle rispettive posizioni. Oggi come oggi ci sembrerebbe potersi perfino dubitare se sia possibile o prevedibile un accordo, comunque la nostra partecipazione ai lavori significa che noi dovremo prendere posizione per l'una o per l'altra tesi, e che questa nostra presa di posizione non può non aver ripercussioni sulla nostra politica estera.

Anche facendo astrazione da questo, l'argomento è per noi molto delicato. Dato che la popolazione dello Stato Libero è nella sua grandissima maggioranza italiana, teoricamente noi dovremmo essere in favore della tesi di tutti i poteri all'assemblea poiché questo significherebbe tutti i poteri in mano all'elemento italiano. Se non che la situazione politica quale essa è attualmente si distacca da considerazioni puramente etniche per assumere un carattere politico e sociale: noi abbiamo una parte considerevole degli italiani del futuro Stato Libero i quali per attrazioni ideologiche sono favorevoli alla unione di Trieste alla Jugoslavia, per cui è legittimo il timore, da parte di alcuni settori dell'opinione pubblica italiana, che tutti i poteri all'assemblea possa significare creare la possibilità di una unione se non tecnica almeno pratica fra il Territorio Libero e la Jugoslavia: per cui la tesi contraria, ossia tutti i poteri al governatore, nonostante molte indesiderabili conseguenze, può apparire a qualcuno come la sola soluzione che ci dia una garanzia effettiva contro questa possibilità.

Qui ci riallacciamo ad un altro problema: e cioé la convenienza e la possibilità di un nostro accordo diretto colla Jugoslavia sulla questione dello statuto. Le conversazioni che si sono avute a Parigi con gli jugoslavi ci hanno permesso di venire alla conclusione che un accordo con gli jugoslavi sarebbe difficile sì (in vista della tendenza jugoslava a dare al Territorio Libero un regime doganale, monetario e ferroviario che lo leghi non solo strettamente ma in maniera preponderante alla Jugoslavia) ma non impossibile qualora dalle due parti fosse accettata, come base di discussione, il riconoscimento e il principio dello Stato Libero e della sua garanzia. Ora sta il fatto che mentre questo nostro non riconoscimento è più che altro a fini tattici di negoziato e quindi più formale che sostanziale, sarebbe assai difficile dire la stessa cosa per gli jugoslavi; essi infatti non accettano il Territorio Libero nei limiti che ne sono stati stabiliti dal piano francese e si rifiutano quindi di garantirlo: in conversazioni più recenti (Arpesani-Urban) 1 essi hanno inoltre precisato che non accetterebbero di discutere della questione dello statuto senza discutere anche della questione territoriale, ossia mettono come pregiudiziale l'accettazione da parte nostra di ulteriori miglioramenti della linea francese a loro favore, sia per quello che concerne i confini del Territorio Libero, sia per quello che concerne la frontiera italo-jugoslava.

A parte queste considerazioni, già di per sé importanti, dobbiamo tenere presente che la questione dello statuto di Trieste non è una questione fra noi e gli jugoslavi, ma una questione fra gli anglosassoni e la Russia: recentemente anche la Francia ha dovuto abbandonare la sua posizione intermediaria per aderire alla

l Vedi D. 305.

tesi anglo-americana. È più che probabile quindi che qualora noi raggiungessimo un accordo con gli jugoslavi in modo da presentarci con una tesi comune alla Conferenza dei Quattro, questo accordo non sarebbe accettato dai tre alleati occidentali e che comunque apparirebbe come una nostra presa di posizione a favore del gruppo orientale.

È evidente che la Russia tiene a questo accordo italo-jugoslavo, anche se limitato per ora alla questione dello statuto. Vi tiene per ragioni di politica generale, perché essa vede, e giustamente, nel regolamento dei nostri rapporti colla Jugoslavia una premessa indispensabile per una politica di riavvicinamento alla Russia. Vi tiene evidentemente, e forse al momento attuale anche di più, per ragioni tattiche di conferenza: qualora infatti questo accordo italo-jugoslavo si realizzasse contro la loro tesi gli anglo-americani verrebbero a trovarsi in una situazione di un certo imbarazzo di fronte all'opinione pubblica mondiale. Si potrebbe quindi pensare che noi questo accordo potremmo negoziarlo con la Russia. Quaroni però esclude che questo negoziato possa avere per base la questione territoriale: non solo è cioè da escludere che in cambio di questo nostro accordo russi e jugoslavi possano consentire a qualche, anche leggero, miglioramento della linea francese a nostro favore: ma è anche più improbabile che i russi vogliano, e forse possano, in cambio di questo accordo ottenere dagli jugoslavi anche la sola accettazione della linea francese, senza ulteriori sacrifici da parte nostra (almeno Gorizia). L'accordo sarebbe negoziabile con i russi su altre basi: in cambio di questo accordo noi potremmo ottenere dai russi un più deciso appoggio nella questione coloniale, e un più deciso appoggio da parte russa nel settore economico del trattato, là dove esso è ancora oggetto di definizione da parte dei Quattro e là dove esso non implicherebbe rinuncia, da parte dei russi, ad alcuni dei vantaggi che essi hanno già ottenuti.

D'altra parte Carandini e Tarchiani ritengono che una simile mossa da parte nostra, appunto per la situazione imbarazzante in cui esso verrebbe a mettere gli alleati occidentali, provocherebbe una reazione contro di noi da parte anglo-americana, reazione che avrebbe le sue ripercussioni e su tutta la questione delle nostre frontiere colla Jugoslavia -questione che non va dimenticato è ancora aperta e sull'atteggiamento degli Stati Uniti in materia di aiuti finanziari all'Italia per l'immediato futuro.

Come si vede, si tratta di una decisione che supera i poteri della delegazione: è una questione di Governo su cui dovrebbe pronunciarsi il Consiglio dei ministri.

Resta poi ancora da decidere chi manderemo a New York a discutere dello statuto. Noi riteniamo che nella situazione attuale non sia il caso comunque che vi si rechi il presidente del Consiglio od il ministro degli esteri. Converrebbe limitarsi all'invio di una delegazione a carattere più tecnico che politico.

2) Per quanto concerne tutta la questione delle nostre frontiere orientali e delle frontiere dello Stato Libero, va rivelato come la questione è ancora aperta: e che non è da escludere che ci possano essere, da parte anglo-americana, ulteriori cedimenti a nostro svantaggio. Su questa possibilità Carandini e Tarchiani in ragione dei contatti avuti sono meno pessimisti di Quaroni ma, comunque, questa possibilità esiste. Siamo quindi d'avviso che la posizione mantenuta fin qui dal Governo italiano, di chedere insistentemente ulteriori miglioramenti a nostro favore, non solo non ha più nessuna ragionevole speranza di successo, ma che corre il rischio di irritare tutti e quattro i Grandi, sia pure per differenti ragioni: la situazione è ormai troppo chiara perché il Governo italiano possa continuare a far finta di non capirla. Ci rendiamo conto delle ragioni di politica interna che inducono il Governo italiano ad assumere questo atteggiamento; dobbiamo però far presente, anche ai fini della politica interna, che noi potremmo, da un momento all'altro, trovarci nella situazione di dovere chiedere disperatamente -ed inutilmente -che ci venga mantenuta la linea francese, come la meno peggio per noi.

3) Firma del trattato di pace. Fino ad oggi l'atteggiamento del Governo italiano è stato quello di dire che non sa se firmerà, e se l'Assemblea ratificherà il trattato di pace. Riteniamo nostro dovere di far presente che questo atteggiamento, oggi, ha cessato di avere una utilità realistica. Agli effetti dei negoziati esso non può più avere alcuna influenza perché nessuno crede che noi non lo firmeremo: perché i Grandi pensassero altrimenti bisognerebbe che esistesse a questo proposito una unanimità fra i partiti di. governo ed una volontà ferma da parte del popolo italiano di andare incontro e di sopportare gli inevitabili sacrifici gravi che la non firma provocherebbe, volontà che qualsiasi osservatore straniero della situazione interna italiana può dire che non esiste. Esiste sempre secondo noi il pericolo però che, come conseguenza di questo atteggiamento negativo o sospensivo, l'Assemblea costituente si lasci trascinare ad un rifiuto di ratifica per poi, dopo breve tempo, di fronte alla situazione di fatto, ratificare. Ne risulterebbe quindi nessun vantaggio materiale e grave danno per il nostro prestigio. L'unica possibilità che ci resta, a nostro avviso, è che colui il quale sarà chiamato a firmare il trattato di pace, dichiari che ci era stata promessa una pace giusta, e che la pace che ci si presenta non è giusta, che ci era stato promesso che saremmo stati chiamati a discuterlo liberamente e siamo stati invece chiamati solo come imputati davanti al tribunale, in condizioni per noi oltremodo umilianti. Che il trattato che ci viene presentato è un Diktat, imposto dai vincitori sulla punta della spada e che è solo come tale che noi lo firmiamo: e riteniamo quindi che sia giunto il momento di cominciare ad orientare l'opinione pubblica italiana e l'Assemblea costituente in questa direzione.

Vale la pena piuttosto di prendere in considerazione un altro aspetto del problema. Secondo Quaroni è fuori di dubbio che la Jugoslavia non firmerà il trattato: egli non si sente in grado di dire se essa lo farà su istigazione della Russia, oppure per conto suo. Comunque quello su cui Quaroni non ha dubbi è che, fino a che esista una speranza di potere, per questa via, migliorare a favore della Jugoslavia, la linea francese, i russi non eserciteranno sulla Jugoslavia la pressione necessaria per indurla a firmare. Questo atteggiamento della Jugoslavia come che sia può creare per noi una situazione abbastanza complessa.

Teoricamente la non firma da parte della Jugoslavia, se ci sarà la firma della Russia, il che non è certo, non ha nessun effetto giuridico come la non firma da parte nostra: è detto infatti che il trattato entra in vigore dal momento della sua ratifica da parte dei Quattro Grandi. In realtà mentre il trattato, anche per la parte territoriale, diventa subito esecutivo per noi, perché esso possa diventare esecutivo anche per la Jugoslavia bisognerebbe che la Jugoslavia fosse obbligata a sgomberare una parte della zona B. Per far questo sarebbe necessario adoperare la forza mentre tutto lascia credere che gli anglo-americani non sono disposti ad

adoperarla: la Jugoslavia non verrebbe quindi a perdere che le riparazioni che sono poca cosa e che, comunque, non cominciano a diventare pagabili da parte nostra che fra due anni.

Non siamo riusciti ad avere una idea di quello che gli Alleati occidentali contano fare in questa eventualità: probabilmente come è tipico della mentalità anglo-sassone essi aspettano per decidere che la situazione si sia verificata. Comunque si possono fare le seguenti ipotesi:

a) la Russia non firma nemmeno lei: in questo caso tutto il trattato va in aria: dovremmo quindi dirigere i nostri sforzi nel senso di ottenere o una pace provvisoria od almeno una revisione dell'armistizio di tale portata da essere equivalente a questa pace provvisoria, poiché non è possibile che a causa di dissensi fra i Quattro noi siamo obbligati a vivere in eterno in regime di armistizio con tutte le conseguenze che ne derivano;

b) la Russia firma con riserva per la frontiera orientale;

c) la Russia firma anche essa ma è la Jugoslavia che non firma.

Agli effetti pratici le alternative b) e c) hanno gli stessi effetti: apparentemente un successo per noi: la decisione sulla questione delle nostre frontiere orientali viene rimandata, come avevamo chiesto noi. In realtà, nella situazione di oggi, ogni rinvio della soluzione se non si è sicuri della resistenza anglo-americana giuoca a nostro svantaggio. Infatti la conseguenze di questa non firma sarebbero che, per il momento, tutto resta come è oggi: la linea Morgan con le truppe anglo-americane in tutta la zona di frontiera e gli jugoslavi schierati di fronte a loro. Ma in seguito le alternative sono due:

a) o le due parti restano indefinitivamente sulle rispettive posizioni per cui, dopo un certo numero di anni, la linea Morgan diventa una linea definitiva, se non di diritto di fatto, il che sarebbe indubbiamente molto vantaggioso per noi;

b) o dopo qualche tempo, e per ragioni di politica generale, gli anglo-americani si stancano, e per ottenere la firma della Jugoslavia le fanno qualche concessione, più o meno grande secondo che anche la Jugoslavia sia stanca della situazione creatasi.

Questo dipende, ripetiamo, dalle previsioni che si possono fare sulla resistenza anglo-americana.

In ambedue i casi poi, noi veniamo a trovarci in una situazione giuridicamente di inferiorità. Noi avremmo infatti accettata la linea francese, colle cessioni territoriali da parte nostra che essa comporta, ma non avremmo in mano nessuna garanzia che ulteriori cessioni ci vengano imposte con forme altre che quelle del Diktat. Ci troveremmo quindi, di fatto almeno, di avere firmato per le nostre frontiere orientali, uno chèque in bianco come per le nostre colonie.

Non riteniamo in pratica che noi possiamo fare molto per evitare di essere messi in questa situazione. Per allettante che sia la formula di non firmare non risolve niente in questo caso, come nel caso generale del trattato. L'unica cosa che potremmo tentare è quella di pregare i Grandi di non metterei in questa situazione: una nostra preghiera può, forse, avere una forza maggiore che una nostra minaccia. Se c'è un minimo di buona volontà da parte anglo-americana (i russi, pensa Quaroni, resterebbero sulla posizione che noi dobbiamo accettare incondizionatamente le decisioni dei Quattro) potrebbero essi studiare una formula che costituisse una riserva da parte nostra, formula che se non accettata dai russi avrebbe almeno il vantaggio di porci appunto nella possibilità di non firmare, almeno per la parte che riguarda le frontiere orientali.

4) Aiuti economici all'Italia. È questa in sostanza la questione più grave, in quanto essa ha la sua ripercussione non solo su tutta la politica estera italiana, ma anche sul nostro possibile atteggiamento nella maggior parte delle questioni ancora aperte del trattato di pace, e particolarmente sulla questione delle nostre frontiere orientali.

Secondo i dati che ci sono stati forniti dagli esperti, l'Italia avrebbe bisogno di un minimo di 600 milioni di dollari per potere chiudere l'anno in corso e tirare avanti alla meno peggio per il 1947. Questo oltre a quello che ci è stato promesso, ossia 125 milioni di dollari come contropartita degli acquisti americani in Italia, e circa 100 milioni di dollari come un credito dall'Import Bank. Tutto il resto dovrebbe venirci in una forma o nell'altra dall'America: a quanto ci risulta sarebbe nostra intenzione chiedere un prestito di 750 milioni di dollari alla Banca della ricostruzione internazionale. Ora, l'opinione di Tarchiani è che gli americani sono disposti ad aiutarci ma che l'aiuto all'Italia non essendo economicamente un buon affare, questi investimenti americani non possono prescindere da considerazioni politiche: essi ci verranno dati o meno e in varia misura sotto forma di nuova

U.N.R.R.A. o di prestiti a seconda che noi non ci mettiamo in aperto contrasto cogli interessi essenziali americani. D'altra parte Quaroni fa presente che, a quanto gli è stato detto chiaramente dagli stessi russi, per le necessità economiche della sistemazione della zona russa di influenza, la cui situazione non accenna a migliorare, la Russia, nonostante la sua buona volontà ed il suo interesse a farlo (evidentemente anche qui non senza una contropartita politica) non è in grado per un paio di anni almeno a sostituirsi all'aiuto americano anche solo sotto forma di consegna di materie prime, che noi potremmo pagare con la nostra produzione industriale. Quaroni ritiene che, per il 1947, noi possiamo, al massimo, sperare che la Russia ci dia materie prime da pagarsi con nostra produzione industriale (al di fuori delle riparazioni) per un centinaio di milioni di dollari.

Questa situazione nostra finanziaria non può a nostro avviso non avere le sue ripercussioni sulla nostra posizione politica. Noi siamo tutti d'accordo che la politica italiana deve essere diretta a fare il possibile per mantenere l'Italia in posizione equidistante fra i due blocchi: a non legarsi in quanto è possibile, né con l'una né con l'altra parte. Politica difficilissima data la situazione generale, come lo dimostra il caso stesso della Francia la cui situazione è pure tanto migliore della nostra. La nostra difesa in questa difficile situazione può essere soltanto in una grande prudenza ed in una ancor più grande chiarezza ed onestà della nostra politica estera 1 .

1 Allegato a questo documento vi è il seguente appunto manoscritto di De Gas peri: «l) Nessuna posizione che pregiudichi le decisioni dell'Assemblea nella questione territoriale. 2) Nessun accordo che implichi corresponsabilità nella perdita di territori italiani. 3) Per lo statuto tutto il potere interno all'assemblea che nominerà il suo governo. 4) Per quanto riguarda rapporti esteri e garanzia indipendenza, siccome è previsto azione Consiglio sicurezza O.N.U., rimettersi a questo per costituzione organo esecutivo di tale garanzia (governatore)». Vedi D. 428.

418

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI

T. 17881/444. Vienna, 19 ottobre 1946, ore 6,30 (per. ore 12).

Mi è stato chiesto da questo incaricato d'affari degli U.S.A. se notizia comparsa testè sui giornali locali, e secondo la quale Commissione affari esteri della Costituente italiana avrebbe deciso che discussione sull'accordo itala-austriaco di Parigi abbia luogo indipendentemente da discussione trattato pace in assemblea generale, sia esatta.

Gli ho risposto che in merito a tali informazioni che avevo letto anche io in questa stampa non mi risultava nulla. Tuttavia mi sembrava che la cosa fosse esatta giuridicamente dato che articolo lO nostro trattato pace prendeva atto stipulazione dell'accordo concluso tra Italia ed Austria e che pertanto mi sembrava dovesse essere considerato come antecedente e che era indipendente dal trattato stesso.

Mi ha allora detto questo incaricato d'affari U .S.A. di aver in questi giorni parlato della questione con Gruber, il quale gli avrebbe espresso l'opinione che, per quanto riguarda l'Austria, l'accordo di Parigi, in quanto si trattava di un accordo fra due ministri degli affari esteri e non fra i due Stati, non avesse bisogno di ratifica del Parlamento federale. L'accordo stesso conteneva poi obblighi unilaterali senza imporre alcun peso all'Austria. Che esso, con la ratifica da parte dell'Italia del trattato di pace il quale vi fa come è noto richiamo, sarebbe entrato in vigore: così l'Italia avrebbe contratto il suo impegno nei confronti delle altre Potenze firmatarie e non soltanto in quello dell'Austria. Secondo il parere di Gruber trattati speciali itala-austriaci, la cui stipulazione prescritta dall'accordo di Parigi, dovrebbero essere invece sottoposti all'approvazione di questo Parlamento.

Lo stesso incaricato d'affari degli U.S.A. mi ha parlato del prossimo viaggio a New York del dottor Gruber; secondo le sue parole, tale viaggio ha trovato negli ambienti sovietici e comunisti una molto minore opposizione di quanto si aspettasse. Ha egli aggiunto subito che da tale viaggio non si dovranno trarre conseguenze politiche di sorta, poiché, se vi fosse invitato, il dottor Gruber sarebbe andato certamente anche a Mosca.

419

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., DE GASPERI, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 15759/c. Roma, 19 ottobre 1946, ore 17,15.

Nel lasciare la direzione del Ministero degli affari esteri, porto con me il ricordo della vostra collaborazione, che mi è stata preziosa. Voglia, la prego, far giungere una mia cordiale parola di ringraziamento anche ai funzionari dipendenti e rivolgere, a mio nome, a tutti gli italiani di costà il mio caldo e affettuoso saluto. Dica loro che essi sono e resteranno vivi e presenti nel mio spirito.

420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

T. 157741 . Roma, 19 ottobre 1946, ore 17, l 5.

Assumendo in un'ora angosciosa per la Nazione italiana la direzione della politica estera mi è grato porgerle il mio saluto di italiano e di compagno che spera di lavorare con lei a cancellare fra la Gran Bretagna e l'Italia il ricordo amaro della guerra e a fondare le relazioni future dei nostri Paesi sul mutuo rispetto dei nostri fondamentali interessi. Spero vederla presto a Londra ed intanto la ringrazio del suo cordiale messaggio che mi è consegnato in questo momento dal signor Ward2 .

421

Il MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI DI FRANCIA, BIDAULT

Roma, 19 ottobre 1946, ore 17, 15.

Assumendo oggi la direzione della politica estera del mio Paese le rivolgo signor presidente il mio cordiale saluto. La guerra e la pace quale è uscita dalle deliberazioni di Parigi lasciano delle ferite aperte. Conto su lei per curarle ed eliminarle e sarò lieto in tutte le occasioni di associare i miei sforzi a quelli della Francia per far trionfare l'idea della sicurezza collettiva.

l Minuta autografa.

2 Il testo del messaggio di Bevin, consegnato il 18 ottobre dall'incaricato d'affari di Gran Bretagna, era il seguente: «Please accept my congratulations on the assumption of your duties as Minister for Foreign Affairs. We are living in difficult times, but I should like you to know that your country can count on the full sympathy of the people of Great Britain. I know we can ali work together to solve the many problems which lie ahead of us. I send you my best wishes and I am confident that I can count on the same degree of co-operation and understanding as I always met with from your distinguished predecessor».

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DELL'U.R.S.S., MOLOTOV

T. 15776 1• Roma, 19 ottobre 1946, ore 17,15.

Assumendo la direzione della politica estera della Repubblica italiana mi è grato confermarle che uno degli obiettivi ai quali consacrerò il mio lavoro è di consolidare i rapporti di amicizia e di collaborazione fiduciosa con l'Unione Sovietica.

Spero di avere una prossima occasione di discutere e chiarire con lei i problemi inerenti ai rapporti economici dell'Italia con l'Unione Sovietica 2 .

423

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

T. 15777. Roma, 19 ottobre 1946, ore 17,15.

Nell'assumere la direzione della politica estera italiana mi è grato confermarle ciò che dissi al vice presidente Kardelj e che cioè per grave che sia la situazione che la guerra e la pace hanno creato fra i nostri Paesi essa non è tale da doverci scoraggiare nello sforzo teso a realizzare un accordo diretto 3 .

424

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BYRNES

T.l5778 1• Roma, 19 ottobre 1946, ore 17,15.

Nell'assumere la direzione della politica estera del mio Paese mi è grato confermarle il voto che espressi incontrandola a Parigi di lavorare a rendere sempre più fiduciosi i rapporti dell'Italia con gli Stati Uniti d'America. L'Italia ha bisogno

l Minuta autografa.

2 Con T. 18390 del 25 ottobre Molotov rispose: «La prego di gradire i miei ringraziamenti per il suo amichevole messaggio ed i miei rallegramenti per la sua assunzione della direzione del Ministero degli affari esteri della Repubblica italiana».

3 Il vice ministro Velebit rispose (T. 18852 del 4 novembre): «In conformità alla costante politica di rafforzamento della pace, il nostro Paese saluterà ogni sforzo sincero diretto al raggiungimento di una in tesa».

542 dell'America e offre all'America il suo contributo nella riorganizzazione della pace sulla base della collaborazione internazionale. Spero avere l'occasione di discutere e concludere con lei i problemi inerenti alla vita economica del mio Paese 1 .

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 15800/c. Roma, 20 ottobre 1946, ore 10.

Assumendo la direzione della nostra politica estera porgo a lei ed ai suoi collaboratori un cordiale saluto. So di poter contare su lei per aiutare il Paese a rialzarsi dalla disfatta che ha subito e a riprendere nel mondo il posto che gli compete. Attiro la sua attenzione sulla urgente necessità di cogliere ogni occasione per migliorare i nostri rapporti col Paese di sua residenza, ciò indipendentemente dalla posizione che sarà assunta nei confronti del trattato di pace. Due problemi principali e in un certo senso pregiudiziali preoccupano il Governo, gli accordi commerciali e gli accordi per la emigrazione e le sarò grato per quanto farà in questa direzione. La prego di far pervenire alla colonia italiana il mio saluto. I destini della Patria dipendono dalla unità del nostro popolo, dalla fermezza con la quale difenderemo il nostro diritto, dalla lealtà con la quale dimostreremo di aver rotto con ilpassato e con la quale serviremo la Nazione e le istituzioni democratiche e repubblicane che essa si è data.

426

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 17964/1327. Parigi, 20 ottobre 1946, ore 13,20 (per. ore 19).

Trasmettesi seguente telegramma a firma Reale: «Questa ambasciata Polonia, per incarico avuto dal Ministero'degli affari esteri, mi ha comunicato vivo desiderio Governo di Varsavia che progettata manifestazione Anders a Roma non abbia luogo, nel caso che Governo italiano la abbia già autorizzata, che essa sia limitata a deposizione corona da parte Anders e suo Stato Maggiore senza partecipazione truppe polacche che le dia carattere manifestazione militare e senza, soprattutto, partecipazione autorità civili o militari italiane. Raccomando vivamente attenzione codesto Ministero degli affari esteri passo amba

l Per la risposta vedi D. 435.

sciata Polonia a Parigi ricordando quanto ho già detto a voce al ministro Nenni circa estrema suscettibilità polacca su questione. Gradirò assicurazioni a Varsavia dove sarò il 23 corrente» 1•

427

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 17971/448. Vienna, 20 ottobre 1946, ore 16,30 (per. ore 7 del 21).

Gruber, che ho visto ieri e cui ho esposto quanto mi era stato comunicato con telegramma 202 del 12 corr. 2 , mi ha confermato che sua azione intende essere perfettamente conforme spirito di amichevole collaborazione che aveva ispirato accordo di Parigi. Formulazione e risoluzione questa Commissione parlamentare esteri era dovuta note ragioni di politica interna già espostemi, ma egli riteneva potermi assicurare che, calmatasi l'atmosfera locale, espressioni del tipo di quelle da noi lamentate non sarebbero state ripetute.

Venendo a parlare dell'attuale sessione parlamentare, Gruber mi ha affermato che egli avrebbe fatto tutto il possibile per evitare una discussione sull'accordo dinanzi a intera Assemblea, discussione che avrebbe potuto dare origine a difficoltà ed a malintesi. Da un punto di vista giuridico egli riteneva che accordo di Parigi fosse intesa politica di buona fede, per la cui conclusione era sufficiente una comunicazione questo Governo, consenso che gli era stato dato pienamente. Se anche, cosa che riteneva di poter escludere, gruppo comunista fosse riuscito a ottenere discussione su accordo per Alto Adige in seduta plenaria, partiti di maggioranza si sarebbero pronunziati senz'altro a suo favore. Al Parlamento federale sarebbero state sottoposte, invece, singole stipulazioni previste Governo italiano accordo di Parigi.

Al ritorno da suo soggiorno Stati Uniti d'America, e cioè verso metà prossimo mese, egli contava si potesse entrare fase concreta esecuzione accordi. Dott. Gruber lascia Vienna oggi diretto New Y ork.

428

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE DESTINATA A NEW YORK

DIRETTIVE. Roma, 20 ottobre 1946.

I. Far presente che il Governo italiano è tuttora d'opinione che tutta la questione della Venezia Giulia dovrebbe essere risolta tenendo conto della volontà liberamente espressa delle popolazioni interessate.

l Per la risposta vedi D. 431. 2 Vedi D. 403.

2. -Confermare l'opinione del Governo italiano essere l'istituzione del Territorio Libero un artificioso compromesso, privo delle necessarie basi di vitalità economica e fondamentalmente anti-democratico in quanto ne è stata decisa la istituzione senza che venisse data alle popolazioni interessate la possibilità di esprimere liberamente la loro volontà in proposito. 3. -Qualora, ciò nonostante, le Quattro Potenze decidessero di ratificare una soluzione secondo le linee generali approvate il 3 luglio c.a., è opinione del Governo italiano, per quanto concerne lo statuto del costituendo Territorio Libero:

a) che le garanzie relative all'indipendenza ed allo status internazionale del Territorio Libero debbano essere determinate dal Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. al quale spetta in ultima analisi la responsabilità del loro rispetto; e che per conseguenza il governatore riconosciuto dall'O.N.U. debba avere tutti i poteri necessari per garantire in loco la loro salvaguardia;

b) che la costituzione del Territorio Libero· e la sua amministrazione interna debbano essere sulla base della più larga democrazia; in questo campo la funzione del governatore dovrebbe essere limitata a quella di garante del rispetto di una costituzione liberamente adottata dal popolo triestino;

c) che tutti gli Stati maggiormente interessati al libero uso ed allo sviluppo economico del porto di Trieste debbano impegnarsi ad astenersi da qualsiasi misura discriminatoria ai danni del porto di Trieste, specie per quanto riguarda la libertà del traffico ferroviario.

429

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1sonno. Atene, 21 ottobre 1946, ore 23,10 (per. ore 12,30 del 22).

Giornali pubblicano dettagliatamente programma celebrazioni ufficiali 28 ottobre, ricorrenza dichiarazione di guerra Italia. Programma che si estende per tre giorni dal 25 alla mezzanotte del 28 include mostra del libro nella ex-Casa d'Italia; sfileranno veterani, invalidi di guerra, famiglie caduti, rappresentanza forze armate e organizzazioni giovanili; speciali celebrazioni a Tino o ve sarà gettata corona fiori dalla costa acque siluramento Elli; cerimonie accademiche e rappresentazioni di gala dei ... 1; te Deum alla presenza famiglia reale e corpo diplomatico e nuova corte con intervento delle più alte autorità civili e religiose e militari.

Celebrazioni, che per la prima volta si svolgeranno con partecipazione del re, presentano necessariamente maggiore ampiezza e rilievo che anno scorso. Dai giornali contenuto intenzionalmente antitaliano appare evidente, anche dai commenti della stampa, desiderio governo di manifestazione per scopo regionale prevalentemente dinastica e di politica interna nonché di sottolineare dinanzi opinione

l Due parole indecifrate.

pubblica internazionale, in un momento in cui rivendicazioni greche dovrebbero essere ancora discusse in sede definitiva redazione trattati di pace, benemerenze di questo Paese nella causa comune 1•

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECI A DI COSSATO

T. 15941192. Roma, 21 ottobre 1946, ore 24.

Suo 152 2 .

Ho oggi vivamente pregato questo rappresentante canadese di voler illustrare al suo Governo nostre urgenti necessità alimentari e come dunque gli saremo grati se esso volesse esaminare con ogni possibile favore nostra richiesta grano per ammontare tre milioni 900 mila dollari di cui mio precedente telegramma 3 . Gli ho aggiunto che per trasporto sono attualmente in corso da parte nostra richiesta noleggio naviglio americano. Mi ha promesso che interverrà subito presso suo Governo nel senso da noi desiderato. A suo giudizio suo Governo terrebbe sopratutto acché nostre disponibilità monetarie in Canadà fossero impegnate in acquisti di prodotti atti ad affermare economia suo Paese in Italia. Finché prevalgono, come oggi, urgenti e immediati bisogni alimentari, sarebbe per noi difficile aderire a tale esigenza, ma nulla vieta che almeno parte delle somme di cui, per esportazioni o rimesse di italiani, disponiamo in Canadà possano essere impegnate anche a quegli scopi. Dovrebbe tuttavia all'inizio trattarsi di una quota minima, destinata a progressivamente espandersi quando e appena le prospettive alimentari del Paese migliorino. E su ciò egli concorda. Ella intanto continui sua azione costà nella forma che riterrà migliore a raggiungere quei risultati che sono oggi per noi estremamente urgenti ed importanti 4 .

431

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, REALE

T. 15949/210. Roma, 22 ottobre 1946, ore 16.

Suo 1327 da Parigi5 .

Sono state date disposizioni perché generale Anders si limiti deporre corona sulla tomba Milite Ignoto senza dare manifestazione alcun carattere politico e senza partecipazione sue truppe e tanto meno nostre. Saranno presenti due ufficiali italiani

1 Per la risposta vedi D. 450. 2 Vedi D. 411, nota 3. 3 Vedi D. 410. 4 Per la risposta vedi D. 436. 5 Vedi D. 426.

che durante guerra facevano parte Corpo polacco e ciò a semplice titolo cameratesco e personale. Ella può comunicare quanto precede a codesto Governo sottolineando che è anche nostro interesse e proposito porre limiti precisi ad iniziativa che è soltanto giustificata dalle migliaia di soldati polacchi caduti combattendo su terra italiana.

432

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. SEGRETO PER CORRIERE 18404/028. Vienna, 22 ottobre 1946 (per. il 26).

Seguito miei telegrammi nn. 444 e 448 1•

Atteggiamento austriaco circa questione ratifica accordo di Parigi da parte Parlamento federale lascia pensare che soluzione qui adottata non sia dovuta a soli motivi di politica interna, ma anche ad altre meno espresse ragioni di più ampia portata che toccano in parte natura stessa dell'intesa.

Con separato rapporto 2 riferisco in merito a fondatezza giuridica tesi Gruber in relazione diritto costituzionale qui attualmente vigente. Ma, andando oltre puro aspetto legale questione, mi sembra evidente che da parte questo Governo si cerchi ora di non esaminare accordi in sede parlamentare se non dopo firma, da parte italiana, trattato di pace, in modo da poter eventualmente sostenere, a suo tempo, nostri obblighi nei confronti non solo Austria, ma tutte le Potenze firmatarie.

Gruber non sosterrebbe probabilmente oggi nei nostri riguardi questa tesi, ma in un secondo tempo potrebbe dichiararsi costretto a seguire la tesi impostagli dai partiti, come si è detto costretto ad accettare risoluzione proposta da popolari e socialisti in seno Commissione affari esteri, pur col suo richiamo ad autodecisione ed a inalienabili diritti Austria.

Mentre segnalo anomala situazione che verrebbe a crearsi se accordo per Alto Adige forse sottoposto a nostra Assemblea costituente senza che da parte austriaca venga presentato questo Parlamento, e mentre faccio presente che nostra insistenza perché testo dell'intesa sia sottoposto Parlamento Vienna non potrebbe portare che a votazione ed a solenne riconferma, per noi certo inopportuna, della risoluzione questa Commissione affari esteri da me trasmessa con telegramma 399 3 , permettomi prospettare convenienza procedere, vincendo eventuali esitazioni austriache attraverso ad opportune pressioni alleate, a pronta stipulazione di almeno una delle singole convenzioni previste da accordi Parigi (ad esempio quella per traffico Pusteria cui progetto fu consegnato questo Ministero esteri fin dallo scorso agosto). Richiamando nel testo di essa l'intesa di Parigi e dato che da parte austriaca si è dichiarato che tali convenzioni dovranno essere sottoposte ad approvazione parlamentare, se ne verrebbe a sancire il carattere bilaterale, che è quanto, come da telegramma ministeriale n. 2024 , a noi preme.

l Vedi DD. 418 e 427. 2 Vedi D. 635. 3 Vedi D. 366, nota l. 4 Vedi D. 403.

Trattasi, come si vede, di questione di carattere formale, la cm importanza non può tuttavia essere svalutata quando quando si pensi che garanzia internazionale dell'accordo è interesse austriaco, che questo Governo spera di affermare forse non senza appoggio terze persone.

433

IL PREFETTO DI BOLZANO, INNOCENTI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

R. 15175 GAB. Bolzano, 22 ottobre 1946.

Un accenno contenuto nel Dolomiten del l o ottobre in ordine alla nota lettera inviata al ministro degli esteri britannico dal presidente della « Siidtiroler Volkspartei» mi dette occasione di chiedere a quest'ultimo, sig. Erich Amonn, copia della lettera in parola.

Per quanto l'iniziativa dell' Amonn sia stata superata dagli accordi De Gasperi-Gruber per l'Alto Adige, reputo tuttavia opportuno, a fini di documentazione, di inviare, qui acclusa, copia della lettera di cui trattasi.

L'Amonn, nell'inviarmela, mi ha scritto, fra l'altro, quanto segue:

«La lettera venne da me scritta dopo essere stato informato che la delegazione italiana a Parigi aveva fatto circolare presso le delegazioni delle Nazioni unite la voce che trattative dirette fra il Siidtiroler Volkspartei ed il Governo italiano sarebbero in corso. Questa asserzione avrebbe potuto indebolire la nostra posizione, cioè la nostra richiesta riguardante una discussione della nostra questione nella Conferenza di Parigi. Dal contenuto della lettera ella rileverà del resto che essa non contiene nessuna delle frasi riportate erroneamente da alcuni giornali».

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DEL SUDTIROLER VOLKSPARTEI, AMONN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

L. Bolzano, 22 agosto 1946.

May I be permitted to transmit to you again in the name of the South Tyrolese People and the South Tyrolese Peoples' Party our sincerest thanks for your declaration in the House of Commons on July 25th last 1 , according to which the South Tyrolese People should be heard at the Peace Conference. The South Tyrolese question is, as appears plainly from the two debates held in the House of Commons, known to such an extent, that any further comment upon it seems to me superfluous. Nevertheless, I beg leave to point out that the South Tyrolese Peoples' Party could not up to the present declare its readiness to enter into negotiations with the Italian Government regarding an autonomy because it is convinced that the Italian Government would use any readiness on our part to enter into negotiations

1 Vedi D. 71.

for an autonomy as a pretext to spread the impression abroad that the South Tyrolese had

renounced their right of selfdetermination, thereby rendering Austria s'claim void of any

significance. In spite of this Ministerpresident De Gasperi declared on August Ioth at the

Peace Conference that an agreement had been reached about an extensive autonomy for the

South Tyrol which was to be submitted to the National Assembly. To this declaration we

must remark that the South Tyrolese Peoples' Party had merely received, for inspection

from the Prefect of Bozen an autonomy-draught prepared by him to which the South

Tyrolese Peoples' Party has yet not taken position; therefore of any agreement arrived at

with the population concerned, cannot be spoken.

This draught which seems to have found the approvai of the ltalian Government does

not dea! with an Autonomy for the proper South Tyrol, but for a region comprising the

South Tyrol as well as the ltalian speaking Trentino region, within which the German and

Ladinspeaking population would form the very outsed a minority.

We do not in any way deny certain common interests which tie us to the Trentino, but

first of ali, we should like to see durably warranted our own ethnical cultura! and economie

belongings without having continually to live under the fear of further denationalization.

Through the artificial and bruta! Fascist policy of denationalization the percentage of the

ltalian population in South Tyrol has increased between 1919 and 1939 from 3 per cent to

25%, an d almost ali South Tyrolese officials ha ve been dismissed; but never was the influx of

Italians into our country greater than from May 1945 up to the present time (over 50.000

immigrants to whom preferential treatment was granted by the labor-, lodgings-, and licence

offices to the disadvantage of the native population); stili 93% of the officials are ltalians and

among them who formerly carne to our country as Fascist oppressors of our people.

The tendencies for denationalization undoubtly continue to exist, though, as regards schools and use of language a notable change must be registered. In addition, i t is felt especially depressing that the fascistic education practiced far long years has produced a nationalistic spirit which lacks entirely ali understanding for the needs, necessities, and natura! aspirations of our people, so that even well-meaning and intelligent ltalians cannot get a hearing.

Therefore we ask ourselves, what security do we possess indeed, not to be crushed slowly but surely by a continued policy of immigration? What security do we possess that the autonomy which should be granted to us under the pressure of the present politica! situation will be taken from us the moment this pressure ceases or the nationalistic, centralistic, an antiautonomistic currents should arise again, if no t an effective international guaranty prevents such a possibility? Far be it for mc to throw the least suspicions on the loyalty of the actual ltalian Government, but nobody can deny that any autonomy which lacks of international guaranty will always be depending upon the changeable politica! conditions in ltaly. lt should therefore be possible, considering the fact that the ethnographic Austrian character of our people is unquestionably established, to givc us, at least, an international guaranty which would afford us ethnical protection and the maintcnance of determined principles of an effective and satisfactory autonomy in case that our right of selfdetermination should no t be recognized?

I do not believe the objection justified that the imposition of such an obligation would violate the national honour or souvereignty of Italy. On the contrary, I believe that the national honour of a people is violated rathcr by a dishonorable action of the government which tramples upon the rights of the weak than by maintaining a just and morally sound obligation. However this may be, there are, according to my opinion diffcrent possibilities to impose such an obligation in a manner which excludes any offending of the Italian national sentiments. As the South Tyrol's problem is esscntially an Italo-Austrian question the provisions regulating South Tyrol's autonomy within thc framework of Italy could, for instance, be inserted into an Italo-Austrian agrecment which, in its turn, could be considered an international guaranty, provided that to both guaranteeing States is granted the right to appeal to the U.N.O. or any other international Court of justice in case a violation of the agreement should happen.

For 25 years we South Tyrolese People continually had had to face the danger of being destroyed and no body will take it amiss if we ask for such a clear-cut solution as will assure our future. It will serve everybody's interest if a solution is not a bone of contention but a bridge between Italy and Austria.

The South Tyrolese people have followed with greatest interest your declarations especially hailing that part of your speech which desires an intensified economica! co!laboration between Italy and Austria. In consequence of our geographical position and our belonging thenically to the Austrian people, we are convinced of having thereby to fulfil an important task. But how can these aspirations, for which you and we are striving for the bcnefit of both Austria and Italy, ever be realized, without having first removcd for ever the existing tension between those states, tension which, in its turn, can only be removed by a satisfactory solution of South Tyrol's problem? T o liberate those Tyrolese who populate the areas South of the Brenner from the everlasting worry, to have to struggle for thcir very existence as a people, to safeguard them their future, is indeed, I believe, the least which at thc Peace Confcrence ought to be achieved.

If in accordance to your suggestion we should be offered the opportunity to explain our views at the Peace Conference, it would be a great honour for us to present detailed proposals, which, as I think, would not be exclusively in our interests but also to the advantagc of ali states concerned in the question and in thc interest of the peace in generai.

434

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18214/1111. Londra, 23 ottobre 1946, ore 13,55 (per. ore 20).

Conte Sforza ha pronunciato a Chatham House attesa conferenza di cui invio sunto per corriere 1•

Non essçndo ammessi stranieri, ho saputo da persone che vi assistevano del grande interesse con cui pubblico inusitatamente numeroso e scelto ha seguito l'oratore.

Conte Sforza, di cui trasmetto qui di seguito un messaggio per V.E., ha notato da parte sua atteggiamento francamente cordiale degli ascoltatori.

«Non parlerei del mio discorso di cui le linee generali scopi erano evidenti se non credessi utile chiarire un solo punto di esso: avendo dimostrato alla lunga sarebbe un interesse fondamentale britannico trovare un compromesso che in qualche modo lasci agli agricoltori e produttori italiani di sviluppare Tripolitania, sia pure con assicurazioni militari per l'Inghilterra, pubblico, che era molto autorevole, rimase impressionato mia proposta che dichiarai essere esclusivamente mia personale. Aggiunsi che l'Inghilterra renderebbe anche un servizio al più indipendente e critico dei suoi Dominions, Africa del Sud, cui supremo interesse è aumentare razza bianca sul continente africano. Dopo mio discorso e nel periodo delle critiche un molto autorevole uomo politico indiano mi rimproverò questo mio accenno come prova di malsano orgoglio di razza. Fui molto applaudito quando gli risposi: "No, noi italiani e voi indiani abbiamo identiche posizioni di popoli stabili. Se noi siamo più utili in Libia è perché facciamo là ciò che un popolo nomade come l'arabo non sa fare. Spingendolo a divenire sedentario come voi e noi rendiamo servizio alla economia mondiale". Sarò a Roma ! 0 novembre. SFORZA».

l Non pubblicato.

435

IL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, BYRNES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18263. Washington, 23 ottobre 1946, ore 14,50 (per. ore Il del 24).

In acknowledging receipt of your cordial telegram 1 on the occasion of your assumption of your new honor and responsability as Foreign Minister I desire to take this opportunity to renew my expressions of friendship for the Italian people. Italy has already proved that years of oppression could not stifle the free democratic spirit of her peop1e; this spirit, I am confident, will enable them to overcome the difficu1ties arised from the war and to work with ali free peoples for a lasting peace. In this endeavor they can count on the full support of the American people and I shall be happy to work with you to strengthen more firmly the close ties which bind our two Countries.

436

IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 182721157. Ottawa, 23 ottobre 1946, ore 15 (per. ore 15,30 del 24).

Riferimento telegramma 92 2 e seguito mio dispaccio 156 3 .

In considerazione impegni presi dal Governo canadese ritengo difficile ottenere importante fornitura grano. Non ho mancato compiere ogni azione e continuo a insistere e insisterò personalmente Mackenzie King non appena sarà di ritorno Ottawa. Secondo le istruzioni telespresso 32351/27 del 28 febbraio 4 ho chiesto 500 mila tonnellate. Situazione trasporti marittimi non è preoccupante, esistono invece gravissime difficoltà trasporti interni e attualmente ventiquattro piroscafi sono inutilizzati Montreal in attesa grano, facendo presente inoltre che definitive decisioni dipendono I.E.F.C. Washington. Non ritengo Governo canadese acconsentirà utilizzo intera somma per acquisto grano pertanto attiro attenzione V.E. su opportunità rifornirsi materie prime per ricostruzione piuttosto che prodotti industria canadese i quali potrebbero sempre acquistarsi con dollari ottenuti attraverso nostre esportazioni Canada ammontanti oggi circa un milione 500 mila dollari. Detta somma dovrebbe in ogni caso utilizzarsi sollecitamente per poter richiedere resto am-lire come già comunicato con telegramma n. 156 suddetto.

Assicuro che non lascerò intentata ogni possibilità per raggiungere scopo desiderato.

l Vedi D. 424.

2 Vedi D. 430.

3 Con T. 18100/156 del 15 ottobre. Cossato aveva riferito circa il possibile utilizzo del credito aperto dal Governo canadese a favore dell'Italia e circa la questione della fornitura di grano.

4 Non pubblicato.

437

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

'

T. 1823711339. Parigi, 23 ottobre 1946, ore 19,15 (per. ore 9 del 24).

Il Quai d'Orsay ha in via di massima accolto favorevolmente il discorso di Bevin, sottolineando con soddisfazione l'accoglimento dei desideri francesi nei riguardi della Saar.

Le parole di Bevin non hanno sollevato commenti sfavorevoli nemmeno nella parte relativa alla Renania e alla Rhur.

Mi è stato dichiarato al Quai d'Orsay che, per quanto il punto di vista francese non abbia subito cambiamenti, ci si rende ormai conto dell'estrema difficoltà che possa prevalere nei riguardi di queste due ultime regioni e ci si orienta ormai verso una posizione di ripiegamento che potrebbe essere il controllo internazionale permanente.

In generale nei circoli del Ministero degli affari esteri francese si insiste sulla necessità di decidere la questione della frontiera occidentale su di una base di assoluta sicurezza prima di procedere alla ricostituzione dello Stato germanico.

A questo riguardo, ed in particolare al riguardo della forma che dovrebbe assumere la ricostituzione della Germania, hanno avuto luogo in questi ultimi tempi qui a Parigi conversazioni tra esperti francesi e inglesi. Tali conversazioni hanno avuto un carattere preliminare come del resto lo avranno anche le prossime conversazioni di New Y ork poiché il Governo francese non desidera trattare a fondo la questione tedesca prima della conclusione del prossimo rimaneggiamento ministeriale.

438

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18242/462. Vienna, 23 ottobre 1946, ore 21 (per. ore 9 del 24).

Segretario di legazione austriaco Giuseppe Schoner, che prese parte con delegazione Austria Conferenza Parigi e che è incaricato questione Alto Adige presso questo ministero, m'ha comunicato che sarebbe suo desiderio recarsi principio novembre Bolzano per periodo di pochi giorni. Egli ha tenuto precisarmi che viaggio, che avverrebbe con autorizzazione ministro Gruber, avrebbe puro scopo informativo. Dottor Schoner sarebbe lieto poter prendere contatto in tale occasione con nostre autorità Bolzano. Prego autorizzarmi ove nulla osti a vistare passaporto diplomatico funzionario in parola 1•

l Per la risposta vedi D. 447.

439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO

T. 16017/c. 1• Roma, 23 ottobre 1946, ore 22.

Ho pregato ieri questo incaricato d'affari degli Stati Uniti di rendersi interprete presso Byrnes del mio vivo apprezzamento per le recenti dichiarazioni da lui fatte circa lo Stato Libero di Trieste. Gli ho chiesto di far sapere a mio nome allo stesso Byrnes che se per ottenere la firma del trattato da parte della Jugoslavia si dovessero fare a Belgrado nuove concessioni circa le frontiere dello Stato Libero e la frontiera fra l'Italia e lo Stato Libero e fra l'Italia e la Jugoslavia, il Governo italiano non sarebbe più in grado di rispondere delle legittime reazioni del Paese, che ha già accolto con indignazione le gravi decisioni dei Quattro, convalidate dai Ventuno. Facevo quindi appello al signor Byrnes perché fossero esaminate con benevolenza le richieste italiane e respinte quelle, da qualunque parte formulate, tendenti a rendere ancora più punitivo e mortificante il trattato.

Predetta mia comunicazione è stata da incaricato d'affari immediatamente telegrafata a Washington.

Si pregano le ambasciate a Washington, Londra e Parigi di voler esprimersi nello stesso senso ad ogni propizia occasione e l'ambasciata a Mosca di tener presente quanto precede per sua norma di azione.

Analoga comunicazione farò a questo incaricato d'affari d'Inghilterra a seguito del discorso Bevin che, per quanto riguarda Territorio Libero, mi pare, dai brevi estratti pubblicati oggi dalla stampa, intonato allo stesso spirito che anima quello di Byrnes 2 .

440

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18261 ns. Atene, 23 ottobre 1946, ore 22,45 (per. ore 9,30 del 24).

Mio telegramma 70 3 .

Ho avuto stamane cordiale conversazione Tsaldaris. Gli ho detto fra l'altro che, pur rendendosi conto significato nazionale imminenti celebrazioni 28 ottobre, dovevo esprimere timore che esse agissero come stimolanti tendenze anti-italiane di una parte opinione pubblica. Ho aggiunto che avevo fiducia Governo facesse quanto era

l Questo telegramma era diretto anche alle ambasciate a Parigi e Mosca e alla rappresentanza a Londra.

2 Per la risposta vedi D. 446.

3 Vedi D. 429.

possibile perché manifestazioni non degenerassero in questo senso. Presidente mi ha assicurato che ogni intenzione ostile nei nostri riguardi esulava dal pensiero del Governo cui linea politica, al contrario, era di stabilire cordiali e intime relazioni con nuova Italia. Mi ha comunque ringraziato di avergli fatto tempestivamente presenti mie preoccupazioni e, chiamato quindi presso di sé sottosegretario di Stato alla stampa, ha discusso con lui minutamente, in mia presenza, secondo il caso celebrazioni, dandogli seguenti istruzioni: a) di rivedere testi discorsi ufficiali membri del Governo e radio diffusioni eliminando tempestivamente passi che potessero suonare ostili od offensivi verso nostro Paese; b) di convocare presso di sé direttori dei giornali governativi e di quelli del centro (opposizione repubblicana esclusa e deli'E.A.M. che, ha aggiunto il presidente, farebbero certamente il contrario) e di raccomandare loro di attenersi alla stessa linea.

Ho ringraziato il presidente assicurandolo che V.E. avrebbe apprezzato suo atteggiamento 1•

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUCAREST, GERBORE

T. 16036/120. Roma, 23 ottobre 1946, ore 23.

La prego presentare al ministro Stefano Voitec i miei saluti. Gli dica che ho sovente l'occasione di incontrare il signor Nicolai Timiras col quale ho le migliori relazioni.

442

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, SOARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 18581/051. Varsavia, 23 ottobre 1946 (per. il 29 ).

Mio telegramma per corriere n. 048 del IO corrente 2 .

Secondo quanto è stato reso noto da agenzia stampa, presidente Bierut si è recato in aereo 18 corrente a Belgrado per restituire visita fatta marzo scorso a Varsavia da maresciallo Tito 3 .

Capo dello Stato polacco era accompagnato da ministro difesa, maresciallo Zymierski, ministro cultura e belle arti, Kowalski, ministro giustizia Swiatkowski, ambasciatore jugoslavo a Varsavia, Ljumovic, alti funzionari presidenza Consiglio nazionale e Ministero esteri, nonché ufficiali generali e superiori.

I Per la risposta vedi D. 450. 2 Non pubblicato: annunziava la visita di Bierut a Belgrado. 3 Vedi serie decima, vol. III, DD. 268 e 273.

Come riferito con telegramma cui faccio seguito, direttore generale affari politici Ministero esteri Olszewski trovavasi già Belgrado dalla fine scorso mese settembre.

Stampa polacca pubblica ampi resoconti accoglienza riservata da Governo e popolo jugoslavo agli ospiti polacchi. Numerosi editoriali esaltano amicizia, comunità interessi e vincoli ideologici che legano due Paesi. Oltre al solito tema solidarietà slava contro pericolo germanico si sottolinea presenza a Belgrado ministro cultura e belle arti polacco come prova dell'importanza relazioni culturali con Jugoslavia.

Anche discorsi scambiati a Belgrado tra Bierut e Tito, riportati da questi giornali, trattano argomenti generici alleanza e collaborazione polacco-jugoslava.

A differenza di quanto accaduto durante visita Tito a Varsavia marzo scorso, non è da segnalare sinora alcuna intensificazione campagna stampa sull'argomento Trieste e Venezia Giulia e notasi solamente qualche accenno analogie esistenti tra esigenze difesa Jugoslavia su Adriatico e Polonia sull'Oder-Neisse.

443

L'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUDAPEST, ASSETTATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 297/74. Budapest, 23 ottobre 1946 (per. il 13 novembre).

Riferimento mio telespresso n. 265/73 del 19 corrente 1•

Sono stato oggi ricevuto in udienza dal ministro Gyongyosi, come noto testè rientrato da Parigi. Il ministro degli esteri è il più anziano, come membro di Governo dell'attuale regime, avendo fatto parte del Governo sin dalla formazione del primo Gabinetto di coalizione costituitosi a Debrecen verso la fine del 1944; ufficialmente è rappresentante del Partito dei piccoli possidenti, ma, sembra, -e tale voce mi è stata confermata da parecchie parti-sia membro segreto del Partito comunista; comunque è considerato come persona particolarmente grata ai russi. Nel Paese non gode attualmente di molta popolarità poiché, a torto o a ragione, gli si rimprovera l'insuccesso ungherese e il duro trattamento fatto all'Ungheria a Parigi. Il ministro degli esteri, ex professore di scuola media, mi ha fatto l'impressione di persona di levatura piuttosto modesta e tale è infatti anche l'opinione che su di lui mi sembra qui piuttosto prevalente; non parla alcuna lingua straniera, pur affermando di comprendere un po' l'italiano, il francese e l'inglese. La mia conversazione quindi ha dovuto aver luogo, come d'altra parte quasi sempre avviene nei contatti con questi uomini politici, a mezzo di un interprete.

Il ministro Gyongyosi mi ha dichiarato la sua viva soddisfazione dell'avvenuta ripresa dei rapporti diplomatici fra l'Italia e l'Ungheria c mi ha parlato con molta simpatia dell'Italia, dove egli fu parecchio tempo prigioniero durante la prima guerra mondiale; di tale periodo e del trattamento usatogli dagli italiani egli ha sempre conservato un ottimo ricordo. Mi ha poi parlato, con molta ammirazione e

1 Con tale telespresso Assettati riferiva sul ritorno a Budapest della delegazione ungherese e sull'azione da essa svolta alla Conferenza della pace.

riconoscenza, dell'ambasciatore Quaroni, il quale gli fu largo di preziosi consigli e di assistenza, allorquando Gyongyosi si recò la prima volta a Mosca per la conclusione dell'armistizio con l'U.R.S.S.

Passando a parlare di politica generale, Gyongyosi mi ha detto di aver lasciato a Parigi un'atmosfera piuttosto pesante; a suo dire, specialmente in America, si starebbe sviluppando sempre più una psicosi di guerra e la convinzione che, qualora non possa addivenirsi ad una rapida soluzione dei principali e più gravi problemi europei, si presenterebbe per il nostro continente il pericolo di una nuova gravissima crisi. A questa psicosi bellica farebbe contrasto, secondo Gyongyosi, l'intenzione russa di evitare assolutamente un nuovo conflitto, che l'U.R.S.S., oltre a tutto, non sarebbe in grado di affrontare; egli ha aggiunto che l'U.R.S.S. cerca di arrivare in ogni questione fino all'estremo limite per potere ottenere il massimo delle concessioni, salvo, poi, a fermarsi a tempo per evitare che la tensione si aggravi eccessivamente; come sua personale impressione, Gyongyosi mi ha peraltro dichiarato di essere piuttosto ottimista, in specie dopo le ultime dichiarazioni di Molotov e tale ottimismo egli fonda particolarmente sulla sua convinzione che la Russia voglia assolutamente evitare lo scoppiare di un nuovo conflitto.

Per quanto riguarda la posizione dell'Ungheria, egli l'ha definita piuttosto difficile ed ha dichiarato che il suo Paese, sia dal punto di vista politico, che da quello economico, non ha che una linea da seguire, quella di stretta amicizia con la Russia; a parte ogni altra considerazione infatti, i russi, con la costituzione di società miste per lo sfruttamento delle principali risorse economiche del Paese, per la gran parte già in mano dei tedeschi (bauxite, carbone, oli minerali, navigazione, ecc.) hanno notevolmente avvantaggiato l'Ungheria e rappresentano, al tempo stesso, fattore determinante nell'intera economia del Paese. Questa linea politica, dalla quale l'Ungheria non può in alcun modo dipartirsi, non escluderebbe peraltro una collaborazione anche con le Potenze occidentali ed, in particolare, con l'America del cui aiuto l'Ungheria, come del resto anche la stessa Russia, hanno bisogno per ricostruire le loro economie devastate dalla guerra; non ritiene peraltro possibile o, per lo meno assai difficile, per l'Ungheria rappresentare, in considerazione della sua posizione geografica, quasi una specie di ponte gettato tra l'Occidente e l'Oriente. Questa è un'illusione, ha affermato Gyongyosi, che altri Paesi, quali ad esempio la Cecoslovacchia, si sono fatti, ma è cosa praticamente irrealizzabile.

In materia di riparazioni, che è quÌ oggi l'argomento più scottante e direi più angoscioso, il mio interlocutore ha affermato che il trattamento usato all'Ungheria è sommamente ingiusto e oltre a tutto assurdo. Basti il fatto del raffronto tra gli oneri imposti all'Ungheria e quelli dettati all'Italia, Paese di ben maggiori e più vaste possibilità e risorse economiche. (È questo un tema su cui anche la stampa recentemente si è particolarmente intrattenuta). All'Ungheria, piccolo Paese di nove milioni di abitanti, già devastato dai saccheggi e dalle distruzioni della guerra, si chiedono 300 milioni di dollari come riparazioni ma, quel che più conta, circa un miliardo per ricostruzioni, risarcimenti, ecc. Tutto ciò, egli ha affermato, è di una tale assurdità che dovrebbe essere evidente per tutti; a meno che non si voglia completamente distruggere o rendere schiavo questo Paese, i creditori dovranno convincersi della materiale impossibilità per l'Ungheria di pagare quanto richiestole. Questo, ha aggiunto Gyongyosi, è quanto egli stesso ha fatto presente, per lealtà di debitore, alla Conferenza di Parigi; egli spera peraltro che la proposta americana di ridurre le riparazioni imposte al suo Paese possa in qualche modo essere finalmente accolta.

Venendo infine a parlare delle relazioni fra l'Italia e l'Ungheria, il ministro mi ha detto che, dal punto di vista culturale, un'attiva ripresa si presenta facile in quanto non c'è che da rimettere in vita quanto già costruito in passato con opportuni aggiustamenti. Mi ha citato a questo proposito il Collegio italo-ungherese di Pannonhalma, dove l'insegnamento non è stato mai né interrotto, né modificato, le scuole ungheresi dove viene tuttora impartito l'insegnamento dell'italiano, nonché le Università dove si desidera riprendere al più presto i corsi già esistenti di cultura italiana.

Dal punto di vista delle relazioni commerciali, esse continuano, come per il passato, ad essere per l'economia ungherese della più alta importanza; non si nasconde peraltro la difficoltà, per il suo Paese, di effettuare delle larghe esportazioni in contropartita di importazioni dall'Italia, data l'attuale assai critica situazione economica dell'Ungheria. Nonostante gli sforzi che si stanno facendo, la produzione locale dei principali articoli di esportazione non ha potuto riprendere in pieno e i quantitativi prodotti vengono, per la quasi totalità, assorbiti dal consumo interno e dal pagamento delle riparazioni. Mi ha citato, ad esempio, il grano, facendomi presente che pur essendo già stato messo in lavorazione il 93 per cento del terreno produttivo, anche per effetto dello scarso raccolto dovuto alla siccità, l'intero prodotto cerealicolo è assorbito dal fabbisogno nazionale e dagli obblighi armistiziali.

Dal punto di vista politico infine Gyongyosi mi ha chiaramente detto che un'intensificazione dei rapporti tra l'Italia e l'Ungheria, pur essendo vista con un certo favore dalla Russia, si presenta nondimeno notevolmente «delicata» e ciò soprattutto in relazione alla Jugoslavia, con cui l'Ungheria vuole attuare una politica di stretta amicizia. Dopo aver accennato di ritenere, in linea generale, che l'Italia e l'Ungheria siano venute per la forza delle circostanze a far, in certo modo, parte di due settori diversi, egli mi ha citato, a mò d'esempio, l'Austria verso la quale l'Ungheria ha tentato anche recentemente qualche forma di riavvicinamento, provocando con ciò rimostranze da parte cecoslovacca e jugoslava, ed ha aggiunto, sorridendo, che specialmente dopo l'accordo italo-austriaco sulle minoranze ed i discorsi pronunciati per tale occasione da uomini politici italiani ed austriaci, una particolare intensificazione di rapporti tra Roma, Vienna e Budapest potrebbe, in taluni ambienti, portare a delle vaghe reminiscenze di Asse. Alla considerazione d'ordine generale, l'esser cioè l'Italia e l'Ungheria appartenenti a due distinti settori e orientamenti politici, ho subito obiettato al mio interlocutore che, almeno per quanto riguardava l'Italia, tale affermazione non corrispondeva agli intendimenti del Governo italiano, decisamente contrario a partecipare a qualsiasi politica di blocchi, più o meno contrastanti, ed ho aggiunto che, da parte italiana, era vivo il desiderio di stabilire, sotto ogni aspetto, i migliori e più cordiali rapporti con tutti indistintamente gli Alleati; ho aggiunto, poi, che non vedevo per qual ragione il ristabilirsi, anche sul piano politico, di relazioni di sincera amicizia tra i nostri due Paesi avrebbe potuto svegliare le diffidenze di chicchessia e che, anzi, a mio personale avviso, avrebbe potuto invece forse agevolare l'auspicato chiarimento di situazioni con altri Paesi vicini, quali la Jugoslavia con cui l'Italia desidera vivamente e sinceramente addivenire ad una formula d'intesa e ristabilire i migliori rapporti.

Gyongyosi non ha escluso affatto tale possibilità ed ha concluso formulando l'augurio che possa giungersi al più presto a questa distensione e reciproca comprensione tra Paesi che, oltre a tutto, hanno molti interessi in comune.

Dai ripetuti accenni fattimi da Gyongyosi durante la nostra conversazione, che si è protratta per quasi un'ora, ho riportato l'impressione che, almeno nel convincimento e nelle intenzioni dell'attuale ministro degli esteri, l'intensità delle relazioni tra l'Italia e l'Ungheria va vista soprattutto in funzione di quelle che possano essere le reazioni jugoslave ed i nostri rapporti con il vicino adriatico. Forse Gyongyosi personalmente, che dell'amicizia ungaro-jugoslava si è fatto vivo sostenitore, è portato, per ciò stesso, ad accentuare tale funzionalità; credo però di non essere lontano dal vero affermando, sulla base anche di vari altri indizi, constatati in occasione della ripresa delle nostre relazioni con questo Paese (vedi mio rapporto n. 163/37 del IO ottobre) 1 ed in altre circostanze, che qui si proceda molto cautamente nell'intensificazione delle relazioni con l'Italia e ciò, a parte anche alcuni preconcetti d'ordine generale, soprattutto in relazione ai nostri rapporti con la Jugoslavia.

Cercherò comunque, nel modo più opportuno, di accertare meglio tale importante punto in conversazioni che avrò nei prossimi giorni con altri dirigenti della politica ungherese e riferirò in merito 2 .

444

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18303/1120. Londra, 24 ottobre 1946, ore 20,35 (per. ore 7,30 del 25).

Prendo nota contenuto telegramma di V.E. 16017 3 .

V.E. sarà ormai in possesso mio telegramma stampa 144 con il quale riassumevo punti principali discorsi Bevin dedicati all'Italia. Con aereo ieri ho anche trasmesso verbali sedute riproducenti testi integrali 4 .

Questione Trieste ripresa nel dibattito che ne è seguito. Sono da notare dichiarazioni Butler e, giorno seguente, quelle di Attlee e di Churchill. Le ho ad ogni buon fine sunteggiate in odierno telegramma stampa 146 e, per aereo, invio verbale anche di questa seduta 4 .

Mi pare si possa fare il punto come segue: tanto da parte del Governo che opposizione si è insistito sul principio che truppe britanniche non saranno ritirate dalla linea Morgan finché «trattato di pace e sue parti di maggiore rilievo non siano state poste in atto» (Attlee) o, come ha detto Churchill, «finché trattato non sia stato integralmente firmato e accettato da tutti gli Stati che dovrebbero esserne parte». Bevin è andato più in là in quanto ha ammesso che accettazione linea francese

l Vedi D. 399. 2 Per la risposta vedi D. 493. 3 Vedi D. 439. 4 Non pubblicati.

rappresenta compromesso sul punto di vista britannico e suo conseguente irrigidimento di fronte pretese jugoslave non copre soltanto questione territoriale ma si estende allo Statuto Trieste. In conclusione -accettato compromesso francese -atmosfera Camera dei Comuni è stata francamente simpatizzante per noi ed ostile alla Jugoslavia anche per questione più complessa della situazione interna di quel Paese.

Un omaggio, sia pure con riserva, è derivato all'Italia dall'accordo per Alto Adige che, dopo recente sgradevole discussione nella stessa sede, ci rende giustizia.

Anche questa volta non bisogna peraltro credere che importanza attribuita alla questione Venezia Giulia dai due opposti settori della Camera dei Comuni sia in funzione italiana. Da tutto dibattito -che non è materialmente possibile commentare esaurientemente per telegrafo -traspare preoccupazione per intera situazione mondiale dove atteggiamento da assumere verso la Russia è fattore decisivo. Si può riassumere stato d'animo presente nella domanda di Churchill se fosse esatto che duecento divisioni sovietiche si trovano schierate dal Baltico al Mar Nero; al che McNeil ha risposto evasivamente, come evasivamente, ma significativamente, è stato risposto in relazione alle mine che hanno provocato incidente due cacciatorpediniere britanniche Canale Corfù.

Ciò non di meno, come mi viene assicurato da persone che vi hanno assistito, dibattito si è svolto in ambiente di moderazione e tenore ha attenuato sostanza dei discorsi, che, nella loro gravità, riaffermano netta impressione di essere stati ben ponderati. Mi risulta a questo riguardo che Churchill aveva avuto in anticipo conoscenza del discorso Bevin.

Si può dire che lettura verbale di questa seduta dà effettivamente sensazione esatta di quale sia oggi punto di vista britannico.

445

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, MARCHETTI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

L. PERSONALE 2264. Ankara, 24 ottobre 1946 (per. il 30).

Mi sono espresso stamane col segretario generale del Ministero affari esteri nel senso indicatomi nella tua lettera senza data n. 15/33149/182 1 , giuntami l'altro giorno, e responsiva alla mia del 19 settembre n. 2074 2 .

L'ambasciatore Erkin ha accolto le mie delucidazioni con visibile sollievo e soddisfazione. Mi ha pregato di ringraziarne anche te personalmente: e mi ha detto di essere lieto che la sua reazione alla mia prima comunicazione (in base al telegramma ministeriale del 7 settembre n. 111) 3 abbia dato occasione ad un chiarimento così persuasivo e soddisfacente. Ha colto occasione per esprimere apprezzamenti molto simpatici per il nostro Paese e per la sua rapida rinascita,

1 Vedi D. 386. 2 Vedi D. 328. 3 Vedi D. 273.

pure attraverso tante difficoltà; e per rinnovarmi la sua convinzione che una cordiale cooperazione fra i due Paesi è auspicabile non solo nell'interesse loro ma di tutto il Mediterraneo.

Desidero per parte mia ringraziarti per aver voluto con tanta comprensione e sollecitudine fornirmi gli elementi atti a chiarire un equivoco che è molto opportuno si sia così facilmente potuto disperdere.

446

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 18500/1109. Washington, 26 ottobre 1946, ore 10,38 (per. ore 20 del 27).

Telegramma di V.E. n. 16017 e mio telegramma per corriere 0293 del 18 corrente 1 .

In conversazione avuta giorni scorsi al Dipartimento di Stato mi sono espresso conformemente sue istruzioni. Mi è stato in risposta assicurato che Byrnes ha ricevuto la comunicazione fattagli da V.E. tramite codesto incaricato d'affari degli

U.S.A. e che le intenzioni del segretario di Stato e del delegato americano al prossimo Convegno dei Quattro New York sarebbero «attualmente più ferme che mai nel non consentire ulteriore cedimento e mantenere in pieno raccomandazione maggioranza Ventuno per quanto riguarda sia confini orientali d'Italia sia confini e lo statuto Trieste».

Al Dipartimento di Stato si ritiene in massima che prospettive definitiva redazione trattato New Y ork bilancino e forse superino quelle di un mancato accordo. Si sconta che delegazione russa, come annunciato da Molotov in seduta finale Parigi, insisterà da principio, anche vigorosamente, tanto per miglioramenti territoriali, compresa Gorizia, e altre concessioni a favore Jugoslavia, quanto per compromesso tra questione Danubio e questione italiana. Si ostenta peraltro convinzione che russi realizzeranno ben presto assoluta rigidità posizione a questo riguardo ciò che -secondo Dipartimento di Stato -potrebbe anche indurii escogitare nuove formule accordo italo-jugoslavo per Venezia Giulia e Trieste onde cercare di ottenere ritiro truppe anglo-americane. Ho nuovamente riscontrato notevole mutamento ed una certa diffidenza ha accolto una soluzione del genere che qui si considera come manovra tendente facilitare colpi mano Tito su Trieste. Al riguardo mi sono state ripetute con insistenza considerazioni di cui al mio telegramma per corriere 0293.

Mi è stata parimenti nuovamente confermata attuale riluttanza presidente degli S.U. e segretario di Stato ad eventuale nuovo incontro Tre Grandi (mio telegramma 1065) 2 .

l Vedi DD. 439 e 415. 2 Non pubblicato.

In conclusione tutti i contatti avuti danno l'impressione che non sia attualmente prevedibile cedimento posizione di fronte a New York in questione Venezia Giulia. In caso di mancato accordo resterebbe alternativa linea Morgan de facto, peraltro esposta ad incognita futuro.

447

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA

T. 16195/227. Roma, 26 ottobre 1946, ore 17,30.

Suo 462 1 .

Non (dico non) credo che viaggio segretario Schoner sia in questo momento opportuno. Lo sconsigli a mio nome. Dica che recenti manifestazioni austriache su cui mio predecessore ha molto giustamente attirato attenzione Gruber 2 hanno creato in Alto Adige reazioni di cui non ci è possibile non tener conto e che presenza predetto signore rischierebbe acuire. È invece nell'interesse reciproco riportare la calma e sopire le agitazioni, che non giovano a niente ed a nessuno.

Per sua norma personale aggiungo che è necessario scoraggiare sempre, salvo ragioni speciali, codesti tentativi di ingerenza ufficiale od ufficiosa del Governo austriaco nelle cose nostre.

Parlando costì, dia comunque alle sue parole il tono e la forma di amichevole e confidenziale consiglio 3 .

448

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A MADRID, VANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18480/538. Madrid, 26 ottobre 1946, ore 18 (per. ore 9,40 del 27).

Questo addetto navale americano, in seguito alle istruzioni ricevute dal Dipartimento Stato Washington, ha intrattenuto capitano di vascello Bigi su gravità conseguenze per l'Italia e Marina italiana nel caso auto-affondamento unità di cui trattato pace prevede cessione ad altri Stati. In questa eventualità, secondo addetto navale americano, potrebbero essere adottate sanzioni che prevedono anche divieto possedere Marina militare. Egli ha aggiunto inoltre che, secondo quanto gli sarebbe stato comunicato da Washington, sabotaggio navi potrebbe provocare ritiro

U.R.S.S. da O.N.U. e che ambienti ufficiali statunitensi attribuiscono propaganda

in Italia per autoaffondamento ad elementi interessati favorire tale ritiro. Analoghe istruzioni avrebbero ricevuto tutti gli addetti navali americani. Comandante Bigi ha telegrafato Marina.

I Vedi D. 438. 2 Vedi D. 403. 3 Per la risposta vedi D. 454.

449.

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18476/1349. Parigi, 26 ottobre 1946, ore 20,36 (per. ore 9,20 del 27).

On. Sforza giunto ora da Londra mi prega comunicarle quanto segue: «Ebbi iersera nuova più precisa conversazione col sottosegretario permanente. Conclusione che egli stesso formulò fu che trattato non deve chiudere nessuna possibilità di cordiali intese futuro. Gli ripetei che sarebbe interesse britannico darne al più presto la prova. SFORZA».

450.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI

T. 16277/38. Roma, 27 ottobre 1946, ore 13,15.

Notizie di cui suo telegramma n. 70 1 avevano suscitato in me una qualche perplessità, che sono molto lieto sia stata chiarita nel successivo colloquio da lei avuto con Tsaldaris 2 .

Lo ringrazi a mio nome. Molto mi auguro che le manifestazioni siano effettivamente contenute nei limiti accennatile 3 .

451.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, FRANCO

T. 16308/152. Roma, 28 ottobre 1946, ore 15,30.

A questo ministro di Cecoslovacchia che, a nome del suo Governo, mi ha chiesto di voler slegare la questione dei beni italiani da quella della mano d'opera e di avviare sollecitamente quest'ultima, ho detto oggi che:

l) abbiamo preso atto con viva soddisfazione delle esplicite assicurazioni date al ministro Tacoli che ai beni italiani verrà usato trattamento identico a quello

l Vedi D. 429. 2 Vedi D. 440. 3 Per la risposta vedi D. 459.

562 riservato ai beni americani, svizzeri, britannici, sia in relazione ai decreti politici, sia in rapporto alla nazionalizzazione e indennizzi conseguenti ecc. 1;

2) non avevamo difficoltà ad iniziare entro il mese di novembre a Praga (ripeto a Praga) i negoziati per l'accordo sulla mano d'opera e commerciale. Ho aggiunto che quanto più sollecitamente e favorevolmente avessero trovato applicazione le disposizioni relative ai beni italiani, attraverso le deliberazioni delle Commissioni speciali istituite costì allo scopo, tanto meglio avrebbero proceduto i paralleli negoziati sulla mano d'opera. Le due questioni sono dunque slegate, ma è naturale che soluzione di una di esse reagirà automaticamente sull'altra. In questo senso il predetto ministro telegraferà al suo Governo.

Di quanto precede ho già personalmente informato il ministro Tacoli.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

T. PER CORRIERE 16326/c. 2 . Roma, 29 ottobre 1946.

Ho fatto oggi a queste ambasciate d'Inghilterra e degli Stati Uniti la comunicazione che trascrivo:

«All'indomani della dichiarazione di Potsdam del 2 agosto 1945 relativa alla Spagna, il Ministero degli affari esteri informava ufficialmente, per il tramite di codesta ambasciata, il Governo britannico (nordamericano) che il Governo italiano aderiva senz'altro ai principi enunciati nella dichiarazione stessa nei confronti del regime spagnolo; era pronto ad adottare verso di esso quelle eventuali concrete misure che le Nazioni Unite avessero ritenuto opportune; chiedeva a tale scopo di essere preventivamente informato dell'atteggiamento del Governo britannico (nordamericano) al riguardo.

Dopo le discussioni che hanno avuto luogo al Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. nell'aprile 1946 e la susseguente decisione che demanda all'Assemblea dello stesso O.N.U. di dare il suo giudizio sulla Spagna di Franco e di possibilmente mettere un giudicato che sia di guida agli Stati membri nelle loro relazioni col Governo franchista, il Governo italiano tiene a riconfermare ancora una volta esplicitamente l'atteggiamento già enunciato all'indomani della Conferenza di Potsdam e il suo proposito di solidarizzare con quelle decisioni che potranno essere adottate nei confronti della Spagna dall'Assemblea plenaria dell'O.N.U. nella sessione attualmente in corso a New Y ork.

I Vedi D. 396.

2 Questo telegramma era diretto anche alle ambasciate a Mosca e Parigi. Il 30 ottobre fu trasmesso a Madrid (T. 16491).

Il Ministero degli affari esteri sarà vivamente grato a codesta ambasciata se vorrà, se possibile, cortesemente e preventivamente tenerlo al corrente, per sua norma di giudizio e di azione, di quelli che saranno in concreto gli atteggiamenti che il Governo britannico (nordamericano) intende assumere nella questione».

Per le ambasciate dell'U.R.S.S. e di Francia, cui ho fatto alla stessa data analoga comunicazione, sono state omesse le frasi relative alla richiesta di informazioni circa l'atteggiamento dei rispettivi governi. Come ella vedrà, la comunicazione risponde al duplice criterio di riconfermare la nostra posizione nei confronti del regime franchista e di solidarizzare sin da ora con quelle eventuali decisioni che l'Assemblea dell'O.N.U. riterrà di dover adottare in proposito 1 .

453

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

T. 16452n57 (Washington) 705 (Londra). Roma, 29 ottobre 1946, ore 1,30.

Ho consegnato qualche giorno fa a questo incaricato d'affari degli Stati Uniti un promemoria di risposta al progetto d'accordo per revisione armistizio e allegato protocollo sugli affari civili 2• Analogo passo ho fatto successivamente con questo incaricato d'affari d'Inghilterra.

Evito nel predetto promemoria di pronunziarmi specificamente sulle clausole politiche e militari dei progetti stessi, !imitandomi a far presente in via di massima che esse pongono gravi problemi di carattere interno ed internazionale, destinati a sollevare serie apprensioni e contrasti nel Paese. L'insieme di tali disposizioni non fa infatti che confermare ed anzi estendere, per le materie trattate, le clausole del lungo armistizio.

Dò invece riassuntiva illustrazione del punto di vista italiano circa clausole economiche. Di ambedue i nostri promemoria le trasmetto copia per corriere.

Ella voglia tener presente che pubblicazione progetti accordo britannico e nordamericano avvenuta or è qualche mese da parte stampa comunista (né gli accertamenti a suo tempo effettuati per individuare fonti indiscrezione hanno dato risultati) ha provocato vivace campagna, che si rinnoverebbe indubbiamente anche oggi se clausole militari fossero da parte nostra sia pure parzialmente accolte.

Tenga altresì presente che, alla vigilia della conclusione della pace, predette clausole imporrebbero effettivamente al Paese una nuova macchinosa ed oppressiva struttura, che non potrebbe essere da parte nostra volontariamente accolta senza sostanziali e profonde modificazioni 3 .

1 Per le risposte da Parigi, Washington e Londra vedi DD. 484, 508 e 529. 2 Vedi serie decima, vol. III, DD. 504 e 549 e, in questo volume, DD. 188 e 394. 3 Per la risposta da Londra vedi D. 481.

454

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18604/474. Vienna, 29 ottobre 1946, ore 13,20 (per. ore 23,30).

Ho presentato le considerazioni di cui al telegramma ministeriale 227 1 al segretario Schoner il quale mi ha dichiarato di comprendere perfettamente le nostre preoccupazioni ed il reciproco interesse che attualmente esiste di evitare malintesi od agitazioni, specialmente in Alto Adige. Mi ha dato assicurazione che, ad ogni modo, si asterrà dal recarsi in Alto Adige. Tuttavia faccio presente a tale riguardo che, fintanto che le Autorità di occupazione francesi nel Tirolo austriaco avranno facoltà di concedere il visto di ingresso in Alto Adige a cittadini austriaci colà residenti al di fuori del nostro controllo, sarà difficilissimo evitare i tentativi di ingerenze ufficiose in Alto Adige.

455

IL CAPO DELL'UFFICIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO, PERASSI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS

APPUNTO RISERVATO 7/1560 CONT. DIPL. Roma, 29 ottobre 1946.

In relazione all'appunto n. 3/1044 del 22 corrente, di codesta Segreteria generale, concernente l'accordo itala-austriaco firmato a Parigi il 5 settembre 1946 fra il presidente De Gasperi ed il sig. Gruber 2 , il Contenzioso diplomatico ha il pregio di osservare quanto segue:

l. Il problema che, dal punto di vista giuridico, si pone per quanto concerne l'accordo in parola è duplice: da un lato, il rapporto che intercorre fra detto accordo e il trattato di pace con l'Italia; dall'altro, il valore giuridico di esso fra l'Italia e l'Austria. Per quanto si riferisce al primo aspetto della questione, è da osservare che, a differenza di quanto risulta dalla lettera diretta in data 6 settembre 1946 dal presidente De Gasperi al segretario generale della Conferenza di Parigi 3 , l'analoga lettera del ministro Gruber contiene l'espressa richiesta che il testo dell'accordo sia incorporato nel trattato di pace con l'Italia sostituendo, e completando, l'art. 10 del progetto, affinché l'accordo stesso ricevesse «le sceau de l'approbation des autres Nations intéressées», il che «contribuerait considérablement à sa puissance et à so n autorité». Il testo definitivo dell'art. l Odel progetto di trattato di pace, quale è

I Vedi D. 447. 2 Vedi D. 258. 3 Vedi D. 269, nota l.

stato adottato dalla Conferenza di Parigi, è così concepito: « Les Puissances Alliées et Associées ont pris note des dispositions (dont le texte est annexé au présent traité) sur lesquelles !es Gouvernements autrichien et italien se sont mis d'accord le 5 septembre 1946 et qui donnent certaines garanties aux habitants de langue allemande de la Province de Bolzano et des communes limitrophes bilingues de la Province de Trente». Dal testo di tale dichiarazione risulta che l'Italia non si è impegnata nei confronti degli altri Stati firmatari del trattato e che questi non sono divenuti titolari di pretese giuridiche nei confronti dell'Italia, per quanto concerne gli abitanti di lingua tedesca dell'Alto Adige. Gli Stati firmatari del trattato di pace si sono limitati soltanto a prendere atto dell'accordo intervenuto fra l'Italia e l'Austria, constatando così che, per accordo fra le parti interessate, non si poneva un problema di modificazione della frontiera fra l'Italia e l'Austria. L'accordo De Gasperi-Gruber rimane un accordo esclusivamente itala-austriaco, e la vita di esso resta indipendente dal trattato di pace.

2. La questione del valore dell'atto fra l'Italia e l'Austria si pone in quanto la formulazione dell'atto stesso dà luogo a qualche dubbio. A tale riguardo, si rileva che l'atto presenta i seguenti caratteri:

a) Dal testo dell'atto non risulta che i firmatari di esso fossero stati muniti dei poteri necessari alla stipulazione definitiva dell'accordo.

b) Non è previsto, d'altra parte, che l'accordo sia soggetto a ratifica, ma non è neppure detto ch'esso entrerà subito in vigore a prescindere dalla ratifica stessa.

c) Nella sua prima parte, l'accordo contiene un impegno del Governo italiano all'adozione-già avvenuta o in corso-di speciali provvedimenti intesi a tutelare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico dei cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige, nonché l'impegno alla concessione, in consultazione di elementi locali rappresentativi, di un potere legislativo ed esecutivo regionale ed autonomo. Nella sua seconda parte, l'accordo stabilisce che il Governo italiano si impegna, nel termine di un anno dalla firma del trattato di pace, a rivedere, previa consultazione del Governo austriaco, la questione delle opzioni di cittadinanza derivanti dagli accordi Hitler-Mussolini del 1939, e contiene, inoltre, un pactum de contrahendo per il quale il Governo italiano si impegna ad addivenire col Governo austriaco ad accordi in materia di riconoscimento di titoli di studi, di transito di merci per ferrovia o per strada, alla facilitazione, infine, di un più esteso traffico di frontiera fra i due Paesi.

d) Sebbene l'accordo formalmente non contenga se non obblighi da parte italiana, esso necessariamente presuppone, da parte austriaca, il riconoscimento della sovranità sull'Alto Adige ed importa che sarebbe in contrasto con esso il far oggi valere rivendicazioni su tale territorio.

e) Data la portata dell'accordo, esso ha indubbiamente un carattere politico e può implicare per lo Stato italiano un insieme di oneri finanziari.

f) Dalla lettera del ministro Gruber al segretario generale della Conferenza di Parigi risulta chiaramente che l'accordo italiano-austriaco del 5 settembre non può essere considerato come una «semplice intesa di buona fede fra due ministri»,

ma costituisce un accordo vero e proprio fra due Stati («Toutes les Nations Unies apprendront avec satisfaction qu'un accord a pu ètre conclu à ce sujet entre l'Autriche et l'Italie»).

3. Dagli accennati caratteri dell'accordo De Gasperi-Gruber, potrebbero essere tratte conclusioni diverse sul valore giuridico dell'atto.

A) Una prima tesi potrebbe essere la seguente:

l) L'atto firmato a Parigi il 5 settembre 1946 non costituisce ancora, di per se stesso, un impegno giuridico internazionale, in quanto i fìrmatari non hanno premesso di essere debitamente autorizzati a stipularlo né hanno stabilito l'entrata in vigore dell'accordo stesso in modo da escludere che debba essere preventivamente ratificato, secondo i principi generali relativi alla formazione degli accordi internazionali. Conseguentemente, l'accordo sarebbe da ritenere soggetto a ratifica.

2) Per quanto concerne la ratifica da parte dell'Italia, anche se non fosse giuridicamente indispensabile la preventiva approvazione dell'Assemblea costituente, sembra difficile che, dal punto di vista politico-costituzionale, il Governo possa procedere alla ratifica prescindendo da una deliberazione dell'Assemblea. Per quanto si riferisce alla ratifica dell'Austria, è da ritenersi che essa non potrebbe avvenire se non da parte del Consiglio nazionale, in quanto, a norma della Costituzione austriaca, la ratifica degli accordi di carattere politico rientra nella competenza di tale organo.

B) Una seconda tesi potrebbe essere, invece, la seguente:

l) La formulazione dell'atto firmato a Parigi il 5 settembre u.s., è tale da consentire la presunzione che i firmatari dell'atto stesso fossero investiti dei poteri necessari per stipularlo senza sottoporlo alla ratifica. L'accordo De Gasperi-Gruber potrebbe essere così considerato come un accordo internazionalmente perfetto.

2) In base a tale accordo, e, in particolare, alle disposizioni di esso con le quali i due governi si impegnano a concludere fra loro accordi su alcune materie, si potrebbe senz'altro procedere alla stipulazione di detti accordi, i quali potrebbero richiamarsi nel loro preambolo all'accordo De Gasperi-Gruber, e, contenendo la clausola della ratifica, dovrebbero essere presentati ai Parlamenti dei rispettivi Stati.

Tale conclusione avrebbe il vantaggio di ovviare al pericolo che, in sede di discussione dell'accordo De Gasperi-Gruber, l'Assemblea austriaca facesse una solenne dichiarazione sulla persistenza delle rivendicazioni austriache relativamente all'Alto Adige, dichiarazione che avrebbe una portata notevolmente maggiore di quella delle dichiarazioni fatte in questi giorni da uomini di Stato austriaci, e che svuoterebbe di ogni significato politico l'accordo del 5 settembre.

L'accordo De Gasperi-Gruber, firmato nel corso della Conferenza di Parigi, ha già avuto, dal punto di vista italiano, la sua prima e rilevante funzione di evitare che la Conferenza stessa prendesse in considerazione proposte di modificazione delle frontiere fra l'Italia e l'Austria. Sembra ora opportuno evitare che, sottoponendo l'accordo al procedimento della ratifica per precisarne il valore giuridico, si provochino manifestazioni che lo svalutino a nostro danno e compromettano l'attuazione della politica cui si ispira l'accordo stesso.

456

L'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A ROMA, WARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

L. Roma, 29 ottobre 1946.

Quando lei mi ha cortesemente ricevuto il 19 corrente ella ha parlato tra l'altro della sua speranza di visitare quanto prima il Regno Unito.

Ho riferito la nostra conversazione al mio ministro degli esteri il quale mi ha ora incaricato di informarla che aveva appreso le sue osservazioni con molto interesse. Il signor Bevin desidera che io la assicuri che lei sarebbe quanto mai benvenuto nel Regno Unito, ma egli ritiene che lei potrebbe convenire essere più vantaggioso rinviare la sua visita fino a quando il signor Bevin sarà tornato a Londra da New Y ork, il che potrà non avvenire per diverse settimane. Tuttavia il signor Bevin apprezza molto il suo amichevole desiderio di visitare Londra prima delle altre capitali e non vorrebbe suggerire che ella dovrebbe rinviare la sua visita qualora ella consideri opportuno venire ciononostante a Londra ad una data più prossima.

Il ministro degli esteri mi ha anche chiesto di dirle che egli era particolarmente interessato all'accenno da lei fatto nella nostra conversazione alle relazioni commerciali tra l'Italia e il Regno Unito. Anche il signor Bevin attribuisce molta importanza a tale questione, come egli ha detto nel suo discorso alla Camera dei Comuni del 22 ottobre. Il signor Bevin mi ha dato istruzioni di farle alcune proposte a tale riguardo che per comodità ho formulato nell'accluso Aide-Memoire.

ALLEGATO

L'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A ROMA, WARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

PROMEMORIA. Roma, 28 ottobre 1946.

Quando il signor Ward venne al Ministero degli affari esteri il 19 ottobre il signor Nenni ha espresso il desiderio che le discussioni circa le relazioni commerciali tra l'Italia e il Regno Unito dovessero aver luogo ad una data prossima. Questo è stato debitamente riferito al Foreign Office dal quale si è ricevuta una risposta del seguente tenore:

Il signor Bevin è stato particolarmente interessato all'accenno del signor Nenni alle relazioni commerciali alle quali anche egli attribuisce considerevole importanza e alle quali egli ha accennato nella sua dichiarazione alla Camera dei Comuni del 22 ottobre. Come il signor Nenni sa, il Regno Unito sta già comprando grandi quantità di frutta e altri prodotti dall'Italia ed è pronto a comprarne di più. Lana grezza e cotone da lavorare sono stati inviati dal Commonwealth britannico in Italia e sono allo studio altre misure pratiche per assistere la ricostruzione dell'Italia.

Il ministro degli esteri presume che nel fare il suo suggerimento il signor Nenni non aveva in vista veri e propri negoziati per un trattato commerciale, particolarmente dato che importanti aspetti della politica commerciale sono tuttora indecisi in attesa dei risultati

della Conferenza sulla organizzazione internazionale commerciale. Esistono tuttavia una quantità di questioni commerciali di molto interesse che il signor Bevin è d'accordo possano essere utilmente discusse ora. Il signor Bevin ritiene che una visita a Londra ad una data prossima di una piccola delegazione italiana di esperti potrebbe contribuire a mettere a fuoco questi problemi. Le conversazioni potrebbero riguardare per esempio un esame del programma di acquisti del Regno Unito in Italia e delle questioni relative alla disponibilità di beni che l'Italia possa desiderare di ottenere dal Regno Unito. Queste e simili questioni di interesse commerciale a scadenza relativamente breve potrebbero in tal modo essere sollevate a Londra ora, rinviando ad una data successiva negoziati più in dettaglio per un completo trattato di commercio.

457

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, E A PARIGI, BENZONI

T. 16479/c. Roma, 30 ottobre 1946, ore 16,30.

Apprendesi da fonte attendibile che Comando alleato starebbe predisponendo per prossima primavera occupazione porzione Zona B destinata far parte Territorio Libero Trieste. Secondo detta fonte jugoslavi avrebbero già iniziato asportazione macchinari da tale zona. Ambienti militari alleati sarebbero avviso che operazione non dovrebbe incontrare eccessiva resistenza 1•

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA

T. 16490/236. Roma, 30 ottobre 1946, ore 20.

Il cancelliere Figi -secondo notizie stampa -avrebbe dichiarato ieri a Vienna, in riunione Partito popolare, che Austria non ha rinunciato affatto alle sue rivendicazioni sull'Alto Adige ed attende soltanto prossima occasione propizia per riesame questione. Frontiere nazionali con l'Italia -ha aggiunto -debbono essere corrette da un trattato che dovrà essere concluso al più presto.

Accerti se discorso è stato effettivamente tenuto e in quali termini. Qualora stampa lo abbia riportato esattamente, faccia sapere subito codesto Ministero esteri

l Per la risposta di Tarchiani vedi D. 460.

569 che, alimentando, anche se a scopo elettorale, illusioni siffatte, cancelliere austriaco non contribuisce certamente a quella pacificazione tra Italia e Austria, necessaria per i due Paesi e che era stata ed è la giustificazione accordo De Gasperi-Gruber.

Dia alle sue parole tono amichevole, ma fermo 1•

Parlerò nello stesso senso con questo incaricato d'affari d'Austria.

459

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18668/82. Atene, 30 ottobre 1946, ore 20 (per. ore 7,30 del 31).

Telegramma V.E. 38 2 .

Manifestazioni si sono mantenute, nel complesso, sulla linea indicata da Tsaldaris. Proclami reali, discorsi ufficiali e articoli stampa sviluppano principalmente tema benemerenze greche causa Alleati e contributo dato dal sovrano alla resistenza. Su esplicita preghiera del presidente, e per motivi che ho esposto con mio rapporto

n. 542 del 28 corrente 3, sono intervenuti con miei collaboratori al Te Deum. Ho

declinato altri inviti. Vedrò domani Tsaldaris e gli trasmetterò ringraziamenti di V.E. 4 .

460

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18723/1122. Washington, 31 ottobre 1946, ore 18,27 (per. ore 8 del l o novem bre). Suo telegramma 16479/c. 5 .

In conversazione con segretario affari politici Europa al Dipartimento di Stato 6 gli ho tra l'altro accennato alle predisposizioni Comando alleato per occupare in

1 Per la risposta vedi D. 476. 2 Vedi D. 450. 3 Non pubblicato. 4 Con T. 18782!84 dello novembre Guidotti riferì: «Presidente del Consiglio al quale ho trasmesso

suoi ringraziamenti mi ha pregato espressamente confermare a V.E. che è suo proposito fare tutto

quanto è possibile e necessario per stabilire relazioni sempre più intime e cordiali fra l'Italia e la Grecia». 5 Vedi D. 457. 6 La conversazione aveva avuto luogo il 30 ottobre: vedi Foreign Relations of the United States,

1946, vol. II, Council of Foreign Ministers, Washington, United States Government Printing Office, 1970, pp. 953-955.

primavera parte Zona B Territorio Libero Trieste. Matthews ha risposto trattarsi studio e preparativi autorità militari per esecuzione trattato pace secondo decisione dei Quattro quando fosse firmato e ratificato presumibilmente anche da Jugoslavia. Mi ha pienamente confermato quanto già da qui riferito circa intendimento delegazione U .S.A. New Y ork opporsi qualsiasi tentativo di riaprire questione confine italo-jugoslavi e Territorio Trieste. Per quanto gli risulta anche gli inglesi sono dello stesso parere. Vedrò domani Byrnes.

461

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18754/479. Vienna, 31 ottobre 1946, ore 23 (per. ore 19,30 del 1° novembre).

Trasmetto qui di seguito il testo diramato alla stampa di un passaggio del discorso pronunciato dal cancelliere Figi il 27 corrente al Volksoper di Vienna in occasione cerimonia commemorativa questo partito popolare per 950° anniversario austriaco: «Se nel corso dei secoli dovemmo talvolta soffrire ingiustizie, qualcuno non ci ha voluto comprendere o per motivi contingenti non ha potuto dimenticare, come ad esempio ora in occasione del problema del Tirolo meridionale e della Carinzia, vorrei ricordare che noi austriaci abbiamo in noi stessi alcune gocce di sangue orientale slavo e con esse la filosofica pazienza del saper attendere». Dichiarazioni sopra accennate sono state riprodotte unicamente da Tiroler Nachrichten del 28 corrente 1•

462

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 18893/05. Atene, 31 ottobre 1946 (per. il 5 novembre).

Ho avuto ieri la mia prima conversazione con il sottosegretario di Stato agli affari esteri, rientrato in questi giorni da Parigi ove si era trattenuto ininterrottamente, per questi ultimi due mesi, quale capo permanente della delega

1 Con T. 18832/484 del 3 novembre, Gaja riferiva che il cancelliere Figi alla frase citata aveva aggiunto la seguente: «Continuamente dichiarata morta questa Austria ha durato 950 anni e continuerà vivere sempre. Certamente ciò non significa che noi vogliamo !imitarci ad attendere, in mutua tranquillità, che anzi Austria ha in questi 950 anni fatto molto in campo artistico, scientifico e sociale».

zione greca alla Conferenza della pace. Il signor Dragumis mi ha accolto cortesemente, mi ha detto di avere avuto un'ottima impressione dei suoi incontri con i rappresentanti italiani alla Conferenza del Lussemburgo, ed è passato quindi a parlare dei vari aspetti delle relazioni italo-greche. Usando una formula comune a tutti gli uomini politici greci, mi ha detto che occorre anzitutto liquidare e dimenticare il passato; e al tempo stesso lavorare sin da ora alla ricostruzione dei rapporti tra i due Paesi su basi sicure. «Lo scopo ultimo che dobbiamo raggiungere, mi ha dichiarato, non è quello di semplici relazioni di buon vicinato. L'Italia e la Grecia sono talmente legate tra di loro dalla posizione e dagli interessi comuni che hanno nel Mediterraneo, che sono più che due Stati vicini; sono per forza di cose, e naturalmente, due alleati». Ha aggiunto che le premesse erano già buone ma che occorreva dar prova, da una parte e dall'altra, di costante buona volontà. A questo punto ho osservato che il trattato di pace, che il Governo e il popolo italiano dovevano considerare, per tanti aspetti, come una dura imposizione, non avrebbe lasciato fortunatamente, per quanto riguarda i nostri due Paesi, alcuna traccia di amarezza, giacché l'unica questione politica di carattere territoriale era stata decisa con la cessione spontanea del Dodecanneso da parte del Governo italiano.

Il signor Dragumis, concordando, mi ha detto che infatti il messaggio del presidente De Gasperi 1 aveva creato le premesse della nuova politica fra i due Paesi. Passando quindi a parlare delle relazioni commerciali, Dragumis ha osservato che tanto il Governo quanto gli ambienti interessati attribuivano grande importanza alla pronta conclusione di un accordo commerciale (su questo argomento mi riservo di riferire a parte). L'ho assicurato che da parte del Governo italiano vi erano eguale interesse ed eguale buona volontà, e che anzi mi aveva raccomandato di dedicare particolarmente attenzione a questo problema.

Si è parlato quindi delle riparazioni che Dragumis mi ha detto aver seguito personalmente a Parigi nelle trattative svoltesi con la delegazione italiana o con quella degli Stati Uniti. Ha osservato sorridendo che le grandi Potenze si erano preoccupate, con molta sollecitudine, di risparmiare le forze economiche rinascenti dell'Italia. Così come verranno fissate nella redazione definitiva del trattato, le riparazioni, scaglionate su un lungo periodo, non graveranno eccessivamente sulle nostre risorse. Le precauzioni prese a questo riguardo erano state tali che egli Dragumis, e molti altri (cito testualmente le sue parole) si facevano ben poche illusioni di poter ricevere l'ammontare totale. Per questa ragione, ha aggiunto, la delegazione greca si era affrettata a chiedere in conto riparazioni i due bastimenti «Vulcania» e «Saturnia». A questo proposito sarò grato a V.E. se vorrà fornirmi qualche indicazione.

Prima di prendere congedo dal sottosegretario di Stato ho raccomandato alla sua attenzione un benevolo sollecito esame di tutte le questioni che interessano la vita e le possibilità di lavoro dei nostri connazionali in Grecia. Dragumis ha riconosciuto che le richieste erano giuste e mi ha promesso il suo appoggio.

I Vedi D. 375.

463

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. RISERVATO 2325/1232. Mosca, 31 ottobre 1946 (per. il 13 novembre).

Negli ultimi giorni due discorsi molto importanti per i rapporti internazionali sono stati pronunziati: uno di Byrnes a Washington 1 e l'altro di Bevin ai Comuni 2 . Poi tre giorni fa vi è stata l'intervista di Stalin all' United Press. E tutte e tre tali . dichiarazioni (mi si permetta l'uso in senso lato di tale parola per designare sia i discorsi che l'intervista) vertono sullo stesso tema: rapporti fra i Tre Grandi, e in modo speciale fra U.R.S.S. e anglo-americani.

È ormai da oltre un anno che questo contrasto continua: da principio non se ne osava accennare neppure vagamente. Poi vi fu la Conferenza di Mosca nel dicembre dello scorso anno, in cui si tentò di far rivivere lo spirito di Teheran, di Yalta, di Potsdam! Invano! I tempi erano cambiati. E, da allora, si è parlato, e sempre più palesemente, di dissensi, di contrasti fra gli Alleati, dell'insanabilità dei loro differenti punti di vista, fino ad arrivare ora a discutere apertamente non solo dell'inevitabilità di una guerra, ma dell'imminenza di essa. Dopo la chiusura della Conferenza della pace, gli uomini più responsabili delle direttive politiche dei tre Paesi hanno creduto di parlare ai loro popoli, ma in realtà essi parlavano al mondo intero, perché discutevano ed esaminavano problemi che sono fondamentali per la futura collaborazione internazionale e quindi per la stessa pace del mondo.

Byrnes ha messo deliberatamente le «carte in tavola». Come la Nazione numero uno del binomio anglo-americano, non ha creduto far misteri, ed ha parlato senza reticenze della «crescente tensione» fra Stati Uniti e U.R.S.S.

Bevin è stato più prudente: ha preferito non toccare tale argomento: si è limitato a dire che era stato un errore alla fine della prima guerra mondiale ignorare la Russia. Se non si fosse commesso tale errore -ha aggiunto -, cioè se si fosse più attivamente cooperato con l'U.R.S.S., forse si sarebbe evitata anche la seconda conflagrazione mondiale.

Stalin è stato molto reciso: per lui non esiste una crescente tensione fra

U.R.S.S. e Stati Uniti. È vero quanto dice il Generalissimo? Da Mosca oggi non è agevole avere in mano il «polso» di tutta la situazione internazionale, date le note difficoltà di contatti con gli ambienti ufficiali sovietici, il gran ritardo con cui arrivano i giornali esteri, la mancanza di rapide comunicazioni per potersi spostare nelle varie capitali e «sentire» ciò che vi si dice o si pensa. Non pertanto, appare indubbio che una certa tensione esista fra i due predetti Paesi. Il motivo per cui Stalin ha voluto «non consentire con quanto dice Byrnes», è anche chiaro. Tutti accusano l'U.R.S.S. di essere la causa dell'attuale situazione. Dire di credere alla crescente tensione con gli Stati Uniti, significava riconoscere implicitamente che la

1 Il discorso fu pronunciato ill8 ottobre e Di Stefano ne riferì con T. 1796711089 del 19 ottobre, non pubblicato.

2 Del 21 ottobre, vedi D. 444.

situazione internazionale odierna è grave, che la pace è in pericolo. E, in tal caso, bisognava indicarne le cause, specificarne i motivi. Tirare fuori Churchill, i reazionari, i neo-fascisti, sono argomenti buoni per la stampa di tutti i giorni e per la propaganda spicciola, ma non per un capo di Governo. Sarebbe quindi stato difficile trattare detta questione. Meglio perciò dire di non credere a tale tensione. Allo stesso modo come nell'intervista concessa un mese fa al corrispondente del Sunday Times, Stalin dichiarò non credere all'imminenza di una nuova guerra. Cioè ha voluto fare un gesto di appeasement nell'arroventato crogiuolo dell'opinione pubblica internazionale! Oggi, a tali frasi, purtroppo molti non credono più: però è sempre una di quelle vecchie «ricette» che ancora trovano qualche ... amatore.

Come ho telegrafato mio n. 628 del 22 corrente e mio n. 633 del 26 corrente 1 i due citati discorsi di Byrnes e di Bevin non sono piaciuti a Mosca.

Byrnes ha parlato nell'ultimo mese tre volte, e né quanto ha detto a Staccarda 2 , né quello che ha esposto a Parigi 3 , né infine quanto ha ripetuto a Washington è riuscito di gradimento dei sovietici. Per Byrnes inoltre i giornali si sono limitati a manifestare il malcontento dell'alto col riassumere i predetti discorsi in modo molto breve, sottovalutandoli, inframmettendovi delle piccole frasi di critica, e poi pubblicando le critiche apparse sulla stampa straniera, forma questa abituale dei giornali russi, quando non vogliono assumere una troppo diretta posizione in una questione.

Invece Bevin è stato attaccato direttamente. L'Inghilterra non è più per I'U .R.S.S. la Nazione alla pari, che bisogna ménager perché con essa si deve pur qualche volta venire a patti. L'Inghilterra fa ormai decisamente il numero tre delle Grandi Potenze, mentre l'U.R.S.S. e Stati Uniti gareggiano per il primo posto. Ecco quindi che l' Jsvestia del 27 corrente in un articolo sul discorso in parola, pur senza entrare in polemica sui vari argomenti che sono riusciti meno graditi a Mosca, ha attaccato Bevin, accusandolo di aver rappresentato alla Conferenza di Parigi il desi.derio di alcuni circoli britannici di voler allontanarsi dalla cooperazione internazionale e di mettersi sulla via di forzare le altre Potenze ad una politica vantaggiosa solamente per detti circoli; ... che l'Inghilterra appoggia solamente le decisioni che sono legate con i suoi interessi egoistici; ... che i precitati circoli, a proposito della questione tedesca, considerano le decisioni di Potsdam come una «politica a corta vista» e imperfetta sotto molti punti di vista! E la Pravda ha pubblicato un altro attacco ancora più deciso, e non solo contro Bevin, ma contro lo stesso Governo laburista. Infatti accusa il Gabinetto di Attlee di seguire una politica estera che non cede di mezzo pollice alle tradizionali richieste imperialistiche. Qualifica ironicamente «manifestazioni di humor» le dichiarazioni di Bevin sugli sforzi fatti dall'Inghilterra per assicurare l'indipendenza dei Paesi del Vicino Oriente. Evidenzia l'atteggiamento della delegazione inglese a Parigi contraria alle decisioni dei quattro ministri degli esteri. Sottolinea il flirt di Bevin con i tedeschi, aggiungendo che il ministro inglese non vuoi cedere il primo posto a Byrnes, di cui ha approvato in pieno il «ben tristemente famoso discorso di Stoccarda». Mette in

1 Telegrammi 18135/628 del 22 ottobre e 18488/633 del 26 ottobre, anticipavano il contenuto del presente rapporto.

2 Vedi D. 307.

3 Telespr. 10399/2832 del 5 ottobre, non pubblicato.

luce che Churchill ha avuto ogni motivo per essere soddisfatto del contenuto del discorso di Bevin; ecc. ecc.

E già prima di questi attacchi, abbastanza violenti non solo di per sé stessi, ma perché è contro l'abitudine ormai in voga di limitarsi in genere a criticare i discorsi dei parlamentari stranieri riportando quanto scrivono i giornali degli altri Paesi, la stampa sovietica aveva riprodotto un riassunto di detto discorso in cui, molto abilmente, si facevano brevissime ma pungenti critiche ai vari punti che più sono riusciti sgraditi a Mosca. Si può dire che tutto il discorso di Bevin non è piaciuto ai sovietici:

-il riconoscimento ed il plauso dato alla politica di MacArthur, mentre è noto che l'U.R.S.S. è contrarissima a quanto fanno gli americani in Giappone, perché si vedono messi fuori da detto Paese;

-il netto atteggiamento nella questione degli Stretti (niente interferenza dei soviet nella difesa dei Dardanelli, o cessione all'U.R.S.S. di basi; niente diritto esclusivo delle Potenze del Mar Nero di modificare la convenzione di Montreux; nessuna necessità di ulteriori scambi di idee: ogni ulteriore discussione si deve fare in una conferenza internazionale);

-la questione di Trieste e del suo statuto, in cui Bevin ha appoggiato in pieno la tesi adottata a Parigi e che a Mosca non piace;

-la «speranza» che la Jugoslavia voglia modificare la «sua estrema posizione» circa il trattato di pace con l'Italia, e che non commetta gli stessi errori che secondo Bevin avrebbe commesso l'Italia nel '19 nei riguardi di Belgrado.

Il Danubio ... e poi l'Austria ... e infine la Germania. A tal riguardo è da notare che i sovietici hanno più volte sottolineato che lo stesso Bevin ha detto di essere d'accordo con le dichiarazioni fatte da Byrnes a Stoccarda, sul problema tedesco, e tali dichiarazioni, come segnalai a suo tempo (mio n. 192311054 del 13/9) 1 , non sono piaciute qui. Ora il problema della Germania, il che ho già più volte ricordato, è, oggi, al centro dei rapporti fra i Tre. Infatti ognuno di essi, anzi per essere più espliciti, russi da una parte e anglo-americani dall'altra temono che ciascuno tenti di trasformare l'ex Reich in una pedina contro l'altro! Ecco perché Stalin nell'intervista concessa nello scorso settembre al Sunday Times ha sottolineato che non intende trasformare la Germania in un baluardo contro le Potenze Occidentali. E Bevin ha ripreso l'assicurazione di Stalin, augurandosi che le di lui parole possano effettivamente facilitare la cooperazione fra gli Alleati nella risoluzione dei problemi tedeschi.

Che la Germania sia la questione che più occupa e preoccupa gli anglo-americani, è ormai chiarissimo: i tre discorsi di Byrnes e quello di Bevin lo confermano appieno. E così anche la recente intervista di Stalin -nonostante sia ciò che si dice comunemente un tour d'horizon perché tratta un po' di tutti i principali problemi internazionali -, si occupa diffusamente del problema tedesco. Il Generalissimo in sostanza si dichiara favorevole: l) a stabilire non solo l'unità economica ma anche politica fra le quattro zone della Germania; 2) a istituire un'amministrazione centrale con la quale si potrà elaborare il trattato di pace; 3) ad aumentare il livello attualmente stabilito per l'industria tedesca (cosa a cui finora i russi si erano

l Vedi D. 307.

mostrati decisamente contrari); 4) a permettere al popolo germanico di ricostruire la sua industria e il suo commercio allo scopo di provvedere a se stesso.

Ma, e qui viene fuori la riserva abilmente introdotta nell'intervista, e che rappresenta il punto su cui si potrà, volendo, far arenare qualsiasi tentativo di collaborazione fra i Tre, Stalin ha sottolineato che la democratizzazione della Germania non viene attuata come dovrebbe essere. La parola è semplice, ma il concetto è molto elastico, e quindi proprio su tal punto vi sarà il contrasto fra i Due! Già io lo segnalai nel mio rapporto n. 1923/1054 del 13 settembre, sottolineando che su tale questione si accentrerà la lotta fra sovietici e anglo-americani, volendo i primi la formazione e la vittoria del partito socialista unitario (ovverosia comunista), ed i secondi propugnando invece un accorto equilibrio fra i vari partiti per cui poi in pratica i social.democratici avessero il primo posto. E ciò perché, sia Mosca che Washington sanno benissimo che la Germania finirà per orientarsi verso oriente o verso occidente, a seconda del prevalere dell'una o dell'altra corrente politica interna.

Ma vi è un altro punto su cui vi sarà contrasto fra gli Alleati, ed esso è costituito dalle frontiere occidentali della Polonia. Il Governo sovietico varie volte ha preso posizione su tale questione. Oggi, è per bocca dello stesso Generalissimo che si afferma che tali confini sono definitivi. E, in contrasto a ciò, Byrnes da una parte, e Bevin dall'altra hanno ben sottolineato invece che i loro Governi consideravano tali frontiere come provvisorie, in attesa delle decisioni che si prenderanno quando si stipulerà il trattato di pace con la Germania. E Bevin è stato anche più esplicito di Byrnes, ed ha anche aggiunto che dovrà esaminarsi come la Polonia saprà sfruttare i nuovi territori per non vederli trasformati in «deserti».

I vari «ponti» gettati abilmente da Stalin per cercare soprattutto di dare l'impressione a tutti che l'U.R.S.S. è pronta a collaborare effettivamente con gli anglo-americani per definire tale questione, rischiano di «saltare in aria» a causa delle frontiere polacche e del come si ha da intendere la democratizzazione dell'ex Reich.

Byrnes ha dedicato la massima parte, si può dire, del suo discorso alle relazioni con la Russia. Ma, ciò nonostante, ; sovietici non hanno mostrato di apprezzare a giusto valore il gesto americano, e, per lo meno apparentemente, lo hanno lasciato cadere nel vuoto.

La S.V. è già al corrente della visita di Murphy a Mosca 1'8 ottobre (vedi mio telegramma n. 604 dell' 11 Il O/1946) 1 . Sia Smith, che il suo consigliere hanno nettamente negato che la visita di Murphy a Mosca 1'8 ottobre potesse avere un qualsiasi significato politico. Essi hanno insistito nel dire che si trattava di una visita a scopo turistico! Sta di fatto però che secondo le voci corse qui -e di cui né io, né altri colleghi stranieri abbiamo potuto controllare l'esattezza -si diceva che Murphy sarebbe venuto a Mosca per avere un colloquio con Stalin, sul problema tedesco in particolare e su tutto l'insieme dei rapporti sovietico-americani in generale. La

S.V. ha potuto forse avere da altra fonte dettagli più precisi al riguardo. È certo però che gli Stati Uniti cercano ogni mezzo per venire, una buona volta, ad una chiarificazione completa con Mosca, e il discorso di Byrnes, per quanto non sia piaciuto a Mosca, è un ulteriore tentativo degli Stati Uniti di stendere la mano ai sovietici per venire finalmente ad una vera intesa.

l Non pubblicato.

Stalin non ama entrare in genere nelle discussioni internazionali pronunziando anch'egli un discorso, come farebbe in questo momento un altro capo di Governo. Ha preso l'abitudine di concedere delle cosiddette interviste. Dico cosiddette, perché in realtà sono «domande» che gli vengono sottoposte da qualche corrispondente straniero, residente talora anche all'estero, ed alle quali il Generalissimo risponde.

Gli accordi per tale ultima intervista si sono svolti a Londra, tramite quell'ambasciata sovietica. Cronkite, il corrispondente a Mosca dell' United Press, mi ha detto che il suo presidente Hugh Baillie si trovava a Londra, ove ha organizzato tutto. Egli era allo oscuro della forma definitiva delle domande rivolte a Stalin. Le ha conosciute poche ora prima della pubblicazione sui giornali a mezzo di telegramma -che mi ha mostrato-inviatogli da Londra soltanto alle ore 17,45 del 28 ottobre! E le risposte le ha lette, come tutti noi del resto, sui quotidiani moscoviti del giorno dopo! E poi qualcuno osa dire che i giornalisti sono sempre i primi ad essere informati!

Ritornando, dopo questa breve trasgressione, all'intervista di Stalin, vi è un punto che a noi interessa in sommo grado. Ed è allorché, parlando delle decisioni della Jugoslavia di non firmare il trattato di pace con l'Italia, dice testualmente: «La Jugoslavia ha dei motivi per essere malcontenta»! Con questa frase però Stalin -e ciò va anche evidenziato -ha cercato di non rispondere specificatamente alla domanda postagli da Baillie e formulata in modo ... compromettente: «Quale è l'attitudine della Russia nei riguardi della decisione jugoslava di non firmare il trattato con l'Italia?». Una risposta intonata avrebbe implicato una troppa precisa, anzi troppo compromettente presa di posizione circa la questione di Trieste e delle frontiere con l'Italia, che l'U.R.S.S. ha sempre voluto evitare, per conservarsi la più completa libertà di azione. Ciò però non significa che a New York i russi non sosterranno gli jugoslavi. Al contrario! Il riconoscimento del malcontento di Belgrado è un chiaro monito per noi: i sovietici appoggeranno gli jugoslavi con tutto il loro peso. Solamente non si sono voluti chiudere le porte alle spalle, in caso che, ad un certo momento, preferiscano o siano costretti a «mollare» il loro alleato! È la solita saggezza politica di Stalin, che finora è sempre riuscito, al momento opportuno, a far cedere un po' la corda, quando si è accorto che si era tesa troppo!

Il Generalissimo poi ha trattato di altri importanti problemi.

Ha naturalmente detto che riteneva che non si fosse abusato del diritto di veto. La risposta non poteva essere differente, considerate le specifiche accuse che proprio alla Russia vengono rivolte su tale argomento.

Se l'è poi presa violentemente con Churchill, accusandolò di fomentare una nuova guerra insieme ai suoi seguaci in Inghilterra e negli Stati Uniti. Evidentemente Stalin, che non tralascia occasione per fare attaccare dai suoi giornali, e su tutti i toni, l'ex premier britannico, dimentica due cose: l) che Churchill non è mai stato un amico né del comunismo, né dell'O .R.S.S.; 2) che l'Inghilterra non ha degli amici eterni, ma soltanto degli interessi eterni. E quindi i suoi interessi che ieri la spingevano ad unirsi con l'Unione Sovietica, oggi la portano invece a scontrarsi proprio con essa!

La questione delle cosiddette truppe di occupazione preoccupa un po' tutti i governi. Ognuno accusa l'altro di occupare indebitamente territori altrui: gli anglo-americani accusano i sovietici di avere truppe in Austria, Ungheria, Rumenia, Bulgaria, Persia, Manciuria, ecc. I russi ritorcono l'accusa citando la Grecia, la Cina, l'Egitto, l'Iran meridionale, l'Iraq, l'Italia, Trieste, ecc. Tutti e tre gli uomini di Stato ne hanno parlato: tutti hanno riconosciuto la necessità di ritirare le proprie truppe dai vari Paesi, senza prendere impegni precisi in quanto alla data! Ognuno sa che il mantenervi le truppe rappresenta una sicura garanzia, una «garanzia reale», direbbe un giurista, per l'avvenire, specialmente al momento del bazarlik, oppure nel caso che un accordo non dovesse intervenire. E così la questione continua a trascinarsi avanti, senza che nessuno voglia compromettersi. Ed infatti Stalin ha detto di avere oggi in Europa soltanto sessanta divisioni, che fra non molto, in seguito ai nuovi congedi di classi anziane, -da me già segnalati -saranno ridotte a quaranta, ma non ha neppure accennato ad una data, sia pur vaga o lontana, in cui il ritiro potrebbe per lo meno cominciare. E poiché nell'intervista vi era la domanda specifica su tale punto, il silenzio di Stalin è ancora più significativo.

Vi è poi la questione del prestito americano. Come segnalai ultimamente (vedi mio numero 1266/1066 del 16 settembre scorso) 1 , l'U.R.S.S. sembrava avervi rinunziato. Esso costituiva uno dei punti dell'intesa generale con gli Stati Uniti, e l'attitudine russa circa tale prestito rappresentava un po' il termometro dell'intenzione sovietica di voler o di non voler collaborare come per il passato con Washington. Oggi invece Stalin afferma pubblicamente che non vi ha perduto interesse. Si tratta di un miliardo di dollari, e la ricostruzione del Paese costa tanto danaro! E ci vorranno ben sei-sette anni di lavoro, come ha detto lo stesso Stalin. Ecco realmente un «ponte» per colmare la breccia fra i due Grandi.

Il Generalissimo ha poi risposto brevemente ad altre domande: ha detto che la Finlandia è una Nazione che basta a sé stessa, ed ha abilmente evitato di rispondere al quesito postogli sulle riparazioni finniche. Ora io so, per bocca degli stessi finlandesi che stanno a Mosca, che l'economia finnica è a mal partito proprio per il peso enorme delle riparazioni dovute alla Russia. Ma su tale punto, i sovietici fingono di non sentirei! Il recente accordo economico con la Svezia è qualificato «un contributo alla collaborazione economica tra le Nazioni». Stalin ha poi dichiarato che la Russia non ha ancora la bomba atomica! Tutti qui a Mosca non hanno potuto fare a meno di rilevare l'ingenuità, a dir così, della domanda dell'intervistatore. Mai i sovietici diranno di avere la bomba atomica o altra arma segreta! Per le linee aeree, questo problema che tanto interessa tutte le Nazioni nel dopo guerra, e su cui per quanto concerne l'U.R.S.S. si sa che si incontrano serie resistenze dovute principalmente al desiderio dei soviet di non voler ammettere il sorvolo e l'atterraggio di aerei stranieri sul loro territorio, il Generalissimo ha detto che «a certe condizioni» sarà ammesso il funzionamento di linee aeree civili. Queste «certe condizioni» saranno probabilmente le linee miste, come quelle con la Polonia e con la Svezia, ove i tratti Mosca-Varsavia-Berlino, e Mosca-Stoccolma sono divisi in due, proprio allo scopo di impedire che gli aerei polacchi o svedesi, atterrino oppure sorvolino il territorio russo.

Un po' di delusione ha prodotto la risposta del Generalissimo sull'occupazione del Giappone. «Vi sono dei successi, ma ve ne potrebbero essere dei migliori». Breve, troppo breve, è stata qualificata dai miei colleghi esteri. È questa una delle gravi nubi che si addensano sull'orizzonte americano-russo. I sovietici ritengono di essere stati ingiustamente spossessati del «bottino» nipponico, mentre gli americani

l Non pubblicato.

578 dicono che il Giappone si deve considerare un po' territorio riservato soltanto a loro. Ho sempre segnalato infatti alla S.V. i continui attacchi che la stampa sovietica non risparmia all'America, proprio per la questione nipponica e per il modo come procede la democratizzazione in Giappone. E Bevin, ai Comuni, ha invece cominciato il suo discorso proprio col tributare i più alti elogi all'amministrazione del generale MacArthur, mostrando così di appoggiare in pieno gli americani nel loro atteggiamento nella questione giapponese.

Stalin ha detto che era difficile poter dire fin da ora quali prospettive offrissero i negoziati commerciali in corso con la Norvegia. Ciò ha suscitato non pochi commenti di meraviglia nel corpo diplomatico di Mosca ove tutti ritenevano che le trattative in corso fossero negoziati senza speciale importanza, dato che la Norvegia sia commercialmente che economicamente non offre particolari risorse specie per un Paese come l'U.R.S.S.! Al riguardo il ministro di Svezia mi diceva che il suo Governo aveva accordato alla Norvegia un prestito quasi uguale a quello concesso recentemente all'U.R.S.S. e che quindi non poteva immaginare la nuova importanza economica di tale Paese per Mosca. Ho creduto opportuno di parlarne con l'ambasciatore di Norvegia. Questi mi ha detto che anche lui è rimasto meravigliato, sia della domanda che della risposta. Della domanda perché la Norvegia rappresenta ben poca cosa per il commercio sovietico. Della risposta perché proprio lo stesso giorno in cui appariva l'intervista, i russi comunicavano alla sua ambasciata che erano pronti ad iniziare i negoziati commerciali. Ed infatti si è subito telegrafato ad Osio, e la delegazione commerciale arriverà a Mosca fra una diecina di giorni. A mia richiesta Andvord ha specificato che i norvegesi hanno già presentato una lista di prodotti che possono offrire: sono le classiche merci norvegesi: pesce salato, olio di balena, alluminio, ecc. Hanno chiesto in cambio delle materie prime. Andvord ha aggiunto ritenere che Baillie, sia per sua iniziativa, sia per suggerimento di qualche uomo politico, ha creduto opportuno porre al Generalissimo delle domande sui paesi nordici,-oggi all'ordine del giorno nei rapporti fra U.R.S.S. e Stati esteri -domande che forse sono state modificate dagli stessi sov1et1c1 per evitare dichiarazioni troppo compromettenti e quindi ne son venute fuori delle risposte poco interessanti.

Questo in breve il risultato delle mie osservazioni su quanto risulta qui, a Mosca, dai discorsi di Byrnes e di Bevin, e dall'intervista di Stalin.

Da tutto ciò si può desumere che vi sono dei punti in cui vi è la possibilità di un accordo, ve ne sono altri in cui un'intesa appare quasi irrealizzabile -tanto le rispettive idee sembrano inconciliabili -, a meno che uno dei due Grandi non sia disposto a cedere! Sarà l'U.R.S.S.? Saranno gli Stati Uniti?

Il Generalissimo ha mostrato finora di essere uno degli uomini più dotati di senso politico e di «misura»: sa arrestarsi a tempo!

Gli americani d'altra parte una guerra preventiva con l'U.R.S.S. non la vogliono fare! Forse ne parlano, ne discutono, ma al momento opportuno non credo che l'America sia disposta a «imbarcarsi» per una terza guerra mondiale, e soprattutto a pochissima distanza di tempo dalla fine dell'ultima.

Perciò è da augurarsi che, fra il senno politico di Stalin ed il desiderio di pace di Truman, si riesca a trovare alla fine una via per una durevole intesa.

464

IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 18759/89. L'Avana, 1° novembre 1946, ore 12,20 (per. ore 8 del 2).

Sono tornato su argomento di cui al mio telegramma n. 84 1 con questo ministro degli affari esteri, il quale mi ha detto che Governo cubano si è deciso per sondaggi presso Governi America latina e ha già chiesto loro fargli conoscere confidenzialmente proprio punto di vista su progetto trattato di pace con l'Italia.

Inoltre Governo cubano ha pregato suo ambasciatore in Washington, delegato Assemblea O.N.U., seguire questione New York e andare un poco più in là, cioè esprimere come sua personale, ai capi delle delegazioni America latina, opinione che il Governo Cuba dovrebbe astenersi dal firmare.

Ministro degli affari esteri infine mi ha detto che spera in reazioni americane favorevoli che consentano questo Governo proporre altri Governi America latina concludere diverso trattato di pace collettivo con l'Italia o firmare pace separata con l'Italia.

Prego V.E. telegrafarmi eventuale notizia circa tendenza America latina nei riguardi articolo 772 .

465

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 18772/1126-1127. Washington, lo novembre 1946, ore 19,49 (per. ore 10.30 del 2). Seguito telegramma I 1223 .

In colloquio stamane 4 , presente Matthews, segretario di Stato ha premesso che predetto direttore affari politici gli aveva riferito nostro colloquio di ieri e informato sopracitate dichiarazioni fattemi circa questione Venezia Giulia. Egli Byrnes non poteva prendere a priori impegni precisi rispetto a decisione Quattro dopo finale discussione trattato. Teneva però a confermarmi atteggiamento che verrà assunto da delegazione americana New York in difesa nostri interessi:

l) Ove fosse risollevata questione confini orientali -egli peraltro non ritiene che U.R.S.S. ne prenda seria iniziativa-gli Stati Uniti America sosterranno punto di vista che confini debbano essere ritoccati a favore sia Italia sia Territorio Trieste e

I Vedi D. 414. 2 Per la risposta vedi D. 499. 3 Vedi D. 460. 4 Il memorandum del colloquio è edito in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II,

cit., pp. 961-962.

non in qualsiasi evenienza peggiorati. Avendo io sottolineato che, conformemente istruzioni suo 16017 1 , salvo sempre decisione Costituente circa intero trattato, mai in nessun caso Italia accetterebbe qualsiasi ulteriore sacrificio territoriale, Byrnes mi ha chiesto se pertanto siamo anche decisi a respingere eventuali offerte di scambi come cessione Gorizia alla Jugoslavia contro annessione di Pola Territorio Libero. Gli ho risposto nettamente che Italia mutilata di tutta una regione non può cedere su nessun punto. È vivissima aspirazione italiana inclusione Pola e zona costiera Istria nel Territorio Libero; in compenso saremmo pronti a trattare con Jugoslavia con spirito largamente conciliativo per assestamento e coordinazione economica detto Territorio. Ritengo che Byrnes abbia posto quesito in relazione sia con voci circolate Parigi circa contatti con Jugoslavia sia con previsione Dipartimento di Stato che Belgrado, forse con appoggio Mosca, si sforzerà riaprire questione Gorizia. Potrebbe essere comunque opportuna, ad evitare ogni eventuale minima speculazione, nuova netta pubblica presa posizione Governo contro cessione Gorizia a qualsiasi titolo.

2) Secondo Byrnes, statuto Trieste è questione fondamentale discussione Quattro. «Esso deve garantire in modo assoluto indipendenza Territorio e difenderlo da pressioni esterne ed intrighi interni».

3) In risposta mie domande segretario di Stato mi ha detto che, ove U.R.S.S. non firmasse trattato, Stati Uniti America esamineranno varie possibili soluzioni:

o prolungare situazione armistiziale adattandola alle circostanze, o addirittura trattare una pace separata, sia limitatamente U.S.A. e Italia, sia tra tutte Nazioni firmatarie trattato con l'Italia. Qualora invece U.R.S.S. firmasse, anche Jugoslavia finirebbe per firmare dopo qualche resistenza per non rinunziare a tutti i vantaggi del trattato; se U.R.S.S. o la Jugoslavia non firmassero, si aprirebbe ovviamente una nuova grave crisi politica di imprevedibile sviluppo che il Governo americano dovrebbe esaminare in ogni caso concreto. Ho per parte mia elevato seri dubbi che in tale eventualità, e salvo il caso di stralcio della questione giuliana, Italia possa accettare un trattato le cui principali clausole concernenti il confine orientale non potrebbero essere applicate. Byrnes mi ha ripetuto che, pur potendo Jugoslavia riservare sorprese e pur essendo egli convinto che essa non lesinerà sforzi per intorbidire le acque, egli è d'opinione che Belgrado finirà per cedere. Byrnes, concludendo, mi ha riconfermato migliori disposizioni U.S.A. per l'Italia.

466

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO

T. 16622/95. Roma, 2 novembre 1946, ore 13.

Voglia insistere nuovamente per utilizzo noti studi per acquisti grano. Prospetti codeste autorità grave situazione approvvigionamenti italiani cereali anche a seguito

I Vedi D. 439.

riduzione fornitura U.N.R.R.A. a 120 mila tonnellate complessive quarto trimestre invece di 100 mila tonnellate mensili. Pertanto nostre scorte potranno coprire fabbisogno soltanto fino primi giorni dicembre. Attendesi conoscere tutta urgenza esito vostri interventi 1•

467

IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18829/158. Ottawa, 2 novembre 1946, ore 17,42 (per. ore 19,15 del 3).

Telegramma di V.E. 952.

Assicuro aver oggi nuovamente fatto appello Governo canadese al quale ho prospettato ancora una volta gravità situazione per Italia insistendo vivamente su nostra urgente necessità poter ottenere rifornimenti grano in Canada.

Nel mentre riservomi comunicare telegraficamente risposta ufficiale Governo canadese ritengo doveroso richiamarmi a quanto comunicato con mio telegramma 1573 .

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A NEW YORK

T. 16678/98. Roma, 3 novembre 1946, ore 12,45.

La prego di voler far pervenire subito ai rappresentanti dei Quattro riuniti a New York per la redazione definitiva del trattato di pace la seguente comunicazione ufficiale ad essi diretta 4 , confermando telegraficamente avvenuta consegna:

«Il Governo della Repubblica italiana, nel momento in cui i ministri degli esteri degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, dell'U.R.S.S. e della Francia si accingono a dare forma definitiva al trattato di pace con l'Italia, dichiara:

l) Il progetto di trattato nel suo insieme non è in armonia coi principi della Carta Atlantica e con quelli più generali che costituirono il fondamento morale della guerra condotta dalle Nazioni Unite contro il nazi-fascismo. Esso ignora di fatto la cobelligeranza italiana, pure formalmente riconosciuta dal preambolo del trattato stesso; né tiene sufficientemente conto, da un lato, della lotta che l'avanguardia del popolo italiano ha condotto per venti anni contro la dittatura fascista preparando il terreno dell'insurrezione popolare sotto i cui colpi il fascismo è in definitiva caduto; dall'altro, della leale partecipazione del popolo italiano e delle sue formazioni militari

l Per la risposta vedi D. 467. 2 Vedi D. 466. 3 Vedi D. 436. Per il seguito vedi D. 597. 4 Ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II, cit., pp. 990-992.

e partigiane allo sforzo bellico delle Nazioni Unite dal settembre 1943 al termine della guerra; infine, della volontà del popolo italiano di rompere definitivamente con la politica, le istituzioni e gli uomini che lo trascinarono alla guerra a fianco di Hitler, volontà coronata, nelle elezioni del 2 giugno scorso, dalla decisione popolare di fondare il nuovo Stato italiano sui principi della democrazia.

2) Il trattato, nella soluzione dei problemi relativi alla frontiera orientale fra l'Italia e la Jugoslavia e a quella occidentale fra l'Italia e la Francia, segue criteri strategici e politici che sono in aperto contrasto con le aspirazioni nazionali delle popolazioni interessate e non offrono garanzie per la protezione delle minoranze. In particolare il Governo italiano insiste perché nella delimitazione della frontiera orientale si proceda secondo il criterio della linea etnica fissato dalla Conferenza dei Quattro a Londra nel settembre 1945, ricorrendo al plebiscito nelle zone contestate secondo la richiesta delle popolazioni istriane e la proposta formulata alla Conferenza di Parigi della delegazione italiana. Tale principio il Governo rivendica anche nella eventualità della creazione del Territorio Libero di Trieste, le cui frontiere dovrebbero almeno essere estese alla zona, incontestabilmente italiana, di Parenzo e di Pola.

3) La preventiva rinuncia alla sovranità italiana sulle colonie contemplata dal progetto di trattato, in mancanza di ogni indicazione sullo statuto giuridico che ad esse sarà dato e sulla situazione che sarà fatta all'Italia, contrasta con ogni obiettiva valutazione del contributo del lavoro italiano alla loro valorizzazione ed al loro sviluppo futuro.

4) La smilitarizzazione delle frontiere e le clausole militari del trattato lasciano l'Italia indifesa ed in uno stato di soggezione che incide sulla sua stessa indipendenza. La mutilazione della Marina ha il carattere di una sanzione ingiustificabile di fronte al contributo da essa dato alla guerra a fianco delle flotte delle Nazioni Unite ed alle perdite ingenti che ha subito, unitamente alle forze dell'Esercito e dell'Aviazione, combattendo contro il nemico comune.

5) L'insieme degli oneri economico-finanziari per quanto riguarda le riparazioni, il diritto di confisca dei beni italiani all'estero lasciato alla discrezione di ogni singolo Stato, la gratuita confisca degli investimenti statali e parastatali a favore di taluni Paesi, supera ogni ragionevole limite dell'effettiva capacità di pagamento dell'Italia e minaccia l'indipendenza economica del Paese. Concorrono inoltre ad aggravare la situazione, il peso degli oneri di occupazione dei servizi prestati in tre anni di regime armistiziale, nonché la rinuncia che ci è imposta di ogni indennizzo dalla Germania per il periodo di cobelligeranza durante il quale le truppe hitleriane hanno saccheggiato e razziato le province italiane. Nella determinazione dei gravami economici, il Governo italiano fa presente l'inderogabile necessità che siano consentiti sostanziali alleggerimenti, tali da evitare il pericolo di collasso dell'economia italiana e l'abbassamento delle condizioni di esistenza dei lavoratori ad un livello intollerabile.

Il Governo italiano ha già protestato contro le disposizioni del progetto del trattato prive di ogni fondamento di giustizia. Esso rinnova ai ministri degli esteri degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, dell'U.R.S.S. e della Francia l'invito a riconsiderare le proposte formulate dalla delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno, nei limiti della procedura consultiva entro i quali essa dovette contenere il suo intervento.

Riservando i diritti sovrani dell'Assemblea costituente circa l'accettazione del trattato nella forma definitiva che esso assumerà dopo la decisione della Conferenza dei ministri degli esteri delle Quattro Potenze, il Governo italiano ribadisce le sue più espresse riserve contro un giudizio unilaterale ed ingiusto, il quale non tenesse conto delle rivendicazioni esposte nella presente nota. Tali rivendicazioni sono destinate a mantenere, in ogni caso, il loro pieno valore in quanto imposte dalle permanenti e fondamentali esigenze di vita e di sviluppo della Nazione italiana. Il ministro degli esteri PIETRO NENNI».

469

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 18883/4 DEL. New York, 4 novembre 1946, ore 17,33 (per. ore 12 de/5).

Riassumo risultati vari incontri Dunn, Harvey e ampi colloqui Bevin durante viaggio. Governo inglese è determinato respingere qualsiasi rettifica linea francese favore Jugoslavia e non recedere da statuto implicante piena garanzia indipendenza Territorio Libero. Prevedesi su questo punto aspro dibattito, non escludendosi né eccessivamente paventandosi impossibilità accordo questa fase Consiglio Quattro. Vi è buona comprensione significato nostra resistenza e ferma protesta in questo vitale problema. È indubbio atteggiamento anglo-americano prospettasi per ora fermo. Sarò tenuto confidenzialmente informato sviluppo dibattito per adeguata impostazione nostro intervento.

470

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 18884/5 DEL. New York, 4 novembre 1946, ore 17,35 (per. ore 11 de/5).

Mio 4 1• Bevin mi ha dichiarato che guarda con piena fiducia assunzione Ministero degli affari esteri da parte vostra e sarà molto lieto riceverla Londra in forma ufficiale e con dovuto rilievo. Alla firma del trattato intende con pubbliche dichiarazioni concreti atti incoraggiare attiva rinascita democratica economica italiana. Foreign Office ha ricevuto già istruzioni telegrafiche studiare piano scambi commerciali di pronta attuazione e attende studi e proposte parallele da

l Vedi D. 469.

parte nostra, il tutto raccomandato per ora nostra assoluta riservatezza. Come risultato parimenti esame problemi internazionali Bevin ha dimostrato significativa comprensione e interessamento.

471

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18933/7 DEL. New York, 5 novembre 1946, ore 14,25 (per. ore 8 del 6).

Consiglio ministri riunitosi ieri pomeriggio durante quattro ore deciso sentire prossimi giorni delegati italiani e jugoslavi circa statuto Trieste senza accordarsi però circa natura audizione. Durante discussione procedura sono riapparse precedenti divergenze avendo Molotov preteso che esposizione jugoslava non sia limitata statuto ma possa comprendere anche frontiera. Consiglio deciso non porre limiti esposizione ma respinto richiesta delegati jugoslavi siano presenti dibattito che seguirà esposizioni italiana e jugoslava. Molotov oppostosi vivacemente raccomandazioni Conferenza Parigi circa eguale ripartizione somma riparazioni tra Grecia Jugoslavia e circa inclusione trattato nostro accordo con Austria nonché circa frontiera greco-albanese. Opposizione sovietica circa garanzie O.N.U. minoranze territoriali cedute sembra avviarsi compromesso. Consiglio riunirassi ogni pomeriggio.

472

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNT0 1 . New York, 5 novembre 1946.

Ho presentato a Dunn la lettera (riveduta) di De Gasperi per una migliore distribuzione del tonnellaggio che rimarrà a disposizione della nostra Marina militare. Gli ho anche consegnato un appunto riguardante la questione di un'offerta di costruzione di una base navale nel Venezuela, da parte di una ditta italiana. Si tratta di un lavoro eventuale d'importanza minima e che non riguarda, in alcun modo, opere di carattere militare. La ditta ha un capitale di 800 mila lire. Dunn si è dichiarato soddisfatto. Informerà il Dipartimento di Stato.

Gli ho domandato come vede lo svolgersi della Conferenza. Mi ha risposto che i russi hanno preso un tono di durezza, ma che si spera lo abbandonino quando

l Trasmesso con Telespr. 31113 del. del consolato generale a Ncw York (a firma Casardi) del IO novembre.

vedranno che gli anglo-americani non sono disposti a cedere. Gli jugoslavi per la

questione del confine orientale presenteranno minutamente il loro caso e sosterranno

un'aspra battaglia per Gorizia. Gli anglo-americani li lasceranno dire, ma non

muteranno la loro decisione, del resto approvata già dai Quattro e poi dai 2/3

della Conferenza a Parigi.

Gli ho detto che noi -se non vi sarà una discussione contraddittoria

faremo una breve dichiarazione che domanderà per Trieste la garanzia dell'integrità

del Territorio e le pubbliche libertà (secondo le istruzioni dateci a Roma). Saremo

brevi e non seguiremo gli jugoslavi in sterili polemiche. Dunn mi ha suggerito

d'insistere sul grande sacrificio che l'Italia compie, dovendo lasciare una parte

importante della sua popolazione al di là del confine e senza garanzie di protezione.

Gli ho domandato che cosa pensa dell'eventuale rifiuto russo di non firmare il trattato se gli jugoslavi non avranno piena soddisfazione territoriale e per lo statuto di Trieste. Mi ha risposto che, se non vogliono mantenere aperte e sanguinanti tutte le questioni europee, i russi firmeranno. E gli jugoslavi? Se gli jugoslavi non firmano, per impulso proprio o per incitamento russo, subiranno le conseguenze del loro atteggiamento. Voi non pagherete riparazioni; potrete non firmare il trattato ed esigere garanzie; potrete avere libertà di riarmare e quindi la possibilità di difendere il vostro confine di fatto. Che guadagnerebbero da tutto questo gli jugoslavi? I tre occidentali sono disposti, in tal caso, sia a venire ad un trattato collettivo con l'Italia, sia ad accordi particolari. In ogni caso la Jugoslavia avrebbe la peggio. Questo, secondo Dunn, fa supporre che gli jugoslavi finiranno per accettare qualche correzione del progetto di statuto.

473

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI (1)

DICHIARAZIONE. New York, 6 novembre 1946, mattina.

lt was my understanding that I was restricted today to present the views of the ltalian Government to the single subject of Trieste, the proposed Free Territory, its international status and Constitution.

Although I have listen to the far broader argument brought up by the Jugoslav representative, I shall limit myself to these particular subjects in keeping with the decision of the Paris Conference on Oct. 4th.

I would, however, be lacking in candor, and would default in my duty to do evèrything possible to assure a sound basis for a just and enduring peace, which my Government craves above ali other considerations and for which it is even prepared to make national sacrifices, if I did not at least direct your reconsideration to the basic fact that this restricted question is a vital factor in the life and future

1 Ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II, cit., pp. 1038-1042.

of the new democratic ltaly as it was pointed out only three days ago in the new

appeal that my Government addressed to you 1 .

This problem cannot be evaluated and judged as a thing apart from the generai

peace settlement and from the very life of the new ltalian Republic, as the anxious

attention of the ltalian people is focused on it and its resolution by you will have a

telling repercussion on their reception of, and life under, the entire peace settlement

and will weigh heavily on the birth and development of the new ltalian democratic

republic. Allow me to add that the whole Italian people are looking up to you

earnestly hoping that this appeal will not be in vain and that their trust in the

superior justice of the Big Powers, on which rests so great a part of the responsibility

for future peace, progress and international collaboration, will not be frustrated.

Coming to main point under consideration today, namely the matter of the proposed new Free Territory of Trieste, I feel it is imperative to state once again that in the opinion of the Italian Government the whole question of the Halo-Yugoslav frontier should ha ve been, and stili could be, settled on the basis of a free consultation of the population in the contested areas.

A proposal to that effect, in keeping with one of the basic principles of the Atlantic Charter and of the Statute of the United Nations, which has embodied it, has been repeatedly advanced by the ltalian Delegation at the Paris Conference. Unfortunately that proposal, which would have afforded the best practical means of application of the principle of the ethnic line approved by this same Council in London, was left unheeded. The ltalian Government has again brought it forward, in its message to you. I again earnestly commend it to your most serious attention as the minimum means of arriving at and effectuating a settlement consonant with the "consent of the governed" and with the equitable and democratic principles of the Atlantic Charter and the Statute of the United Nations. In this connection, I can not refrain from reminding you that the frontier line agreed upon on July 3rd, 1946 represents a cruel mutilation of the patrimony of the ltalian people leaving large masses of our brothers under alien rule without their consent democratically expressed, and without international guarantees for the security of their human rights.

These considerations have also a direct bearing on the question of the proposed Free Territory. The Italian Government has already expressed its views on this subject. Summing them up briefly, I am instructed to confirm that, apart from ali other obvious considerations directly affecting Italian public opinion, the pian appears to be a dangerous compromise. lt is, to say the least, questionable whether the new International body, as proposed, would have the necessary economie and politica) vitality and independence. Moreover, it would be fundamentally anti-democratic, as an imposition, without affording the population concerned the right of expressing their own will on such vita) matter as their severance from their mother country, ltaly could only, then, find a positive reason for the creation of the Free Territory if the latter were at least to offer a solution for the tragic plight of the populations of Western Istria. Their prevalent ltalian character was unanimously recognized by the Four Powers Commission and yet the resolution of July 3rd would piace them, unnaturally and unjustly, under an imposed alien rule.

l Vedi D. 465.

In view of these circumstances the ltalian Government feels compelled to again emphasize the serious responsibilities which the Council of Foreign Ministers is about to take upon itself. lt is stili hoped and we again urge that a way can be found to an equitable and workable solution of the problem of Italy's Eastem frontiers based on the principies which my Govemment has repeatediy and cleariy set forth. In the meanwhiie, as the opinion of the Italian Delegation on the Free Territory is as above stated, you can readily understand that it is extremely difficuit for us, and indeed even contradictory, to come forward with a full set of positive suggestions either on the intemationai Statute or on the internai Constitution of the Free Territory, thus sharing the responsibiiity for its creation. The few remarks that I am authorized to make at this stage, are therefore necessarily of very generai character.

If we have rightly understood, the goveming idea as far as the Intemational Statute is concerned, that the independence and integrity of the Free Territory is to be guaranteed by the Security Council of the U.N.O. Perhaps I may point out, in this connection, that the present set up and functioning of the Security Council does not promise the full necessary guarantees in the case of direct or indirect interferences against the independence and integrity of the Free Territory. In fact the right of veto on the part of any of the five Powers who have a permanent seat on the Security Council, could block any effective action in preventing or rejecting such interferences.

Once this problem is soived, it is the opinion of the Italian Delegation that the Govemor of the Free Territory, in his capacity as representative of the Security Council, should be vested with ali the necessary powers in order to guarantee and preserve the internationai status of the Free Territory. This, I notice, seems to have been accepted in fact by ali the drafts under discussion.

On the other hand, as far as the intemational administration of the Free Territory is concemed, the aim of the Council of Foreign Ministers is the creation of a free democracy in which citizens, liberated of ali fears of external interference and internai vioience, should be in a position freeiy to form and express their opinion, to develop their institutions, to solve ali problems -politica!, social or economica! -in short to work out their own way of !ife in freedom security and with future promise.

With this generai aim the Italian Delegation agrees, since it feels that it is only within the framework of a free and sound democracy that the peaceful cooperation between the resident nationalities can develop. And this, Jet me assure you, is the most ardent wish of the Italian Govemment. T o effectuate this the powers of the Governor should be restricted to those of insuring full respect for a Constitution freely adopted by the population of the Free Territory. For this same reason, the provisions of the Peace Treaty, as far as internai administration is concerned, should only prescribe the generai principles on which the constitution of the Free Territory should be based: namely the same principles which any country member of the U.N.O. is merely engaged to respect, and that are contained in the guarantees ofthe "Four Freedoms".

As I ha ve already stated, i t is the considered opinion of the Italian Delegation, that also from the economie and financial point of view, the proposed Free Territory can hardly be called vita!. If however the Council of Foreign Ministers finally decide to set up such a Free Territory, it is imperative that certain internationally guaranteed principles be laid down. First and most important is a guarantee of the undisturbed and unrestricted flow of traffic between the port of Trieste and the countries which constitute its natura! hinterland, namely the industriai canters of

Austria, Czechoslovakia and Hungary, and any other country concerned. It is

therefore necessary that the countries of the immediate hinterland of Trieste should

pledge themselves, under International guarantee, not to adopt any discriminatory

and prohibitory measures against international traffic to and from the port of

Trieste. Once this principle is accepted, the Italian Delegation will present a more

detailed report on this essential matter.

Mr. Chairman, Y our Excellencies, bringing this statement to a dose, I feel I must emphasize once more that we Italians have limited ourselves to outlining a few generai principles since we cannot overcome our reluctance against actively contributing to a settlement of our Eastern frontier in which we do not believe and which we cannot voluntarily accept because of its human injustice, its practical inefficiency, its denial of democratic principles and its failure to carry out the hopes held forth to all nations by the Atlantic Charter.

474

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 18996/8 DEL. New York, 6 novembre 1946, ore 14 (per. ore 18 del 7).

Consiglio ministri iniziato ieri esame raccomandazioni Ventuno. Approvato: l. facoltà Italia soddisfare anticipo riparazioni; 2. trasferimento beni tedeschi dall'Italia; 3. disposizione diritti artistici letterari territoriali alleati.

Rimaste indecise raccomandazioni concernenti: l. riparazioni altre Potenze art. 64 d); 2. costituzione commissione riparazioni italiane articolo 64 b); 3. esclusione Italia commissione controllo finanziario Grecia di cui Molotov chiese invece totale soppressione.

Su rimanenti sei punti esaminati affermatosi dissenso, fra cui notevole su articolo 77 a) che Molotov qualificò ultimatum Jugoslavia e su riduzione percentuale indennizzi dovuti da Italia da 75 a 25 per cento. Questioni rimaste così insolute passate a supplenti per studio possibili co~promessi.

475

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19004/9 DEL. New York, 6 novembre 1946, ore 21,51 (per. ore 20 del 7).

Avuto luogo stamane esposizione punti vista italiano e jugoslavo Commissione Quattro.

Con procedura leggermente modificata nei confronti Londra, Parigi delegazione italiana è stata ammessa e lasciato sala contemporaneamente quella jugoslava.

Testo mie dichiarazioni 1 trasmesso da agenzia.

Delegato jugoslavo ha largamente superato nella sua esposizione limiti specifica questione statuto per avanzare invece nuovo progetto compromesso generale sulle seguenti linee:

l) frontiera i taio-jugoslava seguirebbe precedente linea jugoslava dal mare sino Tarcento; corrisponderebbe quindi linea bielorussa sino Monte Cani n; da questo punto seguirebbe displuvio tra Rio del Lago e Valle Saisera, taglierebbe torrente Slizza immediatamente sud-est Tarvisio (lasciando questo centro all'Italia ma includendo intero percorso strada nazionale 54 in Jugoslavia), raggiungerebbe quindi confine italo-austriaco costeggiando strada nazionale 13 e ferrovia ambedue lasciate all'Italia;

2) per Territorio Libero viene accettata linea bielorussa. Trattasi quindi di leggere modificazioni richieste massime jugoslave. È a concessione di questa minima portata che evidentemente riferivasi Bebler nelle sue recenti dichiarazioni concilianti;

3) circa statuto Simic dichiarato Jugoslavia essere disposta larghe «concessioni» nei confronti suo precedente progetto, rinunciando al governatore jugoslavo, alla permanenza guarnigione jugoslava, diritto veto rappresentante politico jugoslavo nei confronti decisioni autorità Trieste. Dichiaratosi invece contrario proposte francesi per quanto riguarda poteri governatore che assumerebbe caratteristiche dittatore.

Per rimanente, dichiarazioni Simic intese lumeggiare importanza «sacrifici» che Jugoslavia disposta fare pur di raggiungere compromesso e a riaffermare ingiustizia sistemazione raggiunta dopo prima guerra mondiale. Segnalo tendenziosa allusione atteggiamento presidente Wilson presentato quale difensore tesi jugoslava nei confronti Francia Inghilterra per equa soluzione questione adriatica e contro patto di Londra. Naturalmente nessun accenno linea Wilson.

476

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 19223/034. Vienna, 6 novembre 1946 (per. l'Il).

Avendo avuto occasione di incontrare il segretario generale di questo Ministero degli affari esteri, non ho mancato di accennargli agli echi che le dichiarazioni fatte alla Volksoper di Vienna da parte del cancelliere federale nella versione datane dalla United Press e riprodotta in telegramma n. 236 2 di codesto dicastero, avevano avuto sia nella stampa svizzera che in quella italiana, ministro Wildner mi ha detto di essere stato personalmente presente alla cerimonia e di escludere che cancelliere abbia pronunciato alcunché di simile a quanto l'United Press ha comunicato. Figi ha

I Vedi D. 473. 2 Vedi D. 458.

590 profferito bensì le parole che ho già riportato nei miei telegrammi n. 479 e n. 484 1• Ministro Wildner ha aggiunto che, per quanto lo concerne, egli aveva ed avrebbe fatto tutto il possibile per evitare che da parte di uomini di stato austriaci si richiamasse pubblicamente, per qualsiasi motivo, il problema alto-atesino. Richiamo a tale questione non poteva, a suo avviso, che essere controproducente in campo interno ed estero ed era pertanto interesse stessi partiti austriaci non farvi cenno.

477

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON GLI ASSISTENTI SOTTOSEGRETARI AGLI ESTERI BRITANNICI, HARVEY E JEBB

Ne1v York, 7 novembre 1946, [mattina}.

Harvey e Jebb mi hanno stamattina dichiarato:

I) l'impressione destata nella delegazione inglese dalla nostra dichiarazione di ieri di fronte ai Quattro è stata senza riserve buona;

2) sono da considerarsi nonsense le voci correnti ieri sera negli ambienti giornalistici secondo le quali la non opposizione anglo-americana alla riassunzione da parte di Moiotov della questione territoriale italo-jugoslava nella seduta di sabato prossimo avrebbe il significato di una flessione anglo-americana ai nostri danni;

3) i fatti si sono svolti così: Molotov ha chiesto che le dichiarazioni italiane e jugoslave fossero studiate dai delegati supplenti. Byrnes ha dichiarato che la cosa era di competenza dei Quattro e non era il caso di deferirla allo studio dei supplenti poiché né da parte italiana né da parte jugoslava si era avanzata alcuna proposta di essenziale rilievo che meritasse un nuovo studio. ·Molotov ha acconsentito al punto di vista di Byrnes riservandosi di parlare nella seduta di sabato prossimo su tutta la questione, compresa quindi la delimitazione territoriale. Byrnes e Bevin non hanno affatto condivisa e tanto meno incoraggiata l'idea di questa discussione, ma non hanno potuto opporvisi perché, secondo la procedura, ognuna delle Quattro Potenze ha diritto, fino a che il testo definitivo del trattato non sia stato approvato, di fare nuove proposte su qualsiasi questione. Gli anglo-americani rivendicano per loro questo diritto e quindi non possono nega rio ai russi;

4) Harvey mi ha autorizzato a dare assicurazione al Governo italiano che l'atteggiamento inglese nei riguardi della questione territoriale è oggi identico a quello risultante dalle esplicite dichiarazioni fattemi da Bevin a bordo dell'Aquitania in senso contrario ad ogni modificazione 3 . In sostanza, la discussione di sabato fra i Quattro dovrebbe essere limitata allo statuto dello Stato Libero, ma può logicamente estendersi alla questione territoriale qualora la Russia ne prenda l'iniziativa.

l Vedi D. 461. 2 Trasmesso con Telespr. 5/4 del. di Casardi dell'S novembre. 3 Vedi D. 469.

591 Perché tale iniziativa abbia come risultato una modificazione sulla soluzione adottata a Parigi è, comunque, necessario che si verifichi fra i Quattro l'unanimità.

Pur dando a queste dichiarazioni il reale valore che hanno come specchio del punto di vista inglese quale si presenta oggi, è evidente che il solo fatto di riportare in discussione una questione già passata in giudicato presenta il pericolo che la riassunzione del dibattito abbia a risolversi per forza di cose in un nuovo compromesso ai nostri danni. Si tratta di un pericolo potenziale il cui verificarsi dipende in definitiva non dalla iniziativa russa, che può aprirgli la via, ma dalla determinazione anglo-americana (e quindi francese) di modificare un atteggiamento che, allo stato attuale, viene dichiarato fermo.

478

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 16849/1 DEL. Roma, 7 novembre 1946, ore l 2.

Unità odierna pubblica intervista con on. Togliatti, rientrato ieri sera da Belgrado, ove è detto fra l'altro quanto segue:

«Il maresciallo Tito mi ha dichiarato di essere disposto a consentire che Trieste appartenga all'Italia, cioè sia sotto la sovranità della Repubblica italiana, qualora l'Italia consenta a lasciare alla Jugoslavia Gorizia, città che, anche secondo i dati Ministero degli esteri italiano, è in prevalenza slava. La sola condizione che il maresciallo Tito pone è che Trieste riceva, in seno alla Repubblica italiana, uno statuto autonomo effettivamente autonomo, che permetta ai triestini di governare la loro città e il loro territorio secondo principi di democrazia».

Secondo mi ha riferito verbalmente stesso Togliatti, conversazione con Tito, che non era assistito da nessuno esperto, sarebbe rimasta in termini generici. Egli avrebbe comunque accertato che continuità territoriale fra Trieste e Italia sarebbe assicurata.

479

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. UU. 16852/2 DEL. 1 . Roma, 7 novembre 1946, ore 13,30.

Prego la delegazione attenersi, per quanto concerne intervista Togliatti 2 , al pensiero ripetutamente espresso dal Governo italiano circa l'opportunità di negoziati diretti fra Italia e Jugoslavia.

1 Il testo è redatto sulla base di un appunto autografo di Nenni. 2 Vedi D. 478.

Allo stato delle cose, è mio avviso che sede più opportuna per una proposta jugoslava suscettibile riaprire discussione è Nuova York, ove soltanto è infatti possibile sincronizzarla con complesso nostro trattato di pace e con più esatta valutazione azioni e reazioni altre Potenze 1•

Nelle dichiarazioni pronunciate ieri da Tarchianj2, quali sono riportate dai resoconti delle agenzie stampa riprodotti dalla stampa italiana, trovo accenni a una presunta totale sfiducia italiana nella capacità del Consiglio di sicurezza di garantire l'integrità e l'indipendenza del Territorio Libero e nel diritto di veto che potrebbe bloccare ogni azione concreta mirante prevenire inframmetenza dall'esterno.

Potrebbero essere pericolosi questi accenni, di cui non era del resto traccia e sono anzi in parte contrastanti con le istruzioni sommarie date prima della partenza alla delegazione 3 .

480

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 16870/3 DEL. Roma, 7 novembre 1946, ore 19,30.

Consiglio dei ministri nella sua riunione di oggi ha, dopo ampia discussione, approvato il seguente ordine del giorno che prego comunicare d'urgenza ai rappresentanti dei Quattro costì riuniti affinché rispettivi Governi sappiano subito, e da fonte diretta, quale è in concreto nostro atteggiamento nei confronti note ultime proposte Tito:

«L'on. Nenni, ministro degli esteri, ha riferito al Consiglio dei ministri sul colloquio avuto in mattinata con l'on. Togliatti di ritorno da Belgrado dove, a titolo strettamente privato, aveva conferito col maresciallo Tito.

In merito alle dichiarazioni fatte dal maresciallo Tito all'on. Togliatti il Governo ravvisa nell'atteggiamento jugoslavo su Trieste, nell'annuncio dell'imminente rimpatrio dei prigionieri italiani dalla Jugoslavia, nel proposito di negoziare un trattato di commercio tra i due Paesi, elementi nuovi che possono offrire materia di negoziati diretti nel quadro delle trattative generali per la conclusione della pace.

Il Governo italiano però non può prendere in considerazione la cessione alla Jugoslavia di Gorizia, parte integrante del territorio italiano, come tale dai Quattro unanimamente riconosciuta all'Italia, e richiamandosi alla sua ultima nota ai Quattro4 riafferma il principio che la frontiera debba essere tracciata seguendo la linea etnica e ricorrendo al plebiscito quando l'applicazione di essa sollevi contestazioni» 5 .

l Vedi D. 488. 2 Vedi D. 473. 3 Vedi D. 428. 4 Vedi D. 468. 5 Ed. in Foreign Re/ations of the United States, 1946, vol. II, cit., pp. 1071-1072.

481

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1901111150. Londra, 7 novembre 1946, ore 21,25 (per. ore 7,35 dell'B).

Telegramma di V.E. 705 1• Ho toccato con Hoyer-Millar questione revisione armistizio senza scendere in particolari dato che non ho avuto visione dei nostri due promemoria. Mi pare che qui si sia disposti a trattare separatamente questione carattere economico e naturalmente quella dei pagamenti alle truppe.

Per quanto riguarda clausole politiche e militari si fa presente che un accordo si renderebbe necessario, anche dopo il trattato di pace, per il rinvio di novanta giorni previsto per il ritiro truppe di occupazione. A questo riguardo si era sempre insistito a Londra, e lo faceva presente a suo tempo l'ambasciatore Carandini, che clausole previste articolo 5 del progetto erano del tutto analoghe a quelle accettate da Belgio, Olanda e Francia come alleati e tendevano soltanto a fornire garanzie richieste dall'esercito. Se tali garanzie vengono computate con un margine esorbitante ciò è dovuto, secondo Foreign Office, alla mentalità dei militari che--devono convenirne~~ non mostrano in Inghilterra maggiore comprensione che altrove. Dato che noto progetto di revisione doveva lasciare in sospeso taluna questione da essere risolta in sede trattato di pace, e per quanto ci si rendesse conto stato d'animo del nostro Paese, non si ritenevano giustificate reazioni della stampa e dell'opinione pubblica di fronte all'indiscrezione, certo intempestiva, dovuta a suo tempo ad un organo della stampa comunista.

Debbo confessare la mia convinzione che quanto precede ci viene detto in buona fede dal Forcign Office che invece per puro interesse finanziario non aveva preso l'iniziativa riesumare questione come mi è stato del resto osservato. Sono pertanto altrettanto convinto che con il nuovo strumento i Comandi britannici non chiederebbero privilegi sostanzialmente inferiori, ma saranno disposti ad escogitare formule più accettabili al nostro palato.

Resta il problema della Venezia Giulia per il quale è evidente che se le truppe alleate non saranno ritirate entro i novanta giorni ~come sembra probabile se la firma del trattato è prossima ~ accordo per quelle particolari zone e quelle di transito dovrà necessariamente restare in vigore.

482

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19057-19066 /l 0-11 DEL. New York, 7 novembre 1946, ore 21,27 (per. ore 21,10 dell'B).

Nel corso discussione, che ha seguito dichiarazioni italiana e jugoslava 2 , su richiesta russa, è stato deciso che questione itala-jugoslava sarà messa in discussione riunione Consiglio dei ministri probabilmente sabato.

1 Vedi D 453. 2 Vedi D. 475.

Da parte inglese americana ci è stata esplicitamente smentita impressione diffusasi questi ambienti giornalistici trattarsi slittamento anglo-americano verso nuove concessioni. Ci è stato detto che chiunque dei Quattro ha diritto riaprire ·discussione su qualsiasi parte trattato e che per conseguenza essi non avevano possibilità opporsi richiesta russa. Questo è esatto dal punto di vista formale: resta però il fatto che, essendo russi quelli che richiedono modificazione linea francese, pronta accettazione da parte anglo-americana richiesta russa, nonostante ripetuta assicurazione che essi non intendono cedere ulteriormente, non è certamente sintomo

volontà resistere ad ogni costo.

È impressione degli anglo-americani che russi vogliano arrivare ad un accordo e ciò implica possibilità che anglo-americani potranno venire loro incontro almeno in una certa misura e naturalmente a nostre spese. Alternative paiono al momento presente due: o non si arriverà ad alcun accordo, come sembrano ritenere francesi, oppure si arriverà ad un accordo sotto forma peggioramento linea francese nostri danni. Quaroni ritiene che questa seconda alternativa sia la più probabile in vista anche offerte fatte da Tito a Togliatti che costituiscono sviluppo situazione che egli aveva da tempo previsto.

483

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19043/492. Vienna, 7 novembre 1946, ore 22,20 (per. ore 14,30 del/'8).

Trasmetto qui di seguito testo dichiarazioni fatte ieri da presidente Renner a corrispondente l.N.S., che avevagli posto seguente domanda: «L'Austria rivendica una parte del Tirolo meridionale. L'opinione pubblica mondiale è divisa in opposte correnti su tale rivendicazione. Come giustifica la Repubblica austriaca tale richiesta?»

Risposta dottor Renner è stata seguente: «Come abbiamo visto, il mondo intero sa come Repubblica austriaca è il punto d'incrocio dell'Europa centrale. Essere il punto d'incrocio significa obbedire ad un principio fondamentale: avere porte aperte. Verso Occidente Austria ha soltanto una, e purtroppo piccola, porta aperta: la vallata dell'lnn. A Nord tale corridoio forse anche in brevissimo tempo potrebbe essere sbarrato da eventuali cannoni da parte della Germania. A Sud può avvenire lo stesso da parte dell'Italia. Questo sbocco dall'Ovest verso il Sud è costituito dal Brenneroperfettamente identico al Gottardo nelle Alpi Centrali, che costituisce un'altro sbocco dall'Ovest verso Europa centrale. Il Brennero austriaco offre all'Austria ciò che il San Gottardo dà alla Svizzera: esso assicura la neutralità. Tutto ciò costituiva non soltanto una questione austriaca ma una questione europea. Se tale sbocco viene chiuso l'Occidente non ha più alcuna possibilità di comunicazione. Il Brennero in possesso dell'Italia ha portato alla costituzione dell'Asse. Se il Brennero fosse stato austriaco, nella stessa maniera come è svizzero il San Gottardo, una alleanza fra Hitler e Musso lini non sarebbe stata possibile. L'intera politica estera austriaca sarà dettata in avvenire da un solo desiderio: noi vogliamo divenire la stessa grande base di neutralità dell'Europa centrale come è la Svizzera che congiunge l'Europa centrale con l'Occidente. Tutto ciò che viene fatto contro tale avvenire pieno di promesse costituirebbe una politica miope».

484

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 19116/0181. Parigi, 7 novembre 1946 (per. il 9).

Telegramma per corriere codesto ministero 16326/c. del 29 ottobre u.s. 1 .

Circa questione spagnola questo Ministero degli esteri ~che ha appreso con interesse comunicazione a incaricato d'affari francese in Roma circa nostro atteggiamento verso regime franchista~ ritiene che delegato francese New York non prenderà alcuna particolare iniziativa in prossima discussione Assemblea O.N.U. riservandosi eventualmente di appoggiare quelle che venissero a presentarsi durante il dibattito. Non si pensa al Quai d'Orsay che una ulteriore iniziativa sia necessaria per confermare noto punto di vista Governo francese, sfavore con cui Francia considera regime franchista essendo già abbastanza sottolineato da prolungata chiusura frontiera e da mantenimento rapporti «diretti» e non diplomatici.

485

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI FRANCESE, COUVE DE MURVILLE

New York, 8 novembre 1946, ore 10.

Chiamato da Couve, lo incontro al Waldorf-Astoria alle ore 10. Desidera conoscere la mia impressione sull'offerta di Tito. Ha sul tavolo molti telegrammi che gli forniscono dettagli superiori a quelli di cui io dispongo. Vuole essenzialmente sapere se la proposta jugoslava fatta a Togliatti riguarda solo la città di Trieste o tutto il Territorio Libero. Gli dichiaro che la sola informazione di cui disponiamo è un telegramma dal quale risulta il carattere privato e generico dei contatti Tito-Togliatti, e la immediata reazione del Consiglio dei ministri in senso contrario alla cessione di Gorizia 3 .

Couve non appare contrario ad una intesa diretta italo-jugoslava se essa ci può assicurare risultati migliori di quelli previsti dalle decisioni dei Quattro a Parigi. Gli faccio osservare che la questione non può essere impostata inizialmente in questi termini dato che ambedue le ipotesi sono incerte. Il Governo italiano non sa infatti fino a quale punto può contare sul mantenimento almeno della «linea francese» da parte dei Quattro. Posto al bivio fra le alee di una trattativa diretta o di un assoggettamento ad una decisione peggiorativa dei Quattro, non può assumere un orientamento logico se non riceve una qualche assicurazione da parte anglo-franco-americana circa la stabilità della soluzione adottata a Parigi ed ora rimessa in discussione per iniziativa russa. Couve ritiene che possiamo contare su un fermo atteggiamento inglese e

l Vedi D. 452. 2 Trasmesso con Telespr. 32/14 del. di Casardi dell'Il novembre. 3 Vedi DD. 478, 479 e 480.

americano in difesa della soluzione acquisita, ma non si espone al di là di questa generica dichiarazione.

Gli chiedo allora perché non è stata opposta la minima resistenza o manifestato il minimo stupore di fronte alla richiesta russa di riaprire la questione territoriale. Mi risponde di non aver capito in tale occasione l'atteggiamento condiscendente di Byrnes. Egli non esclude che Byrnes non si sia opposto all'iniziativa di Molotov per mettere in risalto la presa di posizione russa e la conseguente difesa americana delle decisioni prese a Parigi.

Tutto questo mi pare troppo complicato ed abile. È assai più probabile che la tattica americana sia semplicemente quella di rispettare la procedura (la quale contempla la possibile revisione di qualsiasi argomento già deciso) e di ammassare al fondo della discussione generale tutte le questioni sulle quali i russi hanno assunto un atteggiamento negativo onde porre il quesito finale sulla intenzione russa di giungere effettivamente alla conclusione del trattato. Le assicurazioni che egli mi dà circa l'atteggiamento francese in materia di rispetto delle decisioni territoriali prese a Parigi non sono così recise come quelle anglo-americane, comunque sono commisurate allo scarso potere decisivo che la Francia può avere in materia.

486

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE CARANDINI CON GLI ASSISTENTI SOTTOSEGRETARI AGLI ESTERI BRITANNICI, HARVEY E JEBB

APPUNT0 1 . New York, 8 novembre 1946.

Ho visto Harvey e Jebb ambedue molto interessati alle trattative dirette italo-jugoslave. Se riteniamo di avere un successo essi sono lieti che la trattativa abbia un seguito. Perché, però, la cosa abbia un interesse per noi ed una probabilità di essere sostenuta dall'appoggio inglese, occorre che essa rappresenti in definitiva per noi un concreto vantaggio in confronto alla soluzione ormai acquisita della «linea francese» e del Territorio Libero di Trieste. Trieste ormai è «in salvo» come città libera sotto la protezione del Consiglio di sicurezza. Gorizia ci è stata assegnata. È un buon affare per noi perdere totalmente Gorizia per trasformare Trieste da città libera in città italiana? Questo è il quesito che essi si pongono. Inoltre, avremo noi i mezzi finanziari per riattivare il porto di Trieste senza il concorso dell'O.N.U.? Perché il baratto abbia comunque un senso (ammesso che l'Italia, cosa che non è, sia disposta a rinunciare a Gorizia) occorrerebbe che, ai fini della vitalità di Trieste e della soddisfazione delle nostre aspirazioni di giustizia etnica, ricevessimo in compenso qualche cosa di più dell'attuale comprensorio del Territorio Libero. Inoltre si domandano che cosa sia l'autonomia amministrativa di Trieste a cui Tito pare abbia accennato. Tutti punti interrogativi che li lasciano estremamente perplessi. Il solo dato di fatto conosciuto è la

1 Trasmesso con Telc:spr. 32/14 del. di Casardi dell'Il novembre. Una sintesi di questo colloquio era stata telegrafata da Carandini 1'8 novembre (T. l 9094/19-20 del.).

dichiarazione del Consiglio dei ministri contraria alla cessione di Gorizia. Quali sono i possibili sviluppi della trattativa?

Ripeto più ampiamente i concetti espressi nel mio precedente colloquio a Couve 1 circa l'imbarazzo gravissimo in cui il Governo italiano si viene a trovare, incoraggiato come è ad inoltrarsi in trattative dirette e privo di qualsiasi assicurazione circa la stabilità delle decisioni di Parigi. In mancanza di un termine di confronto preciso e garantito come può il Governo italiano avventurarsi in una trattativa diretta che può anche indebolire la posizione assunta dagli anglo-americani e quindi concorrere a rendere anche più problematico il mantenimento della già insoddisfacente linea francese? Quando si dichiara di vedere con favore la nostra accettazione di discussioni dirette con gli jugoslavi, si assume nei nostri riguardi una responsabilità che non è coperta da una corrispondente garanzia circa il mantenimento di quel «limite di sicurezza» che è rappresentato dalle decisioni di Parigi. Una tale assicurazione da parte inglese ed americana è indispensabile non solo per fornire una base all'orientamento della politica estera italiana, ma anche per considerazioni di politica interna poiché il Governo, premuto come è da due opposte correnti di opinione pubblica su questo argomento, non può assumersi la responsabilità di rinunciare alle prospettive di una trattativa diretta con gli jugoslavi o di provocare un indebolimento della resistenza anglo-americana a sostegno delle decisioni acquisite a Parigi dando corso alle trattative stesse, senza sapere preventivamente quale è il rischio massimo che corre.

Harvey e Jebb mi assicurano che il Governo inglese, e, per quanto a loro risulta, quello americano, hanno l'intenzione di insistere fermamente sul rispetto sostanziale delle decisioni di Parigi sia per quanto riguarda il confine italo-jugoslavo che il Territorio Libero di Trieste. Naturalmente una assicurazione rigidamente impegnativa non può essere assunta poiché i Quattro devono decidere all'unanimità e gli sviluppi di un dissenso inconciliabile non sono prevedibili.

In sostanza resta a noi decidere la linea di condotta da adottare tenendo conto che il Governo inglese vede con favore l'eventualità di un accordo diretto italo-jugoslavo sempreché da esso risulti una soluzione per noi più favorevole di quella acquisita, e tenendo conto ancora che tale soluzione, nei limiti del possibile, sarà fortemente sostenuta nelle prossime sedute dei Quattro dalla delegazione inglese.

487

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON IL VICE CAPO DEGLI AFFARI DEL SUD-EST EUROPEO AL DIPARTIMENTO DI STATO DEGLI STATI UNITI, REBER

New York, 8 novembre 1946.

Dunn mi ha fatto chiamare oggi dopo aver ricevuta comunicazione della lettera da noi diretta a Bymes con il testo del comunicato del Consiglio dei ministri del 7

l Vedi D. 485. 2 Trasmesso con Telespr. 32/14 del. di Casardi dell'Il novembre.

598 novembre 1 concernente l'offerta di Tito a Togliatti per Trieste (col sacrificio di Gorizia). Quando sono giunto al Waldorf-Astoria, Dunn era trattenuto alla riunione dei Quattro, si che ho parlato con Reber al corrente di quando desiderava sapere la delegazione americana.

Reber mi ha infatti domandato, in nome di Byrnes, che cosa significasse, nel comunicato, la frase «elementi nuovi che possono offrire materia di negoziato diretto nel quadro delle trattative generali per la conclusione della pace». Gli ho risposto che, allume delle comunicazioni e istruzioni che sono giunte alla delegazione italiana, e traendo norma dalle conclusioni del comunicato governativo, si deve credere che gli «elementi nuovi» siano l'ammissione da parte di Tito che Trieste è città italiana, e la buona volontà da lui mostrata di liberare i prigionieri e di negoziare un accordo commerciale. Il «negoziato diretto nel quadro delle trattative generali per la conclusione della pace» potrebbe significare che le trattative dovrebbero avvenire a New York nell'ambito della Conferenza dei Quattro. Ho aggiunto che avevamo domandato a Roma precisi ragguagli a questo proposito 2 e che ne informeremo i ministri degli esteri non appena avremo sicure direttive.

Reber mi confermava che la delegazione jugoslava non aveva avute ancora spiegazioni e istruzioni da Belgrado. I Quattro, intanto, discutevano le raccomandazioni della Conferenza di Parigi su tutti i trattati, accantonando la questione di Trieste circa la quale nessun terreno d'intesa coi russi era stato trovato.

L'impressione americana è che le trattative dirette sarebbero benvenute se potessero giungere ad un accordo leale e durevole che si risolvesse in un beneficio per l'Italia. Non nascondon~ però il grave timore che delle trattative che si prolungassero invece nel vago e non risultassero conclusive, potrebbero indebolire la posizione anglo-americana in difesa della linea francese che essi stimano la soluzione meno nociva e più sicura per gli interessi italiani.

488

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19093-19091/15-16-17-18 DEL. New York, 8 novembre 1946, ore 20,49 (per. ore 7,40 del 9).

Telegramma di V.E. 3 .

Dalle comunicazioni ministeriali e dalle informazioni stampa non risulta chiaro a questa delegazione:

a) se trattasi o meno di una proposta ferma fatta da Tito a Togliatti;

I Vedi D. 480. La lettera è ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II, cit., pp. 1071-1072.

2 Vedi D. 488.

3 Vedi D. 479.

b) quali dovrebbero essere secondo Tito le frontiere del Territorio Libero di Trieste: dal suo telegramma n. 11 sembrerebbe soltanto potersi dedurre che egli accetta principio continuità territoriale tra Trieste e Italia.

Prego V.E. voler farci al più presto ogni necessaria precisazione al riguardo. Noi dobbiamo parlare in proposito con delegazioni straniere che hanno informazioni dettagliate mentre le nostre sono delle più vaghe, il che ci mette in condizioni di evidente inferiorità.

Occorre tener presente che proposta Tito a Togliatti, quale che sia sua esatta portata, è in realtà proposta indirizzata ai Quattro e costituisce ulteriore passo Jugoslavia verso concessioni sua primitiva intransigenza. Essa è fatta evidentemente nella speranza ottenere con questa nuova proposta qualche miglioramento linea francese loro favore specialmente nel settore Gorizia e Territorio Libero.

Nonostante affermazioni precise di cui al nostro telegramma n. 102 non ci si può nascondere che essa costituisce un certo pericolo anche se non per l'imminentissimo futuro data vaga atmosfera compromesso territoriale che circola per aria. Essa permette ai russi e agli jugoslavi salvare la faccia trattandosi concessione fatta non agli anglo-americani ma all'Italia, anzi più specificatamente a certe correnti pensiero politico italiano. Dall'altra parte il giorno in cui anglo-americani si mettano sulla via del compromesso territoriale essa può permettere loro dire che in fondo, facendoci aver Trieste in piena sovranità, hanno ottenuto per noi notevole vantaggio che può essere pagato con qualche concessione altrove. È anche possibile che al momento opportuno anglo-americani giustifichino di fronte a noi tale ritirata dicendoci che è colpa collettiva nostra t>erché con questa presa di contatto diretto abbiamo indebolito loro posizioni.

Non abbiamo ben compreso cosa V.S. voglia dire osservando che sede naturale queste proposte sia New York. Se cioè V.S. intende che è al Consiglio dei ministri che jugoslavi dovrebbero avanzare proposte del genere o se invece è qui che eventualmente dovrebbero aversi approcci e negoziato tra le due delegazioni. In questa seconda eventualità ci occorre conoscere se V.S. desidera che noi prendiamo iniziativa in proposito (che per ovvie ragioni non consiglieremmo) oppure attendere che delegazione jugoslava voglia prendere contatti con noi. Essa fino a ieri sera non ha (ripeto non ha) avuto istruzioni al riguardo.

Se avvicinati da jugoslavi risponderemo in base alle istruzioni di cui al telegramma

33 . In vista questo probabile slittamento riterremmo opportuno ripetere per iscritto a delegazioni inglese e americana e anche francese quanto già verbalmente detto da Carandini4 , che nostro atteggiamento di fronte proposta jugoslava è in connessione con loro atteggiamento di fronte ai russo-jugoslavi e cioè:

l) se essi ci garantiscono che non intendono mollare su linea francese nostro atteggiamento di fronte questa proposta territoriale non può essere che negativo d'accordo quanto Governo ha già deciso;

l Vedi D. 478. 2 Vedi D. 482. 3 Vedi D. 480. 4 Vedi D. 486.

2) se invece non ci garantiscono tenere duro fino in fondo Governo italiano, anche per evidenti ragioni di politica interna, deve riprendere in esame situazione e vedere cioè se sia per ora preferibile accettare eventuali ulteriori sacrifici per imposizione o per negoziato diretto.

Riterremmo necessario fare queste dichiarazioni per iscritto perché la situazione sia chiarita: non ci illudiamo su possibilità ottenere da anglo-americani impegno parimenti scritto (faremo di tutto per averlo) ma comunque anche solo documento scritto da parte nostra costituisce utile chiarimento situazione 1•

489

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 19226/037. Vienna, 8 novembre 1946 (per. !'11).

Ho espresso al segretario generale di questo Ministero degli affari esteri la mia meraviglia per il fatto che, dopo le assicurazioni datemi in precedente colloquio, su cui ho riferito con telegramma per corriere n. 034 del 6 novembre 2 , il presidente Renner avesse fatto all'I.N.S. le dichiarazioni di cui ho telegrafato il testo in data di ieri (mio telegramma n. 492)3• Ministro Wildner ha iniziato col dirmi che purtroppo il testo dell'intervista del presidente federale non gli era stato sottoposto preventivamente; e, circa suo contenuto, ha aggiunto che doveva essere tenuto conto personalità del dr. Renner, che è scrittore facile ed incline a dichiarazioni brillanti e talvolta avventate. Concordava naturalmente con me sulla necessità di evitarle, per non dar luogo a polemiche sterili e poco conclusive. Circa la questione alto-atesina, ministro Wildner ha voluto aggiungere che essa risorgeva naturalmente dinanzi all'opinione pubblica austriaca e non aveva espresso quale potesse essere il senso ed il contenuto degli accordi di Parigi, specialmente dopo dichiarazioni presidente De Gasperi fatte pure a Parigi circa futura estensione territorio autonomo. Gli ho obbiettato che ai termini dell'accordo era chiaro che tale questione era rimasta riservata: al che egli ha precisato che naturalmente non intendeva mettere in discussione tale problema, ma che gli sembrava fosse stato controproducente dinanzi a questa opinione pubblica l'aver messo in rilievo che tale questione non era stata ancora decisa. Inoltre da parte austriaca non erano state ben comprese alcune dichiarazioni del prefetto Innocenti (su cui tuttavia ministro Wildner non ha saputo fornirmi particolari e che probabilmente sono state qui riferite da elementi alto-atesini) né si era ben capito il significato delle sue dimissioni e della sua nomina a Commissario per le questioni dell'autonomia e delle opzioni. Ho risposto che provvedimenti adot-

I Per la risposta vedi D. 490. 2 Vedi D. 476. 3 Vedi D. 483.

tati anche recentemente da Governo italiano, e di cui questa stessa stampa ha dato notizia, dimostravano nostra intenzione dare pronta esecuzione ad accordo. A tal riguardo mi sembrava opportuno, anziché continuare a ripetere affermazioni che troppo facilmente potevano dar luogo a malintesi, insistere per creare atmosfera in cui conversazioni italo-austriache per stipulazioni dei previsti accordi potessero avere fruttuoso svolgimento. Ministro Wildner ha subito replicato, in forma cordiale, che per questione alto-atesina austriaci ed italiani si sarebbero trovati necessariamente di fronte ad infiniti malintesi; mi assicurava tuttavia che da parte sua avrebbe cercato di evitare nuove dichiarazioni del genere di quelle testé fatte dal presidente Renner, col quale si riservava di accennare opportunamente alla cosa.

Se, nella valutazione delle parole del ministro Wildner, deve essere tenuto presente che egli rappresenta correnti conservatrici di questo Ministero affari esteri le quali hanno sostenuto non di rado un atteggiamento critico dinanzi a politica ministro Gruber, non deve essere taciuta impressione che dichiarazioni Figi e Renner non siano puramente casuali, soprattutto se si ponga mente a loro coincidenza con discussione su accordo per Alto Adige dinanzi a Consiglio ministri affari esteri New York, nonché ad affermazioni fatte colà da Molotov e riportate con grande rilievo questa stampa, secondo le quali ambienti del Tirolo meridionale sarebbero ostili a stipulazioni italo-austriache Parigi.

490

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 16995/6 DEL. Roma, 9 novembre 1946, ore 21,45.

Suo n. 15 1• Proposta Tito ha evidentemente, data personalità cui proviene, carattere maggiore autorità sebbene il tramite di cui egli si è servito per avanzarla abbia carattere personale. Confermo che, secondo informazioni Togliatti, conversazione si è mantenuta in termini generici. Egli ha ritenuto soltanto di dover accertare se esistesse o meno, nel pensiero suo interlocutore, continuità territoriale tra Trieste e Italia. Nessun'altra precisazione mi è stata fatta e dubito che delegazioni straniere costì ne siano effettivamente in possesso. In una mia intervista diramata anche tramite agenzie nordamericane ho ieri affermato che «siamo disposti a prendere in esame col più vivo interesse qualsiasi proposta ufficiale che ci pervenga nel quadro delle trattative generali sulla pace che si svolgono attualmente a New York». Mio suggerimento tende a riportare possibilmente iniziativa sul binario che mi pare, sotto ogni punto di vista, più idoneo.

l Vedi D. 488.

491

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. U. 17014n DEL. Roma, 9 novembre 1946, ore 23.

Ho fatto oggi a questi rappresentanti dei Quattro seguente comunicazione verbale:

«l) Il rinvio della questione di Trieste, che secondo notizie non ufficiali è stato deciso dai Quattro a New Y ork, è da noi interpretato come un invito indiretto a cercare un terreno di intesa fra l'Italia e la Jugoslavia.

2) Sotto questo aspetto noi ravvisiamo nelle dichiarazioni fatte dal maresciallo Tito all'on. Togliatti un elemento positivo per discutere l'insieme delle questioni che la guerra ha fatto sorgere fra i nostri due Paesi in vista del ristabilimento di rapporti normali basati sulla reciproca fiducia.

3) In queste condizioni consideriamo con favore la possibilità di negoziati diretti con la Jugoslavia.

4) Un accordo raggiunto fra i due Paesi dovrebbe avere la garanzia dell'O.N.U.

5) In caso di mancato accordo diretto consideriamo acquisito da un lato quanto risulta dalle decisioni dei Quattro e dei Ventuno, dall'altro il riconoscimento dell'italianità di Trieste fatto dal maresciallo e consideriamo sempre valide le nchieste presentate dal Governo italiano con la nota del 4 novembre 1946» 1•

492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

T. PER CORRIERE 17028. Roma, 11 novembre 1946.

Suo 11502 . Stralcio delle clausole economiche da quelle politico-militari è ciò che riteniamo m sostanza la miglior procedura. Queste ultime potrebbero forse essere discusse, non in sede di modifiche armistiziali, ma di accordo a sé stante che copra il periodo di novanta giorni previsto dal trattato.

1 Oltre che presentata ai rappresentanti a Roma di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, questa comunicazione fu trasmessa direttamente ai ministri degli esteri dei quattro Paesi con lettere dell'Il novembre di Tarchiani (per Byrnes, ed. in Foreign Re/ations of the United States, 1946, vol. II, cit., pp. 1109-1110), di Carandini (per Bevin), di Soragna (per Couve de Murville che sostituiva Bidault) e di Quaroni (per Molotov). Per le risposte date o fatte pervenire a Nenni vedi DD. 500, 509, 518 e 525. Per le comunicazioni e le risposte date a New York vedi DD. 495 (Carandini) e 496 (Soragna). Non si pubblica il telegramma di Tarchiani (n. 19333/27 del.) con l'anticipazione della risposta americana perché giunse a Roma a mezzogiorno del 13. Quaroni non telegrafò.

2 Vedi D. 481.

Sono queste, per il momento, semplici indicazioni che valgono soltanto a titolo di generico orientamento. Comunque, com'ella sa, nostre osservazioni in materia economico-finanziaria sono già da qualche giorno in possesso sia di Londra che di Washington.

493

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A.I. A BUDAPEST, ASSETTA TI

T. PER CORRIERE 17031. Roma, 11 novembre 1946.

Suo rapporto n. 74 del 23 ottobre1• Ho letto con interesse resoconto suo colloquio con codesto ministro degli affari esteri. Ella ha ben fatto a controbattere subito osservazione che Italia e Ungheria facciano parte di due settori diversi ed ostili, che è, per quanto ci concerne, inesatta. Proposito ungherese di coltivare relazioni anche con Stati Uniti dimostra del resto che neanche politica ungherese è orientata verso un solo obiettivo.

È interessante l'accenno fattole circa il favore con cui la Russia vedrebbe una intensificazione dei rapporti fra Italia e Ungheria, intensificazione che sarebbe poi inceppata dai contrasti italo-jugoslavi. Sono accenni che meritano approfondimento e su cui la prego di portare la sua attenzione.

Occorre comunque per il momento spingere innanzi le iniziative culturali e quelle commerciali.

494

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19276/24 DEL. New York, 11 novembre 1946, ore 17,25 (per. ore 11,20 del 12). Suo 72 .

Tanto Dunn che Bohlen, in conversazioni, hanno tenuto precisare che proposta Byrnes rinvio discussione Trieste non avuto alcuna relazione con notizia offerta Tito. Di fronte tattica sovietica sollevare nuovamente tutti i punti trattato, conglobando quelli che ricevettero maggioranza qualificata a Parigi, Byrnes ha inteso semplicemente procedere ad un esame preliminare di tutte le clausole onde raccogliere i punti controversi e quindi forzare i sovietici a prendere posizione conformità

l Vedi D. 443. 2 Vedi D. 491.

principio stesso della procedura e delle decisioni già concordate tra quattro ministri esteri. Dunn ha detto comunque a Quaroni che anglo-americani sarebbero ben felici se in conversazione diretta con jugoslavi riuscissimo ottenere da loro accoglimento linea francese finora rifiutata o anche condizioni migliori.

495

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19334/28 DEL. New York, 11 novembre 1946 1•

Harvey e Jebb hanno preso stamane conoscenza della nota scritta cinque punti telegramma n. 72 . Riservandosi sottoporla oggi Bevin, mi hanno intanto dichiarato:

l) rinvio discussione questione Trieste, che peraltro verrà ripresa oggi, non è stato in relazione trattative dirette italo-jugoslave;

2) Governo inglese vede con favore contatti italo-jugoslavi intesi migliorare rapporti ed eventuale concordia soluzione problema Venezia Giulia;

3) eventuali accordi fra i due Paesi quando approvati da Quattro faranno parte trattato di pace e saranno soggetti alle garanzie che gli sono proprie;

4) in caso mancato accordo diretto i Quattro decideranno in base soluzione che secondo Governo inglese non può essere che quella adottata a Parigi. Ciò non significa che il Governo inglese possa preventivamente vincolarsi nei confronti nostri ma indica quale è la determinazione con cui dibattito verrà affrontato da parte britannica.

496

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE SORAGNA CON IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI FRANCESE, COUVE DE MURVILLE

APPUNT03 . New York, 11 novembre 1946.

Il signor Couve de Murville, al quale ho consegnato l'esemplare destinato alla delegazione francese della comunicazione della nostra delegazione alle quattro principali

l Spedito il 12 alle ore 13 e pervenuto alle ore 12 del 13.

2 Vedi D. 491.

3 Trasmesso con Te1espr. 30112 del. di Casardi del 13 novembre. Una sintesi di questo colloquio era stata telegrafata da Soragna il 12 novembre (T. 19327/29 del.).

Potenze in Consiglio, concernente le dichiarazioni del ministro Nenni ai rappresentanti delle Quattro suddette Potenze in Roma 1 , ha letto la nota e poi mi ha fatto osservare:

l) che non sa rendersi conto della possibilità di garanzia dell'O.N.U., sia in linea generale che nel caso particolare: nel senso che tale funzione non esiste nelle attribuzioni dell'O.N.U., e quand'anche esistesse non potrebbe assumersi l'impegno di esercitarla per un caso di cui non si conoscono i termini; la migliore garanzia per il risultato di un eventuale accordo, sarebbe di venir compreso nel trattato di pace;

2) che nessuna delle Potenze principali può impegnarsi strettamente al mantenimento delle conclusioni raggiunte a Parigi. Infatti, neppur si sa se sarà possibile raggiungere l'accordo completo dei Quattro sull'insieme del problema, mancando l'accordo sullo statuto, che, se non si raggiungesse, potrà mandare a monte anche quello raggiunto sulle frontiere dell'Italia e del Territorio Libero.

Nel corso della conversazione ha però ammesso:

l) che l'Italia deve naturalmente accettare di trattare colla Jugoslavia, anche se con scarse probabilità di raggiungere un'intesa;

2) che egli troverebbe abbastanza opportuno che le trattative eventuali si svolgessero a New York, e ciò per parecchie ragioni, fra cui quella del contatto seguito coi Quattro.

Circa l'obbiezione n. 2, dopo avergli spiegato con ampiezza la situazione delicata del nostro Governo, l'ho pregato di parlarne coi colleghi e, pur rendendosi conto delle difficoltà di impegni assoluti, vedesse di agire nel senso di offrirei il massimo possibile di quelle garanzie di non peggioramento della situazione realizzata nel progetto attuale, che ci sembrano veramente essenziali se vogliamo poter serenamente trattare a due; ed offrircele in una forma e sotto condizioni che a noi possano sembrare sufficienti.

497

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19335/30 DEL. New York, l l novembre 1946 2 .

Berard, consigliere ambasciata di Francia a Washington, e collaboratore Couve Conferenza, ha voluto stamane comunicarmi in colloquio amichevole quanto segue:

l) jugoslavi, prevedendo che russi non li sostenevano a fondo, sono a New York più disposti concessioni che non a Parigi;

I Vedi D. 491. 2 Spedito il 12 alle ore 13,50 e pervenuto alle ore 12 del 13.

2) francesi pensano possibile accettazione da parte Jugoslavia nuovo tracciato basato su seguenti correzioni linea francese:

a) cessione di un altro sobborgo sloveno di Gorizia;

b) assicurata contiguità territoriale Italia Trieste; c) Trieste piena sovranità Italia ma con territorio relativo limitato zona compresa nella linea Morgan e rinuncia rimanente territorio Zona B; d) impegni di attiva cooperazione economica tra i due Paesi.

nostri sacrifici a Gorizia e nella Zona B permetterebbero agli jugoslavi la ritirata che sembra prevedersi.

Colleghi delegazione unanimamente attribuiscono passo Berard volontà jugoslavi di contatti indiretti attraverso delegazione francese per soluzione eventuale sulle suddette linee. Pregasi istruzioni 1 .

498

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

APPUNTO. Roma, 11 novembre 1946.

Ho parlato con Quaroni per telefono stasera alle 18,30.

Mi dice che la nostra interpretazione del rinvio non è esatta: a suo giudizio esso rappresenta semplicemente il solito accantonamento delle questioni più gravi per l'ultima fase delle riunioni, come è sempre avvenuto. Egli non può dunque affermare che si tratti di incoraggiamento a negoziati diretti. Sua precisa impressione è peraltro che gli anglo-americani non sono affatto contrari a discussioni dirette tra Italia e Jugoslavia e sperano che sia a noi possibile trarre da esse risultati migliori di quelli acquisiti dai Quattro e dai Ventuno.

Gli ho chiesto se ritenesse di poterei assicurare che gli anglo-americani sono decisi a non recedere dalle posizioni già raggiunte: ritiene di poter! o affermare.

Gli ho confermato che il ministro Nenni aveva rivolto ai rappresentanti diplomatici a Roma alcune domande precise che gli ho ricordato, e che aspetta una risposta. Ho pregato Quaroni che la delegazione rivolgesse anche da parte sua le stesse domande direttamente ai Quattro e informasse subito delle loro reazioni. Lo farà.

Ha chiesto per ultimo di conoscere il pensiero del Governo sull'opportunità che le eventuali conversazioni abbiano luogo a New Y ork o altrove; a chi spettasse un'ulteriore iniziativa, ecc. Ho replicato che occorreva prima al ministro Nenni conoscere la risposta delle quattro Potenze alle sue domande.

Potrò ancora parlare con Quaroni domani a mezzogiorno (ora americana).

l Vedi D. 520.

499

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA

L. PER CORRIERE AEREO 20/37441/59. Roma, Il novembre 1946.

Mi riferisco ai tuoi telegrammi 83, 84 e 89 1 , relativi all'opera da te svolta costì con il Governo cubano sulla questione del trattato di pace con l'Italia.

Abbiamo preso atto, con molto interesse, degli affidamenti di codesto Governo di non avvalersi dell'art. 77, e dei sondaggi in corso per conoscere il punto di vista degli altri Governi latino-americani sul progetto di trattato; una azione «collettiva» per una pace separata da parte di un gruppo di Stati latino-americani sarebbe certamente auspicabile, ma non mi sembra possa avere molte probabilità di successo, almeno attualmente.

Rimane quindi soltanto la possibilità di un gesto cubano quale suggerito nella lettera di Prunas del 18 settembre u.s. 2 , gesto il cui alto significato non sarebbe certamente diminuito dal non essere inquadrato in una azione collettiva; esso potrebbe invece servire a noi per invocare uguale decisione da parte di altri. Se ci siamo rivolti a Cuba, è anche perché codesto Paese non ci reclama nulla e quindi è disposto ad una pace bianca mentre gli altri due Paesi latino-americani in guerra con noi (a parte le piccole repubbliche dell'America centrale, il cui peso politico è assai scarso) e cioè Brasile e Messico hanno un interesse diretto a partecipare al trattato.

500

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, CON L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, MCKENDREE KEY

APPUNTO. Roma, 12 novembre 1946, ore 19,30.

Il signor Key, incaricato d'affari degli Stati Uniti ha fatto al ministro degli esteri la comunicazione seguente 3 :

«l) Le discussioni del Consiglio dei ministri degli affari esteri sulla questione di Trieste sono state aggiornate su iniziativa degli Stati Uniti non per le ragioni supposte dal ministro degli esteri italiano ma per dare tempo di accertare l'atteggiamento dei ministri degli esteri sulle raccomandazioni della Conferenza per quanto si riferisce a tutti i cinque trattati prima di prendere in considerazione ogni singolo argomento di un solo trattato.

2) Gli Stati Uniti si considerano impegnati dalle decisioni dei ministri degli esteri del 3 luglio concernenti la linea francese ed il Territorio Libero di Trieste e

l Vedi DD. 414 e 464. 2 Vedi D. 323. 3 Risponde alla nota di cui al D. 491. Il testo completo della risposta di Byrnes è ed. in Foreign

Relations of the United States, 1946, vol. II, cit., pp. 1110-1111.

dagli altri punti adottati dalla Conferenza coi due terzi dei voti. In conseguenza gli Stati Uniti non prenderanno l'iniziativa di sostenere nessun'altra soluzione.

3) La decisione se o no entrare in negoziati diretti è questione lasciata ai Governi italiano e jugoslavo; ma qualsiasi accordo possa essere raggiunto non conforme con le raccomandazioni del Consiglio dei ministri degli esteri e della Conferenza esigerebbe il più attento e scrupoloso esame.

4) Naturalmente, nell'assenza di informazioni concernenti l'indirizzo dei negoziati, nessuna preventiva assicurazione può essere data che un eventuale accordo fra l'Italia e la Jugoslavia possa ottenere la garanzia delle Nazioni Unite per il tramite del Consiglio di sicurezza.

5) Se il Governo italiano entra in negoziati con la Jugoslavia il signor Byrnes spera che il signor Nenni vorrà tenere il Governo degli Stati Uniti informato dei progressi e degli sviluppi delle trattative».

Il signor Key interpreta questa comunicazione piuttosto come una remora che come un incoraggiamento a negoziati diretti.

Circa il terzo punto il signor Nenni ha assicurato l'incaricato d'affari americano che l'intervista Tito-Togliatti non ha avuto finora nessun concreto sviluppo. In ogni caso il Governo americano sarà tenuto al corrente.

501

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19338/273. Praga, 12 novembre 1946, ore 21,48 (per. ore 12 del 13).

Ministro Cunosci reggente direzione affari economici, con il quale ho ripreso note trattative, mi ha manifestato dubbio che vi siano incertezze da parte nostra circa questione invio operai che si sottolinea voler tenere slegata da quella beni italiani. È mia impressione che sospetto fosse provocato da comunicazioni PaulinyToth intesa ottenere precedente eccessivamente ottimista. Ho allora confermato opinioni e direttive contenute telegramma V .S. 152 1 e assicurata nostra ferma intenzione addivenire accordo operai nella fiducia che assicurazioni dateci per trattamento beni italiani troveranno sollecita parallela esecuzione. Ho dichiarato che questa legazione è autorizzata iniziare trattative con delegazione cecoslovacca, che parte commerciale sarà trattata da addetto commerciale e parte lavoratori da inviato Direzione generale emigrazione. Ho visto così dileguarsi ogni sospetto e credo che lavori saranno iniziati al più presto.

Risulta che Consiglio dei ministri ha approvato nota deliberazione di principio per beni alleati e nostri (mio telegramma n. 254) 2 che per ora non sarà resa pubblica ragione. Intenzioni sembra permangano buone e maggior ostacoli potrebbero consi-

I Vedi D. 451. 2 Vedi D. 396.

stere in pretese Alleati di tale natura da rendere più arduo accordo il quale non può essere fatto separatamente, e tanto meno preventivamente. Prossimi giorni vedrò Fierlinger particolarmente designato questioni beni e questioni operai.

Ritengo venuto momento designare funzionario emigrazione secondo accordi presi mia recente visita Roma e mi permetto sottolineare nuovamente necessità massima cautela ribattere con Pauliny-Toth.

502

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

APPUNTO. Roma, l 3 novembre 1946.

Ho parlato per telefono con Tarchiani ieri notte. Mi dice che oggi avrà luogo una importante riunione dei Quattro, ove si cercherà di esplorare la possibilità di raggiungere un accordo su Trieste.

Ha avuto un colloquio coi francesi, di cui telegrafa il resoconto 1 e su cui attira la nostra attenzione.

La risposta nordamericana, consegnata ieri da questo incaricato d'affari degli Stati Uniti 2 , è stata portata contemporaneamente a conoscenza anche della delegazione. Tarchiani pensa che la risposta britannica sia approssimativamente di eguale tenore: ci sarà certamente consegnata fra brevissimo.

A mia richiesta, Tarchiani afferma di ritenere che gli anglo-americani non siano in sostanza contrari a negoziati diretti italo-jugoslavi, ma dubitano molto che essi possano giungere a risultati migliori di quelli già acquisiti dai Quattro. Essi potrebbero cioè essere fonte di eventuali nuove complicazioni e contrasti. Anche la delegazione condivide gli stessi dubbi.

503

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19472-19370/33-34 DEL. New York, 13 novembre 1946 3 .

Seduta ieri Consiglio occupata discutere precipuamente seguenti argomenti: aspetti territoriali risoluzione 3 luglio; statuto; eventuale risposta lettera delegazione

l Vedi D. 497.

2 Vedi D. 500.

3 Il T. 33, partito alle ore 18 pervenne alle 20,30 del 15, il T. 34 (l'ultimo capoverso di questo documento), spedito alle ore 18,06 pervenne alle 7,30 del 14.

italiana; su questa ultima questione non raggiunto alcuna decisione collegiale. Molotov tendenzialmente contrario. Verrà probabilmente lasciata cadere, Byrnes intanto fatto. presente aver già risposto italiani. Circa problema confinario Molotov proposto affidare supplenti esame nuove proposte jugoslave. Byrnes intervenuto più volte con voluta insistenza ripetendo non vedere motivo alcuno modificare accordo 3 luglio approvato successivamente maggioranza Conferenza Parigi. In relazione brano nostra lettera in cui condizionavasi apertura trattative dirette al mantenimento predetto accordo in caso fallimento, Byrnes dichiaratosi favorevole informare jugoslavi e italiani in tal senso. Per parte sua già informato italiani che America mantiensi tale linea. Bevin associandosi dichiarato avere esaminato dichiarazioni jugoslave ma considerando massimo compromesso già raggiunto non ravvisava giustificazione modificare linea francese. Tanto Molotov che Couve tentato dapprima evitare prendere posizione insistendo su possibilità desiderabilità diretto accordo italo-jugoslavo. Ultima analisi hanno confermato adesione accordo 3 luglio. Molotov aggiunto tuttavia ritenere doveroso consultare Jugoslavia prima decisione finale e potersi facilitare soluzione mediante piccole concessioni. In sostanza è stato deciso che Consiglio continuerà esaminare problema indipendentemente da trattative italo-jugoslave ma prenderà in esame ogni eventuale accordo a due. Circa statuto Molotov riaffermato opposizione progetto francese ribadendo concetti contenuti note proposte sovietiche Parigi particolarmente circa poteri governatore. Insistito inoltre necessità ritiro truppe da Territorio Libero suggerendo limite novanta giorni. Bevin insistito conclusioni raggiunte Parigi rappresentavano ultimo compromesso. Byrnes associandosi rilevato che proposte erano state approvate da quindici dei ventuno governi. Riapertura discussione significherebbe buttare risultati lavoro Parigi. È stato infine deciso prendere in esame proposte articolo per articolo.

Segnalo in merito discussione ieri seguenti elementi:

l) precisa presa posizione anglo-americani per sostenere immutabilità risoluzioni 3 luglio. Particolarmente Byrnes ritornato più volte e con enfasi su questo punto;

2) tentativo franco-russo evitare necessità prendere posizione insistendo su possibilità e desiderabilità diretto accordo italo-jugoslavo. Per quanto riguarda in particolare atteggiamento francese mi riferisco contenuto nostro 30 1•

504

L'INCARICATO D'AFFARI A RIO DE JANEIRO, GIARDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 2752/660. Rio de Janeiro, 13 novembre 1946 (per. il 16).

Con mio te l espresso n. 2719/652 in data odierna2 ho riferito sul passaggio di consegne che ha avuto luogo all'Itamaraty e sugli scambi dei discorsi tra il ministro

I Vedi D. 497. 2 Non pubblicato.

ad interim degli affari esteri, ambasciatore Souza Gracie, tuttora in carica, e il ministro degli affari esteri uscente, Joao Neves da Fontoura.

Analogamente a quanto mi consta essere stato fatto anche da altri rappresentanti diplomatici, ho ritenuto doveroso, da parte mia, rendere visita, che per me è stata anche di congedo, al signor Fontoura il quale mi ha accolto nella sua abitazione con aperta cordialità e mostrato di gradire particolarmente la cortesia che in tal modo rendevo all'ex ministro degli esteri ormai rientrato nella vita privata.

Ho l'onore pertanto di riferire sui punti più salienti della lunga conversazione che ne è seguita. Ho espresso anzitutto al signor Neves da Fontoura i ringraziamenti del Governo per l'azione svolta da lui e dalla delegazione brasiliana alla Conferenza di Parigi in favore di una giusta pace con l'Italia. Gli ho detto che, a prescindere dagli effettivi risultati conseguiti, il popolo italiano non avrebbe mai dimenticato la grande comprensione e la solidarietà di cui il Brasile ha dato prova nei nostri riguardi in così difficili contingenze. Riprendendo un punto più ampiamente svolto nel suo discorso di commiato dai funzionari dell'Itamaraty, il èui testo integrale ho già trasmesso in allegato al telespresso succitato, il signor Fontoura mi ha risposto che: «di più il Brasile non avrebbe potuto fare, chiuso come era in partenza dai Quattro Grandi. In ogni modo abbiamo levato a Parigi la nostra voce anche in nome di tutte le altre Repubbliche del continente sud-americano in difesa e in affermazione di principi di giustizia che superano la stessa questione della pace con l'Italia. Sono convinto che i nostri sforzi, se pur sfortunatamente non sono approdati a quei risultati che avremmo desiderato, ciò nondimeno hanno contribuito a mettere in evidenza dinnanzi al mondo che l'Italia non ha avuto quella giusta pace che si meritava e che un intero continente reclamava per essa, ciò che potrebbe rappresentare per l'avvenire un incalcolabile servigio». Essendomi poi congratulato per la riuscita dell'azione collettiva imperniata sul Brasile, Fontoura mi ha fatto osservare che «nella storia politica del continente sud-americano era stata questa la prima volta, e forse l'ultima-ha soggiunto -, che si era riusciti a porre in atto un'azione collettiva date le difficoltà e malcelate gelosie che purtroppo separavano un Paese dall'altro». Era però interessante -ha continuato -e oltremodo significativo notare che l'azione collettiva aveva avuto, per piattaforma, un equo trattato di pace con l'Italia e che il successo della stessa era dovuta in massima parte, per non dire totalmente, più che all'opera delle cancellerie, alla generale e unanime convinzione di difendere una giusta causa. Sotto questo punto di vista poteva dirsi concretamente acquisita all'Italia la simpatia del mondo americano e spianata la via alla penetrazione pacifica della sua civiltà e del suo lavoro. A proposito dei beni italiani situati in Brasile e tuttora da liberare, il signor Fontoura mi ha detto che una soluzione sarebbe stata trovata coll'abbinare la questione dello sblocco a quella di un eventuale apporto italiano alla colonizzazione e alla industrializzazione del Brasile. A suo dire, i benefici derivanti ai due Paesi da una collaborazione italo-brasiliana nel campo tecnico-industriale e dell'emigrazione sarebbero grandissimi ed egli, Fontoura, si sarebbe decisamente posto su questa via se le vicende della politica non lo avessero costretto ad abbandonare il suo posto di governo.

A questo punto mi ha ripetuto quanto già conoscevo dalla stampa e cioè che assolutamente egli intendeva ritornare alla sua libera professione di avvocato e riprendere le sue funzioni di consulente giuridico del Banco del Brasile. Si è detto dolentissimo di aver dovuto rinunciare alla sua progettata visita in Italia ma solo momentaneamente -ha sottolineato -«poiché conto recarmici egualmente in forma privata nel corso dell'anno prossimo». Ha avuto inoltre parole di viva e grande ammirazione per il presidente del Consiglio on. De Gasperi e per la S.V. che ha testualmente definito «le due personalità che mi hanno colpito di più e che non potevano lavorare meglio per il vostro Paese».

Essendo poi la conversazione caduta sull'Argentina, non ha potuto -come del resto ogni buon brasiliano -nascondere un certo senso di diffidenza e di rivalità verso il Paese vicino, subito mascherato però dalle solite più o meno enfatiche rituali dichiarazioni di amicizia e simpatia. Ha criticato con finezza la politica di prestigio che il Governo di Peron persegue in forma sproporzionata ai mezzi del suo Paese e fatto il paragone tra il Brasile, con i suoi quarantacinque milioni di abitanti e le sue grandi risorse di materie prime -base indispensabile per una seria industrializzazione-e l'Argentina che ha popolazione molto minore e nessuna materia prima.

Son questi gli stessi argomenti che pochi giorni dopo mi ripeteva il capo della segreteria politica del presidente Dutra, signor Louzada, dal quale mi ero recato per ringraziarlo degli auguri che il capo dello Stato mi aveva inviato in occasione della festa nazionale del 4 novembre. Il signor Fontoura lascia il Governo in un momento in cui la situazione politica interna è tutt'altro che buona. L'inflazione è alle porte, il timone dello Stato in mani alquanto incerte e poco salde, i partiti in lotta aperta tra loro, mentre sull'orizzonte riemerge la figura dell'ex dittatore Getulio Vargas che dal suo feudo politico del sud col discorso pronunciato ieri a Porto Alegre prende ormai posizione contro il P.S.D. al potere. Pare ormai accertato che a Neves da Fontoura succederà, come ho già scritto e telegrafato, l'insigne giurista Raul Fernandes che il Fontoura mi ha detto aver egli stesso designato al presidente Dutra come la persona più indicata e capace per dirigere la politica estera brasiliana. E su ciò ha preso termine l'interessante conversazione.

Non mi stupirei se, nonostante le sue dichiarazioni, forse troppe volte ripetute, di essere cioè assolutamente deciso a rientrare nella vita privata e a rinunziare a qualsiasi carica pubblica, l'ex ministro degli esteri tornasse più presto di quanto non si creda sulla scena politica brasiliana e nella forma la più impensata. Che questo è il paese delle sorprese e ove tutti i compromessi sono resi possibili da una morale privata e politica alquanto elastica. In ogni caso credo si possa in coscienza affermare che il Neves da Fontoura è stato per l'Italia un buon amico né può negarsi che egli sia stato anche un difensore della nostra causa. Anche Raul Fernandes può considerarsi animato da sentimenti di simpatia verso di noi, questa temperata però da una notevole conoscenza del mestiere, da una non comune preparazione giuridica e specialmente dalla freddezza del suo carattere.

Nell'atto del congedo il signor Fontoura ha tenuto a mostrarmi tutta la sua gratitudine per le cortesie usategli e le amichevoli prove di simpatia e di amicizia ricevute dai membri, indistintamente, della nostra delegazione alla Conferenza di Parigi 1•

l Per la risposta vedi D. 521.

505.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A NEW YORK

T. 171 79/13 DEL. Roma, 14 novembre 1946, ore 15,45.

Ho telegrafato stamane direttore generale U.N.R.R.A. segnalando gravissima situazione italiana disponibilità cereali. Pregoti intervenire telefonicamente presso Fiorello La Guardia affinché assicuri arrivo entro novembre 50 mila tonnellate provvedendo se necessario direttamente piroscafi. Sarà bene mettere in rilievo che operazioni ammasso hanno raggiunto quasi tutti i limiti previsti e stiamo facendo tentativi per acquisti diretti. Urgentissimi aiuti ci sono assolutamente necessari per superare crisi. Ti prego di riferire subito su esito tuoi passi consigliando se sia opportuno mio eventuale personale diretto intervento presso La Guardia. Ti ringrazio 1 .

506

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

PROMEMORIA. Roma, 14 novembre 1946.

Telefono a Tarchiani alle 18 di oggi. Mi dice che:

l. La linea francese è stata adottata dai Quattro all'unanimità ed è dunque da considerarsi una decisione ferma.

2. -Molotov ha peraltro presentato nella seduta di ieri quattordici emendamenti al progetto francese di statuto del Territorio Libero, di cui si ignora l'esatta natura e portata, ma che sono tutti orientati verso la trasformazione del governatore in una figura quasi esclusivamente onorifica. La discussione continua. L'opposizione anglo-americana è, per ora, ferma. 3. -Naturalmente, se non si giungesse a un accordo sullo statuto, anche la questione della frontiera italo-jugoslava potrebbe essere riaperta, data la connessione posta esplicitamente dalle parti fra i due problemi. 4. -Tarchiani conferma che il noto passo francese 2 è stato molto probabilmente suggerito direttamente dagli stessi jugoslavi. NorÌ ha avuto comunque nessun ulteriore approccio. 5. -La delegazione domanda se siano esatte le notizie stampa che circolano a New Y ork relative alla già avvenuta apertura di negoziati diretti. Gliele smentisco. Domanda se debba prendere iniziative concrete in proposito. Gli rispondo che la questione delle trattative dirette è all'esame del Governo e che attenda istruzioni.

l Per la risposta vedi D. 515. 2 Vedi D. 497.

507

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19436-19431/35-36 DEL. New York, 14 novembre 1946, ore 23 (per. ore 7,40 del 15).

Consiglio Quattro abbordato ieri questione statuto, limitandosi però prendere atto senza discussione tredici emendamenti proposti da Molotov noto progetto francese. Emendamenti stessi, mantenuti temporaneamente segreti, risultano corrispondenti già noti punti di vista sovietici, diretti cioè limitare poteri Consiglio sicurezza, smilitarizzazione evacuazione territorio, limitazione poteri governatore, accentuare poteri assemblea popolare.

Riunione ieri caratterizzata primo assaggio generale rispettivi atteggiamenti su questioni statuto. Anglo-americani evitato agganciare discussione singoli articoli per aver prima quadro completo situazione. Discussione nel vivo avrà inizio oggi. Atteggiamento sovietico risultato sostanzialmente immutato da Parigi. Si ha impressione che anglo-americani vadano orientandosi verso idea che, avendo ieri l'altro sovietici accettato (almeno a parole) principio che linea 3 luglio rimanga acquisita purché raggiungasi accordo su statuto, vi è margine e convenienza compromesso circa questo ultimo.

508

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

PROMEMORIA. Roma, 14 novembre 1946.

In data del 29 ottobre scorso è stata fatta da parte nostra ai rappresentanti diplomatici dei Quattro la nota dichiarazione (confermata adesione ai principi di Potsdam 1 , preventiva adesione alle eventuali misure che potrebbero essere decise dall'Assemblea dell'O.N.U., richiesta di conoscere l'atteggiamento dei rispettivi Governi nei confronti spagnoli). Il Governo francese ha già risposto per il tramite di Benzoni (telegramma n. 181 del 7 novembre) 2 che non intende prendere alcuna particolare iniziativa al riguardo. L'incaricato d'affari degli Stati Uniti mi ha fatto oggi, in risposta alla nostra richiesta, e d'ordine del suo Governo la seguente comunicazione verbale:

«Il Governo nordamericano non ritiene opportuna l'adozione di alcuna ulteriore azione nei confronti della Spagna, la cui situazione va peraltro tenuta sotto esame appunto perché sia possibile, se occorrerà, agire tempestivamente

I Vedi D. 452. 2 Vedi D. 484.

nei suoi riguardi. La questione del regime è questione che riguarda gli spagnoli, i quali sono i principali artefici di quella evoluzione che condurrà alla formazione di un regime accettabile. La Spagna non costituisce per ora un pericolo. La sua situazione nei confronti internazionali non ha peggiorato, ma si è anzi alleggerita come dimostra il relativo miglioramento dei rapporti ispano-francesi. Resta naturalmente immutata la ripugnanza del Governo nordamericano per il regime franchista ed è quindi giustificata la decisione adottata di non ammettere la Spagna fra i membri dell'O.N.U. Tale regime non costituisce peraltro, nel pensiero di Washington, un pericolo che richieda un rafforzamento di eventuali misure precauzionali. La collaborazione di Franco coi tedeschi è cosa del passato; né tale collaborazione, né l'asilo di alcuni nazisti sono comunque tali da richiedere e giustificare un'azione ulteriore. Che neanche sarebbe giustificata dalla oppressiva natura del regime, in quanto la Carta delle Nazioni Unite proibisce l'intervento negli affari interni di altri Stati.

Il Governo degli Stati Uniti darà piena considerazione alle eventuali misure discusse o proposte dall'O.N.U., ma essa non si attende nessun costruttivo risultato da una ulteriore considerazione della situazione spagnola che fosse intrapresa oggi. Le misure dall'esterno sin qui adottate contro Franco hanno anzi rafforzato, piuttosto che indebolito, il regime. Il Governo nordamericano considera per tutte le ragioni suesposte, come assolutamente inefficace una rottura collettiva delle relazioni diplomatiche che fosse eventualmente disposta nel momento attuale. Se l'O.N.U. decidesse di adottare una decisione siffatta, il Governo degli Stati Uniti la riterrebbe anzi non soltanto inefficace, ma addirittura inquietante».

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

MESSAGGIO 1 . Londra, 14 novembre 1946.

l. The temporary postponement of discussion by the Council of Foreign Ministers on the question of Trieste had no relation to the possibility of direct negotiation between ltaly and Yugoslavia. It was purely a matter of Conference procedure and, as Signor Nenni will be aware, consideration of the question has been resumed.

1 Questo documento era allegato alla seguente lettera dell'ambasciata di Gran Bretagna a Roma datata 15 novembre: «Under instructions received from His Majesty's Principal Secretary of State of Foreign Affairs, I have the honour to communicate herewith the reply of Mr. Bevin to the message which you were good enough to communicate to Mr. Malcolm of this Embassy on Saturday night, November 9th, regarding the Tito-Togliatti conversations [vedi D. 491]. Mr. Bevin is informing Count Carandini of the instructions which he has sent to me».

2. -The present position is that the Council of Foreign Ministers maintain their decision of July 3rd, but have not so far laid down the manner in which it is to be applied in detail. His Majesty's Government for their part stand by the relevant recommendations of the Paris Conference which form the basis of the present discussions of the Council. 3. -H.M. Government would naturally be prepared to study with sympathy any direct agreement between Italy and Yugoslavia which seemed likely to promote lasting international peace, stability and co-operation. But I am not in a position to judge whether the informai Yugoslav proposals which gave rise to Signor Nenni's communication to me offer the prospect of such an agreement; and the question of entering into negotiations is one for the Italian Government themselves to decide, bearing in mind that any agreement would have to be most carefully examined by the Council of Foreign Ministers in the light of the Council's decision of July 3rd and the recommendations of the Paris Conference. 4. -lt is impossible on a purely hypothetical bases to discuss the possibility of any special guarantee. Ali that can be said at present is that any agreement relating to Trieste which might commend itself to the Council of Foreign Ministers would in my view have to be incorporated in the Peace Treaty, where it would enjoy the same international status as the other provisions in that Treaty. 5. -I hope that Signor Nenni will keep me informed of any new development arising out of the Yugoslav proposals and of the progress of any discussions with the Yugoslav Government which may take piace.
510

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19528/38 DEL. New York, 15 novembre 1946, ore 17,55 (per. ore 11 del 16).

Impressione negli ambienti vicini delegazioni inglese, francese, americana è che, nonostante contrasti manifestatisi in sede discussione, Consiglio Quattro stia avviarsi verso accordo su statuto, aprendo così strada conferma accordo generale 3 luglio. Più conciliante atteggiamento sovietico sarebbe dovuto, da un lato, constatato irrigidimento anglo-americano, dall'altro, a concessioni favore russi nella questione Danubio. Questo spiegherebbe improvvisa premura negoziare da parte jugoslavi, resisi conto non poter più contare intransigente appoggio sovietico. Sappiamo in via riservatissima che jugoslavi hanno esercitato viva pressione presso Dunn (come già fatto con francesi) per una soluzione qualsiasi compromesso a loro favore. Dunn ha risposto loro che nessun compromesso è possibile poiché è determinazione americana e inglese mantenere ferme decisioni Quattro 3 luglio.

511.

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19546/277. Praga, 15 novembre 1946, ore 19,30 (per. ore 16 del 16).

Mio telegramma 273 1 .

Durante colloquio odierno Fierlinger, presi accordi telefonici con vicepresidente Zenkl e ministro agricoltura ha disposto per immediata nomina delegazione cecoslovacca per trattare questione operai con questa legazione. Ha dichiarato conseguentemente sarà sospeso invio Roma analoga commissione che ministro agricoltura aveva annunziato secondo ufficioso Rude Pravo stamane essere già partita per l'Italia, dove avrebbe ottenuto sicuro successo ritenuta esistenza tre milioni disoccupati. Delegazione cecoslovacca sarà composta di rappresentanti ministeri agricoltura, industria, interni, esteri, finanza e Banca Nazionale. Da parte nostra ho assicurato pronto intervento al lato mio e addetto commerciale, delegato emigrazione e eventuale ulteriore invio altri delegati procedendo trattative. Fierlinger ha dimostrato pressante sollecitudine e entusiasmo. Nonostante ciò confermo ancora che situazione economica cecoslovacca impedirà trasferimento grosse somme risparmio e limiterà possibilità immigrazione.

Trattando questione beni italiani Fierlinger ha dimostrato freddezza. Pur assicurandomi che trattamento italiani e Alleati resterà eguale, ha tenuto sottolineare che soluzione importerà alcuni mesi lavoro e che casi collaborazionismo sono più frequenti presso italiani che presso Alleati. Questo atteggiamento può confermare sospettato scopo dissociazione due questioni beni e lavoratori.

Inizierò lavori e seguendo linea fissata miei colloqui Roma procederò cautamente. Gradirei poter comunicare nomina delegato emigrazione e averlo disponibile. Successivo colloquio Heidrich, che ho informato precedente conversazione con Fierlinger, ha rinnovato amplissime assicurazioni sul trattamento beni italiani e dichiarato che soluzione sarà data breve termine contemporaneamente e analogamente alleati. Riferisco anche per corriere 2 . ,

512

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19543/40 DEL. New York, 15 novembre 1946, ore 20,40 (per. ore IO del 16).

Consiglio proceduto ieri esame statuto. Discussione ingaggiatasi su emendamenti sovietici articoli 8 e 9 relativi poteri governatore. Discussioni circa po

1 Vedi D. 501. 2 Non pubblicato.

teri governatore svoltesi base noti punti vista già esposti Parigi da rispettive delegazioni senza raggiungere accordo. Bevin, Byrnes, Couve insistito necessità mettere governatore in grado assolvere suoi compiti. Byrnes sviluppato diffusamente tesi particolare situazione Trieste richiedere speciale soluzione; inoltre articolo 16, oltre mantenimento principi democratici, prevede anche garanzia diritti uomo che solo governatore indipendente con poteri sufficienti potrebbe assicurare. Molotov suggerito formula per cui governatore potrebbe assumere diretto controllo polizia limitatamente caso emergenza. A vendo Byrnes osservato inutilità discussione se impossibile accordo su questione fondamentale, è stato deciso rinviare dibattito riunione ristretta odierna presenza soli Quattro e due collaboratori ciascuno.

513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 17247/14 DEL. Roma, 15 novembre 1946, ore 21,30.

Ho fatto ieri alla Commissione dei trattati un'ampia relazione sui più recenti sviluppi della questione relativa alle nostre frontiere orientali.

Ho fra l'altro indicato che anche accettazione da parte del Consiglio dei ministri degli esteri a New York della linea francese non (dico non) impedisce dobbiamo cercare un accordo diretto.

Ho suggerito come primo tema da discutere la reciproca tutela delle minoranze e gli scambi commerciali sottolineando l'importanza che hanno per noi i minerali dell'Arsa e che hanno per la Jugoslavia i nostri macchinari.

Alla fine della discussione è stato dato alla stampa un comunicato ove si afferma che «circa la prospettiva di accordi diretti con la Jugoslavia, la Commissione è stata unanime nell'auspicare che essi possano essere iniziati e condotti con successo nel quadro di una pace inspirata alla collaborazione fra i popoli».

Prego portare conoscenza alla delegazione jugoslava comunicato predetto e tenore mie dichiarazioni. Si potrà in questa occasione verbalmente aggiungere essere precisa sensazione della nostra delegazione, sulla base delle successive notizie pervenutele da Roma, che le circostanze propizie per esplorare con amichevole lealtà la strada degli accordi diretti vadano rapidamente maturando.

Vorrei insomma che anche gli jugoslavi di costì potessero dare a Belgrado l'impressione della opportunità di uno scongelamento e suggerire a Belgrado un passo diretto verso di noi come ciò traspare dalla dichiarazione attribuita dal New York Post al signor Simic.

Attendo conferma 1•

t Vedi D. 516.

514.

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19600/47 DEL. New York, 16 novembre 1946, ore 18,45 (per. ore 20 del 17).

Dunn a nome Byrnes ci ha espresso oggi disappunto delegazione americana per dichiarazione di V.S., come riprodotta giornali qui, secondo la quale conversazioni dirette italo-jugoslave sarebbero state impedite sopravvenute decisioni dei Quattro a New Y ork. Byrnes ripete non esservi decisioni nuove dopo quelle del 3 luglio a Parigi considerate qui valide da tutti i quattro ministri.

Abbiamo corretto impressione americana spiegando reale significato precedente comunicato Ansa e segnalando dichiarazioni fatte in proposito da V.E. Commissione trattati come da prima parte suo telegramma n. 141•

515

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. 19593/49 DEL. 2 . New York, 16 novembre 1946 3 .

Ho parlato nuovamente La Guardia4 rappresentando nel modo più caloroso inderogabile necessità nostri approvvigionamenti cereali. La Guardia mi conferma oggi per iscritto che, riconoscendo inadeguata originaria assegnazione 120 mila tonnellate e le difficoltà ottenere quantitativi da altre fonti, Dipartimento di Stato ha ottenuto assegnazione per U.N.R.R.A. altro ammontare 120 mila tonnellate. Mese prossimo sono da aggiungere 23 mila rimaste dal trimestre precedente. Totale in programma per l'ultimo trimestre 263 mila che però, solo parzialmente potranno essere spedite in tempo utile arrivando entro il mese dicembre. Sciopero marittimi conseguente ingombro ferroviario fino ad ora reso possibile porre in programma spedizioni per arrivo novembre soltanto 14 mila tonnellate invece 50 mila attese. Ho fatto presente La Guardia che l'ammontare globale accennato è già inferiore quello ritenuto indispensabile da nostre autorità e che comunque è inderogabile assicurare arrivo intero quantitativo entro quest'anno. La Guardia dopo accurato controllo mi ha detto che entro il mese novembre non possono arrivare più che 14 mila tonnellate perché non ci saranno piroscafi da dirottare. Dipartimento di Stato d'accordo con

U.N.R.R.A. dirotterà quattro piroscafi totale 12 mila tonnellate che potranno arrivare soltanto prima quindicina dicembre. Questo è quanto materialmente possibile ora. La Guardia si adopera con ogni mezzo migliorare spedizioni future 5 .

I Vedi D. 513. 2 Risponde al D. 505. 3 Spedito il 17 alle ore 1,06 e pervenuto alle Il ,45. 4 Vedi D. 406. 5 Vedi D. 566.

516.

GLI AMBASCIATORI TARCHIANI, QUARONI E CARANDINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19595-19594/50-51-52 DEL. New York, 16 novembre 1946 1•

Telegramma di V.E. 142•

Come è noto codesto ministero nel corso delle conversazioni con jugoslavi a Parigi siamo stati da essi accusati poca serietà perché, invece di portare trattative su questione territoriale e statuto Trieste, abbiamo cercato trasportare conversazioni su questioni post-pace come appunto sarebbero in questo caso questioni commerciali e minoranze. Ci riferiamo nota intervista Bebler.

Nella situazione attuale, ed in vista anche di quello che sembra essere spirito decisione unanime Commissione trattati, non sembrerebbe utile di limitare nostra presa contatto a questioni, in questo preciso momento, carattere secondario senza voler portare questioni principali ossia frontiere e statuto Trieste. Se si intende prendere un reale contatto sembrerebbe quindi più utile che nell'attirare attenzione questa delegazione jugoslava su contenuto telegramma 14 si parlasse anche questione territoriale nel senso dire, pur ripetendo noto nostro punto di vista, che sarebbe bene se noi conoscessimo ufficialmente qual' è esatto pensiero Jugoslavia circa questioni territoriali, dato che conversazioni Tito-Togliatti sembrano essere rimaste molto sulle generali.

Questa linea di condotta ci sembra consigliabile per le seguenti ragioni:

l) dato ambiente New Y ork, è inevitabile che qualsiasi presa di contatto nostra con Jugoslavia abbia immediata larga pubblicità e inevitabili distorsioni (si veda per esempio maniera sue dichiarazioni sono giunte a New York), che potrebbero anche avere per conseguenza indebolimento nostra posizione dato assoluto riserbo delegazione jugoslava nostro riguardo. Rischio queste ripercussioni, ripetiamo inevitabili, converrebbe correrlo solo per conversazioni che possano avere per noi utilità concreta su questioni essenziali (nostro telegramma 30)3 . Precisazione da parte jugoslavi di quello che essi effettivamente chiedono ed offrono per un accordo diretto su questioni territoriali è solo elemento che permetterebbe Governo italiano portarsi su terreno più concreto. Se jugoslavi sono infatti realmente decisi farci qualche concessione che vada al di là decisioni linea francese o almeno equivalenti, evidentemente non vi sarebbero più ragioni non trattare. Se invece jugoslavi vogliono chiederci molto e darci poco egualmente situazione diventa più chiara;

2) conversazioni su questo argomento concreto ci permetterebbero valutare con maggiore esattezza elemento assai importante, se cioè jugoslavi mantengono loro decisione non firmare linea francese oppure no. Elemento questo di capitale importanza per giudicare della situazione e suoi sviluppi.

Preghiamo quindi V.S. di voler eventualmente confermarci sue istruzioni sulla base queste nostre considerazioni 4 .

I Il T. 50-51 è stato spedito i117 alle ore 1,52 ed è pervenuto alle 12; il T. 52 è stato spedito ill7 alle ore 10,06 ed è pervenuto alle 17,30.

2 Vedi D. 513.

3 Vedi D. 497.

4 Per la risposta vedi D. 520.

517

L'ALTO COMMISSARIO PER L'ALIMENTAZIONE, ALDISIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. RISERVATISSIMA PERSONALE. Roma, 16 novembre 1946.

Mi è stato segnalato, questa sera, da ambienti assai vicini all'ambasciata degli Stati Uniti, che data l'attuale situazione politica di quel Paese, particolarmente ben disposto verso di noi, e l'incertezza persistente dei piani di rifornimento grano all'Italia da parte della Commissione internazionale di emergenza per l'alimentazione, il capo dello Stato on. De Nicola dovrebbe fare un passo personale presso Truman, per pregarlo di intervenire, perché finalmente fossero decisi i rifornimenti di cereali onde salvare il Paese dalla fame in quest'inverno ed il regime politico da eventuali speculazioni di avversari di ogni colore.

Il passo di De Nicola non dovrebbe essere reso pubblico, e se fosse possibile dovrebbe, sia pure con cautela e con abilità, contenere un accenno alla posizione e missione dell'Italia nell'Europa insidiata da evidenti pericoli imperialistici e totalitari 1•

518

L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, BALAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

L. 303. Roma, 17 novembre 1946.

l'ai l'honneur de vous faire savoir, d'ordre de mon Gouvernement, que celui-ci a été heureux de prendre note de la communication que vous avez bien voulu me faire le 9 de ce mois2 .

Le Gouvernement français estime que les conversations en cause ne peuvent que contribuer à la pacification et à la collaboration internationale dans cette partie de l'Europe et il s'en félicite.

Il s'en tient, pour le moment, aux décisions qui ont été prises par le Conseil des Ministres des Affaires Etrangères au sujet de la frontière italo-yougoslave et qui ont recueilli l'approbation de la Conférence de Paris. Il rappelle d'autre part que le statut du territoire libre de Trieste est actuellement en discussion devant le Conseil des Ministres des Affaires Etrangères sur la base des recommandations qui ont été formulées par la Conférence.

Le Gouvernement français se réserve donc d'examiner, avec l'attention qu'ils requièrent, !es termes de tout accord qui pourrait intervenir entre l'Italie et la Yougoslavie au sujet de la frontière entre les deux Pays, accord qu'il conviendra, en tout état de cause, de faire approuver par le Conseil des Ministres des Affaires Etrangères, en vue de son incorporation dans le Traité de Paix.

l Vedi D. 549. 2 Vedi D. 491.

519

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19671/53 DEL. New York, 18 novembre 1946, ore 23,03 (per. ore 17 del 19).

Discussione sabato 1 svoltasi seguenti punti:

l) chi spetti nomina licenziamento capo polizia;

2) come stabilire delimitazione tra non interferenza governatore affari correnti e suo doveroso intervento quando coinvolti principi fondamentali integrità territoriale e diritti uomo;

3) quando verifichisi emergenza e come possa tale evenienza governatore contare su collaborazione polizia.

Primo punto temporaneamente accantonato. Per rimanenti supplenti preparato redazione che verrà esaminata oggi da ministri.

Delineasi intanto contrasto su ritiro forze alleate da Territorio Libero. Sovietici insistono data fissa. Anglo-americani sostengono inopportunità ritiro sino quando non comprovato effettivo funzionamento statuto. Questione riconnettesi veto Consiglio sicurezza. Infatti sino quando forze rimangono Trieste tale diritto gioca favore anglo-americani. Una volta ritirate, agli effetti loro eventuale rientro, diritto veto gioca favore sovietici.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 17486/16 DEL. Roma, 18 novembre 1946, ore 23,30.

Suoi 50-51-522.

Per riprendere i contatti con la delegazione jugoslava ho suggerito di abbordare in principio il problema della reciproca garanzia delle minoranze, perché la sua soluzione mi sembra atta a lenire le ferite delle mutilazioni e a sopire gli animi delle popolazioni interessate, e quello degli accordi commerciali, perché certamente esso vale ad inserire un qualunque accordo in un più vasto quadro di reciproco interesse.

Ma naturalmente ambedue i problemi postulano una più precisa conoscenza di ciò che la Jugoslavia è disposta a dare e fare in materia territoriale e ctrca l'insieme dei problemi pendenti fra i due Paesi.

In questo senso la delegazione è autorizzata a fare il primo passo 3 .

I II 16 novembre.

2 Vedi D. 516.

3 Questa frase è stata aggiunta a mano dal ministro prima di firmare il documento. Per l'esecuzione di queste istruzioni vedi D. 524.

521

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A RIO DE JANEIRO, GIARDINI

T. 17538/285. Roma, 19 novembre 1946, ore 22,30.

Suo rapporto 660 1•

Approvo linguaggio da lei tenuto con da Fontoura. Gli italiani ricorderanno con riconoscenza l'azione da lui svolta a Parigi. Sulla continuazione di tale azione contiamo anche per l'avvenire, da parte degli amici brasiliani, sieno essi entro o fuori governo. Qualunque sarà per essere definitivo atteggiamento che organi responsabili italiani riterranno di dover assumere nei confronti di trattati di pace, è necessario che opinione pubblica internazionale resti ferma nella convinzione che Italia non ha avuto quella giusta pace che meritava. E nessuno meglio dei Paesi latino-americani può anche per l'avvenire continuare a porre il problema italiano in questi termini.

Si esprima in questo senso con da Fontoura -cui farà pervenire il mio cordiale saluto -e col suo prossimo successore.

522

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19775/54 DEL. New York, 19 novembre 1946 (per. ore 13,30 del 21)2.

Riunione lunedì 3 raggiunto accordo paragrafo 8 punto 2 modificato come segue: «Assicurarsi che ordine pubblico e sicurezza siano mantenuti da governo Territorio Libero conformità statuto Costituzione e legge Territorio». Punti B e C approvati testo originale.

Circa polizia concordato governatore provvederà nomina revoca suo capo dopo consultazione con governo Territorio. Reclutamento licenziamento forze polizia dipenderà da capo polizia. Tempo normale polizia dipenderà da governo. Governatore riceverà tuttavia rapporti regolari, potrà consultare capo polizia; dovrà essere informato da governo circa istruzioni alla polizia e potrà esprimere avviso in merito. Non raggiunto accordo circa poteri governatore sospendere misure amministrative prese da governo o adottare misura senza consenso governo. Circa paragrafo 9 accordo raggiunto in linea principio omettendo però frase relativa diritto proclamare stato assedio. Molotov riservatosi aderire dopo risolta questione ritiro truppe alleate dal Territorio.

I Vedi D. 504. 2 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 3 Il 18 novembre.

523

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 19850/56 DEL. New York, 20 novembre 1946, ore 19,05 (per. ore 13,30 del 21).

Seguito nostra conversazione telefonica odierna e ripetuti argomenti già svolti stamane con Dunn e Jebb ho preso immediato nuovo contatto con anglo-americani facendo esattamente sapere a Byrnes e Bevin, prima inizio odierna seduta Quattro, quanto tu mi hai precisato e cioè:

l) che tue istruzioni per presa di contatto con delegazione jugoslava erano fondate sulla persuasione che punti fondamentali decisioni Parigi su linea francese e Stato Libero fossero stati definitivamente confermati qui come rappresentanti un limite per noi acquisito ed un punto fisso di partenza per contatti diretti;

2) che se le cose non stanno così per varie questioni particolari ancora aperte intera soluzione è nella tua ferma aspettazione che decisioni Parigi vengano qui convalidate a nostra minima garanzia;

3) che contatti con jugoslavi saranno da noi condotti tenendo per base soluzioni Parigi;

4) che contatti stessi sono in buona fede intesi non intralciare ma favorire concordate soluzioni Quattro verso detta minima garanzia e vengono intrapresi nello spirito con cui sono stati in massima approvati e incoraggiati dalle lettere che quattro Potenze ci hanno diretto in risposta nostri quesiti 1•

524

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 19774/57-58 DEL. New York, 20 novembre 1946, ore 21,59 (per. ore 13,30 del 21). Telegramma di V.E. 162.

Oggi alle ore 15 ho veduto Simic 3 . Spiegandogli verbalmente sue dichiarazioni, gli ho dato decisione Commissione trattati Costituente per iscritto. Da parte nostra ho aggiunto che eravamo pronti a discutere questione minoranze e commerciali con jugoslavi. Per questioni territoriali eravamo anche disposti a entrare in discus

l I quattro punti sono editi in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II, cit., p. 1215 nota 60.

2 Vedi D. 520.

3 Il resoconto completo del colloquio steso da Quaroni si pubblica in allegato.

sioni, però, prima di farlo, era necessario sapere esattamente in cosa consistevano proposte fatte da Tito a Togliatti nelle quali soltanto genericamente si era parlato di Trieste e Gorizia senza maggiori specificazioni. Unica specificazione fatta sembra quella del mantenimento del principio continuità territoriale fra Trieste e l'Italia. Mi è stato risposto che questo era una sorpresa per la delegazione jugoslava, poiché quanto era stato loro riferito su detto colloquio metteva in chiaro che Tito offriva il riconoscimento di Trieste come regione autonoma entro i limiti del piano presentato qui dalla delegazione jugoslava ossia senza corridoio e con la cessione di Gorizia e Monfalcone alla Jugoslavia.

Ho risposto che se le proposte di Tito erano tali esse non potevano essere considerate nemmeno come la base di possibili discussioni. Ho aggiunto che noi consideravamo come acquisita la linea francese e che quindi solo detta linea poteva costituire il punto di partenza dei negoziati. Mi è stato obiettato che noi non potevamo considerare acquisita la linea francese perché essa non sarebbe mai stata accettata dalla Jugoslavia. Alla domanda se noi avevamo pieni poteri per negoziare ho risposto di no; si trattava, secondo me, di decidere in primo luogo se esisteva una base per possibili negoziati, in secondo luogo se questi negoziati dovessero aver luogo a New Y ork o altrove. Su questo punto gli jugoslavi mi hanno fatto comprendere che preferirebbero New Y ork. Simic mi ha detto che se si voleva dare ai negoziati un carattere più ufficiale era opportuno cominciare con l'avanzare le nostre proposte facendo sapere alla Jugoslavia con quali concessioni territoriali, sia sulla frontiera che sui limiti del Territorio Libero, noi eravamo disposti a pagare il riconoscimento da parte jugoslava di Trieste come zona autonoma sotto la sovranità italiana. Ci siamo riservati di rivederci eventualmente dopo aver ricevuto dai nostri Governi ulteriori istruzioni. Siamo rimasti anche d'accordo di mantenere strettissimo riserbo di fronte alla stampa emettendo un laconico comunicato stabilente unicamente il carattere amichevole della conversazione 1•

ALLEGATO

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

New York (Hotel Mayflower ), 20 novembre 1946, ore 15-16,30.

Quaroni consegna a Simic una lettera in cui gli si dà comunicazione della decisione della Commissione dei trattati all'Assemblea costituente. Simic chiede quale sia il significato di tale decisione. Quaroni spiega che si tratta di una manifestazione dell'Assemblea costituente per cui tutti i partiti si dichiararono d'accordo circa la desiderabilità di una intesa diretta fra Italia e Jugoslavia. Quaroni poi spiega oralmente le dichiarazioni fatte alla Commissione stessa dal ministro degli esteri come da istruzioni nel telegramma ministeriale n. 14 3 . Ag-

I Per la risposta vedi D. 531.

2 Trasmesso con Telespr. 29/11 del. di Casardi del 21 novembre. L'appunto precisa che sono presenti, da parte jugoslava, anche Bebler e Kosanovic.

3 Vedi D. 513.

giunge che il Governo italiano è disposto ad entrare subito in trattative su tutti gli argomenti che sono stati toccati nella conversazione Tito-Togliatti ossia accordi commerciali, protezione delle minoranze e questione territoriale.

Bebler domanda se noi abbiamo pieni poteri per negoziare e concludere. Quaron·i risponde di no e fa analoga domanda agli jugoslavi. Essi pure rispondono negativamente. Simic domanda perché nella nostra lettera non è detto che i nuovi sviluppi della situazione sono costituiti dalle conversazioni Tito-Togliatti. Quaroni risponde che per la questione più importante, la questione territoriale, secondo le informazioni fornite da Togliatti stesso al Governo italiano, le conversazioni Tito-Togliatti si sono svolte in termini assai generici. Da parte nostra è quindi impossibile di dire se esse possano costituire una base di negoziati fino a che non si conosce esattamente cosa Tito abbia proposto. Sirnic osserva che, secondo loro informazioni, le proposte di Tito erano state sufficientemente precise. Quaroni osserva che l'unica cosa che Togliatti abbia detto di concreto è che Tito ammetteva la contiguità territoriale fra Trieste e l'Italia. Simic dice che questo non gli risulta esatto: secondo lui la proposta Tito consisteva nel riconoscimento di Trieste come regime autonomo sotto la sovranità italiana nei limiti della sistemazione territoriale proposta dagli jugoslavi al C.F.M. a New York, ossia senza corridoio e con retrocessione alla Jugoslavia di Gorizia e Monfalcone. Quaroni osserva che quanto aveva riferito Togliatti a Nenni sembrava su basi assai differenti. Simic risponde che queste sono le proposte di Tito. Quaroni osserva che in questo caso esse non possono costituire nemmeno una base di discussione. Noi partiamo dal punto di vista che la linea francese è ormai un fatto acquisito e non possiamo accettare dei peggioramenti della linea di tale importanza. Bebler osserva che abbiamo torto di considerare la linea francese come un fatto acquisito perché la Jugoslavia non l'accetterà mai. D'altra parte la proposta di Tito contiene un suggerimento nuovo: il riconoscimento della sovranità italiana su Trieste: è questo un grosso vantaggio per noi e dovremmo comprendere che la Jugoslavia non è disposta a farlo senza trame vantaggi corrispondenti. Secondo il piano francese Trieste è perduta per noi: in questa maniera essa torna ad essere una città italiana. Quaroni obbietta che il Territorio Libero di Trieste, essendo nella sua grande maggioranza composto di italiani, non è la stessa cosa che se Trieste fosse stata data alla Jugoslavia.

Bebler in forma molto circonvoluta dice che le proposte di Tito a Togliatti non sono una proposta definitiva ma solo una base per negoziati. Se noi realmente intendiamo negoziare direttamente con la Jugoslavia possiamo da parte nostra presentare delle controproposte. Richiesto di chiarire il suo pensiero egli dice che il Governo jugoslavo desidera conoscere con quali concessioni territoriali, sia per quanto riguarda il Territorio Libero di Trieste che per la frontiera i taio-jugoslava, noi siamo disposti a pagare il riconoscimento jugoslavo della sovranità italiana su Trieste costituita in regione autonoma. Quaroni osserva, a titolo personale, che unica base di discussione potrebbe essere la linea francese. Comunque riferirà al suo Governo e si riserva eventualmente di dare una risposta.

Viene poi discussa la questione se sia più opportuno avere eventuali negoziati a New Y ork o altrove. La delegazione jugoslava fa comprendere di preferire New Y ork. Quaroni dice di non conoscere il pensiero del suo Governo ma che ci possono essere vantaggi e svantaggi nelle differenti possibili sedi di negoziato.

Quaroni tiene a mettere in chiaro che la nostra presa di contatto con gli jugoslavi non ha nulla a che fare con la lettera di Molotov 1 . La delegazione jugoslava si mostra interessata di sapere quale è stato l'atteggiamento degli altri tre di fronte alle negoziazioni dirette con la Jugoslavia ed in genere quali sono le loro intenzioni. Quaroni tiene a dare l'impressione che inglesi ed americani sono molto fermi nel sostenere la linea francese. Gli jugoslavi non obbiettano a questo ma ripetono la loro decisione di non firmare.

Ci mettiamo d'accordo sull'opportunità del maggiore riserbo nei riguardi della stampa. Redigiamo un comunicato comune. Il resto della conversazione, in tono molto amichevole, si aggira in forma generale sul desiderio di un accordo diretto e di una pacifica convivenza fra i due Paesi.

La conversazione ha termine alle ore 16,30.

l Vedi D. 525.

525

L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, KOSTYLEV, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

L. URGENTISSIMA 2611. Roma, 20 novembre 1946.

Ho l'onore di comunicarle che il ministro degli affari esteri dell'U.R.S.S. signor

V.M. Molotov, ha indirizzato, il 18 novembre, la seguente risposta alla lettera in data Il novembre dell'ambasciatore Pietro Quaroni a New Y ork:

«In riferimento alla sua lettera dell'Il novembre2 , ho l'onore di comunicarle che il Governo sovietico è favorevolmente disposto (letteralmente: «ha un atteggiamento affermativo») alla proposta del maresciallo Tito, della quale lei fa menzione, ed a trattative dirette tra l'Italia e la Jugoslavia per regolare la questione relativa al confine itala-jugoslavo e a Trieste.

Il Governo sovietico ritiene che in quanto le trattative itala-jugoslave possano condurre alla soluzione di queste questioni in uno spirito di concordia e per il ristabilimento di relazioni normali tra l'Italia e la Jugoslavia, e in quanto una simile risoluzione di questi problemi possa ottenere l'approvazione del Consiglio dei ministri degli affari esteri per l'inclusione nel trattato di pace con l'Italia, risultati di questo genere delle trattative dirette itala-jugoslave possono contribuire a rendere più solida la pace in Europa, ciò che corrisponde anche agli interessi delle Nazioni alleate» 3 .

526

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19814/59-60 DEL. New York, 21 novembre 1946, ore 22 (per. ore 11 del 22).

Per corriere trasmetto le mie dichiarazioni di ieri mattina al Comitato economico del Consiglio dei Quattro sull'annesso III, dichiarazioni che illustrano i nostri punti di vista sostenuti a Parigi col documento 29 E. In particolare ho trattato diffusamente le questioni dei beni parastatali, della moneta, delle lire istriane e del debito pubblico, cercando anche di confutare le argomentazioni svolte dalle delegazioni greca e jugoslava nella precedente seduta e sulle quali la delegazione americana mi aveva informato riservatamente. Alcuni delegati, dopo le mie dichiarazioni, hanno chiesto chiarimenti su alcuni punti: in particolare il delegato jugoslavo ha formulato lungo questionario per il quale la Commissione ha ritenuto richiedere una risposta scritta da noi fornita nel pomeriggio di ieri e che viene pure trasmessa per corriere.

I La lettera è in russo. Si pubblica la traduzione italiana fatta al ministero.

2 Vedi D. 491, nota l.

3 Il testo in inglese della lettera di Molotov a Quaroni del 18 novembre è ed. in Foreign Relations of the Unìted States, 1946, vol. II, cit., p. 1199, avendolo Molotov trasmesso in copia a Byrnes.

A seguito dello sviluppo della seduta è sinora risultato che:

a) circa lire istriane, Jugoslavia non ha finora insistito su richieste formulate Parigi;

b) circa beni parastatali, delegati americani non ritengono che, malgrado tentativi da loro fatti, si potrà modificare sostanzialmente formulazione paragrafo III anche perché ulteriori insistenze in tal senso potrebbero indurre russi e jugoslavi chiedere formule più precise che aggraverebbero situazione. Formulazione attuale può lasciare margine interpretazioni favorevoli almeno per ditte I.R.I. (Istituto Ricostruzioni Industriali): a tale riguardo americani hanno assicurato loro appoggio per accettazione nostre proposte tribunale arbitrale;

c) delegazione americana, dietro nostre pressanti richieste, va anche svolgendo azione per evitare cessione valuta o oro Banca d'Italia copertura circolazione territori ceduti. Ottenuto finora ritiro dell'emendamento greco per cessione sterline.

Lavoro Commissione su annessi continua oggi. Ritelegraferò.

527

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 19816/61 DEL. New York, 21 novembre 1946, ore 22,22 (per. ore 11 del 22).

Allo stato dei fatti situazione può così riassumersi:

l) I Quattro hanno confermato 12 novembre, adesione aspetti territoriali soluzione 3 luglio che rimane tuttavia subordinata accordo definitivo su statuto. Registrabili però divergenze atteggiamenti sostanziali. Americani seguiti da inglesi considerano soluzione territoriale definitivamente acquisita ed appaiono disposti sostenerla sino in fondo. Sovietici hanno già esplicitamente lumeggiato opportunità modificarla ai fini raggiungere soluzione «accettabile a tutti». Francesi, pur mantenendosi ostensibilmente al di sopra questione, favoriscono notoriamente nuovo compromesso.

2) Diversi atteggiamenti si riflettono nella risposta nostra lettera li novembre 1• Americani ed inglesi, pur bene augurando genericamente successo negoziati, hanno tenuto dichiarare che prospettiva tali conversazioni non interferirà proseguimento propri lavori. Risposta francese ed ancora più quella sovietica ispirate invece aperta esortazione tentare questa strada ponendo significativamente accento su possibilità accordo diretto su aspetto territoriale. È evidente cioè che ultimi due mirano sganciare proprie responsabilità da soluzione territoriale rinviandola due parti interessate. È evidente altresì proposito, soprattutto da parte sovietica, indurre Italia compromettersi accettando implicitamente principio concessioni nei confronti linea 3 luglio che jugo-

I Vedi D. 491, nota l.

slavi ripetutamente e formalmente dichiarato non poter accettare e che, è da ritenere, essi non accetterebbero in questa fase. Da tenere presente che psicologicamente è ormai prevalso concetto in largo settore opinione pubblica che soluzione 3 luglio non rappresentò estremo limite compromesso bensì punto di partenza.

3) Mentre discussione statuto procede apparentemente con successo rimangono sempre sufficienti elementi per permettere sovietici, ove lo desiderino, bloccare accordo definitivo o per lo meno trascinarlo per le lunghe. Opportunità esplorare possibilità accordo diretto italo-jugoslavo potrà del pari offrire sovietici ulteriore argomento per evitare conclusione. Presente sessione Consiglio volge intanto suo termine (Bevin fissato posto Queen Elizabeth 29 corrente) senza aver ancora abbordato problema tedesco. È per lo meno lecito domandarsi se ognuno dei Quattro rinunzierà mantenere una certa connessione tra due questioni.

4) A meno da parte nostra non si sia in ultima analisi disposti soluzione transazionale, e salvo improvviso ma oggi non prevedibile cedimento anglo-americano, è probabile che anche questa sessione si chiuderà segnando qualche progresso (leggi compromesso) su aspetti particolari, ma senza raggiungere accordo definitivo su questione confini orientali.

5) In queste circostanze necessario per noi agire con massima cautela onde evitare che: o si dia modo presentare fallimento come risultato nostra presunta cattiva volontà; oppure che si affermi sensazione nostra remissività ulteriori sacrifici con cio indebolendo o giustificando indebolimento atteggiamento anglo-americani nostro favore. Dovremo altrimenti constatare che mossa Tito è stata indubbiamente abile ed ha notevolmente influito creando presente situazione in relazione futuri sviluppi.

Occorre al riguardo tenere presente che soluzione su basi odierne proposte jugoslave, per quanto sia dato capire delle medesime, rappresenterebbe in ogni dove notevole peggioramento territoriale nei confronti linea Morgan la quale ultima, per essere da loro già controllata, potrebbe offrire agli anglo-americani possibilità soluzione unilaterale in caso di fallimento discussioni tra i Quattro.

528

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19899/62 DEL. New York, 21 novembre 1946, ore 23 (per. ore 20 del 23).

Riunione ieri raggiunto accordo su redazione definitiva testo paragrafi indicati mio telegramma 541• Corso discussioni circa paragrafo Il concernente porto libero Molotov insistito proposte sovietiche Parigi relative zone speciali per Paesi limitrofi ed unione doganale. Altri tre delegati essendosi opposti decisione rinviata prossima seduta.

l Vedi D. 522.

529

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 19842-20192/64-65 DEL. New York, 22 novembre 1946, ore 13,10 (per. ore 8 del 23) 1 .

Harvey mi ha comunicato che, in seguito istruzioni Bevin di cui mio telegramma

n. 52 , Foreign Office ha invitato Governo italiano inviare Londra missione esperti per immediato studio possibili accordi commerciali. Bevin raccomanda che missione comprenda specialista produzioni meccaniche capace prendere accordi per consegna prodotti semifiniti in cooperazione con industria inglese. Board of Trade sta attivamente studiando questione. Se nostra commissione prende immediato contatto con Londra disponendo tutti elementi necessari e concrete proposte, sarà possibile che V.S., in occasione sua prossima visita Londra che potrebbe avvenire entro fine anno, possa firmare accordo il che è da parte inglese vivamente desiderato.

Riferimento quesito da noi posto circa atteggiamento inglese verso Spagna 3 , Harvey mi ha incaricato comunicare S.V. che Governo britannico è determinato astenersi da misure coercitive come rottura rapporti diplomatici o sanzioni economiche, le quali non farebbero che rafforzare, per connessa reazione sentimento spagnoli, un regime che Governo inglese detesta ma contro il quale intende operare con cautela isolandolo moralmente in modo che sua caduta diventi logica necessità ed atto autonomo per popolo spagnolo. Siamo consigliati adottare analoga tattica poiché tutte precedenti iniziative diverso carattere, come chiusura frontiera da parte francese, hanno avuto effetto controproducente. Cadogan mi ha detto che questione spagnola sarà probabilmente trattata O.N.U. settimana prossima. Egli prevede forti pressioni per intervento diretto. È certo che accoglimento Spagna Nazioni Unite verrà rifiutato finché dura attuale regime.

530

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 17684/20 DEL. Roma, 22 novembre 1946, ore 17.

Quantunque sembri pressoché esclusa possibilità ottenere, nell'attuale fase dei lavori, modifica articolo 69, tuttavia, in vista crescente e giustificato allarme collettività italiane all'estero ed opinione pubblica italiana, si prega tentare nuovamente ottenere mitigazione disposizioni detto articolo sulle linee già chieste a Parigi e cioè che beni italiani all'estero, anziché essere liquidati, vengano trattenuti a titolo di garanzia in vista eventuali possibili accordi con ciascuno Paesi interessati.

I Il T. 65, riportato al secondo capoverso, fu spedito per corriere e pervenne alle ore 14 del28 novembre. 2 Vedi D. 470. 3 Vedi D. 452.

Pregasi altresì interessare in proposito qualche influente personalità americana e stampa locale, fornendo cifre circa beni passibili di vendita ed oneri che graverebbero su Stato italiano in base ad impegno risarcire cittadini italiani danneggiati 1•

531

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE QUARONI, A NEW YORK

T. S.N.D. UU. 17727/21 DEL. Roma, 22 novembre 1946, ore 23,30.

Mi riferisco ai suoi telegrammi 57 e 58 2•

Malgrado il suo primo sondaggio abbia dato risultati negativi e malgrado le affermazioni di Simic circa la continuità territoriale fra l'Italia e Trieste, della quale avevamo tuttavia avuto esplicite assicurazioni da personalità jugoslava più qualificata e che per conseguenza riterrei acquisita, continuo a credere che il filo delle conversazioni non (dico non) debba essere interrotto. Occorre riprenderlo con pazienza.

Alla domanda avanzata da parte jugoslava di conoscere con quali concessioni territoriali sia sul limite del Territorio Libero che sulla frontiera noi siamo disposti a pagare il riconoscimento di Trieste come zona autonoma sotto la sovranità italiana, non posso naturalmente che rispondere che Belgrado, ormai da anni, sa perfettamente che noi giudichiamo già assolutamente ingiusta la soluzione progettata dai Quattro per la nostra frontiera orientale. Sin dal principio noi abbiamo sostenuto che, a nostro giudizio, il problema deve trovare una soluzione sulla base del principio etnico. Questa resta anche attualmente la nostra tesi, da cui non possiamo recedere per gravi ragioni tanto esterne che interne.

Ripeto tuttavia che non credo che una conversazione diretta fra la Jugoslavia e noi debba per questo cessare di avere obiettivi concreti e pratica utilità. Ad esempio persisto nel credere che un accordo sulla protezione reciproca di quelle minoranze che senza alcun dubbio resteranno tanto da una parte che dall'altra, qualunque debba essere il definitivo tracciato della frontiera, sarebbe obiettivo da perseguire con tenacia in quanto varrebbe a lenire gli animi e le ferite. Riterrei inoltre che sarebbe estremamente proficuo un accordo in materia commerciale, concepito su ampie basi liberali, che appunto varrebbe a costruire quella piattaforma di interesse reciproco che dovrebbe costituire il fondamento più solido di ulteriore riavvicinamento.

La delegazione potrà toccare inoltre l'argomento di un più sollecito ritmo da imprimere all'annunciato rimpatrio dei prigionieri, facendo rilevare che ciò varrebbe molto a chiarire l'atmosfera, così come tutte quelle informazioni che potessimo avere, al solo scopo umanitario di tranquillizzare le famiglie in ansia sulle località di resistenza e i nomi dei deportati italiani.

Dovrebbe essere altresì suggerito da parte nostra alla delegazione jugoslava l'opportunità che fra i due popoli venissero ripresi quei rapporti diretti che soli consentono l'effettivo e diretto contatto. È noto che la Jugoslavia è il solo Paese con il quale non abbiamo rapporti di sorta e ritengo che sia giunto il momento per

l Per la risposta vedi D. 535. 2 Vedi D. 524.

riprenderli sotto quella qualunque forma che potrà essere ritenuta migliore, purché risiedano permanentemente a Roma e a Belgrado personalità autorizzate e qualificate alle quali i rispettivi Governi possano rivolgersi per tutti quegli scambi di idee che oggi avvengono male o saltuariamente o per tramite di terzi.

La delegazione dovrà dunque avere per obiettivo, in questa fase, di mantenere nonostante tutte le difficoltà anche questa porta aperta. Tale obiettivo mi sembra tanto più importante in quanto-vedi telegramma della delegazione n. 61 1 -anche questa sessione potrebbe conchiudersi senza definitivi risultati in materia di confini.

Prego perciò gli ambasciatori CarandÌni e Tarchiani di voler dare ancora una volta assicurazione a Bevin e Byrnes sui reali obiettivi che a nostro giudizio dovranno essere perseguiti dalle conversazioni italo-jugoslave.

Il tracciato francese di frontiera resta per noi il punto fermo e le decisioni del 3 luglio posizione di partenza2•

532

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19957/67 DEL. New York, 22 novembre 1946, ore 24 (per. ore 12 del 24).

Discussione giovedì particolarmente vivace svoltasi precipuamente attorno questione evacuazione truppe Alleate ex regime provvisorio Territorio, senza condurre alcun accordo in materia. Rispondendo Molotov, Byrnes contestato vivacemente Forze Alleate rappresentino alcun pericolo pressione, insistendo peraltro concetto per decidere data ritiro truppe occorre assicurarsi stabilità regime Territorio Libero. Circa zone speciali del porto delegato francese propose compromesso che accorda zone a Paesi limitrofi amministrate però da autorità Territorio Libero. Proposta rinviata esame. Molotov ritirato sua proposta unione doganale Trieste Jugoslavia ma insistito su amministrazione congiunta ferrovie Territorio.

533

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

New York, 22 novembre 1946.

Dopo aver visto Matthews (Dunn era al meeting dei Quattro) per spiegargli il vero atteggiamento del Governo italiano nella ripresa di contatto con la delegazione jugoslava, ho intrattenuto oggi Dunn sullo stesso argomento, !asciandogli anche

l Vedi D. 527.

2 Per il seguito dato a queste istruzioni vedi D. 550.

3 Trasmesso con Telespr. 35/17 del. di Casardi del 22 novembre. Una sintesi di questo colloquio veniva telegrafata da Tarchiani in pari data (T. s.n.d. 19843/66 del.).

intendere che il primo approccio Quaroni-Simic non aveva dato rilevanti risultati, e la situazione rimaneva quella di prima.

Dunn mi ha dichiarato che Byrnes era deciso a continuare le discussioni dei Quattro indipendentemente dalle conversazioni italo-jugoslave. Gli anglo-americani avevano temuta una proposta Molotov di rinvio delle discussioni dei Quattro, in attesa dei risultati delle trattative dirette; ma questa proposta, che intendevano respingere, non è venuta perché i russi devono essere stati informati dagli jugoslavi sulla genericità e sulla scarsa portata delle trattative. Perciò tutto procede sulle linee prestabilite.

I russi -dice Dunn -cedono ogni giorno su qualche punto, dopo delle resistenze che sembrano specialmente destinate a dare qualche soddisfazione formale agli jugoslavi. Ieri cedettero sulla questione dell'unione doganale, oggi si aspetta che cedano sulle ferrovie (di cui gli jugoslavi vorrebbero il controllo) e sulla zona franca. La tesi americana è che nessuna Nazione debba avere privilegi nel Territorio Libero. Anche nella questione della cittadinanza -la cui acquisizione sarebbe preclusa ai fascisti attivi che non risiedevano a Trieste il 10 giugno 1940 -Dunn pensa che i russi saranno concilianti. Si aspetta pure che Molotov ceda anche nella questione delle truppe di occupazione, contentandosi di vederle diminuite anziché ritirate.

Gli anglo-americani (e ieri Bevin lo disse nettamente) sono ormai disposti a rinunciare al trattato piuttosto che cedere in questioni di rilievo e che possano compromettere comunque l'integrità e l'indipendenza dello Stato Libero. I russi sentono il peso di questa decisione e non potendo più ottenere concessioni importanti per i loro protetti, si contentano di resistenze che mascherino i successivi ripiegamenti.

Dunn è convinto che in ogni modo, con trattato o senza trattato, le conversazioni di New York cesseranno prima di Natale e che la posizione dell'Italia dovrà divenire chiara sia in virtù del trattato firmato, sia con un modus vivendi.

Le trattative per la Germania avverranno in Europa durante il mese di gennaio.

534

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19908/285. Praga, 23 novembre 1946, ore Il (per. ore 21,30).

Mio telegramma n. 277 1•

Per aderire desiderio espressomi da mm1stro Nejedly addetto commerciale Moranti ha partecipato ieri presso Ministero lavoro riunione preparatoria trattative mano d'opera. In detta riunione è stata avanzata richiesta che invio lavoratori italiani abbia inizio immediato anche senza stipulazione accordo pagamento su riserva garanzia questa Banca Nazionale che importi risparmi saranno in qualche modo trasferiti.

l Vedi D. 511.

Evidenti pericoli dette proposte sono:

l) che si pretenda finanziare lavoro italiano con pretesi crediti commerciali come quelli del clearing anteguerra da noi contestati;

2) che causa difficoltà finanziamento mano d'opera Governo cecoslovacco propongasi ridurre successivamente acquisto in Italia prodotti interessanti nostra esportazione tradizionale.

Richiesta lavoratori sarebbe tendente per il momento da cinque a diecimila. È evidente intenzione cecoslovacca ottenere nostri lavoratori con minimo sacrificio e facendo ricadere onere su nostra economia nel convincimento che pressante necessità possa indurci ad inviare lavoratori all'estero qualsiasi condizione. Aggiungo che esiguo contingente lavoratori proposto porterebbe irrilevante alleggerimento nostro problema disoccupazione, mentre adesione incondizionata potrebbe compromettere trattative in corso per indennizzo confische e nazionalizzazioni.

Prima riunione ufficiale con delegazione cecoslovacca avrà luogo martedì prossimo presso ministro Nejedly. Pertanto pregherei che delegato emigrazione, che, secondo cecoslovacchi, sarebbe Lampartico, tengasi disposizione per raggiungere Praga non appena finite questioni principio.

Ritengo doveroso per vostra opportuna informazione sottolineare necessità stretto coordinamento tra azione codesto ministero e questa legazione, pregando inviarmi eventuali opportune istruzioni.

Impressione sorta in ambienti cecoslovacchi di poter ottenere facilmente Roma concessione mano d'opera incondizionata ha già provocato proposte inaccettabili circa trasferimento risparmi e indebolito nostra posizione trattative per disamina assicurazioni ed altri interessi cittadini italiani. Infatti, nonostante affidamenti datimi, si cerca ora ritardare e differenziare soluzione in confronto altri Paesi. Imminenza trattative lavoratori propongomi ottenere massimo contingente compatibile interesse nazionale in questioni commerciali e finanziarie.

Consapevole esigenze attuali situazione italiana mi riservo riferire con la massima sollecitudine consentita da circostanze 1•

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LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19920/68 DEL. New York, 23 novembre 1946, ore 19,25 (per. ore 7,30 del 24).

Suo 202•

Questione articolo 69 già fatto oggetto dei passi presso delegazioni alle quali da ultimo inviata comunicazione scritta intesa ottenere accettazione proposte formulate

l A questo telegramma Nenni rispose (T. 17817/162) il25 novembre: «Insista molto energicamente perché accordo rimesse preceda invio lavoratori».

2 Vedi D. 530.

Parigi. A seguito informazioni avute temo tuttavia estremamente difficile possibilità accoglimento richieste stesse. Delegazioni sembrano riluttanti riprendere in esame qualsiasi articolo già concordato Parigi. Delegato americano ha però assicurato che decisione relativa utilizzazione beni italiani da parte del suo Governo sarà improntata massima comprensione. Governo americano cercherà indirizzare in tal senso anche Repubbliche America latina. È da prevedere che conversazioni circa beni predetti potrebbero iniziarsi a scadenza molto breve, dopo conclusione riunione Consiglio 1 .

536

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19952n0 DEL. New York, 23 novembre 1946, ore 18,01 (per. ore 10,45 del 24).

Discussione venerdì, stessi argomenti precedente seduta terminata senza risultato. Byrnes proposto compromesso circa ritiro truppe fissandone termine quarantacinque giorni dopo assicurazione governatore che forze polizia sufficienti mantenere ordine pubblico. Circa regime provvisorio punti controversi rimangono nomina governo e data elezioni. Molotov propose rappresentanti Consiglio ministri procedano formazione governo recandosi Trieste e consultando organizzazioni locali. Insistendo su amministrazione congiunta ferrovie Molotov dichiaratosi improvvisamente disposto accettare in cambio inserzione accordo italo-austriaco nel trattato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19919/522. Vienna, 23 novembre 1946, ore 22 (per. ore 0,45 del 24).

Durante discussione bilancio esteri dinanzi competente Commissione parlamentare, ministro Gruber ha pronunziato ieri discorso in difesa sua politica. Gruber ed altro rappresentante del Partito popolare, Ludwig, non hanno fatto accenni questione Alto Adige. Deputato comunista Fisher, invece, criticando politica del Governo ha dichiarato che viaggio ministro degli affari esteri austriaco Parigi ha dato risultati insoddisfacenti ed ha lamentato che rappresentanti altoatesini siano stati scelti in tale occasione solo fra membri Partito popolare. Fisher ha aggiunto che in Alto Adige regna scontentezza per accordi Parigi e che sarebbe provato tra l'altro da aumento adesioni Partiti comunista e socialista. Anche deputato socialista Brachman ha affrontato questione Alto Adige sottolineando che, nonostante numerose dichiarazioni

l Per la risposta vedi D. 569.

simpatia verso punto di vista austriaco, risultati sono molto lontani da speranze che vengono nutrite al riguardo. Brachman ha detto che ministro Gruber era partito per Parigi con preciso incarico affidatogli da Commissione parlamentare politica estera, ma che si è lasciato distogliere da direttive fissate. «Per socialisti, mi ha affermato Brachman, non si trattava di richieste territoriali quanto di richiamarsi ai principi della Carta Atlantica sul diritto di autodecisione dei popoli. Le Potenze occidentali furono liete che il ministro degli esteri austriaco le togliesse da imbarazzo con accordo diretto con l'Italia e loro rappresentanti inviarono lettera di compiacimento a Gruber. Noi siamo stati costretti ad adattarci alle circostanze. Le notizie dell'Alto Adige fanno capire che purtroppo l'altra parte contraente non si attiene ai patti. L'inclusione dell'accordo nel trattato di pace ha urtato contro difficoltà pratiche che non è certo che Potenze che ne appoggiarono conclusione ne propugneranno mantenimento». Su questione Alto Adige e Conca di Tarvisio ha parlato infine deputato popolare Carinzia ing. Schumy. Bilancio è stato approvato a maggioranza voti.

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LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 19979nl DEL. New York, 24 novembre 1946, ore 14,10 (per. ore 10,30 del 25).

Durante infruttuosa discussione sabato 23 Byrnes espresso opinione con tale ritmo lavori Consiglio termineranno 1950. Circa linea frontiera Gorizia deciso lasciare sobborghi Merna Vertoiba a Jugoslavia. Supplenti incaricati dettagliare frontiera su carte scala minore. Circa poteri governatore casi emergenza Molotov subordina accordo fissazione data ritiro truppe.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI (1)

L. PERSONALE 11072/3293. Washington, 24 novembre 1946.

Ti ho spedito, tramite Esteri, un invito del Council on World Affairs e di Time per un Forum che si terrà a Cleveland, Ohio, il 9, IO ed 11 gennaio. L'invito è arrivato con una certa lentezza attraverso lo State Department. Per tua personale conoscenza, ti accludo copia della comunicazione ufficiale inviata a Palazzo Chigi e di una mia lettera in pari data che indirizzo a Nenni 2 .

1 Ed. in De Gasperi scrive: Corrispondenza con capi di Stato. cardinali. uomini politici, giornalisti, diplomatici, a cura di MARIA RoMANA DE GASPERI, vol. II, Brescia, Morcelliana, 1974, pp. 127-128.

2 Vedi D. 540.

Prima che l'invito fosse formulato, ho voluto bene accertare tanto la serietà della manifestazione quanto le intenzioni dello State Department. Per quanto concerne la prima, rileverai come siano state invitate alcune importanti personalità di Paesi stranieri. Lo State Department ha informato confidenzialmente che il presidente della Repubblica ungherese aveva espresso il desiderio di essere invitato. La cosa è stata scartata, anche perché si desidererebbe dare a te il primo posto e porre l'accento sulle questioni italiane. Si era anche pensato ad invitare de Gaulle, ma poi la scelta si è fermata su Schuman (il segretario del M.R.P.). Il Dipartimento pensa poi che un tuo discorso al Forum di Cleveland, dopo quello di Parigi che ebbe qui una vasta e molto favorevole risonanza, contribuirebbe a consolidare le simpatie americane.

Quanto alle intenzioni dello State Department, ne ho parlato sia con Dunn, il quale, interpretando il pensiero di Byrnes, mi ha detto che sarebbe ottima cosa un viaggio tuo qui in quel momento, sia con altri.

Mi rendo pienamente conto quanto possa sembrare strano a noi europei un invito rivolto ad un capo di Governo italiano di partecipare ad un Forum in America. Vi sono qui vari precedenti: l'ultimo è quello del ministro degli esteri austriaco, Gruber, invitato a New York dal Forum del Herald Tribune (meno importante di quello di Cleveland), invito che gli ha dato occasione per contatti molto proficui. Comunque è ovvio che l'invito del Forum è un semplice pretesto .. Infatti, siamo d'accordo con lo State Department che non appena tu mi avessi fatto conoscere la tua decisione di accettare in massima l'invito, sia pure compatibilmente cogli eventuali impegni della tua carica, ti sarebbe subito spedito un invito del Governo americano di essere suo ospite a Washington. Questo secondo invito potrebbe quindi diventare lo scopo ufficiale e maggiore della tua venuta in America e quello di Cleveland si ridurrebbe ad un accessorio. Il Governo americano porrebbe a tua disposizione per il viaggio un aereo militare. Qui verresti alloggiato alla Blair House, locale «Villa Madama» riservata ai capi di Stato esteri ed alle più spiccate personalità straniere «guests of the Nation». Ti si preparerebbero colloqui con il presidente Truman, con il segretario di Stato ed altri membri del Governo. In sostanza sono sicuro che sia qui, sia a New Y ork, sia a Cleveland, ecc., ti saranno fatte manifestazioni adeguate.

Non appena tu mi informassi della tua decisione favorevole, sia pure di principio, abborderei subito concretamente con il Dipartimento di Stato l'oggetto della tua visita. Nei contatti, necessariamente generici sinora qui avuti, il Dipartimento ha accennato specialmente alla realizzazione del noto progetto che si discute da tempo circa l'assunzione da parte americana del compito svolto finora dall'U.N.R.R.A. Come sai, oltre che dell'Italia cui verrebbe riservata la parte maggiore, si tratta dell'Austria e della Grecia. Si intenderebbe presentare solennemente al Congresso, in connessione con la tua visita, il relativo disegno di legge. Si è accennato anche alla nota questione dei prestiti. Naturalmente ho già posto ben chiaro che la tua visita dovrebbe per lo meno dare avviamento a provvedimenti positivi a favore della nostra ricostruzione: altrimenti essa si risolverebbe in senso controproducente.

Comunque, quando avrò la tua risposta, sarò in grado di approfondire i miei contatti e te ne comunicherò con tutta schiettezza l'esito in modo che tu possa prendere una decisione definitiva.

Posso intanto assicurarti che questi ambienti ufficiali non potrebbero essere attualmente meglio disposti nei tuoi confronti. Anche sotto questo aspetto, la tua visita potrebbe essere utile a cristallizzare queste disposizioni.

Ti ho sin qui prospettato gli aspetti e le prospettive favorevoli della tua visita. Con ciò ho ben presenti le serie difficoltà che ti stanno di fronte sia nel campo della politica interna che in quello della politica estera. In tale settore, può essere particolarmente delicata l'incidenza del trattato di pace, qualora i quattro ministri degli esteri finissero per porsi d'accordo, il che oggi non è dato sicuramente prevedere. Ritengo del resto che, quando riceverai questa mia, sarai in possesso di nuovi, più precisi elementi di valutazione e pertanto mi astengo dal fare qui delle considerazioni che sarebbero ad un tempo ovvie e premature.

Come rileverai dalla allegata copia della mia lettera a Nenni, mi è sembrato utile non escludere l'opportunità che egli ti accompagni, qualora lo desideri e ciò possa facilitare la cosa data l'intenzione da lui da tempo manifestata di venire in America.

In attesa di un tuo cenno telegrafico, credimi ...

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

L. 11978/3277. Washington, 24 novembre 1946.

Attiro la tua attenzione sull'allegata copia di un telespresso indirizzato al ministero, col quale ho trasmesso un invito diretto al presidente del Consiglio dal «Council on World Affairs» e dalla nota rivista Time di partecipare ad un Forum internazionale che si terrà a Cleveland dal 9 all'Il gennaio p.v.

Ove De Gasperi ritenesse di poter accogliere tale invito, sia pure in linea di massima e con riserva, imposterei subito con il Dipartimento di Stato i nostri problemi da trattare nell'occasione, e cioè, essenzialmente, la nostra necessità di cospicui aiuti americani per la ricostruzione del 1947. Mi sembra che l'occasione potrebbe essere propizia e che non convenga sottovalutarla, tanto più che col nuovo Congresso repubblicano occorrerà da parte nostra mettere in opera ogni accorgimento onde cercare di ottenere l'esito desiderato e la battaglia da ingaggiare sarà dura.

Ignoro se tu e De Gasperi vi possiate assentare insieme dall'Italia in questi momenti. Ove lo riteneste possibile, in principio, ne parlerei col Dipartimento di Stato. Comunque ogni decisione finale potrebbe essere presa in base all'esito dei contatti che avrei qui al riguardo. Qualora invece non lo riteneste possibile, sarebbe il caso di considerare fin da ora l'opportunità di una tua successiva visita a Washington per continuare ed eventualmente portare a conclusione gli accordi che fosse possibile imbastire.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI ·

TELESPR. URGENTE 11967/3266. Washington, 22 novembre 1946 (per. /"11 dicembre).

Qualche giorno fa il Dipartimento di Stato informò ufficialmente questa ambasciata che dal 9 all'li gennario 1947 il «Cleveland Council on World Affairs» in unione alla nota rivista Time avrebbe tenuto a Cleveland (Ohio) un convegno internazionale o Forum per discutere la questione: «Che cosa il resto del mondo attende dall'America e che cosa l'America dovrebbe fare?».

Da parte americana avevano già assicurato la propria partecipazione al convegno il senatore Vandenberg, il segretario per la marina Forrestal ed il generale Mark Clark ed avevano inoltre promesso di intervenire, compatibilmente coi propri impegni di carattere internazionale, il segretario di stato Byrnes ed il generale Marshall, attualmente rappresentante personale del presidente Truman in Cina.

Gli enti organizzatori della manifestazione avevano deciso di invitare alcune personalità estere. In particolare stavano diramando inviti all'ambasciatore Wellington Koo (Cina), al presidente del Consiglio indiano Nehru, al signor Schuman, segretario generale del M.R.P. (Francia), al signor Cruikshauk, scrittore di politica estera inglese (essendosi voluti escludere tanto membri del Governo laburista quanto del passato governo), al signor Van Kleffens (delegato dell'Olanda all'O.N.U.). L'ambasciatore sovietico Gromyko, interpellato, aveva interessato Mosca affinché fosse designata una personalità russa. Sarebbero stati inoltre invitati un membro del governo ungherese (probabilmente il presidente del Consiglio), una personalità turca ed un rappresentate per alcuni altri Paesi.

Per quanto riguarda l'Italia, gli enti organizzatori avevano deciso di invitare il presidente del Consiglio De Gasperi.

Il Dipartimento di Stato, nel fare la suriassunta comunicazione verbale, ha dichiarato che sarebbe, per parte sua, lietissimo di una visita dell'on. De Gasperi agli Stati Uniti. Qualora il presidente facesse noto di accettare, in massima, questo invito, egli sarebbe stato gradito ospite a Washington del Governo americano. Il Dipartimento ha inoltre rilevato che il Forum di Cleveland era il più importante degli Stati Uniti e che alle manifestazioni ivi indette, limitare peraltro, in genere, ad oratori americani, partecipavano annualmente 400 mila persone. I discorsi ivi tenuti venivano radiodiffusi ad una ventina di milioni di ascoltatori.

A seguito di tale comunicazione è infatti testé pervenuta a questa ambasciata, la qui acclusa lettera dal signor Luce (editore proprietario delle riviste Time, Life e Fortune) indirizzata al presidente De Gasperi per invitarlo a partecipare all'anzidetto convegno.

Sarò grato di ricevere, appena possibile, una cortese risposta telegrafica circa la decisione del presidente onde poterne informare il Dipartimento di Stato e gli enti organizzatori della manifestazione di Cleveland.

ANNESSO

HENRY LUCE AD ALCIDE DE GASPERI

L. Novembre 1946.

This letter brings you my most cordial invitation to speak at an Institute on World Affairs which is to be held in Cleveland, Ohio, January 9, IO, and Il.

The Institute will be co-sponsored by Time and the Cleveland Council on World Affairs which, I am sure you know, is acknowledged as one of the leading organizations of its kind in this Country. Its purpose is «community education in world affairs as a sound basis for democratic citizenship».

The subject of the Institute will be «What does the rest of the world expect of America, and what should America do about it?» and it is expected that a number of the world's leading spokesmen will present their thinking on the United States, what their nations want, need, and must have from us. Similarly, severa! prominent Americans will reply to the issues raised.

We would be very happy to have you represent Italy on this occasion and I know that the American people would benefit greatly from the opportunity of hearing you.

541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

T. S.N.D. 17812/945. Roma, 25 novembre 1946, ore 16.

Prego recarsi immediatamente presso presidente Consiglio ministro degli esteri signor Bidault e presso ministri alimentazione e agricoltura facendo loro presente quanto segue. Italia attraversa gravissima crisi granaria conseguente soprattutto ai ritardi dell'U.N.R.R.A. nel fare le promesse forniture. Questi ritardi sono in parte ·dovuti agli scioperi americani, hanno quindi una causa locale che si spera sia fra non molto sormontata. Frattanto deficienza estrema granaria crea al paese una

situazione che fra poche settimane può diventare tragica.

Il Governo italiano in queste condizioni chiede al Governo francese due cose: primo: scambio di centomila quintali di riso contro trecentomila quintali di grano. Questa operazione di scambio dovrebbe farsi subito; secondo: prestito di cinquantamila tonnellate di grano che il Governo italiano restituirebbe nei mesi di febbraio e marzo.

Prego di far presente al presidente Bidault la ripercussione politica che un gesto fraterno della Francia di fronte alle calamità del nostro Paese avrebbe sull'avvenire delle relazioni franco-italiane.

Dato lo stato latente di crisi ministeriale a Parigi ritengo opportuno che la comunicazione di cui sopra sia fatta in via privata a mio nome anche al signor Maurice Thorez.

Tenga conto estrema urgenza questa démarche 1 .

542

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

TELESPR. 1592 SEGR. POL. Roma, 25 novembre 1946.

Telespresso di V.S. n. 666/194 del 28 ottobre 19462 .

Il prof. Boghdadi è giunto a Roma come preannunciato dalla S.V. e ha presentato la lettera di cui si allega copia, rilasciatagli da codesto ministro degli affari esteri. Come telegrafato in data 30 ottobre, il prof. Boghdadi è stato messo in contatto con gli uffici competenti presso i quali ha avuto vari colloqui. Dall'insieme di tali colloqui è risultato che esiste da parte egiziana, così come da parte italiana, il desiderio e l'intenzione di intensificare fra i due Paesi i rapporti di carattere economico, culturale, ecc. Da parte egiziana è stata dimostrata altresì l'intenzione

l Con T. s.n.d. 20335/1418 del 30 novembre Benzoni comunicava avergli Bidault assicurato che avrebbe interessato della questione il ministro dell'alimentazione Farge, e con successivo T. s.n.d. 20450/1425 del 3 dicembre riferiva che Farge lo aveva pregato di attendere qualche giorno.

2 Non pubblicato.

di risolvere le questioni finanziarie connesse con l'accordo di Parigi, il che avrebbe come conseguenza la liberazione dal sequestro dei beni italiani in quel Paese, risultato di nostro evidente interesse. Da parte egiziana sono stati fatti anche ripetuti espliciti accenni ad una possibile nostra rinunzia ai privilegi derivanti dalla Convenzione di Montreux firmata nel 1936 e che ha stabilito, fino al 1949, per gli stranieri in Egitto e per i loro interessi, un regime transitorio fra il preesistente regime capitolare e quello che, dopo il 1949, sarà basato su condizioni di parità e reciprocità fra l'Egitto e gli altri Paesi.

A questo riguardo è stato fatto presente al prof. Boghdadi che, pur non insistendosi per il totale ripristino di taluni privilegi sospesi durante la guerra e pure essendo noi in massima favorevolmente disposti ad esaminare con spirito di comprensione ogni legittima aspirazione egiziana, occorre tuttavia tener presente: l) l'attuale situazione internazionale dell'Italia; 2) considerazioni di natura psicologica nei confronti delle nostre collettività in Egitto così duramente provate dai provvedimenti adottati contro di esse nel corso della guerra, molti dei quali sono tuttora in vigore; 3) la necessità di assicurare agli italiani di Egitto uno statuto che, sia pure a condizione di parità, consenta loro di continuare a svolgere senza pericoli e senza preoccupazioni la loro laboriosa attività in quel Paese.

Il prof. Boghdadi ha mostrato di rendersi conto di ciò e tanto da parte sua quanto da parte nostra è stato quindi auspicato l'inizio tra i due Paesi di trattative miranti alla conclusione di accordi di vasta portata destinati a risolvere nel comune interesse e secondo le reciproche aspirazioni le questioni in esame (applicazione dell'accordo di Parigi, accordi commerciali, trattato di stabilimento, accordi culturali). Tale comune constatazione è stata registrata nella lettera di risposta diretta al ministro degli esteri egiziano della quale pure si allega copia. Tale lettera costituisce una espressione di buona volontà da parte nostra e, mentre non vincola la nostra libertà di azione nelle future trattative, mira a creare un'atmosfera favorevole per l'inizio delle trattative stesse.

Tanto si comunica alla S.V. per sua opportuna conoscenza e norma informandola altresì che al prof. Boghdadi è stato fatto presente che il contenuto della lettera medesima è da considerarsi confidenziale e riservato. Restiamo in attesa di comunicazioni da parte egiziana in merito all'inizio delle progettate trattative.

543

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA, COFFARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

NOTA 280. Roma, 25 novembre 1946 (per. il 26).

Questo ufficio ha esaminato l'unito schema di comunicazione all'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede predisposto da codesto onorevole ministero, in merito a taluni punti dei Patti lateranensi non più rispondenti alla situazione creatasi per l'avvenuto mutamento della forma istituzionale dello Stato 1•

In tale schema -premesso che la questione del giuramento dei vescovi è stata felicemente regolata e che è in corso di risoluzione quella relativa alla preghiera prevista dall'art. 12 del Concordato -si precisa che gli onori dovuti ai cardinali, giusta l'art. 21 del trattato, debbano essere quelli che si tributano ai principi del sangue di case regnanti straniere in visita ufficiale e si fa presente che convenga, nella situazione attuale, non conferire da parte della Santa Sede nuovi titoli nobiliari il cui riconoscimento è previsto dall'art. 42 del Concordato. Inoltre si manifesta l'opportunità di soprassedere, fino alle deliberazioni dell' Assemblea constituente, da ogni atto per quanto riguarda l'interpretazione e l'applicazione dell'articolo 8 del trattato -che parifica la persona del pontefice a quella del re nello stabilire le pene per taluni reati; dell'art. 15 del Concordato -in virtù del quale è preposto al Capitolo del Pantheon l'arcivescovo ordinario militare ed è conferito al re il diritto di presentare al cardinale vicario i nominativi per la composizione del Capitolo -e dell'art. 29 lettera g), del Concordato -che, con la convenzione 13 giugno 1939, dà le norme per il clero addetto alle Chiese palatine.

Questo ufficio prende atto degli intendimenti di codesto onorevole ministero e ne condivide i criteri ispiratori. Ma poiché, secondo lo schema in esame, l'astensione da ogni iniziativa per quanto riguarda i predetti articoli 15 e 29 del Concordato è subordinata alla sopravvenienza di vacanze nel Capitolo del Pantheon o nel clero palatino, deve avvertire che già una vacanza è in atto per la morte del parroco della Chiesa di S. Gottardo in Milano.

Pertanto questo ufficio sarà grato a codesto onorevole ministero se vorrà indicare in quale senso debba essere provveduto su la proposta già fatta dall'arcivescovo di Milano, a norma dell'articolo IO della Convenzione del giugno 1939, e trasmessa con parere favorevole dal Ministero dell'interno, con la quale si designa per la nomina il nuovo titolare della parrocchia anzidetta.

544

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE NEL CONTINENTE AMERICANO

T. 17865/c. Roma, 26 novembre 1946, ore 13.

Con telegramma successivo le perverrà il testo dell'appello che il ministro Nenni rivolge agli italiani d'America perché nell'imminenza dell'inverno siano inviati in Italia soccorsi d'ogni genere per i milioni di uomini che la sciagura della guerra ha

1 Per i precedenti sulla questione vedi DD. 343 e 398.

così duramente colpito 1 . Ella voglia dare al messaggio del ministro la più ampia diffusione e istruire consoli dipendenti perché tutte comunità italo-americane rispondano generosamente appello Patria dolente.

Per informazione sua e consoli dipendenti -della quale faranno uso nel modo ritenuto più opportuno con personalità più rappresentative nostre comunità Governo italiano istituirà Ordine «Stella solidarietà italiana» che verrà conferito a coloro che più si distingueranno per offerte e organizzazione invio soccorsi.

Voglia assicurare.

545

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20124/527. Vienna, 26 novembre 1946, ore 16 (per. ore 16 del 27 ).

Ho intrattenuto sabato competente funzionario Ballhaus in possesso dichiarazioni fatte, in sede discussione bilancio esteri, da componenti apposita Commissione parlamentare e che ho riprodotto in mio telegramma 5222•

Ho espresso al riguardo opinione che, pur volendo ammettere che attuali attacchi socialisti e comunisti a azione di Gruber in merito accordi per Alto Adige siano dovuti a motivi politica interna, era veramente strano che questo ministro esteri non avesse risposto ad affermazioni deputato Brachman circa pretesa malafede italiana in esecuzione accordi, affermazioni che erano state riprodotte da ufficioso Wiener Zeitung e che non mi sembrava avessero alcuna giustificazione anche perché né questo Ministero affari esteri né questa stampa avevano mai fatto cenno ad iniziative italiane contrarie allo spirito dei patti di Parigi. Mio interlocutore ha ammesso che da parte Austria non vi era stato finora alcun motivo di lagnanza per attuale politica italiana in Alto Adige. Ha espresso rincrescimento per accaduto che è da attribuire a tattica partiti di sinistra che intendono approfittare diminuita popolarità Gruber, dovuta, a suo dire, a politica di intesa con l'Italia e mi ha assicurato che ministro avrebbe chiamato deputato Brachmann per rettifica che, egli ha aggiunto, ravvisa come dovuta.

Attiro al riguardo attenzione codesto ministero su odierne dichiarazioni Figi di cui trasmetto testo con mio telegramma 2563 .

1 Il testo del messaggio era il seguente: «L'inverno si avvicina: con esso le privazioni di milioni di uomini, donne, bambini delle città e villaggi dalle case ancora diroccate diverranno crudelissime. So che molti di voi avete già dato. Ma mi rivolgo a voi con piena fiducia. Quale soddisfazione per tutti se il prossimo Natale fosse illuminato dall'annunzio che soccorsi di ogni specie, spediti dall'America, sono in viaggio. Agite subito, ponetevi tutti d'accordo, al di sopra di passate divisioni; i vostri doni ci saran preziosi anche come simbolo dell'unione di tutti i figli d'Italia di fronte al dolore. Amici lontani, l'Italia che ancora sanguina ma che è sicura di risorgere conta su di voi» (T. 17866/c. del 26 novembre).

2 Vedi D. 537.

3 Con T. 20070/256 del 26 novembre Gaja riferiva: «Nel corso di intervista concessa United Press e riportata oggi dalla stampa, il cancelliere federale Figi, a domanda se Austria abbia da elevare proteste per attuale situazione Alto Adige e se Governo austriaco intende intraprendere passi in tal senso, ha risposto testualmente: "Crederei troppo presto dir oggi qualcosa al riguardo. Governo austriaco deve dare tempo all'Italia di porre in pratica accordi per autonomia, è tuttavia chiaro che noi seguiamo con costante attenzione la situazione della popolazione alto-atesina"».

546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. S.N.D. 17863/23 DEL. Roma, 26 novembre 1946, ore 17.

Da fonte giuliana ci è segnalato che nella Zona B istriana avvengono in questo momento sequestri di beni sotto i più svariati pretesti 1• Sono soprattutto colpite le popolazioni di Rovigno, Parenzo, Rozzo, Umago, Pinguente, Verteneglio, Buie, Montana, Albona, Canfanaro, Gallesano, Fasana, Dignano, Lussino, Cherso, Cittanova, Pisino. Trattasi in generale di piccoli commercianti, pescatori, contadini, artigiani, spogliati, senza rilascio di ricevute o verbali, di denaro, biancheria, oro, argenteria, mobilio, bestiame, barche, derrate alimentari. Valutazione approssimativa: 150 milioni di danni. Sola Rovigno, 48 milioni. Arrestate oltre l 00 persone 2•

Credo convenga parlarne direttamente a Simic 3 .

Soprattutto mi par necessario insistere con la delegazione jugoslava perché si cerchi dalle due parti, in questo periodo per ambedue cruciale, di evitare gesti ed atti di forza e si tenti invece con ogni buona volontà di pacificare e di chiarire.

Prego telegrafarmi che cosa ha ritenuto di poter fare in proposito 4 .

547

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20184n3 DEL. New York, 26 novembre 1946 (per. ore 18,15 del 27) 5 .

Seduta ieri Molotov acconsentito attribuire governatore poteri assicurare garanzie diritti uomo rinunciando abbinare tale questione ritiro truppe anglo-americane. Raggiunto pure accordo massima sulla questione cittadinanza dalla quale escluso solo ristretta categoria ex fascisti attivi. Richiesta Jugoslavia per partecipazione controllo ferrovie rinviata a Comitato esperti che ascolterà anche rappresentanti italiano, jugoslavo e cecoslovacco.

1 Frase corretta a mano dal ministro; nella minuta dattiloscritta si diceva: «Da buona fonte ci è segnalato un continuo crescendo di violenze e di arbitri perpetrati dalle autorità di occupazione, sopra tutto dopo il 14 novembre, in tutta la Zona B istriana».

2 Qui il ministro ha cancellato la seguente frase della minuta dattiloscritta: «Non possiamo assistere impassibili a codeste violenze, che sono del resto note da tempo agli anglo-americani».

3 Qui il ministro ha cancellato il seguito della frase che diceva: «in quella forma che si riterrà migliore, pur senza eccessivamente calcare le tinte».

4 Per la risposta vedi D. 570.

5 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

548

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20102n4 DEL. New York, 26 novembre 1946, ore 20,49 (per. ore 11 del 27).

Per iniziativa Molotov ha avuto luogo ieri, prima della riunione del Consiglio dei Quattro, una conversazione segreta fra il predetto e Byrnes.

Da fonte sicura si hanno informazioni confidenziali secondo le quali Byrnes ha con molta franchezza parlato ed ha messo in rilievo la lentezza dei lavori del Consiglio e l'opposizione sistematica su tutti i punti da parte sovietica. Egli è di avviso quindi che in tale situazione sia meglio informare francamente l'opinione pubblica dell'impossibilità dell'accordo e decidere il rinvio della sessione. Questa decisione avrebbe delle conseguenze meno dannose che l'infruttuoso prolungarsi delle discussioni.

Molotov ha dichiarato che pessimismo era ingiustificato e tuttora possibile giungere ad un accordo sulla base delle decisioni di Parigi. Era necessario però creare delle «premesse» che avrebbero permesso alla Jugoslavia di accettare il trattato. Queste premesse (stando all'opinione dell'informatore) potrebbero consistere nella rettifica della frontiera a favore della Jugoslavia nel settore di Gorizia ed a nord di questa città, nonché aumento delle nostre riparazioni alla Jugoslavia.

L'informatore ritiene che la Russia voglia raggiungere un accordo salvando però la faccia di fronte alla Jugoslavia. Facciamo ogni riserva circa ottimismo, anche riferendoci nostri precedenti telegrammi 1•

549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. URGENTE 17905/817. Roma, 26 novembre 1946, ore 22,30.

Trasmetta al presidente degli Stati Uniti il seguente messaggio che gli indirizza il capo provvisorio dello Stato:

«A S.E. signor Harry Truman presidente degli Stati Uniti. Il mio Governo ha già interessato il Dipartimento di Stato ed il Dipartimento per l'agricoltura della grave situazione nella quale l'Italia è venuta a trovarsi in dipendenza delle difficoltà sopravvenute per l'attuazione del programma su cui esso aveva fatto assegnamento di rifornimento cereali previsto dali'U.N.R.R.A. per il secondo semestre del corrente anno.

Questa situazione pone il mio Governo in gravissime difficoltà per il mantenimento dell'attuale razione del pane con le gravi conseguenze che potrebbero derivare da una riduzione. È per questa ragione che, oltre all'azione svolta presso l'U.N.R.R.A., mi permetto ora rivolgermi personalmente a lei, signor presidente, che tanta comprensione ed interessamento ha sempre dimostrato per la Nazione

l Per la risposta vedi D. 554.

italiana, per pregarla di interporre il suo personale intervento perché sia possibile far pervenire nei porti italiani, entro la prima quindicina di gennaio, un quantitativo di cereali per complessive tonnellate 240 mila riferite a grano per il quale l'U.N.R.R.A. ha già messo a disposizione i fondi relativi presso il Dipartimento per l'agricoltura.

Accolga, signor presidente, insieme con le espressioni della riconoscenza del mio Paese, i miei ringraziamenti per l'opera che ella riterrà di svolgere in questo caso particolare così delicato e grave. ENRICO DE NICOLA».

Prego assicurare.

550

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20118n5 DEL. New York, 26 novembre 1946, ore 23,15 (per. ore 13,45 del 27). Suo 21 1•

Oggi ho avuto con Simic lunga conversazione 2 , la quale è stata cordiale. Qui di seguito riferisco:

l) Ho detto a Simic che da parte nostra è confermato che Tito, nella sua conversazione con l'on. Palmiro Togliatti, ha parlato di contiguità territoriale tra Trieste e Italia. Il mio interlocutore, pur mantenendo sue interpretazioni proposte in questione, mi ha domandato se nostro Governo considerava dette proposte nella interpretazione Togliatti come «costituenti base per negoziati». Simic ha insistito su «base negoziati» e non «condizione ultima». Io gli ho risposto che proposte erano comunque troppo poco precise perché al riguardo il Governo italiano potesse pronunciarsi: per lo meno bisognava chiarire cosa si intendeva per Gorizia, corridoio e quali erano frontiere orientali del Territorio Libero. Nel complesso però ritenevo di no. Mi è stato chiesto di avere su questo punto una precisa risposta.

2) Richiesto se avevamo proposte da fare, tenuto conto del desiderio di V.S. di lasciare porta aperta, ho ripetuto che noi ritenevamo che la linea definitiva dovesse essere quella etnica ed ho domandato a Simic di chiedere al Governo jugoslavo se esso accetterebbe di decidere quale sia la linea etnica a mezzo di un libero plebiscito della popolazione interessata nella zona che è in contestazione. Mi è stato risposto da Simic che è sua opinione personale che ciò non sia possibile. Viceversa Bebler è stato meno preciso. Ho chiesto comunque che mi si facesse avere su questo punto una risposta precisa da Belgrado.

3) Inoltre ho detto che da parte nostra si era pronti ad iniziare negoziati concreti anche subito su trattato di commercio e protezione delle minoranze. Mi è stato detto, circa i prigionieri, che, secondo notizie che essi avevano da Belgrado, è già cominciato il loro rimpatrio. Per quanto riguarda le questioni territoriali ho

I Vedi D. 531. 2 Il resoconto completo del colloquio steso da Quaroni è pubblicato in allegato.

detto che i negoziati possono avere inizio quando siamo sicuri di avere una base di partenza che sia accettabile; riteniamo che per ora dovrebbero continuare soltanto conversazioni per vedere se è possibile trovare questa base comune.

4) Ho detto poi che anche in vista probabilità che a New Y ork i Quattro non si mettano d'accordo (sulla qual cosa gli jugoslavi concordano) sarebbe necessario ristabilire in qualche maniera regolari relazioni tra l'Italia e la Jugoslavia. Da parte nostra noi siamo pronti anche al ristabilimento completo delle relazioni diplomatiche: sta agli jugoslavi la decisione. E a seguito di richiesta ho detto che ho poteri per procedere anche subito ad accordo che ristabilisce relazioni tra Italia e Jugoslavia nella forma e nella misura che Belgrado accetti.

5) Mi è stato domandato da Bebler se ritenevo che il ministro Nenni, od altra alta personalità italiana, sarebbe disposto a recarsi a Belgrado per concludere accordo economico e sulle minoranze; l'inviato italiano, nel corso di questa visita, avrebbe anche veduto se vi era possibilità di riavvicinare i due punti di vista circa le questioni territoriali. A titolo personale ho risposto che non pensavo che il ministro degli affari esteri italiano avrebbe potuto in questo momento recarsi a Belgrado solo per trattare questioni commerciali e questione delle minoranze. Per quanto concerne questione territoriale avrebbe potuto recarsi a Belgrado solo se conversazioni preliminari fossero talmente avanzate da lasciare intravedere certezza esito positivo dei negoziati. Invece ritenevo possibile l'invio di altra personalità. Comunque sui due argomenti i negoziati preliminari avrebbero potuto benissimo continuare qui a New Y ork. Bebler anche su questo mi ha domandato fargli avere da Roma risposta precisa. Siamo pertanto restati d'accordo che appena uno di noi due riceverà risposta su uno dei quattro punti in questione torneremo a vederci ancora. Abbiamo redatto, anche questa volta, un breve comunicato in comune per la stampa.

ALLEGATO

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

APPUNT0 1 . New York (Hotel Mayjlower), 26 novembre 1946, ore 15-17,30.

Nel corso delle prime frasi preliminari di cortesia Bebler ha fatto un accenno alle notizie pubblicate dal New York Times circa il nostro precedente colloquio. Ho detto a Simic che il ministro degli esteri era spiacentissimo dell'incidente e che aveva ordinata una rigorosa inchiesta per accertare le eventuali responsabilità.

Ho detto a Simic che, secondo le informazioni in possesso del Ministero degli esteri italiano, risultava confermato che, contrariamente a quanto loro mi avevano detto, il maresciallo Tito aveva accettato la contiguità territoriale tra Trieste facente parte dell'Italia e il territorio italiano. Simic mi ha chiesto se, ammettendo che la nostra interpretazione delle promesse fatte da Tito a Togliatti fosse esatta, il Governo italiano la considerava come una base accettabile per negoziati. Ha tenuto a specificare che parlava di base di negoziati e non di condizione sine qua non.

Ho risposto che anche in questa forma la proposta Tito era troppo vaga. Si parlava di Gorizia senza specificare che cosa si intendesse esattamente per Gorizia, non si sapeva come

1 Trasmesso con Telespr. 55/19 del. di Casardi del 28 novembre. Una sintesi di questo colloquio era stata telegrafata da Quaroni il 26 novembre (T. s.n.d. 20118n5 del.). L'appunto precisa che è presente anche Bebler.

dovesse essere precisato il corridoio ed infine mancava ogni idea circa i confini orientali della regione di Trieste. Data la vaghezza di questa proposta non era possibile per il Governo italiano di pronunciarsi. Come mia opinione personale ho aggiunto però di non avere l'impressione che le proposte in questione potessero essere accettate da noi come base di negoziati dato che noi consideravamo anche la linea francese come insoddisfacente. Bebler mi ha detto che è necessario al Governo jugoslavo di avere una risposta precisa su questo punto: se cioè il Governo italiano considera le proposte Tito a Togliatti nell'interpretazione che ne dà il Governo italiano ossia contiguità territoriale fra Trieste e l'Italia come un'altra base possibile di negoziati. Ho promesso che avrei richiesto al Governo italiano una risposta precisa sull'argomento.

Simic mi ha chiesto se per parte nostra avevamo delle proposte concrete da fare. Restando nel vago circa il fatto se le seguenti proposte fossero mie personali o del Governo italiano, ho detto che il nostro punto di vista restava che la frontiera italo-jugoslava dovesse corrispondere alla linea etnica e che la migliore maniera di stabilire, al di fuori di ogni contestazione, questa linea etnica era, secondo me, un libero plebiscito nelle zone in discussione. Simic mi ha detto che il Governo jugoslavo aveva lui stesso proposto nel 1919 il plebiscito: oggi però il malgoverno fascista aveva talmente spostato la fisionomia etnica della regione che non riteneva si potesse accettare questa soluzione.

Bebler ha interloquito dicendo che questa era la loro opinione personale, ma che non potevano pregiudicare le decisioni del loro Governo. Mi ha poi chiesto che cosa intendessi per zona contestata: gli ho detto che, secondo me, si poteva considerare come zona contestata tutta la zona compresa fra le richieste massime jugoslave e la linea Wilson che, secondo noi, costituiva la linea etnica più giusta. Bebler mi ha obiettato che gli jugoslavi non hanno mai messo in discussione il carattere etnicamente italiano di Trieste: quindi Trieste non poteva essere considerata come zona contestata. Gli ho osservato che non si poteva staccare Trieste dal resto del territorio. Comunque, quello che importava sapere era se il Governo jugoslavo accettava, in principio, l'idea di risolvere le nostre questioni di frontiera a mezzo di un libero plebiscito. Una volta stabilito questo principio, la seconda fase dei negoziati sarebbe stata quella di studiare le modalità del plebiscito stesso inclusa la zona entro la quale si sarebbe dovuto procedere al plebiscito.

Simic mi ha chiesto se questa mia proposta significava che il Governo italiano respingeva le proposte Tito. Ho risposto che non si possono respingere delle proposte di cui non si conosce la portata esatta. Simic mi obietta che la mia è una proposta del tutto nuova. Gli ho detto che non mi sembrava fosse così: eventualmente, qualora dietro precisazione si fosse visto che le proposte Tito non erano poi così lontane dalla linea francese che noi consideravamo come un fatto acquisito, si sarebbe potuta trovare possibilità risolvere qualche questione di dettaglio al di qua e al di là dalla linea francese con il plebiscito. Intanto pregavo la delegazione jugoslava di farmi sapere se il Governo jugoslavo era disposto ad accettare il principio del plebiscito. Mi hanno promesso che avrebbe telegrafato a Belgrado.

Richiesto da Bebler se noi avevamo o no autorizzazione per negoziare, ho risposto che eravamo autorizzati ad iniziare anche subito negoziati per gli accordi commerciali e per un accordo per la protezione reciproca delle minoranze. Nel mettere in rilievo l'importanza che potevano avere questi negoziati per il miglioramento dell'atmosfera esistente fra i due popoli, ho detto che a questo riguardo era necessario che si desse rapidamente corso alla promessa Tito relativa al rimpatrio dei nostri prigionieri. Simic mi ha risposto di avere informazioni da Belgrado che il rimpatrio dei prigionieri è già in corso. Continuando ho detto che per quanto riguardava le trattative territoriali i negoziati non avrebbero potuto avere inizio se non quando avessimo trovato una base di partenza accettabile alle due parti. Eravamo quindi autorizzati a continuare delle conversazioni esplorative per vedere se si riusciva a trovare una base comune di partenza. Contrariamente all'atteggiamento assunto in tutte le precedenti conversazioni Bebler non ha obbiettato. Ho continuato dicendo che era molto dubbio se nel corso di questa riunione del C.F.M. si sarebbe potuto arrivare ad un accordo. Simic mi ha interrotto dicendo che era certo che non si sarebbe raggiunto un accordo. Ho commentato dicendo che questo rendeva ancora più necessario stabilire un tramite regolare e permanente per le conversazioni italo-jugoslave. Fin qui esse avevano avuto luogo in modo estremamente saltuario a Mosca, a Parigi e poi qui fra rappresentanti autorizzati dai due Governi. Altri contatti erano stati stabiliti per altra via, per esempio incontro Togliatti-Tito. Ad avviso del Governo italiano non era possibile avere un utile scambio di idee in forma così poco regolare. D'altra parte la Jugoslavia era oggi praticamente il solo Paese con cui eravamo stati in guerra che non avesse con noi relazioni di sorta. Per parte nostra eravamo evidentemente pronti anche ad una ripresa completa dei rapporti diplomatici: ci saremmo però contentati di qualsiasi altra formula che permettesse la presenza a Roma e Belgrado di rappresentanti regolari ed autorizzati dei due Governi, in maniera di stabilire un tramite sicuro e regolare. Bebler ha acconsentito con me sulla opportunità di dare alle nostre conversazioni un carattere più regolare e mi ha chiesto se ero autorizzato a trattare di questo argomento. Gli ho risposto che non solo ero autorizzato a trattare, ma che ero pronto a firmare anche subito un accordo relativo al ristabilimento delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi nella forma che il Governo jugoslavo avrebbe ritenuto accettabile.

Bebler mi ha allora chiesto se ritenevo che il ministro Nenni sarebbe stato disposto a recarsi personalmente a Belgrado per trattare con il Governo jugoslavo. Gli ho detto che data anche la posizione personale sempre assunta dal ministro Nenni nei riguardi dei nostri rapporti con la Jugoslavia non mi sembrava possibile che egli si potesse recare a Belgrado se precedenti negoziazioni non avessero portato le trattative a tal punto da poter essere sicuri di giungere ad un accordo. Non poteva andare a Belgrado per ritornare a constatare che un accordo era impossibile. Bebler mi ha allora detto che dato che noi eravamo disposti a trattare un accordo commerciale, un accordo sulla protezione delle minoranze dato che sulle due questioni si poteva essere sicuri di arrivare ad un accordo, il ministro Nenni avrebbe potuto recarsi a Belgrado per conchiudere un accordo commerciale ed un accordo sulla protezione delle minoranze. Questo sarebbe stato sufficiente a giustificare la sua visita: contemporaneamente avrebbe potuto trattare a latere della questione territoriale. Gli ho detto che anche questa soluzione non sembrava di facile attuazione. Per ragioni sia interne che internazionali sarebbe stato difficile ammettere che il ministro degli esteri italiano si recasse a Belgrado senza concludere un accordo anche sulle questioni territoriali. Bebler mi ha detto allora se ritenevo che avrebbe potuto recarsi a Belgrado altra personalità italiana, possibilmente con grado di ministro di gabinetto, per trattare delle stesse questioni. Ho risposto che non ero in grado di esprimere un parere. Simic mi ha chiesto di porre il quesito al Governo italiano. Ho promesso di farlo e da parte mia ho chiesto che domandassero a Belgrado una risposta circa il nostro suggerimento relativo alla ripresa dei rapporti diretti fra i due Paesi. Ho aggiunto che secondo me una cosa non escludeva l'altra perché gli agenti accreditati avrebbero potuto preparare il terreno per il viaggio di un'alta personalità politica. A richiesta di Bebler ho detto che per parte mia ero pronto ad iniziare senz'altro conversazioni a New York sugli accordi commerciali e sulle minoranze. Bebler mi ha detto di non avere istruzioni in proposito da Belgrado ma che le avrebbe sollecitate. Siamo rimasti d'accordo che appena uno di noi avesse ricevuto risposta su uno dei punti qualsiasi che avevamo trattato saremmo tornati a rivederci. Abbiamo poi redatto un breve comunicato comune sul nostro incontro. Simic ha osservato che da parte jugoslava sarebbe stato necessario dire qualche cosa anche circa l'articolo Cianfarra. Ho suggerito che sarebbe stato bene aspettare il risultato dell'inchiesta ordinata dal Ministero degli esteri italiano. Bebler ha fatto presente che l'inchiesta non poteva mutare la sostanza dell'articolo. Mi ha chiesto se avevo difficoltà a fare un breve comunicato comune in quanto un comunicato solo da parte jugoslava avrebbe potuto dar luogo ad interpretazioni che era meglio evitare. Ho convenuto con lui ed abbiamo quindi redatto un breve comunicato comune.

Abbiamo poi parlato in genere dell'andamento del Consiglio dei ministri ed in questa occasione sia Simic che Bebler mi hanno ripetuto con tutta enfasi che la Jugoslavia non avrebbe mai firmato la linea francese.

La conversazione, che è durata fino alle 17,30, è stata molto amichevole. L'impressione che ho avuto è che gli jugoslavi sono almeno tanto quanto noi desiderosi di lasciare aperta la via delle trattative dirette, ma che, appunto come noi, preferiscono evitare di impegnarsi fino a che non sia più chiaro quale è l'andamento delle trattative fra i Quattro Grandi. La mia impressione continua ad essere che gli jugoslavi continuano realmente ad essere decisi a non firmare la linea francese e che ci vorrebbe non meno di un -molto improbabile -ultimatum russo per obbligarli a firmare. Ho però l'impressione che essi si sentano su terreno molto meno sicuro di quanto era all'epoca delle nostre conversazioni di Parigi e che considerano la linea jugoslava proposta al Waldorf Astoria non più come una realtà raggiungibile, ma soltanto come l'espressione di un desiderata nazionale. Non mi sembra però che siano ancora realmente maturi per contentarsi, in cambio del riconoscimento di Trieste sotto sovranità italiana, di modificazioni di poca importanza a loro favore della linea francese sia sulla nostra frontiera sia sulla frontiera del Territorio Libero. Ci vorrà molto tempo e molta pazienza e soprattutto la convinzione, attualmente non esistente, che gli anglo-americani sono veramente decisi a non fare ulteriori concessioni per far fare loro della strada considerevole.

551

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, REALE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 4488/1643. Varsavia, 26 novembre 1946 (per. il 16 dicembre).

Nei giorni scorsi mi sono congedato dal presidente del Consiglio Os6bka-Morawski e dal maresciallo di Polonia M. Zymierski. Le visite sono state improntate ad un'estrema cordialità quali i rapporti da me intrattenuti con i due uomini di Stato fin dall'inizio lasciavano prevedere.

Il presidente del Consiglio, dopo avermi espresso il vivo rammarico del Governo per la mia partenza «che priva la Polonia di un grande amico e dell'ambasciatore che più e meglio di qualsiasi altro ha compreso quanto di buono, di utile e di grande è stato fatto nel nostro Paese in quest'anno» e dopo aver aggiunto alcune frasi eccessivamente benevole per la mia persona, ha voluto che io gli riassumessi le mie impressioni sulla Polonia, sul popolo polacco e sull'attuale situazione politica: il che ho fatto brevemente mettendo in luce i risultati positivi dell'azione del Governo di Unità Nazionale ed esprimendo la mia fiducia nell'avvenire della nobile e generosa Polonia. Le mie parole hanno incontrato l'approvazione del presidente che mi ha dichiarato testualmente: «Un simile esame della situazione del nostro Paese presuppone una conoscenza di uomini, di avvenimenti e di cose che solo un ambasciatore politico ed un dirigente di un partito di massa può avere. Un diplomatico di professione non avrebbe potuto comprendere come lei le profonde trasformazioni che si sono verificate in Polonia e non le avrebbe certamente guardate con la simpatia con cui le ha guardate fin dall'inizio l'ambasciatore d'Italia. Al desiderio già espresso dal nostro Ministero degli esteri perché al suo posto sia destinato ancora un uomo politico e non un diplomatico di carriera aggiungo le mie personali vive insistenze nello stesso senso. Bisogna continuare l'opera iniziata dall'ambasciatore Reale e solo un uomo che vede la Polonia come l'ha vista lui potrà farlo efficacemente».

Ha fatto seguito una discussione sulla situazione politica interna, sulle probabilità dell'opposizione nelle prossime elezioni, sull'atteggiamento del P.S.L. che il primo ministro ha definito «stupido ed inconclusivo perché porterà il partito stesso alla rovina», sulla situazione economica e sul rialzo dei prezzi. A questo proposito il presidente del Consiglio ha affermato che si tratterebbe di un fenomeno passeggero, conseguenza più che altro della speculazione di poca gente senza scrupoli. Tutte le misure, ad ogni modo, sarebbero state prese per punire esemplarmente i responsabili e per riportare i prezzi alla norma: e già per i generi alimentari si vedrebbero le prime conseguenze di questa energica azione governativa. Siamo passati quindi a parlare della situazione in Italia, della disoccupazione, della vittoria delle sinistre nelle elezioni amministrative, del patto di unità d'azione tra il Partito socialista e il Partito comunista, a proposito del quale il primo ministro ha detto che in Polonia i rapporti tra i due partiti sono così intimi e cordiali da rendere inutile la stipulazione di un patto speciale che li regoli e li disciplini. «Da noi non si penserebbe nemmeno che il P.P.S. e il P.P.R. possano agire in modo diverso nelle più importanti questioni della vita nazionale -ha proseguito Osobka-Mo

rawski. Negli ultimi tempi vi è stata qualche difficoltà provocata, più che da altro, da un certo malcontento di alcuni ambienti socialisti per il numero molto più grande di elementi comunisti che sono ai posti di maggiore responsabilità nei ministeri, nella Sicurezza, nelle banche, nei pubblici uffici. Il P.P.R. ha finito col riconoscere la legittimità delle nostre osservazioni e l'inconveniente sarà a poco a poco rimosso. Anche la questione della suddivisione dei mandati nel prossimo Parlamento ha dato origine a lunghe e spesso vivaci discussioni in quanto alcuni membri del nostro Comitato centrale insistevano per un numero più grande di seggi da attribuire ai socialisti in ragione della loro maggiore influenza nel Paese. l comunisti, naturalmente, non la pensavano allo stesso modo e si è giunti così ad un punto morto, nessuno voleva cedere sui suoi pretesi diritti, ognuno credeva di aver la J:agione dalla sua parte. Finalmente l'accordo è stato raggiunto sulla base della pariteticità ed i rapporti tra i due partiti sono ora soddisfacenti. Esiste ancora, è vero, nel

P.P.S. una corrente che è per una politica più indipendente dal P.P.R., per una politica "socialista", ma essa non ha grande seguito e non ha creato sinora serie difficoltà agli organi dirigenti del partito. Questi compagni avrebbero voluto che il partito si presentasse alle elezioni con liste proprie sì da "potersi contare" come essi dicevano, e da poter vedere, praticamente e senza possibilità di equivoco, quale sia l'effettiva influenza dei due partiti di massa. La grande maggioranza del nostro Comitato centrale è stata decisamente contraria ad una tale proposta che avrebbe rotto il blocco dei partiti di Lublino e indebolito pericolosamente le forze della democrazia. Non soltanto io ma Schwalbe, Cyrankiewicz e gli altri massimi dirigenti del partito siamo tutti dell'opinione che la più stretta unione tra socialisti e comunisti è più che mai indispensabile e che una rottura tra i partiti potrebbe essere esiziale per il nostro Paese».

Il presidente ha voluto quindi che io gli esponessi le ragioni per cui il partito comunista italiano è fautore del partito unico della classe operaia a cui è invece ancora contrario, nella sua maggioranza, il partito socialista italiano, e ha così commentato la mia esposizione: «Non mi è facile dire chi abbia ragione in Italia e se effettivamente nel vostro Paese un partito unico sarebbe molto più forte che i due partiti separati. Da noi la questione non si è ancora posta e neanche il P.P.R. l'ha ancora affrontata. La fusione dei due partiti allontanerebbe dalle file del partito unico tutti quegli elementi (e in Polonia sono numerosi) che non hanno simpatia per il comunismo e per l'Unione Sovietica ma malgrado ciò sono piuttosto progressivi, sono orientati a sinistra e votano per i socialisti. Non entrerebbero nel partito unico anche molti intellettuali, professionisti, funzionari che militano oggi nel nostro partito. Nel complesso gli svantaggi della fusione sarebbero secondo me più grandi che gli eventuali vantaggi. Un Partito socialista forte, numeroso e bene organizzato è indispensabile alla nuova Polonia».

Il presidente del Consiglio mi ha quindi pregato di dire a suo nome a Nenni (che egli non ha il piacere di conoscere personalmente ma di cui ha sentito parlare come di uno dei più grandi capi del socialismo europeo) che una sua visita a Varsavia sarebbe molto gradita dal Governo e dai partiti. «Noi abbiamo salutato la nomina di Nenni a ministro degli esteri della Repubblica italiana come un avvenimento di portata internazionale poiché è la prima volta che un socialista dirige la politica estera dell'Italia e come la prova, inoltre, che la giovane Repubblica ha rotto definitivamente col passato anche nel campo della politica estera. Noi avremmo molto piacere di dire a Nenni a viva voce tutto il nostro compiacimento e di discutere con lui oltre che dei rapporti tra i due Paesi del problema del mantenimento della pace».

Ho assicurato il presidente del Consiglio che avrei trasmesso personalmente il suo invito al nostro ministro degli esteri e ho preso congedo da Osobka-Morawski ringraziandolo nuovamente per la benevolenza che mi ha sempre dimostrata e facendogli i migliori auguri per l'avvenire e la prosperità della Polonia.

Il maresciallo M. Rola-Zymierski mi ha trattenuto a lungo colloquio e mi ha chiesto anch'egli le mie impressioni sulla politica interna ed estera della Polonia, sulla ricostruzione del Paese, sull'esercito. Le mie dichiarazioni devono aver soddisfatto molto anche lui poiché ha tenuto a ripetermi quanto mi aveva già detto una settimana fa e cioè che un ambasciatore che ha compreso e conosce come me il Paese nel quale è accreditato non dovrebbe essere mai richiamato dal suo Governo.

Il maresciallo si è intrattenuto quindi con me sui principali problemi della riorganizzazione dell'esercito sottolineando l'importanza che la democratizzazione dell'esercito e la formazione dei nuovi quadri hanno per un Paese come la Polonia che esce da un lungo periodo di dittatura e che deve trasformare da cima a fondo la struttura, lo spirito, la mentalità delle sue forze armate. L'esercito polacco è oggi veramente l'esercito del popolo e il popolo sa di poter contare su di esso. Una nuova disciplina è subentrata a quella -formale e superficiale -dell'esercito di Pilsudski e di Rydz-Smigly, nuovi compiti, nuovi doveri e anche nuovi diritti si sono sostituiti ai vecchi. I quadri del nuovo esercito polacco si sono temprati nella lotta contro l'invasore e provengono nella loro enorme maggioranza dalle formazioni partigiane o dalla gloriosa Prima Armata che si è battuta con le truppe sovietiche e ha preso una parte così importante alla liberazione della Polonia. Dei vecchi generali di prima della guerra non è rimasto quasi nessuno, non sarebbe stato possibile trasformare la loro mentalità arretrata e reazionaria.

Abbiamo parlato quindi della partenza dall'Italia delle truppe del Secondo Corpo, della cerimonia di addio che Anders avrebbe voluto trasformare in una grande manifestazione politica e che opportunamente il ministro Nenni ha ridotto alle proporzioni dovute 1 , dello scarso successo del reclutamento delle truppe polacche nel «Resettlement Corps» (17 mila uomini a tutt'oggi, secondo le ultime notizie), degli effettivi dei vari eserciti europei, di ciò che sarà l'esercito italiano dopo il trattato di pace, dell'efficacia della bomba atomica che il maresciallo, come quasi tutti i polacchi coi quali ho parlato, tende piuttosto a sottovalutare, del ruolo reazionario assunto ogni giorno più dal Vaticano. Su questa questione il maresciallo si è espresso con molta decisione e si è particolarmente diffuso: «Il Vaticano è diventato una specie di agenzia europea degli Stati Uniti, il focolaio della reazione, il centro di tutti gli intrighi contro la democrazia e il progresso. Ho letto con grande interesse le rivelazioni della stampa italiana sugli acquisti di importanti complessi industriali da parte del Vaticano per conto e per incarico del capitale americano. So che gli americani hanno fatto il possibile perché il Governo italiano cedesse per pochi soldi al Vaticano gli edifizi ed i suoli dell'Esposizione Internazio

l Vedi DD. 426 e 431.

naie del '42. (Ho dichiarato a questo proposito che la notizia mi riusciva nuova e che, se è vero che il Vaticano aveva tentato di fare un grosso affare acquistando in blocco L'E.42, non mi constava che gli Stati Uniti fossero intervenuti nella faccenda e che avessero fatto comunque pressioni sul Governo italiano). Non mi ha sorpreso l'azione del Vaticano, in Francia ed in Italia, perché i cattolici votassero per determinati partiti politici e non dessero per alcun motivo i loro voti ai partiti veramente democratici e progressivi. Le pressioni dei vescovi e dei parroci sono giunte fino a scomunicare o a minacciare le pene dell'inferno ai cattolici che sono iscritti al Partito comunista o al Partito socialista. Qui da noi le cose sono ancora più gravi poiché oltre all'illecita ingerenza dei preti nella politica di cui si è avuta ancora una prova con la dichiarazione dei vescovi riuniti a Czestochowa, vi è l'appoggio quotidiano e ogni giorno più esteso alle bande che infestano il suolo della Polonia. Noi abbiamo numerose prove della connivenza del clero con questi nemici della patria, dall'appoggio che i preti forniscono ai membri delle N.S.Z. e agli altri banditi, dell'atteggiamento non diciamo di indifferenza ma addirittura di aperta approvazione da parte del clero delle violenze antisemite. Ebbene, se i preti non la smetteranno di appoggiare in modo così scandaloso la reazione sotto tutte le sue forme, il Governo sarà costretto a passare dalla difensiva all'attacco ed a prendere le più severe misure verso questi indegni apostoli di Cristo. La popolazione polacca è nella sua grande maggioranza cattolica e il Governo ha il massimo rispetto per la religione: ma se i preti pensano di profittare del loro stato ecclesiastico e dell'influenza che essi hanno sulle masse dei fedeli per sabotare gli sforzi del Governo, per minarne le basi e per ostacolare lo sviluppo delle istituzioni democratiche, ebbene essi si sono sbagliati ed avranno delle crudeli delusioni. Il Governo è deciso, prima e dopo le elezioni, ad agire col massimo rigore e con la più grande energia».

Ho domandato al maresciallo (che è anche membro della presidenza del

K.R.N. e che in questa sua qualità è tra i più vicini collaboratori del presidente Bierut) che cosa pensasse di un'eventuale ripresa delle relazioni diplomatiche tra la Polonia e la Santa Sede (vedasi mio telespresso 15 corr. n. 4384/1599) 1• Egli mi ha risposto che la Polonia desidera vivere in cordiali rapporti con tutti gli Stati che non siano fascisti e che non incoraggino il fascismo. Se il Vaticano è tra questi Stati, il riconoscimento del Governo di Varsavia da parte della Santa Sede sarà il benvenuto. Occorre, però, -ha ripetuto il maresciallo -che a Roma si tolgano di testa di sovvertire l'ordine costituito in Polonia e di servirsi del clero per questa bisogna.

Dopo aver parlato di varie altre questioni il maresciallo Rola-Zymierski ha ricambiato all'Italia gli auguri che io ho rivolti alla Polonia e mi ha detto che spera di venire a farmi visita a Roma nel prossimo anno. Egli manca dall'Italia da oltre un ventennio e ha il vivo desiderio di rivedere il nostro Paese. «Se le circostanze me lo permetteranno e se potrò concedermi delle brevi vacanze -ha concluso il maresciallo-conto di essere a Roma nel '47. Potrò così vedere con i miei occhi le realizzazioni della nuova democrazia italiana e portare al vostro esercito il saluto dell'esercito polacco».

I Non pubblicato.

552

L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, MCKENDREE KEY, AL SEGRETARIO PARTICOLARE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, CANALI

L. Roma, 26 novembre 1946.

Would you be good enough to give to the Prime Minister the enclosed copy of a letter which I recently received from Mr. Dowling 1 , relative to an invitation which will be extended to Mr. De Gasperi by the Council on World Affairs to attend a forum which is to be held in Cleveland, Ohio, on January 11-15.

As I explained to the Prime Minister and yourself yesterday, the Council is an outstanding institution and provides an excellent medium for placing before the American public the views of speakers participating in the forum. As stated by Mr. Dowling, we ali hope that the Prime Minister may find it possible to accept the invitation which will be sent him the near future to participate in the forum as the number one speaker on the «foreign side».

553

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNT02 . New York, 27 novembre 1946, [mattina].

Dunn mi domanda che cosa significa il comunicato italo-jugoslavo di ieri il quale esclude che Simic e Bebler abbiano accennato alla annessione di Monfalcone, oltre Gorizia, alla Jugoslavia 3•

l La lettera di Dowling, in data 1° novembre, diceva: «The Council on World Affairs, founded by Newton D. Baker, is holding a foreign affairs forum jointly with Time Institute (Time magazine) at Cleveland, Ohio, on January 11-15. They already have a galaxy of speakers-Forrestal, Vandenberg, Generals Marshall and C1ark and perhaps the Secretary, as well as van Kleffens, Maurice Schumann, Wellington Koo and others. They also intend to have representatives from Russia, India, and Turkey, but are particularly anxious to have Mr. De Gasperi as the number one speaker on the foreign side. An invitation is going to him shortly, and I hope you will have an opportunity to Jet him know that we think the forum will be a most important event and that everyone hopes he will find it possib1e to accept. We will soon begin to have Italian officials over for one reason or another, and it seems to me it would be best ali around if Mr. De Gasperi could be the first».

2 Trasmesso con Telespr. 59/23 del. di Casardi del 2 dicembre. Una sintesi di questo colloquio era stata telegrafata da Tarchiani il 28 novembre (T. s.n.d. 20199n6 del.). L'appunto precisa che sono presenti Matthews e Reber.

3 Vedi D. 550.

Gli rispondo che il comunicato parla soltanto di «informazioni inesatte» di Cianfarra e non nomina Monfalcone. La situazione rimane la stessa: il Governo italiano ha per punto fisso la linea francese, già acquisita; gli jugoslavi partono invece dalla linea jugoslava che comporta il corridoio Gorizia-Monfalcone alla Jugoslavia. Aggiungo che in un secondo colloquio gli jugoslavi non hanno escluso la contiguità italiana con una zona autonoma di Trieste, ma hanno anche dichiarato di non avere istruzioni precise che del resto chiedevano a Belgrado. Ho anche detto che per l'Italia la linea migliore, nelle attuali circostanze, è sempre la linea etnica che si avvicina a quella Wilson o almeno alla linea americana quale fu proposta a Parigi. Si aspettano risposte jugoslave; intanto le due delegazioni rimangono sulle rispettive posizioni.

Dunn mi domanda che impressione abbia avuto Quaroni dello stato d'animo jugoslavo. Rispondo che li ha trovati (Simic e Bebler) un po' più concilianti verso di noi, ma nell'aspettazione che il trattato, secondo le linee dei Quattro, non si concluda, e nella decisione, in ogni modo, di non firmarlo, lasciando così aperta tutta la questione. Tutti e tre riconoscono che sarebbe un grosso inconveniente dal punto di vista giuridico. Aggiungo che, in tal caso, l'Italia non potrebbe firmare e ratificare un trattato inapplicabile nelle sue clausole essenziali. Non rimarrebbe che mantenere la linea Morgan e limitarsi ad accordi parziali con le varie Potenze, in attesa di un'occasione che permetta un concordato generale. Dunn e gli altri due riconoscono che avremmo tutte le ragioni di rifiutare un trattato ineseguibile.

Dunn, a questo punto, come seguendo un altro pensiero, mi dice che il discorso di Nenni a Livorno, quale è stato riprodotto dai giornali americani, ha fatto qui (suppongo voglia dire negli ambienti della Conferenza) una penosa impressione, mentre si sollecita da Roma l'interessamento americano per i soccorsi all'Italia. Gli rispondo che non abbiamo il testo; che evidentemente il ministro era soprattutto influenzato da preoccupazioni di politica interna; che bisogna diffidare delle frasi staccate, ecc. ecc. Dunn (continuando l'allusione ai soccorsi che l'Italia chiede e le cui richieste in questi giorni sono divenute pressantissime) mi domanda se ho veduto Acheson e Clayton a Washington. Gli rispondo di sì. Entrambi mi hanno promesso aiuti sotto forma di assistenza post-U.N.R.R.A. e di crediti, se l'Italia perseguirà una politica di sano assestamento interno e internazionale. Ho detto a Dunn che mi rendo conto di come tutto rimanga sospeso ~nella attuazione ~sia per lo stato delle trattative per la pace, sia per l'avvento del nuovo Congresso repubblicano con intenzioni restrittive, sia infine pure per le gravi agitazioni interne che diminuiscono considerevolmente la capacità economica americana rispetto agli Stati esteri bisognosi di aiuto. Stimo, in ogni modo, che la Nazione italiana saprà dar prova di tali doti di attività e di equilibrio da mantenere vivo ~ in regime democratico ~ l'interesse degli Stati Uniti per il suo sviluppo in un pacifico riordinamento europeo.

A questo punto ~chiamato da Byrnes ~ Dunn deve assentarsi per qualche minuto. Quando ritorna, dopo alcune frasi senza interesse, mi domanda bruscamente: «Che ne pensereste di un confine diretto italo-jugoslavo, senza Stato Libero?». Rispondo che se il confine corrispondesse con la linea etnica sarebbe l'ideale. Mi dice che non ha mai avuto nessun entusiasmo per il Territorio Libero. Ne crede l'organizzazione giuridica e politica estremamente difficile e complicata. Il mantenimento in efficienza difensiva costoso e pericoloso. Domando se vi è qualcosa di nuovo fra i Quattro in questo senso. Mi risponde di no, affermando che discutono lo statuto, ma non vanno né avanti né indietro. Gli dico che non ho istruzioni particolari dal mio Governo, ma quelle generali sono contro il Territorio Libero, sempre considerato da noi assurdo e quindi non vitale.

Dunn, pur protestando che non v'è nulla di nuovo, e che queste sono idee generiche e marginali, mi mostra sulla carta come con un piccolo taglio al nord est di Gorizia (zona di Oslavia) e con l'eventuale abbandono della Zona B tra la linea Morgan e quella francese (cioè tra Capodistria e la Foce del Quieto) forse si potrebbe ottenere una adesione jugoslava ad una soluzione che desse Trieste e Gorizia e Monfalcone all'Italia (si tratta del piano rivelatomi dai francesi, telegramma n. 30) 1•

Faccio notare che l'amputazione della zona istriana, interamente abitata da italiani, sarebbe un sacrificio estremamente doloroso, anche se non quanto quello della rinuncia a Gorizia e alla contiguità territoriale. Ho dichiarato che ne avrei comunque riferito subito a Roma, sebbene il progetto mi sia comunicato come un'idea che non ha preso forma e che è ancora lontana dal corso delle attuali discussioni.

Mi è parso evidente però che gli americani (probabilmente insieme agli inglesi ed ai francesi) fossero seriamente preoccupati sia della quasi impossibilità teorico-pratica di instaurare un Territorio Libero vitale, sia delle complicazioni che di continuo creerebbe il suo funzionamento, sia infine e soprattutto della necessità di compiere operazioni militari penose -e forse causa di più gravi complicazioni nella Zona B dell'Istria occupata da Tito. Per tutte queste ragioni e per l'angosciosa sterilità delle attuali trattative, prolungate sino allo spasimo sugli stessi argomenti, mi è parso d'intendere che -stamane -un compromesso che desse [Trieste] all'Italia in sovranità piena sulla base di una linea francese riveduta come già detto sarebbe benvenuto dai Quattro o almeno dai Tre.

P.S. Questo pessimismo degli americani -che anche gli inglesi hanno contemporaneamente espresso a Carandini -si è dissipato nella giornata, quando i russi hanno abbandonato terreno su tutti i punti di più ferma resistenza loro: poteri del governatore, ritiro automatico truppe a data prestabilita, privilegi economici per la Jugoslavia, ecc. La sera del 27 novembre, infatti, la Conferenza poteva annunciare che si era, all'improvviso, raggiunto l'accordo sulle clausole più contrastate dello statuto. Cadeva, quindi, per il momento, ogni altra soluzione di ripiego.

554

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. S.N.D. 17991/25 DEL. Roma, 27 novembre 1946, ore 23.

Rispondo al telegramma n. 74 della delegazione 2 .

Pregola voler insistere presso segretario di Stato americano e ministro esteri britannico affinché la linea francese non venga in nessun caso alterata a nostro

I Vedi D. 497. 2 Vedi D. 548.

danno; è necessario informarli che a base delle attuali conversazioni fra Italia e Jugoslavia ed eventuali trattative dirette sta il nostro presupposto che la linea francese debba subire un miglioramento a nostro vantaggio.

555

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE QUARONI, A NEW YORK

T. S.N.D. 17992/26 DEL. Roma, 27 novembre 1946, ore 23.

Mi riferisco al telegramma n. 75 1 .

Condivido risposta dilatoria circa punto primo. Ella voglia precisare che il Governo italiano considera acquisita, seppure ingiusta, linea francese comprendente Monfalcone e Gorizia.

Su punti due e tre concordo con considerazioni fatte da V.E.

Per quanto si riferisce punto quarto sono pure d'accordo che mia visita Belgrado sarebbe possibile quando si avesse la certezza di un esito pienamente favorevole o almeno di un accordo di massima sul complesso dei problemi oggi in discussione fra i due Paesi. Darei molta importanza ristabilimento normali relazioni diplomatiche. Confermo il mio telegramma n. 21 2 relativo questione negoziati.

556

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON IL DIRETTORE DELL'UFFICIO AFFARI EUROPEI DEL DIPARTIMENTO DI STATO DEGLI STATI UNITI, MATTHEWS

APPUNTO 3 . New York, 28 novembre 1946, [mattina].

Domando a Matthews come è successo il revirement di ieri dopo le pessimistiche previsioni della mattinata 4 .

Matthews mi dice che la seduta precedente (quella di martedì 26, anche dopo il colloquio a due Byrnes-Molotov) era fondata male ed aveva incuorato negli americani il timore che non vi fosse possibilità di concludere il trattato sulle basi prestabilite. I russi insistevano fermamente per qualche soddisfazione territoriale in favore degli jugoslavi. Byrnes negava e non ha voluto cedere. Il mio colloquio di ieri mattina si spiega col fatto che gli americani cercavano un succedaneo al trattato -con il Territorio Libero -che precipitava. L'idea del confine comune italo-jugoslavo, senza Stato Libero, era l'ultimo tentativo che gli americani intendevano fare prima di rinunciare ad un assestamento del confine orientale. Matthews spiega

l Vedi D. 550.

2 Vedi D. 531.

3 Trasmesso con Telespr. 57/21 del. di Casardi del 29 novembre. Una sintesi di questo colloquio era stata telegrafata da Tarchiani il 28 novembre (T. s.n.d. 20249n8 del.).

4 Vedi D. 553.

il gesto di conciliazione russo come una prova che Molotov si è accorto dell'anti-russismo montante in America. «Si tratta di un temporaneo, se non veramente durevole, atteggiamento russo di arrendevolezza di fronte alla fermezza di Byrnes».

Domando quali compensi ha ottenuto Molotov. Mi nega ve ne siano stati anche nelle questioni danubiane. Byrnes mostrò a Molotov che non teneva più ai trattati, poteva farne a meno. Questo disarmò Molotov che divenne-dopo una giornata di resistenza -estremamente cordiale e conciliante.

Matthews aggiunge che i russi ora insistono perché la Jugoslavia abbia una quota di riparazioni più alta della Grecia. Gli dico che, eventualmente, si deve rimanere nel totale fissato a Parigi di 325 milioni di dollari.

Matthews è convinto che tutti i poteri decisivi-nell'accomodamento accettato dai russi -rimangono al governatore, e temporaneamente alle autorità militari alleate. I cinquemila jugoslavi sono nella Zona B, e là rimarranno; non potranno secondo l'accordo -andare a Trieste.

Matthews trova importante la clausola della nazione più favorita che mette gli Stati dell'hinterland in condizione di parità, e quella della navigazione aerea. Crede che i russi -teoricamente -molleranno anche sulla questione della navigazione libera del Danubio.

Nell'insieme Matthews crede che i maggiori problemi sono risolti: che non vi saranno ulteriori gravi screzi sulla questione del Territorio Libero. Suppone che gli jugoslavi continueranno a protestare e tenteranno di non firmare, ma spera che Molotov riuscirà a persuaderli dell'inutilità dei loro sforzi.

Il pericolo -gli dico -risiede nella questione delle riparazioni, se la cifra venisse aggravata ai nostri danni sarebbe un altro colpo all'economia italiana, e avrebbe ripercussioni notevoli nello spirito pubblico già angustiato. Gli Stati Uniti dovrebbero anche in questo campo mostrare fermezza, giacché ogni cedimento sarebbe estremamente pregiudizievole e accrescerebbe la già grande e diffusa amarezza italiana. Aggiungo che se gli iugoslavi non firmano, il problema fondamentale del trattato e del confine orientale rimane lo stesso, perché l'Italia non può accettare per buono un trattato che è ineseguibile nella sua parte principale.

Matthews pare opinare che gli jugoslavi firmeranno, sotto pressione russa.

557.

L'AMBASCIATORE CARANDINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20248n7 DEL. New York, 28 novembre 1946, ore 21,27 (per. ore 12,40 del 29).

Stamane ho avuto un colloquio col ministro Bevin. Egli mi ha detto di confidare che il Governo e l'opinione pubblica italiana apprezzeranno i risultati che sono stati raggiunti ieri alla Conferenza dopo un arduo dibattito. Per parte sua è soddisfatto di aver potuto assicurare allo statuto del Territorio Libero tutte le garanzie fondamentali e che la linea francese sia stata confermata. Egli spera che la Jugoslavia finirà con l'accettare la decisione presa unanimamente dai Quattro. Nel caso che essa rifiutasse, tale fatto non dovrebbe mettere in difficoltà noi bensì i Quattro. Bevin considera comunque che la nostra poslZlone è ora rafforzata singolarmente ed è tale da consentirci di procedere liberamente e sviluppare degli accordi particolari con la Jugoslavia avendo le spalle al sicuro.

Si è espresso molto benevolmente nei nostri riguardi e mi ha detto di confidare che la nostra delegazione di esperti sia giunta ormai a Londra per le trattative commerciali alla cui conclusione egli si interessa vivamente. Bevin spera che V.E. possa, in occasione del suo viaggio a Londra che egli prevede potrebbe avvenire nel prossimo gennaio, firmare il trattato.

Il 4 dicembre sarò a Londra e dopo aver preso i necessari contatti col Foreign Office proseguirò per Roma 1 .

558

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20253/290. Praga, 28 novembre 1946, ore 22,20 (per. ore 14 del 29 ).

Mio 285, ministeriale 162 2 .

Informo che durante pnma riunione commissione mista accordo lavoratori Governo cecoslovacco ha nuovamente assunto atteggiamento contraddittorio ed equivoco. Circa contropartita rimesse operai è stata annullata promessa fatta nostra legazione durante missione Ceppellini per fornitura coke e sono state proposte compensazioni legname e cellulosa. Poiché tali due ultimi prodotti hanno costituito, dopo la fine della guerra, principali mezzi pagamento nostre esportazioni, su menzionato inserimento in accordo operai renderebbe pressoché nulli futuri scambi commerciali, a meno che numero lavoratori italiani da impiegare non venisse contenuto in misura assolutamente irrilevante. D'altronde attuazione promesse circa risarcimento proprietà nazionali confiscate e nazionalizzate continua essere ritardata, evidentemente perché sperasi risolverle minimo costo dopo estorta concessione riguardo operai. In tale situazione ritengo che codesto ministero debba essere posto in grado di esaminare aspetti tecnici problema nel suo complesso e nelle ripercussioni immediate e future, anche in vista eventuali negoziati accordo commerciale. Prego pertanto voler autorizzare massima urgenza addetto commerciale Morante recarsi Roma per riferire su questi punti e discutere atteggiamento da seguire in prossimi incontri con delegazione cecoslovacca. Sarebbe opportuno che in occasione visita Morante venissero convocati presso codesto ministero, dirigenti compagnie assicurazioni, che rappresentano maggiore interesse italiano in Cecoslovacchia e che non hanno ancora deciso linea di condotta tutela propri interessi. Attendo urgente autorizzazione e prego frattanto che viaggio qui incaricato emigrazione venga sospeso 3 .

l Per la risposta vedi D. 562.

2 Vedi D. 534.

3 Nenni rispose (T. 18165/168 del 30 novembre): «Come V.S. conosce, cellulosa e legname rappresentano questo momento primordiale necessità economica italiana tuttavia riconosco inconvenienti che loro inclusione in accordo mano d'opera potrebbe produrre svuotando contenuto accordo commerciale. Dato vivo desiderio giungere favorevole sollecita conclusione ambedue accordi accolgo proposta immediata venuta addetto commerciale Morante per esaminare situazione e ricevere istruzioni». Vedi anche D. 602.

559

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20273n9 DEL. New York, 28 novembre 1946 (per. ore 20,30 del 29) 1•

Seduta ieri sarebbero stati raggiunti seguenti accordi di massima: l) entro novanta giorni governatore deciderà se possa procedersi ritiro truppe da Territorio Libero in limite tempo fissato da esperti militari Quattro Grandi oppure se motivi sicurezza impongono loro temporanea ulteriore presenza. Atto assunzione poteri governatore truppe inglesi americane jugoslave verranno ridotte cinquemila unità ciascuna e saranno disposizione governatore; 2) Quattro impegnatisi anche Consiglio sicurezza faccia ogni sforzo perché governo provvisorio sia pronto per momento entrata vigore trattato italiano. Concordate anche linee generali per costituzione governo provvisorio cui consiglio provvisorio sarebbe nominato da governatore dopo consultazioni Governi italiano jugoslavo. In caso ritardo assunzione poteri governatore attuale Governo militare continuerebbe suo compito. Statuto permanente formerebbe per quanto possibile base per ordinamento governo provvisorio; 3) elezioni ~vranno luogo quattro mesi dopo insediamento governatore.

560

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20250/80 DEL. New York, 28 novembre 1946, ore 23,52 (per. ore 12,40 del 29).

È venuto a vedermi Bebler per comunicarmi la risposta di Belgrado a quanto ha formato oggetto del nostro colloquio di cui al mio telegramma 75 2•

Il Governo jugoslavo ritiene che Belgrado sia la sede migliore per i negoziati. La delegazione jugoslava, tenendo conto delle mie osservazioni circa la difficoltà di una visita del ministro degli esteri italiano, osservazioni di cui riconosce la giustezza, interpreta questa risposta di Belgrado come un invito a inviare da parte nostra una personalità a Belgrado per trattarvi le questioni commerciali, delle minoranze ed anche quelle territoriali. Mi ha detto, a mia richiesta, che questa non è una risposta alla nostra proposta di riallacciare le relazioni diplomatiche ma costituisce comunque un primo e importante passo in quella direzione. Mi ha aggiunto a titolo personale che se vogliamo inviare una personalità politica sarebbe meglio che non fosse un comunista. Mi ha spiegato a mia richiesta che la delegazione jugoslava ha l'impressione che le reazioni dell'opinione pubblica italiana alle proposte fatte da Tito a Togliatti siano dovute anche al fatto che le conversazioni hanno avuto luogo soltanto con una corrente politica italiana: che il giungere ad una chiarificazione

1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 Vedi D. 550.

dei rapporti italo-jugoslavi su una base seria deve essere ottenuta non con un solo partito ma che essa sia accettabile da tutti.

Gli ho promesso che avrei telegrafato immediatamente a V.S. e che gli avrei fatto avere al più presto possibile una risposta. Qualora V.S. sia d'accordo di accettare le proposte jugoslave sarebbe forse bene indicarmi contemporaneamente il nome della personalità che potrebbe recarsi a Belgrado 1•

ALLEGATO

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL VICE MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, BEBLER

APPUNT0 2 . New York, 28 novembre 1946, ore 18-19,45.

Bebler mi ha comunicato di avere ricevuto un telegramma da Belgrado in risposta alla seconda nostra conversazione. Belgrado ritiene, visto che da parte nostra era stato in un certo modo lasciata la scelta a loro, che la sede più adatta delle conversazioni con la Jugoslavia sarebbe Belgrado.

In vista delle considerazioni che io avevo svolto loro in merito inopportunità di un viaggio del ministro Nenni a Belgrado, considerazioni che la delegazione jugoslava trovava giuste, la delegazione interpretava queste istruzioni da Belgrado come un invito da parte nostra ad inviare qualcuno a Belgrado per trattare di tutte le questioni che avevano fatto argomento delle conversazioni italo-jugoslave. A mia richiesta se tale telegramma dovesse essere interpretato come una accettazione della nostra proposta di riprendere le relazioni diplomatiche con la Jugoslavia Bebler ni ha risposto no, dato che nessuna risposta era giunta da Belgrado relativa al nostro secondo colloquio. Indiscutibilmente però l'invio di una nostra personalità a Belgrado costituiva un primo passo in questo senso. Bebler ha insistito nel consigliarmi di accedere al più presto a questa offerta raccomandandosi che mandassimo a Belgrado una persona di mentalità aperta e quindi in grado di rendersi conto delle realtà della vita jugoslava. Ho chiesto a Bebler se con questo egli voleva dire che sarebbe stato bene inviare un comunista. Assolutamente no mi ha risposto Bebler. Ha poi spiegato il suo pensiero dicendo che avendo discusso con i suoi colleghi della delegazione le polemiche interne che avevano seguito la conversazione Tito-Togliatti, era venuto alla conclusione che non era stato probabilmente opportuno indirizzare una questione così importante come quella delle relazioni italo-jugoslave sulla base di un solo partito o quasi. A suo avviso, se si voleva arrivare a qualche cosa di duraturo bisognava mettere i rapporti italo-jugoslavi su di una base accettabile ed accettata da tutti i partiti. Secondo lui se a Belgrado fosse stato inviato un comunista qualsiasi accordo che egli avesse potuto raggiungere sarebbe stato attaccato in Italia per il semplice fatto che era stato un comunista a farlo. Era meglio secondo lui che le trattative avessero quindi luogo su di una base di Governo e non di partito. Ho promesso che avrei telegrafato a Roma appoggiando l'accettazione della proposta jugoslava.

Bebler mi ha poi chiesto se avevo difficoltà ad avere con lui una conversazione off the record. Gli ho risposto che al contrario ero felicissimo. Restavamo intesi che anche quanto io gli avrei detto sarebbe rimasto completamente off the record. ·

l Per la risposta vedi D. 561. Dopo quanto riferito con questo telegramma, l'incontro con Bebler proseguì con una conversazione amichevole, sulla quale Quaroni riferì con T. 20247/81 del., che non si pubblica poiché si riporta nell'allegato l'intero resoconto dell'incontro con Bebler steso da Quaroni.

2 Trasmesso con Telespr. 60/24 del. di Casardi del 30 novembre con la seguente osservazione: <<Si ricorda con l'occasione che il colloquio ebbe carattere segreto, e che fu convenuto da ambo le parti di non darne alcuna notizia alla stampa, e neppure ai rispettivi governi». Una sintesi del colloquio era stata telegrafata da Quaroni il 28 novembre (T. s.n.d. 20250-20247/80-81 del.).

Bebler ha cominciato col dire che, a suo avviso, una sistemazione dei rapporti italo-jugoslavi era una questione di grandissima importanza per i due Paesi, non soltanto per quanto concerneva i rapporti di vicinato, ma per tutta la loro politica estera. Non si poteva chiudere gli occhi al pericolo di un conflitto fra gli Stati Uniti e la Russia. Il giorno in cui questo fosse avvenuto se fra Italia e Jugoslavia esisteva uno stato di tensione simile all'attuale, nulla avrebbe potuto impedire che i due Paesi diventassero uno dei principali campi di battaglia della guerra. Se invece le loro relazioni erano amichevoli esisteva la speranza di potersi tenere al di fuori del conflitto. Gli ho risposto che condividevo perfettamente il suo pensiero e che era stato precisamente con questa idea che gli avevo avanzato a Parigi la proposta di una Locarno italo-jugoslava, proposta che egli aveva respinto. Con qualche circonlocuzione Bebler mi ha fatto intendere che questa idea in realtà gli era piaciuta moltissimo~ compresa l'idea di lasciar risolvere le questioni territoriali ai Quattro ~mache aveva dovuto rassegnarsi a seguire le istruzioni di più alti di lui. Ha aggiunto che era stato un vero peccato che noi non avessimo trattato con Tito ancora nel 1944. Allora l'occupazione delle terre contestate era ancora di là da venire, non si sapeva come si sarebbero svolte le cose, Tito non aveva impegnato il suo prestigio personale, non c'erano state polemiche fra le due parti. Sarebbe stato possibile ottenere una soluzione molto più soddisfacente per noi. Gli ho detto che questo era stato precisamente lo scopo per cui nell'agosto del 1944 avevo proposto a Simic delle trattative a Mosca, ma la mia proposta non aveva avuto risposta. Bebler si è stretto nelle spalle come per dire non è stata colpa mia.

Mi ha poi detto che non riusciva a rendesi conto di come fosse potuto sorgere l'equivoco relativo al corridoio nelle conversazioni Tito-Togliatti. Date le due personalità bisognava escludere la mala fede: restava però il fatto che Togliatti affermava che Tito aveva accettato l'idea del corridoio, mentre Tito assicurava di avere inteso Trieste più o meno nei limiti del piano jugoslavo. Si erano chiesti qui se non era possibile che Tito avesse parlato di comunicazioni intendendo cioè facilitazioni e garanzie per il traffico ferroviario stradale. Ho risposto che a quanto mi risultava Togliatti parlando con Nenni aveva adoperato l'espressione «contiguità territoriale» il cui significato non poteva essere equivoco. Mi ha chiesto poi se non pensavo che l'idea dei due avesse potuto essere il limitare il corridoio alla stretta parte costiera dove passa la ferrovia senza risalire sull'altipiano carsico come fa la linea francese. I militari jugoslavi obiettano particolarmente a questa risalita del confine sull'altipiano per ragioni stategiche. Ho fatto osservare a Bebler che nelle conversazioni italo-jugoslave bisognava dimenticare il punto di vista strategico: prima di tutto bisognava mettere i rapporti fra i nostri due Paesi sulla base di una sincera rinuncia alla guerra: d'altra parte in questo secolo di guerre atomiche era ridicolo parlare di frontiere strategiche: bisognava quindi scartare i militari sia da una parte che dall'altra data la loro incapacità a comprendere le nuove situazioni. In secondo luogo gli ho fatto rilevare come quanto egli mi chiedeva era appunto una prova dell'estrema vaghezza delle conversazioni Tito-Togliatti e come non si poteva chiedere al Governo italiano di pronunziarsi su delle proposte così vaghe.

Bebler mi ha chiesto poi la mia opinione personale sullo scambio Trieste-Gorizia. Gli ho detto che a mio avviso nessun Governo italiano avrebbe potuto accettare questo scambio. A parte il fatto che noi consideravamo come acquisita ormai definitivamente la linea francese che ci lasciava Gorizia (Bebler mi ha interrotto dicendomi che facevamo male a considerarla come acquisita dato che il Governo jugoslavo non l'avrebbe mai firmata), Gorizia aveva per noi, come ricordo dell'altra guerra, un valore morale eccezionale: 300 mila italiani erano morti per Gorizia: è stata la nostra Stalingrado dell'altra guerra: nessun Governo italiano avrebbe potuto consentire alla perdita di Gorizia senza rischiare di essere presto o tardi travolto da una reazione nazionalista.

Bebler mi ha fatto intendere che se ne rendeva conto. In modo molto vago mi ha accennato al fatto che la linea francese lasciava in territorio italiano alcuni sobborghi jugoslavi della zona nord di Gorizia. Mi ha chiesto cosa pensavo della possibilità almeno di una rettifica in questo settore. Pur senza chiudere le porte mi sono pronunciato verso la negativa osservandogli che in questo caso sarebbe stato necessario procedere anche a delle rettifiche a nostro favore nella zona stessa di Gorizia in altre direzioni che non ho specificato. In modo egual

1 Vedi serie decima, vol. I, DD. 349 e 380.

mente un po' vago Bebler mi ha accennato alle grosse difficoltà di prestigio interno connesse con l'evacuazione da parte delle truppe jugoslave di quella parte della Zona B che dovrebbe rientrare nel Territorio di Trieste. Anche qui mi sono espresso negativamente.

Da parte mia ho chiesto a Bebler che cosa ne pensasse della mia proposta di risolvere la questione a mezzo di plebiscito. Mi ha detto che c'erano state due proposte a questo riguardo: una di Molotov, che voleva il prebiscito per tutta la Venezia Giulia fra il confine del 1939 e il confine del 1914, con assegnazione globale della regione secondo i risultati del plebiscito stesso: noi rifiutammo questa proposta perché non ci conveniva. Gli americani avevano invece proposto il plebiscito limitato alla zona fra la linea francese e la linea americana, proposta che era stata respinta dagli jugoslavi perché, data la presenza in questa zona di tante città italiane, il risultato del plebiscito sarebbe stato contrario alla Jugoslavia. Ho approfittato del suo riconoscimento della italianità delle città della costa occidentale dell'Istria per fargli rilevare l'impossibilità per noi forse di accettare la linea francese, certo di accettarne ogni modificazione a nostro svantaggio. Sarebbe stato molto meglio per i rapporti avvenire dei due popoli che gli jugoslavi, riconoscendo l'italianità della costa occidentale dell'Istria, si fossero decisi a )asciarcela. All'argomento di Bebler che non si poteva privare tutta una regione dei suoi centri urbani, gli ho risposto che egli aveva un concetto antiquato delle frontiere. Sarebbe stato perfettamente possibile adottare un regime speciale di frontiera per cui il contado jugoslavo potesse servirsi delle città italiane come prima. Bebler mi ha obiettato che in questa maniera sarebbe stato lo Stato italiano a profittare economicamente della dipendenza della campagna jugoslava dalle città italiane. Gli ho obiettato che, pur non essendo competente in materia, se non era che questa la difficoltà, pensavo che si sarebbe potuta trovare una soluzione. Ritornando all'argomento del plebiscito, Bebler mi ha detto che, naturalmente, ognuno dei due avrebbe voluto organizzare il plebiscito territorialmente almeno in maniera da garantirsi il successo. Avremmo dovuto discutere quindi passo a passo come e dove fare il plebiscito: le difficoltà non sarebbero state maggiori che per arrivare ad un accordo diretto sulla sistemazione della frontiera. Gli ho spiegato che a mia idea personale si sarebbe forse potuto arrivare ad un ravvicinamento considerevole dei due punti di vista in materia di frontiera e lasciare ad una decisione plebiscitaria la definizione degli ultimi punti di dettaglio. Io ero convinto del valore morale del plebiscito: nel caso in questione eravamo noi che dovevamo cedere il territorio: il risentimento è sempre da parte di chi cede. Se la cessione territoriale fosse stata fatta sulla base di una decisione plebiscitaria da parte delle popolazioni interessate sarebbe stato molto più facile a tutti quelli che in Italia sono favorevoli ad una sistemazione amichevole dei rapporti italo-jugoslavi di far tacere i nazionalisti estremi. Gli ho citato l'esempio della cessione di Nizza che, essendo venuta dopo un plebiscito, nemmeno Garibaldi è riuscito a creare dell'irridentismo italiano in quella direzione. Bebler ha di nuovo insistito sulle difficoltà tecniche del plebiscito )asciandomi però chiaramente intendere che lui personalmente non è del tutto deciso a escluderlo.

Continuando gli ho chiesto che cosa pensava della possibilità di risolvere le questioni di frontiera italo-jugoslava su di una base del tutto diversa: lo scambio delle popolazioni. Gli ho premesso che si trattava di una idea del tutto mia personale perché sapevo che il Governo italiano vi era contrario. Bebler mi ha detto che anche il Governo jugoslavo vi era contrario. Gli ho osservato che se noi due avessimo considerato la soluzione come accettabile avremmo potuto tutti e due cercare di usare della nostra influenza presso i due Governi. Mi ha chiesto su che linea pensavo si potesse effettuare lo scambio delle popolazioni. Gli ho detto che a mio avviso bisognava trovare una linea la quale lasciasse all'incirca tanti jugoslavi in territorio italiano quanti italiani in territorio jugoslavo: questa linea si sarebbe dovuta necessariamente adattare al terreno per tener conto del suo corso naturale: entro questi limiti la linea etnica sarebbe stata poi completata con lo scambio. A richiesta di sapere come si sarebbe fatto il computo della popolazione gli ho detto che, secondo me, si sarebbe potuto prendere per base il censimento austriaco del 191 O che tutti e due attaccavamo ma che però riconoscevamo abbastanza veritiero. Questo avrebbe permesso anche di mettere in compensazione gli spostamenti di popolazioni avvenuti, in un senso e in un altro, dopo il 1919.

Bebler: Fino a dove si dovrebbe estendere il computo della popolazione?

Quaroni: Secondo voi gli slavi arrivano sino al Natisone.

Bebler: E secondo voi gli italiani arrivano fino a Sebenico.

Quaroni: Credo che non abbiamo difficoltà a stabilire i limiti.

Bebler mi ha obiettato che piuttosto che fare degli scambi di popolazione bisognava che italiani e slavi si abituassero a vivere insieme. Gli ho risposto che teoricamente ero d'accordo con lui: all'atto pratico nonostante la buona volontà delle due parti dubitavo della possibilità di farlo. Gli ho citato l'esempio della Russia e della Polonia. Bebler mi ha parlato di nuovo delle difficoltà di fare accettare questo punto di vista a Belgrado. Mi ha obiettato poi che in questa maniera sarebbe potuta uscire fuori una linea di frontiera del tutto nuova e differente da quella della linea francese. Gli ho detto che secondo me questo era appunto il fondamento della mia proposta: una soluzione del tutto nuova e su basi completamente differenti avrebbe potuto permettere di risolvere per gli jugoslavi la questione di prestigio. In ogni modo non gli chiedevo una risposta precisa: gli domandavo soltanto di pensarci su e che ne avremmo potuto riparlare un'altra volta.

Dopo aver parlato in termini generici dei rapporti italo-jugoslavi, siamo rimasti d'accordo che la presente conversazione era strettamente personale e quindi né l'uno né l'altro l'avremmo riferita ai nostri Governi.

Siamo rimasti d'accordo parimenti che, in caso di ulteriori comunicazioni da parte dei nostri due Governi, ci saremmo telefonati direttamente nelle nostre stanze (siamo allo stesso albergo ed allo stesso piano) in maniera da non destare curiosità. La conversazione è durata dalle ore 18 alle ore 19,45.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE QUARONI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18108/28 DEL. Roma, 29 novembre 1946, ore 22,10.

Suo telegramma n. 80 1•

Nella prossima settimana sottoporrò al Consiglio dei ministri la proposta jugoslava di inviare a Belgrado una delegazione italiana. La prego di dire a Simic che da parte del Governo italiano è stato molto apprezzato il rimpatrio dei soldati italiani già prigionieri in Jugoslavia. Voglia dare pubblicità a quest'ultima comunicazione.

562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18109/29 DEL. Roma, 29 novembre 1946, ore 22,37.

Risposta al telegramma n. 77 2• Faccia presente Bevin che accettazione linea francese è considerata opinione italiana come una ingiustizia. Essa tuttavia costituisce fatto acquisito che può aver

l Vedi D. 560. 2 Vedi D. 557.

una certa influenza su eventuali negoziazioni con Jugoslavia. Lo ringrazi di nuovo per invito Londra. Delegazione commerciale italiana partirà giorno 6 per Londra conformemente accordi presi Foreign Office.

563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE QUARONI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18110/30 DEL. Roma, 29 novembre 1946, ore 23, 10.

Secondo quanto ci viene riferito da fonte attendibile, sembrerebbe che gli emigrati jugoslavi in Italia starebbero per trasferire in America il centro della loro attività. Riteniamo fondatamente che tale decisione sia stata provocata anche dai passi ripetutamente compiuti da noi presso gli Alleati e dall'atteggiamento sempre più rigido che noi abbiamo assunto, man mano che riacquistiamo libertà d'azione e indipendenza, verso gli esponenti dell'emigrazione jugoslava rendendo loro sempre più difficile l'ingresso in Italia e gli spostamenti da un paese all'altro.

Data la sensibilità che i dirigenti di Belgrado hanno sinora dimostrato verso tale problema, la notizia di cui sopra potrebbe riuscirle utile nei suoi colloqui con il ministro degli affari esteri di Jugoslavia.

564

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20351/82 DEL. New York. 30 novembre 1946, ore 18 (per. ore 8 del l o dicembre). Mio telegramma 60 1 .

Quattro approvato linea di massima annesso III quale proposto da Comitato economico. Secondo informazioni confidenziali:

a) In nuovo testo rimarrebbe pressoché invariato paragrafo l. Nostra proposta per tribunale arbitrale sarebbe però accettata e inclusa sotto articolo 72.

b) Paragrafo 2 rimarrebbe pressoché anche esso immutato escludendosi preciso riferimento a devoluzioni da parte nostra di oro o valuta a copertura moneta e sembra-deferendo alle due parti eventuali discussioni per regolamento in materia.

c) Per paragrafo 3 disposto nuova redazione secondo la quale Stato successore sarà responsabile debito pubblico relativo lavori pubblìci e amministrazione

l Vedi D. 526.

civile in generale, versione questa che delegazione americana ha patrocinato per ottenere che Stato successore si assuma in sostanza grande maggioranza tale debito.

d) Circa assicurazioni di cui paragrafo 4 sembra accettata nostra proposta per reciprocità. In sostanza sembrano accolte varie nostre proposte e rigettati più importanti emendamenti jugoslavi e greci. Mi riservo confermare appena fatte comunicazioni ufficiali prevedibilmente prossimi giorni.

565

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20377/84 DEL. New York, 30 novembre 1946, ore 21,52 (per. ore 16,30 del Jo dicembre).

Seduta ieri Molotov insistito revisione cifre riparazioni approvate Parigi nel senso aumentare quota complessiva alla Jugoslavia nei confronti Grecia, ridurre cifra dovuta da Bulgaria, includere quota favore Albania, aumentare corrispondentemente cifra dovuta da Italia. Dopo lunga discussione Quattro raggiunto accordo principio uguaglianza riparazioni complessive da accordare Grecia e Jugoslavia ma non su ripartizione somme tra Italia e Bulgaria. Secondo compromesso suggerito da Byrnes Italia pagherebbe 125 milioni dollari a Jugoslavia e 100 milioni a Grecia mentre Bulgaria pagherebbe 20 milioni dollari a Jugoslavia e 45 milioni a Grecia.

In questione compensazione per danni arrecati a proprietà alleate in Italia Byrnes offerto compromesso che fissa percentuale compensazione a 50 per cento per altro non accettato da Molotov. Consiglio raggiunto inoltre accordo su clausola statuto Trieste concernente diritto cittadinanza Territorio Libero che limita esclusione ad ex membri O.V.R.A. non discriminati da competenti autorità.

566

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20352/85 DEL. New York, 30 novembre 1946, ore 18 (per. ore 8 del ! 0 dicembre).

Seguito telegramma n. 49 1•

Avuto stamane nuovo colloquio La Guardia basandolo su angoscioso messaggio De Nicola Truman 2• La Guardia promessomi insistere fermamente presso

l Vedi D. 515. 2 Vedi D. 549.

667 Dipartimento di Stato e Agricoltura per sollecitare ogni possibile provvedimento nonostante crisi trasporti aggravata sciopero minatori dopo quello marittimi. Martedì ripeterò a voce al presidente vivissime raccomandazioni. Telegraferò risultati appena concretamente acquisiti.

567

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 18166/31 DEL. Roma, 30 novembre 1946, ore 21,30.

Benché nulla qui ancora risulti ufficialmente in proposito (e gradirei al riguardo informazioni), trascrivo ad ogni utile fine telegramma oggi indirizzatomi da delegazione Comitato liberazione nazionale Venezia Giulia:

«Notizie stampa permanenza Territorio Libero armati cinquemila jugoslavi interessati annessione Trieste ha vivamente impressionato giuliani, giudicando inconsulta decisione pericolo pace e offesa 85 per cento popolazione italiana. Vogli'ate protestare presso Quattro Grandi per nuova insidia confermando unica possibilità pace nel rispetto principio autodecisione popoli».

568

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20378/87 DEL. New York, 30 novembre 1946, ore 22 (per. ore 16,30 del ] 0 dicembre).

Sottocommissione statuto tenuto ieri due riunioni: la prima con partecipazione rappresentanti italiano e jugoslavo per esaminare annesso 9, la seconda con aggiunta rappresentante cecoslovacco per discutere articolo 11 proposte francesi 2 ottobre sottoparagrafo C (libertà transito tra Territorio Libero e paesi retroterra).

Nelle sue dichiarazioni rappresentante italiano attenutosi concetti contenuti documenti 14 e 14 bis, 59 e 49 già presentati Parigi. Circa problemi traffico rappresentante jugoslavo dichiaratosi contrario ristabilimento tariffe sul tipo quelle adriatiche. Ha proposto inoltre che venga affidata rispettivamente amministrazione tronchi ferroviari rispettive linee entro Territorio Libero. Circa sottoparagrafo C delegazione presentato oggi memorandum scritto ribadendo concetti esposti verbalmente ieri insistendo necessità precisi impegni da includere trattato intesi impedire discriminazioni, assicurare traffico, eliminare concorrenze sleali. Contestato inoltre argomenti jugoslavi circa amministrazione ferroviaria jugoslava ed italiana nel Territorio Libero.

569

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 18278/36 DEL. Roma, 2 dicembre 1946, ore 22.

Suo telegramma n. 68 1•

Si prega di volersi adoperare per introdurre almeno modifica art. 69 trattato pace nel senso che diritto vendita beni appartenenti italiani espulsi o non residenti sia esercitato non prima termine tre anni per dare possibilità Governo italiano eventualmente accordarsi ciascuno Paesi interessati.

570

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 61 /25 DEL. New York, 2 dicembre 1946 (per. 1'11).

Telegrammi di V.E. nn. 23 2 e 243 del 26 novembre.

Per opportuna conoscenza invio qui unita copia della lettera da me inviata a Simic, a seguito di una comunicazione verbale a Bebler, per attirare la sua attenzione su quanto forma oggetto dei telegrammi sopracitati e di cui avevo già avuto una segnalazione diretta dai C.L.N. istriani di Trieste e di Pola.

Analoghe comunicazioni sono state fatte ai Quattro Grandi di cui pure si allega copia 4 .

Assicuro infine che in occasione di un prossimo incontro con i rappresentanti jugoslavi non mancherò di attirare la loro attenzione su quanto viene riferito dalla Zona B della Venezia Giulia.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

L. New York, 27 novembre 1946.

I have the honour to bring to your knowledge that, according to information in possession of the Italian Government, a series of new measures against the Italian population in Zone B of Venezia Giulia has been carried on by the Yugoslav authorities in recent days.

1 Vedi D. 535. 2 Vedi D. 546. 3 Non pubblicato, trasmetteva una protesta del C.L.N. di Pola. 4 Non pubblicata.

According to such information, these measures, which have particularly hit the populations of Rozzunago, Vertemeglio, Pinguente, Parenzo, Buie, Anaro, Rovigno, Aonazza, Montona, Vignano, Cittanova, Cherso, Gallesano, Pisino and Fasana, consist in arbitrary arrests and in the seizure, under various pretexts and without releasing any receipt, of cash, furniture, linens, foodsruffs, gold and silver articles, cattle, boats, belongings mostly of needy peasants, fishermen and craftsmen.

An approximate evaluation of damages caused by such measures amounts to 150 millions lire, of which 48 millions in the town of Rovigno alone.

The Italian Government has directed me to convey to you its deep concern for the aforesaid measures which while severely affecting the populations of Zone B and public opinion in Italy, are not of a nature to help the efforts now under way for a clarification of the relations between the two countries. The Italian Government believes that, at this particular moment, any such action which could jeopardize the achievement of that aim should be avoided by ali means.

The Italian Government, being sure that the Yugoslav Govcrnment sincerely desires, as does thc Italian Government, the success of the conversations now under way, hopes that instructions will be issued to the competent Yugoslav authorities so that those measures, if confirmed, could be ended.

l shall be very grateful to you for any steps you shall deem possible to take in this regard.

571

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, REALE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. RISERVATO 4628/1667. Varsavia, 2 dicembre 1946 (per. il 7 gennaio 1947).

Venerdì scorso sono stato ricevuto in VISita di congedo dal presidente del

K.R.N. e capo provvisorio dello Stato Boleslaw Bierut.

Alla cerimonia della consegna dell'Ordine di Polonia Restituta di Seconda Classe (durante la quale sono state scambiate le allocuzioni di cui rimetto in allegato i testi tradotti) 1 erano presenti il capo della casa civile e il capo della casa militare del presidente, il viceministro degli esteri Modzelewski, il direttore degli affari occidentali al Ministero degli esteri Chromecki, il capo del cerimoniale dello stesso ministero Gubrynowicz. Terminata la cerimonia, il presidente ha pregato gli astanti di ritirarsi e mi ha trattenuto a lungo colloquio in presenza del viceministro Modzelewski che si è prestato a fare da interprete.

Il presidente ha cominciato col ringraziarmi per l'opera da me prestata «non solamente in favore dell'Italia ma della Polonia» e per la costante simpatia da me dimostrata per il suo Paese. Egli ha proseguito dicendo che era molto addolorato per la mia partenza che privava il Corpo diplomatico di uno dei suoi migliori elementi e la Polonia di uno dei suoi più grandi amici. «Ci sono qui ambasciatori e ministri che non vedono niente, che non sanno, che non possono vedere le realtà della Polonia d'oggi, gli sforzi che noi facciamo per ricostruire e trasformare il nostro Paese, l'anelito di rinnovamento delle masse operaie e popolari che sanno

l Non pubblicati.

di lavorare per un mondo migliore e pm giusto. Ci sono poi ambasciatori e ministri i quali non solo non vedono niente ma sono da noi per crearci difficoltà ed imbarazzi, per telegrafare ai loro governi tutto ciò che di cattivo ed a noi sfavorevole possono apprendere, per incoraggiare con la loro persona e spesso non soltanto con la loro presenza i peggiori nemici del Governo e della democrazia, gli assassini e i banditi che terrorizzano la popolazione ed ammazzano i migliori cittadini. Vi sono infine, ma sono ahimé una minoranza, ambasciatori e ministri che fanno sì gli interessi dei loro Paesi ma guardano con simpatia il nostro popolo, non hanno preconcetti o partiti presi, riconoscono quanto di buono e di notevole noi stiamo facendo tra difficoltà di ogni genere, ci sono vicini nei momenti più gravi e ci incoraggiano, ci sostengono, ci fanno sentire la loro fraterna solidarietà. A questa terza categoria apparteneva l'ambasciatore Reale ed è per ciò che noi lo perdiamo con vero dolore pur essendo sicuri che egli continuerà ad amare e ad appoggiare il nostro Paese dovunque egli si troverà e quali che saranno i suoi nuovi incarichi».

Ho ringraziato il presidente per le sue amabili parole, gli ho rinnovato la mia gratitudine per la simpatia che egli mi ha sempre dimostrata e con la quale ha seguito il mio lavoro, gli ho espresso infine la mia ammirazione per le magnifiche realizzazioni della nuova Polonia, per i successi ottenuti in tutti i campi dal Governo di unità nazionale. Proprio la mattina ero stato a vedere il nuovo quartiere operaio costruito a Zoliborz in poco più di tre mesi e non ho potuto nascondergli il mio entusiasmo per la rapidità con cui era stato realizzato un complesso di edifici così importante, per la vitalità di cui dà prova ogni giorno questo meraviglioso popolo polacco che dopo aver sofferto quello che ha sofferto e dopo esser passato attraverso prove così terribili è capace di simili exploits. Malgrado le sue rovine, le sue distruzioni, le sue macerie Varsavia è una città viva e vitale, con un grande movimento, un gran traffico nelle strade, migliaia di negozi, gente che va e che viene in ogni direzione: mentre Berlino, molto meno distrutta di Varsavia, è una città morta, una città che fa paura per la sua indifferenza, per l'assenza di ogni palpito di vita e di entusiasmo, per il suo vuoto veramente impressionante.

Siamo venuti così a parlare della Germania e del problema tedesco intorno al quale il presidente, dopo aver ascoltato le impressioni della mia recente visita a Berlino, si è così espresso: «Noi dobbiamo aiutare la Germania a darsi un governo democratico, a trasformarsi in una Nazione veramente e sinceramente democratica. Ma il miglior mezzo per aiutarla, anzi l'unico mezzo di cui disponiamo per facilitare questo processo, è quello di toglierle le unghie, di rendere impossibile ogni tentativo di rinascita del fascismo e dell'imperialismo prussiano. Noi non abbiamo alcuna preoccupazione per i nostri territori occidentali che nessuna forza al mondo potrà più toglierei, che abbiamo quasi completamente polonizzati e che sono ormai parte integrante della Polonia. Ma non basta ancora, come misura di sicurezza. Bisogna togliere alla Germania l'altro bacino carbonifero, la Ruhr. Bisogna impedire con ogni mezzo il riarmo della Germania, bisogna che la vigilanza e il controllo non diminuiscano neanche per un solo giorno. E bisogna, soprattutto, che le truppe sovietiche non lascino il territorio tedesco per venti o trent'anni ancora. Con queste garanzie potremo aiutare la democrazia tedesca, incoraggiare i partiti di sinistra, dare una mano alle forze antifasciste. Da parte nostra, noi montiamo la guardia sull'Oder, abbiamo tanto d'occhi aperti e non disarmiamo. Noi non vogliamo che

il nostro territorio sia più campo di battaglia, non vogliamo che i tedeschi entrino ancora una volta a Varsavia. Dovremo essere noi, nel caso, ad entrare in Berlino».

A proposito dell'atteggiamento degli inglesi e degli americani nei riguardi della Germania, il presidente è dell'opinione che la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d'America non hanno affatto rinunziato a fare della Germania, o per lo meno delle loro zone di occupazione, l'arsenale ed il trampolino per l'attacco contro l'Unione Sovietica. «l fautori di guerra pensano ancora alla guerra, ad un'altra più terribile guerra. La vittoria dei repubblicani alle elezioni americane li ha incoraggiati, essi vorrebbero dare un colpo mortale all'Unione Sovietica e alle forze progressive di tutti i Paesi, creare un nuovo fascismo sotto altro nome e sotto altra maschera. Bisogna stare attenti e fare quanto è in noi per mandare a monte i loro piani. In caso di guerra anche l'Italia sarebbe nuovamente un campo di battaglia. Occorre che le masse del popolo facciano sentire il loro desiderio, la loro volontà, il loro bisogno di pace. E siano disposte a lottare per questa pace, ad imporla ai guerrafondai, ai mercanti di cannoni, ai criminali della City e di Wall Street. Il mondo, ancora straziato e insanguinato, anela al riposo e alla tranquillità, vuole vivere e lavorare, vuole rifarsi dei terribili anni di cui il ricordo è ancora così vicino. Bisogna unire in un blocco solo tutti gli amici della pace ed isolare i pazzi pericolosi che preparano il nuovo conflitto».

Il presidente è passato quindi a parlare delle manovre angloamericane contro la Polonia, dei tentativi di intimidazione e di ricatto, del rifiuto di aiutare economicamente la ricostruzione del Paese, degli sforzi che le due Potenze continuano a fare per influenzare la politica interna ed estera della Polonia. «Esse vorrebbero la reazione al potere, esse chiamano democrazia la vecchia classe dirigente che ha patteggiato con Hitler prima della guerra ed ha collaborato con i tedeschi durante l'occupazione. Di questa gente noi non vogliamo più sapere e l'abbiamo tolta dalla direzione della cosa pubblica. Americani ed inglesi hanno uno sviscerato amore per i latifondisti a cui abbiamo tolto le terre per dividerle tra i contadini, per gli industriali che abbiamo privati mediante indennizzo delle loro officine per farle gestire dalla Nazione. Noi troviamo naturalissimo che certi nostri metodi e sistemi non vadano a garbo agli americani: ma non possiamo permettere loro di immischiarsi nelle nostre faccende, non possiamo tollerare che essi tentino di frustrare i nostri sforzi, di mandare a monte le nostre fatiche, di dare nuovamente il potere ai capitalisti e agli agrari. Noi non approviamo il linciaggio dei negri, ma non pensiamo nemmeno di intervenire per impedirlo, non approviamo la politica della Gran Bretagna in India, in Palestina o in Egitto, ma non incoraggiamo i ribelli ed i terroristi, non forniamo loro armi e denaro, non li sosteniamo contro gli inglesi. Ognuno deve essere padrone in casa propria, deve poter fare ciò che gli piace. Fortuna che il nostro potere è più che solido e che gli sforzi coniugati degli americani e degli inglesi non caveranno un ragno dal buco».

Il presidente è venuto così a parlare della situazione politica interna e dopo alcune considerazioni sulla diminuzione dell'autorità e del prestigio di Mikolajczyk, ha così continuato: «Così come ci spieghiamo il disappunto degli angloamericani per le nostre riforme sociali, comprendiamo perfettamente la politica di Mikolajczyk che è l'esponente della borghesia contadina meno progressiva, degli elementi più arretrati della campagna ai quali la reazione ha fatto credere che noi collettivizzeremo la terra, che vogliamo sovietizzare la Polonia. A queste cose non abbiamo mai pensato, nessuno dei nostri partiti, meno degli altri il P.P.R., ha nel suo programma la collettivizzazione della terra. I kolkos che hanno dato così buona prova nell'Unione Sovietica e che sono oggi una superba realtà, non avrebbero nessuna probabilità di sviluppo nella nostra Polonia, la loro stessa creazione sarebbe impossibile. Quanto ai soviet, nessun polacco in buona fede pensa che noi vogliamo introdurli in Polonia, è la reazione che ci calunnia e che sparge queste voci tendenziose. Noi siamo amici fedeli dell'Unione Sovietica, noi dobbiamo a questo grande Paese una profonda gratitudine per averci liberati dal nazismo, noi abbiamo basato la nostra politica estera sulla più stretta alleanza e collaborazione con l'Unione Sovietica. Ma la nostra forma di governo non è la sovietica e non vuoi diventarlo. Il nostro regime è un regime intermedio tra il socialista e il capitalista. Il capitale finanziario non ha più alcun potere in Polonia, le banche, l'industria, le vie di comunicazione, le miniere sono nelle mani dello Stato. Ma la terra è dei contadini, ma il commercio, soprattutto il piccolo commercio, è nelle mani dei privati e all'iniziativa privata è stato lasciato in tutti i campi un vasto margine di attività. Ciò che avviene in Polonia è analogo a ciò che si verifica oggi in Bulgaria, in Jugoslavia, in Cecoslovacchia dove nessuno pensa ad installare i soviet ma dove, come da noi, le più profonde riforme sociali sono state effettuate o sono in corso di esecuzione. Le masse popolari di questi Paesi non vogliono più saperne del dominio della borghesia che le ha condotte alla rovina, che è scesa a patti col fascismo, che rappresenta oggi il partito della reazione, del ritorno all'antico, del regresso sociale. Non è escluso che tra qualche decennio si possa andare verso forme economiche e politiche più avanzate ma per un lungo periodo di tempo il regime della Polonia dovrà restare quale è oggi assicurando così il concorso di tutte le categorie dei cittadini al benessere e alla prosperità della Nazione».

Il presidente ha voluto quindi che lo mettessi al corrente della situazione in Italia, delle forze dei vari partiti, dei lavori della Costituente, della ripresa economica, delle riforme già fatte o in programma. Al termine della mia esposizione, egli si è così espresso sulle cose d'Italia: «Ho l'impressione che il vostro Paese si trovi alla vigilia di una grande svolta che dovrà dare il potere ai partiti progressivi, alle forme veramente democratiche. Non è possibile che dopo vent'anni di fascismo, dopo la guerra, dopo tante sofferenze, continuino a comandare, come in realtà comandano, i responsabili di tanti guai, di tanti errori, di tanti delitti. Se non si nazionalizza per lo meno la grande industria non si recidono le radici del fascismo, se non si distruggono il latifondo e la grande proprietà terriera si incoraggiano gli agrari a creare nuovamente le squadre d'azione, a dar vita ad un nuovo fascismo. Purtroppo, voi non siete ancora riusciti a realizzare alcuna riforma sociale, il capitale privato domina ancora la vita della Nazione. La Democrazia cristiana dovrà decidersi: o col progresso o con la reazione. La colpa delle mancate riforme è soprattutto sua e di ciò essa dovrà dar conto alle masse che la seguono credendo di seguire un partito progressivo. Le ultime elezioni hanno mostrato un notevole regresso della Democrazia cristiana, credo sia il sintomo più confortante di tutta la situazione politica italiana. Occorre assolutamente che socialisti e comunisti vincano insieme le prossime elezioni, che siano essi a dirigere il governo, a dare l'impronta al governo. La formazione tripartita è una tappa attraverso la quale l'Italia ha dovuto passare, come la Francia. Ma

così non si può continuare a lungo, la Democrazia cristiana come l'M.R.P. possono continuare a stare nel governo ma non devono essere essi a dirigerlo, sono i partiti di sinistra che devono avere l'iniziativa, proporre le riforme, cambiare l'apparato del governo, dare un tono ed un contenuto nuovo all'azione governativa. In Italia la situazione mi sembra molto più favorevole che in Francia poi che da voi i rapporti con i socialisti sono buoni mentre in Francia non potrebbero essere peggiori. Dei grandi Paesi occidentali l'Italia è il solo che abbia realizzato l'unità d'azione tra socialisti ed i comunisti. Ciò mi fa bene sperare per il suo avvenire poi che l'unità della classe operaia è la base e la garanzia dello sviluppo democratico di una N azione».

Dopo alcune considerazioni sulla situazione politica in Italia in relazione soprattutto alla presenza delle truppe alleate, il presidente mi ha domandato particolari sullo svolgimento delle trattative dirette tra Italia e Jugoslavia e sulla parte da me presa nei primi contatti che ebbero luogo a Parigi tra le due delegazioni esprimendo alla fine la speranza che si possa arrivare ad un accordo che risolva le controversie esistenti tra i due Paesi, assicuri buone relazioni tra la democrazia italiana e la democrazia jugoslava ed allontani infine da Trieste inglesi ed americani che con Trieste e la Venezia Giulia non hanno proprio nulla a che fare. A questo proposito il presidente mi ha espresso inoltre l'augurio che il popolo italiano riesca a vincere la lotta per la sua indipendenza gravemente minacciata dal capitale americano che vorrebbe asservire l'Italia e ridurla al rango di un Paese semicoloniale.

n presidente mi ha parlato quindi dei rapporti tra Vaticano e Polonia sui quali si era intrattenuto lungamente qualche giorno fa in un'intervista col giornalista Pruszywski (vedi telespresso n. 4529/1649 del 27 novembre e precedenti) 1• Egli mi ha detto di aver appreso con soddisfazione che l'intervista era stata bene accolta in Vaticano e di aver fondate speranze che i rapporti tra Santa Sede e Polonia potranno tornare alla norma in breve tempo. L'iniziativa dovrà partire però dal Vaticano che è tra i quattro o cinque Paesi che si sono ostinati finora a riconoscere il governo fantasma di Arciscewski. La Polonia sarà lieta di avere normali relazioni diplomatiche con il Vaticano e non è aliena dallo studiare la possibilità della stipulazione di un nuovo Concordato, a condizione, però, che il clero si astenga dal combattere il Governo e dall'appoggiare i nemici della Nazione. n clero deve occuparsi delle cose dell'anima e della religione, non della politica.

Passando a parlare dei rapporti tra Polonia ed Italia, il presidente ha affermato che il suo Paese non considera l'Italia come una Nazione ex nemica in quanto sa che il popolo italiano fu costretto alla guerra da Mussolini e dal fascismo e in quanto gli italiani, pur essendo stati per un certo periodo in stato di guerra con la Polonia, non hanno mai fatto male alla Nazione polacca, non hanno mai preso parte a persecuzioni, eccidi o violenze contro cittadini polacchi. La nuova Polonia non può dimenticare che l'Italia fu tra i primissimi Stati a riconoscere il Governo di unità nazionale. I rapporti tra i due Paesi sono ora ottimi e non hanno potuto turbarli nè l'appoggio dato dal Governo polacco alle

I Non pubblicati.

rivendicazioni jugoslave sulla Venezia Giulia, nè l'incidente del «Batory» d'altronde subito appianato grazie all'intervento dell'ambasciatore d'Italia. Il popolo italiano deve comprendere che è stata soprattutto la solidarietà fra i popoli slavi a dettare l'atteggiamento della Polonia e non deve quindi serbare alcun rancore verso una Nazione alla quale lo legano tanti comuni sentimenti e tante lotte insieme combattute. Quanto alle richieste di riparazioni presentate dalla Polonia alla Conferenza di Parigi si è trattato, in fondo, di chiedere il non pagamento di vecchi debiti contratti dal governo reazionario della Polonia d'anteguerra col governo fascista. Le somme non erano rilevanti e un buon colpo di spugna era la sola cosa da fare. Tra parentesi, la Polonia non ha alcuna intenzione di pagare i debiti che i [governi] della Sanacia contrassero a suo tempo anche con Paesi che sono poi rimasti neutrali come la Svizzera. Le relazioni tra la Polonia e l'Italia possono e debbono diventare ancora più cordiali, più strette. La Polonia potrà stipulare con l'Italia un accordo culturale: e gli scambi di intellettuali, di studenti, di giornalisti potranno essere intensificati. Polonia e Italia si trovano entrambe a dover affrontare situazioni difficilissime, hanno davanti a sé compiti enormi. Esse debbono agire solidamente, e debbono fare quanto è in loro per la pace, per la concordia tra i popoli, per il progresso dell'umanità.

A questo punto, il presidente ha rinnovato al ministro Nenni l'invito di venire a Varsavia nel prossimo gennaio o quando a lui piacerà meglio: invito che mi era già stato fatto dal presidente del Consiglio nell'ultimo colloquio avuto con lui 1• «La personalità del ministro italiano degli esteri e i suoi meriti nella lotta antifascista sono tali che il Governo polacco desidera ardentemente averlo ospite, sia pure per breve tempo, a Varsavia. Dite al ministro Nenni anche a mio nome che lo attendiamo e che ci proponiamo di discutere con lui oltre che i rapporti tra i due Paesi, i più importanti problemi dell'attuale situazione politica». Ho assicurato il presidente Bierut che avrei trasmesso il suo invito al ministro Nenni e che ero sicuro che egli lo avrebbe accettato.

Dopo nuove e calorose espressioni del presidente nei miei riguardi e dopo che io ho rinnovato al capo dello Stato i miei auguri per la nuova Polonia democratica e popolare l'udienza ha avuto termine.

572

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLA DELEGAZIONE A NEW YORK

T. 18289/37 DEL. Roma, 3 dicembre 1946, ore 15,10.

Vi è molta inquietudine in Italia per notizia secondo la quale cinquemila jugoslavi faranno parte delle truppe destinate a presidiare il Territorio Libero di Trieste.

1 Vedi D. 551.

È pertanto opportuno che V.S. chieda immediatamente che contingenti dell'esercito italiano scelti fra reparti dell'esercito regolare e dei partigiani che hanno combattuto insieme agli eserciti alleati vengano ammessi fra le truppe destinate a stazionare nella Venezia Giulia. Si faciliterebbe così la pacificazione fra le popolazioni del Territorio Libero e si ristabilirebbe l'equilibrio morale 1•

573

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20479/91 DEL. New York, 3 dicembre 1946, ore 21,23 (per. ore 13,15 del 4).

Si risponde al telegramma di V.S. n. 372 . Questa delegazione ha riferito con suo telegramma n. 78 3 come questa delegazione americana interpreti permanenza contingente jugoslavo nel Territorio Libero.

Ancor oggi é stato ripetuto da un delegato americano che la decisione non viene a modificare la situazione esistente da un anno e mezzo poiché non trattasi altro che di parte delle truppe che già stazionano nella Zona B (tra la linea francese e quella Morgan) e di cui non è stato possibile esigere il totale ritiro.

Fino alla data dello sgombero del Territorio Libero il contingente jugoslavo di cui trattasi sarà subordinato all'autorità del governatore 4 .

574

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20608 /92 DEL. New York, 3 dicembre 1946, ore 21,30 (per. ore 7 del 5).

Seduta ieri Consiglio deciso includere trattato Italia riferimento ad accordo italo-austriaco Sud Tirolo. Molotov riservatosi tuttavia approvare testo definitivo. Raggiunto inoltre compromesso su testo clausola che subordini applicazione misure favore Jugoslavia ed altri Stati a ratifica trattato da parte predetti. Accettato infine principio ammettere Albania firmare trattato Italia pur non riconoscendone status governo alleato od associato.

1 Per la risposta vedi DD. 573 e 577.

2 Vedi D. 572.

3 Vedi D. 556, nota 3.

4 Tarchiani scrisse sull'argomento una lettera a Byrnes ed. in Foreign Relations of the United States, 1946, vol. II, cit., p. 1403.

575

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20507-20480/93-94 DEL. New York, 3 dicembre 1946, ore 21,30 (per. ore 13,45 del 4).

Mio telegramma 841 . Questione riparazioni tuttora in esame dopo tre giorni discussioni. Somma complessiva da attribuire parti uguali Jugoslavia e Grecia sarebbe stata fissata a 300 milioni di dollari cui pagamento da ripartirsi tra Italia e Bulgaria. Discussione verte ora su quote da assegnare a noi e Bulgaria, delegazione americana insistendo perchè nuovo aggravio Italia non superi 25 milioni. Inoltre delegazione sovietica insiste per pagamento riparazioni Albania 10 milioni. A seguito insistenze sovietiche e compromesso proposto da delegazione francese (che prevede 30 milioni di aumento, ripartiti 25 alla Jugoslavia e 5 alla Grecia), è molto probabile che il nostro debito per riparazioni venga portato anche fino a 30 o 35 milioni. Secondo un alto funzionario della delegazione americana, può ormai considerarsi sicuro un aumento di 25 milioni. Egli non ha escluso ulteriori aumenti. A vendo noi protestato, ha fatto presente che inattesa condiscendenza è dovuta a «atmosfera accordo e desiderio farla finita che regna in seno al Consiglio dei ministri». È stata oggi presentata ai ministri degli esteri una nota di protesta per il nuovo peso impostaci nella quale vengono rilevate le gravissime conseguenze che ne deriverebbero per l'economia italiana. Almeno per limitare la quota supplementare di cui si discute, la delegazione cerca di fare quanto appare ancora possibile.

576

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA

TELESPR. 14/40187/258. Roma, 4 dicembre 1946.

In seguito all'avvenuto mutamento della forma istituzionale dello Stato, si è rivelata, in occasione del giuramento di alcuni nuovi vescovi, la necessità di provvedere al chiarimento interpretativo di alcuni passi dei Patti lateranensi non più corrispondenti nella loro lettera alla situazione.

La questione della formula di giuramento contenuta nell'articolo 20 del Concordato è stata felicemente regolata mediante uno scambio di note avvenuto tra codesta ambasciata e la Segreteria di Stato. Inoltre codesta ambasciata ha già

' Vedi D. 565.

compiuto un passo per ottenere dalla Santa Sede che dirami istruzioni al clero affinché la preghiera prevista dall'art. 12 del Concordato sia cantata per la Repubblica italiana ed il suo capo.

Gli altri articoli che hanno bisogno del chiarimento suddetto sono: 1'8 e 21 del Trattato, e 15, 29 lett. g e 42 del Concordato. L 'art. 8 parifica la persona del pontefice a quella del re nello stabilire le pene in cui incorrerebbe chi ad esso attentasse, o chi lo ingiuriasse.

Prima che la nuova Costituzione abbia definita la figura del capo dello Stato repubblicano e determinate le sue prerogative, non è possibile interpretare il suddetto articolo nel senso della parificazione della persona del pontefice a quella del capo dello Stato. Né sembra possibile, senza che la cosa implichi una modifica sostanziale, stabilire la parificazione stessa con i capi degli Stati esteri, poiché gli articoli 295, 296 e 297 del codice penale sono meno severi degli articoli 276, 277 e 278 relativi alla persona del re. Il valore attuale della norma contenuta nell'articolo 8 potrebbe essere chiarito nel senso che, fino all'entrata in vigore della nuova Costituzione, le sanzioni di legge contro l'attentato o l'ingiuria alla persona del pontefice restano quelle stabilite dagli articoli 276, 277 e 278 del codice penale vigente. Ma a far ciò non basta né uno scambio di note diplomatiche né una circolare del Ministero della giustizia, poiché né l'uno né l'altro potrebbe vincolare il magistrato. Occorrerebbe una legge, e portarne il progetto innanzi alla Costituzione sarebbe -allo stato attuale dei lavori dell'Assemblea -prematuro.

L'art. 21 del Trattato dispone che ai cardinali vengano tributati gli onori dovuti ai principi del sangue. Poiché in regime repubblicano, alla qualità dei principi del sangue è tolto ogni carattere di pubblica funzione o rappresentanza, tale articolo richiede una chiarificazione, per cui sembra sufficiente che il Governo italiano dirami ai prefetti ed alle autorità militari una circolare per precisare che gli onori dovuti ai cardinali sono quelli che è di uso tributare ai principi del sangue di case regnanti straniere in visita ufficiale.

L 'art. 15 del Concordato prepone al Capitolo del Pantheon l'arcivescovo ordinario militare e conferisce al re d'Italia il diritto di presentare al cardinale vicario di Roma i nominativi per la composizione del Capitolo. Qui occorre preliminarmente decidere se alla Chiesa del Pantheon debba essere conservata o meno la funzione statale che ha fin qui avuta. Questa decisione non può essere presa prima che la Costituente si sia pronunciata su questioni che potrebbero avere rispetto a quest'ultima carattere pregiudiziale. Sembra, pertanto, opportuno astenersi da ogni iniziativa finché non intervenga a sollevare la questione una vacanza del Capitolo.

L 'art. 29 lett. g stabilisce a favore del clero addetto alle Chiese della Santa Sindone di Torino, di Superga, del Sudario di Roma ed alle Cappelle annesse ai palazzi di dimora dei sovrani e dei principi reali, una eccezione alla rinunzia da parte dello Stato italiano ai privilegi di esenzione giurisdizionale ecclesiastica del clero palatino in tutt'Italia. La scomparsa della monarchia ha fatto perdere ai palazzi citati nell'art. 3 della «Convenzione 13 giugno 1939 per l'applicazione dell'art. 29 lett. g del Concordato» la qualità di «dimora» dei sovrani e principi reali. Inoltre la decadenza dal trono della dinastia dei Savoia dovrebbe aver tolto ogni motivo al privilegio che -in eccezione alla rinunzia generale -era stato mantenuto per le chiese della Santa Sindone di Torino, di Superga e del Sudario di Roma. Parrebbe quindi normale che cadesse l'eccezione e si esercitasse anche sul clero delle dette chiese e cappelle (eventualmente mantenute aperte al culto) la giurisdizione ecclesiastica dei rispettivi ordinari diocesani. Malgrado possa sembrare evidente il favore col quale la Santa Sede dovrebbe vedere un atto unilaterale italiano che eliminasse questo residuo di privilegio, pure sarà necessario intavolare trattative per risolvere di comune accordo le connesse questioni di carattere patrimoniale fin qui regolate dalla Convenzione 13 giugno 1939 sopra citata. Tuttavia, anche in questo caso, ove nulla prema in modo particolare, conviene attendere le decisioni della Costituente sull'insieme della materia che è tutt'ora in corso d'esame.

L 'art. 42 dispone il riconoscimento per decreto reale dei titoli nobiliari conferiti dal pontefice. Poiché la questione della sopravvivenza dei titoli nobiliari è attualmente dibattuta, la sorte dell'art. 42 è strettamente legata alla decisione che in merito crederà di prendere la Costituente. È ovvio ove fossero soppressi i titoli nobiliari nazionali, non sarebbe possibile alla Repubblica di riconoscere a cittadini italiani titoli analoghi d'altra provenienza. Nel caso invece che ne venisse mantenuto l'uso, l'art. 42 troverebbe naturale applicazione mediante decreti del capo dello Stato repubblicano.

Premesso quanto sopra esposto, si ritiene di dover soprassedere ad ogni atto per quanto riguarda l'interpretazione e l'applicazione degli articoli 8 del Trattato, 15 e 29 lett. g del Concordato, mentre si prega codesta ambasciata d'informare verbalmente la Segreteria di Stato che il Governo italiano darà disposizioni nel senso sopra indicato per l'interpretazione dell'articolo 21 del Trattato 1 .

577

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNT02 . New York, 5 dicembre 1946, [mattina}.

Ho parlato a Dunn della pessima impressione che fa in Italia la discussione per un aumento di riparazioni e della infelice decisione di lasciare cinquemila soldati jugoslavi nel Territorio Libero.

Mi ha risposto che la prima cosa -del resto non ancora avvenuta -è dovuta alle interminabili insistenze russe (che ora si impuntano ad ottenere dieci milioni di dollari per l'Albania, come regalo di Natale, ho detto io); la seconda, al fatto che questi cinquemila soldati anzi assai più-sono nella Zona B e i «Big Foun> non si sentono in grado di sloggiarli senza operazioni militari che preferiscono evitare.

«In ogni modo -ha affermato Dunn -tutto è ancora allo stato teorico perchè i russi, con la questione del finanziamento negato al Territorio Libero, stanno rimettendo in discussione tutta la questione».

l Per la risposta vedi D. 614.

2 Trasmesso con Telespr. 75/28 del. di Casardi del 5 dicembre. Una sintesi di questo colloquio veniva telegrafata da Tarchiani in pari data (T. s.n.d. 20575-205771100-102-103 del.).

Ho detto a Dunn che, secondo me, non vi sono che due soluzioni: o gli Stati Uniti pagano le spese (il deficit) per parecchi anni, o bisogna rinunciare al Territorio Libero e risolvere il problema col confine diretto italo-jugoslavo. In ogni modo tutto dimostra, quotidianamente, che il «territorio» non è vitale, ed è, e sarà, causa d'infinite e inesauribili complicazioni.

Dunn ha convenuto che è così. Ho però aggiunto: « Byrnes è convinto quanto noi di questo, ma vuole avere -anche nell'interesse dell'Italia -acquisita la linea francese e il Territorio Libero, perchè abbiate poi possibilità di trattare su una base solida per una migliore soluzione».

Gli ho detto che le trattative dirette andrebbero meglio se gli jugoslavi sapessero che gli Alleati -assicurata la linea francese e il Territorio Libero come minimo le favoriscono.

Dunn ha risposto che Byrnes non può e non vuoi farlo ora, perchè vuoi portare in porto il trattato qual'è, anche nel nostro interesse. Potrà farlo domani, quando il trattato sia divenuto effettivo e possa rappresentare per noi una favorevole moneta di scambio. Intanto, mi ha detto Dunn, gli jugoslavi si agitano. Simic ha inviato alle quattro delegazioni un nuovo progetto e una carta per la soluzione del problema orientale. Gli jugoslavi:

a) vogliono metà della conca di Tarvisio (vecchio progetto);

b) vogliono Gorizia e vicinanze;

c) cedono Monfalcone all'Italia;

d) offrono di cedere al Territorio Libero, in più del piccolo cerchio intorno a Trieste (il piccolo cerchio rappresenta il primo Stato Libero di Trieste come concepito dagli jugoslavi: ha un diametro di una decina di chilometri), o la zona costiera (che chiamano Zona I) che va da quel piccolo cerchio a Duino; o la zona che va dal piccolo cerchio a Capodistria;

e) vogliono naturalmente la Zona B compresa tra la linea Morgan e la linea francese al sud di Capodistria.

Dunn ha affermato che questo nuovo progetto non si può nemmeno discutere; e che Byrnes rifiuterà di prenderlo in considerazione se sarà presentato dai russi, come pare possibile. Ma, intanto -ha detto ancora Dunn -vi è un nuovo progetto sottoposto da Simic agli inglesi (Bevin non ne ha ancora parlato a. Byrnes e questi non vuoi domandargli nulla fino a che non siano fissate le ultime clausole del trattato; ma è cosa sicura). Secondo questo nuovo progetto Simic propone:

l) l'abolizione dello Stato Libero;

2) la cessione di Gorizia alla Jugoslavia;

3) la cessione di Trieste e zona costiera all'Italia (zona autonoma);

4) la cessione della Zona B alla Jugoslavia;

Questo nelle grandi linee (perchè di questo nuovo progetto non ho visto la carta) e Dunn ha parlato vagamente a memoria. Mi ha pregato di non parlarne con gli inglesi, perchè tengono la cosa segreta. Cercherò d'informarmi, sia presso Harvey sia presso i francesi e riferirò.

Dunn mi ha detto che ieri sera ha parlato con Byrnes della abolizione dello Stato Libero e dell'adozione di una linea di confine conveniente tra Italia e Jugoslavia, tanto la cosa diviene attuale e pressante. Byrnes sarebbe favorevole, ma con le riserve di cui sopra, perchè teme che, se non si conclude il trattato e non si fissa -su basi internazionali -la linea francese, la nostra posizione rispetto agli jugoslavi sia di molto indebolita.

In ogni modo la situazione presenta notevoli possibilità di manovra che non dobbiamo trascurare e non trascuriamo.

578

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A WASHINGTON, BONNET

APPUNT0 1 . New York, 5 dicembre 1946, [mattina].

Desideravo avere da Henry Bonnet la conferma del progetto jugoslavo presentato agli inglesi, per un confine comune italo-jugoslavo senza «territorio libero».

Bonnet mi ha detto di conoscere l'esistenza di un tale progetto confidenziale jugoslavo che tende ad avvicinarsi all'idea francese espostami da Berard (telegramma 30)2• È a un dipresso quello stesso di cui mi ha parlato stamani Dunn. Gli jugoslavi, anche in quel progetto, mentre abbandonano le pretese su Monfalcone, insistono fermamente per ottenere Gorizia e per la cessione a loro, al sud di Trieste, di tutta la Zona B, che comincerebbe da una linea Dorligo-Plavia, Ospizio Marino e non da quella attuale Morgan.

Bonnet però ha insistito sul fatto che gli jugoslavi continuano ad abbandonare via via, lembo per lembo, le maggiori loro pretese. Bonnet, come Couve, crede che il trattato, con la linea francese ed il Territorio Libero, siano-sulla carta-cosa fatta. Crede però anche che trattative dirette che risolvessero definitivamente il problema del confine italo-jugoslavo-partendo dall'acquisita posizione del trattato -sarebbero utilissime e in definitiva bene accette ai Quattro.

I francesi sono in contatto continuo con gli jugoslavi e forse hanno loro suggerito il passo presso gli inglesi. Per questo il loro parere è importante. Bonnet stima impossibile far sgombrare le truppe jugoslave dalla Zona B istriana senza grossi incidenti. Stima perciò eventualmente, di grandissima importanza, la cessione di quella Zona da parte nostra in caso di annessione piena di Trieste fino a Capodistria. Tale cessione servirebbe a salvare la faccia del Governo di Belgrado rispetto agli sloveni, e non renderebbe necessario un doloroso sgombero delle truppe di Tito.

L'altro punto è Gorizia su cui ora sono duramente impuntati. Bonnet però non dispera che -concluso il trattato con la linea francese e il Territorio Libero

1 Trasmesso con Telespr. 74/27 del. di Casardi del 5 dicembre. Una sintesi di questo colloquio veniva telegrafata da Tarchiani in pari data (T. s.n.d. 20577/105-106 del.).

2 Vedi D. 497.

che gli jugoslavi detestano -verranno a meglio consiglio e non è inverosimile mollino anche su Gorizia, con qualche soddisfazione formale nei dintorni sloveni. I francesi mi daranno altre informazioni, che trasmetterò appena possibile.

P. S. Bonnet -e i francesi in generale meno Co uve -sono del parere che, in mancanza di altra soluzione, gli jugoslavi firmeranno il trattato anche con la linea francese e il Territorio Libero.

579

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE QUARONI CON IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI FRANCESE, COUVE DE MURVILLE

APPUNT0 1 . New York, 5 dicembre 1946, ore 11,15-12,30.

Co uve mi ha chiesto delle nostre conversazioni con gli jugoslavi: gli ho detto che dal nostro ultimo incontro non era accaduto nulla di nuovo.

Mi ha mostrato la carta con le proposte jugoslave del 2 corrente (si trattava della proposta antecedente a quella di cui alle conversazioni Tarchiani -Dunn e Tarchiani -Bonnet)2 . Richiesto circa il pensiero del Governo italiano per una soluzione sul tipo della proposta Berard (telegramma n. 30) 3 ho detto che il Governo e l'opinione pubblica italiana non erano disposti ad accettare nessuna diminuzione della linea francese.

Couve mi ha fatto osservare che però l'avere Trieste in piena sovranità era un vantaggio che si poteva pagare con qualche concessione territoriale. Gli ho risposto che per noi oltre che questione di frontiera era una questione di difesa della italianità di certe regioni. La Zona B poteva tecnicamente non appartenere all'Italia, ma dal momento che nel Territorio Libero di Trieste la maggioranza assoluta sarebbe stata italiana avevamo almeno la sicurezza che questi italiani sarebbero stati protetti nella loro lingua, nella loro libertà ed anche, almeno in certi limiti, nei loro averi. Non si dimenticasse che tutta la costa occidentale dell'Istria è italiana e che la maniera con cui gli jugoslavi trattano gli italiani della città sotto la loro occupazione non ci incoraggiava certo a lasciare altri forti nuclei italiani sotto la sovranità jugoslava.

Couve mi ha chiesto se quanto noi dicevamo sulle «atrocità jugoslave» era esatto. Gli ho risposto che se anche c'era qualche esagerazione, sostanzialmente avevo l'impressione che una gran parte fosse vera. Poteva restare solo il dubbio se e fino a che punto gli italiani di queste città erano perseguitati perchè italiani o perchè borghesi o per tutte due le ragioni insieme.

l Trasmesso con Telespr. 76/29 del. di Casardi del 5 dicembre. Un accenno a questo colloquio si trova nel T. s.n.d. 20577/105-106 del. di Tarchiani in pari data.

2 Vedi DD. 577 e 578.

3 Vedi D. 497.

Couve mi ha chiesto se un invito da parte dei Quattro ai Governi italiano e jugoslavo ad accettare una linea di frontiera all'incirca sulle proposte Berard avrebbe potuto facilitare il Governo italiano di fronte alla sua opinione pubblica. Gli ho detto che a mio avviso un passo di questo genere avrebbe solo peggiorato la situazione interna italiana. Già oggi era secondo me più che dubbio se l'Assemblea costituente avrebbe ratificato il trattato sulla base della linea francese. Se però ci fossero stati delle ulteriori riduzioni della linea francese era certo che l'Assemblea costituente non avrebbe ratificato il trattato. Ci sarebbe poi stata un'ondata di ostilità nell'opinione pubblica italiana contro gli americani che tanto ci avevano promesso e contro i francesi per questa loro passione di trovare dei compromessi fra le due parti contendenti a spese nostre. Gli ho chiesto se i Quattro stessero discutendo un passo di questo genere. Mi ha detto di no aggiungendomi però che col tempo a qualche cosa di simile si sarebbe potuti arrivare. Egli era certo che gli jugoslavi non avrebbero firmato il trattato, con molta seccatura dei russi; tutti quanti si stavano convincendo gradatamente che il Territorio Libero non solo non era vitale, ma sarebbe stato una fonte inesauribile di seccature, quindi ad una conclusione nel senso di un passo dei Quattro si sarebbe probabilmente col tempo finiti per arrivare.

Ho detto poi a Couve che si era rimasti molto sorpresi per l'atteggiamento assunto da lui sulla questione delle vedette. Non vedevo in che il fatto che l'Italia potesse possedère qualche vedetta potesse ledere la sicurezza francese, anche ammesso che la sicurezza francese nei riguardi dell'Italia si debba trovare nel disarmo italiano.

Couve mi ha spiegato che il nocciolo della questione delle vedette consisteva nel fatto che la Russia aveva ceduto alla Bulgaria un certo numero di vedette e voleva quindi le fossero mantenute per non doversele riprendere. L'Inghilterra sosteneva invece che le vedette le dovessero avere o tutti o nessuno. «La delegazione francese -ha detto Couve -ha dovuto prendere, per ragioni che lei comprende, una posizione de agacement; per questo si era impuntata sullo scambio Italia e Bulgaria e sulla necessità che ci fossero differenze tra trattato e trattato». A richiesta di precisazione mi ha accennato ai trattati tedesco e giapponese. Gli ho detto che non intendevo guastare la posizione polemica assunta dalla delegazione francese ma che tenesse presente però che l'opinione pubblica italiana di fronte ai dibattiti del C.F.M. sarebbe arrivata alla conclusione semplicista che era la Francia che si opponeva a che l'Italia avesse qualche vedetta. La storia del disarmo tedesco dopo l'altra guerra era una lezione sufficiente per dimostrare cosa valgono le clausole del disarmo. Non vedevo quindi l'utilità pratica della questione ai fini francesi. La Francia avrebbe potuto benissimo difendere la sua posizione di fronte ai trattati tedesco e giapponese senza per questo prendersela con la Marina italiana. Couve mi ha detto che capiva il punto e mi ha promesso che avrebbe modificato il suo atteggiamento in proposito.

Gli ho poi parlato della posizione assunta dalla Francia per la questione delle restituzioni. Alla sua osservazione che si trattava di pagamenti, in lire, gli ho detto che quale che fosse la forma dei pagamenti tutto veniva a cadere sulle spalle del bilancio italiano. Ora era bene che i francesi e gli altri tenessero presente che se si contentavano di richieste ragionevoli avrebbero potuto ottenere qualche cosa, se domandavano troppo avrebbero finito per avere niente. Secondo lui la posizione ieri era la seguente: gli americani difendevano ancora debolmente il 25(Yc,, i russi erano arrivati al 50%, gli inglesi al 60% ed i francesi insistevano sul 75%.

Gli ho chiesto se secondo lui la Francia anche su questa questione aveva un interesse a mostrarsi di fronte all'opinione pubblica italiana come il «bad boy» della situazione. Tanto poi, quale che fossero le stipulazioni del trattato, all'atto pratico saremmo dovuti arrivare, nell'interesse reciproco, ad una soluzione di compromesso; tanto valeva mostrarsi più concilianti in sede di trattative. Co uve mi ha obiettato la situazione difficile in cui si trova il Governo francese di fronte alla sua opinione pubblica. Per vie diverse dalle nostre, ma non meno efficaci del trattato di pace, gli inglesi e gli americani e gli altri stavano insistendo perchè la Francia riparasse al 100% il danno subito dai loro interessi in Francia: viceversa poi quando si trattava degli interessi francesi in Italia li invitavano a contentarsi del 50% . Gli ho obiettato che in Italia si trovava egualmente strano che ci si chiedesse di riparare danni ed interessi stranieri fatti in Italia dall'aviazione alleata e per la maggior parte in un momento in cui l'Italia si trovava già dall'altra parte.

Mentre Couve mi ha detto che all'atto pratico avremmo trovato una soluzione soddisfacente di compromesso per questa come per altre questioni del genere derivanti dal trattato di pace, non mi ha dato nessuna speranza circa la possibilità di un mutamento dell'atteggiamento francese. Si è limitato a dirmi che ci avrebbe pensato.

La conversazione ha avuto termine alle ore 12,30.

580

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

T. 18449/972 1• Roma, 5 dicembre 1946, ore 23,50.

Tarchiani telegrafa 2 causa intransigenza francese esiste pericolo che Conferenza pace elevi da 25 per cento come proposto da America e Russia a 60 per cento indennizzo dovuto per danni subiti da cittadini Nazioni Unite in Italia. Ricordasi che durante lavori Parigi Conferenza Ventuno delegazione francese riuscì strappare indennizzo 75 per cento. Non essendosi raggiunta maggioranza qualificata questione torna ora davanti Conferenza Washington e minaccia nuovamente concludersi sfavorevolmente causa atteggiamento francese. Pregola intervenire urgenza presso codesto Governo facendo rilevare dolorosa impressione siffatto atteggiamento tanto più che altri Paesi ad esempio Stati Uniti aventi interessi più cospicui mostransi più generosi e notevole aumento somme assegnate Jugoslavia e Grecia aggrava ancor più gravissima situazione finanziaria nostro Paese. Devesi osservare che eventuale decisione sfavorevole per articolo 68 aggiungendosi dolorosa impressione

I Trasmesso in pari data anche alle ambasciate a Washington (T. 18448/838) e Londra (T. 18450n69). Per Carandini Nenni aggiunse le seguenti particolari istruzioni: «Pregola intervenire urgentemente presso codesto Governo facendo rilevare quanto sarebbe da noi apprezzato atteggiamento fa'(orevole delegazione inglese che, unendosi eguale atteggiamento delegazione americana e sovietica, determinerebbe certamente soluzione compromesso meno gravosa. Prego riferire esito passo che è urgentissimo». Si omise invece di trasmetterlo alla delegazione a New York come riscontro al telegramma di Tarchiani.

2 T. s.n.d. 20522/99 del. in data 4 dicembre, non pubblicato.

aumento cifre fisse potrà avere effetti psicologici e finanziari fortemente sfavorevoli. Faccia rilevare codesto Governo suo atteggiamento confrontato con quello altre grandi Potenze appare ostile e anche pregiudizievole intesa itala-francese da noi vivamente auspicata. Prego telegrafare esito passo che è urgentissimo 1•

581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE QUARONI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18482/38 DEL. Roma, 6 dicembre 1946, ore 17,15.

Durante il Consiglio dei ministri di ieri ho portato la discussione sulla proposta avanzata da codesta delegazione jugoslava di inviare a Belgrado un inviato straordinario italiano. Il Consiglio dei ministri si è dichiarato d'accordo sull'opportunità di tale invio.

È però opportuno che ella chiarisca col ministro Simic che l'invio di un rappresentante straordinario italiano a Belgrado è interpretato da parte nostra come il primo atto della ripresa di normali reciproche relazioni diplomatiche. Ciò significa pertanto che noi procederemo, immediatamente dopo, alla nomina di un nostro rappresentante in Jugoslavia mentre il Governo di Belgrado nominerà un suo rappresentante in Italia.

Al nostro inviato straordinario sarà dato l'incarico di sondare la possibilità di giungere ad un accordo per la ripresa delle relazioni commerciali e per la protezione delle minoranze. Circa la persona alla quale affidare tale incarico, ho scelto l'on. Ferruccio Parri già presidente del Consiglio dei ministri, il quale, in linea di principio, ha accettato il mandato. Tuttavia prima di portare questa decisione sul piano della pratica realizzazione, ritengo opportuno attendere che ella ritorni a Roma per avere verbalmente un ulteriore rapporto sulle sue conversazioni di New York 2 .

582

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20629/550. Vienna, 6 dicembre 1946, ore 23 (per. ore 13,30 del 7).

In intervista concessa ieri a corrispondente United Press, di cui trasmetto a parte testo 3 , presidente Renner ha così risposto a domanda rivoltagli circa eventuali richieste austriache di modificazioni territoriali in occasione conclusione trattato

I Con T. 20671/1436 del 7 dicembre Benzoni rispose di aver parlato con Couve il quale, preso nota dei desideri italiani, aveva osservato che «la presa di posizione americana e sovietica ( ...) non sarebbe confermata dalle informazioni fornite dalla delegazione francese a New York».

2 Per la risposta vedi D. 584.

3 Non pubblicato.

con Potenze alleate: «Austria non pretende modificazione suoi confini. Richiesta di riannessione Tirolo meridionale non può essere considerata come rivendicazione territoriale. Si trattava, ripetesi trattava, piuttosto di desiderio stessi sudtirolesi veder riparata ingiustizia subita nel 1919. Mantenimento integrità del territorio austriaco del 1937 è considerata da Austria come suo diritto indiscusso)).

583

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20689/107 DEL. New York, 6 dicembre 1946 (per. ore 14,30 dell'B) 1 .

In seduta ieri raggiunto accordo su massima parte statuto Trieste compresa clausola per cui Territorio Libero potrà essere rappresentato in organizzazioni internazionali quali U.N.E.S.C.O. nonchè su principio Territorio Libero potrà fungere Agenzia marittima per Marina mercantile Austria Cecoslovacchia Ungheria e Svizzera. Per riparazioni accettato compromesso francese per cui Italia dovrebbe pagare 125 milioni dollari a Jugoslavia, 105 a Grecia, 25 a Etiopia e 5 Albania. Compromesso dovuto ad irremovibile resistenza Molotov per concessione riparazioni ad Albania. Byrnes ripetutamente oppostosi aumento riparazioni Italia ha infine dopo adesione altri tre ministri dichiarato accedere sia pure malincuore onde non intralciare lavori avviati conclusione.

Accolto altro compromesso francese su questione compensazione danni proprietà Alleati Italia fissata 66 due terzi per cento. Raggiunta infine decisione che proibisce motosiluranti per tutti Stati ex nemici.

584

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20681/108-109 DEL. New York, 7 dicembre 1946, ore 1B,JO (per. ore 9 dell'B).

Suo 38 2 .

Ho portato la decisione del Consiglio dei ministri a conoscenza di Bebler informandolo che è stato deciso in linea di principio che la nostra delegazione sarà diretta da Parri. La personalità di quest'ultimo è stata accolta con grande soddisfazione. Ho aggiunto che doveva naturalmente essere considerato come inteso che la nostra delegazione avrebbe goduto in pieno dell'immunità diplomatica e del diritto

l Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 Vedi D. 581.

di corrispondere in cifra e di inviare corrieri. Bebler mi ha risposto che ciò andava da sé. Egli mi ha poi promesso che avrebbe telegrafato al suo Governo per la ripresa, in qualche forma, dei rapporti diplomatici, dopo l'invio della delegazione, avvertendomi però che non poteva assicurarmi una pronta risposta, le comunicazioni telegrafiche col suo Governo essendo lente.

Abbiamo convenuto che lunedì venturo ci incontreremo nuovamente per uno scambio di idee del tutto personale sulla questione della protezione delle minoranze e del trattato di commercio, ciò al solo scopo di avere una base per preparare il lavoro della delegazione.

Bebler non mi ha nascosto che la Jugoslavia è molto interessata alla stipulazione di un accordo commerciale con l'Italia. Da parte mia non ho, di proposito, abbordato le questioni di carattere territoriale. Bebler si è limitato a chiedermi:

l) quale era il mio pensiero circa la proposta jugoslava agli inglesi (vedi telegramma di questa delegazione n. 102) 1• Gli ho risposto a titolo personale che la consideravo ancora fuori dalla realtà.

2) Se pensavo possibile arrivare ad una soluzione della questione della frontiera prima che il Consiglio dei ministri degli esteri si riunisse nuovamente. Gli ho risposto che non ritenevo che delegazione potesse partire per Belgrado prima dei primi di gennaio e che dipendeva soprattutto da intenzioni del Governo di Belgrado la possibilità di rapide trattative 2•

585

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20684/110 DEL. New York, 7 dicembre 1946, ore 18,30 (per. ore 12 dell'B).

Con eccezione questione distribuzione eccedenza flotta italiana discussa ampiamente ieri e su cui deve ancora raggiungersi accordo ministri hanno praticamente concluso ieri lavori relativi trattati. A supplenti è stato affidato compito relazione definitiva trattati che dovrebbe durare da un mese a sei settimane. Supplenti avranno inoltre istruzioni studiare creazione Territorio Libero Trieste con Nazioni Unite cui sono state ieri ufficialmente comunicate decisioni Consiglio relative Territorio stesso nonchè richiesta per fondi necessari assegno governatore e spese amministrazione primi sei mesi. Detta comunicazione non contiene accenno a questione pareggio bilancio Territorio Libero sulla quale non è stato ancora raggiunto accordo. Consiglio ha infine deciso che firma trattati dovrebbe avvenire tra lo e 15 febbraio in luogo prescelto per prossima riunione ministri o a Parigi se detta data Consiglio non sarà riunito.

I Vedi D. 577, nota 2. 2 Per la risposta vedi D. 589.

586

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE TARCHIANI CON L'ASSISTENTE SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, DUNN

APPUNT0 1 . New York, 7 dicembre 1946.

Ho parlato con Dunn delle decisioni del Consiglio dei ministri di ieri 2 e della continuazione delle trattative a Belgrado.

Dunn mi ha detto subito che dovrebbero concludersi, eventualmente, prima del febbraio per poter avere una influenza diretta e decisiva sul trattato, che dovrebbe essere firmato fra il lo e il 15 di febbraio dai Quattro e dagli altri diciassette Stati, e dagli ex nemici. Se in quel periodo vi sarà Conferenza dei ministri degli esteri, la firma avverrà nella sede di quella conferenza (per esempio Londra o Parigi, o Ginevra). Se come è molto probabile, la Conferenza dei quattro ministri sarà tenuta a Mosca, dove molti Stati non hanno rappresentanti, la firma avrà luogo a Parigi.

Dunn mi ha detto che gli jugoslavi continuano ad agitarsi perchè si adotti una soluzione per Trieste diversa da quella del Territorio Libero. Ieri Molotov ha parlato a Byrnes per indurlo a rivedere il suo atteggiamento e consentire miglioramenti territoriali a Gorizia e nella Zona B in favore degli jugoslavi (sempre grosso modo, progetto Berard, telegramma 30) 3 . Byrnes ha risposto che per suo conto non ammetteva ulteriori discussioni in seno ai Quattro. Italiani e jugoslavi potevano accordarsi su formule diverse da quelle adottate dalla Conferenza e sottoporle poi ai quattro ministri che le avrebbero esaminate; intendeva che quello che era stato deciso sussistesse e servisse eventualmente di base per le trattative dirette itala-jugoslave.

Dunn ha aggiunto: «Gli jugoslavi insistono per Gorizia. Forse potreste venire loro incontro salvando la città, con una spontanea offerta di aumentare lievemente le riparazioni». Pareva credere, o sapere, che un tale argomento potrebbe avere una presa sul Governo di Belgrado.

Gli ho fatto osservare che le riparazioni erano già molto·gravose per noi, che dovendo chiedere aiuti e crediti agli Stati Uniti, per la nostra conservazione e ricostruzione, poteva sembrare strano offrissimo altri compensi finanziari alla Jugoslavia. In ogni modo la cosa era da studiare, specialmente se gli Stati Uniti non la trovassero «shocking».

Dunn ha detto di non potermi dare subito una impressione. In ogni modo ha ripetuto che gli jugoslavi sono ansiosi di modificare il trattato, e noi possiamo trovare un favorevole terreno di negoziato su quanto è ormai acquisito, compresa Gorizia.

Gli ho domandato che cosa significasse il rinvio della divisione dell'eccedenza della flotta italiana tra i Tre. Mi ha detto che tutto è fissato meno l'assegnazione delle tre corazzate, la Russia chiedendo !'«Italia» o la «Vittorio Veneto», e gli Alleati volendole dare soltanto la vecchia «Giulio Cesare» (il comandante Giuriati,

1 Trasmesso con Telespr. 84/36 del. di Casardi del 7 dicembre. Una sintesi di questo colloquio veniva telegrafata da Tarchiani in pari data (T. s.n.d. 20685/111 del.). Per la risposta vedi D. 588.

2 Vedi D. 581.

3 Vedi D. 497.

che ha avuto contemporaneamente un colloquio col comandante americano Pryce,

riferisce a parte sui particolari). La questione sarà regolata con una speciale con

venzione dopo la firma del trattato. Gli anglo-americani continuano ad affermare

di essere decisi a non concedere una delle due grandi navi moderne (in loro posses

so) alla Russia. Dunn ha ripetuto che gli Stati Uniti, e probabilmente l'Inghilterra,

non reclameranno la consegna effettiva del naviglio che potrà essere assegnato loro.

Alla fine della settimana prossima (verso il 18) Dunn lascerà a Reber il posto e la funzione nella Commissione dei supplenti e prenderà un breve riposo. Il 16 gennaio, non essendovi un vapore conveniente prima, salperà per la Francia con !'«America». Verrà da Parigi a Roma in treno, e vi giungerà verso il 23-24 gennaio per prendere la direzione dell'ambasciata.

587

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. URGENTE 20725/113 DEL. New York, 9 dicembre 1946, ore 19,30 (per. ore 7, 30 del 10).

Mio telespresso 3266 del 22 novembre e lettera 3277 del 24 affidata ambasciatore Carandini 1•

Dunn comunicatomi stamane che Byrnes, informato dal Dipartimento di Stato possibilità viaggio De Gasperi a Cleveland per 9-11 gennaio, ha voluto prevenire quel comitato locale invitando presidente Consiglio a Washington come ospite Governo americano per i giorni precedenti tale data (tra 3 e 8 gennaio) per avere con lui scambio idee su relazioni Italia-Stati Uniti e linee essenziali sistema scambi e cooperazione economica tra i due Paesi. Byrnes desidera sottolineare che trattasi utile presa contatto nel periodo che precede normale assestamento post-bellico in vista accordi tecnici ulteriori.

Invito perverrà probabilmente domani codesto ministero per mezzo incaricato affari americano 2• Mossa Byrnes dimostra grande interessamento Stati Uniti per Italia. Data ristrettezza tempo prego comunicarmi al più presto decisione 3 .

l Vedi D. 540.

2 L'invito fu trasmesso dall'incaricato d'affari Key il 12 dicembre lasciando copia del seguente dispaccio di Byrnes (edito in Foreign Relations of the United States, 1947, vol. III, The British Commonwealth; Europe, Washington, United States Government Printing Office, 1972, p. 835): «As the fina! work in connection with the treaty of peace with Italy draws to a dose and arrangements for the signing of the treaty are being made it would seem to be of great value to have a discussion with Mr. De Gasperi on matters of mutuai interest to our two governments. Would you, therefore, extend an invitation on the part of the Government of the United States to Mr. De Gasperi as Prime Minister of Italy to come to Washington in the early part of January with a view to discussing the renewal of norma! commerciai relations between ltaly and the United States and also other relevant matters of interest to the two countries. Y ou might tell M r. De Gasperi that I would be most happy if he could find his way to accept this invitation. Please also say that if Mr. De Gasperi can accept, I would suggest that any announcement to the effect be delayed unti! we have worked out a time when there could be simultaneous announcement of his acceptance both in Washington and Rome».

3 Per la risposta vedi D. 595.

588.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18628/39 DEL. Roma, 10 dicembre 1946, ore 16.

Vostro telegramma 111 1 .

È necessario che V.S. tenga presente che punto di partenza per prossime conversazioni itala-jugoslave sarà dalle decisioni prese dai Quattro e che, in ogni caso, sarebbe dannoso che codesti ambienti ritenessero fin d'ora che tali conversazioni siano orientate verso soluzioni sempre più lesive dei nostri interessi. Non potrebbe pertanto non preoccuparci il suggerimento dato da Dunn -a carattere personale-se da esso dovessimo trarre la conseguenza che Stati Uniti tendono a spingere l'Italia verso ulteriori concessioni di qualsiasi natura. V.E. vorrà pertanto reagire -come ha già fatto -contro un possibile concretarsi di tale tendenza 2 .

589

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE QUARONI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18635/40 DEL. Roma, IO dicembre 1946, ore 16,45.

Vostri telegrammi l 08 e l 09 3 .

Prendo atto di quanto comunicato da V.S. circa la personalità designata e le prerogative della delegazione che dovrà recarsi a Belgrado. Resto pertanto in attesa di conoscere quale risposta darà Governo jugoslavo circa ripresa relazioni diplomatiche tra Italia e Jugoslavia. Dica a Bebler che ove l'invio di un rappresentante straordinario italiano non dovesse essere immediatamente seguito dalla ripresa di normali rapporti diplomatici, i rapporti fra i due Paesi non potrebbero che aggravarsi. Jugoslavia è il solo Paese che non abbia ripreso relazioni diplomatiche con Italia. Faccia sapere a delegazione jugoslava che continuano pervenirmi inquietanti informazioni circa arresti operati in Istria. Secondo segnalazioni pervenutemi in data 5 corrente certo Carlo Giovannelli sarebbe stato arrestato a Rovigno e si sarebbe poi impiccato in cella. Luigi Basilisco pure di Rovigno sarebbe impazzito. Mi viene affermato che l'esodo della popolazione è stato vietato dalle autorità jugoslave che impediscono anche il trasporto di soli indumenti.

Per quanto riguarda l'ultima parte dei telegrammi in riferimento e mentre le confermo le mie istruzioni di cui ai telegrammi 21 e 264 , concordo con i termini della sua risposta 5 .

l Vedi D. 586, nota l. 2 Per la risposta vedi D. 591. 3 Vedi D. 584. 4 Vedi DD. 531 e 555. 5 Per la risposta vedi D. 594.

590

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20774/114 DEL. New York, IO dicembre 1946, ore 17,11 (per. ore 6 dell'l 1).

Dunn confermatomi oggi che nonostante fissazione Conferenza Mosca IO marzo, firma del trattato Italia avverrà tra lo e 15 febbraio probabilmente a Parigi. Se jugoslavi non firmassero o non avessero concordato altra soluzione soddisfacente con noi, U.S.A. riterrebbero Russia responsabile mancata firma e metterebbero in discussione per via diplomatica opportunità propria partecipazione Conferenza Mosca per faticose riunioni e decisioni che sono poi tenute in iscacco da satelliti U.R.S.S. Sensazione americani è perciò che jugoslavi firmeranno dopo previste resistenze.

591

LA DELEGAZIONE A NEW YORK AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20863/116 DEL. New York, IO dicembre 1946, ore 22,33 (per. ore 13,30 dell'l 1).

Riferimento telegramma di codesto ministero n. 39 1 . Si comunica che, anche in conversazione odierna con Dunn, gli ambasciatori Quaroni e Tarchiani hanno ripetuto che sono inaccettabili le modificazioni che finora sono state offerte dagli jugoslavi. In tutti nostri telegrammi segnalato debolezza posizione jugoslava e raccomandato nostro irrigidimento. Però resta sempre la possibilità, nonostante contraria impressione americana, che gli jugoslavi non firmino creando situazione i cui sviluppi sono oggi difficili da prevedere. Mentre noi manteniamo fermo qui tutto quanto acquisito con trattato, non ci nascondiamo che i negoziati Belgrado non possono avere che due alternative: o linea francese con Territorio Libero (già dichiarata inaccettabile da jugoslavi) o annessione Territorio Libero all'Italia con qualche necessario e minimo possibile compenso da parte nostra. L'idea di Duno limitare compenso a lieve aumento riparazioni non ci sembra che abbia probabilità di essere accolta dagli jugoslavi. Da quel che si può intendere qui gli jugoslavi non si accontenterebbero di meno del piano Berard (vedere telegramma n. 30)2 .

l Vedi D. 588. 2 Vedi D. 497.

592

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

T. 18668n9. Roma, IO dicembre 1946, ore 23,30.

Facendo seguito te1espresso 25 novembre n. 15921 confermo intendimento Governo italiano affrettare ratifica accordo Parigi. Avuto riguardo necessità correggere sede applicazione alcuni inconvenienti messi rilievo sarebbe desiderabile ratifica coincidesse con pubblicazione accordo esecutivo da negoziare. Pertanto Governo italiano sarebbe grato codesto Governo inviasse appena possibile delegazione per negoziazione convenzione esecutiva prevista accordo Parigi assicurando sue migliori disposizioni onde giungere proficue amichevoli intese su terreno pratico e sollecita ratifica accordo predetto.

Prego telegrafarmi esito passo vossignoria 2 .

593

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. RISERVATISSIMO 2896. Sofia, IO dicembre 1946 (per. 1'8 gennaio 1947).

Al termine della mia missione in Bulgaria 3 ritengo mio dovere di riferire sulla situazione determinatasi in questo Paese attraverso gli storici avvenimenti cui ho assistito.

Di fatto, ciò che ho l'onore di esporre non sarà che un riassunto-che cercherò di contenere in termini quanto più brevi è possibile-degli elementi che sono venuto man mano sottoponendo al Ministero degli affari esteri nel corso della mia missione. Ma «fare il punto» della situazione odierna in Bulgaria e della situazione in questa zona, quale può essere osservata dalla Bulgaria, mi sembra di tanto maggiore interesse in quanto è evidente che le correnti e le forze che oggi qui si incrociano, e quasi sempre si contrastano, fanno parte di un giuoco che di gran lunga sorpassa le semplici cose locali, e che profondamente interessa anche il nostro Paese.

La situazione interna ed esterna bulgara ha subito un mutamento sostanziale nell'immediato dopoguerra al pari di tutti gli altri paesi vinti, o «ex satelliti della Germania», o «ex fascisti», come variamente sono chiamati nella penisola balcanica. In molti modi tale mutamento è ancora più evidente in Bulgaria. La Bulgaria uscì dalla guerra non troppo malconcia, ed anzi, in condizioni assai migliori che molti altri Paesi belligeranti. Come è noto fu occupata, o si lasciò occupare, dai tedeschi nei primi mesi del 1941, aderì al Tripartito e finì col dichiarare guerra ai nemici della Germania. Compì persino la mossa spavalda, inutile e leggermente ridicola di dichiarare guerra anche agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. Non la dichiarò

I Vedi D. 542. 2 Vedi D. 632, nota l. 3 Era iniziata il 27 giugno 1943, vedi serie nona, vol. X, D. 470.

invece mai all'U.R.S.S. Fu la Russia -fra tutti -a dichiararle la guerra il 6 settembre 1944 quando le sue armate vittoriose già si attestavano al Danubio. Oggi il Governo dell'O.F. ama dire che fu esso a chiedere subito l'armistizio e a dichiarare guerra alla Germania. La cronistoria -per l'esattezza storica -è un'altra. Fu il breve Governo Muravieff, travolto dal colpo di Stato del 9 settembre, a chiedere l'armistizio da una parte e a rompere le relazioni diplomatiche dall'altra. Da un punto di vista formale fu una cosa che ha pochi precedenti. Il Consiglio dei ministri, che sedeva in permanenza, non attese di ricevere ufficialmente la dichiarazione di guerra. Appena uditane la notizia alla radio domandò all'incaricato d'affari dell'U.R.S.S. in Sofia l'armistizio. Ma l'incaricato d'affari lasciò immediatamente Sofia, e l'U.R.S.S. respinse la domanda e dichiarò guerra alla Bulgaria. Del resto anche il Governo precedente -presidente del Consiglio Bagrianoff -aveva già tentato l'armistizio ma chiedendolo agli inglesi. Aveva infatti inviato al Cairo a tale scopo Stoicho Muschanoff. Andò è tornò due volte. Gli inglesi nulla vollero concludere. Ciò avvenne probabilmente in relazione agli accordi di Teheran.

La guerra non fu mai combattuta. Le armate russe varcarono il Danubio, accolte con grande entusiasmo dal nuovo Governo e da quella stessa popolazione che aveva così trionfalmente acclamato i tedeschi non molto tempo addietro. Ciò dette modo alla Russia di essere tra i firmatari, anzi la firmataria principale, dell'accordo di armistizio. L'esercito bulgaro non aveva combattuto su alcun fronte. Aveva però occupato territori in Grecia ed in Jugoslavia -praticamente la Tracia occidentale, la Macedonia e quasi tutta la Serbia sino a pochi chilometri a sud di Belgrado. Così il Comando germanico poté disimpegnare un certo numero di divisioni per altri settori. Questo è un fatto che i bulgari non amano oggi ricordare, ma non ricordarlo non lo cambia. Come danni di guerra la Bulgaria non ebbe che i bombardamenti indubbiamente severi di Sofia -la parte centrale della città fu praticamente distrutta -ed i bombardamenti di qualche altro centro minore. Ebbe l'occupazione, con numero vario nel tempo, di comandi e di unità delle forze armate tedesche. La Germania non ebbe però mai bisogno di tenere qui grandi forze. Specie dopo la morte di re Boris, aveva in Bulgaria un uomo a lei completamente asservito, Filoff. Probabilmente anche a causa delle circostanze in cui il re morì -circostanze più che misteriose -Filoff fu completamente in mano ai tedeschi che attraverso di lui dominavano il Paese come volevano. Il colpo di Stato in Bulgaria avvenne, come è noto, la notte fra 1'8 ed il 9 settembre 1944 mentre la sorte delle armi tedesche era già in rapido declino. I tedeschi tuttavia occupavano ancora di fatto la maggior parte della penisola balcanica, per quanto già avessero iniziato la ritirata. Il colpo di Stato fu fulmineo, ed al principio assolutamente incruento. Ero io stesso a Sofia il mattino del 9 settembre, per quanto fossi ancora tecnicamente internato a Varchetz. Ma il Governo Muravieff aveva ormai allentato la stretta sul personale fedele della legazione. Il mattino -tranne alcuni carri armati ed alcune mitragliatrici davanti al Ministero della guerra, sede del nuovo Governo-Sofia presentava un aspetto normale. Soltanto verso le 13 cominciarono a circolare le prime guardie rosse, e si iniziò la distribuzione indiscriminata di armi alla popolazione. Gli autori del colpo di Stato furono alcuni uomini del Partito zveno, specialisti in tal genere di cose. Gli zvenari sono un partito locale che non ha praticamente seguito nelle masse. È composto di cosidetti intellettuali e di ufficiali dell'esercito. Furono sempre dei malcontenti piuttosto isolati, dediti alle classiche cospirazioni in ogni Paese balcanico. Non hanno un programma ben definito tranne che in politica estera sono federalisti, naturalmente con la Jugoslavia. Formarono il nuovo Governo con altri tre partiti che si proclamavano anch'essi genericamente

«antifascisti», e cioè gli agrari, i comunisti ed i socialisti. Il Partito agrario aveva, e nonostante tutte le affermazioni in contrario ha tuttora, la massa più vasta di aderenti. Ma sin dal principio, e ad occupazione russa avvenuta, il Partito comunista ebbe la prevalenza assoluta nel Governo. Le armate russe, varcato il Danubio, affrontarono i tedeschi che, costretti ad uscire dal territorio della vecchia Bulgaria, la minacciavano ora con puntate offensive sul confine occidentale. Giunsero fino ad una sessantina di chilometri da Sofia. La capitale non fu mai tuttavia seriamente minacciata. I tedeschi intendevano soltanto di tenere aperto il loro corridoio di ritirata. L'esercito bulgaro rimasto praticamente intatto, ma con dislocazioni ormai pericolose, specie in Jugoslavia, fu sganciato come possibile e riorganizzato in fasi che si sovrapponevano, e le prime unità agli ordini del comando sovietico furono impegnate dapprima nella battaglia ad occidente. In seguito un Corpo di spedizione comandato dal generale Stoiceff, agli ordini del comando sovietico, partecipò alla campagna contro i tedeschi nel nord, penetrando dalla Jugoslavia sino in Ungheria. La Bulgaria cerca ora di far valere al massimo questa sua collaborazione bellica con la Russia, facendosene forte sul nuovo fronte di battaglia del suo trattato di pace. In realtà nove o dieci divisioni combatterono sul fronte occidentale dal 9 al 20 settembre 1944, e la Prima Armata del generale Stoiceff, ricostituita su sei divisioni -da cento a centoventi mila uomini operò sul fronte nord dal 21 settembre 1944 al 28 maggio 1945. Le perdite subite nei due periodi furono le seguenti: 6679 morti, e 20964 feriti. Questi dati sono di fonte bulgara, la sola disponibile. Un particolare storico di qualche importanza anche se a pochi conosciuto è che nell'ambizioso sogno bulgaro l'intatto esercito avrebbe dovuto invece servire ad occupare senz'altro la Tracia occidentale e tutto era già disposto in tal senso. Ma l'U.R.S.S. avvertì che ciò avrebbe condotto a complicazioni non desiderabili con i suoi alleati, e la Prima Armata fu diretta al nord. Il 9 settembre 1944 trovò quindi la Bulgaria quasi intatta nel suo esercito, nei suoi centri di produzione, nella sua economia, nelle sue vie di comunicazione. Doveva tuttavia immediatamente restringersi ai suoi vecchi confini, tranne la Dobrugia meridionale che tuttora le rimane. Probabilmente finché non sorgano fatti nuovi, poco importa alla Russia che la Dobrugia meridionale continui a rimanere bulgara o ritorni romena; è sempre nella sua zona di occupazione. Ma per la Bulgaria il perenne sogno della grande espansione e dello sbocco al mare, realizzato per un attimo senza colpo ferire, profittando del tormento di tutti gli altri, tramontava. Nessun bulgaro vi ha ancora, in verità, rinunciato. Ma sinora l'evidente protezione della gran madre slava, per la seconda volta «liberatrice» nel giro di tre quarti di secolo, non é riuscita a farlo risorgere.

Neppure l'attività partigiana, di cui la nuova Bulgaria leva così alto ed assiduo vanto, aveva recato danni di sorta nel territorio. Vi furono certamente dei partigiani anche qui. Da quello che si sà da tre a quattro mila. Ma mentre la lotta cetnico-partigiana metteva a ferro e fuoco la Jugoslavia 1 , causava perdite continue ai tedeschi occupanti, ed arrivava in un dato momento a respingerE, in vere e proprie battaglie fin sotto Belgrado, che quasi conquistava, in Bulgaria i cosiddetti partigiani non fecero saltare né un treno né un ponte. Era gente che non si sentiva sicura a casa sua e che si rifugiava sulle montagne. È un fenomeno che si ripete oggi

1 Nota del documento : «È di qualche interesse storico ricordare che il prevalere dei partigiani ai cetnici nell'ultima fase della lotta antitedesca in Jugoslavia fu in massima parte dovuto agli stessi tedeschi. Con caratteristica aberrazione politico-militare, il Comando militare tedesco in Serbia combatté ferocemente i cetnici che sempre considerò il nemico numero uno, mentre quasi trascurò nelle prime fasi i partigiani, seppure in qualche occasione non li aiutò, fomentando l'odio tra essi ed i cetnici».

nell'altro campo. I loro colpi di mano erano contro villaggi isolati per procurarsi da mangiare. I soli che combatterono veramente furono quelli che nell'ultima fase passarono il confine per combattere con le formazioni di Tito. Furono un numero esiguo. In Bulgaria i rari combattimenti furono solo quelli provocati dalle retate contro di loro. Non furono frequenti neppure queste, ma le repressioni si rivelarono feroci, come feroci, quando possibile, le rappresaglie. Eravamo internati in zone di partigiani, Kostenez e Varchetz. Abbiamo saputo quello che succedeva. Il nuovo Governo si proclamò «Fronte patriottico», e più brevemente, dalle iniziali delle due parole bulgare, O.F. Volle cambiare tutto, e volle farlo senza indugi. Il movimento che dapprima era stato incruento, divenne rapidamente uno dei più sanguinosi che la storia ricordi -fatte le debite proporzioni -probabilmente anche nella cerchia specializzata dei Balcani. È appena il caso di ricordare i famosi processi del Tribunale del popolo di Sofia. Essi condannarono 11.667 persone, delle quali

2.850 a morte, 1.366 all'ergastolo, 4.652 a pene varie (dati ufficiali bulgari). Le sentenze erano senza appello. Vi erano soltanto avvocati d'ufficio. Gli accusati erano divisi in categorie. Dapprima gli uomini politici, i reggenti, tra cui il principe Cirillo e Filoff, tutti i presidenti del Consiglio, tutti i ministri e tutti i deputati dei passati regimi considerati «fascisti» o filonazisti. Poi i professionisti, tra cui i giornalisti. Poi gli uomini delle banche, dell'industria, del commercio. Le esecuzioni senza remissione, il modo oscuro in cui furono compiute, i particolari che circolarono di esse, sollevarono una tale ondata di orrore all'interno e all'estero, che negli ultimi processi le sentenze non furono più esclusivamente alla pena capitale, ed infine i processi repentinamente cessarono. I beni dei condannati vennero confiscati, le loro famiglie sono ancora oggi internate. Non è senza interesse un ricorso storico che ci riporta ai tribunali del popolo del periodo del Terrore della Rivoluzione francese. Anche qui gli accusatori del popolo, artefici supremi dei processi, finirono in massima parte a loro volta sul banco degli accusati. Le accuse erano «di corruzione». Non cessarono invece le uc_çisioni e le scomparse illegali, specialmente in provincia. L'antica polizia era stata, diciamo, disciolta e ad essa fu sostituita una Milizia composta di comunisti e partigiani. Questa Milizia divenne ben presto onnipotente, una specie di Stato nello Stato, e controlla tutto e tutti in Bulgaria. Ha perfezionato e moltiplicato i sistemi da tempo vigenti in questo Paese di arresti fuori delle norme di legge, di lunghe detenzioni arbitrarie senza rinvio a giudizio, di interrogatori persistenti «di terzo grado». Di ciò abbiamo fonti dirette e controllate. Nel corso della mia missione ho dovuto ascoltare le deposizioni di italiani arbitrariamente arrestati dalla Milizia, che questa legazione è riuscita a salvare e rimpatriare. Vi furono casi che non poterono essere nascosti di morti repentine di detenuti politici bulgari conosciutissimi: quasi sempre si trattò ufficialmente di «suicidio». Quando vuole, la Milizia non obbedisce al Governo e neppure al Partito comunista. La sua sezione più potente e più segreta ha un capo il cui nome fa oggi tremare i bulgari, Bogdanoff. Prima che gli fossero dati così terribili poteri, era un oscuro operaio, un tipografo di una città di provincia.

Oggi la Bulgaria ha poco più di sei milioni di abitanti. Bulgari non sospetti, e osservatori stranieri di indiscussa competenza e obbiettività, concordano che dal 9 settembre ad oggi sono scomparse legalmente ed illegalmente, come cifra minima, non meno di 30 mila persone. Nei campi di concentramento vi sono circa 40 mila persone. Secondo gli stessi bulgari e gli stessi osservatori ciò significa l'eliminazione non solo dell'antica classe dirigente, ma di tutti coloro che

osano manifestare divergenza di opinioni e che sono sospetti di essere di pensiero differente, in politica, in economia o in qualsiasi altro campo da quello dei detentori del potere. Chi vuole oggi in Bulgaria entrare all'Università, ottenere impieghi, procurarsi viveri, vestiti, calzature, tutto quello che è necessario alla vita, deve avere il benestare, il salvacondotto di buona condotta politica rilasciato dalla onnipotente Milizia, previo parere del fiduciario politico nel quartiere

o nel villaggio, vagliato infine da un superiore comitato O.F. Cioè da un organo extra governativo di esclusivo ben conosciuto e determinato colore politico. Pochi riescono oggi ad uscire dalla Bulgaria. Non si può uscire senza un visto speciale della Milizia (oltre che di quello della Commissione alleata di controllo, cioè il comando sovietico) la quale rilascia anche i passaporti. Il questionario che si deve riempire per domandare un passaporto contiene non meno di trentotto domande concernenti ogni ramo dell'attività pubblica e privata del cittadino. Fra l'altro quali amici frequenta, cosa fanno e qual'è il loro indirizzo. Gli arresti a domicilio da parte della Milizia avvengono quasi sempre alle 5 del mattino. Migliaia e migliaia di cittadini passano la notte in questo Paese sotto l'incubo di quell'ora.

Fra le tante leggi emesse dall'O.F. e che formano oggetto di così aspre polemiche, ne citerò soltanto due, quella per la «Difesa dello Stato» e quelle sulla stampa. Meglio che comparate possono essere identificate con le più note e detestate leggi nazi-fasciste, con queste differenze, che sono assai più categoriche e restrittive, e che sono dirette contro altra categoria di persone.

L'economia bulgara, date le risorse del Paese, poteva essere considerata ancora cospicua verso la fine del 1944. La larga produzione di generi alimentari rendeva la Bulgaria non solo autosufficiente ma, nonostante i larghi prelevamenti tedeschi, le consentiva proficui ricambi all'estero con prodotti industriali complementari del suo fabbisogno generale. Oggi è in evidente declino. La prima ragione è certamente la intensa corrente di prodotti di ogni genere che senza posa defluisce verso la Russia. Dalle fonti competenti viene indicato che, tutto sommato, l'occupazione sovietica è costata sinora alla Bulgaria non meno di 60 miliardi di leva. Una seconda ragione è nel cerchio chiuso che si vorrebbe instaurare anche nel campo economico tra i popoli del blocco slavo e che ora presenta sintomi di sfaldamento, di cui sarebbe tuttavia prematuro fidarsi troppo. Una terza ragione è attribuita da autorevoli osservatori locali e stranieri al fatto che sono stati eliminati dalle imprese quasi tutti gli antichi dirigenti ed i tecnici, senza poterli subito sostituire con elementi idonei, sovvertendo così e distruggendo i centri di produzione e di distribuzione senza aver contrapposto una immediata efficiente organizzazione.

Tutto ciò non é avvenuto e non avviene, naturalmente, senza resistenze interne ed esterne, le prime assai più difficili com'è ovvio a manifestarsi. Il sistema escogitato dai detentori del potere per vincere le reazioni interne è caratteristico e merita di essere registrato. Le resistenze dapprima moderate, poi sempre più crescenti, si appuntarono per forza di cose da parte dei tre partiti dell'O.F. -specialmente l'agrario ed il socialista-contro il quarto che voleva il predominio, il Partito comunista. I quattro partiti avevano come di regola stipulato anche qui un patto, reso di pubblica ragione, molto preciso, molto armonioso, che faceva largamente appello al patriottismo dei bulgari. Questo accordo contemplava fra l'altro che, sia al centro come alla periferia, vi fossero comitati formati da uomini dei quattro partiti nelle proporzioni conseguenti alle forze rispettive, che in tutto il territorio prendessero in mano la cosa pubblica, finché le leggi liberamente decretate dal popolo non facessero rientrare il Paese nella normalità. Ben presto tutti i partiti -tranne il comunista ma specialmente il Partito agrario, che per le· sue masse si illudeva di dominare la situazione si trovarono di fronte a ben diversa realtà. Anche qui la delusione fu amara. Il Partito agrario aveva il maggior numero di aderenti, aveva ampie tradizioni rivoluzionarie, aveva con sé le masse. Ma non aveva né il denaro, né le armi, né una precisa organizzazione, né un programma così esattamente definito, né una così decisa volontà di conquistare il potere ad ogni costo e con ogni mezzo. Né soprattutto aveva così onnipotenti protettori. Nonostante gli accordi, al centro come alla periferia le proporzioni nei comitati non furono osservate, e assai poco contarono le voci degli agrari, dei socialisti e degli zvenari che riuscirono a farne parte. Il Partito comunista fece ciò che voleva. Le truppe sovietiche occupavano il paese.

Tuttavia il Governo era sempre ufficialmente composto di rappresentanti dei quattro partiti. Di essi lo zveno poco contava, e, anche per l'assoluta inettitudine dei suoi uomini, rapidamente declinava. I due soli partiti che potevano fronteggiare i comunisti erano gli agrari ed i socialisti. Tutti e due -i socialisti meno che gli agrari -disponevano di considerevoli masse. Tutti e due avevano uomini di valore preparati alla lotta politica. Fu posto allora in atto un sistema molto interessante e caratteristico. Nell'impeto della libertà conquistata agrari e socialisti si erano dati i loro capi con libere elezioni nelle consuete forme. Erano uomini conosciuti, amati, stimati, popolarissimi fra la loro gente. Quasi tutti entrarono a far parte del Governo. Ad un certo punto gli elementi più potenti del Governo e la Milizia trovarono che questi capi liberamente scelti non godevano più la fiducia dei loro partiti. I partiti non furono consultati, ma altri uomini di essi, i più ambiziosi, furono attratti verso il potere. Ben presto essi furono sostituiti come rappresentanti autentici, in contrasto con i primi, tanto in seno ai loro partiti come nel Governo. Nessuno poté efficacemente protestare. Ma nacque così l'opposizione che porta i nomi, che in Bulgaria non saranno tanto presto dimenticati, di Nikola Petkoff capo degli agrari, e di Kosta Lulceff, capo dei socialisti. Tali nomi ricorrono ormai spesso anche nella stampa internazionale. Come tappe ufficiali degli avvenimenti dal punto di vista interno, va ricordato che le prime elezioni indette per il Sobranje furono rimandate, dopo drammatici dibattiti fra i russi da una parte e gli anglo-americani dall'altra, ed infine ebbero luogo nel novembre 1945. L'opposizione non vi partecipò. I cosidetti accordi di Mosca con i quali i «Grandi» convennero di dare forma più democratica al Governo bulgaro, tra l'altro con la partecipazione dell'opposizione, rimasero lettera morta.

La questione istituzionale fu trattata con certe precauzioni e risolta lentamente almeno nella forma. Nella sostanza l'ultima parvenza di monarchia finì il 9 settembre. Subito dopo il colpo di Stato fu nominato un Consiglio di reggenza di tre membri: un comunista, uno zvenaro ed un indipendente. Il piccolo re aveva otto anni. Soltanto 1'8 settembre 1946 ebbe luogo il referendum. I capi di tutti i partiti si erano ormai già dichiarati per la repubblica. I sistemi con cui il referendum fu condotto furono discussi; esso dette tuttavia una stragrande maggioranza repubblicana. Il 15 settembre la «Repubblica popolare di Bulgaria» veniva solennemente proclamata al Sobranje. Il 16 settembre, dopo violente discussioni in seno alla Commissione alleata di controllo tra anglo-americani e russi, la famiglia reale lasciava la Bulgaria per recarsi, via Turchia, in Egitto. Il 17 ottobre, dopo nuove clamorose polemiche verbali e scritte tra anglo-americani e russi, ebbero luogo le elezioni per la Grande Assemblea che deve approvare le nuova Costituzione già elaborata dal Comitato centrale deli'O.F. Nonostante tutti i mezzi posti in atto, l'opposizione-agrari e socialisti non governativi-riuscì a conquistare IO! seggi su 465. Essa ha proclamato in pieno Parlamento, senza efficaci smentite, che ciò le è costato ventidue morti.

Il Governo O. F. ufficialmente rimase, esso è ancora considerato un utile espediente verso l'esterno mentre pendono le questioni del trattato di pace e del duplice riconoscimento americano e britannico. Ma su ben ventidue ministri del nuovo Governo, nove sono comunisti, e gli altri undici posti sono distribuiti fra i tre rimanenti partiti del Fronte patriottico. Il presidente provvisorio della Repubblica è un comunista, di qualche notorietà anche fuori della Bulgaria, Vassil Kolaroff. La presidenza del Consiglio -il vero comando oggi in Bulgaria -è stata assunta da un comunista di fama internazionale, Gheorghi Dimitroff, già presidente del Komintern, espressamente rientrato da Mosca per dirigere forse non soltanto le cose bulgare, ma anche più generalmente le cose balcaniche. Oggi viene definito «io scolaro di Stalin».

Il quadro della situazione interna bulgara presenta certamente oggi all'osservatore obbiettivo un complesso di tinte alquanto fosche. Ma sarebbe allo stesso tempo sommamente ingiusto credere o affermare che tutto vada male in questo Paese e che nulla di apprezzabile vi venga fatto. Al contrario vanno riconosciuti gli sforzi -non pochi dei quali in buona fede-tanto di uomini al potere come di quelli del!' opposizione, per risorgere dalle rovine morali e materiali del passato, per migliorare con gli scarsi mezzi disponibili la situazione del Paese. Occorre riconoscere che questi sforzi si dirigono specialmente-anche se con intenti prevalentemente demagogici-verso le masse per sollevare la situazione, e in quanto qui si concepisca, per migliorarne il tenore di vita. Sarebbe ingiusto non ammettere che vi è anche qui un fermento nuovo, anche se determinato da una volontà esterna e precisa. Tutto ciò l'osservatore obiettivo deve imparzialmente riconoscere ricordando tuttavia che questi sforzi volgono in una sola direzione, che non ammettono idee diverse, che ogni voce contraria e spesso anche ogni utile ed umano suggerimento vengono non solo scartati ma spesso duramente repressi.

La fase più recente, vale a dire l'assunzione del potere da parte del Partito comunista anche sotto l'ultimo tenue schermo rimasto deii'O.F., rivela al momento sintomi interessanti tanto dal punto di vista interno quanto dal punto di vista internazionale. Possono essere passeggeri -la meta finale rimane sempre la stessa, e il tempo nella mentalità orientale sembra non avere importanza-possono essere dovuti alle circostanze attuali in cui i due mondi, orientale e occidentale, devono ancora contenere i tempi se non vogliono affrontarsi con le armi alla mano, ma sta di fatto che sono notate attualmente nel Governo bulgaro tendenze a cercare un atteggiamento meno rigido e meno intransigente verso i Paesi occidentali, in funzione anche della politica interna, come con separato rapporto più particolarmente riferisco in questi giorni 1•

I Vedi D. 617.

La reazione alla situazione interna bulgara fu assai più violenta dall'esterno di quello che non fosse dall'interno. Gli anglo-americani -e sarebbe meglio dire gli americani rimorchiandosi gli inglesi--insorsero contro i sistemi che pubblicamente proclamarono antidemocratici del Governo bulgaro. L'U.R.S.S. insorse a sua volta non meno clamorosamente a difendere il democraticissimo Governo. Le vicende di questa lotta tra i tre «Grandi» hanno avuto ripercussioni internazionali troppo conosciute perché io debba fermarmi a ricordarle in tutti i loro particolari. Di fatto la Russia continua a fare qui quello che vuole, anche nella Commissione alleata di controllo, e gli anglo-americani continuano a non riconoscere il Governo bulgaro, anche se stanno forse ora cercando una via d'uscita a questa difficile e pericolosa situazione. Difficile e pericolosa non tanto per quello che conta la Bulgaria, quanto per il contrasto sempre più acuto tra i due blocchi in conflitto: il blocco slavo ed il blocco occidentale.

Sono arrivato alla parte essenziale di quanto di qui può essere osservato relativamente a questa zona. Siamo qui infatti dall'altra parte del sipario o, come anche sui nostri giornali si comincia a chiarmarlo, della «cortina di ferro». A loro volta i russi, con elegante eufemismo la chiamano «cortina di velluto». Di ferro o di velluto, la cortina separa due mondi assolutamente diversi. La sua linea corre -da nord a sud --dall'Artico a Stettino, da Stettino passa attraverso le complicate zone di occupazione in Germania e in Austria, taglia il cuore di Trieste, scivola attraverso la Jugoslavia e l'Albania, s'intorbida alle frontiere jugoslavo-greca e bulgaro-greca. Su questa linea, i due blocchi avversari sono decisi a resistere, vale a dire a com battersi, con ogni mezzo che non sia -per ora -guerra dichiarata. Ma guerra vi è già alle frontiere della Grecia. Nessun comunicato e nessuna ispezione di giornalisti potrà farci credere il contrario. In successivi rapporti ed in piena collaborazione con questo addetto militare, ho riferito quella che, dalle scarse e difficilmente controllabili notizie, si può ritenere che sia attualmente la situazione delle forze russe in Bulgaria. Salvo varianti difficilmente apprezzabili, tali forze possono essere valutate intorno ai l 00 mila uomini. Abbiamo dato quello che -sempre tenendo conto delle difficoltà di controllo -possiamo ritenere che sia la loro attuale dislocazione. Non sembra dubbio che questa dislocazione gravita sulla frontiera turca e sulla frontiera greca. Ma concordo con l'addetto militare anche sul fatto che ciò ha una importanza relativa. Al di qua della «cortina di ferro» o «di velluto», nella zona in cui è pienamente in controllo, la Russia dispone di linee interne e sicure attraverso le quali può spostare rapidamente e segretamente le forze che vuole sino alle frontiere. In tali condizioni un colpo di mano -conseguenze a parte -le è sempre possibile quando voglia senza tenere ammassate in questo territorio più forze che non desidera far apparire. In questi giorni vi è di nuovo un certo allarme in questa zona. Non ha particolare importanza, non solo perché gli allarmi sono ormai frequenti, ma soprattutto perché in questa situazione è ormai inutile fare previsioni di qui. Se lo menziono è per ripetere che il punto di rottura sarà evitato

o raggiunto altrove.

È così che la situazione interna bulgara, come quella della Jugoslavia, come quella della Romania, come quella in parte dell'Ungheria, sono ben lontane dall'essere fine a loro stesse. Sono soltanto un mezzo.

La lotta fra il gruppo anglosassone ed il blocco slavo è stata ingaggiata sull'applicazione dei grandi e solenni principi di Yalta e dei susseguenti accordi di Mosca. Sui giornali, nelle note diplomatiche, nelle acerbe e clamorose dispute e polemiche, le parole «democrazia» e «libertà» sono state lanciate da un campo all'altro con violenza e con accanimento che ha pochi precedenti. Oggi è difficile interpretare queste parole, nella applicazione che ne viene fatta dai due avversari, in quanto nell'acerba e poco serena contesa si rischia quasi sempre di essere accusati di parteggiare per una parte o per l'altra. Il meno che si può dire è che quelli che devono rimanere sotto l'arco della traiettoria di queste rimbalzanti parole non sono certo nella situazione più invidiabile. Il quadro della situazione in questo Paese ne è sufficiente riprova. Ma questo per la situazione generale non è il punto principale. Dai due lati i concetti e le ideologie potranno essere vere o false, eticamente giuste

o no, accettabili praticamente o meno, ma ancora una volta la loro applicazione non è lo scopo, è soltanto il mezzo. Ancora una volta occorre ben ricordare che qui siamo al di qua della «cortina di ferro». La Russia vuole la sua democrazia, il gruppo anglo-americano vuole anch'esso la sua democrazia. Dove è la vera democrazia, e che cosa rimane per tutti coloro che ancora ci tengono della libertà? I due blocchi in contrasto sembrano averlo completamente dimenticato nella mira di salvaguardare le loro posizioni (o di strapparsele l'un l'altro) e di raggiungere i loro piani economico-territoriali. L'altra parola che continuamente rimbalza è quella di «mire imperialistiche». L'imperialismo sembra oggi essere giudicato cosa detestabile fintanto che è aspirazione altrui, ma cosa lodevolissima invece sinché è

. . .

asptrazwne propna.

Di fronte alla situazione bulgara, al di qua della «cortina» si può subito contrapporre che non meno drammatica è la situazione greca al di là di essa, per quanto come già osservato, sulla frontiera greca la cortina corra tutt'altro che impenetrabile e tutt'altro che inviolata. Se in Bulgaria vi sono 40 mila persone nei campi di concentramento, in Grecia non ve ne sono meno di l00 mila (fonte americana). Senza dubblio la situazione colà è tragica soprattutto in quanto che si combatte con le armi alla mano. Vi è in atto una guerra civile ed una guerra di frontiera. E tuttavia non si può non rilevare che vi è una differenza: colà armi ed armati da due lati affluiscono nei due campi contendenti. Qui le armi sono in mano ad una sola parte, ed una sola parte può adoperarle.

Questo punto merita qualche considerazione. Gli anglo-americani nelle esitazioni della loro politica di fronte al blocco slavo -esitazioni che quasi sempre fraternamente attribuiscono agli inglesi -sostengono che se le cose non vanno così bene nella zona da essi controllata è soltanto perché essi non vogliono adottare gli stessi sistemi dei russi. Per quanto ne conosciamo da quello che dicono, il loro intento è di condurre in questa zona una «guerra politica» la quale dovrebbe avere per risultato di migliorare le loro posizioni nei Balcani -i capisaldi delle quali essi stessi indicano essere Trieste, Salonicco, Istambul. Tali capisaldi affermano che non possono essere a nessun costo abbandonati. Non solo, ma indicano anche che, mediante la «guerra politica», le attuali loro posizioni dovrebbero essere migliorate sino a respingere quelle russe oltre il Danubio. Questa «guerra politica» non è stata sempre piena di successi per gli anglo-americani. Si è notato però questo: che ogni volta che la situazione diventava molto tesa, vi era un temporaneo cedimento -mai sostanziale né definitivo -da parte russa. Ora anche gli anglo-americani sembrano cercare o desiderare una via d'uscita per evitare probabilmente che le complicazioni della loro «guerra politica» non scivolino in altre pericolose ed evidenti alternative.

Altri elementi che qui si rilevano, da quanto si può sapere tanto dagli anglo-americani quanto dai russi sono i seguenti: gli anglo-americani ritengono che la Russia non sia in grado, in base a molti dati tra cui soprattutto quelli economici, di fare la guerra per almeno altri cinque anni. Qualcuno dice anche che la situazione interna russa è incerta. Nessun serio elemento qui disponibile conferma quest'ultima notizia per quanto venga insistentemente ripetuta. Gli anglo-americani sembrano anche sperare di poter ridurre la Russia e gli altri Stati del blocco slavo commercialmente e finanziariamente. I russi d'altra parte per quanto se ne può comprendere, e comprenderli come ognuno sa non è facile, sembrano ritenere, e in ogni caso giuocare sul fatto, che né la Gran Bretagna nè gli Stati Uniti vogliano affrontare immediatamente un'altra guerra o possano convincere le loro opinioni pubbliche che è indispensabile di farla. Ciò che uscirà da tutto ciò, per quanto sia il problema che assilla oggi ansiosamente tutto il mondo, nessuno può prevedere, tanto meno di qui. Gli elementi qui osservati sono certo di grande interesse in quanto questa è zona di massima frizione tra i due gruppi. Ma gli stessi anglo-americani indicano che questa è soltanto una specie di inimichevole palestra. La zona suscettibile di provocare conflitti -e in questo sembrano fermissimi -è invece quella immediatamente più a sud.

A maggiore intelligenza di quanto sono venuto esponendo occorre ricordare che la parola «fascismo» o «fascisti» viene adoperata qui e in tutta questa zona nell'accezione russa del termine. Vale a dire che non ha nulla a che fare con quello che fu il fascismo italiano né con quello che fu il nazismo. Per tenerci alla Bulgaria, essa non ebbe mai né fascismo né nazismo. Ebbe governi di polizia prettamente balcanici, ed una occupazione nazista. Ma oggi per l'occupante e per il Governo e per chiunque voglia aggredire un nemico, tutto ciò che non fu o che non è comunista è fascista. Si noti che il nazismo che fu il più vicino alla Bulgaria non è mai menzionato. Le ragioni di questa moda russa universalmente adottata nei Balcani possono essere varie. Innanzi tutto serve egregiamente a far dimenticare che la Germania fu un menico duro da vincere e che fu la prima alleata in guerra dell'U.R.S.S. Un fatto che qui come in molti altri Paesi si vuole dimenticare e far dimenticare. La Polonia certo non lo ha dimenticato. E poi è un termine comodo. Meno comodo sarebbe chiamare i passati governi autoritari, totalitari, dittatoriali. Non si può parlare di corda in casa dell'appiccato. Ma le parole, ancora una volta rimbalzano. Nelle strade di Sofia, alla vigilia delle ultime elezioni, abbiamo visto scritto a lettere cubitali prima che le scritte fossero cancellate: «abbasso il fascismo rosso».

Con i suoi vicini la Bulgaria ha rapporti vari. Premessa l'egida russa è naturale che essa sia entrata a far parte del blocco slavo e che i suoi migliori rapporti (è cosa che può lasciare perplessi gli studiosi di cose balcaniche) siano con la Jugoslavia. Attualmente vi è un certo freddo. Alcuni in Jugoslavia vorrebbero un pezzetto di Bulgaria e per questo l'hanno ribattezzato «Macedonia del Pirim». Ai bulgari ciò non garba affatto. Ma se la Russia vuole, il freddo passerà, in un modo o nell'altro. Come è noto si lavora per la Federazione bulgaro-jugoslava, e lo scopo ultimo sarebbe quello di unire i due territori all'U.R.S.S. come diciassettesima repubblica sov1et1ca. Sino a questo momento la stessa U.R.S.S. ha calmato gli entusiasmi. Non ritiene evidentemente ancora giunto il momento di porre tale carta sul tavolo della sua alleanza con gli anglo-americani. Ma tale atteggiamento potrebbe cambiare da un momento all'altro. Con la Romania, i rapporti sono di buon vicinato, regolati dal comune occupante. È ora annunciata una visita del presidente del Consiglio romeno a Sofia. Con la Turchia i rapporti sono freddi, visto che la Turchia per l'attuale politica bulgara ha tre torti: è al di là della «cortina», non è Paese slavo, è amica degli inglesi e degli americani. Con la Grecia vi è polemica in atto a colpi di comunicati e di articoli sui giornali. Vi sono vecchi e nuovi rancori. Vi sono le riparazioni da pagare. Vi è l'aspirazione allo sbocco al mare. Su quanto accade-per quanto ne sappiamo-alla frontiera bulgara sulla Grecia, ho di recente particolarmente riferito 1• In riassunto, vi accadono molto probabilmente varie cose (rifugio, passaggio di uomini e materiale) ma per ora i,n misura limitata. Le cose in grande stile accadono sulla frontiera greco-jugoslava e albanese-jugoslava.

Nel complesso quadro che mi sono sforzato di descrivere occorre ora collocare la nostra posizione in questo Paese. E cioè, i nostri rapporti con la Bulgaria, la situazione della nostra collettività, e i nostri interessi economici locali. Ufficialmente i nostri rapporti con il Governo bulgaro sono amichevoli e normali. Praticamente, per forza di cose, di scarsa sostanza. Vi è un resto, seppure lieve, dell'antica diffidenza verso di noi. Vi è soprattutto uno xenofobismo che il nuovo stato di cose non ha certo instaurato, ma che ha in tutti i modi esarcebato. Vi è il blocco chiuso dei popoli slavi. Con tutto ciò abbiamo sempre qui larghe simpatie (ne è prova il rispetto ed il prestigio di cui gode la nostra scuola che con tanti sforzi e sacrifici siamo riusciti a mantenere) e ottimi amici. Anche se simpatie ed amici non riescono sempre a manifestarsi come vorrebbero. Ma di fatto i nostri rapporti con i bulgari sono in funzione dei nostri rapporti con I'U .R.S.S. La situazione si complica localmente perché in regime di armistizio vi è qui una Commissione alleata di controllo della quale inglesi e americani fanno parte e nella quale nulla contano. Hanno qui missioni militari e politiche. La legazione ha ottime relazioni con i russi. Dipende probabilmente dal fatto che, come dirò, quando eravamo internati riuscimmo a stabilire con essi rapporti nel momento in cui l'U.R.S.S. riconobbe per prima il legittimo Governo italiano. Ha ottime relazioni anche con gli inglesi e gli americani. Ma è una situazione di equilibrio in cui occorre tener conto di ogni elemento e non forzare da alcun lato. Sinora agendo nel miglior modo possibile su questa linea siamo riusciti ad ottenere, tenendo conto dei nostri interessi in questo Pat<se, i migliori risultati possibili. In questa difficile linea di condotta sono stato egregiamente coadiuvato dai miei diretti collaboratori: il nobile Piero Vinci, che resse anche la legazione in mia assenza per congedo, il colonnello di S.M. Lodovico Donati e l'addetto commerciale dott. Enrico Macchia. Ritengo che questa politica di equilibrio in una situazione così delicata dovrebbe essere continuata e che sarebbe grave errore sbandare dall'una o dall'altra parte.

Alla fine del 1943 vi erano in Bulgaria circa 500 italiani. Ve ne sono oggi circa 400, di cui 250 a Sofia. È tutta gente laboriosa, in buone o sopportabili

1 Con T. 20650/168 del 7 dicembre, non pubblicato.

condizioni economiche. Nella situazione del Paese è tuttavia continuamente minacciata e angariata, e ha bisogno della massima protezione. I nostri interessi in questo Paese sono ancora cospicui. Gli italiani fondarono qui una fiorente industria tessile che tuttora è praticamente la sola che esista in Bulgaria. Abbiamo una filiale della Banca commerciale sotto forma di Banca italo-bulgara. Le nostre due maggiori società di assicurazioni sono pure qui impiantate in proprio e con due società locali dipendenti. Vi sono altre imprese di connazionali grandi e piccole. Tutto ciò è oggi duplicemente minacciato. Dalla nazionalizzazione voluta dal Governo bulgaro, e dal passaggio alla Russia in conto riparazioni dei beni italiani in questo Paese, prevista dal trattato di pace. Con grandi sforzi, agendo tanto presso il Governo bulgaro come presso la Commissione alleata di controllo, siamo riusciti a bloccare la prima mossa russo-bulgara, e cioè la nota ordinanza per la denuncia 'dei beni italiani in Bulgaria. Ci è stato assicurato che si trattava di un semplice accertamento e che nulla sarà ulteriormente fatto sino all'applicazione dei trattati di pace. Per quello che si può prevedere, il risultato definitivo sarà presumibilmente che riusciremo forse a salvare i beni dei cittadini italiani residenti sul posto, ma che perderemo le industrie che vanno sotto forma di Società anonime, e cioè il complesso più importante dei nostri beni in questo Paese. Non vi è dubbio che la lotta che la legazione ha impegnato basandosi particolarmente sulle clausole del progetto di pace debba essere condotta sino alla fine con immutata tenacia.

I nostri scambi con la Bulgaria furono un tempo fiorenti. Oggi sono quasi nulli, sia per l'idea slava del circolo chiuso sia per la deficienza quasi assoluta dei mezzi di trasporto. Trattative sono tuttavia in corso e le necessarie basi sono state gettate per una ripresa non appena possibile.

A complemento del quadro riassumo ora le vicende di questa rappresentanza dopo 1'8 settembre in Bulgaria. Ritengo di dover far ciò soprattutto in omaggio agli ottanta italiani che rimasero al mio fianco, fedeli al Governo legittimo, attraverso durissime vicende. Il Governo bulgaro, nonostante una deliberazione in contrario del Consiglio dei ministri, cedette alla pressione tedesca, e riconobbe in pieno la cosiddetta Repubblica neofascista. La maggior parte del personale della legazione rimase fedele. Una legazione neofascista fu allora stabilita a Sofia. Appoggiata dai tedeschi e dal Governo bulgaro fu fautrice di una serie di lotte e di persecuzioni, il risultato delle quali fu che fummo alla fine internati. Prima di ciò fummo costretti ad uscire dalla legazione nonostante le mie proteste con le quali dichiarai che cedevo alla forza. Di più fummo tenuti a Sofia mentre già erano stati iniziati i massicci bombardamenti alleati e mentre il Corpo diplomatico era stato già evacuato in altra località. Il lO gennaio 1944 il centro di Sofia subì due severi bombardamenti aerei. Le case di vari italiani furono colpite o danneggiate. Tra esse la mia, colpita in pieno e dovemmo deplorare tre morti e tre feriti tra il personale della legazione. Dopo di ciò fummo «evacuati» a Kostenez una località di montagna. Non dovevamo tardare ad accorgerci che in realtà eravamo internati nel più ampio senso della parola. Poco dopo fummo trasferiti a Varchetz nel cuore della catena dei Balcani sul versante vero il Danubio. Qui rimanemmo sino al settembre 1944. La nostra sorte fu alterna, ma sempre dura. Eravamo in mano alle autorità periferiche che spesso agivano con ignoranza e assai più spesso con crudeltà. Vi furono episodi in cui anche le

nostre famiglie, donne e bambini, furono minacciati e malmenati con le armi alla mano. In questo periodo non cessammo tuttavia di mantenere i collegamenti con gli altri italiani fedeli in Bulgaria e di proteggere i nostri interessi, in nome del Governo legittimo, come potevamo. Così fummo sempre in collegamento con una compagnia di granatieri di Sardegna internata anch'essa; così stabilimmo una organizzazione per aiutare i nostri soldati prigionieri a fuggire dai tedeschi. Debbo ricordare i nomi di due italiani che intrepidamente ci aiutarono dando rifugio ai prigionieri -quando ciò significava rischiare la vita: Don Francesco Galloni, fondatore della «Pro Oriente», sacerdote, cappellano degli alpini nella guerra 15-18, più volte decorato al valor militare, e l'industriale Bertolotti. Inoltre, come già menzionato, riuscimmo a stabilire, noi internati, relazioni con la legazione dell'U.R.S.S. non appena questa riconobbe il Governo legittimo italiano, e nonostante che la legazione fosse a sua volta strettamente sorvegliata. Ciò doveva in seguito molto facilitare i nostri rapporti col Comando russo di occupazione, con cui subito stabilimmo amichevoli relazioni. Liberati dal colpo di Stato del 9 settembre 1944 potemmo rientrare a Sofia. Avevamo fidati amici, alcuni dei quali erano stati internati con noi, nel nuovo Governo. Avevamo tuttavia ancora nell'amministrazione gente che non ci amava e che aveva agito contro di noi. In questa difficile situazione, senza alcun riconoscimento ufficiale, assumemmo la protezione degli interessi italiani. Riuscimmo ad evitare che in base alle clausole dell'armistizio i nostri beni fossero posti sotto controllo -e ciò, in base al progetto del trattato di pace, ha oggi importanza di primo piano -e che i nostri connazionali fossero internati in massa. Frattanto fin dal settembre cominciavano ad affluire a Sofia a centinaia i nostri prigionieri di guerra liberati dalla cattività dei tedeschi. Erano in condizioni miserrime. Noi non avevamo che poco denaro e scarsissimi mezzi. A Sofia non si trovava quasi nulla. Occorre ricordare con gratitudine che il Governo, l'esercito bulgaro e la popolazione in quella occasione ci aiutarono. Soprattutto occorre ricordare l'opera degli italiani di qui. Io penserò sempre con profonda commozione ad essi, che poco avevano, ma che dettero senza contare con italiana generosità, con l'altissimo spirito di solidarietà della nostra gente, per salvare in quel durissimo inverno i loro fratelli che più avevano sofferto. A maggio, con l'assistenza dei russi, degli inglesi e dei bulgari riuscimmo a rimpatriare, via Grecia, circa seimila ex prigionieri. Furono certamente tra i primi che ritornarono in Patria. Lavorammo anche sin dal principio per ristabilire regolari relazioni diplomatiche con la Bulgaria. Riuscimmo, aiutati dai fedeli amici che avevano diviso con noi la sorte dell'internamento. Nonostante l'opposizione degli Alleati il lo gennaio 1945 regolari relazioni diplomatiche venivano ristabilite fra Italia e Bulgaria, ed il ministro ed i suoi collaboratori rimasti fedeli venivano riconfermati al loro posto dal Governo italiano.

Nei rapporti del tempo, come era mio dovere, ho segnalato al ministero i nomi di quelli che rimasero fedeli. Oggi, mentre il mio compito finisce in Bulgaria, il mio pensiero si volge a quegli ottanta italiani con riconoscenza e con fierezza di capo missione perchè essi attraverso ogni difficoltà ed ogni rischio, insensibili a lusinghe e minaccie, rimasero fedelmente al loro posto, seguendo la via del dovere e dell'amore, dando, mentre tutto crollava intorno a loro, un altissimo esempio di fermezza e di dignità nazionale che fu qui unanimamente riconosciuto e ammirato.

594

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20838/118-119 DEL. New York, Il dicembre 1946, ore 16,50 (per. ore 10,30 del 12).

Mi riferisco al telegramma di codesto ministero n. 40 1 .

Porto a conoscenza di codesto ministero che ho fatto a Bebler la comunicazione richiesta. Bebler mi ha detto che avrebbe sollecitato oggi stesso la risposta da Belgrado che non è ancora pervenuta. Quanto alla ripresa delle relazioni diplomatiche, sulla quale ho insistito particolarmente, Bebler mi ha chiesto se si trattava di condizione sine qua non per invio della missione Parri a Belgrado. Gli ho risposto che a mio pensiero il Governo italiano faceva soltanto presente che mancata ripresa rapporti avrebbe annullato in gran parte effetti morali della missione e che in ogni modo il rifiuto di Belgrado avrebbe dato a noi impressione di poca buona volontà e scarso incoraggiamento per i negoziati. Mi è stato risposto da Bebler a titolo personale che, a suo avviso, la ripresa dei rapporti poteva dipendere anche da risultato della missione: se tale missione arrivava a risultati concreti, anche solo nel campo commerciale, la ripresa dei rapporti sarebbe stata conseguenza naturale e che comunque anche questo poteva essere oggetto delle trattative Belgrado.

Per quanto riguarda gli arresti nella Zona B Bebler mi ha ripetuto il noto argomento che deve trattarsi di fascisti e di reazionari. Ho fatto osservare a Bebler che in sè Governo italiano, dato suo carattere antifascista, non intendeva certo proteggere persone realmente responsabili, ma che purtroppo termine fascista si prestava da parte delle autorità jugoslave ad essere interpretato con molta larghezza: ho segnalato a Bebler ripercussione che ciò poteva avere su nostra opinione pubblica e pratica impossibilità concludere effettivo accordo per la protezione delle minoranze se non si metteva in chiaro prima che cosa si doveva intendere per fascista. Bebler mi ha promesso di riferire in proposito al suo Governo 2 .

595

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE TARCHIANI, A NEW YORK

T. S.N.D. 18748/43 DEL. Roma, Il dicembre 1946, ore 20,45.

Suo telegramma 113 3 .

Ho già detto a Key in via di massima accetto volentieri l'invito del Forum4 confidando sua utilità. Conto naturalmente tua preziosa preparazione e coopera-

I Vedi D. 589. 2 Vedi D. 598. 3 Vedi D. 587. 4 Vedi D. 552.

zione. Osservo che, pur mantenendo v1s1ta in limiti officiosi e privati, stampa susciterà speranze. Se essa non apportasse qualche notevole alleggerimento nostra situazione finanziaria depressa determinazione clausole trattato, meglio sarebbe evitarla. Necessario quindi sondare possibilità. In ogni caso mio viaggio è condizionato situazione qui, ma ritengo sicuro che, se prospettive sono buone, Governo e partiti eviteranno difficoltà che potrebbero impedirlo.

Prego frattanto ringraziare invito e comunicare accoglimento di massima. Attendo svolgimento 1•

596

L'AMBASCIATORE TARCHIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20917/120 DEL. New York. 11 dicembre 1946. ore 21,54 (per. ore 11 del 13).

Consiglio ministri deciso trasmettere statuto Trieste a Consiglio sicurezza. Confermata proibizione unione doganale Territorio Libero con terzi Stati. Circa porto libero amministrazione devoluta direttore che avrà qualità persona giuridica. Governo locale presenterà lista candidati a governatore che nominerà direttore porto consultandosi governo. Direttore non sarà cittadino italiano o jugoslavo ed avrà libera scelta personale con preferenza triestini. Creata commissione internazionale composta singoli rappresentanti Territorio Libero Russia, Gran Bretagna, Francia, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Austria, Ungheria, Polonia, Svizzera, Italia purché tali Paesi abbiano assunto obblighi statuto. Commissione avrà sede porto, uffici ed attività godranno extraterritorialità, spese funzionamento assunte da Stati partecipanti. Commissione controllerà operazioni uso ed amministrazione porto nonché problemi tecnici transito, agirà propria iniziativa o richiesta Stati partecipanti e direttore porto.

597

IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. URGENTE 20910/177. Ottawa, 12 dicembre 1946, ore 6,36 (per. ore 8 de/13).

Ho colto occasione insediamento ufficiale signor St. Laurent, ministro degli affari esteri, e capo della delegazione Canadà O.N.U. giunto ieri da New York per chiedergli udienza.

Gli ho esposto gravità nostra situazione alimentare ed ho nuovamente insistito perché Canadà, nei limiti delle eventuali eccedenze mensili, esamini possibilità fornirci quantitativi grano anche minimi.

l Per la risposta vedi D. 605.

St. Laurent mi ha assicurato che avrebbe interessato in proposito mm1stro industria commercio prospettandogli ancora una volta nostre urgenti necessità. Egli mi ha tuttavia confermato che assegnazione già da me illustrata a V.E. non aveva subito variazioni o non vi erano attualmente speranze di forniture grano anche limitatamente. Egli però mi ha pregato far presente V.E. che nostra situazione potrà trovare favorevole soluzione da parte nuovo organismo post U.N.R.R.A. creato su proposta canadese e che dovrebbe entrare subito in funzione presso O.N.U.

Tale organismo cui iniziativa devesi personalmente St. Laurent prenderebbe decisioni dopo aver esaminato in loco effettive necessità Paesi deficitari. Pertanto St. Laurent suggerisce che l'Italia si metta subito in rapporto con organismo in questione: da parte sua egli mi ha assicurato che Canadà a mezzo proprio delegato (che insieme a quello S.U.A. avrà certamente ruolo importante nella organizzazione predetta) appoggierà nostra richiesta.

Nel mentre assicuro che come comunicato con miei precedenti telegrammi continuerò ricercare quantitativi farina anche minimi, sarei grato V.E. volesse farmi conoscere sue determinazioni circa suggerimenti St. Laurent al fine uniformare miei passi presso delegato Canadà organizzazione post U.N.R.R.A.

598

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 20979/124-125 DEL. New York, 13 dicembre 1946, ore 20,52 (per. ore 11 del 14).

Questa mattina mi è stata comunicata da Bebler la risposta di Belgrado che accetta la nostra proposta 1 ma modifica l'ordine del giorno dei negoziati. La prima questione ad essere trattata dovrebbe essere quella territoriale, e solo nel caso che sia possibile accordarsi sulla frontiera si procederà alla stipulazione di un trattato di commercio e per la protezione delle minoranze. A vendo lo io interrrogato in proposito, Bebler mi ha dichiarato che la risposta del suo Governo non fa menzione della ripresa dei rapporti diplomatici ma che devesi supporre che anche questa è subordinata alla risoluzione della questione territoriale.

Ho risposto che la risposta di Belgrado era scoraggiante poiché in essa appariva chiaramente lo spirito di Kardelj ben diverso da quello del mio interlocutore. Il rappresentante jugoslavo ha allora osservato che riteneva logico il punto di vista del suo Governo, poiché non era possibile stipulare un trattato di commercio senza aver prima risolto la questione dei rapporti italo-jugoslavi di cui la controversia territoriale costituiva uno degli elementi centrali. Ho ribattuto che non condividevo affatto il suo punto di vista poiché per trattare la questione territoriale con qualche probabilità di successo era invece indispensabile una distensione della atmosfera che poteva appunto ottenersi mediante un accordo su altri punti per i quali era più

l Vedi D. 594.

facile venire ad una intesa. Comunque ciò che mi rendeva molto poco fiducioso della riuscita dei negoziati era lo spirito imperativo della proposta jugoslava. Ho aggiunto, a titolo personale, che dubitavo molto che una personalità come Parri avrebbe accettato di recarsi a Belgrado in tale atmosfera: era infatti una cosa andare a Belgrado per concludere un accordo commerciale e sulle minoranze e studiare la questione di frontiera e ne era una molto diversa andarvi per trattare in via principale una questione sulla quale l'accordo era più difficile. Avrei riferito a Roma e la nostra risposta sarà comunicata attraverso l'ambasciata jugoslava a Washington.

Ho trovato il mio interlocutore molto diverso dalle precedenti conversazioni; egli dava l'impressione di aver ricevuto una tirata d'orecchi. Nel corso del nostro colloquio Bebler mi ha fatto anche intendere chiaramente che il suo Governo ha deciso in modo definitivo di non firmare il trattato di pace con la linea proposta dai Quattro.

599

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 20956/569. Madrid, 13 dicembre 1946, ore 22,15 (per. ore 8 del 14).

Sono qui giunte prime notizie circa votazione Assemblea O.N.U. che raccomanda a Stati membri ritirare ambasciatori, ministri capi missione Madrid. Attendo ordini e direttive che ne conseguono 1 .

Telegraferò quanto prima come risulterà si regoleranno altri Paesi nella questione, nonché ripercussioni circoli governativi spagnoli. Già nei giorni scorsi ebbi frequenti contatti ambasciatore d'Inghilterra Mallet, che mi promise tenermi al corrente posizione suo Governo 2 .

600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI

T. S.N.D. 18874/339. Roma, 14 dicembre 1946, ore 13,10.

In considerazione recenti decisioni Assemblea O.N.U. relativamente rapporti con la Spagna, voglia tener presente che probabilmente nei prossimi giorni la inviterò a venire a Roma per conferire intendendosi ch'ella dovrà lasciare effettivamente codesta sede 3 .

l Per la risposta vedi D. 600. 2 Vedi D. 609. 3 Ricevuto il D. 599, Nenni rispose (T. 18875/340 del 14 dicembre): «Confermo mio telegramma

n. 339. La prego a ogni modo farmi conoscere non appena possibile informazione che le ha promesso codesto ambasciatore d'Inghilterra».

601

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. URGENTE 2100911235. Londra, 14 dicembre 1946, ore 15 (per. ore 23).

Da me pregato di tenermi al corrente delle decisioni che Governo britannico avrebbe preso circa raccomandazione Assemblea Generale O.N.U. per questione spagnola, Hoyer-Millar mi ha detto stamane di ritenere ormai inevitabile ritiro da Madrid ambasciatore d'Inghilterra e che Foreign Office, per quanto riguarda data provvedimento, attende solo istruzioni da Bevin. Poiché si tratta di giungere deliberazione rottura relazioni diplomatiche, rimarrebbe nella capitale spagnola incaricato d'affari con tutto personale ambasciata. Da parte inglese non verrebbe chiesto richiamo ambasciatore Spagna a Londra, poiché si prevede, secondo mio modo di vedere, che Franco disporrà spontaneamente tale richiamo. Non avendo attualmente Stati Uniti ambasciatore a Madrid, e avendo Francia e U.R.S.S. già interrotto relazioni, questione riguarda principalmente Inghilterra ed Italia: al qual proposito, Millar mi ha detto che Governo britannico gradirebbe si agisse di concerto e mi ha promesso di tenermi informato ulteriori sviluppi questione. È mia impressione che Foreign Office sia stato colto di sorpresa da conseguenza immediata decisione presa a New York anche in vista recente dichiarazione ufficiale (mio telegramma per corriere n. 084 e telespresso n. 2326 del 20 u.s.) 1•

602

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO A PRAGA, TACOLI

T. 18891/178. Roma, 14 dicembre 1946, ore 20.

Suo 251611552 del 3 dicembre 2 .

Seguito conversazioni avvenute questi giorni a Roma e tenuto presente che ella è riuscita ad ottenere forniture carbone per finanziamento trasferimenti risparmi operai pregola dichiarare autorità cecoslovacche quanto segue:

l) nei primi giorni di gennaio in data da precisarsi ulteriormente verrà inviato costà funzionario emigrazione per concordare modalità generali arruolamento lavoratori senza determinazione cifra unità da impiegare;

1 Non pubblicati. Con T. s.n.d. 21080/1236 del 16 dicembre, Carandini aggiungeva: «Istruzioni di lasciare Madrid, a quanto mi è stato oggi riferito da Hoyer-Millar, saranno telegrafate a quell'ambasciatore di Inghilterra non appena il Governo inglese avrà ricevuto comunicazione ufficiale da parte del segretario dell'O.N.U. della nota raccomandazione approvata dall'Assemblea generale. La partenza potrà aver luogo prima di Natale, a quanto prevede il mio interlocutore».

2 Non pubblicato, ma vedi D. 558.

2) con protocolli separati saranno concordati numero lavoratori e loro ripartizione secondo specialità;

3) primo suddetti protocolli potrà esser negoziato subito contro forniture carbone mentre successivi sarà preferibile rinviarli a dopo conclusione accordo commerciale;

4) per accordo commerciale Governo italiano intende inviare delegazione Praga seconda metà febbraio e prega autorità cecoslovacche confermare accettazione e precisare data.

Poiché invio lavoratori dovrà comunque effettuarsi per tappe successive, V.S. procuri mantenere collegamenti de facto con questione beni italiani tentando ottenere nel frattempo ogni possibile garanzia per trattamento non discriminatorio.

603

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 21012/571. Madrid, 14 dicembre 1946, ore 23 (per. ore 7 del 15).

Mio telegramma 569 1•

Ministro Martin Artajo e alti funzionari questo Ministero affari esteri mi hanno occasionalmente manifestato che voto O.N.U. desta qualche seria preoccupazione per sue conseguenze in avvenire ma che, per il presente, irrigidisce e rafforza posizioni interne le quali saranno mantenute «a qualsiasi costo», in quanto a pericoli e incognite inerenti cambiamento opinione pubblica preferirebbe permanenza potere Franco. Martin Artajo ha aggiunto che a magro risultato di un vasto piano di attacco esterno e interno che era a conoscenza del Governo spagnolo, sta di fronte risposta manifestazione grandiosa di unità contro «minacce di intromissione straniera», con particolare riferimento alla Francia, e a cui, secondo il ministro degli affari esteri, aderirono spontaneamente larghe correnti stessa opposizione (mio telespresso 2062 del 12 corrente)2 .

Ministro degli affari esteri mi ha ,quindi espresso vivissima soddisfazione per gesto Argentina che, dopo voto Assemblea O.N.U., annuncia imbarco per 22 corrente suo nuovo ambasciatore sig. Radio su nave «Capo di Buona Speranza» diretto Spagna. Decisione apre, a parere questi circoli governativi, nuove prospettive politico-commerciali nei rapporti fra Spagna e America del Sud.

Per quanto concerne poi nostre future relazioni e prevedibile conseguenza allineamento con O.N.U., ministro degli affari esteri vi ha accennato con molta discrezione facendo voti che l'Italia, come anche le altre Potenze, «prendesse tempo» considerando con oggettività suoi forti permanenti interessi Spagna.

l Vedi D. 599. 2 Non pubblicato.

604

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

L. PERSONALE 41419/221. Roma, 14 dicembre 1946.

Da vari sintomi abbiamo la sensazione che il momento sia ora più favorevole per un tentativo di presa di contatto con l'Etiopia. Ciò potrebbe realizzarsi con l'invio in forma non ufficiale di una persona conosciuta dal negus e che sia rimasta con lui in buoni rapporti e che vada ad Addis Abeba in missione di «good-will». Ho pensato che potresti fare qualche sondaggio costì presso il rappresentante etiopico in tal senso avanzando a titolo personale il nome dell'ambasciatore Cora per appurare se il suo nome sia gradito allo scopo anzidetto, e per vedere le eventuali reazioni da parte etiopica.

Per maggiore riservatezza fammi avere una risposta a suo tempo per lettera con il mezzo della nostra Marina.

605

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 21049-21050/1231-1232. Washington, 15 dicembre 1946, ore 13,49 (per. ore 8 de l 16). Suo telegramma 43 1•

Ho riservatamente comunicato accettazione di massima in merito invito da parte presidente del Consiglio, 12 corrente a Washington al sottosegretario di Stato Acheson ed ieri a Dunn e Matthews. Tutti hanno espresso viva soddisfazione per progettata visita. Sulla base suo suggerimento ho fatto chiaramente intendere che visita, dato il momento in cui dovrebbe avere luogo, non potrebbe giustifìcarsi di fronte nostra opinione pubblica e avrebbe anzi effetto negativo se non dovesse apportare qualche apprezzabile miglioramento nostra situazione particolarmente nel campo economico. Miei interlocutori ne hanno convenuto, pur facendo presente difficoltà in cui si trova Amministrazione democratica con Congresso repubblicano, il quale intende introdurre regime varie economie in debito pubblico cd esposizioni finanziarie all'estero. Nel pensiero dirigenti Dipartimento di Stato visita potrebbe avere conseguenza pratica di facilitare ad Amministrazione concrctamcnto di un complesso provvedimenti in nostro favore già studiati da tempo, ma cui attuazione incontra difficoltà c che altrimenti rischierebbero trascinarsi alle lunghe.

Ai fini economici meno immediati visita potrebbe essere utile per un personale scambio di vedute con Governo americano circa prestito '47-'48 con particolare riguardo Banca Internazionale.

l Vedi D. 595.

Per quanto concerne poi parte politica, viaggio gioverà sia ai fini generali, per suggellare normalizzazione rapporti due Paesi e riafferm~re tradizionale amicizia su piede perfetta eguaglianza, sia ai fini particolari di impostare francamente pieno ritorno Italia vita internazionale e nostri postulati politici del momento.

Inutile aggiungere che sicuramente visita avrà effetti molto benefici sulla collettività italo-americana.

Mie conversazioni coi suindicati dirigenti Dipartimento di Stato si sono naturalmente svolte su linee anzidette. Essi, d'accordo per parte loro, ne riferiranno dettagliatamente a segretario di Stato. Queste intese assumeranno contenuto più concreto prima della visita la quale ovviamente costituirà elemento decisivo per sperate realizzazioni.

Indico qui di seguito provvedimenti di carattere economico da includere m programma visita:

l) aumento assegnazioni e spedizioni grano primi mesi anno 1947; 2) accreditamento credito 100 milioni dollari Export-Import Bank, arenato da vari mesi; 3) sollecito accreditamento seconda quota 50 milioni «conto sospeso» (versamento prima quota, che sollevò qui obiezioni alcuni membri Congresso, dovrebbe aver luogo entro primi gennaio); 4) presentazione al Congresso disegno di legge prevedente dono 200 milioni dollari all'Italia quale continuazione U.N.R.R.A.; 5) altri provvedimenti economici vari più importanti tra cui preponderante potrà essere impostazione accordo per lo sblocco parziale dei beni italiani bloccati e sequestrati, che Stati Uniti potrebbero incamerare in base art. 69 trattato di pace.

Inoltre visita sarebbe utile indubbiamente per ottenere concreto appoggio americano in vista presentazione nostre richieste prestito alla Banca Internazionale (al riguardo sarebbe ovviamente giovevole sollecitare ratifica nostra Assemblea costituente cui strumento potrebbe nell'occasione essere depositato).

Mi rendo conto beninteso che, riuscendo anche a raggiungere anzidetto scopo in occasione visita, questo viaggio non darebbe risultato eccezionale per possibile estesa aspettativa nostra opinione pubblica. Peraltro si tratterebbe sempre di agevolazioni per nostra situazione economica immediata, derivanti dalla costituzione di questi vari provvedimenti, e di porre fiduciosa base per sviluppo prossime future deliberazioni.

606

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 18927/864. Roma, 15 dicembre 1946, ore 22.

Giornali italiani riproducono not1z1a trasmessa da Washington annunziante che apertura credito favore Italia da parte Import-Export Bank è stata revocata e inoltre codesto Dipartimento tesoro avrebbe sospeso autorizzazione pagamento somma messa nostra disposizione nei suspens accounts.

Tali notizie se confermate sono destinate produrre su opinione pubblica italiana effetto deplorevole data grave situazione economica che nostro Paese attraversa e necessità finanziamenti per superare periodo critico.

Prego ragguagliarmi urgentemente e se necessario intervenire presso codesto Governo nella maniera più efficace 1 .

607

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, E AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 18955/865 ( Washington) 782 (Londra). Roma, 16 dicembre 1946, ore 15,30.

Mentre vengono chiusi i lavori della Conferenza dei quattro ministri degli affari esteri, desidero giungano agli ambasciatori Tarchiani, Carandini, Quaroni e Soragna i miei ringraziamenti per la strenua difesa che essi hanno tentata degli interessi d'Italia.

Prego inoltre V.E. voler accertare quale fondamento abbia la notizia secondo la quale la firma del trattato dovrebbe avvenire a Parigi il 10 febbraio 1947. Se quanto precede risponde a realtà, la comunicazione del testo del trattato dovrebbe avvenire immediatamente giacché il Governo italiano non potrebbe prendere decisioni circa la firma se non dopo di aver interpellato l'Assemblea costituente.

Desidererei anche che fossero accertate le modalità della firma e se cioè il trattato dovrà essere sottoposto preventivamente alla firma dei rappresentanti dei Quattro. Sarà opportuno intanto informare il Dipartimento di Stato e il Foreign Office che, in ogni caso -indipendentemente cioè dall'apprezzamento che l' Assemblea costituente farà sull'opportunità di firmare il trattato -la nostra firma sarà subordinata all'accettazione preventiva del trattato da parte della Jugoslavia 2 .

608

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 21103/1235. Washington, 16 dicembre 1946, ore 20 (per. ore 8 del 17).

Telegramma ministeriale 8643 .

Notizia stampa del tutto inesatta. Circa fondo sospeso nessun mutamento intervenuto: versamento quota già stabilito dovrebbe avvenire l o gennaio mentre sono in corso conversazioni per seconda identica quota.

1 Per la risposta vedi D. 608. 2 Per le risposte di Carandini e Tarchiani vedi rispettivamente DD. 612 e 621. 3 Vedi D. 606.

Circa prestito Import-Export Bank avvento repubblicani ha creato indubbiamente ostacoli come da miei telegrammi 1231-12321• Ho iniziato contatti con esponenti Partito repubblicano che continueranno prossima settimana. Eventuale visita presidente del Consiglio potrà costituire opportuna occasione per superare attuale mutamento ed esitazione.

609

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 2108l/573. Madrid, 16 dicembre 1946, ore 23,15 (per. ore 8 del 17).

Mio telegramma 5722 .

Conferito stamane con ambasciatore d'Inghilterra. Istruzioni da lui ricevute Foreign Office lasciavano a suo giudizio fissare data che avesse ritenuto opportuno per rientrare Londra. Egli ha proposto, anche per ragioni pratiche, salvo contrordini, giorni fra Natale e Capo d'anno. Istruzioni escludevano visita a Franco e davano invece indicazioni circa colloquio con Martin Artajo al quale Mallet proponevasi esporre con molta chiarezza noto punto di vista Inghilterra in accordo con decisioni O.N.U. circa mutamento regime in Spagna. Da parte sua riteneva che nei prossimi sei mesi situazione avrebbe subito sostanziale rivolgimento in questo Paese, benché sia difficile profetizzare in Spagna. Mi disse anche risultargli che Foreign Office era in contatto con ambasciatore Carandini circa posizione italiana dopo decisioni O.N.U. 3 , ma che in ogni modo mi avrebbe avvertito se vi fossero mutamenti o nuove importanti direttive da parte Bevin.

Mi parve dare suo giusto peso nostro allineamento con Nazioni democratiche in questo momento e valutare fondamentale valore politico nostra collaborazione.

610

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. PERSONALE 19005/870. Roma, 17 dicembre 1946, ore 12,15.

Fine Conferenza Quattro parmi costituire occasione favorevole per tuo richiamo. Sono tra l'altro -per ragioni facilmente comprensibili -nella necessità richiedere gradimento Washington per Lombardo prima del Congresso socialista, che si radunerà il 9 gennaio.

I Vedi D. 605. 2 Non pubblicato: con esso Gallarati Scotti accusava ricevuta del D. 600. 3 Vedi D. 601.

Difficoltà nei confronti tuoi è rappresentata dal fatto che non posso procedere al richiamo contemporaneo di Carandini, attualmente impegnato negoziati economici, che concluderò io stessb recandomi Londra seconda quindicina gennaio.

Se non ci sono difficoltà da parte tua, procederei tuo richiamo fine dicembre e nomina Londra appena concluse trattative economiche in corso, cioè verosimilmente fine gennaio 1•

611

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 19019/872. Roma, 17 dicembre 1946, ore 18,40.

Comunico oggi Key mia accettazione per giorno 32 , pur riservandomi eventuale modificazione data in rapporto situazione interna. Insisto anche perché comunicato venga differito all'ultimo termine possibile e si evitino indiscrezioni.

Testo e tempo comunicato dovranno fissarsi comune accordo. È mia preoccupazione non destare nello stato febbrile del Paese soverchie aspettative cui non corrispondano concessioni. Tuo elenco 1232 3 parmi soddisfacente, ma non comprendo manovra up circa Import-Export Bank.

Raccomandomi vivamente tua preparazione4 .

612

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 21172-2114111239-1240. Londra, 17 dicembre 1946, ore 21,40 (per. ore 9,30 del 18).

Comunico a codesto ministero che questa ambasciata, prendendo spunto ammissione dell'Albania tra le Nazioni «associate» agli effetti sia pure parziali del nostro trattato di pace, ha ripreso con questo Ministero degli affari esteri questione partecipazione italiana alla formulazione della pace con la Germania. Giorni fa ne

1 Per la risposta vedi D. 613.

2 Vedi D. 587, nota 2.

3 Vedi D. 605.

4 Un appunto manoscritto di Canali in data 17 dicembre dice: «Nella telefonata odierna Tarchiani dice: a) si tratta di una presa di contatto generica, utilissima; b) si potrà regolare la questione granaria; c) ha ricevuto telegramma di richiamo per il 31 dicembre [vedi D. 610], occorrerebbe dar corso all'annuncio del suo invio a Londra; dj il presidente potrebbe portarsi eventualmente Zoppi (con Messeri?); e) la stagione è fredda>>.

avevo parlato con Hoyer-Millar e ne ho riparlato a lungo ieri anche con McNeil che mi pare si renda pienamente conto dei motivi di principio e di sostanza che sono alla base della nostra richiesta. Mi ha assicurato che da parte di Bevin e sua avrebbe massimo appoggio affinché già in sede discussione trattato «sia dato all'Italia il massimo credito» per il suo contributo senza riserve contro la Germania e sia dato a noi il modo di far valere le nostre ragioni in merito.

Comunico a codesto ministero che in colloqui che ho avuto ieri con Hoyer-Millar ho appurato che da parte dei delegati supplenti si sta completando stesura definitiva trattato e relativa traduzione; testo autentico ci verrà subito sottoposto in modo che l'Assemblea costituente possa esprimersi prima del 10 febbraio 1947, epoca per intanto prevista per la firma dell'Italia che dovrà seguire immediatamente quella dei Quattro Grandi.

In base al telegramma n. 782 di codesto ministero pongo al Foreign Office preciso quesito, comunicando riserva di cui all'ultimo capoverso del predetto telegramma n. 782 1•

613

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. PERSONALE 21170/1239. Washington, 17 dicembre 1946, ore 22,18 (per. ore 9,30 del 18).

Mi rendo conto motivi tuo telegramma 870 2 e per quanto concerne mia persona non desidero che facilitare tuo progetto.

Ho peraltro il dovere farti presente che annunzio mio richiamo alla vigilia o durante visita ufficiale De Gasperi potrebbe avere, a mio giudizio, effetto negativo e ripercussioni sfavorevoli per illazioni che potrebbe trame questo Governo e questa opinione pubblica sia su contatti in corso per assicurare risultati sostanziali visita stessa, sia su conversazioni conclusive che avverranno durante presenza De Gasperi qui. Ciò tanto più che per queste autorità e per il pubblico tratterebbesi di mio richiamo puro e semplice.

Perciò, qualora tu ritenessi indispensabile annunciare mio richiamo nei termini tuo telegramma, credo gioverebbe alla mia posizione qui, per gli importanti scopi che la visita del presidente si propone, rendere noto contemporaneamente ritiro volontario Carandini (ove egli sia d'accordo) e mia destinazione a Londra, che diverrebbe effettiva dopo viaggio De Gasperi e conclusione tue trattative economiche con inglesi. .

Ti ringrazio vivamente fiducia che mi rinnovi e ti assicuro continuerò servire massimo impegno superiori interessi Paese 3 .

I Vedi D. 607. 2 Vedi D. 610. 3 Per la risposta vedi D. 619.

614

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 3522/1803. Roma, 17 dicembre 1946 (per. il 18).

Telespresso ministeriale n. 14/40187/258 del 4 dicembre 1•

Ringrazio codesto ministero per avermi cortesemente comunicato il suo punto di vista in merito all'interpretazione degli articoli 8 e 21 del Trattato del Laterano ed agli articoli 15, 29 (lett. g) e 42 del Concordato, alla luce dell'avvenuto mutamento della forma istituzionale dello Stato.

In conformità delle istruzioni contenute nell'ultima parte del telespresso al quale rispondo, mi sono limitato ad intrattenere verbalmente il segretario di Stato per gli affari ecclesiastici straordinari sulle disposizioni che il Governo italiano intende dare per l'interpretazione dell'art. 21 del trattato, che dispone che ai cardinali vengano tributati gli onori dovuti ai principi del sangue. Mons. Tardini ha tenuto ad esprimermi il vivo apprezzamento della Santa Sede per la cortese comunicazione nella quale mi ha detto di ravvisare un atto di premura e di riguardo che giungerà particolarmente gradito al Sacro Collegio. In via amichevole mi ha tuttavia pregato di chiedere a codesto ministero se, nella circolare da diramare ai prefetti ed alle autorità militari, non ritenga possibile di sostituire alla formula indicata «onori che è di uso tributare ai principi del sangue di case regnanti straniere in visita ufficiale», la formula «onori tradizionali». A chiarimento della sua proposta, mons. Tardini ha rilevato che nel Sacro Collegio i cardinali italiani sono di gran lunga il gruppo più importante, sicché per questi ultimi il sapersi equiparati ~ sia pure a soli fini pratici ~ ai principi «stranieri» potrebbe essere fonte di rammarico e di imbarazzo. D'altra parte l'espressione «onori tradizionali» non solleverebbe, secondo mons. Tardini, alcun dubbio interpretativo, in quanto tali onori sono ormai stati consacrati da una lunga prassi, che rimonta ad epoca di molto anteriore alla firma del Trattato del Laterano.

Mi sono limitato a rispondere a moos. Tardini che avrei fatto presenti al superiore ministero le sue considerazioni e mi sono riservato di dargli appena possibile una risposta al riguardo.

Sarò pertanto grato per le istruzioni che si crederà di impartirmi sull'argomento.

615

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 21198/576. Madrid, 18 dicembre 1946, ore 18 (per. ore 23).

Alto funzionario questo Ministero affari esteri, venuto da me per ragioni private, approfittando incontro mi espose, in via confidenziale, pensiero ministro

I Vedi D. 576.

Martin Artajo circa nostri rapporti diplomatici quali si prospettavano dopo deliberazione O.N.U. Pur non (dico non) facendosi illusioni su possibilità che l'Italia non ritirasse suo ambasciatore, egli sperava che forma moderata e cortese tale ritiro permettesse continuazione trattative commerciali accordi in corso col minor danno possibile. A questo proposito anzi osservava con compiacenza, anche secondo relazione ricevuta da ambasciatore Sangroniz, che stessa stampa italiana di sinistra si era mostrata per l'occasione assai moderata.

Segnalo tale comunicazione a conferma opportunità seguire linea di condotta prospettatami da V.S. con telegramma 339 1 e che ritengo la migliore onde evitare ripercussioni sfavorevoli sui nostri importantissimi interessi permanenti e che d'altronde mi sembra corrisponda intenzioni stesso Governo britannico.

616

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 21373-21372/578-580. Madrid, 21 dicembre 1946, ore 22,40 (per. ore 12 del 22).

Mi riferisco ai telegrammi 342 di codesto ministero 2 e 573 di questa ambasciata 3 .

L'ambasciatore d'Inghilterra mi ha convocato stamani a colloquio assieme ai ministri di Olanda e di Turchia per leggermi le istruzioni del suo Governo, che egli aveva sollecitate in vista del suo colloquio di oggi con questo ministro degli affari esteri e che riassumo qui di seguito. Per quanto il Governo britannico non avesse ancora ricevuto comunicazione ufficiale della deliberazione dell'O.N.U., esso la riteneva sufficientemente nota per dedurne le debite conseguenze. L'ambasciatore britannico sarà quindi invitato a rientrare con una formula però che lo lascerà accreditato a Madrid (not recalled but withdrawn), mentre la compagine della rappresentanza resterà intatta. L'ambasciatore d'Olanda ha ricevuto istruzioni analoghe. Secondo Mallet ed il ministro ol_andese, le istruzioni sarebbero state così compilate per evitare che, nel caso che si verificasse un mutamento della situazione con conseguente possibile formazione di un governo provvisorio di transizione, sia necessario un nuovo accreditamento o si incorra nel rischio di rimanere senza capo missione proprio in un momento decisivo. Prevedo che l'ambasciatore d'Inghilterra partirà ad una data molto prossima. Il ministro olandese ha dichiarato da parte sua di aver ricevuto istruzioni di non partire prima del rappresentante britannico. Il ministro di Turchia è tuttora senza istruzioni. Riferisco con separato rapporto 4 sull'attuale situazione spagnola nei riguardi

I Vedi D. 600.

2 Con T. 19194/342 del 20 dicembre Nenni aveva comunicato: «Il Consiglio dei ministri ha deciso che ella deve rientrare. Pregola venire quanto prima Roma e riferire circa la situazione e possibile sistemazione codesta ambasciata>>.

3 Vedi D. 609.

4 Non pubblicato.

718 della quale la conversazione che ha avuto luogo con i tre diplomatici succitati ha rivelato un perfetto accordo col mio punto di vista.

Comunico a codesto ministero che, secondo le direttive che mi sono state impartite con i telegrammi n. 339 1 e 342 ed a seguito del colloquio che ho avuto con l'ambasciatore di Inghilterra ritengo opportuno fissare la mia partenza per il 27 corrente via Parigi giungendo a Milano il giorno 30 per proseguire o immediatamente per Roma o fermandomi a Milano fino al 2 gennaio secondo ciò che la S.V. vorrà indicarmi 24 corrente preferibilmente. Sempre in relazione ai telegrammi n. 339 e 342, pur lasciando sussistere nel mio prossimo colloquio con questo ministro degli affari esteri 2 nessun equivoco circa i motivi del mio richiamo, sceglierei, salvo contrario avviso, per consuete notificazioni ufficiali circa la mia partenza, forma nota verbale in cui sia detto che sono richiamato a Roma per conferire e che lascio il consigliere dell'ambasciata quale incaricato d'affari ad interim 3 .

617

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. RISERVATISSIMO 2897. Sofia, 21 dicembre 1946 (per. il 27).

Ho l'onore di far seguito al mio rapporto n. 2896 4 in data 10 corrente.

Il Governo bulgaro ha oggi emanato il seguente comunicato: «Il presidente del Consiglio Dimitroff ha ricevuto il 19 corrente il ministro plenipotenziario italiano signor Mameli, che dopo il suo soggiorno in Bulgaria di tre anni ritorna questi giorni in patria.

Nel colloquio con il presidente del Consiglio il signor Mameli ha espresso le proprie buone impressioni sulla nuova Bulgaria, ha ringraziato per le attenzioni di cui è stato oggetto da parte del Governo bulgaro e si è soffermato sulle possibilità concrete per lo sviluppo delle relazioni commerciali e culturali tra l'Italia e la Bulgaria, come pure sugli ostacoli che ci sono in tal senso.

Il presidente del Consiglio da parte sua ha sottolineato il desiderio del Governo bulgaro di stabilire quanto prima possibile normali relazioni commerciali e culturali tra la Bulgaria e l'Italia, ugualmente interessate del giusto regolamento e rafforzamento della pace nel dopoguerra ed ha augurato al signor Mameli un buon viaggio e buon successo nella sua nuova carica in patria».

Questa manifestazione del nuovo Governo bulgaro chiude una serie di dimostrazioni cui la mia partenza ha dato occasione ma che sono anche state deliberatemente scelte dallo stesso Governo.

l Vedi D. 600. 2 Vedi D. 624. 3 Nenni rispondeva con T. 19366/344 del 23 dicembre dichiarandosi d'accordo. 4 Vedi D. 593.

Occorre prima di tutto ricordare che ormai attraverso il tenue schermo del Fronte Popolare il potere è stato assunto dai comunisti, che Dimitroff, già capo del Komintern, è oggi presidente del Consiglio bulgaro. La responsabilità del potere si manifesta.

Certamente i bulgari pensano, e me lo hanno anche ampiamente detto, che dopo tre anni e mezzo di soggiorno in Bulgaria ho avuto campo di rendermi conto delle cose locali. Ricordano anche che, internato con il personale fedele della legazione, ho vissuto in questo Paese vicende piuttosto fuori dell'ordinario, e ho avuto modo di conoscere uomini e cose come raramente un diplomatico può farlo. Tra poco ripasserò verso occidente la «cortina di ferro», o come i russi amano chiamarla la «cortina di velluto». È naturale che i bulgari al potere pensino che fuori della cortina quello che io riferirò potrà avere qualche peso.

Le dimostrazioni cui sono stato oggetto in Sofia nell'imminenza della mia partenza sono state rilevate anche dagli osservatori stranieri e commentate come segni di qualche importanza nel loro significato politico verso il nostro Paese -al di là della mia persona -e anche come un sintomo di minore irrigidimento in generale di questo Governo.

Avevo seguito la via strettamente protocollare; ho domandato udienza e fui ricevuto dapprima dal presidente-provvisorio -della Repubblica, il signor Vassil Kolaroff, comunista. Mi ha parlato molto cortesemente, non dimenticando di essere un uomo di partito, ma non entrando in alcun argomento di speciale importanza. Era stato deciso di insignirmi di una decorazione. Nonostante il contrario avviso dell'ufficio del protocollo, ma agendo evidentemente su istruzioni ricevute, Kolaroff ha voluto rimettermi egli stesso le insegne del Gran cordone dell'Ordine del merito civile, il solo ordine che la Repubblica ha conservato. Anche questo fatto è stato ampiamente commentato. Successivamente il vice presidente del Consiglio e ministro degli affari esteri, Kimon Gheorghieff, zvenaro, ha offerto una colazione in cui era soprattutto importante l'impreveduto discorso. Egli ha ricordato che in questo Paese io avevo avuto agio di conoscere meglio che tanti stranieri il popolo bulgaro, visto che il mio soggiorno non si era limitato alla capitale, ma che avevo avuto anche occasione nel mio internamento di vivere «in provincia» assieme ad altri ottanta italiani della legazione. Egli ha concluso con il solito ritornello e cioè con la speranza che da questa esperienza io avessi conservato un buon ricordo di questo Paese. L'ho assicurato che di fatto conservo il miglior ricordo del popolo bulgaro che a differenza delle autorità del tempo era stato sempre con noi cortese ed ospitale.

Sempre secondo la consuetudine protocollare avevo domandato udienza anche al presidente del Consiglio, Gheorghi Dimitroff. In un primo tempo mi fece rispondere che era ammalato e che si scusava di non potermi ricevere. So che è realmente ammalato. Subito dopo la colazione offerta dal ministro degli esteri, mi fece sapere che desiderava vedermi e che si scusava di ricevermi a casa sua invece che in città e in ufficio. Sono andato a casa sua -una delle sue case di Sofia e nei dintorni -e l'esperienza è una di quelle che non si dimenticano. L'accoglienza fu estremamente cordiale. Il colloquio a mezzo di un interprete, che dovette faticare non poco perché il bulgaro che parla Dimitroff è più russo che bulgaro, durò quasi un'ora. Dimitroff, qualunque cosa ne dicano i suoi nemici, è certamente qualcuno. Fisicamente appariva assai depresso. Secondo fonti attendibili un medico russo è arrivato recentemente a Sofia per curare lui e l'esarca. Nel viso pallido ed emaciato brillavano occhi che denotavano una incrollabile volontà ed una chiara se anche costretta intelligenza. Era vestito come sogliamo vedere nei suoi ritratti Stalin. È entrato in argomenti di primo piano senza esitazione. Dopo i convenevoli superati con una maniera che ho ammirato in chi ha scarsa pratica di consuetudini diplomatiche, mi ha domandato direttamente quale era il mio sincero giudizio sugli attuali rapporti fra Italia e Bulgaria. Gli ho risposto senza esitazione che erano eccellenti ma platonici; ha gustato la risposta e senz'altro è entrato nell'esame di quello che si può fare per renderli concreti. Gli ho ricordato che abbiamo già stabilito basi con ·gli organi competenti per scambi commerciali e culturali, ma che attualmente non abbiamo comunicazioni che ci permettano di realizzare tali scambi. Ad esempio una nostra linea di navigazione arriva sino ad Istambul ma -se le mie informazioni sono esatte -non può proseguire come una volta sino ai porti del Mar Nero. Con pronta e caratteristica illazione, Dimitroff ha obbiettato che ciò dipende probabilmente dai turchi. Ho risposto che nella mia opinione non è così. In base alla Convenzione di Montreux, i turchi non hanno nessun potere di fermare i nostri piroscafi commerciali attraverso gli Stretti, e non hanno d'altronde nessun interesse di farlo. Dimitroff ha preso nota. Intendo che ha preso nota per iscritto. Aveva davanti un foglio su cui faceva disegni e prendeva appunti. Il comunicato odierno ne è la conseguenza.

Ho continuato ricordando al presidente del Consiglio che a nord la via naturale verso l'Italia è oggi chiusa con la Bulgaria perché non soltanto non vi sono relazioni diplomatiche fra Italia e Jugoslavia, ma anche perché vi sono gravi questioni in corso fra i due Paesi. Dimitroff ed io abbiamo convenuto nella speranza e nell'auspicio che questo stato di cose sia solo temporaneo. La conversazione ha proseguito in termini franchi, e, nel tono sempre amichevoli, di rilevante interesse sui rapporti i taio-jugoslavi.

Su questo piano ha proseguito su argomenti più generali e di non minore interesse, e Dimitroff è arrivato sino a domandare il mio aperto parere sulle relazioni fra Bulgaria e Stati Uniti d'America, e sulla drammatica situazione in Grecia. Tutti questi argomenti sono di troppo grave e di troppo delicato interesse perché io mi attenti a segnalarli ora per iscritto, al momento in cui sto partendo, e mi riservo di riferirne a voce come meritano al mio rientro a Roma.

Non vi è dubbio che Dimitroff controlla oggi la Bulgaria e che è forse anche l'inviato di Mosca nei Balcani. La sua parola, i suoi intendimenti hanno un peso che non va trascurato. Il comunicato odierno è un indice che va considerato. Tutto ciò può essere, nel giuoco internazionale, mentre si attende la firma dei trattati, semplicemente una manovra; sappiamo che per i comunisti il tempo non conta, ma conta per noi, e ogni fase ha valore.

E perciò ritengo che tutto quello che potrà essere fatto per cogliere l'occasione di stringere, dopo un intervallo di quasi tre anni -chiusi ad ogni sforzo -rapporti commerciali e culturali con la Bulgaria deve essere nostro scopo immediato in questo Paese. È un momento di buone disposizioni -per quello che contano. Non dobbiamo !asciarcelo sfuggire.

La buona volontà di Dimitroff è andata sino a dirmi che non tutte le vecchie idee e le vecchie tradizioni devono essere scartate e che alcune di esse vanno osservate e rispettate. Una grande concessione per un uomo simile. A differenza dell'altro comunista presidente provvisorio della Repubblica, egli ha facoltà di parlare e di adoperare concetti che non siano esclusivamente ortodossi. Finché dura e per quello che vale debbo insistere che cogliendo l'occasione della mia partenza, dopo una lunga permanenza in questo Paese, il nuovo Governo bulgaro ha mostrato, come non era stato fatto mai da nessun precedente Governo dell'O.F., un desiderio di più stretti e sostanziali rapporti con l'Italia. Questo fatto viene registrato anche dagli osservatori stranieri che commentano queste manifestazioni verso il nostro Paese -ancora una volta desidero precisare che astraggo la mia persona -se non esattamente come un mutamento di politica, almeno come un miglioramento delle consuetudini vigenti, sinora piuttosto disinvolte nei riguardi dei Paesi occidentali.

Nel quadro della lotta sinora in atto tra i due blocchi, quello orientale e quello occidentale, questo nuovo elemento viene interpretato come una conferma di una certa buona volontà da parte del Governo bulgaro -superfluo ricordare che esso non agisce per conto suo -di allargare la cerchia delle sue buone relazioni, e di contribuire così a quel momento di distensione che tutti e due i blocchi sembra stiano attualmente cercando.

In questo giuoco noi contiamo attualmente poco, e probabilmente è meglio così. La Bulgaria è un piccolo Paese. Abbiamo tuttavia qui ingenti interessi che dobbiamo sino all'estremo limite proteggere e salvaguardare. Possiamo ristabilire traffici che potranno essere di grande interesse come lo furono in passato per il nostro Paese. Qualunque sia quindi il movente di questo momento di buona volontà bulgara verso di noi, è un'occasione che a mio subordinato avviso non dovremmo !asciarci sfuggire.

E infine Dimitroff mi ha domandato con molto interesse del mio successore e particolarmente se lo conoscevo. Mi ha dato così occasione di ripetergli quanto avevo già detto al presidente della Repubblica e al ministro degli affari esteri e cioè che lo conosco assai bene e che sono legato a lui da antica amicizia dato che entrammo in carriera nello stesso concorso. L'ho assicurato che le alte qualità che ha dimostrato in lunghi anni di pratica diplomatica e in posti di molta responsabilità sono sicura garanzia che contribuirà nella maniera più efficace a rinsaldare in ogni campo i rapporti italo-bulgari.

618

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

T. 193861797. Roma, 23 dicembre 1946, ore 18.

Trasmettesi seguente telegramma dell'ambasciatore Carandini per Migone:

«Ministro Nenni conterebbe venire Londra non oltre 15 gennaio desiderando comunque avvenga prima inizio discussioni trattato Assemblea costituente. Pregola mettere in evidenza debita al Foreign Office questa opportunità. Durata soggiorno Londra non dovrebbe superare tre giorni dovendo ministro proseguire poi per Parigi; esclude quindi sua andata Oxford. Prego telegrafare appena possibile se data suddetta conviene Bevin. CARANDINI».

619.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. PERSONALE 19387/883. Roma, 23 dicembre 1946, ore 18,30.

Suo 1239 1•

Ho atteso arrivo Roma Carandini per decidere circa progettato movimento.

Viaggio De Gasperi a Washington, mio a Londra rendono necessario rinvio mo

mento più favorevole.

620

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. S.N.D. 19423/c. Roma, 24 dicembre 1946, ore 13.

Intervallo fra chiusura sessione New York del Consiglio dei ministri degli affari esteri e convocazione sessione Mosca nel marzo prossimo sembrami periodo opportuno per risollevare dinanzi ai Quattro questione partecipazione italiana stipulazione pace con Germania per rivendicazione diritti nascenti da cobelligeranza e regolarizzazione rapporti derivati da dichiarazione guerra 13 ottobre 1943 che mancata ammissione italiana a firma strumenti resa germanica ha lasciati in sospeso con dannose conseguenze giuridiche e pratiche.

Richiamandomi alle precedenti istruzioni in materia, pregola riprendere in esame questione e intervenire presso codesto Governo nel modo più efficace.

(Solo per Londra) Ciò mi sembrerebbe tanto più opportuno e tempestivo in considerazione dell'accenno fattole da McNeil, di cui al suo telegramma n. 1239 del 17 corrente 2 .

621

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 21486/1252. Washington, 24 dicembre 1946, ore 14,04 (per. ore 12 del 25).

Mi riferisco al telegramma di codesto ministero n. 865 3 .

In questi giorni dovranno giungere a Roma i membri della nostra delegazione presso la Conferenza dei ministri degli esteri. Essi recheranno con loro il testo

l Vedi D. 613.

2 Vedi D. 612. Per le risposte di Migone, Benzoni e La Terza vedi rispettivamente i DD. 640, 647 e 634. Non è stata rinvenuta una risposta telegrafica di Tarchiani.

3 Vedi D. 607.

completo del trattato che potrà subire solo minime modifiche di forma da parte del comitato di redazione. Tale testo è stato fornito in via confidenziale dalla delegazione americana che ha raccomandato vivamente di non divulgarlo prima della pubblicazione ufficiale.

Qualora occorra fornire delucidazioni al Dipartimento di Stato in merito all'argomento di cui al telegramma di codesto ministero prego inviarmi istruzioni telegrafiche.

622

IL MINISTRO A SOFIA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 21459/172. Sofia, 24 dicembre 1946, ore 18,10 (per. ore 8 del 25).

Questo Consiglio superiore d'economia ha fatto compiere presso questa legazione un discreto sondaggio per conoscere se una eventuale proposta ufficiale bulgara di trattative per un accordo commerciale itala-bulgaro sarebbe da noi bene accetto. Ho risposto che ritenevo da parte mia che proposte sarebbero state da noi favorevolmente ed amichevolmente considerate. Da parte bulgara è stato concertato che eventuali trattative, causa impegni loro delegazione per trattative con il Governo ellenico, non potrebbero avvenire prima della seconda metà di febbraio.

623

IL MINISTRO A DUBLINO, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER AEREO 21739/041. Dublino, 24 dicembre 1946 (per. il 2 gennaio 1947).

Mi sono recato oggi da de Valera per gli auguri di fine d'anno e per esprimergli ancora una volta i ringraziamenti del Governo e del popolo italiano per la generosa opera di assistenza svolta finora dall'Irlanda in favore dell'Italia.

Nel corso della conversazione, che è stata improntata alla maggior cordialità, egli mi ha rivolto parecchie domande sulla nostra situazione interna ed internazionale, alle quali ho risposto uniformandomi ai principi fondamentali della nostra politica estera enunciati dal ministro Nenni nelle sue recenti dichiarazioni e discorsi. Egli mi ha dichiarato che l'Irlanda attribuiva il più grande interesse ad un rapido e pieno rientro dell'Italia nella vita internazionale quale fattore positivo per il mantenimento della pace. Egli mi ha quindi richiamato i legami storici culturali e religiosi che uniscono i due Paesi e le stesse affinità che si riscontrano tra le due popolazioni, per confermarmi la spontaneità dei sentimenti di simpatia e di amicizia del suo Paese verso di noi. Ho riferito a suo tempo sulle dichiarazione fattemi da de Valera circa la necessità di una giusta pace per l'Italia, e riferii anche dell'iute

ressamento da lui allora dimostrato verso le rivendicazioni austriache sull'Alto

Adige 1• Egli mi ha questa volta esplicitamente dichiarato che il suo Governo aveva

visto con simpatia il raggiungimento di un accordo diretto sul problema. Egli mi

ha quindi chiesto se avevo notizie sull'avvenire delle nostre antiche colonie. Gli ho

risposto che la questione era stata rinviata e gli ho riferito le dichiarazioni fatte in

proposito dal ministro Nenni e la speranza che esse possano venire restituite all'I

talia in amministrazione fiduciaria. Egli ha convenuto con me che era questa la

soluzione oltre che giusta sotto l'aspetto morale, per il poderoso sforzo compiuto

da noi per la valorizzazione di quei territori ed il benessere delle popolazioni, anche

politicamente più saggia ed accettabile nel quadro dei conflitti che si agitano fra le

grandi Potenze per il predominio del Mediterraneo.

De Valera mi ha anche espresso la speranza che un accordo diretto con l'Etiopia possa permettere a molti italiani di continuare a risiedere in quello Stato e contribuire alla sua prosperità. De Valera mi ha infine accennato al discorso pronunciato ier l'altro dal papa, dimostrandosi impressionato dal fatto che questa volta il pontefice abbia ritenuto necessario di elevare così forte la sua voce. Si tratta naturalmente di uno dei punti più sensibili per l'Irlanda, capace di modificare anche sostanzialmente tutto l'atteggiamento politico del Paese. Non ho mancato di fargli presente che si trattava di un fenomeno che non in volgeva il popolo italiano; che esso trovava il suo fondamento anche nel campo morale -connesso quindi alle ripercussioni della crisi del dopo guerra che l'Italia stava faticosamente sormontando -al cui risanamento tutte le correnti politiche italiane erano concordemente interessate.

La conversazione si è infine volta alla questione della partecipazione dell'Irlanda all'O.N.U. Ho già precedentemente riferito a codesto ministero con quanto vigore de Valera aveva difeso a suo tempo in Parlamento la opportunità di una partecipazione dell'Irlanda alla organizzazione mondiale di sicurezza. Questa volta egli si è mostrato meno entusiasta. Devo attribuire questo raffreddamento da un lato alla poca popolarità che l'O.N.U. gode nel Paese e di cui de Valera risente gli echi attraverso la stampa della provincia e nello stesso Parlamento, e dall'altro, più che alle difficoltà incontrate nella ammissione all'O.N.U., alla realtà degli impegni che vengono così assunti, quali sono emersi ad esempio dalla recente deliberazione concernente la Spagna franchista. De Valera infatti non mi ha nascosto che l'Irlanda avrebbe nel caso sostenuto il principio di lasciare ogni decisione alle stesso popolo spagnolo. Egli mi è apparso poi profondamente umano quando, esprimendo dei timori per l'avvenire, ha accennato alla necessità di una azione concorde di tutti i popoli per evitare la sciagura di una nuova guerra. Questa, egli ha detto, apparirebbe come una catastrofe definitiva ed irreparabile per l'intera umanità non solo perché difficilmente potrà essere evitato l'uso delle armi modernissime, ma perché ancor più da paventarsi è lo spettro della guerra biologica.

Ritornando all'Italia de Valera, che ha mostrato di gradire tutte le informazioni da me fornitegli, e che ha mostrato pieno apprezzamento per gli sforzi che il nostro Paese sta compiendo per la sua ricostruzione e la sua rinascita alla vita democratica, mi ha infine rinnovato l'augurio che anche le gravi difficoltà di ordine economico di cui essa è oggi angustiata possano essere presto sorpassate.

l Vedi D. 14.

624

L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 21579/061. Madrid, 26 dicembre 1946 (per. il 28).

Oggi ho visto questo ministro esteri in visita di congedo. Martin Artajo, dopo avermi espresso in modo estremamente cordiale suo dispiacere per mia partenza, assumendo tono sostenuto mi ha manifestato profondo rammarico per decisione Italia, che egli ha definito particolarmente grave in quanto non obbligata e in quanto contrastante con atteggiamento altri Paesi democratici, sia non appartenenti all'O.N.U. come Svizzera, sia membri di essa come Turchia, che finora non risulta qui abbia preso alcuna decisione per conformarsi deliberazione Assemblea Nazioni Unite. Martin Artajo ha soggiunto che un fatto di tale gravità non può avvenire invano, e che Spagna desiderava che Governo italiano sapesse che dignità è ciò a cui sopra ogni cosa tengono popolo e Governo spagnolo. Martin Artajo ha aggiunto sua deplorazione essere tanto più viva in quanto Spagna credeva aver dato sincere e ripetute prove sua buona volontà: anzitutto, accettando senza indugi mia missione con piena forma di accreditamento, proprio quando Nord Italia era sottoposto a Governo ligio ai tedeschi che premevano per suo riconoscimento; aveva poi riconosciuto debito di guerra come debito fra popolo e popolo, nonostante che nell'autorevole opinione di molti esso fosse considerato come debito fra regime e regime, tanto che un deputato inglese recentemente giunto in Spagna per conto di Churchill, il signor Roberts, ricordando che la Spagna è usa a tener fede ai propri impegni, aveva accennato che ciò era avvenuto persino per un debito di tal genere; aveva restituito sotto forma di olio il grano a suo tempo ricevuto; aveva infine liberato, con provvedimento eccezionalissimo per qualunque Stato o regime, cinque italiani condannati per essere penetrati in territorio spagnolo con le armi alla mano. Ministro esteri ha soggiunto che Spagna aveva impostato rapporti con Italia su base interessi reali, prescindendo da qualsiasi apprezzamento ideologico e che pronto riconoscimento risultato consultazione popolare del 2 giugno u.s. ne era la migliore e più recente dimostrazione. Ciò facendo Spagna riteneva però poter attendersi analogo atteggiamento da parte italiana. «Devo dirvi», ha dichiarato a questo punto Martin Artajo, «che vostra richiesta proroga accordo commerciale giunta mentre Italia si accingeva a ritirare ambasciatore, ci è apparsa alquanto singolare. Tuttavia sono riuscito ad ottenerla al Consiglio dei ministri, nonostante che tutti fossero ad essa contrari».

Chiestogli allora cosa pensasse delle imminenti trattative commerciali, Martin Artajo mi ha risposto molto nettamente che tutto sarebbe dipeso dall'atteggiamento nostro nell'immediato futuro e che, nell'attesa, pensava fosse preferibile aspettare fine gennaio-primi febbraio per eventuale inizio negoziati.

Martin Artajo ha infine tenuto ancora a marcare che da parte spagnola non si voleva per ora pronunciare nessuna parola definitiva né chiudere nessuna porta, lasciando invece a noi la responsabilità degli atti successivi e mi ha dichiarato che suo Governo avrebbe per ora aspettato a richiamare suo ambasciatore da Roma.

Ha concluso affermando che Spagna avrebbe proseguito nel suo programma di evoluzione democratica e che era a buon punto preparazione legge referendum per regolare problema successorio e che pressioni esterne non sarebbero valse modificare programma prefisso.

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L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. SEGRETO S.N. Roma, 26 dicembre 1946.

Ella già conosce dai miei telegrammi a dai miei resoconti quali siano stati gli sviluppi delle conversazioni itala-jugoslave di New Y ork. L'ultima comunicazione fattami da Bebler (mio telegramma n. 124-125) 1 ha avuto sia nella forma che nella sostanza un carattere un pò differente dalle precedenti e tale da fare supporre che le eventuali trattative che dovranno svolgersi a Belgrado saranno anche meno facili di quel che sarebbe stato possibile di prevedere.

Si potrebbe avanzare l'ipotesi che a New Y ork avevo avuto occasione di parlare con Simic e con Bebler, due persone, relativamente, più ragionevoli di Kardelj e Tito, mentre la risposta di Belgrado è l'espressione del pensiero di questi ultimi due: non sono però del tutto sicuro che il differente tono sia dovuto esclusivamente alle differenze di persone. La mia impressione è che nei giorni trascorsi tra l'ultimo ed il precedente colloquio sia anche intervenuto un fatto nuovo, una precisazione dell'atteggiamento del Governo di Belgrado, alla quale non è probabilmente del tutto estraneo il Governo sovietico.

I miei interlocutori di New Y ork mi avevano fatto sempre chiaramente intendere che Belgrado non avrebbe firmato il trattato di pace sulla linea francese, ma, fino al 13 mattina, in queste loro affermazioni non si sentiva la stessa sicurezza che essi mostravano a Parigi. Il 13, Bebler mi ha parlato come a Parigi. È lecito, secondo me, avanzare l'ipotesi, che nel frattempo gli jugoslavi abbiano avuto, dai russi, l'assicurazione che l'U.R.S.S. non avrebbe imposto a Belgrado la firma.

So che, dicendo questo, dico qualche cosa che è contrario all'opinione dei francesi -che mi hanno detto più volte che Mosca è seccata dell'atteggiamento jugoslavo -e degli americani. Questi ultimi pensano che la Russia obbligherà la Jugoslavia a firmare perché, se non lo facesse, cadrebbe il principio che è a base delle riunioni dei Quattro Grandi: esse partono infatti dal presupposto che la Russia possa «consegnare la merce», ossia far accettare le sue decisioni ai suoi satelliti: qualora questo si mostrasse non vero la base della Conferenza dovrebbe essere estesa, che è appunto quello che gli americani hanno sempre voluto e quello a cui i russi si sono costantemente opposti. Tutti poi, in genere, ritengono che se gli

l Vedi D. 598.

jugoslavi non firmano, sarebbe un grave errore perché, non firmando, tutta la questione si riapre e con ciò stesso si riapre la possibilità di soluzioni più favorevoli a noi (per esempio linea Morgan).

Tutto questo ha, indiscutibilmente, un fondo di verità: può essere anche che, alla fin dei conti, gli jugoslavi, non firmando, ci rendano un servizio: con tutto ciò io resto della mia opinione che gli jugoslavi non firmano per ora con il consenso dei russi.

A mio avviso il ragionamento dei russi è il seguente. Il 10 di marzo si debbono iniziare, a Mosca, le conversazioni sulla Germania, la questione chiave del continente europeo. Gli americani vogliono l'unificazione della Germania: i russi vogliono lo stesso, ma con mezzi e per scopi differenti. La tattica diplomatica dei russi è, fondamentalmente, sempre la stessa: essi contano, prima, di condurre inglesi ed americani alla discussione col loro ostruzionismo, poi, o alla Conferenza di Mosca, o a qualche successiva, proporre come soluzione una formula compromissiva che, apparentemente, venga incontro alle richieste americane, ma che contenga qualche trucco che permetta poi ai russi di fare quello che vogliono: qualche cosa sul genere delle formule di Mosca per i Governi rumeno e bulgaro. Supponiamo che ciò avvenga, che il signor Byrnes possa tornarsene in America con gli allori dell'uomo che ha risolto, secondo le esigenze americane, l'imbroglio tedesco: nell'atmosfera di euforia che per qualche tempo ne risulterà, mettiamo che i russi dicano: «tutto è risolto, non resta che la questione della frontiera italo-jugoslava. Facciamo ancora qualche concessione agli jugoslavi perché firmino». È proprio sicuro che gli americani resisteranno?

Questo, secondo me, è il piano russo di azione: le concessioni, non sostanziali del resto, che i russi hanno fatto agli anglo-americani a New York, hanno avuto lo scopo di creare una certa distensione che dovrebbe, a sua volta, mettere gli americani in uno stato d'animo più disposto a contentarsi per la Germania di una formula russa equivoca. Certamente i russi hanno teso la corda un pò troppo nelle loro relazioni con gli americani: il giuoco delle formule equivoche è stato ripetuto un pò troppe volte: ciò nonostante sarebbe azzardato il dire che questo piano certamente fallirà. Di tutti gli americani con cui ho parlato di queste mie supposizioni, non ne ho trovato uno solo che sia stato categorico nel dirmi che questo non avverrà: il meno che si può dire è che il suo successo o meno può dipendere, in gran parte dalle necessità del momento della politica interna americana: e questa politica interna è oggi troppo confusa e instabile perché si possano fare delle previsioni a oltre tre mesi di scadenza.

Dato questo quadro generale, la prima domanda che ci dobbiamo fare è la seguente: ci conviene o no di inviare, in queste condizioni, una nostra missione a Belgrado?

Per me non esito a rispondere affermativamente. L'opionione pubblica, specialmente quella americana, è destinata ad avere un peso non indifferente sul corso degli avvenimenti e sulle decisioni dei Quattro. La politica astiosa ed intransigente del Governo di Belgrado ha contribuito non poco a farci arrivare ad una soluzione della nostra frontiera orientale che, per poco soddisfacente che sia (parlo della linea francese), è assai migliore di quello che, un anno fa, era lecito prevedere. È quindi nel nostro interesse mostrare, di fronte alla intransigenza jugoslava, il massimo possibile di buona volontà. È invece dubbio, a mio avviso, se, nelle presenti circostanze, sia opportuno inviare a Belgrado, a capo della delegazione, una personalità di primissimo piano come quella del presidente Parri. Impostati come sono, i negoziati hanno un 90% di probabilità di finire con un fallimento: le conseguenze, anche per tutto il futuro delle relazioni italo-jugoslave, del fallimento dei negoziati sono in diretta relazione colla importanza personale di chi è a capo della delegazione. Più la personalità è alta, più gravi le ripercussioni del fallimento e quindi più difficile riprendere i negoziati il giorno in cui le circostanze ce lo consigliassero.

Secondo punto: su che basi trattare.

L'ultima proposta jugoslava ai Quattro -o, per essere più esatti, agli inglesi è, grosso modo, la seguente: Trieste all'Italia, come regione autonoma, Gorizia alla Jugoslavia ed una opzione per il «corridoio» (lasciando comunque Monfalcone all'Italia) e quella parte della Zona B che dovrebbe far parte del Territorio Libero di Trieste. Non credo che queste siano le ultime concessioni jugoslave. Probabilmente, dopo lunghe trattative sul tipo del bazar orientale, penso realmente che gli jugoslavi si contenterebbero più o meno dei sobborghi nord di Gorizia e di quella parte della Zona B che va al Territorio Libero. Una soluzione di questo genere sarebbe bene accetta da tutti, poiché, fra l'altro, le discussioni di New York hanno finito per convincere tutti che il Territorio Libero non è una soluzione brillante ma solo una fonte inesauribile di pasticci per tutti.

È questa soluzione accettabile per noi? Se si, l'accordo con la Jugoslavia è difficile ma non impossibile. Personalmente, ritengo che il pasticcio del Territorio Libero, anche nel nostro interesse, debba essere evitato ad ogni costo: si tratta di pagare questo vantaggio il meno possibile. Il giuoco russo-jugoslavo è basato sul presupposto che gli anglo-americani finiranno per compromettere: se partiamo anche noi da questo presupposto, il problema andrebbe posto in questi termini. Cosa è meglio per noi, accettare questa modificazione della linea francese di nostra spontanea volontà, in nome di una riconciliazione italo-jugoslava, oppure !asciarcela imporre dai Quattro? Fra le due alternative, secondo me, non esiterei preferire la prima. Si intende che in tutto questo io esulo da considerazioni di politica interna italiana che sono al di fuori della mia competenza. Ma gli anglo-americani possono anche non cedere: le chances di resistenza sono molto maggiori, oggi dopo la vittora alle elezioni del Partito repubblicano. Se essi resistono -dato che i russi, i quali continuano a ritenere che il Territorio Libero è destinato ad essere una Gibilterra dell'alto Adriatico, non lo vogliono (ed è questa la ragione vera delle loro concessioni in materia di statuto) -noi possiamo, col tempo, sperare di ottenere che tutto il Territorio Libero diventi italiano, sia pure sotto forma di regione autonoma: e anche, seppure meno probabile, che l'attuale linea Morgan diventi la frontiera definitiva fra i due Paesi.

Fare delle previsioni sicure, in questo campo, non è possibile. È un giuoco, come spesso è la politica estera, non scientifico, ma di azzardo. Per me oggi le chances di resistenza, o di non resistenza anglo-americana, sono 50 e 50. Ammessa l'ipotesi della resistenza darei a 70 le probabilità di mantenere la linea francese con Trieste italiana e 30 le probabilità di mantenere la linea Morgan. Comunque è bene che teniamo presente che si tratta di chances che sono connesse con lo stato e lo sviluppo dei rapporti russo-americani, sui quali non abbiamo, e non ci conviene di avere, praticamente nessuna possibilità di influire, almeno oggi. Dato questo e pesate tutte le eventualità, non vedo che interesse abbiamo noi a precipitarci ad accettare una soluzione di compromesso: tanto più che la linea francese essendo ormai un fatto acquisito, in caso di compromessi dei Quattro a noi sfavorevoli, abbiamo sempre la possibilità di lasciare aperta la questione, rifiutandoci, a nostra volta, di firmare il trattato di pace sulla base di una linea francese peggiorata.

Se si accetta, fin qui, il mio ragionamento, si pone la terza questione: come impostare, a Belgrado, i nostri negoziati sulla questione territoriale. La nostra impostazione dovrebbe rispondere a certe determinate necessità: l) non compromettere gli sviluppi avvenire della questione; 2) non farci apparire irragionevoli; 3) non precludere la via ad ulteriori conversazioni. Gli jugoslavi hanno adottato la tattica del mercante orientale di tappeti: domandare cento per poi ottenere dieci. Non consiglierei affatto di metterei per una strada del genere. Checchè si dica del nostro machiavellismo, è questo un terreno su cui gli slavi sono più forti di noi: non è questo il caso di cominciare col chiedere miglioramenti territoriali definiti, anche modesti, della linea francese a nostro favore.

Secondo me ci sono solo due proposte che rispondono alle esigenze del momento, e cioè: l) insistere sull'accettazione della linea francese, come questione già decisa dai Quattro; 2) insistere sulla necessità che tutta la questione delle nostre frontiere sia risolta a mezzo di libero plebiscito da tenersi, ad esempio, globalmente, fra la linea jugoslava e la linea americana, o la linea jugoslava e la linea Wilson, secondo che questo maggiormente ci convenga ai fini del possibile risultato del plebiscito.

La prima alternativa ha il vantaggio di rispettare le suscettibilità dei Quattro: noi prendiamo una posizione di rispetto nei riguardi delle loro decisioni; e anche se si dovesse poi finire col firmare il trattato sulla base della linea francese, essa non preclude, nell'avvenire, la liquidazione del Territorio Libero sulla base di qualche cessione alla Jugoslavia nella Zona B o intorno a Gorizia. Ricordiamoci, come precedente, che lo Stato Libero di Fiume, creato dal trattato di Rapallo, fu poi, susseguentemente, liquidato per accordo diretto. Ha anche il vantaggio, in un certo senso, di rovesciare la situazione di negoziato. Così come stanno le cose oggi, gli jugoslavi ci chiedono di pagare Trieste italiana. Dicendo che noi accettiamo la linea francese, ed il Territorio Libero, mettiamo alla fin dei conti gli jugoslavi nella necessità di pagarci, dico per dire, o rinunciarvi.

La seconda alternativa è invece preferibile se noi ci orientiamo verso la non firma del trattato o se vogliamo ]asciarci la libertà di farlo, poiché, in questo caso, in considerazione dell'opinione pubblica anglosassone, ci converrebbe sempre di non farlo appellandoci piuttosto ad un principio di ordine generale che a rivendicazioni concrete, sempre suscettibili di essere contestate.

In un mio precedente rapporto (n. d. 380 del 16 settembre 1946) 1 ho esposto al ministro degli esteri dell'epoca le ragioni per cui considero un regolamento amichevole delle nostre relazioni con la Jugoslavia, non solo desiderabile, ma necessario nel quadro generale di tutto lo sviluppo avvenire della nostra politica estera. La mia opinione, in materia, resta inalterata: ma questo non vuoi dire affatto

l Vedi D. 314.

che questo regolamento debba essere cercato e voluto a qualsiasi condizione. Si tratta di un accordo che è utile ed importante per tutte e due le parti, non solo per noi: non vedo quindi le ragioni per cui dobbiamo essere solo noi a cercarlo e a farne le spese.

Per quello che concerne gli eventuali accordi commerciali, dal corso delle mie conversazioni con Bebler e con altri membri della delegazione jugoslava, dovrei dedurne che esiste almeno una forte corrente in Jugoslavia che considera questi accordi non solo desiderabili, ma necessari per l'economia jugoslava. Il rifiuto di negoziare separatamente dalla questione delle frontiere è quindi dovuto, secondo me, a ragione di tattica e non di sostanza. Per nostra norma credo opportuno aggiungere che, a parere di Bebler, quello che maggiormente interessa l'economia jugoslava è: a) tessili e in genere oggetti di consumo; b) battelli da pesca e attrezzature da pesca in generale; c) materiale ferroviario mobile; d) camions; e) macchinario per la lavorazione del legno; f) macchinario per la ricostruzione stradale. Da parte loro gli jugoslavi potrebbero darci, anche per il 1947, e in quantità, sembra, abbastanza rilevanti: a) carbone (non antracite); b) bauxite; c) cemento; d) legname; e) bestiame suino. In linea generale poi, gli jugoslavi vedrebbero con molto favore una presa di contatto diretto fra la loro commissione del Piano ed un nostro organo corrispondente, (per esempio l'I.R.I.) in vista di uno sviluppo coordinato delle due economie, tenuto conto dei rispettivi mercati. Più precisamente essi hanno in vista: a) un accordo di cooperazione per lo sviluppo del bacino minerario della Bosnia, con particolare riguardo ai giacimenti, sembra molto importanti, di minerale di ferro; b) lo sviluppo della energia idro-elettrica in Jugoslavia; c) sviluppo e razionalizzazione delle industrie forestali. Comunque, in questo campo, una volta eliminata la premessa politica, non vedo quali difficoltà possano opporsi ad uno sviluppo, anche assai considerevole del traffico fra i due Paesi. Aggiungo, ad ogni buon conto, che dai sondaggi da me fatti, dovrei concludere che da parte americana, non ci sarebbero né obiezioni né preoccupazioni in questo campo.

Molto meno ottimista sono invece per la questione della protezione delle minoranze. Dalle conversazioni, non impegnative, avute con Bebler in proposito, dovrei dire che, nel piano teorico, gli jugoslavi sono disposti ad andare molto lontano: fino cioè a concedere, nel quadro generale della costituzione jugoslava, una larghissima autonomia amministrativa, municipale ed anche distrettuale a tutti i centri italiani di una qualche importanza. All'atto pratico però tutte queste buone disposizioni vengono rese di applicazione assai elastica dal principio che questa autonomia e queste garanzie non si applicano agli elementi «fascisti» o «reazionari». Per mio conto ho detto a Bebler che il Governo italiano non ha nessuna volontà o desiderio di proteggere elementi fascisti o reazionari, ma che bisognerebbe mettersi d'accordo su di una definizione precisa di che si intende per «fascisti». Ed è inutile che dica quanto, all'atto pratico, sarà difficile trovare una definizione soddisfacente. La protezione delle minoranze è intesa come un mezzo legale per eliminare, o almeno diminuire, nelle relazioni fra i due Paesi, l'influenza deleteria delle persecuzioni nazionali. All'atto pratico, mentre redigere una convenzione accettabile dalle due parti può non essere difficile, non è chi non veda quanto una differente concezione del termine fascista possa ridurne l'effetto benefico.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. RISERVATO 5341/2154. Madrid, 26 dicembre 1946 (per. il 28).

Ritengo utile, prima di lasciare la Spagna, di riassumere brevemente la situazione internazionale ed interna di questo Paese quale si presenta dopo le decisioni dell'Assemblea della O.N.U., secondo anche le ultime dirette informazioni ed i colloqui avuti con i principali esponenti dell'opinione pubblica e della stessa diplomazia fra i quali l'ambasciatore Mallet, i ministri d'Olanda, di Turchia, di Svizzera, ecc.

La decisione di ritirare gli ambasciatori ed i capi missione non ha modificato sostanzialmente la situazione interna spagnola, pur lasciando i circoli governativi in una preoccupata attesa per ciò che tale passo può rappresentare negli sviluppi successivi della politica di attacco al regime franchista. Se da una parte alcuni ambienti dei partiti più avanzati sono stati rafforzati nel loro antifranchismo, ben più vasti settori, che propendevano per il secessionismo, sotto la pressione della minaccia estera, si sono riavvicinati, non dirò a Franco, ma all'attuale stato di cose almeno temporaneamente per timore al peggio. Prova di tale riavvicinamento sono le dichiarazioni di solidarietà dei tradizionalisti e dei monarchici, i quali non fanno mistero di aver ricevuto dai circoli vicini allo stesso pretendente l'ammonimento di non creare imbarazzo nel mentre è in discussione unicamente la posizione di dignità della Spagna verso le nazioni estere. Anche taluni elementi ex repubblicani dell'interno hanno attenuato i caratteri della loro opposizione ed è significativo il silenzio di taluni gruppi di emigrati nonché le recenti dichiarazioni dell'ex ministro socialista Indalecio Prieto (ali. l)1 , che proponeva ai socialisti di ritirarsi dal governo Girai in quanto non ha nessuna possibilità di riuscita.

Appare dunque sempre più evidente l'errore commesso dalle correnti che più hanno influito in questo momento sulla O.N.U. di aver voluto opporre a Franco, come sola alternativa, il governo Girai, ossia la situazione del 16 luglio 1936, come se la guerra civile con un milione di morti e dieci anni di storia particolarmente gravida di avvenimenti e di conseguenze potesse essere cancellata ed ignorata. Tale errore è stato reso più evidente dalle dichiarazioni dello stesso Jouhaux e dalle interviste di Girai (ali. 2) 1 in cui questi, gettando la maschera, ha dichiarato che né il popolo spagnolo dall'interno né il governo repubblicano in esilio sarebbero mai riusciti ad instaurare la repubblica senza l'aiuto e l'intervento stranieri, ciò che significa semplicemente prevedere o invocare come inevitabile la guerra civile. Nessun miglior contributo poteva essere desiderato da Franco a cui si era finora rimproverato di voler sbandierare, per ragioni polemiche a suo vantaggio, una guerra civile fantasma ed un intervento straniero a cui nessuno pensava. Ora Girai stesso ha riconosciuto che immaginare una restaurazione repubblicana senza sangue, per concorde intesa di partiti spagnoli diventati d'improvviso ragionevoli,

l Non pubblicato.

è, come me lo confessava una stessa alta personalità diplomatica degli Stati Uniti d'America, una «bella utopia».

Né si pensi che anche ciò che si prepara all'estero con superficiale faciloneria ossia una «pressione» combinata di forze di liberazione dall'interno e dall'esterno attraverso i Pirenei sia scevra di mortali pericoli per le stesse forze democratiche di estrema sinistra. Tali forze esistono infatti all'interno del Paese e lavorano febbrilmente a preparare una rivolta contro il regime, ma esse non potrebbero per il momento rappresentare che le inevitabili vittime di una repressione «naturalmente feroce», ciò che, secondo informazioni molto serie di un diplomatico ora partito, è, nelle menti degli organizzatori, il desiderato pretesto per manovrare l'opinione pubblica mondiale e obbligare l'O.N.U. a ben altre decisioni che non a un semplice consiglio di richiamo di ambasciatori e di ministri. Si noti però che ove con queste forze interne si manovrassero contemporaneamente le esterne (brigate internazionali, volontari franco-spagnoli, ecc.) la repressione franchista minaccerebbe di tramutarsi in un vasto movimento di sollevazione nazionale xenofoba, che è immanente negli animi e quando incominciasse a scorrere sangue in questo Paese nessuno sa dove e come si andrebbe a finire.

Questa è l'impressione di quanti sanno comprendere a fondo la situazione spagnola, anche essendo lontanissimi dall'attuale regime e deprecando la continuazione del permanere di Franco al potere. Primi fra questi gli osservatori dell'Inghilterra e degli Stati Uniti d'America, ossia delle Nazioni che oltre ad avere forti interessi da difendere sono preoccupate dal fatto che la Spagna è uno di quei punti nevralgici e delicatissimi della vita europea che non è mai stato possibile isolare nei suoi conflitti interni, tanto che anche oggi, purtroppo, è prevedibile che una semplice guerriglia civile diventi in breve tempo conflitto mondiale, polarizzando su questo estremo e conteso lembo di Europa le grandi correnti antitetiche dello spirito e delle armi moderne.

Ma se difficile è la restaurazione repubblicana senza sangue, altrettando improbabile appare quella monarchica in contrapposizione a Franco ed in gran parte per le stesse ragioni, ossia per l'impossibilità che una monarchia possa in questo momento rientrare in Spagna sulle esclusive sue forze, senza aiuti stranieri. E l'intervento in questo caso non potrebbe essere che quello inglese. Il mio pensiero in questo argomento è sempre stato chiaro e chiaramente espresso (da ultimo mio rapporto n. 3047/1157 del 3 agosto u.s.) 1 e pur seguendo attentamente i maneggi filo-monarchici dell'ambasciatore Mallet, ne sono rimasto scetticamente lontano ritenendoli destinati ad un sicuro fallimento o ad un successo effimero e generatore di mali peggiori. Si aggiunga poi che nella attuale difficile situazione economica spagnola, la restaurazione monarchica viene deprecata dagli stessi interessati (come il duca d'Alba esprimeva a me) i quali, pur sostenendo che Franco ha lasciato trascorrere le occasioni più favorevoli che avrebbero alleviato l'attuale situazione, ritengono che un ritorno della monarchia non potrà avvenire senza che la situazione alimentare e in genere quella economica del Paese non renda impopolare quella stessa trasformazione che un popolo affamato non tollererebbe a lungo.

l Vedi D. 109.

Quali dunque le previsioni per il prossimo immediato futuro circa la situazione spagnola? Nell'attuale momento la eliminazione violenta di Franco o per morte o per imposizione delle Nazioni Unite non potrebbe sboccare logicamente che nella sostituzione di un generale o di una giunta di generali, che riprenderebbe in mani il potere dell'esercito, conferito in via temporanea al Caudillo. A questo proposito si fanno parecchi nomi: Aranda, Ungria, Beigbeder, e non mancano gli approcci clandestini, particolarmente da parte francese, a quanto mi risulta, a cui naturalmente qualche generale può essere sensibile. Ma illusione ottimistica è che si possa far precedere un sincero regime democratico da un regime militare dittatoriale e che un successore di minor prestigio di Franco non finisca per essere assai più prigioniero della casta militare e cioé del corpo degli ufficiali in gran parte provenienti dai volontari della guerra civile e pertanto recisamente opposti a qualsiasi evoluzione in senso contrario ai risultati della stessa. Notando poi che le difficoltà vere comincerebbero quando da questa nuova «dittatura provvisoria» si volesse procedere al trapasso verso una forma legale liberamente accettata dal popolo spagnolo, tanto più che smuovere i generali da un posto occupato, in qualsiasi parte del mondo, è sempre cosa non facile.

Per queste cosiderazioni e per un'oggettiva valutazione della realtà, i più intelligenti osservatori, primo fra i quali Lord Templewood, che scrisse in proposito un articolo in questi giorni, di cui ritengo utile allegare un estratto (ali. 3) 1 e che contro Franco ha una particolare avversione né altro desiderio che di vederlo finire col suo regime detestato, non vedono altra possibilità che quella dell'usura dall'interno mentre dall'estero si dovrebbe procedere a isolare via via sempre più la Spagna sia politicamente che economicamente.

Tale processo potrebbe essere assai più rapido che non si pensi date le condizioni veramente difficili cui è ridotto questo popolo dal punto di vista alimentare, mentre i partiti che esistono qui come esistevano in Italia e si rivelarono d'improvviso dopo il 25 luglio, non feriti nell'orgoglio nazionale spagnolo, finirebbero per aprire gli occhi alla realtà del pauroso isolamento cui va incontro la Spagna con danni incalcolabili anche per il suo avvenire e formerebbero spontaneamente quella opposizione attiva e pugnace a cui Franco non potrebbe resistere.

Tale punto di vista era perfettamente condiviso dall'ambasciatore Mallet e dal ministro d'Olanda nell'ultimo nostro colloquio (mio telegramma del 21 corrente)2 . Anzi l'ambasciatore d'Inghilterra alluse chiaramente alla necessità di evoluzione e ad accordi già in corso, tra i quali auspicava quello della corrente cattolica di Gil Robles, finora troppo a destra, )asciandomi supporre che quanto è stato riferito dalle stesse comunicazioni radio sull'appoggio dell'ambasciatore inglese di Madrid ai capi dei vari partiti di opposizione fosse cosa vera.

Mi risulta che anche gli Stati Uniti d'America stiano lavorando qui in questa direttiva affiancando e dirigendo una opinione pubblica che tende verso quei

mutamenti che la coscienza spagnola dovrà molto presto riconoscere come ine

vitabili.

l Non pubblicato. 2 Vedi D. 616.

627

L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. S.N. Roma, 27 dicembre 1946.

In una riunione tenuta a Roma presso il presidente del Consiglio fu discussa la eventualità di un rifiuto, da parte italiana, di firmare il trattato di pace. A questa riunione presero parte gli ambasciatori Tarchiani e Soragna ed io: l'ambasciatore Carandini era assente ma, avendone precedentemente discusso con lui, sapevamo che egli condivideva il nostro punto di vista.

Il nostro punto di vista può riassumersi come segue: se si decide di non firmare, bisogna farlo a ragion veduta ed essere sicuri di poter restare sulla posizione assunta. Io ho l'impressione che il popolo italiano, pur risentendo amaramente le ingiustizie del trattato, non sarebbe disposto a sopportare un ulteriore aggravamento della nostra situazione economica, conseguenza di eventuali sanzioni che ci venissero imposte per forzarci a firmare: che un gesto dell'Assemblea che rifiuti la firma per doverla poi accettare qualche tempo dopo per pressione popolare non sarebbe che una ripetizione peggiorata del gesto del 1919 con gravissimo danno per il nostro prestigio. Prima però di poter definitivamente pronunciarsi per la firma o la non firma bisognava valutare con sufficiente esattezza le eventuali reazioni americane.

Durante la nostra permanenza in America ci siamo interessati tutti e tre, in via indipendente, a sondare in proposito le opinioni dei circoli americani e, indipendentemente, lo ripeto, siamo venuti nella conclusione che, se il rifiuto di firmare avvenisse in forma e maniera da non urtare l'opinione pubblica americana, esso non avrà come conseguenza sanzioni economiche a nostro riguardo. Si potrebbe quasi dire che l'unica persona che in America vuole che noi firmiamo è Byrnes il quale è seccato dalle discussioni, non vuole riaprirne, ha fretta di finire, ha paura. L'opinione pubblica americana, indipendentemente da ogni indirizzo politico, è, come ho detto in un altro rapporto 1 , convinta che l'Italia è stata trattata ingiustamente: prova che, per mania di compromesso, l'Amministrazione attuale non solo ha commesso delle ingiustizie concrete a nostro riguardo, ma ha violati i principi stessi per cui l'America era entrata in guerra. N o n solo quindi non trova ingiustificato, ma anzi vede con favore che noi ci rifiutiamo di firmare per poter riaprire la discussione su altre basi: questo favore, specialmente sentito da parte repubblicana e dai cosidètti indipendenti che vi vedono una possibilità di aprire una campagna contro tutte le compromissioni della politica di Roosevelt e dei suoi successori, servirebbe loro come un importante elemento nella lotta a fondo contro la memoria stessa di Roosevelt che si stanno accingendo ad iniziare. Molti americani sono arrivati fino a pregarmi di insistere presso il Governo italiano perchè l'Italia non firmi. lo potrei dunque dire con tutta sicurezza che l'opinione pubblica americana non permetterebbe l'imposizione di sanzioni economiche all'Italia per imporle di firmare. Quanto all'attitudine del Senato, le indagini da me fatte mi portano a

l Vedi D. 628.

concludere che se anche il trattato di pace è redatto in modo tale da non far capire chiaramente se sia necessaria la firma e la ratifica del trattato da parte nostra perchè esso entri in vigore, se il trattato di pace non sarà firmato e ratificato da noi, il Senato non lo ratificherà e quindi non ci sarà trattato: non è dubbio infatti che la ratifica americana è necessaria perchè esso entri in vigore.

Ciò premesso, poichè l'opinione pubblica americana risponda nel senso desiderato, bisognerebbe che il nostro rifiuto di firmare fosse presentato o motivato in modo da renderlo «simpatico» agli americani. Le motivazioni del rifiuto dovrebbero concentrarsi su tre punti importanti:

l) non protestare per amputazioni territoriali specifiche, questioni tutte le quali, per ben fondato che sia il nostro punto di vista, possono essere discusse, ma protestare per la forma in cui esse sono state decise, senza la consultazione della volontà delle popolazioni interessate. Dovremo, in altre parole, chiedere esplicitamente un libero plebiscito tenuto con tutte le necessarie garanzie.

2) Per la parte economica dovremmo far presente che i vari capitoli, per quanto differente ed in certi casi giustificata possa essere la loro natura, vengono tutti, indistintamente, a gravare su di un bilancio italiano già stremato così come esso è. Che quindi, firmati gli obblighi economici del trattato, l'Italia verrebbe ad assumersi una serie di impegni che non ha la capacità di eseguire: l'Italia, che vuole agire con serietà, si rifiuta di firmare un impegno che sa già essere superiore alle sue possibilità.

3) Per il complesso delle clausole militari, non sarebbe necessario né opportuno sollevare obiezioni di dettaglio: bisognerebbe invece dire che il complesso delle clausole militari lascia l'Italia nella impossibilità assoluta di difendersi contro qualsiasi aggressore. L'Italia è disposta ad accettare solo nel caso che sia stabilito un mezzo ed una procedura_che le dia una garanzia certa che si provvede alla sua sicurezza. Che l'O.N.U., come esso è adesso, non risponde affatto a queste garanzie di sicurezza.

Queste tre ragioni sono sufficienti: così presentate, a mio giudizio, farebbero in America buona impressione. Non converrebbe aggiungere altro: in particolare non conviene menzionare la questione delle colonie, primo perchè essa non è sentita, secondo perchè l'opione pubblica americana è fissata su questa idea del mandato collettivo, in cui ritiene di vedere una forma «progressiva» di amministrazione coloniale. Dato quanto precede, mi sembra che la questione della non firma possa essere studiata con ogni tranquillità da parte del Governo italiano. L'unico svantaggio serio che ci porterebbe il non firmare sarebbe la continuazione del regime di occupazione. In sè il non firmare, motivato sostanzialmente nella violazione delle promesse, anche se vaghe, fatte alla nuova Italia dagli Alleati, sarebbe un gesto di dignità internazionale, darebbe un vero valore morale a tutto quello che l'Italia ha fatto dall'S settembre 1943 ad oggi, darebbe a tutta la politica estera italiana degli ultimi tre anni un contenuto ed una luce che essa oggi, diciamolo francamente, non ha. Per questo, in linea di massima, io sarei personalmente piuttosto favorevole a non firmare. Se però decidiamo di non firmare, bisogna, oltre che essere decisi a restare sulle nostre posizioni, mettere bene in chiaro quali miglioramenti del trattato abbiamo in vista. A mio avviso, per la parte territoriale, poco si potrebbe ottenere, specie sul confine giuliano: la cosa esula dalle nostre possibilità; potremmo invece ottenere un pratico annullamento delle riparazioni ed un pratico annullamento delle clausole militari. Ma, ripeto, è soprattutto il vantaggio morale di cui noi dovremmo tener conto. Evidentemente non firmando non ·potremo entrare nell'O.N.U. Non gran male poichè, come mi riservo di spiegare in un apposito rapporto, non ritengo ci convenga, adesso, entrare nell'O.N.U.

Una formula alternativa potrebbe essere quella di rinviare la firma. Mi è stato detto a questo proposito che l'Assemblea costituente potrebbe obiettare che, essendo stata convocata per decidere sulla costituzione italiana, il trattato di pace non rientra nei suoi compiti. Rinviando quindi le decisioni al prossimo Parlamento, questo permetterebbe di impostare la campagna elettorale sul firmare o non firmare, in parte almeno: in questo caso la decisione del Parlamento sarebbe rafforzata dal parere direttamente espresso dall'opinione pubblica. Se questo è esatto, è un suggerimento interessante perchè varrebbe probabilmente la pena di studiare.

Da parte nostra, al momento della mia permanenza a Roma, sembrava ci si stesse orientando verso una formula di firma, come di Diktat, il che implica, naturalmente, l'idea della revisione ulteriore del trattato. Su questo punto tutte le personalità con cui ho parlato sono state ugualmente unanimi nel dirmi che una campagna revisionista italiana, dopo la firma, non incontrerebbe in America il minimo favore. Gli americani pensano che l'Italia può moralmente rifiutarsi di firmare: ma che, una volta deciso che le convenga di firmare, essa deve rispettare quello che ha firmato. Su questo punto, ripeto, tutti sono stati assai categorici: può essere giusto od ingiusto ma è comunque un elemento di cui occorre tener conto. È probabile che questo esame della situazione abbia un valore del tutto accademico: è ancora probabile che la Jugoslavia rifiutandosi lei di firmare e mettendo così in forse tutto il trattato sia essa a mettere la questione su altra via e ci faciliti, direttamente od indirettamente, una decisione. Ciò nonostante ho ritenuto fosse il mio dovere sottomettere quanto precede all'esame del Governo italiano.

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L'AMBASCIATORE QUARONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. S.N. Roma, 27 dicembre 1946.

Una delle prime cose che mi ha colpito sin dai primi contatti americani è stato il sentimento generale di simpatia che si riscontra in tutti gli ambienti e in tutte le categorie sociali nei riguardi dell'Italia. Se è esatto che, al di fuori degli aiuti che ci sono stati concessi, questo sentimento di simpatia, a tutti i fini della pace con l'Italia, non si è materializzato, almeno nella misura in cui lo si è sperato da parte nostra, trattasi tuttavia di un elemento importante di cui va tenuto conto. Nessun risentimento per il fatto che l'Italia abbia dichiarata la guerra agli Stati Uniti, un generale, seppur vago riconoscimento che l'Italia antifascista ha dato un apporto considerevole alla vittoria, una sensazione, non del tutto precisa, ma non per questo meno forte, che l'Italia sia stata trattata impoliticamente e male sia dopo l'armistizio -si riconosce generalmente che è stato un grave errore di Roosevelt il riconoscere il primato inglese agli affari italiani -sia in occasione della pace. Generale è il desiderio di aiutare: il riconoscimento delle necessità morali e dell'interesse americano a farlo.

Purtroppo a questo stato d'animo dell'opinione pubblica, attiva e diffusa ma inarticolata o ancora nello stato di cercare la propria via, non corrisponde in pari misura l'azione del Governo. Non per cattiva volontà dei singoli-si badi-che anzi anche essi, in quanto individui, non sono da meno della opinione pubblica, ma per il sistema stesso di funzionamento dello Stato americano. Pochi in Europa si rendono conto di quanto inesistente sia il Governo americano, di come sia complesso, e nell'insieme, paralizzato il funzionamento della costituzione americana, come sia difficile muovere l'apparato e cristallizzare, in una qualsiasi direzione, l'opionione pubblica, come il lavoro più paziente e la volontà meglio definita possa all'ultimo momento, ed in forme impossibili a prevedere, esser gettata in aria da considerazioni contingenti di politica interna americana. Bisogna che noi ci rendiamo conto che, a tutt'oggi, una politica estera americana per l'Europa ed il Vicino Oriente non esiste: essa è solo in via di formazione, e di formazione lenta: si possono intravedere le sue grandi linee, non i dettagli del suo sviluppo: oggi come oggi però ogni atto della politica estera americana è soprattutto inteso in funzione contingente di politica interna americana.

Questa mancanza di stabilità a di continuità nella politica estera americana, questa sua subordinazione e considerazione e calcoli, anche meschini, di politica interna, e che costituisce un dato di fatto di cui dobbiamo tener conto, è destinato ad accentuarsi nei prossimi due anni data la situazione paradossale in cui viene a trovarsi il Governo del presidente, in seguito al risultato delle elezioni, in minoranza netta nelle due Camere e dato che il Partito repubblicano è determinato a fare qualsiasi cosa per vincere le elezioni del 1948 ed a questa considerazione è deciso a subordinare qualsiasi suo atto, sia all'interno che all'estero, anche a rischio di compromettere, per questo, gli interessi permanenti americani.

Se di azione diplomatica italiana negli Stati Un i ti si può parlare, per i prossimi due anni almeno, essa deve tener conto di questo essenziale dato di fatto, e ancora nel limite ristretto della nostra possibilità, di presentare il caso Italia appunto in funzione di politica interna americana.

Si tratta di un terreno difficile e sfuggente: tuttavia bisogna ammettere che noi abbiamo a nostro favore alcuni elementi di cui possiamo tentare di servirei.

l) L'attaccamento sentimentale degli italiani verso la madre patria e l'importanza che ha il voto italiano in alcuni Stati chiave per le elezioni presidenziali. Da parte repubblicana ci è stato molto chiaramente proposto «l'affare»: garantiteci il voto italiano per le elezioni presidenziali e noi in cambio vi appoggiamo per certe determinate questioni. Prescindo, a questo punto, da ogni considerazione sia di politica nostra generale, sia anche di politica interna italiana. Considero la cosa solo dal punto di vista «tecnico». Questo «affare» per ientabile che possa essere presenta alcune gravi difficoltà. In primo luogo il voto italiano è tutt'altro che organizzato: gli italiani d'America hanno una tradizione individualistica che non sembra facile a superare. Bisognerebbe quindi cominciare col vedere quello che si può fare, come lo si può fare senza metterei in pasticci di politica interna americana che potrebbero rivolgersi a nostro danno; trovare le persone adatte a questo lavoro. Comunque è una eventualità che va studiata seriamente. A questo riguardo va tenuto conto anche di un elemento importante. Le collettività italiane del nord America sono ancora, e largamente, fasciste. Non si tratta, a stretto rigore, di fascismo come lo si intende in Italia. I nostri emigranti sono stati, per molti decenni, all'ultimo stadio nei rapporti sociali americani: in questi ultimi venti anni essi si sono elevati considerevolmente: questa loro elevazione ha coinciso, ed è quindi per essi connessa, con l'inflazione italiana del periodo fascista. Per essi il fascismo sono i nostri grandi transatlantici, il nastro blu, la crociera di Balbo, avvenimenti tutti che hanno dato agli italiani la sensazione di non essere gli ultimi degli ultimi. Il fascismo degli italiani degli Stati Uniti è quindi in realtà paragone fra la situazione internazionale dell'Italia di allora e quella di oggi. Comunque, anche questa è una realtà di cui bisogna tener conto.

2) L'influenza dei cattolici -che è poi quanto dire gli irlandesi -che è forte, specie presso i repubblicani, che vedono nel cattolicesimo la migliore difesa contro il comunismo e che, entro certi limiti, può essere indirizzata in nostro favore.

3) Il voto ebreo assai più organizzato del nostro. Anche le comunità israelitiche di America che non hanno dimenticato quanto i singoli italiani hanno fatto, in giro per l'Europa, per difendere gli ebrei dalle persecuzioni tedesche, ci sono molto favorevoli e sono anch'esse disposte ad aiutarci. Per esempio è interessante vedere il concorso attivo che danno gli ebrei alla campagna attualmente in corso per il «Relief for ltaly». Bisognerebbe vedere cosa si può fare di concreto in questo campo. Accenno subito in questa materia alla grave difficoltà che presenta la realizzazione di una possibilità, teoricamente esistente, quella di sommare il voto italiano al voto ebraico, per i sentimenti marcatamente antisemiti di una buona parte delle nostre collettività. Tuttavia anche questo campo andrebbe studiato poichè se si riuscisse a realizzare, anche solo in parte, questo blocco, si potrebbe avere una influenza decisiva sulle elezioni americane.

Visto che sono in questo campo vorrei attirare la sua attenzione sul sistema americano della «public relation» che potrebbe chiamarsi un sistema perfettamente organizzato e con risultati inaspettati di pubblicità che può essere differente sia per far vendere un nuovo tipo di sigarette, sia per presentare un uomo di Stato od una nazione. Questo sistema di pubblicità organizzata dovrebbe essere da noi maggiormente studiato per vedere se ed in quanto esso possa essere sfruttato ai nostri fini. Bisogna che da noi si tenga presente che in America quello che conta non è il governo ma l'opinione pubblica; che l'opinione pubblica americana, più dell'opinione pubblica di qualsiasi altro paese, è suscettibile alla propaganda: che le reazioni dell'americano sono assolutamente incomprensibili a noi europei e che per conseguenza la propaganda italiana in America non bisogna farla, come abbiamo fatto prima, durante e dopo il fascismo, da italiani, che per bene intenzionati che siano fanno della propaganda che può andare bene per l'Italia, ma non va certo bene per l'America, ma farla fare da americani che la sappiamo fare bene.

Gli americani sono terribilmente montati contro la Russia. È in parte una reazione contro la russofilia rooseveltiana della guerra, è in buona parte colpa degli stessi russi che non si sono mai voluti dare la pena di conoscere la psicologia

americana e che alla sostanza della loro politica, che un pò dappertutto si scontra con i veri o presunti interessi americani, hanno aggiunto degli errori costanti di forma tali da urtare singolarmente, si può dire, ogni americano. Gli americani, da parte loro, hanno probabilmente contribuito non poco a questo stato poco soddisfacente dei rapporti russo-americani con dei grossi errori di fatto e psicologici. Comunque, quello che importa ai fini della politica estera generale è che, a mia impressione, questo sentimento anti-russo, diffusissimo in tutti i ceti e tutte le classi americane, egualmente forte per democratici e repubblicani, è destinato a restare, anzi ad intensificarsi: n è è da prevedere, per lo meno per un avvenire prossimo, come contrappeso ad una definita politica di orientameto anti-russo da parte di certe classi, un orientamento contrario delle grandi masse proletarie americane. Bisogna riconoscere, oggi almeno, che il proletariato americano, per un complesso di ragioni, principalmente a causa della struttura economica americana, non ha coscienza politica di proletariato come tale: la sua coscienza politica potrebbe forse meglio definirsi come coscienza di aspirante alla classe media. All'atto pratico, e soprattutto per quello che concerne l'Europa occidentale, questo orientamento anti-russo dell'opinione pubblica americana si concreta in una profonda decisa avversione al comunismo e a tutto quello che al comunismo si riavvicina. Si noti che ho potuto constatare, anche nei circoli più reazionari, una diffusa convinzione che, per l'Europa occidentale, il capitalismo classico è finito. L'opinione pubblica americana è disposta ad accettare, in molti casi vede addirittura con favore, l'attuazione di vaste e radicali riforme sociali, realizzate per la via del socialismo democratico: socialism by consent è la formula che è oggi in favore. Ma è altrettanto nettamente contraria al comunismo in quanto fattore di politica estera; l'opinione pubblica americana è oggi convinta che il comunismo non è una questione di politica interna dei singoli Paesi ma una quinta colonna dell'U.R.S.S. un mezzo di espansione di quello che essi chiamano l'imperialismo sovietico: contro una espansione del comunismo gli Stati Uniti sono assai più pronti a lottare, con tutti i mezzi, anche con !"intervento diretto, di quanto generalmente si creda. È questo stato d'animo della opinione pubblica americana suscettibile di cambiamento? La maggior parte degli americani rispondono a questa domanda in senso affermativo: «Si purchè la Russia cambi i suoi metodi di politica estera». Se però si va ad analizzare cosa si intende con questa espressione è facile comprendere che essi intendono che la Russia deve accettare nella politica generale illeadership americano, in altre parole adattarsi a riconoscere all'America, nella gerarchia delle Potenze, il primo posto.

Questo esame generale, era, a mio avviso, necessario per poter meglio rispondere ad una domanda per noi vitale. Possiamo noi contare, e fino a che punto, sugli aiuti americani nel campo economico e finanziario?

Le disposizioni generali di massima sono indubbiamente buone. Gli americani, singolarmente e collettivamente, sono convinti che l'Italia ha bisogno di essere aiutata, che è dovere ed interesse dell'America di farlo. Gli americani di ogni categoria che sono tornati dall'Italia sono unanimi nel senso di ammirazione per la ripresa italiana nel campo economico: per la vitalità mostrata dal popolo italiano in guerra e dall'industria italiana in particolare. Ma quando da queste generiche disposizioni favorevoli scendiamo al campo concreto, è mio dovere di dirle che dobbiamo essere assai prudenti nelle nostre previsioni. Il presidente del Consiglio in un suo recente discorso ha parlato, se la memoria non mi inganna, di circa un

miliardo di dollari per il 1947 e di quattro miliardi negli anni successivi. Se queste

sono le cifre su cui il Governo italiano realmente conta, è meglio dire senz'altro

che siamo, e di moltissimo, al di fuori di ogni possibile realtà.

È bene, nel parlare di aiuti o finanziamenti americani, distinguerli in due

differenti categorie: finanziamenti statali e finanziamenti privati.

Per quanto riguarda i finanziamenti statali bisogna premettere che la politica di diminuzione di imposte e di economie bandita dai repubblicani, già di per sé sola, basterebbe a ridurre di molto le future possibilità: il periodo di generosità del Tesoro americano è chiuso e resterà chiuso per un pezzo. (Cito ad esempio che gli entusiasmi americani per il Territorio Libero di Trieste sono subito sbolliti quando si è reso noto che l'America avrebbe dovuto contribuire al suo bilancio con venti milioni di dollari). In questo campo quello su cui noi possiamo sperare, dico sperare e non contare, è l) quello che resta del «troops pay»; 2) un «grant» a sostituzione dell'U.N.R.R.A. che, nel progetto governativo, è per l'Italia previsto in duecento milioni di dollari ma che, secondo ogni probabilità, sarà considerevolmente ridotto dal Congresso.

Circa il prestito di cento milioni di dollari della «Import-Export Bank» le difficoltà sorte all'ultimo momento non sono accidentali; ci troviamo di fronte ad un cambiamento di politica. E questo cambiamento di politica consiste nel fatto che gli americani non sono più disposti a mettere a disposizione di questo o quel governo delle somme globali perchè il governo ricevente ne disponga a suo piacimento, ma solo somme definite per la realizzazione di piani definiti che le autorità americane riconoscono suscettibili di essere redditizie.

Quanto ai 650 milioni di dollari che, secondo quanto mi è stato detto, avremmo intenzione di chiedere alla Bank for International Reconstruction (non so se il nome sia rigorosamente esatto) è ben dire subito che non c'è la più lontana speranza di averli in questa misura.

A parte ogni altra considerazione la Banca non li ha da darli a noi: non siamo i soli a chiedere, ricordiamocelo, e non siamo i soli ad interessare l'America, non possiamo nemmeno dire di essere i primi. Per quel poco che possiamo sperare di avere, comunque, vale quello che ho detto per l'Import-Export Bank, ossia che i prestiti verranno dati solo per piani concreti ed approvati.

Se gli americani hanno riportato dall'Italia un generale sentimento di simpatia e di amicizia per il Paese e per il suo popolo, hanno anche riportato una profonda e radicata ~e diciamocelo pure non ingiustificata ~impressione di nostra inefficenza amministrativa in tutti i campi ed in tutte le categorie. E da parte nostra, tutto quello che sia possibile fare, nelle piccole e grandi cose, per confermare gli americani in questa loro opinione è stato fatto. Abbiamo mandato esperti dall'Italia a trattare di questioni grandi e piccole che non avevano la minima idea dei dati di fatto necessari: abbiamo fornito noi stessi dati, su mille cose, che gli americani, con molta facilità hanno potuto constatare come, nella migliore delle ipotesi, inesatti. Le affermazioni del Governo italiano si presentano continuamente in forme contradditorie. Prendo un esempio a caso: quello dei nostri approvvigionamenti granari. Abbiamo cominciato col gridare ai quattro venti che il raccolto era buono e che esso assicurava agli italiani il rifornimento granario per parecchi mesi. Ora non è trascorsa nemmeno la metà del tempo che passa fra i due raccolti e abbiamo già mandato in America una missione S.O.S. per dire agli americani che se non ci mandano tante diecine di migliaia di tonnellate di grano, è la fame, il caos, la fine della democrazia in Italia. Gli americani alla fine si commuovono e mandano il grano ma cosa pensano e dicono? O le affermazioni ottimistiche dell'estate erano basate su calcoli inesatti, o la fame attuale non è vera, oppure il Governo italiano non è riuscito, con i necessari provvedimenti, ad assicurare immagazzinamento e distribuzione. Quale delle tre ipotesi si scelga, nessuna di esse contribuisce a convincerli dell'efficienza del Governo italiano.

Prima cosa da tener presente quindi è che se vogliamo avere dall'America qualche cosa, per poco o molto che sia, bisogna che noi cambiamo e radicalmente i metodi. Sperare in miracoli da parte dell'ambasciata a Washington è farsi delle illusioni: gli americani più che a quello che l'ambasciatore a Washington dice guardano a quello che il Governo italiano fa. La prima questione che preoccupa, seriamente, gli americani, è la situazione del bilancio italiano. Gli economisti americani, giusta od errata che sia la loro opinione, ritengono che il bilancio italiano potrebbe essere messo in ordine con relativa facilità ma che il Governo italiano non fa che poco o nulla di quello che potrebbe essere fatto. Gli americani che, a casa loro, pagano delle imposte che, in certi casi, vanno fino ad oltre il 70'% del reddito, trovano ridicole le imposte che teoricamente si pagano in Italia. Sanno poi che il rientro delle imposte non funziona. N o i diciamo: l'apparato amministrativo è stato disorganizzato da tutto quello che è accaduto in Italia; gli americani rispondono: sarà anche vero, ma noi sappiamo che ben poco è stato fatto per rimetterlo a posto e che se si continua per questa strada le cose non andranno a posto mai. In altre parole, a mia impressione, ci troviamo in un circolo vizioso. Noi aspettiamo e contiamo sugli aiuti americani per mettere le nostre cose in ordine. Gli americani aspettano che noi ci mettiamo seriamente, seriamente come lo intendono loro, a rimettere le nostre cose in ordine prima di decidere se, come e in che misura aiutarci.

Premesso questo punto, e questo punto fondamentale, se vogliamo ottenere qualche risultato bisogna essere ragionevoli, precisi ed onesti nelle nostre richieste. Prendiamo per esempio la questione del «grant» quello che esso sia. Da quasi tutte le persone competenti ed amiche con cui ho parlato mi è stato osservato che il computo del fabbisogno italiano è stato inutilmente disperso in una quantità di items. Essi ritengono che sostanzialmente quello di cui l'Italia ha bisogno è carbone: se avremo carbone la nostra industria potrà produrre, esportare, e quindi realizzare quelle disponibilità di valuta estera che ci sono necessarie per poter, in avvenire, comperare e non richiedere carbone ed altre materie prime. Non sono uno specialista ma l'argomento mi sembra ragionevole. Se è così, anche solo in gran parte, concentriamo le nostre richieste sul carbone: mi è stato detto, quasi unanimemente, che, bene organizzata dal punto di vista propaganda, una campagna «carbone per l'Italia» (ci basterebbero, sulla base dei nostri bisogni di anteguerra, quattro giorni della produzione americana) avrebbe grandi possibilità di riuscita, comunque assai più che una campagna generale di aiuti all'Italia.

Secondo punto. La persona o la missione, che verrà inviata in America per trattare la questione dei nostri finanziamenti, deve presentarsi con dei piani concreti, precisi, ben fatti, bene studiati, ragionevolmente redditizi. Mi è stato detto da tutte le parti che la missione francese non avrebbe avuto un soldo se non si fosse

presentata con una serie di piani che hanno prodotto qui una impressione di serietà.

Lo stesso hanno fatto gli inglesi. Bisogna quindi che noi ci prepariamo seriamente

e che inviamo a trattare a Washington degli esperti non scelti per la loro apparte

nenza a questo o a quel partito, ma per la loro vera competenza. Se non lo faremo,

rischiamo molto di non ottenere nemmeno quel poco che si può ragionevolmente

sperare di ottenere.

Per quanto concerne gli investimenti privati bisogna tenere presente in primo luogo che le disponibilità effettive americane per l'immediato futuro non sono così inesauribili come generalmente in Italia si riteneva: la riconversione, che ha ancora molta strada da fare, assorbe ancora gran parte delle disponibilità.

Ciò premesso va osservato, ripeto, che le disposizioni generali sono buone. Sono buonissime: in ogni modo è evidente, negli ultimi tempi, un radicale cambiamento di opinione sulle possibilità avvenire dell'Italia. Si ritiene generalmente che un investimento in Italia, in certi rami almeno, possa essere potenzialmente redditizio. Ma poco o nulla verrà fino a che si continuerà, a Nuova York, a considerare la situazione finanziaria e politica dell'Italia come mancante di stabilità. Per la parte finanziaria essa è soprattutto questione di bilancio: è inutile ripetere quello che ho già detto. Per la parte politica, paura del comunismo a parte, gli americani non vedono chiaro nell'avvenire; facciamo pure delle riforme, anche assai radicali, della nostra struttura economica e sociale; gli americani, come ho detto, ne hanno meno paura di quanto si ritiene, comunque non è impossibile spiegarle e farle accettare, ma facciamole e facciamole presto. Il capitale americano, per incominciare ad interessarsi dell'Italia, attende di sapere cosa l'Italia intenda essere. Non si interessa molto di sapere quali sono le leggi che ci saranno in Italia. Vuole sapere che le leggi ci sono, che le leggi proteggono e garantiscono il capitale straniero e che il Governo ha la volontà e la capacità di farle rispettare ed applicare. Fino a che non saremo arrivati a questo punto di capitale americano in Italia ne vedremo pochino assai.

Riassumendo, l'opinione che ho potuto formarmi -e che sostanzialmente almeno è condivisa dall'ambasciatore Tarchiani -è che, allo stato attuale delle cose, bisogna fare un taglio radicale assai alle nostre speranze di aiuti americani: la pioggia d'oro dell'America non ci sarà. Non è solo questione di orientamento politico, è che gli americani non hanno nessuna voglia di dare a piene mani, a fondo perduto, senza sapere dove va il loro denaro. E quel poco -in confronto ai nostri sogni -che si può avere non lo si potrà avere né tanto facilmente né tanto presto. Ma se invece riusciremo a dare una vera impressione di serietà, soprattutto, se ci metteremo sul serio a mettere la casa in ordine nella maniera che noi riterremo più conveniente, allora possiamo contare su di un volume di investimenti, governativi, semi-governativi e soprattutto privati che, se sapremo fare nel campo della presentazione e della propaganda, potrebbe anche essere non troppo lontano dalle nostre speranze ragionevoli 1 .

l Insieme a questo rapporto è conservato il seguente biglietto manoscritto di De Gasperi a Nenni: «27 dicembre 1946. Ho parlato con Quaroni anche dell'America. In quel suo rapporto conclusivo della sua opera a New Y ork ci dovrebbero essere cenni che mi possono giovare. Mi vuoi avere la cortesia di mandarmene copia o comunque di farmelo leggere? Ti mando qualche mia proposta di modifica sulla bozza di Belgrado». Una annotazione avverte: « Inviata copia al segretario del presidente Dc Gasperi, Canali».

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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 3717/1852. Roma, 27 dicembre 1946 (per. il 30).

Sono stato ricevuto stamane in udienza dal santo padre per la consueta presentazione degli auguri per l'anno nuovo. Al principio dell'udienza ho subito comunicato che il capo provvisorio dello Stato mi aveva espressamente convocato per darmi incarico di presentare a nome suo gli auguri più sinceri ed i migliori omaggi. Il papa ha dimostrato vivo compiacimento e con accento premuroso mi ha detto che egli contraccambiava di tutto cuore i migliori auguri ed affettuosi saluti per l'illustre uomo di Stato che aveva conosciuto con molto piacere e che aveva tanto apprezzato in occasione del lungo colloquio avuto con lui l'estate scorsa. Ha aggiunto che analoghi auguri desiderava formulare anche per il Governo e tutto il popolo italiano; ed in particolar modo per il presidente del Consiglio che era proprio alla vigilia del viaggio in America, pel quale auspicava ogni personale soddisfazione per lui ed il miglior successo nell'interesse del Paese. Era sicuro che a Washington l'on. De Gasperi avrebbe incontrato le migliori disposizioni da parte nord-americana ed avrebbe raggiunto di certo qualche concreto risultato nel campo economico; nell'attuale momento le questioni economiche hanno importanza grandissima e quasi primordiale.

Il papa mi ha poi intrattenuto della Messa natalizia che egli aveva celebrato per il Corpo diplomatico, venendo naturalmente nel corso della conversazione a mettere in rilievo il contrasto fra quella cerimonia nella raccolta intimità della sua cappella privata e la solennità della grande manifestazione popolare che aveva avuto luogo la domenica precedente sulla piazza di San Pietro. Dopo essersi dichiarato compiaciuto della grande affluenza e dell'ordine perfetto con cui si era svolta la manifestazione, ha aggiunto che nel suo breve discorso egli aveva adoperato anche delle parole forti; ciò era contrario alle sue abitudini, ma aveva ritenuto rivolgere un appello alla voce del dovere e richiedere che nell'attuale difficile momento tutti i buoni prestassero la loro collaborazione, perchè l'indifferenza e l'assenteismo finirebbero per condurre al sopravvento di una minoranza più attiva ed intraprendente. Egli però -ha aggiunto sorridendo -non aveva detto di prendere a legnate nessuno, come racconta l'Avanti! di stamane dal quale sembrerebbe essere stato lui ad incitare le percosse date ad un pacifico lettore del Don Basilio. Ha concluso che trattavasi del resto di un corsivetto scherzoso, da non prendersi sul tragico.

È stato questo il solo breve accenno alle recenti polemiche ed ho rilevato come durante tutto il colloquio il pontefice abbia usato sempre un linguaggio pacato e benevolo, con ripetute espressioni di simpatia e di affetto verso il nostro Paese. E ritengo che nello stesso spirito benevolo egli abbia portato la conversazione sul discorso da lui pronunziato la vigilia di Natale dinanzi al collegio cardinalizio, richiamando la mia attenzione sull'esortazione rivolta agli uomini di Stato dei Paesi vincitori come di quelli vinti sulla necessità che fin da ora venga tenuta presente la possibilità di addivenire a modifiche e correzioni di quelle clausole dei trattati di pace che appaiono, o si dimostreranno in avvenire, come erronee od ingiuste.

L' argomento era della massima importanza, e perchè i Paesi sconfitti non disperino nell'avvenire, e venga promossa la sempre migliore pacifica collaborazione tra i popoli, occorre che gli uomini di Stato siano compresi dallo spirito di equità e riconoscano fin da ora il principio della revisione dei trattati. Essi come tutte le opere umane non sono perfetti, in molti casi sono il risultato di un compromesso dettato dalle necessità del momento; bisogna perciò preparare senza indugio la strada per quelle modificazioni che sembrano opportune e desiderate, e sotto taluni aspetti anche doverose.

Prima di congedarmi il pontefice ha di nuovo ripetuto calorose espressioni di simpatia ed augurio per il capo provvisorio dello Stato, per il presidente ed i membri del Governo, e per tutto il popolo italiano.

630

COLLOQUI DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, CON IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, E CON L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, MCKENDREE KEY

APPUNTO. Roma, 28 dicembre 1946, ore 17-19,15.

Ho intrattenuto oggi, in separati colloqui, l'ambasciatore di Gran Bretagna e l'incaricato d'affari degli Stati Uniti sulla situazione degli italiani di Pola. Ho fatto presente come la quasi totalità delle popolazioni italiane (da 20 a 25 mila persone) desideri, in vista dell' applicazione delle clausole territoriali del trattato di pace, trasferirsi, con masserizie e strumenti di lavoro, in territorio italiano, implorando, per giustificati motivi, che ciò avvenga prima della partenza delle truppe alleate dal territorio istriano.

Data la massa di popolazione da spostare, ed in considerazione dell'esiguità e della scarsezza dei mezzi logistici all'uopo occorrenti, si deve prevedere che le relative operazioni non potrebbero essere compiute in meno di tre o quattro mesi. Le previsioni che si fanno sulla data dell'esecuzione del trattato, e le notizie che il ritiro delle truppe alleate starebbe già per essere iniziato, hanno creato preoccupazione fra le popolazioni interessate e negli stessi ambienti italiani di Governo, sulla sorte della patriottica cittadinanza di Pola, qualora essa non potesse trasferirsi in tempo utile, come desidera, nel territorio nazionale.

Allo scopo di chiarire questa situazione, ho esaminato, con i due rappresentanti esteri miei interlocutori, il problema come oggi può essere prospettato, in relazione alle clausole del trattato. Tanto l'ambasciatore di Gran Bretagna quanto l'incaricato d'affari degli Stati Uniti hanno anzitutto assicurato che l'evacuazione delle truppe alleate è prevista per la data della ratifica e non della firma del trattato. Sir Noel Charles, più esplicito, ha dichiarato, in pari tempo, che, però, gli obblighi derivanti dal trattato non potrebbero in alcun modo non essere mantenuti.

Ho posto anche il quesito se, nel caso di mancata ratifica o di mancata firma da parte della Jugoslavia, le truppe alleate rimarrebbero, o non, nel territorio che attualmente occupano. L'incaricato d'affari degli Stati Uniti ha risposto che, a suo giudizio personale, riteneva che, nel caso della mancata firma jugoslava, le truppe alleate non lascerebbero il loro posto. Si è considerato anche il contenuto dell'art. 63 del trattato, Iaddove si dice che «ies forces armées des Puissances Alliées et Associées seront retirées d'Italie aussitòt que possible et en tout cas dans un délai maximum de 90 jours à partir de l'entrée en vigueur du présent Traité». E cioè: i novanta giorni dal momento dell'entrata in vigore del trattato giocherebbero, oppur no, anche per il territorio di Pola? Qual'è l'esatta interpretazione del'art. 63? Né l'ambasciatore di Gran Bretagna né l'incaricato d'affari degli Stati Uniti d'America hanno potuto darmi una risposta precisa al riguardo.

Ho comunicato ai due rappresentanti diplomatici quanto stamattina ci aveva fatto conoscere, sulla questione in oggetto, l'ammiraglio Stone e di cui è cenno nell'appunto allegato 1• Ho loro chiesto che si facessero interpreti presso i rispettivi Governi della situazione delle popolazioni di Pola, che seriamente preoccupa il Governo italiano, e non ho passato sotto silenzio i riflessi politici che le conseguenze del prevedibile aggravamento di tale situazione potrebbero avere anche nei confronti degli Alleati. L'incaricato d'affari statunitense, nell'assicurarmi che non mancherà di portare a conoscenza del Dipartimento di Stato la questione di cui trattasi, ha aggiunto che sarà certamente utile che il presidente del Consiglio, nella sua prossima visita a Washington, personalmente ne parli a Byrnes e al presidente Truman.

L'ambasciatore di Gran Bretagna, che anche da parte sua metterà al corrente della questione il proprio Governo, mi ha chiesto di quali mezzi potremmo aver bisogno per il trasporto delle popolazioni di Pola, e mi detto che, dietro nostra indicazione, avrebbe interessato le autorità britanniche a fare il possibile per aiutarci in tal senso, pur non avendo mancato di farmi, fin da ora, presente che scarse sono, in questo momento, le disponibilità della Marina inglese.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

Roma, 28 dicembre 1946.

Il Governo italiano é stato informato della comunicazione fatta dal vice ministro degli esteri Bebler all' ambasciatore Quaroni 3 . Prima di dare una risposta definitiva ha desiderato attendere l'arrivo dell'ambasciatore Quaroni per sentire il suo rapporto conclusivo sulle conversazioni che hanno avuto luogo a New Y ork 4 .

Il Governo italiano desidera di condurre a buon termine le trattative con il Governo jugoslavo e riconosce che un accordo sulla questione della frontiera avrebbe valore risolutivo.

1 Non pubblicato.

2 Consegnata dal segretario generale, Fransoni, al dott. Smodlaka il 28 dicembre alle ore 19,15. Il testo di questa nota fu preparato da Quaroni. Nenni vi apportò notevoli modifiche nella parte centrale. De Gasperi infine rivide la bozza di Nenni riscrivendone la parte finale (vedi accenno in D. 628, nota l, p. 743).

3 Vedi D. 598.

4 Vedi D. 625.

Sulla base però degli elementi che attualmente sono in possesso del Governo italiano l'accordo sulla questione territoriale presenta delle serie difficoltà. Le ragioni per le quali i nostri due Governi hanno giudicato non vitale la creazione del Territorio Libero di Trieste e inaccettabile la cosidetta linea francese partono da premesse e arrivano a conclusioni diverse. Il Governo italiano ha fatto sapere più volte al Governo jugoslavo che esso deve insistere sul principicio di una linea etnica di frontiera.

Il pensiero in materia del Governo di Belgrado sembra essere considerevolmente diverso anche dopo la dichiarazione del maresciallo Tito concernente l'appartenenza di Trieste all'Italia della quale il Governo italiano ha preso atto con viva soddisfazione, in essa ravvisando un contributo positivo ad una giusta pace.

In queste condizioni è sembrato al Governo italiano che l'invio di una missione straordinaria italiana a Belgrado potesse essere tanto più utile, se non si poneva la questione territoriale come pregiudiziale, e se l'una e l'altra parte accettavano il principio di negoziati economici, di accordi sulla protezione delle minoranze e della ripresa di relazioni diplomatiche normali.

Esistono fra l'Italia e la Francia e fra l'Italia e la Gran Bretagna disaccordi su questioni territoriali e coloniali che non hanno impedito la conclusione di accordi bilaterali molto importanti. Il Governo italiano non si nasconde che le difficoltà sono maggiori nei confronti della Jugoslavia, ma appunto per ciò è desideroso di limitare quanto più è possibile la zona di attrito, e di contribuire a creare fra i due Paesi una atmosfera che consenta di affrontare e risolvere, prima

o poi, la questione territoriale.

In queste condizioni, il Governo italiano insiste sulla sua primitiva proposta. Pur non rifiutandosi di esaminare ulteriori nuove formule nella questione della frontiera, esso chiede che la ripresa delle relazioni diplomatiche e la conclusione di accordi commerciali e circa le minoranze non vengano subordinate al regolamento del problema territoriale.

632

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

T. 19667/92. Roma, 30 dicembre 1946, ore 15,45.

A 111 e 112 1 .

Nel prendere atto buone disposizioni codesto Governo circa riapertura Ufficio Roma e invio delegazione, ripeto essere fermo intendimento Governo italiano promuovere ratifica accordo Parigi. Tuttavia siccome è necessario eliminare alcuni

1 Con T. 21384/111-112 del 22 dicembre De Astis riferiva sull'esecuzione delle istruzioni di cui al D. 592 nel senso qui indicato.

inconvenienti cui predetto accordo darebbe luogo, si ritiene opportuno approfittare accordo esecutivo per conseguire siffatto risultato. Ciò non significa che Governo italiano intenda ritornare su questioni risolte con accordo Parigi ma semplicemente presentare accordo Parigi e accordo esecutivo contemporaneamente onde impressione sfavorevole suscitata in taluni ambienti da accordo Parigi possa essere corretta dalle modalità di esecuzione che potranno essere concordate. Prego pertanto insistere per invio delegazione con la quale intendiamo trattare con spirito amichevole e realizzatore. Prego chiarire parte telegramma V.S. relativa desiderio codesto ministro affari esteri avere copia accordo recentemente concluso.

633

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 21656/311-312. Praga, 30 dicembre 1946, ore 20,30 (per. ore 8 del 31).

A telegramma ministeriale 188 1•

Non appena ricevuto dispaccio n. 178 del 14 dicembre2 , aderendo istruzioni in esso contenute, ho confermato Governo cecoslovacco condizioni per invio mano d'opera italiana ed informato come potrà proseguire procedura per conclusione relativo accordo nel quadro trattative già iniziate Praga fin da novembre con delegazione cecoslovacca presieduta dal ministro del lavoro Nejedly. Ho così espressamente comunicato che subito dopo arrivo Praga primi giorni gennaio tecnici italiani sarebbe stato concluso accordo generale ingaggio mano d'opera e primo protocollo relativo primo contingente operai contro fornitura carbone che erami stata assicurata in seguito a miei ripetuti interventi, come comunicato V.E.

Rammento che codesto ministero ha sempre ritenuto che il conservare Praga come sede trattative sia d'importanza sostanziale e non formale tanto per merito questione operai quanto per necessari collegamenti con trattative accordo commerciale, stabilimento connazionali e sistemazione interessi italiani. Concordemente giudicò V.E. che, declinando proposta Pauliny Toth trattare questione operai in Roma, diedemi precise instruzioni contenute nel telegramma 1523 e che, a conoscenza prima parte trattative da me svolte qui con delegazione cecoslovacca, confermava direttive e procedura verbalmente con addetto commerciale Morante e con telegramma 178 sopraccennato.

1 Con T. 19644/188 del28 dicembre Fransoni aveva comunicato: «Questo ministro Cecoslovacchia ha comunicato questo ministero che suo Governo desidera inviare a Roma delegazione con incarico negoziare accordo per invio nostra mano d'opera in Cecoslovacchia e modalità trasferimento rimesse restando inteso che tale trasferimento è abbinato fornitura carbone. È stato risposto che siamo disposti ricevere delegazione Cecoslovacchia nella terza decade di gennaio».

2 Vedi D. 602.

3 Vedi D. 451.

Devo sottolineare che ripetuto tentativo questo Governo alternare programma lavori, ciò dopo che da parte nostra erano state fatte precise proposte per soluzione immediato problema nel quadro delle assicurazioni e dichiarazioni scambiate, tradisce intenzione ottenere buon mercato quanto interessa sottraendosi limiti obbiettivamente imposti da natura scambi tra i due Paesi ed arriva eludere collegamento con accordo commerciale e de facto con sistemazione interessi italiani già colpiti. A riprova aggiungo che questo Governo non (dico non) mi ha informato nuovo passo contemporaneamente fatto a Roma e al contrario mi ha lasciato intendere di gradire mia comunicazione conseguente telegramma 178 citato e di andare a stabilire data arrivo Praga delegazione italiana per accordo commerciale. Nella suddetta situazione debbo pure rilevare che risposta, di cui telegramma 188, data a ministro cecoslovacco senza neppure preavvertirmi, mette questa rappresentanza in posizione particolarissima nei confronti Governo cecoslovacco, ne indebolisce azione, rende impossibile quel collegamento de facto con altre questioni raccomandato da V.E. ancora con telegramma 178. Pertanto prego

V.E. comunicarmi se improvviso mutamento sia dovuto ad equivoco od altrimenti favorirmi le ragioni che lo hanno provocato 1•

634

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. s.N.n. 21653n43. Mosca, 30 dicembre 1946, ore 21,50 (per. ore 8 del 31).

Telegramma V.E. 19423/c.2•

Ho oggi lungamente e dettagliatamente esposto a Tzaikin complesso ragioni giuridiche, morali e materiali che militano in favore partecipazione italiana stipulazione pace con Germania. Ho ricordato nostra dichiarazione di guerra, collaborazione e sforzo bellico. Ho altresì ripreso argomenti già esposti a suo tempo da ambasciatore Quaroni a Dekanozov (vedi fra altro telespresso di questa ambasciata 723/315 del 4 settembre 1945)3 . Sottolineato sacrifici da noi fatti e apporto da noi dato nella guerra contro Germania nazista combattendo al lato

U.R.S.S. America Inghilterra e Francia. Tzaikin ha ascoltato con grande interesse quello che gli andavo esponendo ed ha preso frequenti appunti. Infine dettomi che non poteva per ovvie ragioni farmi conoscere subito quale era parere Governo sovietico al riguardo data importanza questione, ma che mi poteva assicurare fin da ora che nostra richiesta sarebbe stata esaminata con ogni attenzione, amicizia e simpatia.

1 Per la risposta vedi D. 688. 2 Vedi D. 620. 3 Vedi serie decima, vol. II, D. 493.

635

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 8177/1250. Vienna, 31 dicembre 1946 (per. il 10 gennaio 1947).

Mi riferisco al mio telegramma per corriere n. 028 del 22 ottobre u.s. 1•

Le norme costituzionali in vigore in Austria circa la stipulazione di accordi internazionali e circa la loro ratificazione sono contenute negli art. 50 (l) e 66 (2) della Costituzione federale del 1929, di cui accludo ad ogni buon fine il testo2 . Sono sottoposti alla ratifica del Parlamento, in base a tali disposizioni, i trattati di carattere politico, nonché quelli che, pur non avendo contenuto politico, comportano delle modifiche dell'ordinamento giuridico esistente. Gli altri accordi internazionali possono essere conclusi invece dal Governo federale col solo consenso del presidente della Repubblica. Nel momento attuale, in base all'accordo di controllo dello scorso giugno, essi devono essere sottoposti inoltre all'approvazione della Commissione alleata.

Non vi è dubbio, pertanto, che gli accordi di Parigi per l'Alto Adige, per il loro contenuto eminentemente politico, avrebbero dovuto essere portati dinanzi a questo Parlamento. Tale, senza dubbio, era stata in un primo tempo l'intenzione di questo Governo, quando diede comunicazione dell'avvenuta stipulazione a questa Commissione parlamentare per gli affari esteri e quando si ripromise di fare dichiarazioni sulla politica estera austriaca in occasione dell'apertura della sessione autunnale del Nationalrat. Se questo non si è, in un secondo tempo, verificato ciò è da attribuirsi, non soltanto alle considerazioni di politica interna che, da parte austriaca, sono state più volte esplicitamente richiamate, nè soltanto al desiderio di questo Governo di attendere le decisioni del Consiglio dei ministri degli affari esteri in New Y ork circa l'inserzione degli accordi di Parigi nel trattato di pace con l'Austria, ma anche, indubbiamente, al desiderio di questi ambienti politici di non sembrare totalmente e formalmente impegnati da un atto che, secondo una versione qui abbastanza diffusa, comporterebbe degli obblighi soltanto, in maniera unilaterale, per l'Italia.

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 19780/c. Roma, JD gennaio 1947, ore 12.

Da notizie apparse nella stampa circa accordo preso a New Y ork dai quattro ministri degli esteri per designazione prima del IO febbraio propri delegati nella Commissione di inchiesta da inviarsi nei nostri territori africani, appare imminente

I Vedi D. 432. 2 Non pubblicato.

formazione di tale Commissione in applicazione della dichiarazione di massima pubblicata durante Conferenza Parigi. È opportuno ed urgente pertanto ripetere codesto Governo quanto già da noi prospettato nel giugno scorso con telegramma 9109/c. 1 ed insistere in particolare perché un rappresentante italiano accompagni i commissari nel loro lavoro di indagine nelle nostre colonie.

Non ci sembrerebbe conforme spirito dichiarazioni fatte Parigi in sede discussione questione coloniale, invio Commissione di inchiesta senza presenza nostro rappresentante che oltre ad essere in grado di dare ogni utile informazione risultante dall'esperienza della amministrazione da noi fatta, possa anche esprimere aspirazioni delle popolazioni italiane incorporate nei territori stessi e formulare loro voti e loro proposte.

(Solo per Washington) Nel prospettare Dipartimento di Stato questa nostra richiesta, che va intesa come inquadrata nei termini generali dichiarazioni da noi fatte Parigi circa nostro desiderio poter continuare sotto egida O.N.U. a promuovere sviluppo economico e autogoverno dei territori africani nell'interesse di tutte quelle popolazioni, V.S. aggiunga che il Governo italiano ha presente riconoscimenti dati in passato da Governo americano a nostre legittime aspirazioni e fa affidamento che tali disposizioni non gli verranno a mancare in questa occasione anche per superare, ove si presentassero, eventuali resistenze da parte britannica.

(Solo per Mosca e Parigi) Nel prospettare a codesto Governo questa nostra richiesta, V.S. ricordi che il Governo italiano ha ben presente l'atteggiamento comprensivo anteriormente preso da codesto Governo nei riguardi della questione e che ci auguriamo che codesto Governo vorrà continuare prestarci suo appoggio anche in questa circostanza 2 .

637

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 4/1. Londra, 1° gennaio 1947, ore 20,35 (per. ore 9,30 del 2).

Dopo le dichiarazioni Attlee Camera dei Comuni in difesa della politica di Bevin non si era praticamente più affacciata questione di un accordo politico militare anglo-americano. Essa è peraltro tornata di attualità a cagione di una pubblicazione del giornale francese Aurore smentita ieri dal Daily Herald e dal Manchester Guardian.

Ieri sera veniva emessa smentita ufficiale del Foreign Office (parallelamente a quella che avrebbe avuto luogo a Washington) che però non è stata riprodotta dalla stampa odierna ad eccezione News Chronicle che ne fa solo menzione.

1 Vedi serie decima, vol. III, D. 530.

2 Per le risposte da Londra, Mosca e Parigi vedi DD. 653, 642 e 650, per quella da Washington vedi volume successivo.

Viceversa vengono riprodotte con un certo rilievo due «Reuter» da Washington riferentesi (a) alle intese tra le aviazioni militari inglese ed americana per la continuazione cooperazione tempo guerra con scambio personale e informazioni, ma alle quali Daily Herald attribuisce carattere tecnico mentre i giornali di destra come Daily Telegraph ne parlano come di faccenda prevalentemente militare; (b) a dichiarazioni Truman secondo le quali smantellamento Stato Maggiore guerra lascerebbe sussistere Combined Chiefs of Staff a Washington.

Si direbbe che smentita di cui sopra sia fatta per non turbare atmosfera più distesa che ha seguito incontro New York e che qui, anche per motivi di carattere parlamentare, si è molto interessati a sfruttare: tanto che è vero che, almeno da un punto di vista giornalistico, di tale smentita non si è sentita necessità.

Se intese anglo-americane vadano o meno al di là delle dichiarazioni di Attlee non è facile controllare. Sta di fatto che questione torna a galla con una certa ricorrenza e che se ne parla negli ambienti militari e -discretamente ma con una certa soddisfazione -in ambienti ai margini di quelli responsabili.

Comunque non è da dimenticare che quando Attlee ha parlato ai Comuni delle intese in corso con gli Stati Uniti d'America aveva dichiarato anche che l'Inghilterra sarebbe ben lieta se l'U.R.S.S. acconsentisse ad analoghi accordi.

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IL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

]0T. PER CORRIERE 412/01. Il Cairo, gennaio 1947 (per. il 13).

Sciogliendo la riserva di cui all'ultima parte del mio telegramma filo n. 112 del 22 dicembre 1 onoromi informare di aver avuto oggi lungo e cordiale colloquio con questo presidente del Consiglio e ministro degli affari esteri.

Ne ho approfittato naturalmente per adempiere gradito incarico affidatomi con telegramma ministeriale n. 196832 trasmettendogli personalmente i voti augurali di V.S. Nokrachi Pacha, che è stato molto sensibile a questo segno di particolare attenzione, mi ha pregato in termini calorosi, tanto più significativi in relazione alla sua natura piuttosto riservata, di ringraziare e ricambiare da parte sua V.S.

Presidente del Consiglio ha tenuto a confermarmi sue migliori disposizioni per giungere normalizzazione situazione nei nostri riguardi e mi ha chiesto quando sarebbe stato da noi ratificato accordo Parigi sulle riparazioni.

Valendomi delle istruzioni di cui a telegramma di V.E. n. 92 del 30 dicembre\ ho fatto presente che è fermo intendimento del Governo italiano promuovere ratifica accordo ed a tal uopo invio delegazione egiziana a Roma per discutere e concordare modalità esecuzione avrebbe indubbiamente permesso di conseguire lo scopo con

l Vedi D. 632, nota l. 2 T. 19683/c. del 30 dicembre, non pubblicato. 3 Vedi D. 632.

752 la desiderata celt:rità. Nokrachi Pacha ha replicato che l'accordo andava prima approvato appunto per potere essere poi discusso per le modalità di esecuzione da parte della delegazione egiziana. Ho allora accennato ai vantaggi che un contatto diretto fra esperti avrebbe costituito nell'intento di migliorarne qualche parte; ma il presidente, che mi è stato poi riferito aver avuto prima del nostro incontro lunghi colloqui col sottosegretario agli esteri, col prof. Boghdadi e col consigliere giuridico Jacquet, ha mantenuto il suo punto di vista.

Non mi è sembrato il caso di insistere oltre, riservandomi di ritornare sull'argomento col sottosegretario di Stato. A tal fine mi sarebbe molto utile conoscere quali siano gli «inconvenienti cui predetto accordo darebbe luogo» e quali emendamenti si intenderebbe, in definitiva, apportare in sede di accordo supplementare. In relazione poi al chiarimento chiestomi nell'ultima parte del predetto telegramma ministeriale n. 92, trascrivo qui di seguito la parte del mio telegramma n. 111, [risultata confusa] presumibilmente per errore di trasmissione. «Questo Ministero degli affari esteri mi ha espresso il desiderio di avere copia accordi commerciali recentemente da noi conclusi con altri Paesi per esame preliminare da parte della delegazione in vista prossime trattative».

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, ALL'AMBASCIATORE CARANDINI, A ROMA

T. S.N.D. 84/10. Londra, 3 gennaio 1947, ore 21 (per. ore 10,45 del 4).

Telegramma di V.E. n. 797 1•

Hoyer-Millar ha confermato che sta bene data del 20 gennaio per visita S.E. il ministro come comunicato da codesto ambasciatore britannico. Ha ripetuto quanto era già stato detto a V.E. che cioè ministro Nenni sarà ospite del Governo britannico e che si intende dare alla visita tono che ponga in rilievo completo ritorno Italia alla vita internazionale.

A questo proposito ha precisato che, non disponendo Governo britannico di alcun edificio ad hoc, si intenderebbe ospitare il ministro al Claridges con suo seguito immediato, esattamente come è stato fatto per membri Governi alleati. So che era intenzione di V.E. ospitare il ministro in ambasciata. Ma mi domando-e Hoyer-Millar mi è parso dello stesso parere-se agli effetti dell'opinione pubblica sia in Italia che qui non convenga preferire piena ospitalità britannica. Su questo punto gradirei urgenti precisazioni e lista delle persone da essere considerate a questo effetto al seguito del ministro.

Hoyer-Millar mi ha chiesto se sapevo nulla circa argomenti specifici che il ministro intenderebbe discutere. Era certo che Bevin voleva offrigli il destro di far constatare in Italia che un ministro socialista italiano trovava comprensione e soddisfazione presso un Governo laburista britannico. A parte conversazioni su questioni di più alto livello, la soluzione delle quali potrebbe doversi considerare prematura (ha

I Vedi D. 618.

citato quella del futuro delle nostre colonie) ed indipendentemente da.! perfezionamento accordi commerciali, Hoyer-Millar conveniva che visita del ministro poteva offrire l'occasione più propizia per liquidare alcune questioni di minor momento ma che, per i loro effetti sull'opinione pubblica, possono essere altrettanto interessanti. Al Foreign Office si starebbe preparando una documentazione in questo senso e mi si è fatto intendere che nostri suggerimenti sarebbero benvenuti. Abbiamo citato, a solo titolo d'esempio, ritorni in Tripolitiania, commercio con le colonie, sblocco beni italiani tuttora in mano al Custodian (salvo contropartita eventuale). Siamo rimasti d'accordo che per ogni dettaglio ci saremmo mentenuti fin da ora in permanente contatto.

Una delle preoccupazioni del Foreign Office-a parte quella ormai consuetudinaria che non ci si debba attendere troppo-è evidentemente che cordialità tra i due uomini di Stato non abbia a far loro sottovalutare le difficoltà che, quando il terreno non sia stato spianato in precedenza in sede tecnica, finirebbe per dimostrarsi insuperabili al vaglio finale.

Sir Noel Charles sarà per l'occasione a Londra 1•

640

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 103/14. Londra, 4 gennaio 1947. ore 22,25 (per. ore 8 del 5).

Telegramma circolare 24 dicembre scorso 2 .

Prendendo spunto argomento di cui al mio telegramma 133 , ho riparlato della questione nostra partecipazione negoziati di pace con la Germania. Hoyer-Millar ha fatto riferimento allo stato ancora nebuloso delle trattative che non consentono prevedere se si raggiungerà accordo sulla sostanza del trattato né sulla procedura, ma mi ha confermato assicurazioni già date da McNeil all'ambasciatore Carandini nel senso che nostra posizione particolare è tenuta presente. Gli ho detto allora se non ritenesse che i lavori di imminente inizio dei quattro sostituti offrissero occasione propizia perché chiedessimo ai quattro Governi formalmente di essere ascoltati in questa prima fase secondo quella che sembrerebbe essere stata formula adottata per l'agenda di Mosca che parlerebbe di «consultazioni dei Paesi interessati». Hoyer-Millar, che come prima reazione personale è sembrato d'accordo, si è riservato farmi sapere cosa se ne pensi al F oreign Office. Indipendentemente dalla sua risposta, mi domando se la questione non dovrebbe essere ripresa in occasione visita V.E. (mio telegramma 10) 4 limitatamente all'atteggiamento del Governo britannico nella materia, giacché anche per questa decisione occorrerà accordo tra i Quattro.

l Con T. s.n.d. 180/5 dcl4 gennaio Fransoni rispose: «La prego di voler opportunamente sentire al Foreign Office se dato carattere che il Governo britannico dà a visita ministro Nenni sia previsto invio apparecchio britannico per rilevarlo aeroporto Roma». Ma vedi anche D. 641.

2 Vedi D. 620.

3 Con T. 102/13 del 4 gennaio Migone aveva fornito notizie sul prossimo inizio dei lavori della conferenza per il trattato di pace con Germania e Austria.

4 Vedi D. 639.

641

L'AMBASCIATORE CARANDINI ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

T. S.N.D. 279/6. Roma, 5 gennaio 1947, ore 14,30 (per. ore IO del 6).

Presidente De Gasperi è partito Stati Uniti con apparecchio apposito inviato da Governo di Washington. Sarebbe qui gradito e farebbe ottimo effetto che una simile cortesia venisse usata da codesto Governo al ministro Nenni in occasione del suo prossimo viaggio 1 .

642

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 135/4. Mosca, 5 gennaio 1947, ore 18,15 (per. ore 23).

Telegramma di V.E. 19780/c. 2 . Ho oggi fatto passo presso questo Ministero affari esteri in conformità istruzioni ricevute. Ho sottolineato fra l'altro, con appoggio molti argomenti, necessità e opportunità che rappresentanti nominati direttamente da Roma accompagnino commissari U.R.S.S., U .S.A., Inghilterra e Francia nelle loro indagini nostri territori africani. Ho altresì ricordato atteggiamento altamente comprensivo dei nostri interessi assunto da delegazione U.R.S.S. a Parigi in sede questione coloniale. Mi è stato assicurato che nostra richiesta non mancherà di essere esaminata con ogni attenzione e con spirito di comprensione.

643

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, A WASHINGTON

T. S.N.D. URGENTISSIMO 295/93 . Roma, 7 gennaio 1947, ore Il.

Pregoti mandarmi per Consiglio dei ministri che si riunisce domani mercoledì ore 17 nota indicativa su prospettive colloqui di Washington. Auguri 4 .

I Per la risposta vedi D. 645. 2 Vedi D. 636. 3 Minuta autografa. 4 Per la risposta vedi D. 646.

644

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DE NICOLA

T. tssn. Washington, 7 gennaio 1947, ore 14,21 (per. ore 8 del/'8).

Presidente Truman, cui presentai tuoi saluti, incaricami esprimere a te e popolo italiano sentimenti di cordialità e fraterna amicizia, assicurando suo costante interesse e simpatia per rinascita nostro Paese.

645

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 179/18. Londra, 7 gennaio 1947, ore 20,30 (per. ore 7 del/'8).

Telegramma ministeriale n. 61• Governo britannico ben volentieri porrà aereo a disposizione del ministro per suo viaggio a Londra.

Mi permetto peraltro far presente che, data stagione che è qui particolarmente inclemente, si correrebbe rischio di un ritardo nell'arrivo. Ciò sarebbe deprecabile dato che S. E. il ministro avrà programma molto pieno e tornerebbe difficile modificar! o nonché spostare all'ultimo momento incontri con varie personalità di questo Governo.

Se, come sembra più ragionevole, si conviene di escludere viaggio interamente per aereo, due sono alternative che anche al Foreign Office paiono più opportune.

l) S.E. il ministro potrebbe compiere l'intero percorso per ferrovia. Verrebbe incontrato a Dover da questo Ufficio del protocollo e potrebbe proseguire per Londra sia per automobile, messa a disposizione dal Governo britannico, sia per ferrovia. Quest'ultimo mezzo sembra il più comodo perché egli giungerebbe ben riposato, si evita rischio nebbia e offre occasione ai giornalisti di trovarsi all'arrivo.

2) S.E. il ministro potrebbe viaggiare fino a Parigi per ferrovia e proseguire con aereo inviato appositamente colà da Londra. Qualora condizioni atmosferiche non consentissero di volare, egli con il seguito potrebbe sempre proseguire per ferrovia giungendo ugualmente in serata a Londra.

Foreign Office insiste su opportunità che S.E. il ministro giunga nella serata del 19 in modo da poter sfruttare interamente la giornata del 20 corrente per i suoi colloqui.

Se non già fatto, permettomi rappresentare necessità venga comunicato senza indugio in via ufficiale a codesta ambasciata britannica accettazione dell'invito nonché lista persone del seguito. Ripeto che si conta su permanenza di tre giorni utili.

Attendo anche di conoscere se il ministro risiederà in ambasciata o, come proposto, all'albergo Claridges 2 .

1 Vedi D. 641.

2 Con T. 478!9 del IO gennaio, Fransoni rispondeva che il ministro sarebbe partito ill7 in treno per Parigi da dove avrebbe proseguito per Londra in aereo giungendo il 19.

646

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 211/8 1 . Washington, 8 gennaio 1947, ore 10,23 (per. ore 19).

In conversazione con Byrnes e membri Gabinetto si sono esaminate tutte le questioni economiche finanziarie di nostro interesse 2• Seguono altri colloqui con elementi tecnici dell'Alimentazione, Commercio, Commissione marittima, Banca internazionale, Export Bank. Governo americano riservasi pubblicare conclusioni in comunicato riassuntivo. Disposizioni generali favorevoli. Partirò giovedì per Chicago Cleveland ma ministro commercio e direttore Menichella con esperti prolungheranno loro presenza qui. Menichella potrà essere più preciso prossimamente.

647

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 237/8. Parigi, 8 gennaio 1947, ore 20,10 (per. ore 7,30 del 9 ).

Suo telegramma circolare 19423/c. 3 .

Ho conferito oggi con Couve de Murville in merito partecipazione Italia a stipulazione pace con Germania. Parlando a nome personale, egli mi ha detto in sostanza ritenere che Governo francese è favorevole dare disposizioni partecipazione non fosse altro perché essa sottolineerebbe e convaliderebbe solidarietà europea nei confronti Germania. Questione sembrerebbegli pertanto dover essere posta formalmente solo dopo nostra firma trattato pace. Tale punto di vista sarebbe comune Quattro Grandi.

648

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 309/11. Washington, 9 gennaio 1947, ore 12,46 (per. ore 18,30 del 10).

Presidente De Gasperi ha concluso stasera4 prima fase sue conversazioni con esponenti politica americana, che verranno prossimi giorni continuate su piano

l Risponde al D. 643. 2 Vedi D. 648. 3 Vedi D. 620. 4 L'8 gennaio.

tecnico con varie amministrazioni interessate da ministro Campilli, dottori Menichella e Carli. Oltre colloqui molto cordiali con presidente Truman, il quale ha riconfermato sue migliori disposizioni verso il nostro Paese e desiderio facilitare adeguati provvedimenti in nostro favore, presidente ha avuto quattro colloqui con Byrnes, ultimo dei quali stamane, improntato a particolare cordialità 1•

Presidente, accompagnato da me, Zoppi, Canali ed alcuni funzionari ambasciata partirà domani per Chicago e Cleveland dove si recheranno anche Byrnes, nuovo presidente pro tempore Senato Vandenberg ed altre personalità americane. Sarà domenica e lunedì a New Y ork. Aderendo odierno suggerimento stesso Byrnes sarà nuovamente Washington martedì 14 corrente per breve soggiorno non ufficiale. Comunicato verrà diramato al termine visita.

649

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 310/12. Washington, 9 gennaio 1947, ore 13,36 (per. ore 18,30 del 10).

Telegramma per corriere di questa ambasciata 0294 2•

Dimissioni Byrnes e di lui sostituzione con generale Marshall richiamato dalla Cina, hanno prodotto vivissima sorpresa in questi ambienti politici nonché nell'opinione pubblica completamente colta di sorpresa. Dimissioni sono ufficialmente motivate da ragioni di salute e tale tesi viene unanimemente accreditata al Dipartimento di Stato. Predetti ambienti sono invece scettici e, pur non conoscendosi ancora precisi motivi che hanno dato occasione ritiro Byrnes, maturati negli ultimissimi giorni, attribuiscono generalmente cause fondamentali a nuovi screzi con Truman di carattere personale, in seguito indipendenza mantenuta da segretario di Stato nella trattazione delle stesse più importanti questioni internazionali.

Condivido per parte mia tale opinione. È tuttavia probabile che su Truman abbia influito anche desiderio mettere a capo Affari esteri personalità senza legami politici dati risultati recenti elezioni. Aggiungo che alcune fonti attribuiscono a dimissioni Byrnes causa prevalentemente di carattere interno, ritenendo che egli abbia voluto ritirarsi di propria iniziativa onde riacquistare fin da ora propria piena libertà di azione, nell'intendimento preparare sua candidatura elezioni presidenziali del 1948.

Secondo altre fonti, anche esse autorevoli, attrito con presidente sarebbe stato acutizzato da accettazione da parte di Byrnes della proposta Molotov per convocazione a Mosca della Conferenza dei Quattro per la Germania e l'Austria. Ambienti Casa Bianca e autorevoli dirigenti Congresso sarebbero rimasti assai sfavorevol

1 Da parte italiana non furono redatti verbali di questi incontri: ci sono solo i due appunti di Zoppi (vedi DD. 696 e 711) ed i resoconti pubblicati da Tarchiani nel suo volume America -Italia: Le dieci giornate di De Gasperi negli Stati Uniti (Milano, Rizzoli, 1947); altri particolari nelle memorie di Paolo Canali ed Egidio Ortona. Da parte americana i verbali sono in Foreign Re/ations of the United States, 1947, vol. III, cit., pp. 842-861.

2 Non rinvenuto.

mente impressionati ritenendo che scelta Mosca si presterebbe oltre tutto ad accreditare qualsiasi motivo di una parte troppo preminente in disfatta Germania.

Unico elemento sicuro è che dimissioni Bymes sono state presentate o richieste lunedì scorso. Al pranzo da lui offerto a presidente De Gasperi lunedì sera, Bymes, scusandosi meco di non poter intervenire mercoledì a pranzo di restituzione questa ambasciata, mi accennò ad assai prossimo avvenimento che ne avrebbe spiegato ragioni. Al Dipartimento di Stato è stato detto oggi che dimissioni avrebbero dovuto essere rese pubbliche soltanto 10 corrente ma stampa avendo avuto conoscenza attraverso una indiscrezione fu necessario renderle subito di pubblica ragione.

Nomina Marshall è stata accolta da più ampio consenso. Generale ha lasciato Cina ieri mattina. Si ignora pertanto ancora quando egli assumerà effettiva direzione Dipartimento di Stato. È opinione generale che sua nomina non implicherebbe alcun mutamento sostanziale attuali direttive politica estera. Per quanto concerne Italia, si ricorda che Marshall fu sin dal 1944 sostenitore concessione aiuti economici all'Italia.

Si considerano probabili dimissioni a più o meno breve scadenza di Acheson il quale da tempo desidera ritornare alla più fruttuosa professione legale.

650

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 266/10. Parigi, 9 gennaio 1947, ore 20,08 (per. ore 23,30).

Suo 19780 1 .

Ho intrattenuto Couve de Murville sull'argomento. Mi ha detto rendersi perfettamente conto motivi nostra richiesta dandomi affidamento circa accoglimento da parte francese. Non è per altro sicuro circa invio Commissione stessa. Consigliatomi presentare nota ufficiale che ho rimessa oggi. Invio testo per corriere.

651

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 335/10. Vienna, 10 gennaio 1947, ore 23 (per. ore 7 dell'Il).

Questo ministro esteri, ritornato in questi giorni da Innsbruck dove ha avuto colloqui con autorità regionali nonché con Comandi truppe di occupazione, mi ha comunicato che egli contava potessero iniziarsi prossimamente conversazioni italo-austriache previste da accordi Parigi del settembre u.s. Per preparare atmosfera in

I Vedi D. 636.

cui si dovranno svolgere future conversazioni e per evitare possibili malintesi, egli si permetteva tuttavia di suggerirmi che Governo italiano trovasse espediente affinché vice prefetto Amonn potesse conservare posto da cui riaffermò era stato costretto dimissionare. Dott. Gruber, che aveva parlato con fratello dello Amonn ad Innsbruck, aveva tratto impressione che non era desiderio personale dello stesso di conservare posto ricoperto ma che sua permanenza prefettura Bolzano avrebbe molto favorevolmente contribuito a chiarimento situazione. Dott. Gruber ha soggiunto altresì che riteneva che se da parte nostra fosse stata accolta richiesta riacquisto cittadinanza italiana optante dott. Tinzl, attualmente ad Innsbruck, la cosa non avrebbe mancato avere la più favorevole ripercussione e sarebbe stata assai grata anche questi ambienti governativi che apprezzavano valore di esperto del predetto.

Dott. Gruber ha aggiunto che si permetteva di dare tali suggerimenti a puro titolo amichevole certo di contribuire in tal modo a causa di intesa itala-austriaca 1 .

652

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 375/8. Rio de Janeiro, 11 gennaio 1947, ore 12,48 (per. ore 8,30 del 12).

Ieri ho avuto lunga conversazione con ministro affari esteri Raul Fernandes cm argomento principale costituito questione sblocco beni.

Da precedenti contatti con varie persone mondo politico commerciale avevo avuto conferma impressione -più volte segnalata codesto ministero -che il Brasile non intendesse abbandonare sua tesi valersi beni italiani bloccati per indennizzarsi pretese danni di guerra, che si intenderebbe fare ascendere cifra grandemente superiore valore beni. Colloquio con Fernandes ha confermato tale impressione, pur avendo ministro ascoltato viva attenzione argomenti da me prospettatigli ed intesi naturalmente, da una parte, scagionare pretese responsabilità Italia e sottolineare nostra già riconosciuta particolare situazione rispetto a quella Germania e altri Stati nemici, e, da altra, infirmare basi richieste brasiliane. Fra l'altro ho rilevato che il Brasile non ha mai precisato titolo e ammontare cosiddetti danni.

1 In una lettera personale di Coppini a Zoppi in data 13 gennaio c'è, a proposito di questo telegramma, il brano seguente: «Quarantott'ore prima che io tornassi a Vienna Gaja ha visto Gruber che gli ha detto quanto ha formato oggetto del telegramma a mia firma n. IO. È inutile che ti dica come io, naturalmente, dissento completamente dal testo del telegramma, anche se in questo sia puramente riferito quanto ha detto Gruber. Se questi avesse parlato direttamente con me, non avrei mancato di dirgli che i suoi suggerimenti, trattandosi di questione personale, non avrebbero certo impressionato favorevolmente il presidente e che sarebbe stato meglio attendere ancora qualche tempo. Comunque avrei evitato di inviare un telegramma ed avrei, se mai, scritto a te direttamente, perché ne avessi parlato col ministro, col presidente e con Innocenti [annotazione a margine: «si chiarisce il mistero di quel telegramma che ci era infatti parso alquanto strano!»]. Senza farne uno speciale appunto a Gaja, che ha agito secondo il suo zelo, desidero con questa mia chiarire che non appoggio la richiesta di Gruber e che comunque dissento dal modo col quale è stata portata a conoscenza vostra. Purtroppo formalmente la "gaffe" è mia, ma pur prendendone la responsabilità amministrativa, voglio scindere con te quella politica». Su questo documento Zoppi annotò: «Mandare copia a Innocenti con mia lettera personale e chiedendo di tenerci informati».

Fernandes, premesso che le indennità vengono richieste non in favore Stato ma per privati brasiliani danneggiati, ha dichiarato che, preso contatti con queste commissioni riparazioni guerra, mi farà conoscere detto ammontare. In proposito non ho mancato fargli notare che stessa opinione pubblica non giustificherebbe irrazionali pretese. Fernandes ha quindi ripreso idea già avanzata da Fontoura a Parigi circa possibilità risolvere questione beni mediante «apporti industriali» e, circa tale punto, mi ha detto che Governo brasiliano attenderebbe nostre proposte tecnicamente concrete.

Ho ricordato che idea fu accennata genericamente a Parigi da Fontoura e che in proposito avevo già rilevato che quando si parlava «apporti industriali» non si doveva riferire ad apporti gratuiti in conto pretese indennità, ma ad eventuale collaborazione protettiva da parte industria italiana in certi settori, fra cui intanto quelli delle attività che sono state oggetto di sequestro. Al riguardo, uno dei due rappresentanti Itamoratay in commissione riparazioni guerra accennava, giorni or sono, a titolo puramente personale, intravvedere soluzione problema beni, grosso modo, sulle seguenti basi:

l) beni italiani sarebbero sbloccati ed il ricavato costituirebbe fondo di un consorzio misto italo-brasiliano paritetico, che servirebbe in parte a pagare macchinari ed altri apporti industriali da fornirsi dall'Italia;

2) Governo italiano indennizzerebbe cittadini ed enti italiani proprietari beni in questione, mentre Governo brasiliano prenderebbe suo carico danni reclamati dai cittadini brasiliani.

In complesso, dal colloquio con Fernandes ho riportato impressione che resistenza brasiliana sulla questione beni indennità rimane rilevante, ma che il ministro sembrerebbe disposto trattare argomento con criteri positivi. Mentre ritengo opportuno che le trattative in questione beni siano accelerate, prego voler cortesemente tenermi al corrente di quanto risulta costà e farmi avere istruzioni 1•

653

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 365/33. Londra, 11 gennaio 1947, ore 13,11 (per. ore 20).

Mio telegramma 20 2 .

Per quanto questione di cui al telegramma circolare di V.E. I 9780 3 sia tuttora sotto esame, uno dei funzionari Foreign Office chiamati a trattarla mi ha detto oggi che vede poche possibilità accoglimento nostra richiesta di far parte della nota commissione. Secondo lui è invece implicito che saranno sentite personalità

I Vedi D. 655. 2 Non pubblicato. 3 Vedi D. 636.

italiane sul posto. Indipendentemente dal punto di vista britannico, sarà comunque da tener presente che si tratta di decisione di carattere collettivo.

Ho replicato mettendo soprattutto in rilievo vantaggi che offrirebbe collaborazione di un nostro esperto, se si pensa che autorità coloniali italiane sono nella maggior parte dei casi le sole che dispongono di completi elementi di giudizio.

Deduco da quanto precede che fermo atteggiamento del Dipartimento di Stato è più che mai indispensabile.

654

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 369-385/35-36. Londra, I I gennaio I947, ore 20,30 (per. ore 7,30 del I2).

Mio telegramma 13 I.

Lavori dei sostituti ministri esteri per trattati di pace con Germania ed Austria saranno inaugurati da Bevin. Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna hanno nominato due sostituti (uno per Germania e uno per Austria) Russia e Francia ne hanno uno solo per i due trattati. È stato quindi stabilito che ore antimeridiane saranno dedicate alla Germania e quelle pomeridiane all'Austria.

La cosa ha un suo significato in quanto anglo-americani tendono marcare che le due questioni non sono interdipendenti. Mi è anzi stato detto che Foreign Office cercherà di ottenere invertimento dell'ordine del giorno di Mosca in modo che si possa liquidare appena possibile pace con Austria. Non si fa mistero che ciò dipende da quello che sarà atteggiamento dei sovietici, ma si spera nella mutata atmosfera degli ultimi giorni di New Y ork che aveva rivelato una loro maggiore arrendevolezza. Mi è stato confermato che principale difficoltà prevista al riguardo è quella della definizione dei beni tedeschi in Austria, mentre in questo momento non si è portati a sopravvalutare eventuali rivendicazioni jugoslave sulla Carinzia.

655

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI

T. 638/8. Roma, I 3 gennaio I947, ore 22.

Suo 82•

Questione beni italiani connessa con collaborazione industriale non sembra possa essere affrontata sulla base proposta avanzata da rappresentante codesto Ministero esteri. Rilevasi infatti che beni italiani verrebbero egualmente confiscati

l Vedi D. 640, nota 3. 2 Vedi D. 652.

e liquidati e che macchinari ed eventuali apporti industriali sarebbero egualmente forniti da noi. Poniamo cionondimeno la questione allo studio. Occorre preventivamente conoscere entità pretesa danni subiti da Brasile. Al riguardo V.S. riceverà dispaccio che spediscesi in data odierna per corriere 1 .

656

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, A WASHINGTON

T. S.N.D. URGENTISSIMO 645/29. Roma, 14 gennaio 1947, ore 13,50.

Ho chiesto ministro Bevin il rinvio del mio viaggio ritenendo opportuno esaminare situazione politica con te prima della riapertura della Costituente2 .

657

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. PERSONALE 477/21. Washington, 14 gennaio 1947, ore 19,34 (per. ore 8,45 de l 15). Tuo 293•

Partenza rimandata causa cattivo tempo. Partirei per questa ragione mercoledì ore 13 e arriverei giovedì notte o venerdì mattina. Esamineremo assieme situazione politica. Risultato missione americana pienamente raggiunto.

658

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DE NICOLA

T. 478/22. Washington, 14 gennaio 1947, ore 19,37 (per. ore 8,45 del 15).

Ho raccolto ovunque nella grande Repubblica sorella un senso di simpatia e di fede nella Repubblica d'Italia. Trasmetto a voi che di questa fede siete inflessibile custode l'espressione di tali sentimenti manifestati unanimemente dalle autorità e dal popolo americano.

I Per la risposta vedi D. 686. 2 Per la risposta vedi D. 657. 3 Vedi D. 656.

659

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, SOARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 493/11. Varsavia, 14 gennaio 1947, ore 21 (per. ore 14 del 15).

Durante colloquio che ho avuto con lui 8 corrente vice ministro Modzelewski ha mostrato interessarsi problema rivendicazioni italiane verso Germania. Non ho mancato esporgli quanto mi risulta circa nostro punto di vista che è ostacolato da articolo 67 progettato trattato di pace.

Direttore generale affari politici Olszewski (Modzelewski è attualmente Mosca) è ritornato ieri sull'argomento con ambasciatore Quaroni, qui di passaggio, il quale ha potuto informarlo a fondo dello stato attuale della questione. Olszewski ha osservato al riguardo che problema nostre rivendicazioni nei confronti Germania era assai diverso da quello Trieste facendo intendere a Quaroni che Governo polacco potrebbe aver interesse appoggiare nostra tesi.

660

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

Roma, 14 gennaio 1947.

La prego di scusarmi per la necessità in cui mi trovo di chiederle un breve rinvio al suo cortese e tanto apprezzato invito di essere a Londra il 20 corrente.

Le circostanze della vita politica e parlamentare mi pongono nell'obbligo di non assentarmi dall'Italia nel momento in cui sta per rientrare dal suo viaggio negli Stati Uniti il presidente del Consiglio e sta per riunirsi l'Assemblea costituente.

661

IL PRESIDENTE DELLA EXPORT-IMPORT BANK, MARTIN, AL MINISTRO DEL COMMERCIO CON L'ESTERO, CAMPILLI, A WASHINGTON

L. Washington, 14 gennaio 1947.

The board of Directors of Export-Import Bank of Washington is pleased to have had discussions regarding the credi t needs of Italy with you and other members of Prime Minister De Gasperi's Mission in the occasion of the visit of the Prime Minister to the United States.

I Consegnata all'ambasciatore Charles alle ore 16.

You will recall that the Italian Government approached the Export-Import Bank in February 1946 with a request fora very large credit to finance the acquisition of a variety of United States products, including food, fuel, raw materials and equipment. This request was designed to cover the prospective deficit in the Italian balance of payments during 1946. The Bank was unable to grant the whole of this request because the amount involved was beyond its resources in view of the very heavy demands upon it; and it did not feel justified in granting the request in part because means of meeting the remainder of the Italian deficit were not in sight. The Bank was able, however, to work out with Italian commerciai banks and the Italian Government a short-term credit of $ 25.000.000 to finance the purchases of United States raw cotton by Italian milis.

Your Government recently again approached the Export-Import Bank for a generai credit to assist in meeting a prospective balance of payments deficit in 1947. Because the Bank had decided that it must bring to an end its program of large emergency reconstruction loans, it was likewise unable to grant the second request in the form in which it was presented.

As a result, however, of our discussion with you and your associates and of our further studies on the Italian problem, the Board of Directors of the Export-Import Bank is willing to consider the extension during 1947 of credits with maturities appropriate to the circumstances in each case, for the purpose of assisting specific segments of ltalian industry to restore and expand their export markets, and the Bank has earmarked for such purpose a t o tal of $ l 00 million. The extension of the individuai credits, which would be used for financing imports from the United States, will depend in each instance upon conditions in Italy of stability and upon its ability to provide for other imports essential to the maintenance of its economy.

662

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 514-554/43-45. Londra, 15 gennaio 1947, ore 20,45 (per. ore 18,15 del 16).

Colloquio odierno ho espresso a Sargent vivo rincrescimento V.S. per rinvio visita Londra1 illustrandone ragioni. Ha perfettamente compreso motivi assicurandomi che rinvio nulla muta buone disposizioni inglesi, le quali saranno tanto più incoraggiate se visita ministro degli affari esteri italiano avverrà a crisi superata e situazione chiarita.

Ha lamentato voci segnalategli dall'Italia tendenti prospettare invito americano a De Gasperi ed invito inglese a Nenni come sintomi di un contrasto anglo-ameri-

I Con T. 646/15 del 14 gennaio, Nenni avvertiva Carandini che alle 16 avrebbe consegnato all'ambasciatore britannico la lettera per Bevin di cui al D. 660.

cano nell'appoggiare questa o quella corrente politica. Esprimendo il compiacimento con cui Governo inglese riceverà personalmente V.S., ha insistito nel precisare che l'invito inglese è diretto al ministro degli affari esteri italiano e deve essere considerato come gesto internazionale da cui esula qualsiasi particolare considerazione che suonasse interferenza affari interni italiani. L'ho assicurato che invito in tal senso è stato ricevuto e che se voci nel senso denunziato sono sorte esse rappresentano nulla più che un'espressione polemica di carattere interno, alla quale è superfluo opporre una smentita. Del che mi è parso persuaso.

Gli ho chiesto se aveva nulla in contrario a che nostri esperti venissero egualmente a Londra per preparare tecnicamente terreno agli accordi che V.S. potrà di presenza perfezionare, riferendomi specialmente liberazione beni italiani in Inghilterra e altre note questioni carattere economico. Egli si è espresso favorevolmente alla venuta di Menichella riservandosi precisa risposta dopo consultato Tesoro presso cui sto adoprandomi direttamente.

Ho riparlato con Sargent della nostra partecipazione alla preparazione della pace con la Germania 1•

Mi ha assicurato che -con riserva dovuta al fatto che una decisione dipende collegialmente dai Quattro Grandi che conviene siano da noi interessati allo stesso modo -da parte britannica si riconosce la fondatezza delle nostre richieste e si è d'avviso che l'Italia al momento opportuno debba essere consultata, pur non potendo essere invitata contemporaneamente alle Nazioni alleate e associate data sua diversa posizione. Sargent ha aggiunto che, qualora lo desiderassimo, avremmo potuto nel nostro interesse dare agli inglesi conoscenza preliminare dei punti che vorremmo fossero considerati in sede di trattative per la pace con la Germania.

Mi è sembrato volesse farmi capire che, se avesse potuto sincerarsi della ragionevolezza delle nostre rivendicazioni, Governo britannico avrebbe avuto più facile modo di sostenere la tesi della nostra partecipazione diretta.

663

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 558/17. Vienna, 16 gennaio 1947, ore 3,30 (per. ore 20,10).

Dichiarazioni Bevin circa possibilità discussione progetto trattato per Austria possa essere terminata al più presto hanno prodotto a Vienna impressione gravissima. Si ha qui infatti sensazione che improvviso accordo su complesse questioni Austria, che sembravano richiedere esame e discussioni tra i quattro alleati, sia avvenuto ingiustamente a spese Austria. Si comincia ora a valutare in senso pessimista non solo dimissioni Byrnes e Baruch ma anche l'allontanamento da Vienna generale Clark che era considerato come amico e difensore causa austriaca.

l Vedi D. 640.

Hanno prodotto costernazione richiesta sovietica circa precedenza questione germanica su trattato per Austria e possibilità che siano richieste riparazioni. Gruber mi ha detto che confida che discorso Bevin rappresenti soltanto sua opinione personale.

664

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, PARIGI E WASHINGTON

T. s.N.D. 752/c. Roma, 16 gennaio 1947, ore 13.

Prego telegrafarmi ripercussioni che in codesti ambienti responsabili e in opinione pubblica ha suscitato annunzio imminente conclusione alleanza franco-britannica di cui non sfuggirà a V.S. carattere, importanza, portata e conseguenze in attuale momento internazionale 1 .

665

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI

T. S.N.D. 753/7. Roma, 16 gennaio 1947, ore 12.

Prego telegrafarmi ogni possibile elemento su ripercussioni in codesti ambienti ufficiali (anche relativamente partenza per Mosca ambasciatore Bogomolov) annunzio imminente conclusione alleanza franco-britannica 2 .

666

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 556/20. Parigi, 16 gennaio 1947, ore 14,55 (per. ore 20,10).

Mio 17 3 .

Viaggio Blum conclusosi senza risultati particolarmente importanti. Sul piano economico solo successo pratico è stato accordo per coordinamento progetti di

I Per le risposte vedi DD. 667, 683, 669 e 671.

2 Per la risposta vedi D. 674.

3 Con T. 490/17 del 14 gennaio Benzoni aveva fornito le prime notizie sul viaggio di Blum a Londra.

ricostruzione due Paesi; per contro, scopo principale viaggio, che era assicurarsi urgentemente aumenti forniture carbone, non è stato raggiunto ricevendosi solo affidamenti per futuro allorché periodo critico stagionale sarà superato.

Questione alleanza non è uscita quadro generalità: termini comunicato non autorizzano infatti alcuna conclusione circa mutamento atteggiamento inglese su problema Germania.

Blum avrebbe però ottenuto, senza che ve ne sia menzione in comunicato stampa, assicurazione per appoggio inglese nella questione indo-cinese.

Accoglienza viaggio è stata qui generalmente piuttosto riservata ed agnostica. Mentre socialisti cercano presentare viaggio come successo personale del partito, ambienti politici e stampa si rendono per lo più conto modesti risultati missione e lamentano particolarmente mancati invii carbone.

667

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 583/48. Londra, 16 gennaio 1947, ore 20,50 (per. ore 7 del 17).

Vostro 752/c.I. Comunicato ufficiale di stanotte annunzia che con visita Blum si è convenuto su necessità concludere non appena possibile trattato alleanza scopo difensivo contro Germania e nel quadro articolo 52 statuto Nazioni Unite. Ne è premessa una intesa, ora evidentemente intervenuta in qualche misura fra i due Governi, sul problema della Germania. Secondo comunicato ufficiale, è stato infatti riconosciuto che ricostruzione economica della Germania, per quanto «necessaria da molti punti di vista», non dovrà consentirle di nuovamente costituire minaccia alla pace del mondo. Stesso comunicato sottolinea finalità europea della produzione del carbone della Ruhr: provveduto alle esigenze inderogabili per ricostruzione dette zone minerarie e alla ripresa esportazione Germania, è previsto ogni sforzo per venire incontro alle riconosciute necessità della Francia (la quale per intanto si rende conto impossibilità di averne) e degli altri Paesi importatori di carbone. Commento ufficioso corrispondente diplomatico del Times lascia intendere che in Francia ci si sarebbe reso conto a malincuore della impossibilità avulsione Ruhr e Renania dalla Germania. Connessa alla alleanza è la più stretta collaborazione economica e industriale fra i due Paesi. Secondo comunicato ufficiale, comitato economico anglo-francese dovrà esaminare urgentemente rispettivi piani di ricostruzione e modernizzazione per evitare eventuali sfasature. Esso si riunirà nei prossimi giorni a Parigi per discutere piano Monnet e, non appena passato alla Camera

1 Vedi D. 664.

dei Comuni, corrispondente piano britannico ancora in elaborazione sulle linee di quello che va sotto il nome del sig. Morrison (mio telespresso n. 2346 del 23 novembre) I.

Preoccupazioni sorgono ovviamente sulle possibili reazioni della Russia, al pari degli U.S.A. immediatamente informata. Nota ufficiosa corrispondente diplomatico Times si affretta a dare rilievo ad articolo 52 statuto Nazioni Unite e come questa .alleanza, fallita già due volte all'epoca di de Gaulle e di Gouin, tenda a chiudere il triangolo delle «basilari alleanze europee». Intanto Mosca risponde in anticipo con articolo Pravda di ieri, di cui stampa britannica riporta ampiamente notizia, in cui Bevin viene violentemente attaccato. Una frase del suo discorso del 22 dicembre (mio telegramma 1261) 1 , secondo la quale Gran Bretagna non avrebbe altri impegni che quelli previsti dallo statuto Nazioni Unite, dà luogo illazione da parte sovietica, secondo la quale egli avrebbe ripudiato impegni contemplati da presente patto anglo-russo e pertanto ne avrebbe proposto in malafede estensione ad un periodo di cinquanta anni (mio telespresso 555 del 6 marzo 1946) 1•

È difficile prevedere futuri sviluppi. Non sembra peraltro azzardato osservare che mentre Governo britannico con alleanza anglo-francese rafforzerà notevolmente sue posizioni in vista prossima riunione di Mosca, esso rischia compromettere gravemente atmosfera conciliativa verso la Russia che aveva seguito riunione di New York. Ciò quando situazione in Europa centrale (causa elezioni polacche) ed in Adriatico (causa appello a Consiglio Sicurezza per incidenti albanesi) suggerisce possibilità nuova tensione.

Alleanza anglo-francese risolleverà polemica sul blocco occidentale in quanto verrà messa in relazione con tanto discusse intese militari con gli Stati Uniti d'America (mio 1183 del 19 novembre) 1 . D'altra parte, questo nuovo impegno del Governo britannico è concepito su formule così vaghe che svuotarlo o meno di contenuto dipenderà dalla politica che i due interessati vorranno seguire. E cioè, tra l'altro, dal peso che comunisti francesi avranno sulla politica del loro Paese e da eventuali orientamenti in seno al Partito laburista.

Stampa ed intonazione stessa del comunicato ufficiale tendono anche a mettere in luce figura vecchio parlamentare francese, il quale, al di sopra crisi del Paese, dà opera concreta per suo risorgimento riassumendone tradizionale linea politica. Quanto a questa opinione pubblica, essa non mancherà di essere influenzata da ritorno a ortodossa politica estera britannica.

Da notare che, secondo Financial Times, alla commissione anglo-francese sarà anche deferito studio unione doganale fra i due Paesi: ciò che corrisponderebbe tanto a confessate intenzioni di Bevin quanto passate offerte Churchill e avrebbe incalcolabili conseguenze per Europa. Per quanto, come segnalo con telegramma per corriere 3 e telegramma 38 2 , stampa inglese avesse intuito con relativa esattezza nuova situazione, si mantiene negli ambienti ufficiali il maggiore riserbo, che si spiega di fronte incertezza degli ulteriori sviluppi.

I Non pubblicato. 2 Non pubblicati.

668

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 604/29. Washington, 16 gennaio 1947, ore 20,53 (per. ore 12,15 del 17).

Miei telegrammi del 18 dicembre 1946 e n. 24 del 15 corrente 1•

Segretario generale del C.F.M. con sua nota in data odierna mi fa ufficialmente pervenire, per l'inoltro al Governo italiano, due esemplari del testo definitivo nelle lingue francese, inglese e russa, del trattato di pace nonché un esemplare delle carte allegate, preannunziando prossimo invio della traduzione italiana attualmente in corso di stampa. Nota comunica altresì che il trattato sarà firmato a Parigi il 10 febbraio p.v. e che i nomi dei plenipotenziari dovranno essere partecipati direttamente al Governo francese al più presto possibile.

Aggiungo che Byrnes paraferà o firmerà testi dei cinque trattati di pace, probabilmente lunedì prossimo 20 corrente, al momento di lasciare definitivamente direzione Dipartimento di Stato. Trasmetto con corriere aereo odierno un esemplare del trattato nonché volume carte geografiche.

669

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 581/23. Parigi, 16 gennaio 1947, ore 22 (per. ore 7 del 17).

Suo telegramma circolare 752 2•

Faccio seguito miei telegrammi 17 e 20 3 . Premesso che comunicato precisa che negoziati per alleanza franco-inglese verranno iniziati «appena possibile», impressione più attendibile, condivisa questi ambienti diplomatici, è che annunzio relativo tale alleanza sia stato soprattutto determinato da fallimento richieste francesi relative carbone Ruhr.

Imminenti dimissioni Blum e probabile ricostituzione Governo tripartito, e comunque con partecipazione comunisti, sembra dover riporre problema alleanza franco-inglese «statu quo ante» iniziativa Blum, che confermasi essere stata improvvisa e priva preparazione diplomatica.

D'altra parte, registrasi partenza per Mosca questo ambasciatore sovietico, partenza che stampa mette relazione con colloqui politici Londra. Segue rapporto4 .

I Non pubblicati. 2 Vedi D. 664. 3 Vedi D. 666. 4 Non pubblicato.

670

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 639-622/50-51. Londra, 17 gennaio 1947, ore 18,05 (per. ore 9,30 del 18).

Mio telegramma 35 1•

Sostituti ministri esteri hanno 1en respinto richiesta austriaca di partecipare permanentemente a lavori preliminari per trattato di pace. Rappresentanti austriaci saranno convocati di volta in volta quando si renda necessaria loro consultazione e sono già stati invitati venire a Londra.

A richiesta dei rispettivi Governi, rappresentanti Australia, Canadà, Jugoslavia, Polonia, Sud Africa sono stati invitati esporre loro punto di vista, invito che potrà essere esteso ad altri Paesi. Governo jugoslavo ha già presentato lungo memoriale a conferma pretese territoriali sulla Carinzia «slovena» e su piccola parte della Stiria e richieste riparazioni per contributo austriaco a invasione tedesca della Jugoslavia.

Non è stato raggiunto l'accordo su chi debba firmare trattato, Gran Bretagna proponendo tutte Nazioni alleate e associate contro tesi sovietica limitare firma a Quattro Grandi e Austria.

A titolo del trattato di pace è stato scelto, su proposta sovietica, « Ristabilimento di un'Austria indipendente e democratica».

Lavori di ieri dei sostituti ministri esteri per procedura da seguire nel concordare trattato di pace con Germania non hanno dato alcun risultato positivo. Sono state discusse, senza trovare formule di compromesso, varie proposte circa le modalità e i limiti della partecipazione delle altre Nazioni alleate e associate ai lavori preparatori.

671

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 695/37. Washington, 18 gennaio 1947, ore 14,22 (per. ore 8 del 19).

Suo 752/c. 2 .

Annunzio probabile prossima conclusione alleanza franco-inglese è stato accolto in questi ambienti politici e giornalistici senza molta sorpresa. Accordo già parecchie volte pubblicamente auspicato, sia a Londra da esponenti Governo britannico conservatori e laburisti, sia a Parigi da personalità quali de Gaulle, ex presidente del Consiglio socialista Gouin e stesso Blum. Annunzio dato in questo

l Vedi D. 654. 2 Vedi D. 664.

momento quando si inizia esame trattative di pace con Germania è veduto nel senso che il Governo francese, onde non trovarsi completamente isolato alla Conferenza a quattro di marzo stante anche l'atteggiamento russo pro-Germania, ha finito per dover tagliare corto a proprio precedente atteggiamento per transigere largamente sul primitivo programma nei confronti problema tedesco puntando sulla alleanza inglese. Questi circoli dirigenti considerano avvenimento con soddisfazione quale inizio prospettata riorganizzazione Europa occidentale mediante accordi regionali nel quadro articolo 52 carta O.N.U. Dati intimi rapporti politici tra U.S.A. e Inghilterra si mostra ritenere che, attraverso sua alleanza con Londra, Parigi non potrebbe non aderire in questioni essenziali a fronte comune anglo-americano. D'altra parte, come è naturale, si ostenta che alleanza, essendo diretta a prevenire eventuale risorgere pericolo tedesco con scopo analogo cioè trattati anglo-russo e franco-russo, U.R.S.S. non dovrebbe trarre particolari motivi di sospetto. A tale ultimo riguardo si rileva in definitiva che annunzio alleanza dovrebbe indurre

U.R.S.S. a considerare maggiormente ripercussioni cui può esporla eventuale continuazione politica intransigenza e quindi potrebbe, sotto questo aspetto, giovare a quella distensione tra le grandi Potenze che qui si continua attualmente a desiderare. I commenti stampa sono favorevoli.

672

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 688/26. Vienna, 18 gennaio 1947, ore 22 (per. ore 8 del 19).

Ministro degli affari esteri Gruber mi ha accennato, in conversazione con lui avuta, circa trattative italo-austriache previste da accordi Parigi. Gli ho fatto subito rilevare che da parte italiana non si era atteso, su molti argomenti, stipulazione accordi italo-austriaci, ma che si era già proceduto unilateralmente alla concessione previsti privilegi ed autonomie. Per quanto concerne stipulazioni in merito traffici Valle Pusteria, questa rappresentanza, per incarico codesto ministero, fin dall'agosto

u.s. -aveva presentato progetto accordo su cui tuttavia autorità austriache non si erano ancora pronunciate 1 . Noi eravamo pronti d'altra parte a discutere problemi comuni circa accordi culturali e circa traffico frontiera in merito al quale dovevo richiamare l'attenzione ministro su già esistente accordo stipulato con autorità francesi. Gruber ha accennato allora al problema optanti che poteva presentare speciali difficoltà. Gli ho ribattuto che per tale questione autorità italiane avevano raggiunto a suo tempo accordo con rappresentanti popolazioni interessate; nuove difficoltà sembravano essere sorte soltanto dopo la stipulazione accordo settembre u.s. -Ministro degli affari esteri mi ha confermato allora che progetto italiano al

1 Con i telegrammi 12651/109 del 17 agosto e 13137/121 del 27 agosto, Zoppi aveva sollecitato la consegna al Governo austriaco del progetto in parola, passo che Gaja assicurò di aver effettuato il 28 agosto (T. 15074/293).

riguardo, di cui tuttavia non conosceva testo completo, gli sembrava essere sostanzialmente accettabile. Sua prossima partenza per Londra avrebbe impedito per alcune settimane poter iniziare conversazioni dirette per attuazione accordi relativi regione alto-atesina, ma egli sarebbe stato lieto che, anche durante sua assenza, questa rappresentanza prendesse contatto con competenti uffici Ballhaus per scambi di vedute particolarmente circa problema optanti.

Ove codesto ministero concordi circa opportunità tali conversazioni preliminari, pregherei farmi pervenire urgenza opportuno materiale particolarmente circa progetto revisione opzione nonché relative istruzioni.

673

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. 51/43. Washington, 18 gennaio 1947 (per. il Jo febbraio).

Come è già noto a codesto ministero, il viaggio del presidente De Gasperi agli Stati Uniti si è svolto con pieno successo dal 5 al 15 c.m., conformemente al programma, già delineato nei telegrammi del 15 dicembre u.s. 1 , e concertato da questa ambasciata col Dipartimento di Stato, per quanto concerne il soggiorno e le conversazioni ufficiali a Washington, e colle competenti autorità ed enti americani ed i tal o-americani per le visite a Chicago, Cleveland e New Y ork. Sono stati dieci giorni pienissimi, durante i quali il presidente e la missione che lo accompagnava, si sono oltremodo prodigati, senza sosta né riposo, per corrispondere ai molteplici impegni ed alle grandi aspettative di questa opinione pubblica e delle masse italo-americane delle città visitate.

Mentre il presidente esporrà personalmente costà i risultati dei suoi colloqui con personalità ed autorità americane nonché dei suoi contatti con le nostre collettività e quelle italo-americane, questa ambasciata si limita a riassumere brevemente la cronaca dei dieci giorni, per opportuna documentazione di codesto ministero, nonché ad eventuale integrazione delle numerose corrispondenze inviate da qui alla stampa italiana da giornalisti italiani e dalle agenzie. Con altro rapporto2 si riferisce del pari, allo stesso titolo, sulle conversazioni di carattere economico e relativi risultati.

Cronaca di domenica 5 gennaio -Washington

Arrivo del presidente alle 18,30, ricevuto all'aeroporto dall'ambasciatore Dunn, appositamente incaricato dal segretario di Stato a rappresentarlo (il segretario non si reca, dalla guerra in poi, a ricevere personalmente i suoi ospiti agli aeroporti), dal capo del Protocollo della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato, da alti

I Vedi D. 605. 2 Si riferisce ai DD. 696 e 711.

funzionari della Direzione degli affari politici, dall'ambasciata, numerosi italiani, parecchi giornalisti, ecc. In complesso erano convenute all'aeroporto alcune centinaia di persone, numero inusitato per Washington, dove gli arrivi di personalità estere sono ormai diventati pressoché quotidiani.

Pomeriggio. Subito dopo una colazione all'ambasciata con intervento dei membri di essa, visita di prammatica alla tomba di Giorgio Washington a Mount Vernon in Virginia. Deposizione di corone anche ai mausolei di Lincoln e di Jefferson (ossia omaggio simbolico ai partiti repubblicano e democratico). Subito dopo prima riunione tra i membri della delegazione presieduta dall'on. De Gasperi ed i competenti funzionari dell'ambasciata e della delegazione tecnica.

Ore 20. Pranzo intimo alla delegazione apostolica con intervento di varie personalità americane del Senato e del Dipartimento di Stato.

Lunedì 6 gennaio -Washington

Ore l O. Deposizione di una corona alla tomba del milite ignoto al cimitero militare nazionale di Arlington. Il presidente De Gasperi è accolto coi maggiori onori militari americani (salve d'uso, plotone d'onore colla bandiera italiana al suo seguito, banda della marina da guerra americana e compagnia d'onore dell'esercito, ecc.).

Ore 12. Visita e primo colloquio col segretario di Stato Byrnes. Ore 13. L'on. De Gasperi assiste nell'aula di adunanza plenaria del Congresso, in posto d'onore sul «floor» al lato del podio presidenziale, al discorso sullo «State of the Union» del presidente degli Stati Uniti. Il nostro presidente viene fatto segno di applausi dei senatori e deputati al suo ingresso nell'aula.

Ore 15,30. Continuazione delle visite ufficiali.

Ore 17. Ricevimento ufficiale all'ambasciata con intervento di oltre tremila

personalità (membri del Governo, oltre trecento tra senatori e deputati, Corpo diplomatico, giornalisti, ecc.). La ressa per entrare in ambasciata e le conseguenti «code» sono tali, da superare di molto la notevole affluenza registrata in occasione della visita a Washington del generale de Gaulle nell'agosto 1945, che aveva già battuto i precedenti records.

Ore 20. Pranzo ufficiale offerto dal segretario di Stato con oltre cinquanta intervenuti (numerosi membri del Governo, alti funzionari del Dipartimento, senatori, noti giornalisti).

Martedì 7 gennaio -Washington

Ore 9-ll ,30. Colloqui col segretario del Tesoro 1 ed i sottosegretari di Stato Acheson e Clayton. A quest'ultimo partecipano anche gli alti funzionari degli uffici economici del Dipartimento.

Ore 12. Colloquio con il presidente Truman.

1 Nota del documento: «Il segretario doveva poi consegnare personalmente al presidente un assegno di $ 50.000.000, secondo acconto rimborso spese per le truppe americane. Un primo acconto di $ 51.450.000 era stato già versato alla fine di dicembre allo stesso titolo».

Ore 13. Colazione offerta dall'ambasciatore americano a Roma Dunn, con intervento di membri del Congresso che non avevano partecipato al pranzo di Byrnes, ministro del Tesoro Snyder e ministro del commercio Harriman, senatori, del sottosegretario Acheson e di alti funzionari del Dipartimento, giornalisti, ecc.

Ore 15,30-17,30. Colloqui con i segretari dell'agricoltura e del commercio.

Ore 21. Il presidente De Gasperi ed i membri della missione partecipano col Corpo diplomatico al ricevimento alla Casa Bianca. Colloqui col presidente e col segretario di Stato (del quale ultimo erano state inattesamente annunciate in serata le dimissioni. Una indiscrezione giornalistica aveva indotto a rendere pubblico il ritiro di Byrnes subito anziché il 10, come era stato prima stabilito. Onde non farle coincidere colla presenza a Washington dell'on. De Gasperi). Byrnes, nel colloquio, invita il presidente a ritornare a Washington dopo la visita a New York per continuare le conversazioni.

Ore 22,30. Ricevimento offerto dalla signora Truxton Beale, nota personalità del mondo sociale di Washington.

Mercoledì 8 gennaio -Washington

Ore 10. II presidente De Gasperi tiene all'ambasciata una conferenza stampa per i giornalisti americani ed italiani. Intervengono oltre sessanta giornalisti.

Ore 12. Quarto colloquio col segretario di Stato Byrnes e secondo colloquio col sottosegretario di Stato per gli affari economici Clayton.

Ore 13. Il presidente viene ricevuto dall'Università di Georgetown, più antica università della Capitale. Gli allievi della Scuola del «Foreign Service» (che prepara per il servizio diplomatico consolare americano) gli tributano particolari manifestazioni con discorsi di omaggio in italiano ed inglese. Segue una colazione offerta dal Consiglio direttivo dell'Università.

Ore 16,30. Il presidente viene ricevuto dall'Unione panamericana, espressamente convocata in seduta straordinaria. Intervengono gli ambasciatori presso l'Unione delle ventuno Repubbliche americane. Discorso del presidente dell'Unione, ambasciatore di Columbia, e risposta dell'on. De Gasperi. È la prima volta che l'Unione riceve ufficialmente una personalità non americana.

Ore 18. Il senatore Taft (presidente dello Steering Committee del Senato ed attualmente la personalità n. l del partito repubblicano, probabile candidato alla presidenza della Repubblica nelle elezioni del '48) viene a far visita al presidente in ambasciata.

Ore 20. Pranzo ufficiale in ambasciata di oltre sessanta coperti. (Gli inviti erano stati fatti d'accordo col Dipartimento per far conoscere al presidente varie personalità che non avevano partecipato ai pranzi precedenti. Intervengono, fra gli altri, il segretario del tesoro, il sottosegretario di Stato con vari «assistenti», gli ammiragli Leahy (capo di Stato Maggiore del presidente e dei Joint Chiefs of Staff), e Nimitz (capo di Stato Maggiore della marina), generali, alti funzionari del Dipartimento, i noti giornalisti Lippmann e Reston del New York Times, personalità italo-americane quale il signor Carusi ed il giudice Marchisio, ecc.).

Giovedì 9 gennaio -Chicago

Ore 8. Partenza in aereo speciale per Chicago.

Ore 11,30. Arrivo. Ricevimento all'aeroporto.

Ore 12. Ricevimento al City Hall da parte del sindaco.

Ore 12,30. Visita al cardinale Stritch.

Ore 13,30. Colazione offerta da rappresentanti dell'industria e della banca locali con l'intervento del cardinale, del governatore e del sindaco e di altre autorità cittadine. Ore 17,30. Ricevimento della stampa, dei presidenti delle società italo-ameri

cane, ecc. Ore 19,30. Pranzo offerto dalla città di Chicago. Ore 21,30. Ricevimento offerto dalla collettività italiana di Chicago. Ore 23,30. Partenza in ferrovia (vagone letto speciale) per Cleveland.

Venerdì 10 gennaio -Cleveland

Ore 8. Arrivo a Cleveland. Ore 11 ,30. Ricevimento al City Hall da parte del sindaco. Ore 12,30. Colazione offerta dal Council ofWorld Affairs e dalla Cleveland Press. Ore 19,30. Pranzo offerto da Time Magazine, organizzatore del Forum. Ore 21,45. Discorso del presidente De Gasperi al Forum. Il discorso del presi

dente chiude la serie dei discorsi pronunziati dalle personalità estere invitate. L'on. De Gasperi, cui era stata riservata la posizione di ospite più eminente, pone esplicitamente tra l'altro, di fronte a tremila eminenti ascoltatori americani, la necessità di una revisione del trattato di pace.

Ore 22,45. Ricevimento offerto dalla collettività italiana.

Sabato 11 gennaio -Cleveland

Ore 10. Conferenza stampa.

Ore 11. Ricevimento offerto dall'Ordine figli d'Italia, che aveva appositamente concordato a Cleveland il proprio Congresso.

Ore 12,30. Colazione offerta dal Council of World Affairs Committe.

Ore 16,30. Colloquio con il senatore Vandenberg, presidente pro tempore del

Senato e presidente della Commissione senatoriale per gli affari esteri.

Ore 18,30. Pranzo offerto dal sindaco di Cleveland.

Ore 20. Quinto colloquio con il segretario di Stato Byrnes.

Ore 20,30. Il presidente assiste ai discorsi pronunziati dal senatore Vandenberg e dal signor Byrnes che chiudono il Forum di Cleveland. Ore 23,30. Partenza in aereo speciale per New York.

Domenica 12 gennaio -New York

Ore 2,30. Arrivo in aereo a New York. Ore 10. Ricevimento da parte del cardinale Spellman nella Cattedrale di St. Patrick. Messa pontificate.

Ore 13. Colazione offerta dal sindaco di New York nel grande salone del Waldorf-Astoria, interamente gremito di circa duemila intervenuti. Almeno oltre cinquecento persone non hanno potuto ottenere i posti richiesti. Il sindaco ha osservato che l'affluenza costituiva un primato ed era superiore del doppio a quella dei precedenti banchetti offerti ad illustri personalità alleate.

Ore 15,30. Trasmissione radio all'Italia. Ore 17. Ricevimento offerto dall'ambasciatore Myron C. Taylor: intervengono gli esponenti del mondo sociale e degli affari. Tra gli altri il duca di Windsor. Ore 19. Pranzo offerto dal cardinale Spellman. Tra gli intervenuti il sindaco, il governatore dello Stato di New York Dewey (già candidato presidenziale repubblicano nel 1944, probabile candidato alle elezioni del 1948. Costituisce coi senatori Taft e Vandenberg la triade più in vista del partito repubblicano), Bernard Baruch e i due senatori dello Stato, Wagner (democratico) ed Ives (repubblicano), ecc. Il presidente ha un lungo colloquio con Dewey, il quale gli invia un caloroso messaggio il giorno appresso.

Lunedì 13 gennaio -New York

Ore 8,45-11. Visita a quattro fabbriche di itala-americani, affiliate due alla CIO (gruppo Baldanzi-Bellanca) e due alla AFL (gruppo Antonini).

Ore Il ,30. «Parade» lungo Broadway fino al City Hall. Massimo onore che la città di New Y ork tributa alle più illustri personalità americane ed estere. Il corteo delle macchine ufficiali è preceduto dalle bandiere italiana e americana, da una rappresentanza delle forze armate, la banda musicale della città, ecc. Assistono al suo passaggio oltre centomila persone. Sulla piazza del municipio sono raccolti compatti gruppi di italiani.

Ore 12,30. Ricevimento ufficiale al City Hall gremito di pubblico, e conferimento da parte della Città di un certificato di benemerenza.

Ore 13,30. Colazione offerta dal presidente del National War Fund con l'intervento di oltre cento tra i maggiori rappresentanti dell'industria, del commercio e della finanza di New York.

Ore 15,30-17. Colloqui vari.

Ore 17,30. Ricevimento offerto dall' American Relief for Italy.

Ore 19,30. Pranzo offerto dalla Camera di commercio americana per gli scambi con l'Italia con l'intervento di oltre mille personalità.

Martedì 14 gennaio -Washington

Ore l 0,30. Arrivo in aereo speciale da New Y ork.

Ore 11-12,30. Sesto colloquio col segretario di Stato, terzo colloquio con il segretario di Stato Clayton e con il segretario al tesoro Snyder.

La partenza per l'Italia prevista per il pomeriggio è rinviata all'indomani a causa delle condizioni atmosferiche sfavorevoli.

Mercoledì 15 gennaio -Washington

Ore l O-Il ,30. Visita alla Libreria del Congresso ed alla National Art Gallery.

Partenza per l'Italia alle ore 13.

Da quanto precede, codesto ministero potrà avere un'idea approssimativa del programma delle dieci giornate trascorse dal presidente De Gasperi in questo Paese, le calorose accoglienze degli ambienti ufficiali, che, da Truman in giù, hanno ignorato la nostra attuale situazione giuridica -e tranne uno sporadico accenno conviviale di Byrnes -hanno completamente passato sotto silenzio la questione della firma del trattato di pace. Sia queste accoglienze che le entusiastiche manifestazioni delle masse italo-americane hanno conferito alla visita il carattere di un evento, direi quasi storico, che chiude definitivamente il deprecato, tormentato periodo di una guerra insana ed inizia una nuova fase di sempre maggiore amicizia tra le due Nazioni, basata sulla reciproca fiducia e nel mutuo rispetto. Il comunicato ufficiale, diramato dal Dipartimento di Stato dopo la partenza del presidente, registra questo risultato del viaggio, là dove afferma -malgrado il ritegno del frasario ufficiale e quello anglo-sassone per le frasi un po' grosse -l'opinione americana che «una Italia, stabile e democratica, nuovamente svolgerà una parte importante in un mondo pacifico ... ».

È stata in sostanza creata la piattaforma, sulla quale si potrà, è da sperare, cominciare a costruire solidamente, se vorremo e sapremo impiegare i mezzi occorrenti, adeguati agli scopi da raggiungere.

I colloqui dell'on. De Gasperi con il presidente Truman, le numerose conversazioni col segretario di Stato (le ultime cinque delle quali dedicate pressoché esclusivamente alle questioni economiche, date le annunciate dimissioni di Byrnes), quelle con i tre maggiori esponenti del partito repubblicano e le discussioni coi vari ministri ed alti funzionari americani, sono stati tutti improntati alla maggiore simpatia e comprensione da parte americana.

Da parte sua la stampa ha dato molto rilievo al soggiorno del presidente. Tutti i più noti giornalisti e colonnisti (da Sumner Welles a Lippmann, Reston, Alsop, alla signora Dorothy Thompson) hanno sottolineato nei loro articoli la necessità che gli Stati Uniti aiutino la ricostruzione italiana.

Si trasmettono con telespresso a parte un certo numero di ritagli dei giornali più importanti, così pure alcuni estratti della stampa italo-americana.

674

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 725/19. Mosca, 20 gennaio 1947, ore 0,37 (per. ore 9 ).

Suo telegramma 7 1•

Mentre mi riservo riferire ulteriormente dopo susseguenti contatti 2 , informo intanto che da parte francese da tempo era stato fatto presente a Mosca intenzione concludere alleanza con Gran Bretagna: da parte russa è stato costantemente

l Vedi D. 665. 2 Vedi D. 677.

778 risposto che non si avevano obiezioni al riguardo. Oltre che per questo non sarebbe molto facile per russi opporsi apertamente a questa alleanza dal momento che essi hanno trattato alleanza con Inghilterra e patto russo-francese è tuttora in vigore. Nonostante questo, mia prima impressione è che alleanza franco-inglese sia qui destinata allarmare Paese solitamente diffidente se non altro per sua coincidenza con assunzione poteri da parte socialisti.

Non è da escludere che ci troviamo di fronte manovre abbastanza complesse: da parte russa, mi sembra si stia studiando se e quali possibilità possano esistere qualche riavvicinamento con Gran Bretagna in funzione anti-americana; da parte francese, si cerca influire su atteggiamento russo nei riguardi Germania, da una parte agendo di concerto con gruppo slavo occidentale, specialmente polacchi nonostante apparenza posizione noto discorso Molotov, dall'altra facendo intravvedere russi possibilità più deciso orientamento francese verso blocco occidentale che resta come sempre bestia nera russa. Se mie supposizioni sono esatte è probabile russi continueranno almeno per qualche tempo mantenere atteggiamento prudente riserva di fronte alleanza franco-inglese.

675

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 724/21. Mosca, 20 gennaio 1947, ore 0,36 (per. ore 8,40).

Per conversazioni congedo che avrò con questo Governo mi sarebbe utile conoscere, almeno in linea generale, quali siano stati risultati viaggio presidente del Consiglio Stati Uniti. A questo riguardo vorrei aggiungere che riterrei sarebbe assai utile, ai fini nostra situazione generale, accennare qui a desiderio presidente del Consiglio recarsi Mosca per prendere personalmente contatto con dirigenti politica sovietica. Come è noto, ministro Nenni aveva espresso sua intenzione recarsi Mosca appena possibile: da parte mia, come codesto ministero sa, ero molto favorevole a questa visita anche per fatto che praticamente oggi Italia è solo Governo europeo cui capi non siano mai venuti Mosca. Credo sarebbe utile mostrare con questa richiesta che non trattavasi politica personale ma di politica del Governo italiano.

676

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 755/41. Washington, 20 gennaio 1947, ore 20,36 (per. ore 7,35 del 21).

Apprendo al Dipartimento di Stato che codesti Quartieri Generali hanno ricevuto istruzioni di procedere entro circa due settimane da oggi a scioglimento Commissione alleata nonché Consiglio consultivo per l'Italia. Al riguardo questa ambasciata dell'U.R.S.S., dopo aver pochi giorni fa notificato al Dipartimento che Governo sovietico aderiva alla proposta americana di dissolvere detto Consiglio, ha comunicato stamane che U.R.S.S. provvedeva a ritirare subito proprio rappresentante.

677

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 747/23. Mosca, 20 gennaio 1947, ore 21,45 (per. ore 1,10 del 21).

Mio telegramma n. 191.

Catroux mi ha detto che Blum si era recato Londra principalmente per discutere questione carbone e non si aspettava gli sarebbe stata posta così aperta questione alleanza. A suo avviso inglesi, d'accordo con americani, vogliono approfittare difficoltà economiche Francia per obbligarla definire sua politica estera anche in vista prossimi negoziati con Germania. Mi ha confermato russi non si sono pronunciati ancora ma gli hanno dato impressione considerare questa alleanza con diffidenza.

Ad impressione Governo francese Bogomolov è venuto qui a richiesta comunisti francesi per prospettare difficoltà economiche Francia, dipendenza in cui queste difficoltà la pongono nei riguardi anglo-americani e per vedere quello che Russia può fare pubblicamente per aiutare Francia. Ad opinione Catroux, che condivido, Russia in questo momento trovasi impossibilità assoluta aiutare in modo sensibile Francia nel campo economico.

678

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 968/c. Roma, 20 gennaio 1947, ore 23,30.

Ho oggi consegnato ambasciatori Quattro Grandi un identico messaggio diretto ai quattro ministri degli esteri nel quale, constatato che nessuna delle nostre richieste di modifica delle primitive clausole è stata accolta nella redazione definitiva del trattato di pace, e che quindi il trattato stesso specialmente nelle clausole territoriali urta la coscienza nazionale, mi vedo costretto formulare le più ampie riserve e chiedere che principio revisione, nell'ambito dell'O.N.U. e sulla base di accordi bilaterali con gli altri Stati interessati, venga ammesso e riconosciuto.

l Vedi D. 674.

679.

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO AL CAIRO, DE ASTIS

T. 1001119. Roma, 21 gennaio 1947, ore 17.

Mi riferisco al telegramma di V.S. n. 01 1 .

Il Governo italiano, nonostante le considerazioni già fatte presenti, e desideroso di dare prova concreta delle sue disposizioni nei confronti dell'Accordo di Parigi, poiché il Governo egiziano è ritornato sulle sue precedenti decisioni di accogliere le nostre proposte di avviare subito le trattative per l'accordo di applicazione, ha deciso di avviare senz'altro pratiche per la ratifica dell'accordo stesso che nella prossima tornata di febbraio verrà presentato alla Costituente per la ratifica. V.S. ne informi codesto Governo.

Può precisare, per sua norma di linguaggio, che gli «inconvenienti» ai quali più volte si è fatto cenno, anche da parte di V.S., a nostro avviso sono i gravami che l'accordo fa ricadere sulla collettività italiana in Egitto (prelievo di un milione sui fondi liquidi del sequestro, sequestro parziale mantenuto a garanzia per vari anni sui beni italiani).

Pertanto gli emendamenti che in sede di accordo di esecuzione intenderemmo di apportare vanno intesi nel senso di ricercare un'intesa per il metodo di applicazione che eviti i suddetti inconvenienti. Ciò che non dovrebbe presentare difficoltà. Il versamento infatti del milione in contanti, anziché con il prelievo dei fondi del sequestro, potrebbe essere fatto in altra specie, e la parziale garanzia sul versamento residuo da farsi dall'Italia nel periodo di tempo fissato dall'Accordo di Parigi potrebbe essere offerta da altri beni allo scopo di liberare al più presto gli italiani in Egitto dal sequestro.

V.S. giudichi se convenga costì procedere a sondaggi in merito, mentre pendono le formalità per la ratifica da parte della Costituente 2 .

680

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 815/45. Washington, 21 gennaio 1947, ore 19,42 (per. ore 12,30 del 22).

Suo telegramma 968 /c. 3 .

Messaggio V.E. concernente trattato di pace non era ancora pervenuto sino questo pomeriggio al Dipartimento di Stato. Ho pertanto provveduto rimettergli traduzione sunto raccomandando vivamente che da parte americana, tenendo presenti

l Vedi D. 638.

2 Con T. 1165/18 del 29 gennaio De Astis riferiva di avere avuto l'impressione, da sondaggi effettuati, che non vi sarebbero state difficoltà a far accettare gli emendamenti proposti.

3 Vedi D. 678.

giuste esigenze coscienza nazionale italiana, si dia risposta quanto più comprensiva riserva circa principio revisione nell'ambito O.N.U. Malgrado ovvie difficoltà, questa ambasciata continuerà ad insistere in tal senso nel modo più pressante possibile.

681

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. PER CORRIERE 2187/06. Washington, 21 gennaio 1947 (per. il 15febbraio).

Mio telegramma n. 29 del 16 corrente1 .

Come già previsto, l'ex segretario di Stato Byrnes, prima di lasciare ieri definitivamente il Dipartimento di Stato, dove si insediava Marshall, ha apposto la sua firma ai cinque trattati di pace. Alla cerimonia assisteva il senatore repubblicano Vandenberg (ora presidente pro tempore del Senato e presidente della Commissione senatoriale degli affari esteri) ed il senatore democratico Connally (già presidente della stessa commissione).

È noto come entrambi i senatori, ad invito di Byrnes, avessero fatto parte, quali suoi consiglieri politici, della delegazione americana alla Conferenza di Parigi sin dalla prima fase a quattro dell'aprile 1946; era una mossa assai abile del segretario di Stato per assicurare fin da allora, grazie al patrocinio dei due influentissimi senatori, l'approvazione dei trattati da parte del Senato. Né Byrnes trascurò alcun mezzo per impegnare al massimo i due senatori nelle infauste deliberazioni dei Quattro; si ricorderà che, come a suo tempo pubblicamente annunciato, fu il senatore Vandenberg a stendere di proprio pugno le proposte compromissorie americane per la creazione del Territorio Libero di Trieste.

La presenza dei due senatori alla firma apposta da Byrnes ai trattati è una ultima abile mossa del'ex segretario di Stato per renderli compartecipi fino all'ultimo delle sue gravose responsabilità storiche. Coll'avallo da essi ora dato Vandenberg e Connally hanno in sostanza confermato l'impegno morale di battersi a fondo per far approvare e ratificare i trattati da parte del Senato. Sicché, salvo imprevedibili avvenimenti, ben poco vi è da sperare in effettive resipiscenze e remore dell'ultima ora dei senatori americani.

682

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

FON. URGENTISSIMO 821/33. Parigi, 22 gennaio 1947, ore l 1,45.

Trasmetto il testo dell'invito indirizzato in data 20 corrente al Governo italiano per la firma del trattato di pace, testo pervenutomi nella mattinata di oggi 22 gennaio:

l Vedi D. 668.

«Dopo la conclusione delle deliberazioni della Conferenza riunita a Parigi dal 29 luglio al 15 ottobre 1946, il Consiglio dei ministri degli affari esteri, nella sua sessione di New Y ork, ha redatto il testo definitivo del trattato di pace con l'Italia.

Questo testo è stato comunicato alla rappresentanza d'Italia a Washington a cura del Segretariato generale del Consiglio dei ministri degli affari esteri.

Nella sua seduta dell'l l dicembre 1946 a New York, il Consiglio dei ministri degli affari esteri ha convenuto che la firma del trattato di pace con l'Italia avrà luogo a Parigi al Ministero degli affari esteri il 10 febbraio 1947 alle ore 16.

Il Governo dela Repubblica francese, agendo in nome del Consiglio dei ministri degli affari esteri, ha l'onore di invitare il Governo italiano ad inviare a Parigi per la data prevista il suo o i suoi plenipotenziari al fine di firmare in suo nome il trattato di pace che lo riguarda.

Esso sarebbe riconoscente al Governo italiano di volergli indicare appena possibile il nome dei suoi rappresentanti».

683

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 836/62. Londra, 22 gennaio 1947, ore 13,36 (per. ore 19).

Mio telegramma 48 1 . Mi risulta che, in attesa costituzione nuovo Governo francese, Foreign Office ha completato schema preliminare trattato di alleanza anglo-francese e sta ora approntando progetto definitivo modellato su esistente trattato anglo-russo. Funzionario ufficio competente prevede che entro un mese da insediamento Gabinetto Ramadier alleanza sarà perfezionata in quanto non ci si attendono serie difficoltà da parte partiti francesi, che potranno forse fare qualche resistenza ma non opporvisi. Si ritiene infatti che, dacché Mosca sembra poter fare accettare principio di una Germania unitaria, comunisti francesi non dovrebbero ostacolare pregiudiziale inglese per assetto Ruhr Renania, che finora aveva notoriamente costituito da parte francese maggiore ostacolo alla alleanza; mentre persistente contrarietà in materia del M.R.P. dovrebbe essere neutralizzata da amichevoli disposizioni di detto partito per l'Inghilterra. Stesso funzionario, dopo aver rilevato favorevole reazione americana ed in genere dell'Europa occidentale, ha confermato che, se il piano britannico corrispondente a quello Monnet sarà stato approvato in Parlamento, comitato degli esperti affronterà adeguamento integrazione economica industriale di ambedue i Paesi. Allo stato delle cose sarebbe invece destituita di fondamento notizia riportata dal Times circa accordo doganale di cui al telegramma per corriere 32 .

l Vedi D. 667. 2 Non pubblicato.

684

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 833-834-861/64-65-66. Londra, 22 gennaio 1947, ore 13,35 (per. ore 2,40 de/23 ).

Mio 50 1• Ministro esteri austriaco Gruber, che vedrò in questi giorni, è arrivato iersera a Londra precedendo cancelliere Figi. Essi saranno sentiti da sostituto ministro esteri il 29 corrente con procedura simile a quella a suo tempo adottata per la nostra partecipazione ai lavori preparatori per trattato di pace con l'Italia. Prima di tale data saranno separatamente ammessi esporre propri punti di vista rappresentanti Jugoslavia, Polonia, Australia, Sud Africa e Canadà cominciando oggi con Jugoslavia, che si ritiene presenti in tale circostanza in termini molto intransigenti sue note rivendicazioni territoriali.

Mio telegramma 51 1• Discussioni sostituti ministri esteri su pace con Germania hanno continuato ieri su procedura senza raggiungere decisioni. È stata rinviata a ulteriore esame proposta americana concludere formale trattato di pace solo quando esisterà un vero governo tedesco, preparando invece per ora uno statuto internazionale per la Germania da applicare unilateralmente dagli Alleati o da sottoporre accettazione partiti politici tedeschi. È stata anche rinviata decisione su possibilità ammettere alleati minori a partecipare in modo continuato agli ulteriori lavori, restando provvisoriamente stabilito che essi verranno sentiti uno per uno a cominciare giovedì con Australia.

Mio 45 2• Nonostante che anche alleati minori incontrino difficoltà partecipare direttamente assieme ai Quattro Grandi ai lavori preparatori per la pace con la Germania, mi sembrerebbe giunto il momento per inviare ufficialmente per iscritto al Consiglio dei ministri esteri, quale ente collegiale e permanente rappresentato in questa fase dai delegati supplenti, nostra richiesta ufficiale di essere ammessi esporre punto di vista italiano, analogamente a quanto a suo tempo è stato fatto dall' Austria per il nostro trattato. Sia pure solo perché ne consti formalmente, si potrebbe per il momento indicare motivi giuridici e di fatto che giustificano nostra richiesta, accennando, con riserva di formularle in dettaglio, alle linee principali delle nostre rivendicazioni. Qualora codesto ministero concordi su quanto precede, testo nostra nota e relative istruzioni dovrebbero pervenirmi con la massima urgenza 3 .

685

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. S.N.D. 1073/c. Roma, 22 gennaio 1947, ore 23,30.

Capo Commissione alleata ha comunicato essere previsto che «tutte le truppe alleate lasceranno territorio da cedere Jugoslavia giorno ratifica trattato» e, per

l Vedi D. 670. 2 Vedi D. 662. 3 Vedi D. 698.

incarico Comando supremo alleato, ha insistito perché vengano prese urgenti misure per evacuazione Pola. A prescindere incertezza circa decisione Costituente italiana e Governo jugoslavo nei confronti trattato, pregola chiedere se tali disposizioni corrispondano a pensiero e intendimenti codesto Governo.

Richiami più seria attenzione sul fatto che permanenza forze alleate in territori da cedersi alla Jugoslavia rappresenta principale garanzia per assicurare che Jugoslavia stessa, una volta firmato e ratificato trattato, lo esegua di fatto. Non è infatti da escludere che, una volta assicuratisi materialmente vantaggi territoriali trattato, Jugoslavia possa tentare mantenere sostanzialmente immutata situazione attuale nella parte Zona B attribuita al Territorio Libero. Ciò è facilitato da disposizioni per cui Territorio stesso dovrà essere presidiato anche cinquemila soldati jugoslavi che trovansi già detta Zona.

Scopo evitare tali future possibili complicazioni, consegna Pola e altri territori alla Jugoslavia dovrebbe essere contemporanea all'effettiva consegna da parte di quest'ultima di detto settore Zona B alle competenti autorità Territorio Libero con relativa istituzione nuovi presidi e controlli lungo nuova frontiera. Chieda come codesto Governo contempli eventualità prospettate e cerchi di ottenere assicurazioni facendo presente questo ulteriore grave elemento incertezza insito nella formulazione trattato.

686

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE RISERVATISSIMO J047/07. Rio de Janeiro, 22 gennaio 1947 (per. il 27).

Mio telegramma n. 8 e telegramma ministeriale n. 81 . In via strettamente confidenziale e riservata sono stato informato che ministro affari esteri Fernandes recatosi IO c.m. a riunione commissione riparazioni guerra avrebbe tenuto lungo discorso ispirato seguenti direttive:

l) sospendere ogni liberazione beni finché brasiliani danneggiati non siano indennizzati, intendendosi escluse da risarcimento spese guerra precisandosi che danni indennizzabili sono quelli dovuti ad atti aggressione;

2) beni privati devono seguire stessa sorte beni società;

3) non facendosi distinzione tra beni italiani e tedeschi, st ntiene discutibile diritto Brasile valersi dei beni giapponesi per pagamento indennizzi; ma si consiglia conservarne blocco per poterli eventualmente utilizzare, in base principio solidarietà, qualora insufficienti beni italiani e tedeschi;

4) per beni italiani cui beneficiari sono brasiliani si consiglia soltanto priorità pel momento eventuale liberazione;

I Vedi DD. 652 e 655.

5) si consiglia non prendere alcuna deliberazione per Case Italia, che prevedesi in definitiva debbano essere restituite.

Fernandes avrebbe infine ricordato che anche a Parigi ha dichiarato voler aiutare Italia solo in quanto non danneggi Brasile.

Anche tenendo conto delle predette dichiarazioni circa Case Italia, successive e forse conseguenti a mio particolare interessamento con stesso ministro, ritengo opportuno, pur seguendo la questione generale, di insistere specifica azione sopra detto argomento 1 .

687

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. S.N.D. 1116/C. Roma, 23 gennaio 1947, ore 4.

(Solo per le ambasciate in Mosca, Parigi e Londra) All'ambasciata d'Italia in Washington ho telegrafato quanto segue:

(Per tutti) Comunico che gli esperti giuridici italiani hanno interpretato costantemente la clausola finale relativa alla firma e all'esecuzione del trattato di pace (art. 72 del progetto e art. 90 del testo definitivo del trattato di pace) nel senso che l'entrata in vigore del trattato di pace è subordinata non solo alla firma, ma anche alla sua successiva ratifica da parte dei competenti organi italiani.

Invece secondo alcune corrispondenze stampa, ieri portavoce del Foreign Office si sarebbe espresso nel senso che i trattati entrerebbero in vigore non solo caso mancata ratifica ma anche in caso mancata firma da parte degli Stati ex-nemici.

La prego chiedere formalmente al Segretariato Consiglio Quattro esprimere sull'argomento suo punto di vista.

È cosa ovvia che il nostro Paese, nel decidere il suo atteggiamento nei riguardi invito firmare, il quale ci è stato testé comunicato ufficialmente, non potrebbe prescindere da tale elemento fondamentale. La prego altresì di voler dare comunicazione di tale passo a codesto Governo sollecitandolo di fornire la sua opinione al riguardo e richiamando su questione sua particolare attenzione.

(Solo per Parigi, Londra e Mosca) Nell'informare di quanto precede la S.V. la prego di compiere analogo passo presso codesto Governo.

(Solo per Washington) Ho comunicato quanto sopra alle ambasciate d'Italia in Londra, Parigi e Mosca pregando quei nostri rappresentanti di compiere presso rispettivi Governi analogo passo 2 .

l Per la risposta vedi D. 718. 2 Per le risposte vedi DD. 693, 694, 700 e 691.

688

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO A PRAGA, TACOLI

T.1123/11. Roma, 23 gennaio 1947, ore 14,05.

Anche con riferimento suoi telegrammi (311 e 312 del 30 dicembre) 1 desidero assicurarla che questo ministero approva sua linea condotta trattative arruolamento operai e problemi annessi beni italiani e scambi commerciali.

Designazione Roma quale sede primi negoziati è esclusivamente dovuta consuetudine discutere in Italia questioni manodopera. D'altronde presenza Morante è garanzia che durante trattative si terranno presenti elementi tecnici informazioni per collegare questioni emigrazione con quelle beni e commerciali 2•

689

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 906/40. Parigi, 23 gennaio 1947, ore 19,35 (per. ore 7,30 del 24).

Suo telegramma circolare 968 3 . Causa crisi governativa solo oggi risolta non mi è stato possibile valutare reazione ufficiale a passo S.V., su cui riservomi riferire appena possibile.

Tuttavia, in colloquio avuto ieri con direttore affari politici Europa, questo, che non aveva ancora avuto modo di studiare nota della S.V., non mi ha nascosto sua sfavorevole impressione e perplessità per dichiarazioni fatte dalla S.V. in Congresso socialista 9 corrente circa clausole trattato di pace relative Francia. Ho risposto che tali dichiarazioni non facevano che confermare quanto in via ufficiosa e ufficiale Italia aveva sempre detto alla Francia.

690

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 915/26. Mosca, 23 gennaio 1947, ore 20,30 (per. ore 7,30 del 24).

Pravda odierna pubblica lunga corrispondenza da Roma in cui dice che attuale crisi politica italiana è considerata in Italia come risultato viaggio De Gasperi

I Vedi D. 633. 2 Per la risposta vedi D. 706. 3 Vedi D. 678.

U.S.A. Si aggiunge che molti uomini politici americani tra cui Taft e Vandenberg avrebbero ripetutamente incoraggiato presidente De Gasperi condurre politica risoluta nei confronti partiti sinistra sotto minaccia cessazione aiuti all'Italia. Si fa comprendere con abbastanza chiarezza che da parte americana si fa dipendere da riorganizzazione Governo italiano misura aiuti americani all'Italia.

691

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 968-990/54-57. Washington, 23 gennaio 1947 1•

Suo telegramma n. l116/c. 2 .

In conformità delle istruzioni di V.E. ho oggi personalmente consegnato al sig. Kelchner, segretario generale Council of Foreign Ministers, mia nota ufficiale relativa interpretazione art. 90 circa firma e esecuzione trattato di pace. Gli ho verbalmente illustrato nostri quesiti e comunicato interpretazione nostri esperti giuridici. Egli ha riconosciuto meco che dizione articolo 90 poco chiara. Ha peraltro rilevato che non era in grado di dare subito interpretazione ufficiale di tale testo tanto più che esso sarebbe stato concordato a Parigi dai Quattro Grandi, in sua assenza. Si è quindi riservato chiedere al Dipartimento di Stato interpretazione di tale articolo, della quale mi avrebbe dato comunicazione al più presto.

Subito dopo colloquio con segretario generale Council of Foreign Ministers, ho rimesso copia della comunicazione a lui fatta, con altra nota ufficiale, al direttore generale degli affari politici Europa del Dipartimento di Stato. Matthews, pur riconoscendo poca chiarezza art. 90, ha espresso, a titolo personale, suo parere che la firma e la ratifica da parte italiana siano necessarie per la validità del trattato. A suo modo di vedere, dal punto di vista politico e pratico, e prescindendo da quello giuridico, la mancata firma del trattato di pace da parte dell'Italia avrebbe le seguenti conseguenze per quanto concerne gli Stati Uniti d'America:«Il Senato americano non ratificherebbe il trattato considerandolo ineseguibile; la reazione dell'opinione pubblica in seguito al gesto italiano porrebbe il Governo nella necessità di disinteressarsi ulteriormente della questione della Venezia Giulia e di ritirare le proprie truppe e l'Italia dovrà prendere su di sé la responsabilità della situazione da essa creata». Ha aggiunto che, riscontrando nota da me presentatagli, il Dipartimento di Stato potrebbe specificare quanto si era omesso di dire al presidente De Gasperi durante la sua permanenza onde non turbare l'atmosfera di particolare cordialità della visita, e che cioè ormai si considera qui

1 Il resoconto del colloquio con Matthews fu riferito in vari telegrammi che partirono e pervennero nei giorni e nelle ore appresso indicati: T. 968/54 del 24 gennaio, ore 20,21, pervenuto alle ore 8 del 25;

T. 1025/55 del 24 gennaio, ore 23,13, pervenuto alle ore 10,15 del 26; T. 985/56 del 24 gennaio, ore

23,09, pervenuto alle ore 16,15 del25; T. 990/57 del24 gennaio, ore 23,07, pervenuto alle ore 18 del 25. 2 Vedi D. 687.

come un atto di am1c1z1a e utile agli interessi dell'Italia la firma e ratifica del trattato: ciò che da parte sua il Foreign Office avrebbe fatto già comunicare a

V.S. Gli ho detto che non avrei mancato di informare V.E. sicché la nota di risposta del Dipartimento di Stato poteva limitarsi alla pura e semplice interpretazione americana dell'art. 90 di modo che il Governo italiano possa disporre di tutti gli elementi necessari per documentare l'Assemblea costituente, unica competente a decidere in materia di firma trattato.

Ho poi sottoposto a Matthews ancora una volta il quesito sulla situazione che si verrebbe a creare qualora la Jugoslavia non firmasse il trattato. Mi ha risposto che il Dipartimento di Stato ritiene che la Jugoslavia firmerà, salvo il caso, ritenuto poco probabile, di un suggerimento o appoggio russo in senso contrario. Comunque in tale ultima ipotesi Belgrado non otterrebbe alcuno dei vantaggi del trattato e gli americani resterebbero sulla linea Morgan ed a Pola. Tutte le altre clausole non connesse con la Venezia Giulia potranno invece essere applicate. Riferendomi alle notizie odierne sullo scambio di rappresentanti politici tra Roma e Belgrado, gli ho accennato alle possibilità di un accordo diretto itala-jugoslavo su basi diverse dalla linea francese. Egli, sebbene scettico su tale prospettiva, ha ammesso che, nel caso si potesse raggiungere l'accordo prima del 10 febbraio, ne deriverebbe un adattamento del trattato alle nuove soluzioni concordate, se accettabili dai Quattro, e quindi un colpo di arresto. Matthews ha colto l'occasione per insistere sul punto di vista della convenienza per l'Italia di firmare onde porsi in una situazione solida di fronte alla stessa Jugoslavia e pur esprimendo ogni riserva giudicata utile per ogni eventuale futura revisione, la quale peraltro, secondo lui, non può dipendere che da fatti nuovi politici o giuridici. In caso di rifiuto firmare, per pretesti giuridici che l'opinione pubblica mondiale non considererebbe valevoli nella attuale realtà internazionale, oltre gravi complicazioni che potrebbero derivarne, l'Italia rischierebbe di alienarsi molta parte dell'amicizia e delle simpatie riacquistate dal 1943 ad ora. Gli ho risposto che, pur comprendendo punto di vista da lui espresso, che in sostanza sintetizzava un anno e mezzo di ardui negoziati tra i Quattro che non avevano consentito soluzione migliore, egli non poteva non rendersi conto dello stato d'animo del popolo italiano di cui Assemblea costituente era interprete. La predetta nostra Assemblea avrebbe certamente tenuto presente opinione Dipartimento di Stato nei limiti degli interessi nazionali da difendere. Lungo colloquio, improntato ad assoluta schiettezza da entrambe parti, ha sempre avuto tono massima cordialità.

In attesa risposta ufficiale americana 1 permettomi richiamare l'attenzione di V.E., ad ogni buon fine, sul fatto che, a quanto già indicato fin dai comunicati pubblicati dopo convegno Mosca nel dicembre 1945 e gennaio 1946, momento decisivo per quanto concerne Italia è quello della firma del trattato pace. Ciò tanto più che, data nostra posizione ufficiale, secondo cui Governo non firmerà trattato se non autorizzato espressamente da Assemblea costituente, cui spetta anche successiva ratifica, questa ultima, secondo ogni apparenza, sarebbe implicita fin da voto autorizzante firma. È da ritenere quindi che, con nostra firma, accettazione trattato sarebbe qui considerata come acquisita perché approvata già da Parlamento.

l Vedi D. 731.

692

L'AMBASCIATORE A N ANCHINO, FENOALTEA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 932/15. Nanchino, 24 gennaio 1947, ore 11,25 (per. ore 8 del 25).

Suo 968 le. 1•

Riterrei opportuno, anche in considerazione ripetute dichiarazioni questo ministro esteri e posizione assunta delegazione cinese a Parigi specie per modificazione preambolo trattato (miei telegrammi 95 e 126 del 1946 2 e telespresso ministeriale 1156/c.)3 , che messaggio consegnato quattro ambasciatori facesse oggetto, sia pure per semplice conoscenza, di comunicazione speciale a questo Governo sua qualità (che converrebbe esplicitamente menzionare) di membro permanente Consiglio sicurezza alla pari altri Quattro Grandi. In tale eventuale comunicazione potrebbe essere opportuno lasciare intendere che principio revisione non è da noi richiesto avendo mente a quelle clausole che, secondo quanto affermato De Gasperi 27 settembre a questo ministro esteri 4 , corrispondono nostro spontaneo intendimento 5 .

693

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. s.N.o. 954n4. Londra, 24 gennaio 1947, ore 22,10 (per. ore 8 del 25).

Telegramma circolare 1116 6 .

Hoyer-Millar mi ha precisato che, secondo esperti giuridici Foreign Office, nostra firma è indispensabile perché trattato di pace possa esistere come tale, essendo Italia definita parte contraente nel preambolo. In mancanza di firma dovrebbe continuare regime armistiziale.

Esistenza trattato non sarebbe invece compromessa da eventuale mancata firma da parte della Jugoslavia o di altro alleato minore in quanto i Quattro Grandi

1 Vedi D. 678.

2 Vedi DD. 50 e 319.

3 Non pubblicato.

4 Vedi D. 352.

5 Con T. 1321111 del 27 gennaio Fransoni rispose autorizzando Fenoaltea, consegnando la nota, ad «aggiungere a voce che nostra richiesta revisione non concerne naturalmente quelle clausole che sanciscono criteri già da noi spontaneamente adottati nei riguardi della Cina». Con T. 1217118 del 30 gennaio Fenoaltea replicava: «Poiché contenuto suo 12 [ripetizione a Nanchino del D. 678] deve essere trascritto per comunicazione a questo Governo ritengo opportuno comprendere nella comunicazione anche parole che S.V. in suo Il mi dice aggiungere voce (senza di che comunicazione anziché giovare potrebbe avere effetto sfavorevole e meglio varrebbe lasciare cadere mia proposta). Salvo contrarie istruzioni procederò pertanto senso suindicato». Con T. 1669/15 del 31 gennaio Fransoni rispondeva: <<Confermale istruzioni contenute nei telegrammi Il e 12. E ciò perché, a parte ogni altra considerazione, trattasi nella circostanza di passo simultaneo presso vari Governi. Voglia assicurare».

6 Vedi D. 687.

agiscono in un certo senso in loro rappresentanza, come del resto dimostra sufficienza loro ratifica.

D'altra parte, data esplicita formulazione clausole finali, non è indispensabile ratifica italiana perché trattato, una volta firmato anche da noi e ratificato dai Quattro, entri in vigore.

A titolo personale, Hoyer-Millar ha tenuto ad aggiungere che vi è quindi una certa inquietudine per eventualità nostro rifiuto a firmare che avrebbe, secondo opinione britannica, conseguenze gravemente ed esclusivamente negative anche e tanto più nel caso che Jugoslavia rifiutasse di firmare.

694

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 952/31. Mosca, 24 gennaio 1947, ore 23,59 (per. ore 8 del 25).

Telegramma di V.E. n. 11161•

Ho fatto passo presso questo Governo chiedendo risposta scritta. Avverto ad ogni buon conto che esperti giuridici inglesi e americani, con cui ho parlato dell'argomento, sono stati espliciti nel dire che formulazione testo trattato essendo non chiara, esso non può essere interpretato altrimenti che nel senso che firma e ratifica italiana non (ripeto non) necessaria per entrata in vigore del trattato. Principale esperto giuridico americano mi ha esposto tesi che Italia avendo capitolato senza condizioni con strumento armistizio, essa si è esplicitamente impegnata accettare tutte le condizioni che le sarebbero state imposte dai vincitori e che per questo firma non è prevista come necessaria.

695

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. URGENTE 1027-1028/58-60. Washington, 24 gennaio 19472 .

Suo telegramma 10733 .

Nel colloquio di ieri con Matthews (di cui ai miei telegrammi precedenti)4 , conformemente sue istruzioni ho attirato particolare attenzione del Dipartimento di Stato su contenuto telegramma citato. Al riguardo gli ho ufficialmente rimesso una

I Vedi D. 687. 2 Spedito il 25 alle ore l ,52 e pervenuto alle ore Il ,40 del 26. 3 Vedi D. 685. 4 Vedi D. 691.

comunicazione scritta. Mentre richiamo quanto dettomi da direttore affari politici europei su probabile ripercussione in America eventuale nostra mancata firma del trattato di pace (mio telegramma 55), riassumo comunicazioni da lui fattemi:

«La comunicazione dell'ammiraglio Stone corrisponde ovviamente all'incarico dato al Quartiere Generale alleato di preparare l'evacuazione delle truppe dai territori ceduti alla Jugoslavia per il giorno dell'entrata in vigore del trattato di pace nei confronti di quest'ultima, giorno che, secondo nostra interpretazione del trattato, è quello del deposito a Parigi delle ratifiche dei Quattro e di quella jugoslava. Infatti, il termine massimo di novanta giorni indicato in altre clausole del trattato si riferisce soltanto al territorio sotto sovranità italiana e decorre dal deposito delle ratifiche dei Quattro. D'altra parte, ritiro delle truppe dalle zone della Venezia Giulia che passano alla Jugoslavia dovrebbe avvenire gradualmente con modalità da prestabilirsi mediante convenzioni militari, che verrebbero messe allo studio subito dopo la firma del trattato di pace della Jugoslavia oltre che dell'Italia e man mano applicate. Vi posso formalmente assicurare che terremo nel massimo conto sia necessità di garantire inclusione nel Territorio Libero della Zona B che la Jugoslavia deve cedere e effettiva riduzione a cinquemila delle truppe jugoslave che vi permarranno provvisoriamente nonché soluzione soddisfacente questioni connesse; sia evacuazione in tempo ragionevole e con mezzi adeguati della popolazione civile di Pola. Ritiro ultime truppe anglo-americane e ingresso quelle jugoslave dovrebbe avere luogo insieme al trapasso dei poteri, secondo nostro punto di vista, il giorno dell'entrata in vigore del trattato come su indicato, per la quale data tutte le accennate questioni dovrebbero essere anche risolte. Qualora la Jugoslavia non firmasse o successivamente non ratificasse il trattato, gli U.S.A. si consulterebbero con gli altri tre e intenderebbero non ritirarsi dalla linea Morgan e da Pola mantenendovi adeguate truppe. Peraltro, ove l'Italia firmasse il trattato, le truppe alleate dovrebbero essere invece ritirate entro novanta giorni da tutto il territorio italiano compreso Gorizia, ecc.: secondo interpretazione del Dipartimento di Stato tale ritiro in base art. 73 del trattato costituisce per gli Alleati "un obbligo" nei confronti Governo italiano ma un semplice "impegno" per i Quattro nei rapporti tra di loro. Ne deriverebbe in tal caso una situazione probabilmente più difficile dal punto di vista militare per continuare a tener la linea Morgan. Poiché d'altra parte la non accettazione del trattato da parte jugoslava creerebbe complicazioni gravi che potrebbero indurre l'Italia a non considerare come assestata situazione locale, il Governo italiano potrebbe "invitare" il Governo americano a mantenere, derogando all'art. 73, le necessarie vie vettovagliamento per la linea Morgan nelle zone italiane vicine. In tale eventualità il Govemo italiano potrebbe anche chiedere, ad ogni buon fine, la permanenza provvisoria delle truppe alleate sulla linea Morgan e Pota, pur non avendo americani necessità di una siffatta richiesta, questa comunque potrebbe giovare a riaffermare i vostri diritti su tali territori in caso mancata accettazione jugoslava del trattato specie ove voi firmaste con riserva. Da quanto sopra è evidente altresì, ma desidero confermarvelo, che qualora Jugoslavia ratificasse e noi pertanto dovessimo trovarci nelle condizioni di ritirarci dalla linea Morgan, ma atteggiamento Jugoslavia costituisse una minaccia per voi (ad esempio su Gorizia ecc.), noi riteniamo che "in base ad un invito del Governo italiano" potremo prorogare evacuazione truppe oltre termine novanta giorni».

Ove del caso procurerò intrattenere direttamente della questione segretario di Stato Marshall, col quale ho avuto ieri prima breve presa di contatto, non appena egli sarà messo al corrente dei problemi europei di cui ha solo iniziato studio. Attualmente punto di vista di Matthews, confermato da successivi colloqui con competenti uffici, è autorevole manifestazione opinione Dipartimento di Stato 1 .

696

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

Roma, 24 gennaio 1947.

Nel corso della permanenza della delegazione a Washington, ho dettagliatamente esposto ai vari uffici e funzionari del Dipartimento di Stato, il punto di vista italiano sulle seguenti questioni in merito alle quali il presidente del Consiglio aveva intrattenuto il segretario di Stato.

l) Questione coloniale. Ho esposto il nostro punto di vista alla Direzione generale degli affari europei e alla Direzione generale per gli affari d'Africa. Ho chiarito che l'Italia aderisce pienamente al concetto del trusteeship e ai principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite. Ho spiegato la funzione che hanno sempre avuto le nostre colonie le quali, oltre a rappresentare un elemento di equilibrio politico nel Mediterraneo e nel Mar Rosso, hanno assorbito, e possono ancora assorbire con successo, una parte della nostra emigrazione. Ho sottolineato che mentre siamo favorevoli al principio della autonomia e dell'autogoverno, non possiamo prescindere dalla presenza, soprattutto in Tripolitania e in Eritrea, di forti comunità italiane le quali, se non prevalgono per numero sull'elemento indigeno, prevalgono tuttavia per il valore economico, sociale, e culturale che esse rappresentano come elemento di progresso e di civiltà di cui è prova il lavoro da esse sinora compiuto. Queste comunità si considerano ormai parte integrante della popolazione locale, e quindi ogni progetto di autonomia o autogoverno, non potrebbe non tener conto della loro presenza e della loro posizione numerica e specifica. Ho aggiunto che deriva appunto dall'esistenza di queste collettività, oltre che dalla esperienza sinora da noi acquisita in quelle colonie, la richiesta del Governo italiano che il compito di promuovere l'autogoverno sia ad esso affidato. Ho insistito altresì nella richiesta di far partecipare un rappresentante italiano alla Commissione di inchiesta che dovrà recarsi nei territori africani. Ho, infine, illustrato la necessità che, sotto l'egida deii'O.N. U., sia favorita l'emigrazione italiana in quei territori africani favorevoli allo sviluppo della colonizzazione bianca e che solo attraverso tale colonizzazione possono progredire economicamente e inserirsi nel complesso dei Paesi produttori e consumatori di ricchezze. Alle nostre osservazioni e richieste è stata fatta simpatica accoglienza ed è stata promessa favorevole

I Vedi D. 719.

2 Il documento è intitolato: «Argomenti di carattere politico trattati al Dipartimento di Stato in occasione della visita negli Stati Uniti del presidente del Consiglio (5-15 gennaio 1947)».

considerazione. Mi è stato, peraltro, fatto capire che le più tenaci opposizioni ad una soluzione della questione coloniale nel senso da noi desiderato provengono da parte britannica e che è pertanto a Londra che noi dovremmo cercare di concordare una soluzione soddisfacente.

2) Marina. Ho illustrato sia al Dipartimento di Stato, sia alle personalità della marina americana con cui ho avuto occasione di intrattenermi, il nostro punto di vista in merito agli articoli del trattato di pace che prevedono la cessione di una notevole aliquota di nostre navi da guerra, e in merito alle proposte formulate al riguardo dalla marina italiana. Come noto, secondo queste proposte, gli Stati Uniti dovrebbero rinunciare alla loro quota parte di navi italiane, le quali verrebbero quindi destinate a sostituire navi dello stesso tipo (ma più antiquate), che il trattato di pace lascia all'Italia e che verrebbero radiate, in modo da non superare il tonnellaggio proposto dal trattato. Anche a questo riguardo sono state date assicurazioni di benevolo esame delle nostre richieste; non è stato tuttavia preso alcun impegno e mi è stato sottolineato che la questione non riguarda soltanto gli Stati Uniti. Nel corso delle conversazioni avute al riguardo, mi è stato detto che un accordo è intervenuto fra Stati Uniti, Gran Bretagna e U.R.S.S. per l'attribuzione della «Vittorio Veneto», dell'«Italia» e della «Giulio Cesare». L'U.R.S.S., che pretendeva una delle due prime navi (ragione per cui non si era potuto prima d'ora raggiungere un accordo), avrebbe abbandonato tale richiesta. Tuttavia, gli ufficiali di marina che mi hanno dato tale informazione si sono mostrati scettici circa l'effettivo passaggio delle tre navi suddette in possesso dei Paesi cui sarebbero state attribuite.

3) Fortificazioni. Lo Stato Maggiore generale aveva fatto presente, prima della nostra partenza per Washington, l'opportunità di richiamare l'attenzione del Governo americano sulla contraddizione esistente fra talune disposizioni del trattato di pace relative alla smilitarizzazione delle frontiere. Tali disposizioni prevedono, infatti, la distruzione di tutte le opere, anche quelle di carattere difensivo, e consentono contemporaneamente, la costruzione di opere aventi esclusivamente carattere difensivo. Ciò importerebbe per noi una notevole spesa. È stato quindi richiesto che, in sede di eventuale applicazione di quegli articoli, sia devoluta alla Commissione degli ambasciatori, attraverso i loro esperti militari, il compito di sanare praticamente tale contraddizione.

4) Trattato di pace con la Germania. Ho illustrato agli uffici che si occupano della questione le ragioni di indole morale, politica e pratica per le quali chiediamo di partecipare al trattato di pace con la Germania e di far sentire le nostre ragioni prima che tale trattato venga concluso. Ho esposto la nostra tesi secondo cui tale richiesta non è in contraddizione con l'art. 18 del nostro trattato di pace. Mi sono stati dati affidamenti favorevoli.

5) «Saturnia» e « Vulcania ». Valendomi delle informazioni e delle argomentazioni fornite dal dottor Guidotti e pervenute alla vigilia della nostra partenza per Washington, ho richiamato l'attenzione dei competenti uffici del Dipartimento di Stato sulla richiesta greca di ottenere le due navi suddette in conto riparazioni e sulla necessità di conservare tali navi alla marina italiana. Ho trovato il Dipartimento di Stato, in massima, concorde su questo punto. Mi è stato detto che le due navi verrebbero calcolate a un valore così elevato, da indurre il Governo greco a rinunciarvi.

6) Italcable. Ho provveduto a intrattenere: il Dipartimento di Stato sulla questione relativa alla restituzione dei cavi della Italcable e alla pretesa inglese che detti cavi facciano capo a Gibilterra anziché a Malaga. Ho esposto le ragioni delle nostre obiezioni a tale pretesa e le proposte formulate daii'Italcable al riguardo (stazione di transito a Gibilterra da rimanere chiusa in tempo di pace, raccordo Malaga-Gibilterra). Il Dipartimento di Stato ha mostrato di condividere il nostro punto di vista relativamente alla richiesta britannica. Ha promesso che avrebbe esaminato la questione e siamo rimasti d'accordo che questa sarebbe stata trattata ulteriormente con l'ambasciata.

697

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLE RAPPRESENTANZE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. S.N.D. 1253/c. Roma, 25 gennaio 1947. ore 15,30.

Prego V.S. di voler attirare l'attenzione di codesto ministro degli esteri sulla circostanza che il Governo italiano -che sarà costituito, spero, entro pochi giorni -incontrerebbe molte difficoltà da parte dell'Assemblea costituente per la firma del trattato ove le Quattro Grandi Potenze non ritenessero di darci qualche soddisfazione in merito alla procedura della revisione. V.S. vorrà in questa occasione ricordare il precedente del trattato di pace con l'Ungheria nel 1920 1•

698

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. 1254/40. Roma, 25 gennaio 1947, ore 13,30.

Suo 66 2 . Con telegramma a parte 3 le viene trasmesso testo nota relativa nostra partecipazione trattato di pace con la Germania da presentare Foreign Ministers Council.

Nel presentare nota stessa V.S. vorrà verbalmente ricordare precedente Austria che, pur essendo cobelligerante, fu sentita in occasione elaborazione nostro trattato di pace e chiarire che testo articolo 18 nostro trattato non esclude che il Governo italiano possa far valere sue ragioni nei confronti Germania in fase elaborazione trattatò relativo al Reich 4 .

I Per le risposte vedi DD. 717, 710, 724, 721 e 709. 2 Vedi D. 684. 3 T. 1315/41 del 26 gennaio, non pubblicato essendo il testo della nota riportato nel D. 707. 4 Per la risposta vedi D. 716.

699

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1000-999/75-76. Londra, 25 gennaio 1947, ore 14 (per. ore 7 del 26).

Ho attirato formalmente attenzione Foreign Office su considerazioni cui al telegramma circolare l 073 1 . Ho aggiunto che complicazioni sarebbero tanto più gravi se si pensasse di ritirare truppe alleate dai territori attribuiti alla Jugoslavia ad avvenuta ratifica trattato di pace Quattro Grandi prescindendo dalla ratifica jugoslava, il che sarebbe in contrasto con la clausola del trattato secondo la quale da esso non possono derivare diritti o benefici per quelle nazioni che non depositino istrumenti di ratifica. Hoyer-Millar mi ha assicurato che le nostre osservazioni di cui al telegramma l 073, che già erano state prospettate al Governo britannico dal capo della Commissione alleata, e quelle che ho sopra aggiunto sono qui riconosciute fondate e che è ben tenuta presente la serietà del problema. Interverrà comunque nuovamente presso competenti uffici che già stanno esaminando il modo più opportuno per stabilire stretta correlazione e simultaneità tra il ritiro delle truppe alleate dalla Venezia Giulia e il ritiro delle truppe jugoslave da quella parte di Zona B da includere nel Territorio Libero di Trieste.

Mio 662 . Hoyer-Millar mi ha ieri ripetuto ancora una volta che Gran Bretagna è del tutto favorevole a che Italia debba, al momento opportuno, essere invitata far presente sue osservazioni circa pace con la Germania e, analogamente a quanto dettomi da Sargent, ha espresso opinione che il Governo britannico potrebbe più decisamente sostenere tale tesi se fosse a conoscenza linee principali nostre rivendicazioni, onde poter meglio giustificare nostri diritti a intervenire nelle trattative.

A suo modo di vedere nostri passi per via diplomatica presso ciascuno dei Quattro Grandi sarebbero già sufficienti a fare constare nostra richiesta di partecipazione. Rimango però del parere espresso nel telegramma sopracitato e ritengo convenga comunque avanzare detta richiesta in forma ufficiale al Consiglio dei ministri esteri 3 .

700

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 994/46. Parigi, 25 gennaio 1947, ore 17,50 (per. ore 20,30).

Suo 1116/c. 4 .

Couve de Murville, cui ho presentato e illustrato stamane nota conforme istruzioni, si è mostrato sorpreso possibilità interpretazione articolo 90 diversa da quella che subordina entrata in vigore trattato a ratifica Italia e a fortiori sua firma. Invierò corriere lunedì risposta scritta promessami per oggi.

l Vedi D. 685. 2 Vedi D. 684. 3 Per la risposta vedi 707. 4 Vedi D. 687.

701.

.

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1022/79. Londra, 25 gennaio 1947, ore 21,40 (per. ore 9,30 del 26).

Avuto oggi colazione in ambasciata ministro Gruber e membri delegazione austriaca. Gruber prevede trattenersi qui dieci giorni e presenterà caso austriaco settimana entrante. È confidente circa questione Carinzia, più inquieto circa clausole economiche soprattutto definizione beni tedeschi. Conta per appoggio anglo-americano a proposta francesi richiamarsi stato di fatto marzo 1938. Mi ha promesso testo clausole trattato austriaco riferentesi accordo per Alto Adige. Gli ho domandato per nostra norma quando Parlamento austriaco avrebbe discusso e ratificato detto accordo. Mi ha detto, con l'usata sincerità, che, avendo egli in passato condotto propaganda annessionistica, si trova necessità lasciare maturare adattamento in corso opinione pubblica a rinunzia soluzione territoriale. È soddisfatto provvidenze da noi prese finora, le quali hanno generato sostanziale distensione animi fra popolazioni interessate. Mi ha confermato piena lealtà intendimenti del Governo austriaco e suoi personali, auspicando che ratifica ufficiale sia preceduta da sviluppo nostre misure di rispetto etnico, le quali varranno, meglio di ogni argomento e di ogni sua influenza, per persuadere e conciliare opinione pubblica austriaca, la quale, secondo lui, ha per altro ormai accettato fatto compiuto. Risulta evidente da spirito sue dichiarazioni che rinunzia territoriale è un fatto acquisito del quale egli non può darci esplicato atto finché effettiva realizzazione autonomia non abbia tolto ragione a tali rivendicazioni nella coscienza pubblica suo Paese. Si è espresso nei termini più calorosi circa futuro sviluppo relazioni italo-austriache, non appena cessazione occupazione consentirà Austria necessaria autonomia.

È previsto per domani sera arrivo cancelliere Figl 1•

702

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1006-1007/80-81. Londra, 25 gennaio 1947, ore 21,40 (per. ore 7 del 26).

Polemica suscitata dalla Pravda circa nota frase pronunziata da Bevin in discorso 22 dicembre si è conclusa con comunicato ufficiale britannico del 20 corr. e pubblicazione odierni messaggi scambiati tra ministro affari esteri e Stalin in data 18 e 23 corr. cui testo trasmetto ad ogni buon fine per corriere odierno.

l Per la risposta vedi D. 714.

Mentre Gran Bretagna riafferma esplicitamente integrale sopravvivenza patto di alleanza rimuovendo ogni dubbio al riguardo, Generalissimo altrettanto esplicitamente dà atto chiarimenti forniti ammettendo altresì possibilità estensione trattato come a suo tempo proposto da Bevin, sottoponendolo per altro ad opportuna revisione che, secondo ufficioso corrispondente diplomatico Times, concernerebbe soprattutto articoli 3 e 4 del patto. Invio per corriere anche questa corrispondenza. Ambienti ufficiali e stampa esprimono soddisfazione per accaduto e Daily Herald dà particolare rilievo.

Scambio lettere Bevin-Stalin va inquadrato quale episodio nelle manovre che preludono alla Conferenza Mosca ed è il risultato diretto di un negoziato, occasionale o predisposto, in cui maresciallo Montgomery si è mostrato intelligente mediatore. Tale corrispondenza tra i due uomini di Stato ristabilisce atmosfera di maggiore cordialità e comprensione nella quale, dopo incontri di New Y ork, si prevedeva che avrebbe dovuto svolgersi, o per lo meno aver inizio prossima riunione ministri esteri (mio telegramma 1269) 1• Si ritorna così all'equilibrio che progettata alleanza anglo-francese sembrava atta a conturbare, in quanto Russia rischiava di trovarsi proprio a Mosca relativamente isolata in partenza di fronte agli altri tre, materialmente legati da intese recenti, anche se vaghe, e verosimilmente attratti verso comune linea politica in Europa.

Dal punto di vista di politica interna britannica si deve registrare un nuovo successo di Bevin in quanto, sia pure a seguito di un chiarimento a suo debito ma che riguarda unicamente la forma, gli viene dato atto delle sue concilianti intenzioni. È anzi sintomatico che Daily Herald e Daily Worker si trovino d'accordo a spingere le loro previsioni al di là del fatto materiale di un chiarito malinteso per auspicare accordi economici di larga portata come risultato della revisione trattato anglo-russo, offerta da Bevin sotto forma della sua estensione a cinquanta anni e non esclusa da Stalin previo suo riadattamento conseguente cessato stato di guerra; sulla opportunità del quale riadattamento anche stampa ufficiosa di questo Paese mostra convenire.

Non è equilibrato elemento moderatore da parte U.R.S.S., che vale un avvertimento, in quanto si riporta da Mosca che agenzie sovietiche precisano come Stalin avrebbe «spiegato» a Montgomery che standardizzazione armamenti e scambio ufficiali potrebbe essere interpretato atto di preparazione alla guerra. È questa una diretta allusione alle pretese (e in parte comprovate) intese anglo-americane (mio telegramma n. 1)2 e a quelle eventuali o prevedibili con la Francia che furono causa di attacchi violenti da parte stampa sovietica, di speculazioni da ogni parte e di reiterate rimostranze dei «ribelli» con Bevin (mio telegramma n. 48) 3 .

Mi sembra si possa dire a conclusione che si è nel vero se si considera che il gesto di Stalin, indubbiamente realista ed obiettivo, mira a sbarazzarsi di un intralcio di poco conto, ma nella sostanza si deve concludere con Manchester Guardian che questo scambio di corrispondenza Bevin-Stalin «è soddisfacente per quello che vale».

I Non pubblicato. 2 Vedi D. 637. 1 Vedi D. 667.

703

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 1150/020. Parigi, 25 gennaio 1947 (per. il 29).

Parlando delle recenti dichiarazioni di Attle circa alleanza franco-inglese, questo ambasciatore d'America, Caffery, mi ha detto di esser alquanto scettico su possibilità che trattative da iniziarsi possano avere rapidi sviluppi. Governo americano, egli ha aggiunto, è favorevole alleanza, ma non la considera come evento di eccezionale peso e tale da portare mutamenti attuale politica francese. Non dissimile, secondo predetto ambasciatore, sarebbe opinione russa in proposito. Per tale ragione rinnovate dichiarazioni in favore alleanza non desterebbero preoccupazioni presso Governo U.R.S.S., il quale, a quanto sembra, non intenderebbe frapporre difficoltà alcuna allo sviluppo trattative. Ambasciatore russo a Parigi, a dire di Caffery, si è espresso in tale senso con lui.

704

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1040/35. Mosca, 26 gennaio 1947, ore 20,55 (per. ore 1,10 del 27).

Nota rivista ufficiosa Novroe Vremia pubblica articolo sopra viaggio De Gasperi Stati Uniti in cui dice, fra l'altro che, se si lasciano da parte sonore frasi e se si pensa sostanza cose, diventa chiaro che tutte accoglienze entusiastiche tributate a De Gasperi e assicurazione sentimenti simpatia verso popolo italiano sono inspirati non da considerazioni filantropiche ma dalla tendenza Stati Uniti di attirare nella loro orbita economica e politica Italia. Politica americana si orienta per questo scopo sui circoli reazionari italiani ed in particolare sul partito democristiano. Predetto articolo aggiunge che pellegrinaggio De Gasperi Washington è connesso coi piani ulteriore difensiva dei reazionari italiani e loro protettori americani contro forze democratiche Italia. Articolo continua rilevando che giornali reazionari italiani conducono sfrontata campagna contro fronte democratico partiti comunista e socialista, cercando scissione del medesimo e tutta questa campagna viene accompagnata da domanda revisione trattato di pace. Circoli pro-fascisti invitato De Gasperi iniziare Washington battaglia per revisione condizioni pace in cambio di garanzie «stabilità», cioè istituzione Italia regime gradito ad imperialismo americano e reazionari italiani. Novroe Vremia accenna poi al modo come è avvenuta recente crisi e conclude dicendo che circoli democratici italiani ritengono crisi predetta non giustificata da serie cause e che potrebbe solo complicare situazione nel Paese al momento firma trattato pace.

Pravda odierna pubblica commento sopra attuale crisi italiana rilevando che, come risulta da altre dichiarazioni De Gasperi, uomini politici americani non sono stati larghi di aiuti verso Italia perché diffidano della stabilità attuale situazione politica italiana. E quindi, continua Pravda, De Gasperi ritornato in Patria ha cominciato agire secondo direttive ricevute Washington ed imposto pure crisi governativa, di cui non vi era alcun motivo interno, riducendo a nulla sforzi molti uomini politici italiani consolidare situazione politica. Pravda conclude chiedendosi: non è prezzo troppo caro per un piccolo aiuto degli Stati Uniti?

lsvestia odierna pubblica lungo articolo sopra crisi italiana rifacendo storia formazione ultimo Gabinetto e rilevando che sua composizione non è gradita reazionari che hanno cercato sconvolgerla e costituire nuovo Governo senza comunisti ed invece con partecipazione destre. Articolo rileva che reazione ha cercato scindere unione comunisti e socialisti e, non riuscendovi, ha ottenuto scissione Partito socialista, senonché massa principale rimasta fedele Nenni. Dopo scissione socialisti, reazionari sono passati al secondo punto loro piano e cioè sconvolgere Governo quattro partiti e questo compito assunto da De Gasperi stesso dopo ritorno America. De Gasperi ha portato con sé solo promessa di modesti prestiti. lsvestia sottolinea che nei colloqui Washington parlatosi più di politica che di economia. De Gasperi stesso dichiarato che aiuti americani potranno avere luogo soltanto se in Italia vi sarà Governo solido stabile che non permetta estensione caos. Articolo termina dicendo ignorare come crisi finirà ma che comunque non può raggiungersi vera soluzione crisi ignorando volontà masse democratiche.

705

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1044/43. Vienna, 26 gennaio 1947, ore 21,35 (per. ore 8,30 del 27).

Proposta australiana e sudafricana a Consiglio sostituti ministri esteri Londra tendenti introdurre nel trattato per Austria accordo De Gasperi-Gruber e garanzia per minoranze, riaprirebbe, contrariamente tesi richiamata da telegramma ministeriale 203 dello scorso anno 1 , questione alto-atesina, lasciando aperta strada ad interventi da parte terze Potenze.

Suindicate proposte sono evidentemente risultato pressioni Governo austriaco su ambienti anglo-sassoni per ottenere esplicito riconoscimento sua tesi su minoranze del resto sostenuta anche a Londra. Esse confermano mia impressione che Potenze alleate, specialmente Inghilterra, intendono valersi problema alto-atesino per influire eventualmente in futuro su nostra attività politica.

Interpretazione circa carattere bilaterale o meno dell'accordo assume quindi importanza attuale. Finora, a quanto mi risulta, né da parte italiana né da parte austriaca si è preso formale posizione pubblica in merito: mentre dal canto nostro si continua a considerare accordo Parigi come intercorrente unicamente tra Italia ed Austria, da parte austriaca si è cercato e si cerca con ogni mezzo, pur evitando di affrontare direttamente con noi questione, di confermare anche con accordi internazionali la tesi della garanzia da parte terze Potenze a diritti minoranze alto-atesine.

Mi sembra che chiarimento posizione, anche nei riguardi politica generale Potenze, non possa ulteriormente essere rinviato, perché non si può attendere fra

t Vedi D. 403.

l'altro che problema sia posto improvvisamente sul tappeto a beneplacito austriaco

o tanto meno da un terzo Stato.

Poiché, come risulta anche dalle recenti decisioni Costituente, accordo De Gasperi-Gruber viene eseguito da parte nostra in ogni suo punto con perfetta lealtà, mi sembra che Governo italiano potrebbe chiedere Potenze alleate di evitare inclusione nel trattato per Austria qualsiasi forma garanzia circa esecuzione accordo, mettendo contemporaneamente in luce che da parte Commissione esteri Parlamento austriaco, pur dopo intesa Parigi, fu approvata mozione con la quale si dichiarava non poter rinunziare rivendicazione Alto Adige. Qualora poi Potenze alleate ritenessero opportuno aderire proposta australiana e sudafricana, parmi che Governo italiano avrebbe allora diritto richiedere che nel trattato stesso si sancisca impegno Austria ad astenersi dal mettere in discussione sovranità italiana su Alto Adige. Comunque riterrei opportuno approfittare presenza Gruber a Londra perché ambasciatore Carandini tenga con lui franca discussione in materia 1 .

706

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1061/9. Praga, 27 gennaio 1947, ore 11,30 (per. ore 18).

Mi riferisco telegrammi n. 102 e Il di codesto ministero 3 .

Delegazione questa mane via Zurigo partita aereo. Riuscito ottenere testo protocollo Cecoslovacchia-Svizzera, firmato 18 dicembre, per indennizzi beni nazionalizzati e protocollo successivo tra gli stessi firmato 18 gennaio per confiscati.

Sono esclusi, in entrambi, da indennizzo cittadini di Nazioni «tenute riparazioni» anche se abbiano, posteriormente 18 settembre 1938, assunto cittadinanza svizzera. Questa legazione inoltre è stata esclusa dall'invio che questo Governo ha fatto alle altre rappresentanze di voluminose norme procedure relative domanda indennizzo. Tali esclusioni, con le quali questo Governo ancora una volta evita rimetterei parola scritta confermante anche solo implicitamente assicurazione verbale di parità, confermano timore più volte manifestato che, nei nostri confronti, venga dopo tutto usato trattamento diverso da quello fatto ad Alleati e neutrali, invocando articolo 69 trattato di pace. Ciò nonostante ministro Niederle (mio rapporto del 9

I Ritrasmettendo, con Telespr. 03242/c. del 3 febbraio, questo telegramma a Washington e Londra Fransoni scriveva: «Le notizie comunicate dalla rappresentanza politica a Vienna confermano l'opportunità di seguire con la maggiore attenzione gli sviluppi della questione relativamente alla quale questo ministero non può che confermare l'opinione già espressa, che non si vede cioè la necessità di inserire nel trattato per l'Austria clausole concernenti l'Alto Adige. In merito al suggerimento espresso dalla rappresentanza politica a Vienna secondo cui al nostro impegno relativo alla concessione dell'autonomia ecc., dovrebbe corrispondere un analogo impegno da parte austriaca di non mettere ulteriormente in discussione l'attuale frontiera, questo ministero rileva come non appaia conveniente costituire una stretta interdipendenza anche formale e giuridica fra l'una questione e l'altra. Ciò aggraverebbe infatti la portata dell'art. IO del nostro trattato e verrebbe a dare una interpretazione inesatta e estensiva all'accordo di Parigi del 5 settembre 1946; il che potrebbe nel futuro dare pretesto all'Austria di risollevare la questione qualora dovessero sorgere divergenze in merito all'applicazione dell'accordo suddetto». Il telespresso era inviato per conoscenza anche a Vienna. Vedi DD. 701 e 714.

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 688.

801 corrente n. 68/4 7) 1 che ha ora assunto sue funzioni assicura voler con noi iniziare trattative circa questione beni e indennizzo su promesso piede parità, prima settimana mese prossimo e dichiararsi disposto addivenire immediata redazione protocolli analoghi svizzeri e belgi attualmente discussi da delegazione qui presente e mi farò premura telegraficamente riferire sul corso miei primi colloqui con Niederle, che potranno fornire codesto ministero utili elementi indispensabili collegamento con questione costì trattata.

707

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, ALLE RAPPRESENTANZE A MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. S.N.D. 1320/c. Roma, 27 gennaio 1947, ore /3,30.

Mio telegramma n. 19423(c. 2•

Ho telegrafato Londra 3 seguente testo nota da presentarsi al Consiglio dei ministri affari esteri relativamente alla partecipazione italiana trattato pace con Germania. V.S. consegni copia a codesto Governo:

«Il Governo italiano ha l'onore di chiedere al Consiglio dei ministri degli affari esteri che l'Italia sia ammessa a partecipare alla elaborazione del trattato di pace con la Germania.

Tale richiesta trova in primo luogo la sua giustificazione nel fatto che dal 13 ottobre 1943 l'Italia è in stato di guerra con la Germania, nei sacrifici sostenuti dal popolo italiano nel corso di tale guerra e nell'apporto da esso dato alla vittoria delle Nazioni Unite. Lo stesso preambolo del trattato di pace con l'Italia, predisposto dal Consiglio ministri affari esteri, ha formalmente riconosciuto, per raccomandazione espressa dalla Conferenza dei Ventuno, il contributo dato dal popolo italiano alla lotta contro il nazismo e la posizione di cobelligeranza dell'Italia nella guerra contro la Germania.

La richiesta del Governo italiano è anche giustificata dal fondamentale valore che il trattato di pace con la Germania è destinato ad assumere per il futuro e pacifico assetto dell'Europa a cui l'Italia per la sua posizione geografica e politica è interessata in modo vitale. E lo è altresì per l'importanza essenziale che per l'economia italiana hanno sempre avuto i mercati di produzione e di consumo dell'Europa centrale, e in modo specifico il mercato tedesco e l'organizzazione economica della Germania.

Le considerazioni suesposte, nel giudizio del Governo italiano, costituiscono valido titolo dal punto di vista giuridico, politico e morale, perché l'Italia sia ammessa ad esporre le sue ragioni nei riguardi del trattato di pace con la Germania e a recare, anche in questa occasione, il suo contributo al consolidamento della pace.

Il Governo italiano confida che il Consiglio dei ministri degli affari esteri vorrà accogliere la sua richiesta, e si riserva di far conoscere al momento opportuno il suo punto di vista sulle specifiche questioni attinenti al trattato di pace con la Germania che rivestono particolare interesse per l'Italia».

l Non pubblicato. 2 Vedi D. 620. 3 Vedi D. 698.

708

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1077/85. Londra, 27 gennaio 1947, ore 17,20 (per. ore 7,30 del 28).

Con lettera odierna Sargent comunica di aver dato istruzioni ambasciata Inghilterra Roma di far sapere V.E. che il Governo britannico è disposto trattare in via diplomatica questioni che Bevin si proponeva discutere con V.E. a Londra nonché quelle che da parte nostra si desiderava sollevare alla stessa occasione.

In quanto venuta Menichella (miei telegrammi 57 e 77) 1 Sargent chiede conoscere data presumibile suo arrivo confermando gradimento viaggio. Precisa infine che sia Foreign Office che Tesoreria sono ormai pronte incontrarsi con predetto per questione beni italiani in Inghilterra presumendo peraltro che egli venga in qualità di esperto ad hoc e che non si tratti di delegazione finanziaria o economica.

Per parte mia ritengo che trattazione tale questione non dovrebbe essere più oltre ritardata.

709

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1089/63-64. Washington, 27 gennaio 1947, ore 21,51 (per. ore 10,15 del 28).

Suo telegramma 1253/c. Mio telegramma 45 2 .

Ho immediatamente provveduto, in conformità sue istruzioni, a richiamare per iscritto particolare attenzione segretario di Stato su prossime difficili discussioni Assemblea costituente riguardo trattato di pace e su conseguente urgente necessità che i Quattro siano in grado di dare qualche soddisfazione circa procedura della revisione. In mia nota ho richiamato tanto precedente trattato di pace Trianon anno 1920 quanto lettera Byrnes al giornalista Sulzberger a Parigi di cui al mio rapporto 2030 del 6 luglio scorso 3 . Non mancherò insistere.

In conversazione odierna al Dipartimento di Stato ho insistito su mia comunicazione al segretario di Stato, raccomandando modo palesemente vivo che gli U.S.A. prendano d'urgenza l'iniziativa su questione procedura revisione trattato di pace. Mi si è risposto che Dipartimento di Stato si rende pienamente conto gravi difficoltà che dovrà fronteggiare nuovo Governo italiano anche in discussioni alla Costituente ed al riguardo è stato accennato a recentissimi colloqui capo provvisorio dello Stato e Stone. Mi è stato assicurato che si sarebbe parlato oggi stesso della questione con questa ambasciata Inghilterra e che si sarebbe fatto possibile per avviare consultazioni tra i Quattro sul problema, si è mostrato però di dubitare che i francesi e russi specialmente i primi potessero essere favorevoli ad accettare fin da prima della firma

I Non pubblicati. 2 Vedi DD. 697 e 680. 3 Vedi serie decima, vol. III, D. 672.

del trattato accenni revisionistici sia pur vaghi, mentre poi non si conosce ancora esattamente atteggiamento inglese. Quanto a U.S.A. già in passato personalità responsabili sua politica estera avevano dichiarato che trattati di pace non corrispondevano finalità ed intenzioni americane pur costituendo unico risultato ottenibile nelle circostanze dai Quattro mediante reciproci compromessi. In conclusione, pur prospettando nuovamente tutte le difficoltà giungere ad un risultato che ci dia qualche soddisfazione, di fronte mie insistenze, non si è escluso del tutto possibilità U.S.A., eventualmente da soli, qualora altre Potenze non concordassero, facciano una qualche comunicazione in materia al nuovo Governo italiano.

Ritelegraferò appena possibile.

710

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1078/36. Mosca. 27 gennaio 1947, ore 23,57 (per. ore 7,30 del 28).

Telegramma V.S. 1253 1 .

Farò passo prescrittomi: è superfluo dica che da parte russa c'è da attendersi solo risposta negativa e probabilmente anche duramente negativa. Russi sono particolarmente contrari acché noi non firmiamo trattato: ma una non firma trattato, che, dopo discussioni fra i Grandi, potesse portare a nuove formule accettabili una volta per tutte da noi, sarebbe meno invisa ai russi che non politica revisione trattato. Con revisione è evidente che noi intendiamo, anche se non principalmente, revisione clausole territoriali: politica russa verso Germania, Polonia, Romania e Cecoslovacchia è tutta basata su appoggio persone e partiti che accettano come definitiva sistemazione territoriale voluta da russi e che rinunciano qualsiasi revisione.

Se Italia si mette su terreno revisione, essi ritengono, e non a torto, che nostro atteggiamento non potrebbe se non incoraggiare tendenze revisioniste, fortissime anche se attualmente poco apparenti, in questi Paesi e mettere così in pericolo tutto attuale sistema politico russo. Circa clausole economiche, che per Russia consistono in riparazioni, Russia è egualmente nettamente contraria a revisione. Complesso riparazioni da Paesi ex nemici rappresenta un miliardo dollari che, nelle difficili circostanze ricostruzione russa, rappresentano apporto considerevole a cui Russia non è disposta rinunciare. Revisione a nostro favore e anche solo nostra politica revisionista in questo campo non farebbe che creare a Russia grossi fastidi. Unico campo in cui Russia sarebbe disposta accettare principio revisione è, entro certi limiti, campo militare. Non voglio con questo discutere opportunità per parte nostra politica revisionista: ritengo solo mio dovere far presente che politica italiana revisionista significa, per molti anni almeno, frattura definitiva nel campo politico fra noi e Russia e che personalità, partiti politici, i quali si mettano per questa strada, debbono adattarsi essere iscritti da Russia nella lista dei suoi nemici. Trattasi questione che tocca interessi che Russia considera come fondamentali: quali che possano essere sviluppi politica interna italiana, è bene non farsi illusioni su possibilità convincere Russia adottare differente atteggiamento nei riguardi politica revisionista italiana 2 .

I Vedi D. 697. 2 Vedi D. 724.

711

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

APPUNT01 . Roma, 27 gennaio 1947.

Gli argomenti di carattere economico finanziario trattati dalla missione italiana negli Stati Uniti si riassumono nei seguenti:

a) necessità di assicurare all'economia italiana nel 1947 soccorsi destinati a sostituire quelli prestati nel 1946 dall'U.N.R.R.A., con lo scopo di garantire continuità di rifornimento delle fondamentali derrate alimentari e materie prime;

b) rimborso in dollari delle spese sostenute in Italia da parte delle forze armate degli Stati Uniti e cambio da applicare al computo delle spese suddette;

c) concessione di finanziamenti alle industrie italiane più direttamente interessate al commercio di esportazione, allo scopo di accelerarne l'affermazione nel mercato internazionale;

d) assegnazione all'Italia delle maggiori quote possibili delle fondamentali derrate alimentari e materie prime ancora sottoposte a regime di assegnazione internazionale;

e) assegnazione all'Italia di naviglio mercantile allo scopo di alleviare l'onere dei noli passivi che attualmente costituisce una posta di grande rilievo nella nostra bilancia dei pagamenti;

f) esame dei preliminari di un accordo destinato a rinnovare l'accordo di commercio e navigazione e di un accordo finanziario destinato a definire i rapporti di debito e credito scaturiti dall'armistizio e dal trattato di pace;

g) esame dei principi di politica economico-monetaria ai quali dovrebbe ispirarsi l'azione del Governo italiano nel quadro degli organismi internazionali ai quali l'Italia si appresta a partecipare;

h) esame preliminare degli elementi da considerare ai fini di determinare la nuova parità lira-dollaro da esser comunicata al Fondo monetario internazionale;

i) possibilità di acquistare dalla Riserva federale il quantitativo di oro da versare al Fondo monetario internazionale, pagandolo al prezzo ufficiale di 35 dollari l'oncia.

a) Necessità di assicurare all'economia italiana nel 1947 soccorsi destinati a sostituire quelli prestati nel1946 dall'U.N.R.R.A., con lo scopo di garantire continuità di rifornimento delle fondamentali derrate alimentari e materie prime. Secondo quanto è stato annunciato dal comunicato ufficiale il Governo degli Stati Uniti ha assunto l'impegno di presentare al Congresso un progetto di legge concernente lo stanziamento di fondi da destinare ai soccorsi ai Paesi assistiti nel 1946 dall'U.N.R.R.A.

l Il documento è intitolato: «Argomenti di carattere economico finanziario trattati dalla missione italiana negli Stati Uniti».

In proposito si sono avute conversazioni con esponenti dei gruppi parlamentari più influenti, i quali hanno assicurato il loro appoggio al progetto di legge. In una pubblica dichiarazione a Cleveland il senatore Vandenberg ha affermato che non sarebbe possibile ricostruire su basi democratiche i Paesi devastati dalla guerra, se le loro economie non fossero risanate mercé la prestazione di aiuti adeguati.

b) Rimborso in dollari delle spese sostenute in Italia da parte delle forze armate degli Stati Uniti e cambio da applicare al computo delle spese suddette. Il segretario della Tesoreria degli Stati Uniti ha consegnato al presidente del Consiglio italiano un assegno di cinquanta milioni di dollari, che si aggiunge a un precedente assegno di pari importo, rimesso a titolo di rimborso per spese sostenute in Italia dalle Forze Armate degli Stati Uniti per causali diverse da quella della paga alle truppe. Non è da escludere che ulteriori rimborsi possano aver luogo in avvenire, per quanto concerne le spese sostenute in passato, malgrado le contrarie statuizioni dell'art. 66 nn. 2 e 4 del trattato di pace. Per quanto concerne le spese da sostenere in futuro esse saranno certamente rimborsate. In ordine a queste sorge il problema di determinare il cambio lira-dollaro secondo il quale dovranno essere rimborsate le lire messe a disposizione del Governo degli Stati Uniti per le spese delle proprie forze armate in Italia e per le spese dei dipendenti civili di detto Governo residenti in Italia. Da parte del Governo degli Stati Uniti era stata presentata una richiesta al Governo italiano, secondo la quale quel Governo domandava che il computo delle spese da rimborsare in dollari fosse effettuato sulla base del medesimo cambio praticato agli esportatori italiani che beneficiano del regime istituito dal decreto legislativo 26 marzo 1946 e decreto ministeriale 13 aprile 1946. Come noto le disposizioni contenute nei citati decreti conferiscono agli esportatori di merci di produzione nazionale la facoltà di negoziare il 50% delle divise provenienti dalla esportazione, a un cambio libero, ricavando pertanto la media fra il cambio ufficiale e il cambio libero al quale vengono vendute le divise delle quali è lecita la negoziazione. Il Governo italiano ha informato il Governo degli Stati Uniti che esso aveva predisposto un provvedimento inteso ad estendere il regime istituito dal decreto legislativo 26 marzo 1946 limitatamente agli esportatori di merci di produzione nazionale, alle ri;nesse finanziarie da parte di residenti all'estero che intendessero rimettere fondi in Italia, e alle spese in Italia di turisti stranieri. I provvedimenti predisposti a questo fine prevedono che le divise estere provenienti dai titoli suddetti siano acquisite per un soo;;, alla gestione Cambital al cambio ufficiale, e per l'altro 50'% siano immesse in conti valutari della natura di quelli istituiti dal citato decreto 26 marzo 1946, e siano pagate secondo la quotazione che di giorno in giorno si forma nel mercato delle divise di esportazione. Di queste norme potranno avvalersi le Forze Armate degli Stati Uniti residenti in Italia, per l'acquisto delle lire da utilizzare per le spese da sostenere in Italia, e i dipendenti civili del Governo degli Stati Uniti come di qualsiasi altro Governo che intendano convertire in lire tutto o in parte i loro emolumenti. Tale provvedimento è in corso di emanazione.

c) Concessione di finanziamenti alle industrie italiane più direttamente interessate al commercio di esportazione, allo scopo di accelerarne l'affermazione nel mercato internazionale. Tempo addietro il Governo italiano aveva presentato alla Import Export Bank domande intese ad ottenere finanziamenti rivolti a fornire i mezzi con i quali finanziare il deficit della nostra bilancia dei pagamenti. Il Consiglio di amministrazione della Banca aveva respinto quelle domande, in quanto stimava che l'accoglimento di esse non fosse conforme ai criteri ai quali la Import Export Bank deve conformare il proprio comportamento in applicazione dei principi statuiti dalla legge istitutiva. Il mutamento avvenuto

recentemente nella composlZ!one del Congresso ha prodotto la conseguenza che il Consiglio di amministrazione della Banca intende attenersi a criteri di maggior rigore nella concessione di finanziamenti. I componenti del Consiglio hanno dichiarato apertamente di non intendere di derogare dalla norma, secondo la quale finanziamenti possono essere concessi soltanto nei casi nei quali ne sia garantita la destinazione al potenziamento di settori industriali direttamente interessati al commercio di esportazione. La constatazione di questa situazione di fatto ha indotto i rappresentanti italiani a concordare con il Consiglio di amministrazione della Import Export Bank operazioni di finanziamento che conciliassero la duplice esigenza di essere compatibili con i principi stabiliti dallo statuto della Banca e con la necessità di non vincolare l'indipendenza dell'industria italiana e di non impegnare il credito diretto di singole aziende. A questo fine il ministro per il commercio estero ha esposto al Consiglio di amministrazione della Import Export Bank la situazioni dell'economia italiana, ponendo in rilievo che alla struttura di essa non è necessariamente insito il perdurare di una bilancia dei pagamenti deficitaria. Nel corso della esposizione il ministro ha fatto menzione delle circostanze di carattere straordinario che nel momento presente concorrono alla formazione del deficit della bilancia italiana dei pagamenti internazionali. Tali circostanze sono state additate nelle seguenti:

a) in condizioni normali l'Italia si approvvigionava di carbone in Germania e in Gnm Bretagna, e lo pagava con esportazioni di prodotti tipici, in gran parte prodotti dell'ortofrutticultura, che trovavano in quei Paesi i loro naturali mercati di sbocco. Nel momento presente né la Germania né la Gran Bretagna sono in condizioni di fornirci il carbone del quale abbisognamo. Gli altri Paesi europei sono in grado di fornire quantitativi esigui rispetto al nostro fabbisogno. La parte maggiore del carbone del quale abbisognamo deve essere importata dagli Stati Uniti, verso i quali le esportazioni di prodotti che un tempo si dirigevano in Germania e in Gran Bretagna, possono essere deviate soltanto con estrema difficoltà e in quantitativi modesti. Ne segue che i rifornimenti di carbone determinano un fabbisogno di dollari considerevolmente maggiore di quello che si verifica in condizioni normali ($ 202.156.000) 1;

h) nel periodo che ha preceduto la guerra l'Italia soleva importare dall'estero quantitativi di frumento di gran lunga minore di quelli che deve importare nel momento presente.

Importazioni italiane di frumento dal 1933 al 1939

migliaia di quintali

1933 4.656 1934 4.690 1935 5.497 1936 5.350 1937 ······························································ 16.584 1938 2.905 1939 6.481

Per contro i fabbisogni attuali di cereali sono stati valutati dall'U.N.R.R.A. in

21.290.000 di quintali, che comporterebbero un esborso di 255 milioni e 400 mila dollari;

1 Nota del documento: «U.N.R.R.A. Italian Mission, Italy's Ba/ance of Payments dicembre 1946».

c) all'aggravamento del deficit della nostra bilancia dei pagamenti concorre in misura di non scarso rilievo la interruzione dei rapporti commerciali con i Paesi della Penisola balcanica dai quali solevamo importare materiali essenziali per la nostra economia, quali ad esempio il legname, pagandoli con la esportazione di prodotti tipici tra i quali gli ortofrutticoli. Concorre inoltre ad inasprire il deficit della nostra bilancia dei pagamenti la distruzione della marina mercantile, che ci costringe a trasportare le derrate alimentari e materie prime che dobbiamo importare dall'estero, con navi battenti bandiera straniera, pagando loro noli in valuta per centinaia di milioni di dollari. Infine il deficit è aggravato dall'assenza di talune partite invisibili quale quella del turismo, che in condizioni normali costituivano uno dei principali elementi riequilibratori della nostra bilancia dei pagamenti.

Anche in considerazione della fondatezza degli argomenti dei quali si è fatto cenno, il Consiglio di amministrazione dell'Import Export Bank ha creduto di aderire alla richiesta italiana di concedere finanziamenti a settori di industria interessati al commercio di esportazione. A questo fine il Consiglio di amministrazione ha deliberato l'accantonamento di cento milioni di dollari, da essere erogati nella concessione di linee di credito a specifici settori industriali, giudicati fra quelli che più concorrono alla espansione dei traffici internazionali. Nel corso delle conversazioni con i componenti del Consiglio, è stata esaminata la opportunità che i finanziamenti siano assunti da apposita istituzione bancaria italiana, che provveda a ripartire i crediti presi in considerazione, assumendo essa nei confronti della Import Export Bank l'impegno di garantire la destinazione ai fini per i quali essi sono stati concessi.

d) Assegnazione all'Italia delle maggiori quote possibili delle fondamentali derrate alimentari e materie prime ancora sottoposte a regime di assegnazione internazionale. Come è noto le difficoltà nelle quali si dibatte la nostra economia, risiedono non soltanto nella scarsità di mezzi di pagamento sull'estero, ma anche nella difficoltà di reperire i prodotti dei quali abbisognamo e di ottenerne l'assegnazione dagli organismi internazionali che ne controllano la distribuzione. Nel quadro di queste difficoltà la missione italiana ha rivolto insistenze al Governo degli Stati Uniti perché esso esercitasse la propria influenza presso I.E.F.C., per ottenere che questo concedesse all'Italia assegnazioni di frumento adeguate alle nostre necessità. È stato ottenuto che le assegnazioni per il mese di febbraio ammontino a 220 mila tonnellate contro 190 mila tonnellate del mese di gennaio. Si è inoltre ottenuto che, per sopperire alle nostre necessità urgenti, sei navi cariche di grano dirette a porti germanici fossero dirottate a porti italiani.

L'assicurare all'Italia i necessari rifornimenti di grano urta contro due ordini di difficoltà: da una parte non tutti i Paesi che aderiscono all'I.E.F.C. dimostrano uguale comprensione delle nostre necessità e comunque agiscono sotto l'impulso di richieste che vengono da altri Paesi in maniera non meno pressante di quelle rivolte dall'Italia; dall'altra le difficoltà di trasporto costituiscono un limite obiettivo che, anche la migliore disposizione dimostrata dai Governi più comprensivi, non è in condizione di superare. Gli Stati Uniti incontrano tali difficoltà nel far pervenire il grano dai centri di produzione ai porti di imbarco, che hanno creduto necessario istituire un commissario dei

trasporti, dotato dei più ampi poteri, allo scopo di assicurare la disponibilità di vagoni necessaria per far pervenire ai porti il grano che deve essere imbarcato. Lo stesso imbarco presenta non lievi difficoltà, in quanto la capacità di caricazione dei porti è di 1.100 mila tonnellate mensili.

La missione italiana dell'U.N.R.R.A. ha riconosciuto che il fabbisogno minimo di carbone necessario per assicurare un grado di attività industriale che corrisponda alla fine del 1947 al 90% del normale, è di 12.069 mila tonnellate. Nella supposizione che 1.800 mila tonnellate siano fornite dalla produzione nazionale, il fabbisogno di importazione sarebbe di 10.269 mila tonnellate. Sembra pertanto legittima l'aspettativa italiana che l'ECO riconosca all'Italia una assegnazione di 900 mila tonnellate mensili di carbone. In questo caso 700 mila tonnellate potrebbero essere approvvigionate dagli Stati Uniti, che continuerebbero ad essere il nostro principale mercato di rifornimento in sostituzione di quello germanico e di quello britannico.

e) Assegnazione all'Italia di naviglio mercantile allo scopo di alleviare l'onere dei noli passivi che attualmente costituisce una posta di grande rilievo nella nostra bilancia dei pagamenti. Lo spostamento del centro di gravità dei rifornimenti delle principali derrate alimentari e materie prime che dobbiamo importare dall'estero, nel mercato degli Stati Uniti, ha considerevolmente aumentato le nostre necessità di naviglio mercantile. Tale spostamento è messo in rilievo dalle seguenti cifre:

Quantità delle principali merci importate dal l o gennaio al 27 settembre 1946 in migliaia di quintali

Importazione Importazione

globale dagli U.S.A. Carbone fossile ......................................................... . 41.620,2 35.535,4 Frumento .................................................................. . 11.251,3 10.541,8 Grano turco .............................................................. . 396,2 377,5 Farina di cereali ....................................................... . 1.449,9 1.284,9 Cotone grezzo ........................................................... . 1.246,5 539,0 Lana greggia ............................................................. . 458,2 159,3 Ghisa grezza ............................................................. . 210,8 174,1 Acciai in barre .......................................................... . 320,1 276,1 Lavori in acciaio ....................................................... . 273,9 107,2 Rame e sue leghe ...................................................... . 218,3 191,8 Olii minerali greggi e residui di lavorazione ........... . 3.416,2 3.312,0 Oli i minerali esclusi i greggi ..................................... . 2.665,1 2.144,9 Calzature paia ........................................................... . 539,7 449,5 Calzature di gomma paia ......................................... . 616,4 606,2

È stato calcolato che soltanto i rifornimenti di grano e di carbone dagli Stati Uniti impegnerebbero non meno di duecento navi al mese. Ad esse sono da aggiungere quelle che devono trasportare gli altri prodotti che devono essere importati da quel Paese. Questo ingente fabbisogno di naviglio si riflette nella necessità di pagare a navi battenti bandiera straniera noli che per il 1947 sono stati valutati in non meno di 250 milioni di dollari. Per alleviare un onere così grave, la missione italiana ha richiesto al Governo degli Stati Uniti di volere assegnare all'Italia oltre cinquanta navi Liberty in aggiunta a quelle precedentemente assegnate. Il Governo degli Stati Uniti ha accolto la richiesta. Se si considera che ciascuna nave è valutata mediamente in ragione di 540 mila dollari e si considera che il pagamento relativo ha luogo per un quarto immediatamente e per i residui tre quarti con una dilazione di venti anni, previo pagamento di interessi in ragione del 3,5%, l'assegnazione di 100 navi equivale alla concessione di un finanziamento di $ 46.260 mila.

f) Esame dei preliminari di un accordo destinato a rinnovare l'accordo di commercio e navigazione e di un accordo finanziario destinato a definire i rapporti di debito e credito scaturiti dall'armistizio e dal trattato di pace. In considerazione della dimensione assunta dall'interscambio commerciale fra l'Italia e gli Stati Uniti, appare evidente l'interesse del Governo italiano di provvedere quanto prima alla conclusione con questo Paese di un trattato di commercio e navigazione. Con l'occasione si sono esaminati i preliminari di un accordo finanziario che dovrebbe vertere sui seguenti punti principali:

l) definizione dei rapporti di debito e credito che scaturiscono dal trattato di pace. In particolare tali rapporti concernono fra l'altro: a) Civilian supplies fornite dalle Forze Armate degli Stati Uniti prima dell'intervento dell'U.N.R.R.A.; b) dollari messi a disposizione dell'Italia in contropartita delle spese in lire delle forze armate degli Stati Uniti; c) assegni agli ufficiali italiani prigionieri di guerra.

2) Revoca delle misure di sequestro delle proprietà italiane negli Stati Uniti. Regolamento dei debiti verso cittadini degli Stati Uniti. 3) Regolamento concernente i debiti arretrati in linea capitale e in linea interesse, relativi ai titoli italiani emessi negli Stati Uniti.

Per quello che concerne il regolamento dei debiti relativi ai titoli italiani emessi negli Stati Uniti hanno avuto luogo conversazioni con il Dipartimento di Stato, con la Tesoreria e con gli organi direttivi dello Stock Exchange. Nel corso delle conversazioni suddette si è delineata la possibilità di un accordo amichevole: per quello che concerne le emissioni pubbliche l'accordo dovrebbe essere concluso direttamente fra i Governi; quello che concerne le emissioni private, si consentirebbe agli enti emittenti di prendere accordi con i propri trustees, e il Governo italiano dal canto proprio metterebbe a disposizione degli enti stessi la valuta necessaria ad effettuare i trasferimenti che risultassero dagli accordi intervenuti con i creditori amencam. I debiti scaduti e resisi esigibili da parte dell'estero, cioè l'ammontare

delle sole rate capitale e interessi maturate secondo i piani di ammortamento e non trasferite all'avente diritto, sono quelli seguenti:

Titoli Titoli in dollari in sterline ammontare rate m sofferenza ............... . 140.613.676.79 830.016.00 meno obbligazioni e cedole di possesso italiano disponibili 1 .....•.•••••••.••.....••.••••••.• 81.077.123.25 32.468.00 debito netto per rate in sofferenza ....... . 59.536.553.442 797.548.00 che, se maggiorato degli interessi maturati sul capitale non riscattato per mancato ammortamento, pari a ........................... . 15.731.295.10 86.859.81 dà un debito di ...................................... . 75.267.848.543 884.407.81

Titoli in frs. sv. Titoli in Lit. ammontare rate m sofferenza 18.663.730.00 12.500.475.00

meno obbligazioni e cedole di possesso italiano disponibile ................................. . 3.861.762.50 9.488.725.00

debito netto per rate in sofferenza ....... . 14.801.967.50 2 3.011.750.00

che, se maggiorato degli interessi maturati sul capitale non riscattato per mancato ammortamento, pari a ........................... . 1.266.557.50 872.725.00

dà un debito di ...................................... . 16.068.525.00 3 3.884.475.00

g) Esame dei principi di politica economico-monetaria ai quali dovrebbe ispirarsi l'azione del Governo italiano nel quadro degli organismi internazionali ai quali l'Italia si appresta a partecipare. Hanno avuto luogo conversazioni amichevoli con gli organi direttivi del Fondo monetario internazionale. Nel corso di tali conversazioni sono stati esaminati gli elementi in base ai quali dovrebbe essere determinata la parità lira-dollaro che dovrebbe essere comunicata al Fondo monetario internazionale. Si è concluso che la determinazione della nuova parità, pur continuando ad essere materia concernente la sovranità dello Stato italiano, avrà luogo dopo amichevoli consultazioni con gli organi direttivi del Fondo, i quali fin d'ora si sono dichiarati disposti a consentire all'Italia i benefici delle disposizioni dello statuto del Fondo medesimo che si applicano ai Paesi che sono stati occupati dal nemico.

h) Esame preliminare degli elementi da considerare ai fini di determinare la nuova parità lira-dollaro da esser comunicata al Fondo monetario internazionale. Hanno anche avuto luogo conversazioni con gli organi direttivi della Banca internazionale

1 Nota del documento: «Per le obbligazioni fino alla concorrenza delle rate capitale in sofferenza quando queste sono inferiori alle cartelle disponibili».

2 Nota del documento: «Pari a complessivi dollari 66.344.365.27».

3 Nota del documento: «Pari a complessivi dollari 82.763.007, 70».

per la ricostruzione e lo sviluppo. Tali organi si sono dichiarati disposti a dimostrare comprensione nell'esame delle domande di finanziamento che l'Italia dovesse presentare, alla condizione che da parte italiana si predisponessero piani di ricostruzione settore per settore coordinati secondo principi di organicità gli uni con gli altri. È in corso di esame una domanda presentata dalla Danimarca, dove si sono recati due tecnici della Banca. Uno di essi, nel corso del viaggio di ritorno negli Stati Uniti passerà per l'Italia dove stabilirà contatti preliminari con le competenti autorità italiane.

i) Possibilità di acquistare dalla Riserva federale il quantitativo di oro da versare al Fondo monetario internazionale, pagando/o al prezzo ufficiale di 35 dollari l'oncia. Allo scopo di mettere il Governo italiano in condizione di provvedere ad eseguire il versamento in oro che dovrà essere effettuato al Fondo monetario internazionale, senza doverlo procacciare ricorrendo al mercato libero, che quota un prezzo considerevolmente superiore a quello ufficiale di 35 dollari l'oncia, è stato richiesto alla Riserva federale se questa sarebbe disposta a vendere al prezzo ufficiale il quantitativo di oro che l'Italia dovrebbe versare al Fondo in conformità dello statuto del Fondo medesimo. Da parte della Riserva federale si è risposto aderendo in linea di massima alla richiesta italiana.

712

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. RISERVATO 973/138. Vienna, 27 gennaio 1947 (per. il 31).

Questa rappresentanza ha avuto occasione di segnalare a codesto ministero la molteplice attività di autorità, di personalità e di enti austriaci, specialmente tirolesi, diretta a costituire tra il Tirolo e l'Alto Adige una serie di rapporti e di legami cui non può non essere rivolta la nostra attenzione.

Con mio telespresso n. 484n9 del 14 gennaio 1 riferivo in particolare sulle iniziative e sui progetti redatti dall'ex ministro Jakoncig, progetti il cui scopo precipuo è la creazione a somiglianza del precedente storico delle zone franche ginevrine, d'una unione economica doganale tra il Tirolo e l'Alto Adige. È da rilevare a questo proposito che i memorandum del ministro Jakoncig non sono stati redatti su semplice iniziativa del predetto ex ministro, ma sono stati elaborati con la collaborazione del Governo tirolese e di quegli enti locali e dopo specifiche intese con gli analoghi enti economici di Bolzano. Questo complesso progetto prescinde completamente da ogni legame che l'Alto Adige ha con il resto della Venezia tridentina e in genere con l'Italia e tende a formare di tale regione un nucleo completamente a sé stante, avulso quindi da tutto il restante attuale complesso economico. Questo progetto dovrebbe essere infine compreso, secondo le intenzioni di questo ministro del commercio, come ho già riferito in separata sede, nei nuovi accordi economici da concludersi tra l'Italia

l Non rinvenuto.

812 e l'Austria. Non conosco quali siano le intenzioni del Governo italiano nei confronti di questo progetto che a mio avviso è redatto in maniera assai abile e completa, ma non posso esimermi dal sottolineare che il progetto Jakoncig non è un lavoro preparato d'iniziativa personale di un esperto, ma è parte di un più vasto piano d'azione che, con la consapevolezza del Governo austriaco, stanno delineando e metodicamente attuando le autorità e gli enti responsabili tirolesi.

La direzione di questo piano è affidata certamente all'ufficio degli optanti istituito recentemente della Cancelleria federale in Innsbruck. Col telespresso n. 162/23 dell'8 gennaio 1947 1 ho trasmesso quanto l'Ufficio di Innsbruck ha comunicato in merito. In quella comunicazione sono ben specificati gli scopi e le competenze dell'«Aussenstelle». Esse vanno al di là di quelle descrittemi dal ministro Gruber e dall'ufficio competente del Ballhaus, i quali avevano detto che l'«Aussenstelle» si sarebbe limitata alla registrazione degli optanti ed alla raccolta degli elementi per le prossime discussioni col Governo italiano in materia d'opzioni, assicurando che sarei stato ampiamente tenuto al corrente della sua attività, non appena esso entrerà in funzione. In ogni caso è di questi giorni la notizia che il signor Kneussl è stato nominato a dirigere l'ufficio predetto.

Comunque la costituzione dell'ufficio ad Innsbruck ed il progetto Jakoncig sono i motivi direttivi e propulsori e l'espressione concreta e sintetica di un piano molto preciso che dovrà portare non solo alla costituzione di tenaci e durevoli legami tra il Tirolo e l'Alto Adige, ma alla costituzione di un complesso politico-economico sul quale l'influenza austriaca avrà l'esclusiva prevalenza. I segni premonitori di quanto potrà verificarsi in avvenire sono già palesi.

Tralascio di ricordare gli articoli sia dei giornali tirolesi che di quelli del Volkspartei di Bolzano. Più rilevante è invece l'attività di ogni genere che da Innsbruck verso Bolzano e da Bolzano verso Innsbruck si sta ormai verificando da molto tempo e che dopo l'accordo De Gasperi-Gruber sta prendendo una reale consistenza ai fini da me sopra accennati. Ricordo le visite fra associazioni culturali, orchestrali, corali, cittadine e paesane tirolesi e alto-atesine, il continuo contatto attraverso il confine tra gli uomini d'affari tirolesi e quelli di Bolzano, le intese sopra accennate tra gli enti economici, specialmente fra le Camere di Commercio, gli incontri sportivi di squadre austriache con squadre locali alto-atesine e infine il ripetuto tentativo delle autorità austriache di immischiarsi sotto vari pretesti nelle questioni locali alto-atesine di cui sono prova le ripetute richieste di invio sotto diversi motivi di funzionari che, come l'ispettore di polizia Marek, prendono abboccamenti con uomini politici alto-atesini.

Queste mie segnalazioni non hanno certamente il fine di proporre di impedire che posa venire meno o comunque limitata una collaborazione tra le due regioni finitime del Tirolo e dell'Alto Adige, collaborazione prevista del resto nell'accordo De Gasperi-Gruber e auspicata come inizio di una più vasta collaborazione fra l'Italia e l'Austria. Ma è evidente che tale collaborazione per essere efficace e durevole e per non costituire una base di azione austriaca a nostro svantaggio deve basarsi sopra una perfetta parità di iniziative e sopra una completa identità e analogia di vedute. Dalle conversazioni che ho avuto con Gruber e con altri dirigenti austriaci, ho avuto

I Non rinvenuto.

molteplici assicurazioni di voler arrivare ad una perfetta intesa con l'Italia e di non dar modo che la questione alto-atesina possa nuovamente costituire un motivo di contrasto fra i due Paesi. Da parte austriaca si è convinti che il Governo italiano desidera una esecuzione dell'accordo De Gasperi-Gruber e che vi si giungerà in una atmosfera di amicizia e di cordiale collaborazione. Vorrei ritenere queste assicurazioni sincere, soprattutto nel quadro della politica generale che questo Governo sta perseguendo con l'assistenza delle Potenze occidentali. Tuttavia nel valutare questa politica non si deve dimenticare che il Governo austriaco ha sempre sostenuto che l'Alto Adige è indispensabile alla vita economica dell'Austria e che l' Anschluss è stato appunto la conseguenza di questa mutilazione e dell'impossibilità di giovarsi delle ricchezze economiche della regione altoatesina. La tesi, si sa, è ardita ed economicamente non fondata. Ma gli alleati occidentali, specie i politici inglesi (mi risulta che periti economici inglesi avevano negato la fondatezza delle tesi austriache) ci hanno creduto e l'Italia stava persino correndo il rischio di dover cedere la sopradetta regione all'Austria. L'azione austriaca tendente a creare questo complesso economico tra Tirolo ed Alto Adige ha già perciò sufficiente fondamento in questa supposta interdipendenza delle due regioni e nelle necessità vitali di questo Paese per essere approvata e compresa dalle altre Potenze.

Parallela a questa azione di carattere politico-economico sta quindi l'azione del Governo austriaco per ottenere le garanzie internazionali dell'accordo De Gasperi-Gruber. La nostra tesi, ribadita anche dal parere del Contenzioso diplomatico 1 , è che il detto accordo rimanga un accordo esclusivamente italo-austriaco e che nessun impegno sia stato assunto nei riguardi degli Stati firmatari del trattato di Parigi, i quali si sono limitati a prendere atto dell'accordo intervenuto fra l'Italia e l'Austria, constatando che per l'accordo fra i due Paesi non è previsto alcun problema di modificazione delle frontiere fra l'Italia e l'Austria. La tesi austriaca, suffragata anche dal parere espresso dai rappresentanti delle minoranze alloglotte dell'Alto Adige (vedi Dolomiten del 5 dicembre 1946) è invece quella che l'inclusione dell'accordo De Gasperi-Gruber nel trattato di pace significa che l'accordo è impegnativo verso gli Stati firmatari, i quali potranno in qualsiasi momento, in sede adatta, esigerne o criticarne l'esecuzione.

Il Governo austriaco e quello italiano non hanno mai discusso il problema né mi risulta che gli stipulatori dell'accordo stesso abbiano scambiato i propri punti di vista. Gruber e gli uffici competenti non hanno fatto parola circa la tesi austriaca, che si è potuta dedurre solo indirettamente piuttosto che da dichiarazioni ufficiali. Comunque è evidente che il Governo austriaco, preferendo non affrontare direttamente le discussioni con noi, deve aver trovato facile orecchio presso l'ambiente anglo-sassone che, per tramite delle delegazioni australiana e sud-africana, richiede l'inserzione dell'accordo nel trattato per l'Austria, senza che l'Italia venga ascoltata ad esprimere il proprio avviso. Se questa inclusione si verificasse, non vi è più alcun dubbio che sarebbe impossibile per noi mantenere la tesi di pura bilateralità. Sull'attualità ed importanza di questo problema ho creduto opportuno attirare l'attenzione di codesto ministero col mio telegramma n. 43 2 .

I Vedi D. 455. 2 Vedi D. 705.

La garanzia internazionale dell'accordo De Gasperi-Gruber rafforzerebbe ed aumenterebbe in ogni caso l'attività austriaca in Alto Adige, che procederebbe indisturbata all'ombra dell'O.N.U. Infatti sarebbe difficile da parte italiana poter obiettare che l'azione austriaca, intesa ad applicare in ogni suo punto l'accordo precitato, sia contro lo spirito o la lettera dell'accordo che prevede questa collaborazione sul terreno economico e culturale. Ma è chiaro d'altro canto che questa azione austriaca, se non bilanciata da una nostra controazione, precostituirebbe tutti gli elementi che, in contingenze internazionali favorevoli all'Austria, giustificherebbero il distacco dell'Alto Adige dall'Italia.

Ho creduto così di mettere in luce le direttive politiche ed economiche dell'azione svolta in Tirolo da un lato, sotto l'egida del Governo austriaco e l'attività internazionale dello stesso Governo di Vienna per garantire internazionalmente l'accordo De Gasperi-Gruber.

Per quanto concerne la possibilità d'opporsi all'accettazione della tesi austriaca da parte degli Alleati, ho già espresso il mio avviso nel succitato telegramma n. 43. Occorre tuttavia che il Governo italiano si preoccupi soprattutto dell'azione austriaca nell'Alto Adige. Mentre questa rappresentanza cerca di segnalare qualsiasi fatto che conferma e corrobora questi miei rilievi, ho constatato con soddisfazione che anche il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, ha manifestato le sue preoccupazioni per l'attività «segreta, sottile ed astuta del gruppo etnico allogeno che mira a trasformare quella regione in una zona prettamente tedesca» (vedi telespresso ministeriale n. 16/41742/150 del 16 dicembre 1946) 1• Mi associo alle conclusioni della lettera del predetto Comando. Non vorrei tuttavia essere frainteso. Non occorre da parte nostra vietare o soffocare o deviare l'azione austriaca, ma è assolutamente indispensabile che l'iniziativa di questa forte e profonda collaborazione tra Tirolo e Alto Adige passi nelle nostre mani o quanto meno incontri uguale spirito di lavoro. Tralascio di insistere sul fatto che non parmi sia nostro interesse politico, anche nei riflessi internazionali, di lasciar crescere indisturbata la prevalente influenza austriaca che trova facile strada e riceve appoggi nella configurazione etnica della regione. Vi sono altresì interessi economici sociali e culturali italiani da salvaguardare che non possono essere trascurati o sommersi da quelli austriaci.

Occorre in primo luogo che in Italia, analogamente a quanto si sta facendo in Austria, si costituisca un ufficio composto d'esperti e di elementi locali alto-atesini che si metta a studiare il problema della collaborazione italo-austriaca in funzione e nel quadro dell'accordo Gruber-De Gasperi. L'elaborazione di un progetto economico per i traffici tra Tirolo ed Alto Adige urge se, come mi è stato detto dal ministro Heinl, queste autorità hanno intenzione d'includere intese del genere nel prossimo accordo commerciale. Ma anche i contatti fra persone ed enti economici delle due regioni, nonché lo scambio tra enti sportivi e culturali vanno preparati ed inquadrati in modo che essi non abbiano un esclusivo carattere locale, ma siano inquadrati nella collaborazione più vasta e più fruttifera tra l'Austria e l'Italia.

l Non pubblicato.

713

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI

L. PERSONALE. Vienna, 27 gennaio 1947 (per. il 6 febbraio).

Il mio telegramma n. 43 ed il rapporto odierno n. 973/138 1 hanno lo scopo di richiamare la tua attenzione e quella del segretario generale e poi, se tu lo credi, del presidente e di Innocenti sulla situazione in Alto Adige e sulla azione austriaca a Londra per metterei, come si suoi dire, colle spalle al muro.

Si cominciano a vedere i frutti del cosidetto accordo concluso in buona fede (ripetuto sette volte!). Io fui contrario alla sua conclusione in quel tempo, prima ancora che l'Austria avesse una sua personalità internazionale. Il modo in cui è stato redatto, lasciando in sospeso ogni problema ed ogni discussione, anzi col preciso desiderio di non affrontarle, pur di arrivare ad una firma (e relativa strombazzatura), è stato veramente peccaminoso.

A me sembra che valga la pena di affrontare subito il problema. Da parte mia ho già detto a Gruber ed al suo braccio destro Schoener, che si sprofondino in assicurazioni di buona volontà, che di questo non dubitavo, ma che avevo la netta impressione che in Tirolo, d'accordo con certi elementi di Bolzano, si voleva sopra avanzare l'Italia in tutti i campi. Io intendevo una collaborazione intesa a costituire un vero e proprio terreno di lavoro pacifico nell'interesse dei due Paesi, non una attività unilaterale, ad esclusivo vantaggio del Tirolo, come constatavo dall'azione di elementi locali da un lato e nella competenza allargata dell' «Aussenstelle» dall'altro.

Ad ogni modo i miei lamenti lasciano il tempo che trovano, se in Italia non si decide a considerare il problema dell'Alto Adige in tutta la sua serietà. L'anno scorso ci siamo illusi nelle promesse alleate e per poco perdevamo ogni cosa. Se abbiamo l'Alto Adige è perché abbiamo mollato su qualche altra parte e perché da parte di questo ufficio non sono mancate le segnalazioni in proposito. Comunque è chiaro che, a Londra specialmente, si desidera mantenere aperta la questione per mettere il naso nelle nostre cose al momento opportuno.

Adesso, forse per tante altre cose che abbiamo nella testa, lasciamo andare l'Alto Adige alla deriva, alla mercé dei tirol esi, complici, a mio avviso, la prefettura di Bolzano e le autorità del Brennero che lasciano fare e rilasciano permessi a chiunque. È opportuno che anche da parte nostra si prenda la cosa sul serio, si prenda l'iniziativa di fare qualcosa di concreto e di opporre proposte a proposte, attività ad attività, facendo ricordare all'Austria che l'Alto Adige non può essere campo d'azione soltanto per lei.

Avevo pregato Innocenti di raccogliere e mandarmi tutto l'insieme di disposizioni e circolari che avevano modificato lo stato delle cose in Alto Adige a pro delle minoranze allogene. Nei miei colloqui con Gruber io sono sempre partito alla offensiva, dicendo che da parte nostra l'accordo De Gasperi-Gruber viene eseguito, come appunto lo dimostrano le varie disposizioni adottate dalle autorità ancora prima dello stesso accordo, la presentazione dei progetti per il traffico ferroviario, il desiderio di

l Vedi DD. 705 e 712.

816 discutere le altre questioni. Tutto questo al fine di non dare a Gruber il modo di lamentarsi. Gruber pur riconoscendo le mie ragioni non ha però fretta di arrivare ad una conclusione. A lui importa di sancire a Londra il principio della garanzia internazionale, per poi partire a sua volta alla offensiva in tutti i sensi e nel modo che egli ha già predisposto. Da parte nostra quindi dovremmo, a mio parere, stringere i tempi, facendo presente anche alle Potenze alleate che da parte nostra l'esecuzione dell'accordo è già avanzata e che solo da parte austriaca di trovano ostacoli e ritardi. A mio avviso (e concordo con quanto già Gaja aveva fatto presente con suo telegramma per corriere n. 028 del 22 ottobre 1946)1 dovremmo mettere gli Alleati davanti al fatto compiuto di qualche accordo previsto dall'intesa De Gasperi-Gruber per impedire di essere trascinati a qualche maggiore e più decisiva concessione, qualora Gru ber riuscisse a spuntare l'inclusione dell'intesa predetta nel trattato per l'Austria.

Scrivimi il tuo parere e dimmi se concordi col mio punto di vista.

714

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. 1354/44. Roma, 28 gennaio 1947, ore 15.

Suo 79 2•

A nostro avviso trattato pace Austria non dovrebbe contenere alcuna clausola relativa Alto Adige. Infatti questione autonomia ecc. è già stata regolata da accordo itala-austriaco di Parigi, e dal punto di vista territoriale questione appare regolata da clausola (che risulta verrà inserita nel trattato) che stabilisce frontiere 1937. Non vedo quindi opportunità ritornare comunque sull'argomento, a meno che non si intenda meglio ribadire riconoscimento confine Brennero. Pregasi seguire questione e riferire 3 .

715

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A N AN CHINO, FENOALTEA

T. 1357/13. Roma, 28 gennaio 1947, ore 17.

Sono in corso trattative con questa ambasciata Cina per stabilire indennizzo che Governo italiano dovrà versare per danni guerra sofferti da cinesi in Italia. Considerazioni ordine politico inducono Governo italiano accogliere richiesta cinese anche e soprattutto allo scopo liberare nostri beni costì da ogni possibilità eventuali

I Vedi D. 432. 2 Vedi D. 701. 3 Vedi D. 728.

confische. Nostro accoglimento richiesta predetta dovrà però comportare dichiarazione che Governo cinese non avrà più nulla da reclamare neanche in forza articoli 78 e 79 trattato pace.

Fra beni costì che intendiamo liberare da qualsiasi vincolo sono da comprendere oltre sedi consolari Tientsin, Shanghai e Hankow, anche ambasciata Pechino e due clubs italiani.

Le proprietà immobiliari della Marina (caserme, baracche, stazioni radio) e le due cannoniere «Lepanto» e «Carlotto» non dovrebbero, secondo nostro punto di vista, essere considerate come preda bellica, perché non sembra possano considerarsi preda bellica beni appartenenti ad uno Stato divenuto cobelligerante, tanto più quando tali beni non sono venuti in possesso cinesi nel periodo anteriore alla cobelligeranza. Le priorità della Marina di cui trattasi potrebbero invece essere in parte cedute come indennizzi che Governo cinese reclama in valuta.

Allo scopo avere precisi elementi giudizio per trattative in corso, prego la S.V. telegrafare se e quali di dette proprietà demaniali sianc attualmente occupate dai cinesi e quali dagli americani, e se occupazione abbia per i cinesi carattere definitivo

o se essi si attendono che questione debba essere oggetto di ulteriori accordi da parte dei due Governi.

716

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1115/88. Londra, 28 gennaio 1947, ore 18 (per. ore 7,30 del 29 ).

Telegramma ministeriale n. 41 1 .

Ho inviato iersera al segretario generale del Consiglio mm1stri esteri, per distribuzione ai quattro supplenti, la nota di cui al telegramma sopracitato, accompagnata da traduzione inglese.

Oggi ne ho personalmente consegnato copia a Sargent illustrandone i motivi che egli ha nuovamente dichiarato di comprendere perfettamente.

717

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1133/90. Londra, 28 gennaio 1947, ore 20 (per. ore 8 del 29).

Ho oggi intrattenuto Sargent sul contenuto di cui al telegramma circolare 12532 . Egli si è reso perfettamente conto motivi e, pur ritenendo impossibile una

l Vedi D. 698, nota 3. 2 Vedi D. 697.

dichiarazione unilaterale inglese e sommamente difficile una dichiarazione collettiva dei Quattro che apra una porta alla revisione del trattato prima della sua firma, non ha escluso studiare possibilità trovare per aitra via una formula. Ho chiesto vedere Bevin non appena, avendo studiato la questione con Sargent, sarà in grado dirmi il suo preciso pensiero. A seconda dell'accoglienza che Bevin farà all'idea, mi riservo suggerirgli formule alternative, per le quali gradirei ogni eventuale maggiormente dettagliato suggerimento di codesto ministero, anche in rapporto a quanto risulterà dagli analoghi contatti con le altre capitali.

718

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI

T. 1369/22. Roma, 28 gennaio 1947, ore 20.

Intendimenti brasiliani di applicare nei confronti beni italiani il trattato di pace in maniera estremamente rigida e non conforme neppure suo spirito e lettera in quanto porrebbe nostri beni a garanzia danni apportati da tedeschi e giapponesi ci sorprendono e ci addolorano 1 . Mi riservo svolgere azione personale presso questo ambasciatore Brasile. Veda intanto V.S. fare leva su ambienti italiani specie quelli San Paolo. Siamo certi che i figli di Matarazzo, Crespi, Ugliengo, Morganti agiranno in difesa interessi loro madre patria; tanto più che complesso interessi italiani sono proprio situati in quello Stato paulista che tanta influenza ha sempre esercitato sulle decisioni del Governo federale.

719

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1194171-72. Washington, 29 gennaio 1947, ore 8,30 (per. ore 10 del 30).

Suo telegramma l 073. Miei telegrammi 58 e 60 2 .

In relazione mia comunicazione scritta circa evacuazione linea Morgan segretario di Stato, con sua nota confidenziale in data 28 corrente mi risponde quanto segue:

«Governo degli Stati Uniti ritiene che tutte le forze alleate verranno ritirate dal territorio ceduto alla Jugoslavia quando trattato di pace verrà ratificato o subito dopo, non appena potrà essere stabilita frontiera provvisoria tra Italia e Jugoslavia e tra Territorio Libero Trieste e Jugoslavia. Del pari Governo americano ritiene

I Vedi D. 686. 2 Vedi DD. 685 e 695.

che il governatore del Territorio Libero assumerà simultaneamente controllo parte Zona B inclusa in detto Territorio Libero e che per quella data ne saranno ritirate truppe jugoslave, in eccesso cinquemila uomini, che, secondo trattato, rimarranno a disposizione governatore stesso».

Per quanto concerne frase «oppure subito dopo non appena potrà essere stabilita frontiera provvisoria ecc.», Direzione generale affari politici Dipartimento di Stato ha dato verbalmente seguente interpretazione:

«Secondo nostre previsioni, dopo firma trattato di pace da parte Jugoslavia oltre Italia, autorità militari alleate procederebbero accordo tanto con quello jugoslavo (mio telegramma 58) quanto con quello italiano per ritiro graduale truppe ecc. Contemporaneamente, senza attendere deposito ratifiche del trattato da parte Quattro e Jugoslavia, autorità italiane e jugoslave, con amichevole concorso alleato, inizierebbero demarcazione provvisoria sul terreno del nuovo confine, la quale potrebbe essere ultimata prima suindicato deposito ratifiche. Analogamente competenti autorità procederebbero demarcare provvisoriamente nuova frontiera tra Territorio Libero Trieste e Jugoslavia. In sostanza Dipartimento di Stato ritiene che, ove tutto procedesse senza speciali intoppi, ritiro truppe da territorio ceduto Jugoslavia avverrebbe o giorno deposito ratifiche ovvero, qualora tutti necessan preparativi non potessero essere ultimati, poche giorni dopo».

720

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. PER CORRIERE 2189/08. Washington, 29 gennaio 1947 (per. i/15 febbraio).

Telegramma di V.S. del 28 corrente'.

In odierna conversazione al Dipartimento di Stato, ho alluso agli accenni di Gruber all'ambasciatore Carandini circa clausole relative all'Alto Adige che sarebbero incluse nel trattato coll'Austria, esprimendomi nel senso delle istruzioni inviate da codesto ministero alla nostra ambasciata a Londra e consegnando al riguardo un breve promemoria confidenziale.

L'interlocutore americano mi ha detto di essere poco al corrente della questione, assicurandomi che avrebbe fatto assumere al riguardo riservate informazioni. Riteneva logico e possibile che da parte austriaca si cercasse di ottenere, nel trattato, un riferimento all'accordo italo-austriaco di Parigi e magari che un annesso al trattato ne riportasse il testo analogamente a quanto praticato nel nostro trattato di pace. Presumeva peraltro, dati i noti precedenti, che eventuali richieste austriache in tal senso si sarebbero subito imbattute in una tenace oppos1z10ne russa.

1 Si riferisce al T. 1360/c. del 28 gennaio con il quale Fransoni ritrasmetteva alle rappresentanze a Washington, Mosca, Parigi e Vienna i DD. 701 e 714.

Egli ha quindi chiesto, a titolo personale, se intendevamo chiedere di partecipare all'elaborazione del trattato con l'Austria, analogamente a quanto avevamo già fatto nei riguardi della Germania. A parer suo il nostro interesse politico all'indipendenza dell'Austria, Stato con noi confinante, è ben più rilevante e giustificato dei nostri interessi economici in Germania, e come tale -malgrado l'art. 18 del nostro trattato di pace -sarebbe più difficile da parte di alcuni dei Quattro contestarne il fondamento.

721

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1215/52. Parigi, 30 gennaio 1947, ore 19,50 (per. ore 8 del 31).

Suo 1253/c. 1 .

Ho conferito con segretario generale Chauvel attirando sua attenzione su difficoltà che, per firma del trattato, in mancanza qualche soddisfazione Alleati circa procedura revisione, prossimo Governo italiano incontrerà presso Assemblea costituente.

Richiesto se avessi qualche suggerimento da formulare, ho risposto che, se una dichiarazione comune dei Quattro Grandi sulla possibilità e procedura revisione non potesse essere attualmente realizzabile, pensavo che una manifestazione delle disposizioni sia pure genericamente favorevoli del Governo francese avrebbe potuto aiutare in questo momento il nostro Governo.

Chauvel che si è mostrato cordialmente comprensivo questione, di cui era edotto per segnalazione di codesta ambasciata Francia, mi ha assicurato avrebbe intrattenuto subito Bidault.

Ritengo codesto ministero condividerà mio pessimismo circa possibilità nostro desiderio venga esaudito.

722

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1311/49. Vienna, 30 gennaio 1947 2 .

Secondo radiotrasmissione Roma ore 20 del 29 corrente sarebbe stato proposto a Consiglio sostituti ministri esteri Londra considerare nulli gli acquisti cittadinanza germanica derivanti dall'accordo Hitler-Mussolini. Non ho conferma in merito anche perché stampa locale non riporta ancora notizia.

l Vedi D. 697. 2 Spedito il 31 gennaio alle ore 15 e pervenuto alle ore 12 del l" febbraio.

Faccio tuttavia presente che in conversazione avuta ieri con funzionario competente di questo Ministero affari esteri sulla quale riferisco con rapporto separato 1 , mi è stato chiesto se Governo italiano riteneva considerare tuttora in vigore accordo Hitler-Mussolini. Gli ho risposto che, pur non risultandomi esservi state precise dichiarazioni in proposito da parte Governo italiano, era da ritenere che, se dal punto di vista politico accordo poteva essere considerato non più vigente, conseguenze giuridiche ed economiche sussistono tuttora, come d'altra parte risulta testo accordo De Gasperi-Gruber che prevede revisione opzioni avvenute in seguito predetto trattato.

Da quanto precede parmi dedurre che Austria tenterebbe risolvere questione revisione opzione al di fuori discussioni previste, sia eventualmente attraverso inclusione in trattato per Austria clausola in base alla quale Governo austriaco potrebbe evitare ripristinamento cittadinanza italiana occorrente per Alto Adige già optanti Germania, sia in sede discussione profughi in Austria, facendo accogliere tesi già sostenuta da questo Ministero affari esteri, secondo il quale alto-atesini sono qui considerati come displaced persons.

Mi sembra quindi opportuna nostra azione presso Alleati ed anche presso Gruber facendo presente che soluzione questione optanti al di fuori discussione prevista svuoterebbe contenuto accordo De Gasperi-Gruber il cui maggior valore consiste appunto nella soluzione di alcune questioni interessanti due Paesi attraverso mutua discussione e comprensione.

723

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

TELESPR. l 090/15 5. Vienna, 30 gennaio 1947 (per. il 3 febbraio).

Faccio seguito al mio telegramma n. 26 del 18 gennaio2 .

Il signor Schoner, incaricato presso questo Ministero degli affari esteri dello studio dei problemi connessi con la questione alto-atesina, ha preso contatto, in via privata, con questa rappresentanza per un eventuale scambio di idee circa la revisione delle opzioni effettuate nel dicembre 1939 in seguito agli accordi itala-tedeschi per l'Alto Adige.

Il signor Schoner ha innanzi tutto messo in rilievo che le idee che egli esprimeva avevano carattere prettamente personale. Egli riteneva tuttavia che la sua esposizione, cui avrebbero potuto far seguito altre conversazioni in merito, avrebbe potuto servire a chiarire e a mettere in luce i problemi relativi alla questione in oggetto permettendo che le conversazioni ufficiali, che egli sperava potessero aver luogo al ritorno del ministro Gruber da Londra eventualmente in occasione di una sua visita in Italia, si svolgessero sulla base di un progetto di carattere concreto.

I Vedi D. 723. 2 Vedi D. 672.

Il sig. Schoner ha continuato il suo dire facendo rilevare l'importanza che il Governo austriaco attribuisce, fra tutte le questioni connesse con il problema altoatesino, alla questione del rimpatrio degli optanti e mi ha chiesto se, in merito, il Governo italiano ritenga tuttora validi i cosiddetti accordi Mussolini-Hitler del 1939. Gli ho risposto colle considerazioni contenute nel mio telegramma n. 49 in data odierna1• Riprendendo ad esporre il punto di vista del Ballhaus in merito al problema della revisione delle opzioni, particolarmente nei confronti delle varie categorie di optanti, il mio interlocutore ha dichiarato che il Governo di Vienna riconoscerebbe, per quanto riguarda la revisione delle opzioni nei confronti degli altoatesini rimasti nella provincia di Bolzano, che essa è questione interna e di esclusiva competenza del Governo italiano. È invece precipuo interesse austriaco il rinvio in Italia di quegli optanti che, dopo essere emigrati, hanno fissato il loro domicilio nel territorio di questo Stato. Essi costituirebbero d'altra parte la maggioranza della massa degli emigrati, dato che al di fuori dell'Austria, e cioè in territorio tedesco, non si troverebbero attualmente, secondo i dati in possesso del Governo austriaco, più di dieci o dodicimila altoatesini. Il Governo austriaco ritiene di essere legittimamente interessato alla sorte della massa di altoatesini residente attualmente in Austria, massa che, con probabile esagerazione, il signor Schoner calcolava a circa 40 mila individui. Per quanto tali altoatesini abbiano in Austria un trattamento particolare e siano parificati praticamente ai nazionali, pure il Governo austriaco ritiene che giuridicamente essi debbano essere considerati profughi (displaced persons) e sarebbe lieto di vederli rinviati con urgenza ai loro paesi di origine.

Il signor Schoner ha insistito in particolare sulla necessità di far si che la procedura di revisione adottata, qualunque essa sia, consenta il rimpatrio della massa degli emigrati in un tempo relativamente breve (egli ha parlato al riguardo di qualche mese). Circa il tipo di procedura da seguire il signor Schoner ha detto che questo Ministero degli affari esteri darebbe un particolare valore ad uno scambio di idee con questa rappresentanza al riguardo.

Il punto di vista austriaco sarebbe che le opzioni non devono essere rivedute attaverso un procedimento individuale ma che l'ingresso in Alto Adige dovrebbe essere consentito a intere categorie di persone, riservandosi soltanto, per alcune di esse, di impedire loro o di esaminare individualmente l'opportunità del rimpatrio. Ho fatto rilevare al sig. Schoner che una simile procedura mi sembrava inapplicabile non soltanto per motivi connessi con il nostro diritto pubblico, ma anche perché non si sarebbe potuto consentire l'ingresso in Italia dei rimpatrianti altoatesini se non in base ad attestazioni individuali rilasciate dai competenti Uffici all'estero; altrimenti in occasione di tale rimpatrio sarebbero potuti entrare in Italia, senza alcun nostro controllo, quantità imprecisate di stranieri indesiderabili.

Il signor Schoner ha allora aggiunto che l'Ufficio Siidtirol di Innsbruck, attualmente assorbito dalla cosiddetta Aussenstelle di questa Cancelleria federale, avrebbe già raccolto una amplissima documentazione al riguardo con un carteggio individuale per ciascuno degli optanti. Gli ho fatto notare che tale carteggio poteva riuscire oltremodo utile anche alle nostre autorità, ma che non si poteva prescindere, evidentemente, dalla necessità di una domanda che i singoli individui avrebbero

I Vedi D. 722.

potuto indirizzare ai competenti Uffici italiani all'estero, anche perché alcuni degli optanti potevano preferire mantenere la loro cittadinanza attuale o, comunque, non desiderare il riacquisto della cittadinanza italiana.

Il signor Schoner ha poi accennato alla necessità di uno studio e di un esame dei rapporti finanziari connessi colle opzioni ed ha accennato ad un credito di 190 milioni di lire che da parte tedesca si sarebbe avuto nei confronti dell'Italia appunto in seguito alla liquidazione di beni altoatesini connessi con l'espatrio degli optanti e che ora, da parte austriaca, si intenderebbe far valere a favore dei rimpatrianti. Ho risposto che, proprio a questo problema della revisione delle opzioni, anche noi davamo la massima importanza, dato che ad esso andava connessa la regolarizzazione della situazione demografica dell'Alto Adige e la possibilità di applicare, attraverso delle votazioni, un sistema di governo autonomo e democratico della regione e che a tale fine era stato già elaborato da parte italiana nel progetto del consigliere di Stato Innocenti, progetto che aveva avuto a suo tempo l'assenso dei rappresentanti dei partiti politici altoatesini.

Il signor Schoner mi ha ripetuto allora che, secondo le notizie pervenute a questo Ministero degli affari esteri, i rappresentanti delle popolazioni interessate avrebbero modificato il loro avviso in seguito a stipulazioni dell'accordo italo-austriaco del settembre scorso e che pertanto il Governo federale non avrebbe potuto prendere ufficialmente, come base di conversazione, il progetto stesso che al massimo avrebbe potuto essere considerato in via confidenziale come punto di partenza per ulteriori discussioni.

Attiro l'attenzione di codesto ministero sulle dichiarazioni del signor Schoner circa la tesi austriaca secondo la quale gli optanti altoatesini dovrebbero essere considerati «displaced persons» dichiarazioni secondo le quali il loro rimpatrio dovrebbe avvenire, a giudizio austriaco, non individualmente ma per categoria. È chiaro che le due questioni sono, nel pensiero degli uffici del Ballhaus, strettamente connesse ed è chiaro che da parte austriaca si cerca di approfittare al riguardo anche delle stipulazioni del trattato per l'Austria relative al rimpatrio dei profughi che si trovano attualmente in questo territorio. In ogni modo è certo che attraverso la registrazione degli altoatesini, effettuata prima dall'ufficio per il Tirolo meridionale ed attualmente dali'Aussenstelle di Innsbruck, il Governo austriaco cerca di prendere in mano esso stesso la questione del rimpatrio degli altoatesini cercando di presentarci la questione del rientro in Italia degli optanti nel suo complesso e di sottrarla alla valutazione individuale di enti italiani.

Mi sono limitato nella mia conversazione a prendere atto delle dichiarazioni del sig. Schoner il quale mi ha dichiarato di essere lieto di rivedermi fra qualche gwrno.

Sarei grato a codesto ministero se volesse comunicarmi se mi si voglia autorizzare a proseguire questo scambio di vedute a titolo non ufficiale con i competenti funzionari austriaci e se mi si volesse inviare, in caso affermativo l'opportuno materiale documentario nonché le necessarie istruzioni.

Circa l'eventuale procedura di lavoro, è stata prospettata con il sig. Schoner la possibilità di prendere per base di conversazione il progetto di revisione delle opzioni redatto dal Consigliere di Stato Innocenti, accertando, articolo per articolo, se esista identità fra il punto di vista italiano, quale è espresso nel progetto stesso, e le vedute del Governo austriaco.

Mi è sembrato conveniente il far riferimento a tale testo perché mentre, da un lato, ritengo che esso costituisca l'espressione più recente ed ufficiale del nostro punto di vista in merito al problema in discussione, mi sembra che converrebbe da parte nostra fare riferimento ad un progetto che ha trovato in un certo momento l'approvazione dei rappresentanti delle minoranze altoatesine.

Un argomento su cui mi sembrerebbe opportuno, inoltre, che fosse preparato da parte nostra il più largo materiale documentario, anche in relazione alle probabili richieste austriache quali traspaiono dalle dichiarazioni del sig. Schoner, sono le questioni economico-finanziarie connesse con gli accordi del 1939. Anche a questo riguardo sarei vivamente grato a codesto ministero se volesse cortesemente farmi pervenire, per mia opportuna informazione, i dati in possesso dell'amministrazione centrale su tali problemi.

Mi permetto di esprimere il parere che uno scambio di vedute a carattere non ufficiale e non impegnativo fra questa rappresentanza e questo Ministero degli affari esteri in merito ai problemi sopra ricordati possa essere quanto mai utile al fine di conoscere fin d'ora il punto di vista di questo Governo sui problemi stessi ed allo scopo di evitare che al momento di eventuali conversazioni con l'Austria ci si trovi nella necessità di stendere, sopra argomenti la cui complessità è evidente, dei progetti affrettati, quando gli interessi italiani connessi colle questioni in parola richiedono la più accurata e documentata preparazione.

724

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. 182/52. Mosca, 30 gennaio 1947 (per. il 10 febbraio).

Ritengo mio dovere ritornare sull'argomento sul quale ho già telegrafato allaS.V. 1•

Quando noi parliamo di revisionismo, noi parliamo sì di tutto il trattato di pace, ma -e l'atteggiamento sia del Governo che dell'opinione pubblica italiana è tale da lasciare pochi dubbi in proposito -è soprattutto di revisionismo territoriale che noi vogliamo parlare. Ora non sarebbe possibile pensare ad una politica italiana più diametralmente opposta alla politica russa che il revisionismo. Si potrebbe far digerire ai russi anche un patto occidentale, ma non una politica di revisionismo.

Non si può dire che la Russia non si sia trattata generosamente in materia di acquisizioni territoriali. Ha preso territori alla Finlandia, alla Germania, alla Polonia, alla Romania ed alla Cecoslovacchia: in alcuni casi, come nel caso della Cecoslovacchia, le sue richieste erano etnicamente giustificate, nel caso della Polonia

I Vedi D. 710.

lo sono in buona parte: con tutta la buona volontà sarebbe difficile trovare delle giustificazioni, oltre che il diritto del vincitore, per le altre sue acquisizioni: tutta la sua politica nei riguardi della Polonia centra sull'acquisizione, da parte della Polonia, di territori, a spese della Germania su cui la Polonia poteva vantare solo dei diritti storici, diciamolo pure, un po' antiquati.

Ora i russi non si contentano di portar via ai loro vicini dei territori a cui possono avere più o meno diritto, non si contentano nemmeno che gli altri se li lascino portar via, ma vogliono che tutti questi Paesi siano convinti che la Russia ha avuto perfettamente ragione di prenderseli: nel caso cecoslovacco hanno perfino preteso dai cecoslovacchi che essi li ringraziassero per avere acconsentito a riprendersi la Rutenia subcarpatica.

Quando i russi vogliono, in tutti i Paesi limitrofi, un governo piuttosto che un altro, si lasciano guidare fino ad un certo punto da considerazioni di carattere ideologico, ma soprattutto vogliono dalla gente che non solo siano convinti personalmente che l'amputazione territoriale è un fatto che va accettato di buon animo, ma che siano disposti a convincere, e se necessario a reprimere, chi non condivide questo punto di vista. Quando i russi parlano di denazificazione della Germania, intendono con questo, senza dubbio, certe riforme profonde della struttura economica e sociale della Germania, ma soprattutto vanno alla ricerca di gente che sia decisa a non parlare più delle province orientali cedute non volontariamente alla Polonia, e a non lasciare che altri ne parli.

Ora questo punto è uno dei punti più deboli di tutto il sistema sov1et1co nell'Europa centrale ed orientale. Io non sono affatto convinto che i signori Bierut e Groza siano in cuor loro veramente persuasi che la Russia, portando via ai loro rispettivi Paesi quello che essa ha loro portato via, abbia fatto una cosa giusta: ma è certo che i loro popoli non ne sono persuasi e non si sono affatto rassegnati.

Cosa la Russia vuole da noi, singolarmente e collettivamente, per dimostrare che noi non siamo più fascisti? Vuole che noi riconosciamo che la Jugoslavia aveva perfettamente ragione a prendersi i territori che si era già presa o sta per prendersi, e che anzi la troviamo generosa per non aver chiesto e preso di più: vuole che noi non ci pensiamo più, che accettiamo come definitiva la frontiera che sarà stabilita fra noi e la Jugoslavia. È questo un punto che bisogna che noi ci mettiamo bene in testa: noi, partiti, persone, uomini politici, possiamo avere in materia di politica economica e sociale le idee più avanzate di questa terra, ma se non accettiamo la nuova nostra frontiera colla Jugoslavia come giusta e definitiva, per i russi siamo dei fascisti.

Questo, ripeto, è uno dei punti cardinali della politica russa: quello che è fatto è fatto ed è definitivo: tutta la sistemazione che essa intende dare alla sua zona è basata sull'assioma che le frontiere attuali sono giuste e definitive. Se noi ci mettiamo sulla via del revisionismo, noi abbiamo rotto definitivamente con la Russia: qualsiasi possibilità di collaborazione colla Russia nel campo politico anche modesta, cessa di esistere. Cosa significa infatti una nostra politica revisionista? Che i rappresentanti italiani all'O.N.U. o a qualsiasi altro consesso internazionale approfitteranno di ogni occasione per chiedere la revisione: questa nostra campagna revisionista risveglierà degli echi profondi in tutti i Paesi a cui la Russia avrà preso qualche cosa -e sono molti -: agirà cioè in senso contrario a tutto quello che la Russia stessa, od i Governi suoi amici, faranno per indurre l'opinione pubblica a rassegnarsi al fatto compiuto. La nostra politica revisionista sarà un continuo elemento di disturbo contro quella stabilizzazione della sua zona che è uno degli scopi principali della politica russa in Europa. Ce la troveremo dunque contro in ogni occasione, ed essa non lascerà nulla di intentato, all'interno come all'esterno, per obbligarci a rinunciarci.

Questo per la parte territoriale: per la parte economica la situazione non è molto diversa: per la Russia la parte economica del trattato sono le riparazioni: in sé le riparazioni italiane, per la Russia, sono poca cosa: ma se si sommano insieme le riparazioni italiane, ungheresi, finlandesi e rumene, arriviamo in complesso ad un miliardo di dollari, ad una somma cioè che per una economia che lavora sempre al margine esterno delle sue risorse non è affatto indifferente. Ma, siamo giusti, per gravoso che sia il peso delle nostre riparazioni complessive, è indiscutibile che 300 milioni di dollari sono un peso ben più grave per la Romania, l'Ungheria e la Finlandia, che non 350 milioni per l'Italia: queste riparazioni non sono state accettate con entusiasmo da nessuno dei Paesi vinti: non sono nemmeno esse, certo, che contribuiscono a rendere la Russia popolare presso i suoi vicini. La nostra agitazione per una loro revisione sarà anche loro agitazione: anche qui il nostro revisionismo va direttamente od indirettamente contro ad un interesse primordiale della Russia.

L'unico settore del trattato contro la cui revisione i russi potrebbero, entro certi limiti, non avere nulla di contro è la parte militare: ma anche qui, a condizione che il nostro revisionismo sia ben limitato a questa parte sola: siccome questo è difficile se non impossibile, anche qui avremo la Russia contro: la logica russa la conosciamo: l'Italia vuole armarsi perché vuole essere in grado di intraprendere nuove aggressioni contro i suoi vicini slavi per togliere loro il territorio a cui essi hanno diritto: che resti quindi disarmata.

Concludendo, dunque, occorre dire che non solo non possiamo contare sull'appoggio russo ad una politica di revisione del trattato di pace, ma che vi avremo la Russia nettamente contraria: e, dato che la revisione dovrebbe aver luogo attraverso l'O.N.U., questo vuoi dire che dovremo sempre contare -anche qualora gli altri vi fossero favorevoli, cosa di cui mi permetto di dubitare -sul veto russo, che è in grado di mandare a vuoto le migliori intenzioni.

Questo per quello che concerne le nostre relazioni future con la Russia: ma io ho i più gravi dubbi circa le conseguenze di un atteggiamento revisionista per gli sviluppi della nostra politica, sia estera che interna. V.S. ha citato l'esempio dell'Ungheria: ed è precisamente questo esempio che mi spaventa.

Analizziamo un poco il trattato: incameramento dei beni italiani all'estero, restituzioni, claims, son tutte cose che vanno in esecuzione più o meno immediatamente: possiamo sperare di arrivare ad una sistemazione più o meno favorevole di tutto questo pesante fardello: ma comunque, entro un paio d'anni, al massimo, dalla firma del trattato si tratterà di tutto un complesso di questioni che saranno state liquidate, una volta per tutte e non ci sarà più questione di rivederle.

Riparazioni: il pagamento dovrebbe cominciare fra un paio d'anni: se entro un paio d'anni la nostra situazione economica e finanziaria sarà relativamente in ordine noi le riparazioni le pagheremo solo in parte: se invece la nostra situazione economica sarà ancora caotica le pagheremo (la mia affermazione può sembrare paradossale eppure è così); come che sia una riduzione, ossia revisione, almeno parziale delle riparazioni è nell'ordine naturale delle cose: nessuno ce la può promettere oggi così come nessuno praticamente ce la potrà negare domani: ma meno ne parliamo meglio è.

La parte militare è la più complessa: è connessa anche essa, in buona parte, colla nostra situazione economica: oggi, per esempio, non potremo nemmeno permetterei di mantenere le modestissime forze che ci permette il trattato: il giorno in cui le nostre finanze sono a posto si vedrà: il nostro riarmo, segreto o palese che sia, dipende più che altro dallo sviluppo delle circostanze politiche: poi oggi colle necessità della guerra moderna non sono tanto le divisioni in piede di pace che contano quanto l'attrezzatura scientifica e industriale del Paese: in questo campo il trattato non ci dà molta noia: comunque anche qui il miglior sistema di rivedere il trattato sarà fare e non parlare.

Quindi, quando noi parliamo di revisione, è in molti soprattutto di revisione territoriale che noi parliamo, ed in particolare della revisione della nostra frontiera con la Jugoslavia. Ora su questo punto è bene non farci delle illusioni: una volta che la frontiera è stata fissata sul terreno, la revisione della frontiera non la si può fare che con la guerra. Aspettarsi che domani la Jugoslavia, per cambiamenti profondi nella struttura economica, politica e sociale suoi o dell'Italia si metta, di sua buona volontà, a ridarei una parte delle terre che le sono state assegnate, è non avere la minima idea di come sono fatti gli jugoslavi, siano essi di destra o di sinistra. Pensare che noi un giorno, quali che siano le simpatie e le buone disposizioni dei singoli Stati, e anche dell'opinione pubblica mondiale nei nostri riguardi, possiamo avere una decisione unanime o quasi dell'O.N.U. a nostro favore, è parimenti farsi delle illusioni: il complesso dei trattati che avrà messo fine a questa guerra, come quelli della precedente, non avrà commesso solo ingiustizie a nostro riguardo e non lascerà scontenti noi soli: se si stabilisce un precedente a nostro favore, si riaprono potenzialmente tutte le questioni: ed avremo contro di noi il fronte unico di tutti quelli che hanno interesse a mantenere lo statu quo, che sono poi la grande maggioranza. Bisognerebbe vedere nel mondo il trionfo del buon senso, della ragione: tutti ci speriamo, ma i segni che si vedono sono piuttosto del contrario.

Se noi guardiamo come siamo arrivati alla dichiarazione di guerra colla Germania, ed all'8 settembre 1943 con quello che ha seguito, cosa vediamo? non una politica definita, ma lo slittamento su di un piano inclinato. Abbiamo cominciato coll'Italia frodata della vittoria, questo ci ha portato, attraverso d'Annunzio e M ilio, al fascismo, e, attraverso il fascismo, alla disfatta.

La politica di chiedere, prima ancora della firma del trattato la sua revisione può sembrare, oggi, un felice compromesso fra una opinione pubblica che, in molti suoi settori almeno, non vuole accettare il trattato, così come è, e la direzione politica del Paese che vede, e giustamente, i rischi e le difficoltà connesse con la non firma ed esita. Ma con una opinione pubblica nervosa ed esaltata come è quella italiana di oggi, questo compromesso che oggi può sembrare felice, è destinato a diventare domani disastroso. La revisione non verrà, l'inasprimento dell'opinione pubblica italiana sarà sempre più forte: le conseguenze non sono che troppo prevedibili: siamo di nuovo su di un piano inclinato che ci conduce fatalmente alla guerra e peggio ancora, ad una guerra in cui abbiamo già scelto, di fatto, la parte con cui faremo la guerra.

Nulla è eterno a questo mondo: la revisione quindi è sempre nella natura delle cose: ma se non si vuole che la revisione diventi una forza disgregatrice del nostro Paese bisogna per lo meno adottare la formula di Gambetta: «Pensons y toujours mais n'en parlons jamais». Se noi riteniamo che il trattato di pace non è accettabile in sé, o che l'opinione pubblica italiana non Io accetta, meglio allora senz'altro rifiutare la firma: se noi sapremo mettere dei limiti ragionevoli alle nostre richieste, se avremo la forza d'animo d'aspettare il tempo necessario, e di sopportare gli inconvenienti, piccoli e grandi che siano, del non firmare, possiamo ottenere delle modificazioni, anche alla sezione territoriale. Ma per carità non perdiamo di vista dove ci porterebbe una richiesta di revisione che ci potrà anche essere promessa da qualcuno ma che non ci sarà mai concessa.

Se vogliamo fare un paragone colla guerra passata, ricordiamoci appunto che dei vinti d'allora, Germania, Bulgaria e Ungheria -e in un certo senso anche l'Italia sebbene vincitrice -hanno firmato e si sono messi sulla via della revisione: questa via li ha condotti tutti e quattro al disastro di oggi. Uno solo dei vinti, la Turchia, ha rifiutato la firma, ne ha sopportate le conseguenze ha mantenuto le sue richieste entro limiti ragionevoli, ed ha evitato un'altro disastro.

725

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 1594/c. Roma, 31 gennaio 1947, ore 14.

Per sua notlZla la informo che in data 23 gennaio Governo jugoslavo ha comunicato aver deciso istituire rappresentanza politica presso Governo italiano. Governo italiano, pertanto, provvederà da parte sua a designare quanto prima proprio rappresentante politico presso Governo jugoslavo.

726

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 1600/64. Roma, 31 gennaio 1947, ore 15,30.

Giovanni Dalma, inviato costà dal Comitato giuliano per opera propaganda, ha riferito che A. Berle, già sottosegretario di Stato con Roosevelt, ha dichiarato intendere insieme ad altre importanti personalità iniziare energica azione contro ratifica trattato italiano per lo meno per dilazione fino a conclusione trattati con Austria e Germania. Senatore repubblicano Albert Hawkes ha promesso agire nello stesso senso.

Pregola ad ogni utile fine esprimere suo parere in merito a tale movimento, sua portata e possibilità sviluppi 1•

727

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1360/19. Nanchino, 31 gennaio 1947, ore 20,35 (per. ore 7,30 del 2 febbraio).

Viene ufficialmente annunziata chiusura e evacuazione comandi militari americani in Cina a suo tempo stabiliti in relazione politica mediazione. Delle residue forze militari americane Cina fonti americane non ufficiali annunciano prossima graduale evacuazione; rimangono istruttori per accademia navale e rimane naturalmente personale basi aeree americane. Provvedimento oggi annunciato conferma previsto spostamento politico americano Cina da mediazione fra Nanchino e Yenan, ormai ufficialmente abbandonata, ad appoggio Governo Nanchino accompagnato da forte pressione per riforma senso democratico, e prepara terreno possibili conversazioni Mosca per problema Manciuria. Riferiscomi miei rapporti 20/5 e 40/13 2•

728

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1286/102. Londra, 31 gennaio 1947, ore 20,40 (per. ore 8 del ] 0 febbraio).

A telegramma di V.E. 443 .

A quanto assicura supplente inglese, proposte britanniche per trattato di pace con Austria non contengono alcun riferimento questione Alto Adige. Progetto americano invece contemplerebbe inclusione clausola analoga a seconda parte articolo l O nostro trattato con la quale si prende atto delle intese itala-austriache. Da parte inglese non si vedono motivi per opporsi alla proposta americana che non modifica in alcun modo i termini della questione alto-atesina.

Per parte mia mi permetto non condividere preoccupazioni di codesto ministero poiché considero che, se l'articolo lO nel nostro trattato rappresenta per noi vincolo

1 Per la risposta vedi D. 732. 2 Non pubblicati. 3 Vedi D. 714.

a garantire autonomia Alto Adige, eventuale analogo accenno nel trattato austriaco rappresenterebbe se mai un rafforzamento della garanzia di una rinunzia austriaca a qualsiasi rivendicazione territoriale, anche se la rinunzia già è contenuta nella clausola che riconferma le frontiere 1937.

729

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1287/103. Londra, 31 gennaio 1947, ore 20,40 (per. ore 8 del l o febbraio).

Mentre stampa annuncia stamane che supplenti avrebbero deciso rimettere ai quattro ministri esteri questione nostra partecipazione preparazione trattato di pace con la Germania 1 , mi risulta che delegato francese si sarebbe limitato porre discussione opportunità o meno rispondere a nostra richiesta. Sarebbe stato deciso affermativamente e testo dovrebbe essere compilato inizio settimana prossima.

Vedrò domani Couve e riservomi tornare in argomento.

730

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

R. 198/60. Mosca, 31 gennaio 1947 (per. il IO febbraio).

Lo scambio di lettere Bevin-Stalin è stato al centro dell'attenzione del mondo politico di Mosca: voglio tentare di inquadrarlo in quanto possibile nella politica generale russa.

Riassumo i precedenti. Il 22 dicembre 1946, Bevin in un suo discorso, rispondendo agli attacchi di una sezione del suo partito per una politica di troppa intimità cogli Stati Uniti e di troppo poco contatto con la Russia, aveva detto: «La mia prima risposta a queste accuse è che la Gran Bretagna si sforza di considerare ogni problema secondo il suo merito. Essa non si considera legata da nulla, tranne che dai suoi impegni derivanti dallo Statuto (delle Nazioni Unite) ed io ritengo che quanto ho detto circa la nostra politica mostra che noi abbiamo un pensiero indipendente e i nostri scopi» (traduco come è stato riportato dai giornali russi). In data 15 gennaio, la Pravda rispondeva a questo discorso con un articolo abbastanza serrato, in cui ricapitolando gli argomenti dell'opposizione laburista e rife

l Vedi D. 707.

831 rendosi alle relazioni anglo-americane, come esse sono viste da Mosca, interpretava la dichiarazione di Bevin, -che la Gran Bretagna non aveva altri impegni che quelli dello statuto delle Nazioni Unite-, come un rinnego, da parte inglese, del trattato di alleanza anglo-russo del 26 maggio 1942.

Il 18 gennaio Bevin accompagnava in una lettera personale a Stalin una dichiarazione che il Governo britannico si proponeva di fare (e che in realtà ha fatto il 23 gennaio) per affermare che detto Governo si considerava come legato dal trattato di alleanza anglo-russo. A questa lettera rispondeva Stalin in data 22 gennaio dichiarandosi soddisfatto delle dichiarazioni di Bevin, e, riaffermando il suo punto di vista che l'U.R.S.S. «ha degli impegni verso la Gran Bretagna al di fuori degli impegni derivanti dallo statuto delle Nazioni Unite», si dichiarava felice di vedere che tale era anche l'opinione di Bevin e considerava l'equivoco come chiarito. Circa un possibile prolungamento del trattato -che è in vigore fino al 1962 -si dichiarava pronto a farlo, ma prima era necessario eliminare dal trattato alcune riserve che lo indebolivano.

L'impressione generale è stata che la Russia ha voluto approfittare di questa occasione per obbligare l'Inghilterra a riconoscere solennemente che essa è alleata dell'Unione Sovietica. Impressione secondo me esatta: a parte che qui tutta la stampa è strettamente controllata, il fatto che l'articolo della Pravda sia uscito a così grande distanza dal discorso, basterebbe, da solo, a dimostrare che non si tratta di una delle solite reazioni russe a discorsi o ad articoli pronunciati all'estero, ma una mossa voluta e accuratamente studiata. Si noti che esso è apparso a breve distanza dalla visita di Montgomery a Mosca, visita che, anche se a quanto sembra priva di qualsiasi risultato concreto, è stata qui interpretata come una «avance» britannica. La fretta di Bevin a chiarire l'incidente, la forma stessa da lui scelta per questo chiarimento, hanno senza dubbio data l'impressione ai russi che l'attacco ha portato risultati. Contemporaneamente alla pubblicazione della corrispondenza Bevin-Stalin, la stampa sovietica pubblicava che Stalin aveva rifiutato lo scambio di ufficiali fra Russia e Gran Bretagna «per non dare l'impressione che si ritenesse la guerra vicina». Il che, in vista degli accordi militari anglo-americani, era una bella pietra nel giardino inglese. Ma è questa solenne riconferma del trattato scopo a se stessa? Ne dubito.

Una cosa mi ha colpito al mio ritorno a Mosca: non passa giorno, si può dire, in cui la stampa sovietica non pubblichi un articolo per dimostrare come in questa o quella parte del mondo gli interessi britannici sono sacrificati agli interessi americani, o piuttosto, alla politica di Bevin di accordo cogli Stati Uniti ad ogni costo. In sé non è un motivo nuovo: ma mentre i precedenti articoli avevano precipuamente per scopo di mostrare all'opinione pubblica sovietica i contrasti interni del mondo capitalistico, oggi il tono è diverso: sono articoli diretti all'opinione pubblica inglese per aprirle gli occhi. Vedete, il vostro Bevin vi lega ogni giorno di più al carro americano: l'America invece fa tutto il possibile per accelerare la liquidazione dell'Impero britannico: non sarebbe più intelligente per voi fare una politica più indipendente -leggi appoggiarsi all'U.R.S.S.?

Qui la manovra è fin troppo chiara: i russi sanno che esiste in Inghilterra una opposizione alla politica di Bevin, una opposizione in certo senso anti-americana, composta -secondo i russi -di quella parte del partito laburista che fa capo a Zilliacus ma anche di alcuni elementi di estrema destra: i russi vogliono vedere se e fino a che punto si può contare su questa opposizione, rinforzarla e servirsene contro Bevin, per provocarne la caduta. Non bisogna dimenticare che per l'U.R.S.S., oggi, Bevin è il nemico numero uno.

Che questa opposizione esista non c'è dubbio, quale sia la sua forza e quali le sue possibilità di sviluppo non lo so: quello che è certo è che qui ci si crede e ci si conta. Può essere che si tratti di una di quelle impuntature care ai regimi totalitari che hanno sempre una certa tendenza ad esagerare l'importanza di tutti i movimenti che fanno loro comodo. Comunque in questo bisognerebbe sentire cosa ne pensa la nostra ambasciata a Londra.

Non c'è dubbio per me che l'articolo della Pravda è connesso con questa manovra: non lo dicono ma lo fanno dire alla stampa straniera: «l'articolo della Pravda era la vera interpretazione del pensiero di Bevin, ma lo abbiamo obbligato a rimangiarselo». E ci credono.

Ma, secondo me, oltre a queste viste più lontane la mossa sovietica persegue uno scopo più realistico e più vicino: essa è stata predisposta in funzione della prossima Conferenza di Mosca. È fin troppo evidente che i russi sono preoccupati per i risultati di questa Conferenza: c'è un distinto nervosismo per l'aria. Quello che soprattutto preoccupa i russi è la fusione economica delle zone anglo-americane.

Mi riservo di riferire più a lungo sulla questione tedesca. A fine di questo rapporto basti dire che i russi vogliono la denazificazione della Germania, e per denazificazione essi intendono riforma agraria, nazionalizzazione della grande e media industria, partito unico, e, soprattutto, accettazione della sconfitta e delle decurtazioni territoriali all'est. Poi vogliono dalla Germania dieci miliardi di dollari di riparazioni in un periodo relativamente breve. Tutto questo è chiaro, ma è altrettanto chiaro che gli americani vogliono esattamente il contrario. Quello che rende nervosi i russi sono le limitazioni delle loro possibilità. Essi possono agire solo sulla loro zona, ma, di fuori di essa non possono fare niente. E la zona russa politicamente, ed economicamente soprattutto, è la parte meno importante della Germania. I russi, per la Germania, come per tutti gli altri problemi, hanno seguito la tattica che fin qui è loro riuscita: paralizzare il funzionamento di agenzie collettive fino a che gli altri, per finirla, non hanno accettato, più o meno, il punto di vista russo.

Però a New Y ork gli americani hanno portato i russi a mostrarsi più arrendevoli dichiarando loro, senza ambagi, che se i russi continuavano a fare dell'ostruzionismo, gli americani sarebbero andati avanti da soli. L'accordo anglo-americano -e la campagna della stampa americana -fa temere ai russi che gli americani si stiano mettendo sulla via di organizzare la loro zona -e la zona inglese -come vogliono loro, senza preoccuparsi se riusciranno a realizzare un accordo con i russi

o no. Questo ambasciatore di America è stato con me più che esplicito al riguardo: «Noi sappiamo quello che vogliamo in Germania, saremmo felici di farlo per tutta la Germania d'accordo con i russi: ma se i russi non accettano il nostro punto di vista, andremo avanti per conto nostro per la Germania occidentale». Non so naturalmente fino a che punto questa sia veramente l'opinione del Governo americano. Ora questa vera o supposta intenzione americana innervosisce maledettamente i russi appunto perché poco possono farci per contrastarla: possono strillare sulla stampa, eccitare contro questa politica i loro amici nelle varie parti del mondo, ma non sono in grado di obbligare gli americani a cambiare politica. Non solo, ma essi temono che se agli americani la loro polititica tedesca dovesse riuscire, essa non mancherebbe di avere qualche forte ripercussione anche sulla zona russa. La lotta per la Germania è oggi più che altro sul terreno economico: si tratta di sapere chi dei due riuscirà più presto a rimettere in sesto l'economia tedesca. Se è vero quello che dicono i giornali russi che gli americani hanno intenzione di venire avanti con un miliardo di dollari a questo scopo, non si direbbe che essi lesinino nemmeno le armi. Ora questa guerra economica arriva nel momento più sfavorevole per la Russia. Il raccolto di quest'anno è stato non cattivo, ma disastroso. Si parla già di fame in primavera e non di fame nel senso figurato, ma di qualche cosa di molto simile a quello che è accaduto nel 1920 o nel 1933. È possibile che questi timori siano esagerati -sono comunque di origine russa e non straniera -: quello che è certo, ripeto, è che il raccolto è stato disastroso e disastroso al punto da compromettere, in parte, anche il raccolto di quest'anno. Ora è chiaro che affrontare una lotta economica in queste condizioni, è affrontarla nelle condizioni più sfavorevoli per la Russia: e qui se ne rendono chiaramente conto.

Dato questo, la manovra russa appare chiara. Il piano americano non può riuscire che se inglesi ed americani agiscono d'accordo; insieme possono obbligare i francesi a seguirli per la loro piccola zona, del resto poco importante. Far recedere gli americani sembra difficile, sollevare l'opinione pubblica americana contro il suo Governo, in questo momento, ancora più difficile: l'unica via da tentare è quella di rompere il blocco anglo-americano. E qui entra in giuoco il trattato anglo-sovietico: esso prevede infatti una politica comune, dopo la guerra, contro un ritorno offensivo tedesco. L'avere obbligato gli inglesi a riconoscere gli obblighi speciali che derivano loro dal trattato nei riguardi della Russia, dovrebbe -logicamente -impedire loro di fare, in Germania, una politica non concordata con i russi. Se Bevin si rifiuta a questa interpretazione, ebbene allora si ripeterà contro di lui l'accusa di dimenticare l'alleanza anglo-russa: questa accusa, per le sue ripercussioni sulla sua situazione all'interno, lo ha fatto retrocedere una volta: lo potrebbe fare retrocedere una seconda volta.

Evidentemente la mia non è che una ipotesi; ma mi sembra che se la si accetta tutti gli elementi del giuoco fit in perfettamente: e i russi amano fare la politica estera come una partita di scacchi scientifica. Le sue possibilità di riuscita dipendono però soprattutto dalla esattezza dei calcoli russi sulle possibili reazioni inglesi.

731

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1379/79. Washington, ] 0 febbraio 1947, ore 20,38 (per. ore 10,40 del 2). Miei telegrammi nn. 55 e 57 1•

Nota Dipartimento di Stato in data di oggi l o febbraio risponde come segue a mia nota relativa interpretazione art. 90 trattato di pace: «Detto articolo dispone

1 Vedi D. 691.

trattato sarà ratificato Potenze alleate e associate così pure da Italia. Esso dispone che il trattato entrerà in vigore subito dopo deposito ratifica U.R.S.S., Inghilterra, U.S.A., Francia. Art. 89 statuisce espressamente trattato di pace non conferirà alcun diritto o beneficio ad alcuna Potenza alleata o associata od ai rispettivi cittadini fin quando questa Potenza non ratifichi trattato di pace stesso. Benché trattato taccia per quanto concerne diritti dell'Italia in assenza sua ratifica, punto di vista Governo S.U. è che fino a quando trattato non sarà da essa ratificato, nessun diritto o beneficio potrà essere richiesto Italia, la quale rimarrebbe sottoposta alle disposizioni dell'armistizio. È sincera speranza Governo americano che l'Italia nel suo interesse prontamente firmerà e ratificherà il trattato».

Nota è siglata da Matthews, direttore affari politici europei (il quale, come noto, fece parte delegazione U.S.A. Conferenza Parigi e riunione dei Quattro New Y ork) e rispecchia punto di vista da lui direttamente manifestato di cui ai telegrammi citati.

732

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. S.N.D. 1387/80. Washington, JD febbraio 1947, ore 10,50 (per. ore 20,40 d el 2). Suo telegramma n. 64 1•

Questione eventuale mancanza ratifica trattato da parte Senato è stato, fino da Conferenza Parigi, costante oggetto opportuna azione presso maggiori esponenti repubblicani e senatori di entrambi partiti, nonché gruppi simpatizzanti per nostra causa. Possibilità raggiungere risultato positivo come riferito anche per corriere 2 , è purtroppo gravemente compromessa da coinvolgimento in redazione trattato di pace degli influenti senatori Vandenberg e Connally (rispettivamente attuale e precedente presidente commissione senatoriale affari esteri). Varie personalità di primo piano, pur confermando loro avversione varie clausole trattato di pace, mi hanno dichiarato non intendere sconfessare operato Vandenberg, mentre nuovo segretario di Stato e Governo e pertanto senatori democratici non possono disolidarizzarsi da azione Byrnes. In queste circostanze, salvo nuovi eventi determinanti, è estremamente problematico che trattato di pace, ove regolarmente firmato Parigi, non (dico non) ottenga approvazione due terzi Senato necessaria per la ratifica.

Con Berle, ex assistente segretario di Stato, ho avuto sull'argomento varie conversazioni anche recentissime. Predetto è stato incaricato da nuovo Comitato «common cause», costituito in maggioranza da elementi liberali, di preparare rapporto su trattati di pace. Berle mi ha comunicato che presenterà 4 corrente suo rapporto, col quale sostiene necessità rifiutare ratifica Senato ed estesa propaganda

' Vedi D. 726. 2 Vedi D. 681.

per raggiungere lo scopo. Ove Comitato suindicato facesse suo tale programma, potrebbe svolgere azione di una certa efficacia se pure non decisiva contro ratifica. Azione Berle e altre iniziative sono opportunamente seguite.

Riferirò futuri sviluppi qualora assumano adeguate proporzioni.

733

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1346/105. Londra, 1° febbraio 1947, ore 19,58 (per. ore 7,30 del 2).

Seguito mio telegramma l 02 1 .

Avuto iersera colloquio con Gruber e Harvey.

Gruber mi ha confermato esistenza proposta americana, osservandomi che mentre Austria era interessata ad inclusione art. IO nel nostro trattato, non ha alcuna ragione per auspicarne ripetizione nel suo, sottintendendo che se mai ha interesse contrario, dato implicito rafforzato riconoscimento rinunzia territoriale. Harvey è dal parere che eventuale ripetizione nulla aggiunge ai nostri obblighi mentre ci assicura una garanzia supplementare contro future rivendicazioni territoriali. Anche Millar in precedenti colloqui Foreign Office si è espresso in questo senso, pur lasciando intendere che Foreign Office non ha motivo di prendere atteggiamento in favore o contro. Essendo Couve partito per Parigi lo vedrò solo lunedì. Prenderò contemporaneamente contatto con delegato americano.

734

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1347/106. Londra, 1° febbraio 1947, ore 20 (per. ore 7,30 del 2).

Mio 33 2•

Mi è stato detto ieri al Foreign Office che inclusione di un membro italiano nella Commissione incaricata sopralluogo nelle nostre colonie sembra improbabile in quanto provocherebbe immediata richiesta analoga da parte dell'Egitto, Etiopia e forse altri Paesi.

Si è comunque insistito che si tratta di decisione da prendersi dai Quattro e pare anzi se ne parlerà in una riunione che i sostituti per il nostro trattato di pace dovrebbero tenere nel mese corrente.

l Vedi D. 728. 2 Vedi D. 653.

Funzionario del competente ufficio del Foreign Office ha ammesso che seri argomenti militano a favore della nostra richiesta che avevo nuovamente prospettato come tendente soprattutto offrire nostra collaborazione tecnica e dare una certa soddisfazione all'opinione pubblica italiana.

Rinnovo insistenze in sede opportuna.

735

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, NENNI

T. 1359/50. Vienna, 1° febbraio 1947, ore 21,50 (per. ore 7,30 del 2).

Stampa locale, riportando intervista ministro Gruber Londra, riferisce che questi, rispondendo interrogazione, avrebbe dichiarato che, circa Alto Adige, Governo austriaco insiste sul diritto di Selbstbestimmung da parte austriaci al di là del Brennero. Nel commentare intervista, radio Vienna ha particolarmente sottolineato tali dichiarazioni. Poiché espressioni Selbstbestimmung significa comunemente autodecisione, ho ritenuto opportuno richiedere questo Ministero affari esteri chiarimenti al riguardo. Suddetto ministero, che non conosce ancora testo esatto dichiarazioni Gruber, ha escluso che Gruber, che aveva firmato noto accordo, possa essersi espresso nel senso plebiscito.

Mentre mi riservo far conoscere pensiero questi ambienti ufficiali non appena sarò in possesso esatto testo, parmi comunque non esser inopportuno chiedere chiarimenti anche a Londra che escludano ogni significato di richiesta plebiscito per Alto Adige.

Comunico inoltre che governo provincia Tirolo ha ringraziato oratore, che, sostenendo soluzione di giustizia per questione Alto Adige, rafforza aspettative tirolesi per un avvenire migliore di quella regione.

<
APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (13 luglio 1946 -]0 febbraio 1947)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO DE GASPERI Alcide, presidente del Consiglio, ad interim fino al 18 ottobre. NENNI Pietro, deputato alla Costituente, dal 19 ottobre.

SOTTOSEGRETARI

NEGARVILLE Celeste Carlo, fino al 19 luglio; LUPIS Giuseppe, dal 12 luglio; GIOLITTI Antonio, dal 19 luglio al 19 ottobre; BRUSASCA Giuseppe, dal 19 ottobre.

GABINETTO DEL MINISTRO

Capo del Gabinetto: BALDONI Corrado, consigliere di legazione, fino al 3 novembre; PAVERI FONTANA Alberto, primo segretario di legazione di seconda classe, dal 4 novembre.

Vice capo del Gabinetto: MALFATTI m MoNTETRETTO Francesco, vice console di seconda classe, dal 19 ottobre.

Segretari: JANNELLI Pasquale, consigliere di legazione, dal 29 luglio all'ottobre; PLETTI Mario, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 7 agosto; MARINUCCI DE REGUARDATI Costanzo, console di terza classe; MACCAFERRI Frank, console di terza classe; GuAZZARONI Cesidio, vice console di prima classe, dal 26 novembre; NATALE Antonio, segretario per i servizi tecnici.

Capo della segreteria particolare del ministro: CANALI Paolo, fino al 20 ottobre (*).

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno.

SEGRETERIA GENERALE

Segretario generale: PRUNAS Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe, fino al 24 novembre; FRANSONI Francesco, ambasciatore, dal 25 novembre.

Segretari: CARROBIO m CARROBIO Renzo, primo segretario di legazione di seconda classe; CoLONNA m PALIANO Guido, console di seconda classe (*); SMOQUINA Giorgio, console di terza classe, fino all'Il settembre(*); DAINELLI Luca, console di seconda classe, dal 31 gennaio 1947.

UFFICIO COORDINAMENTO

Capo ufficio: GIUSTINIANI Raimondo, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 25 dicembre; DE PAoLis Pietro, consigliere di legazione, dal 26 dicembre.

Segretari: DE REGE THESAURO Giuseppe, console di seconda classe; PLAJA Eugenio, console di terza classe, fino al 25 agosto.

UFFICIO CONFINI

CASARDI Alberico, primo segretario di legazione di prima classe (**); GIUSTI DEL GIARDINO Justo, console di prima classe (*); LANZA Michele, primo segretario di legazione di seconda classe (*); Ducci Roberto, console di seconda classe (*).

COMMISSIONE DI STUDI PER LE CONFERENZE INTERNAZIONALI

MELI LUPI DI SORAGNA TARASCONI Antonio, ambasciatore (***); CosMELLI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe (*); SIOTTo PINTOR Aureliano, console di terza classe (*).

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Capo ufficio: CITTADINI Pier Adolfo, consigliere di legazione, reggente, fino al 23 ottobre; T ALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, ambasciatore, dal 28 dicembre.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno. (**) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno e della delegazione italiana al Consiglio dei quattro ministri degli esteri a New Y ork. (***) Segretario generale della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno e membro della delegazione italiana al Consiglio dei quattro ministri degli esteri a New York.

Vice capo del Cerimoniale: ScoLA CAMERINI Giovanni, primo segretario di prima classe, fino all'agosto.

Segretari: SALLIER DE LA TouR Paolo, primo segretario di legazione di prima classe; MALASPINA Folchetto, primo segretario di legazione di prima classe; ScHININÀ Emanuele, console generale di seconda classe; D'AQUINO Alfonso, console di prima classe; FARACE Ruggero, console di seconda classe, dal 23 novembre; RVFFo DI CALABRIA Francesco, console di seconda classe, fino al 14 agosto; CLEMENTI Raffaele, console di seconda classe.

UFFICIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Capo ufficio: PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale all'Università di Roma.

Segretari: MARESCA Antonio, console di seconda classe (*); DE Rossi Michele Gaetano, consulente tecnico (*); RAFFAELLI Pietro, ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO STAMPA

Capo ufficio: CAVALLETTI Francesco, primo segretario di legazione di seconda classe, fino al 28 luglio (*); BouNous Franco, console di seconda classe, dall'agosto.

Segretari: BouNous Franco, console di seconda classe, fino all'agosto; GHENZI Giovanni, console di seconda classe; MATACOTTA Dante, console di seconda classe; CAREGA Giorgio, interprete, dal 15 ottobre.

UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON LE AUTORITÀ ALLEATE 1

Capo ufficio: ALESSANDRINI Adolfo, consigliere di legazione, fino al 19 novembre.

Segretari: LEPRI Stanislao, console di prima classe; BOMBASSEI FRASCANI DE VETTOR Giorgio, console di seconda classe; SAVORGNAN Alessandro, console di seconda classe; FARACE Ruggero, console di seconda classe, fino al 22 novembre; PAscucci RIGHI Giulio, console di terza classe, fino all'agosto; SEBASTIANI Lucio, console di terza classe; STAMPA Guidobaldo, vice console di prima classe, fino al 3 novembre.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno. l L'ufficio fu soppresso il 21 dicembre 1946 (ordine di servizio n. 22 del 5 dicembre 1946).

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI

Direttore generale: ZoPPI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe.

Vice direttore generale: JANNELLI Pasquale, consigliere di legazione, dal novembre.

Segretari: CoTTAFAvi Antonio, consigliere di legazione; PROFILI Giacomo, console di seconda classe, fino all' 11 dicembre.

UFFICIO I

Impero britannico e Paesi arabi del Medio Oriente

Capo ufficio: CATTANI Attilio, primo segretario di legazione di prima classe (*).

Segretari: BETTELONI Giovanni, console di seconda classe; CoRNAGGIA MEDICI Gherardo, console di terza classe, dal 27 novembre.

UFFICIO II

Francia e colonie francesi, Penisola iberica e colonie spagnole e portoghesi, Andorra

Capo ufficio: MACCHI DI CELLERE Francesco, primo segretario di legazione di seconda classe, fino al 27 novembre; o'AcUNzo Benedetto, console generale di seconda classe, dal 28 novembre.

Segretari: EMo CAPODILISTA Gabriele, primo segretario di legazione di seconda classe, dal 13 gennaio 1947; REGARD Cesare, console di seconda classe; SABETTA Luigi, console di seconda classe; PASQUINELLI Cesare, console di terza classe, fino al settembre.

UFFICIO III

Stati del continente americano

Capo ufficio: DANEO Silvio, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretari: ScADUTO MENDOLA Antonio, console di seconda classe; PASQUINELLI Cesare, console di terza classe, fino al 7 ottobre.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno.

UFFICIO IV

U.R.S.S., Europa danubiana e balcanica, Turchia

Capo ufficio: CoNTI Mario, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretari: CIRAOLO Giorgio, console di seconda classe (*); MARIENI Alessandro, console di seconda classe; DE SANTO Demetrio, commissario tecnico per l'Oriente di seconda classe; RAMONDINO Ferruccio, commissario tecnico per l'Oriente di terza classe; BAVAJ Amor, addetto stampa.

UFFICIO V

Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Germania, Islanda, Lussemburgo, Paesi Scandinavi, Svizzera

Capo ufficio: CASTRONUovo Manlio, primo segretario di legazione di seconda classe, fino al 17 ottobre.

Segretari: DE STROBEL Maurizio, console di seconda classe, fino al 12 agosto; FRAGNITO Giorgio, console di terza classe, fino al dicembre; TORTORICI Pietro Quirino, console di terza classe, fino all'ottobre.

UFFICIO VI

Estremo Oriente

Capo ufficio: DE FERRARIIS SALZANO Carlo, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 6 ottobre.

Segretari: VITA FINZI Giacomo, console generale di seconda classe; DE FRANCHIS Carlo, console di seconda classe; F ABIANI Oberto, console di terza classe, fino al 12 settembre.

UFFICIO VII

Santa Sede

Capo ufficio: ....

Segretari: MASSIMO LANCELLOTTI Paolo Enrico, vice console di seconda classe, fino al 20 ottobre; LONI Aldo, console di seconda classe, dal 18 gennaio 1947.

UFFICIO VIII

Stra/cio Albania

Capo ufficio: ZAMBONI Guelfo, primo segretario di legazione di prima classe.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno.

Segretari: CHIAVARI Gian Girolamo, console di prima classe; CASTELLANI Germano, console di seconda classe; MARTINA Gian Luigi, console di seconda classe; NARDI Mario, console di terza classe, fino al 7 gennaio 1947; PuRI PuRINI Giuseppe, console di terza classe, fino al 16 luglio; VOLPE Arrigo, vice console di prima classe; CusANI Giovanni, vice ispettore.

UFFICIO IX

Prigionieri di guerra, internati civili, rifugiati, questioni varie

Capo ufficio: ZAPPI Filippo, console di prima classe.

Segretario: PINTO Pasquale, console di terza classe, fino al 10 gennaio 1947.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al 9 gennaio 194 7.

Vice direttore generale: LANZARA Giuseppe, console generale di prima classe.

Segretari: MAJOLI Mario, primo segretario di legazione di seconda classe; EMILIANI Luigi, commissario consolare di prima classe.

UFFICIO I

Amministrazione del personale di gruppo A, passaporti diplomatici, di servizio e ordinari

Capo ufficio: SILJ Francesco, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 21 ottobre; MESSER! Girolamo, console di seconda classe, fino al 10 dicembre; LUCIOLLI Mario, console di prima classe, dall'l l dicembre (*).

Segretari: PAVERI FONTANA Alberto, primo segretario di legazione di seconda classe, fino al 3 novembre; CONTARINI Giuseppe, console di seconda classe; FIGAROLO DI GROPELLO Adalberto, console di seconda classe; FRAGNITO Giorgio, console di seconda classe, dal 21 dicembre; PROFILI Giacomo, console di seconda classe, dal 12 dicembre; PAOLINI Ennio, ispettore dei commissari consolari, dal 28 dicembre.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno.

SEZIONE VIAGGI

DE MALFATTI DI MONTE TRETTO Carlo, console di prima classe, fino al 22 gennaio 194 7.

UFFICIO II

Amministrazione del personale di gruppo B e C e del personale proveniente da altre amministrazioni

Capo ufficio: ARcm Pio Antonio, primo segretario di legazione di seconda classe, fino al 6 novembre; NICOLAI Lorenw, console generale di seconda classe, dal 7 novembre.

Segretari: SIMONE Nicola, console di prima classe, dal 7 novembre; ALVERÀ Pier Luigi, console di seconda classe.

UFFICIO III

Edifici demaniali, gestione degli stabili e locali ad uso dell'Amministrazione centrale, Ufficio del consegnatario

Capo ufficio: 0TTAVIANI Luigi, consigliere di legazione, fino al l o febbraio 1947.

Segretari: SPALAZZI Giorgio, primo segretario di legazione di prima classe; FossATI Mario, vice ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO IV

Servizi amministrativi, Cassa

Capo ufficio: Busi Gino, console di prima classe, fino al 17 settembre; BADOGLIO Mario, consigliere di legazione, dal 21 dicembre.

Segretari: CERACCHI Giuseppe, commissario consolare di prima classe; LEONINI PIGNOTTI Augusto, commissario consolare di seconda classe; PISANI Salvatore, commissario consolare di quarta classe; BLANDI Silvio, ispettore capo dei servizi tecnici; PAOLINI Ennio, ispettore dei commissari consolari, fino al 27 dicembre; BARILLARI Michele, ispettore per i servizi tenici.

UFFICIO V

Corrispondenza e corrieri

Capo ufficio: Nuccio Alfredo, console di prima classe, fino al 7 ottobre; FERRETTI Raffaele, primo segretario di legazione di prima classe.

Segretario: BASSO AMOLAT Maurizio, console di seconda classe, fino al settembre.

UFFICIO VI

Cifra e crittografico

Capo ufficio: CANINO Mario, console di prima classe, fino al 30 luglio; 0TTAVIANI Luigi, consigliere di legazione, dal 1° febbraio 1947.

Segretari: RoMIZI Gino, console di prima classe, fino al 18 ottobre; TERRUZZI Giulio, console di terza classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI

Direttore generale: DI NoLA Angelo, consigliere di Stato, fino al 10 gennaio 1947; GRAZZI Umberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, dall'Il gennaio 1947.

Vice direttore generale: GRAZZI Umberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, fino al l O gennaio 1947.

UFFICIO I

Questioni di carattere generale e di politica economica, America

Capo ufficio: SANTOVINCENZO Magno, console generale di seconda classe.

Segretario: CosTA SANSEVERINO Edoardo, console di terza classe, fino al 5 ottobre.

UFFICIO Il

Europa occidentale e settentrionale, Marocco e Sud Africa

Capo ufficio: VENTURINI Antonio, primo segretario di legazione di prima classe, fino all'l l dicembre; PAULUCCI Mario Alessandro, primo segretario di legazione di seconda classe, dal 12 dicembre.

Segretari: TRABALZA Folco, vice console di prima classe, fino al 15 agosto; MoRARITO Ugo, addetto commerciale di seconda classe.

UFFICIO III

Asia e Europa orientale

Capo ufficio: CARUSO Casto, consigliere di legazione, fino al 6 novembre; NATALI Umberto, console generale di prima classe, dal 7 novembre.

Segretario: CANCELLARlO o'ALENA Franco, console di terza classe.

UFFICIO IV

Questioni attinenti alle clausole di armistizio e alle trattative di pace

Capo ufficio: LuciOLLI Mario, console di prima classe, fino al l Odicembre; CERULLI IRELLI Giuseppe, console di seconda classe, dal dicembre.

Segretari: SIMONIS Giuseppe, console di terza classe; LIBOHOVA Ali Neki, vice console di prima classe, dal 25 agosto.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTER0 1 Direttore generale: SEcco SuARoo Dino, console generale di prima classe. Vice direttore generale: .... Segretari: RosTAGNO Domenico, ispettore generale; OLIVERI Umberto, ispettore

superiore.

Ufficio per i visti agli stranieri e questioni relative

Capo ufficio: ToMMASSINI Mario, ispettore superiore per i servizi tecnici.

UFFICIO I

Collettività italiane all'estero

Capo ufficio: MoMBELLI Giulio, console generale di seconda classe.

Segretari: VATTANI Mario, console di prima classe; TEDESCO Pietro Paolo, ispettore capo.

UFFICIO II

Scuole all'estero e istituti di cultura Capo ufficio: GoBBI Giovanni, console generale di prima classe. Segretario: BELLIA Franco, primo segretario di legazione di seconda classe.

I La Direzione degli italiani all'estero veniva soppressa con l'ordine di servizio n. 25 del 31 dicembre 1946 e il consigliere di legazione Cristoforo FRACASSI RATTI MENTONE veniva incaricato di organizzare la Direzione generale dell'emigrazione e la Direzione generale delle relazioni culturali.

UFFICIO III

Lavoro italiano all'estero

Capo ufficio: MASI Corrado, ispettore generale.

Segretario: BIFOLCO Vittorio, ispettore capo per i servizi tecnici.

SERVIZIO AFFARI GENERALI

Capo servizio: FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, consigliere di legazione, fino al 31 dicembre; MASCIA Luciano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe, dal gennaio 1947.

UFFICIO I

Istituti internazionali

Capo ufficio: CAPOMAZZA DI CAMPOLATTARO Benedetto, primo segretario di legazione di prima classe, fino al 28 luglio; ScoLA CAMERINI Giovanni, primo segretario di legazione di prima classe, dal settembre.

Segretari: NAVARRINI Guido, primo segretario di legazione di seconda classe; MANFREDI Vittoriano, console di seconda classe; MIZZAN Ezio, console di seconda classe, fino al 30 dicembre; RUBINO Eugenio, console di terza classe.

UFFICIO II

Trattati e atti

Capo ufficio: TELESIO Giuseppe, consigliere di legazione.

Segretario: GENTILE Benedetto, consòle di seconda classe.

UFFICIO III

Studi e documentazione

Capo ufficio: CoRRIAS Angelino, primo segretario di legazione di prima classe, fino all'ottobre; RuFFo DI CALABRIA Francesco, console di seconda classe, dal 15 agosto.

Consulente storico: ToscANO Mario, ordinario di Storia dei trattati e delle relazioni internazionali all'Università di Cagliari.

Segretario: RoccHI Giovanni Stefano, fino al 15 novembre.

ARCHIVIO STORICO

Incaricato della direzione: MoscATI Ruggero, direttore di prima classe negli Archivi di Stato.

BIBLIOTECA Bibliotecario: P!RONE Raffaele.

SERVIZIO AFFARI PRIVATI

Capo servizio: PERVAN Edoardo, console generale di prima classe.

Segretari: LONI Aldo, console di seconda classe, fino al 17 gennaio 1947; BIONDI MoRRA DI LAVRIANO Goffredo, console di terza classe; GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore per i servizi tecnici.

UFFICIO I

Cittadinanza, stato civile, servizio militare

Capo ufficio: WIEL Ferdinando, console di prima classe. Segretario: ....

UFFICIO II

Tutela diritti e interessi patrimoniali, assistenza consolare, spedalità e rimpatri, ricerche e informazioni

Capo ufficio: NoBILI VITELLESCHI Pietro, console generale di seconda classe. Segretario: ....

UFFICIO III

Diritti di famiglia, atti tra vivi, successioni, assistenza giudiziaria

Capo ufficio: SESTINO Mauro, console di prima classe. Segretario: ....

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DELLA REPUBBLICA ITALIANA ALL'ESTERO

(13 luglio 1946-1° febbraio 1947)

AFGHANISTAN

Kabul -UNGARO Mario, addetto commerciale, incaricato d'affari ad interim.

ARGENTINA

Buenos Aires -ARPESANI Giustino, ambasciatore, dal 31 gennaio 1947; FORNARI Giovanni, consigliere, incaricato d'affari ad interim, fino al 30 gennaio 1947; SENSI Federico, primo segretario, fino al I 7 novembre; THEonou Livio, primo segretario di legazione di seconda classe.

AUSTRIA

Vienna -COPPINI Maurilio, rappresentante politico 1; GAJA Roberto, primo segretario.

BELGIO

Bruxelles -FRANSONI Francesco, ambasciatore, fino al 23 novembre; DE NoBILI DI VEZZANO Rino, ambasciatore, dal 15 gennaio 1947; DE PAous Pietro, consigliere, fino al 19 dicembre; VENTURINI Antonio, consigliere, dal 9 gennaio 1947; ALOISI DE LARDEREL DI ALLUMIERE Folco, primo segretario, incaricato d'affari ad interim, dal 20 dicembre.

BOLIVIA

La Paz -ERRERA Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 5 dicembre.

1 Non in sede dal 5 luglio al IO dicembre.

BRASILE

Rio de Janeiro -MARTINI Augusto, ambasciatore; BaRGA Guido, consigliere di legazione, dal 24 ottobre; CARACCIOLO DI SAN VITo Roberto, primo segretario; BoMBASSE! FRASCANI DE VETTOR Giorgio, primo segretario, dal26 gennaio 1947; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale, dal 16 gennaio 1947.

BULGARIA

Sofia-MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 26 dicembre; VINCI Piero, primo segretario, incaricato d'affari ad interim, dal 27 dicembre.

CANADA

Ottawa-FECIA DI CossATO Carlo, console generale, con funzioni di rappresentante politico.

CECOSLOVACCHIA

Praga -TACOLI Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRANCO Fabrizio, primo segretario.

CILE Santiago -PERSICO Giovanni, ambasciatore; RICCIO Luigi, consigliere.

CINA

Nankino -FENOALTEA Sergio, ambasciatore, dal 17 luglio; ANZILOTTI Enrico, consigliere di legazione, incaricato d'affari ad interim, fino al 16 luglio.

COLOMBIA

Bogotà -CASSINIS Angiolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MizZAN Ezio, primo segretario, dal }0 gennaio 1947.

COSTARICA Costarica -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 1 .

1 Residente a Guatemala.

CUBA

Avana-SCADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FERRARI Giovanni Paolo, primo segretario.

DANIMARCA

Copenaghen -CARISSIMO Agostino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PEscATORI Federico, primo segretario.

ECUADOR Quito -PERRONE DI SAN MARTINO Ettore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. EGITTO Il Cairo -DE Asns Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 agosto. EL SALVADOR San Salvador -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 1•

FILIPPINE

Mani/a -STRIGARI Vittorio, primo segretario, incaricato d'affari ad interim, dal 3 novembre.

FRANCIA

Parigi-BENZONI Giorgio, consigliere, incaricato d'affari ad interim; SOLARI Pietro, primo segretario (*); CAVALLETTI Francesco, primo segretario, dal 29 luglio (*).

GIAPPONE

Tokio -REVEDIN Giovanni, rappresentante politico presso il Comando supremo alleato.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno. 1 Residente a Guatemala.

GRAN BRETAGNA

Londra -CARANDINI Niccolò, rappresentante politico (**); MIGONE Bartolomeo, consigliere; RoBERTI Guerino, primo segretario.

GRECIA

Atene -GumoTTI Gastone, rappresentante politico, dal 26 agosto; MACCHI DI CELLERE Francesco, primo segretario, dal 16 ottobre.

GUATEMALA

Guatemala -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GUADAGNINI Piero, primo segretario.

HAITI

Port au Prince -ScADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 1•

HONDURAS

Tegucigalpa-SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 2 .

IRAN

Teheran -PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuASTONE BELCREDI Enrico, primo segretario; PENNACCHIO Luigi, commissario tecnico per l'Oriente.

IRLANDA

Dublino -BABUSCIO Rizzo Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, primo segretario, fino al 12 gennaio 1947.

(**) Membro della delegazione italiana al Consiglio dei quattro ministri degli esteri a New Y ork. l Residente a Guatemala. 2 Residente a L'Avana.

ISLANDA

Reykiavik -RULLI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 1 .

LIBANO

Beirut -ALESSANDRINI Adolfo, consigliere con funzioni di incaricato d'affari, dal 20 novembre; SPERANZA Vincenzo, commissario tecnico per l'Oriente, dal 20 gennaio 1947.

LUSSEMBURGO Lussemburgo-CoRVINO-MILKOWSKI Stanislao, reggente la legazione.

MESSICO

Città del Messico -PETRucci Luigi, ambasciatore, dal 7 ottobre; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, primo segretario, dal 7 ottobre.

NICARAGUA Managua -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 2 .

NORVEGIA

Osio-RULLI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GAETANI Massimo, primo segretario.

PAESI BASSI

L 'Aja -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASTELLANI PASTORIS Vittorio, primo segretario.

PANAMA Panama-Rossi LONGHI Gastone, consigliere, incaricato d'affari ad interim.

l Residente a Osio. 2 Residente a Guatemala.

PARAGUAY

Assunzione-RovASENDA Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERÙ

Lima -CrccONARDI Vincenzo, ambasciatore; Lo FARO Francesco, primo segretario.

POLONIA

Varsavia -REALE Eugenio, ambasciatore, fino al 7 dicembre (*); SoARDI DI SANT'ANTONIO Carlo Andrea, consigliere, incaricato d'affari, dal1'8 dicembre; MARCHIORI Carlo, primo segretario, fino a dicembre.

PORTOGALLO

Lisbona -Rossi LoNGHI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario fino al 27 dicembre; GROSSARDI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe, dal 1° gennaio 1947; MAZIO Aldo Maria, primo segretario.

ROMANIA

Bucarest-GERBORE Pietro, consigliere, incaricato d'affari ad interim; CASTRONUOVO Manlio, primo segretario, dal1'8 ottobre.

SANTA SEDE

Roma -DIANA Pasquale, ambasciatore; DEL BALZO Giulio, consigliere; ANTINORI Orazio, primo segretario.

SIAM

Bangkok -Bovo Goffredo, impiegato locale, reggente la legazione.

SPAGNA

Madrid-GALLARATI ScoTTI Tommaso, ambasciatore 1; VANNI o'ARCHIRAFI Francesco Paolo, consigliere, incaricato d'affari ad interim, dal 29 dicembre; CAPOMAZZA DI CAMPOLATTARO Benedetto, primo segretario, dal 29 luglio.

(*) Membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno. l Richiamato il 28 dicembre.

STATI UNITI

Washington-TARCHIANI Alberto, ambasciatore (**); DI STEFANO Mario, consigliere; SILVESTRELLI Luigi, primo segretario; ORTONA Egidio, primo segretario.

SUD AFRICA

Pretoria -RocHIRA Ubaldo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRILLO Remigio Danilo, primo segretario.

SVEZIA

Stacco/ma -BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CITTADINI CESI Gian Gaspare, primo segretario.

SVIZZERA

Berna -BERlO Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 5 gennaio 1947; REALE Egidio, inviato straordinario [[e ministro plenipotenziario, dal 6 gennaio 194 7; BoRGA Guido, consigliere, fino al l o agosto; T ASSONI EsTENSE Alessandro, primo segretario, fino al l o agosto; PLETTI Mario, primo segretario di legazione, dall'8 agosto; CEPPELLINI Augusto, consigliere per l'emigrazione.

TURCHIA

Ankara-MARCHETTI DI MuruAGLIO Alberto, ambasciatore, fino al 13 gennaio 1947; GuGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere, fino al 21 novembre; CoRRIAS Angelino, consigliere, dal 22 novembre; DE NoVELLIS Gennaro, primo segretario.

UNGHERIA

Budapest-AssETTATI Augusto, primo segretario, incaricato d'affari ad interim, dal 1° ottobre.

U.R.S.S.

Mosca-QuARONI Pietro, ambasciatore(**); LA TERZA Pierluigi, consigliere; PRATO Eugenio, primo segretario.

(**) Membro della delegazione italiana al Consiglio dei quattro ministri degli esteri a New York.

URUGUAY

Montevideo -ERRERA Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 14 dicembre; MoscATO Niccolò, primo segretario, incaricato d'affari ad interim, fino al 13 dicembre.

VENEZUELA

Caracas -FERRANTE Agostino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAVORGNAN Alessandro, primo segretario, dal 1° febbraio 1947.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(13 luglio 1946-1° febbraio 1947)

Afghanistan -Abdul SAMAD, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 25 ottobre; Mohammed AKRAM, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 26 ottobre.

Argentina -Carlos BREBBIA, ambasciatore; Enrique M. BEASCOECHEA, consigliere; Rogelio R. TRISTANY, consigliere, dal 16 novembre; Guido COMOLLI, consigliere commerciale.

Austria -Adrian RoTTER, consigliere, rappresentante politico.

Belgio-André MaTTE, ambasciatore, dal 21 agosto; Geoffroy D'AsPREMONT-LYNDEN, incaricato d'affari ad interim, fino al 20 agosto; Frédéric DE RmDER, consigliere, dal 17 luglio; Robert CHAIDRON, consigliere commerciale.

Bolivia -Alfredo FLORES, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Brasile-Pedro DE MoRAEs BARROS, ambasciatore; Jorge LATOUR, primo segretario; Octavio DE SÀ NEVES DA RocHA, primo segretario; Antonino Xavier DA RocHA, consigliere commerciale.

Bulgaria-Stefan MoKREV, consigliere per gli affari culturali, incaricato d'affari ad interim.

Canadà -James P. MANION, rappresentante commerciale, dal l o ottobre.

Cecoslovacchia -Jàn PAULINY-TOTH, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Albert DUTKA, consigliere, fino al IO settembre; Ivan LAICHTER, consigliere, dall'II settembre; Karel HoYER, primo segretario; Josef PELNAR, primo segretario; Emil BARTOVSKY, segretario per gli affari commerciali, dal 21 settembre.

Cile -Osvaldo FUENZA-LIDA CoRREA, ambasciatore; Miguel RIOSECO ESPINOZA, consigliere; Mario PRIETO, primo segretario.

Cina-Yu TsuNE-CHI, ambasciatore; Sm KwANG-TSIEN, ministro consigliere; Lou CHE NGAN, consigliere; KAo SHANG-CHUNG, primo segretario; CHANG CHIAYUNG, secondo segretario.

Colombia -Jorge ZALAMEA BORDA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Abraham FERNANDEZ DE SoTo, primo segretario, fino al 28 novembre; Guillermo CAMACHO MoNTOYA, primo segretario, dal 29 novembre; Alberto CARDONA JARAMILLO, secondo segretario.

Cuba -Miguel Angel ESPINOSA, segretario, incaricato d'affari ad interim.

Danimarca -Tage BuLL, consigliere, incaricato d'affari ad interim; Tage FROM, segretario, dal 4 agosto.

Dominicana (Repubblica) -Porfirio HERRERA BAEZ, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 agosto; Porfirio RuBIROSA, segretario di legazione, incaricato d'affari ad interim, fino all'l l agosto.

Ecuador -Rodrigo JACOME, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 gennaio 1947.

Francia -Alexandre PARODI, rappresentante politico; Georges BALAY, ministroconsigliere; Pierre SEBILLEAU, consigliere; Charles ToRRES, primo segretario; Louis GABRIEL, consigliere commerciale; René VIEILLEFOND, consigliere culturale.

Gran Bretagna -Noel CHARLES, rappresentante politico; T.St.Q. HILL, ministro, consigliere economico; J.G. WARD, consigliere; S. SIMMONDS, consigliere commerciale; W.H. BRAINE, consigliere; A.C.E. MALCOM, primo segretario; D. CAMERON, primo segretario; J.P. REEVES, primo segretario; H.A.A. HANKEY, primo segretario; J.O. MAY, primo segretario; M.N.F. STEWART, primo segretario, addetto stampa; M.C. ADAMS, primo segretario, addetto fondiario.

Grecia-Constantin VATIKIOTTY, consigliere d'ambasciata, rappresentante politico; Alexandre C. ARGYROPOULO, primo segretario, dal 14 settembre; Constantin HIMARIOS, primo segretario.

Iran-Fathoullah PAKREVAN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 agosto; Abdol AHAD DARA, consigliere, dal 22 agosto.

Irlanda -Michael MAc WHITE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Frank BIGGAR, segretario.

Messico -Mariano ARMENDARIZ DEL CASTILLO, ambasciatore, dal 28 settembre; Mario GARZA RAMOS, primo segretario, incaricato d'affari ad interim fino al 27 settembre.

Norvegia -Sigurd BENTZON, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Fredrik ORVIN, primo segretario.

Paesi Bassi -W.G. GEVERS, primo segretario, incaricato d'affari ad interim.

Panama -Miguel AMADO BuRGOS, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari, dal 20 settembre.

Perù-Ricardo RIVERA ScHREIBER, ambasciatore; Luis F. LANATA CouDY, ministro consigliere; José PAREIA Y PAz SoLDAN, primo segretario; Palmiro MACHIAVELLO, ministro plenipotenziario, addetto speciale per l'emigrazione, dal 25 settembre.

Polonia -Stanislaw KoT, ambasciatore; Witold WYSZYNSKI, consigliere; Prezemyslaw OGRODZINSKI, consigliere; Jan GuTOWSKI, consigliere commerciale, dal 30 gennaio 1947; Baleslaw BARSZCZ, primo segretario; Mieczyslaw PRuszYNSKI, primo segretario.

Portogallo -Francisco DE CALHEIROS E MENEZES, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Luiz Jorge DA CosTA, primo segretario.

Romania-Mihai CAMARACESCO, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari, dal 26 luglio; Mircea MosHUNA-SioN, consigliere; Demetre NICOLAU, primo segretario, dal 17 agosto.

Santa Sede -Francesco BoRGONGINI DucA, arcivescovo titolare di Eraclea, nunzio apostolico; Giuseppe PAUPINI, monsignore, uditore; Gaetano ALIBRANDI, monsignore, segretario.

Spagna-José Antonio DE SANGRONIZ Y CASTRO, ambasciatore; Eduardo GARCIA CoMIN, ministro consigliere; Juan Felipe DE RANERO Y RoDRIGUEZ, ministro consigliere; José Felipe ALCOVER Y SUREDA, primo segretario; Ramon SAENZ DE HEREDIA Y DE MANZANOS, primo segretario; Mario PaNcE DE LEON, primo segretario, consigliere culturale.

Stati Uniti-Alexander KIRK, ambasciatore; David McKENDREE KEY, consigliere; Charles A. LIVENGOOD, consigliere per gli affari economici; Homer M. BYINGTON jr., primo segretario, dal 16 dicembre; John F. HUDDLESTON, primo segretario;

J. WESLEY JONES, primo segretario; Edward PAGE jr., primo segretario, dal 29 gennaio 1947.

Sud Africa -Francois-Henri THERON, rappresentante politico; R.H. CoATON, segretario.

Svezia-Joen DE LAGERBER, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 27 settembre; Christian GUNTHER, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 28 settembre; Adolf CRONEBORG, consigliere.

Svizzera -Rene DE WECK, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Paul

G. RITTER, consigliere, dal 18 luglio; André PARODI, primo segretario f.f. di addetto commerciale.

Turchia -Husnu TARAY, ambasciatore, fino al 25 ottobre; Selim SARPER, ambasciatore, dal 26 ottobre; Furuzan SELCUK, consigliere, fino al 17 agosto; Adnan KURAL, consigliere, dal 30 gennaio 1947; Salahaddin ULKUMEN, primo segretario, dal 25 ottobre; Kamil TUBA, primo segretario; Hakki MAHIR DURUKAN, consigliere commerciale.

Ungheria -Almos PAPP, segretario, incaricato d'affari ad interim, dal l o ottobre; Pal 0RBAN, segretario, dal lo ottobre.

U.R.S.S. -Mikhail KosTYLEV, ambasciatore; Ivan MARTYNOV, consigliere; Nicolai GoRCHKOV, primo segretario; Gaik DouLIAN, primo segretario.

Uruguay-Gilberto CAETANO-FABREGAT, incaricato d'affari ad interim.

Venezuela -Luis Emilio MoNSANTO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rafael GALLEGOS MEDINA, consigliere, dal 15 novembre; Manuel VILLANUEVA, segretario.